FRANCESCO PAOLO GIORDANO
Socio corrispondente
IL CULTO DI SAN FILIPPO APOSTOLO
AD AIDONE E IN SICILIA ORIENTALE
TRA MITO E STORIA
1. Introduzione
Chi è il santo tanto venerato ad Aidone? L’apostolo, il siriaco, l’agirino o dei Neri? La questione è divenuta di attualità dopo la notizia
del “prodigio” che la statua del Santo di Agira sudava1.
Lo scopo del nostro scritto è capire chi è il Santo venerato ad Aidone, come è nato questo culto e come si è sviluppato nel tempo fino ai
nostri giorni. Nel sito del Comune di Aidone si afferma che le origini
di questa devozione risalirebbero al periodo storico tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento, in pieno Rinascimento, ad opera
della famiglia romana dei Colonna che, avendo dei feudi nel territorio
di Aidone, tant’è che i vari discendenti si fregiavano del titolo fra gli
altri di “barone di Aidone”, avrebbero portato il relativo culto nel paese.
Questa tesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che la basilica romana
dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo è accanto al Palazzo dei Colonna,
anzi ne potrebbe essere stata la cappella in origine. Tuttavia, secondo altri
il culto sarebbe antichissimo ma non ancora individuato come origine,
certamente più antico di quello di San Lorenzo, il patrono del paese,
quest’ultimo sicuramente portato dalla famiglia Colonna-Gioeni2. Ma
1
2
G. Gaetano, Agira, San Filippo «suda»: i fedeli gridano al miracolo, la Curia frena,
in www.corriere.it del 21.9.2018.
G. Giuliana, La diocesi di Piazza Armerina, Città dei Ragazzi, Caltagirone, 1987, p.159.
190
Francesco Paolo Giordano
Aidone, Santuario di S. Filippo Apostolo, Cappella ove è custodita la statua del santo col
reliquiario di argento.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 191
se questa ipotesi fosse vera, non si spiega perché non ve ne sia traccia
nell’opera di Antonio Filoteo degli Omodei, che fu cliente della famiglia
Gioeni essendo nato a Castiglione di Sicilia, feudo dei Gioeni e che
avrebbe chiuso la sua pubblicazione più importante nel 1557 3.
Il Santo cui è dedicato il Santuario nella chiesa di Santa Maria La
Cava ad Aidone, a partire dal 1902, è San Filippo Apostolo, la cappella
del Santuario ove è custodita la statua col reliquiario di argento viene
aperta con tre chiavi, una del Procuratore (il Rettore della Confraternita), le altre due di altrettanti maestri della Confraternita. La cappella
negli anni Trenta del Novecento è stata arricchita con le raffigurazioni
della pittrice romana Clelia Argentari 4. Il Santuario e i pellegrinaggi
alla tomba del santo, in Santa Maria de Cava, sono menzionati nelle
relazioni ad limina dei vescovi di Piazza Armerina, per la prima volta
in quella del 15 febbraio 1913, per la visita di Mons. Mario Sturzo,
fratello di don Luigi 5.
Come si sa il pellegrinaggio, come pratica devozionale a scopo religioso, votivo o penitenziale, inizia e si sviluppa nel medioevo, dapprima
come processione tra “stazioni liturgiche”, fra un santuario e l’altro,
successivamente verso luoghi sacri come la tomba di Pietro a Roma o
al santuario dell’Arcangelo Michele sul Gargano o alla tomba dell’Apostolo Giacomo il Maggiore a Santiago di Compostela ed infine in Terra
Santa alla grotta del Santo Sepolcro 6. Il santuario è, nella tradizione
ebraica il “sancta sanctorum”, la parte più interna e sacra del tempio,
in quella cristiana il luogo della sepoltura del santo, o del manifestarsi
di un segno divino ovvero il luogo in cui è custodita una reliquia miracolosa 7. La statua del santo è stata restaurata nel 2007 e dall’analisi
3
4
5
6
7
V. Milazzo, Prima del Gaetani: i santi nel Sommario di Antonio Filoteo, in La Sicilia
nella tarda antichità e nell’alto medioevo. Religione e società, Atti del Convegno di
Studi, Catania, Paternò, 24-27 settembre 1997, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1999,
pp. 147 e 150, dove si cita G. Di Marzio che adombrava un possibile plagio del
castiglionese nei confronti di Fazello.
AA.VV, Aidone, Morgantina, Enna, Ariete, 1997, p. 15.
S. M. Pano, G. Castaldo, Le visite ad limina apostolorum dei vescovi di Piazza Armerina e le loro relazioni sullo stato della diocesi (1818-1920), in Arch. St. Sic. Or.,
LXXXIII, p. 129.
G. Tabacco, Il cristianesimo latino altomedievale, in G. Filoramo, E. Lupieri, S. Pricoco, Storia del cristianesimo, Roma, Laterza, vol. I, 12ª ed., 2018, p. 61.
Questa è la definizione che si trova in Enciclopedia Treccani, in http://www.treccani.
it/enciclopedia/santuario/.
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cui si è proceduto sarebbe risultato che essa è stata realizzata fra la fine
del Cinquecento e i primi del Seicento 8.
Secondo un’antica usanza, fino a qualche decennio fa, la statua usciva
dal Santuario per la processione voltata di spalle, rispetto alla direzione
di Piazza Armerina, per il rischio che il Santo potesse più facilmente
concedere miracoli e grazie ai forestieri piuttosto che ai nativi di Aidone.
Ma c’era un altro motivo leggendario. Gli abitanti di Piazza prendono in giro gli aidonesi per questa festa dicendo loro: “Sanàstuu?”, per
domandare ironicamente Siete guariti? 9. La tradizione popolare, per
spiegare la rivalità campanilistica fra Aidone e Piazza Armerina, narra
che un tempo vi erano due statue del santo, una nera a Piazza nella
chiesa omonima nel quartiere Canalotto e una bianca ad Aidone, la
prima non faceva miracoli perciò i piazzesi organizzarono il furto della
seconda in danno degli aidonesi sostituendola con la prima, ma da quel
momento la statua nera portata ad Aidone cominciò a fare i miracoli,
lasciando attoniti i piazzesi, per cui il paese divenne ricco per le offerte
che i miracolati portavano al santo, perciò i piazzesi chiesero la restituzione della statua, ma gli aidonesi rifiutarono. Da qui la fattura che i
piazzesi fecero agli aidonesi, se la statua del santo avesse visto la strada
verso Piazza sarebbe ritornata indietro da sola.
L’usanza comune, comunque, è che davanti alla statua del Santo si presentano in massa forestieri dai paesi vicini dopo un pellegrinaggio a piedi,
talvolta con un cero acceso. La statua raffigura il Santo con un bastone
d’argento con la croce greca, bastone usato secondo antiche credenze per
cacciare coloro che chiedono grazie senza una vera fede, nella mano destra
il Santo tiene una rosa, nella sinistra il Vangelo con la stampigliatura di una
rosa, la veste dorata con un pettorale, il mantello azzurro con i quadrifogli
a croce greca, una spilla grossa sul mantello, il drappo rosso nella veste e
l’aureola d’argento, risalente probabilmente al Settecento.
8
9
F. Ciantia, San Filippo apostolo di Aidone. Oggi e ieri, tra storia e leggenda, 27 aprile
2020, in www.Settegiorni.net.
Questa tradizione è riportata da G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, Torino-Palermo,
C. Clausen, 1900, p. LIX e 556, nuova edizione nel 2013. L’autore, com’egli stesso
dichiara nell’avvertenza del libro, p. VIII, aveva raccolto le notizie che gli servivano
per la stesura del volume con l’aiuto di Alessandro Ardizzone, direttore del Giornale
di Sicilia, che a sua volta diramò due circolari ai vari corrispondenti del giornale
nell’isola. La rivalità fra i due centri a proposito della statua del santo è ripresa
anche da E. Capra Cordova, Leggende paesane, Catania, Giannotta, 1906, pp. 77 e
ss. e 92 nota 3.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 193
Certamente i colori azzurro, rosso, nero e verde ed argento sono i
colori dello stemma della città di Aidone, rappresentato da un’aquila con
le ali spiegate di colore nero sormontata da una corona e parzialmente
coperta da uno scudo tricolore anch’esso sormontato da una corona e con
la scritta “Aydon fertilissima civitas”. Al collo della statua di San Filippo
è posta una collana d’argento con una croce quale simbolo, secondo la
tradizione, della fedeltà di questo Apostolo di Betsaìda al suo maestro e
Signore Gesù Cristo. Ma secondo la tradizione gli attributi iconografici
di Filippo sono la croce, a ricordo del suo martirio, qualche volta una
pietra che allude alla sua lapidazione o un drago, domato dal santo alla
presenza di pagani 10.
Il portone della facciata della chiesa, opera dell’artista Scuccimarra 11,
rappresenta episodi della vita di S. Filippo Apostolo 12. Nell’aprile del
2018 13, è stata esposta al culto dei fedeli per tre giorni, fino al primo
maggio festa del Santo, la reliquia del piede del Santo riposta in una
teca dove è custodito anche un frammento del femore di San Giacomo
minore 14.
Pitrè sostiene che il santo è il protettore di “scemi, ossessi, alienati e
di quanti sono affetti da malattie inguaribili o arcane” 15. Particolare fede
hanno avuto nel passato le persone ritenute in possessione diabolica che
il santo riusciva ad esorcizzare con l’aiuto di sacerdoti esperti. È venerato dai forestieri, mentre gli aidonesi hanno come santo di riferimento
Lorenzo. C’è un via vai infinito di pellegrini e devoti che anticamente
10
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14
15
S. Cipriani, Voce Filippo apostolo, Il Grande Libro dei Santi, Dizionario enciclopedico,
Cinisello Balsamo, S. Paolo, 1998, vol. I, p. 677.
Tonino Scuccimarra è uno scultore contemporaneo (Roma, 1943), specialista nell’arte
sacra.
Queste sono le scarne notizie presenti nel sito della Proloco di Aidone, in http://
www.aidoneonline.it/ www.prolocoaidone.it.
Lo riferisce F. Ciantia, in http://www.vivienna.it/2018/04/25/.
Nella tradizione “Giacomo il minore” è uno dei dodici Apostoli di Gesù, nel Nuovo
Testamento viene chiamato anche Giacomo d’Alfeo (Matteo 10,3, Marco 3,18,
Luca 6,15, Atti 1,13). L’altro apostolo di nome Giacomo, è il Santo il cui padre
era Zebedeo, chiamato Giacomo il Maggiore, fratello di Giovanni Evangelista le cui
spoglie sono a Santiago di Compostela, dopo il martirio mediante decapitazione
per ordine di Erode Agrippa nel 42 d.C. Nell’antichità il santo guerriero dopo ogni
vittoria cristiana veniva visto alla testa dell’esercito in sella a un cavallo bianco,
armato di spada a forma di croce.
G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, cit., p. 554.
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Francesco Paolo Giordano
erano soliti portare al santo braccia, gambe, piedi e altre parti del corpo in cera in segno di gratitudine per le grazie ricevute, un rumore di
ferri si ode nella chiesa, sono i grandi penitenti che trascinano pesanti
catene per peccati gravi o per ringraziamento di favori ricevuti 16. La
festa di San Filippo sembra la riedizione sacra della festa di primavera
della tradizione greco-romana.
2. Le reliquie custodite nella Basilica Romana
dei Santi Apostoli
Le reliquie sono custodite a Roma, con evidenti i segni della crocifissione, avvenuta a testa in giù, nella basilica inizialmente dedicata ai
Santi Apostoli Filippo e Giacomo, successivamente ai Santi Apostoli,
attualmente ai Santi XII Apostoli. Sottoposte a ricognizione nel 1876
e nel 2016, sarebbero giunte a Roma nel VI secolo da Costantinopoli
ad opera del papa Pelagio I, cui si deve la costruzione della basilica.
Secondo la credenza tradizionale, il Santo sarebbe morto a Hierapolis
all’età di 85 anni e la sua tomba sarebbe stata meta di pellegrinaggi
fino a tutto il medioevo, allorché la città di Hierapolis fu abbandonata
perché distrutta da un forte terremoto e le ossa del Santo trasportate
prima a Costantinopoli, poi a Roma.
La sua tomba a Hierapolis è stata scoperta nel 2011 dagli archeologi italiani. Dai recenti scavi archeologici si è rilevato che a Hierapolis
era stato costruito il Martyrion nel V sec. d.C. dedicato all’Apostolo
Filippo su una preesistente tomba risalente al I sec. d.C. In particolare
la scoperta del Martyrion del santo, splendido ottagono portato si deve
oltre cinquant’anni fa all’ingegner Paolo Verzone del Politecnico di Torino, che diede avvio alla missione archeologica italiana a Hierapolis su
concessione del governo turco. Mentre la scoperta della tomba del santo
propriamente si deve all’archeologo prof. Francesco D’Andria, direttore
della Scuola di Specializzazione in Archelogia presso l’Università di Lecce.
Nel 2011 fu scoperto il sepolcro, quattro anni dopo emerse la prova
inconfutabile che si trattava della tomba dell’apostolo allorché si scoprì,
sempre a cura del Prof. D’Andria e della sua équipe, l’iscrizione in greco
“Doulos tou apostolou Philippou”, che significa “servo dell’apostolo Filippo”.
Furono trovati graffiti e scritte decifrati dall’epigrafista dell’Università de
16
Ibidem.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 195
La Sapienza di Roma Francesco Guizzi. In epoca classica vi era l’oracolo di Apollo, quindi in epoca cristiana il santuario cristiano, esisteva
una grande scalinata che dalle mura della città portava ad un’altura,
accanto un edificio termale a pianta ottagonale dove i pellegrini giunti
si purificavano prima di accedere al luogo sacro sull’altura, dove vi era
una fonte di acqua, sono state ritrovate due chiese ai lati dell’altura.
La tomba del santo è stata costruita secondo la tradizione proprio nel
luogo del martirio17.
Il 1° maggio, giorno in cui si celebra il festeggiamento, è la data
in cui è avvenuta la traslazione delle reliquie nella basilica dei Santi
Apostoli Filippo e Giacomo, sotto il pontificato di Giovanni III, papa
successore di Pelagio, anche se la Chiesa cattolica assegna la festa del
Santo alla data del 3 maggio.
In un articolo molto informato su La Civiltà Cattolica, l’importante
Rivista dei Padri Gesuiti, del 1897 18, si afferma fondatamente che la
chiesa fu edificata a cavallo dei pontificati dei papi Pelagio I (556-561)
e Giovanni III (561-574) con l’aiuto di Narzete, primo rappresentante
del governo bizantino a Roma dopo la caduta del regno gotico. Fu
intestata ai Santi Apostoli Filippo e Giacomo per il fatto che le relative
reliquie furono trasportate dall’Oriente a Roma, probabilmente grazie
all’opera del governo romano-orientale d’Italia e dello stesso Narzete e
il nuovo edificio doveva accogliere queste reliquie.
La chiesa era denominata nel Liber Pontificalis 19 “ecclesia apostolorum
Philippi et Iacobi”, ma successivamente già sotto Adriano I e Leone II
si chiamava solo dei Santi Apostoli.
Nel 1869, fu deciso di restaurare le decorazioni della basilica con
nuova pavimentazione e un progetto di rialzare il presbiterio che comportava la necessità di rimuovere l’altare maggiore, da qui la ricerca delle
reliquie dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo che secondo una antica
tradizione sarebbero state collocate in una zona prossima all’altare 20.
17
18
19
20
Su cui v. AA.VV., Hierapolis di Frigia: le attività delle campagne di scavo e restauro
2004-2006, Ege Yayınları, 2012. Per l’aspetto architettonico e l’evoluzione della
costruzione durante i secoli con i vari terremoti, cfr. M. P. Caggia, La collina di
San Filippo a Hierapolis di Frigia: osservazioni sulle fasi di occupazione bizantina e
selgiuchide (IX-XIV sec.), Sc. Ant., 2014, n. 20, pp. 143 e ss.
Civ. Catt., Archeologia, Serie XVI, vol. X, fasc. 1123, 22 marzo 1897, pp. 467 e ss.
Lib. Pont., I, 305, n. 110.
G.Priori, L. Carimini, M. Tabarrini, Luca Carimini: 1830-1890, Franco Cosimo
196
Francesco Paolo Giordano
La cripta fu realizzata nel 1872 col progetto di Carimini 21, quando
furono rinvenute in data 15 gennaio sotto l’altare maggiore, le reliquie
dai Francescani che gestivano e tuttora gestiscono la basilica dei Santi
Apostoli 22, in un altare sarcofago del VI secolo conservato nell’originaria
collocazione nonostante il completo rifacimento della basilica nel 1702,
del tutto simile a quello dei Santi Cosma e Damiano 23. L’attribuzione
delle reliquie ai santi è dovuta a Giambattista De Rossi in base alle
iscrizioni ritrovate 24. Le reliquie consistono in un’urna coi denti di San
Giacomo, un’urna con la scapola di San Filippo, il Colloquion con i
resti della tunica di San Filippo, in un’urna col femore di San Giacomo
Minore, in un’urna col piede di San Filippo.
La Civiltà Cattolica dedica due cronache all’evento 25. Nella prima,
si parla del restauro della basilica e della costruzione di un ipogeo
dove le sacre reliquie ritrovate dovevano essere riposte «con più decoro e
splendore», perciò fu rimosso l’altare maggiore per collocarlo più in alto.
«La mattina del giorno 15 gennaio del 1873, verso le 10 ore, si finiva di
demolire il maschio dell’altare; e, precisamente sotto la predella e la mensa
di esso, vennero scoperte due antichissime lapidi di bellissimo marmo frigio
insieme connesse, sopra le quali era scolpita a bassorilievo una gran croce
equilatera. Avvertita di ciò, secondo gli ordini già dati a tal effetto dall’E.mo
Card. Vicario, la Commissione di Archeologia sacra per le reliquie, verso le
ore 3 pom. alla presenza di detta Commissione furono sollevate quelle due
lapidi, ond’era coperto il sacro deposito; e vi si trovarono due vani; uno,
circondato di muri grezzi, e vuoto, corrispondeva sotto la predella; l’altro,
rivestito di bellissime lastre di marmo frigio, e sottoposto precisamente alla
mensa, conteneva una urna di legno dalle cornici dorate, ma ridotta in
21
22
23
24
25
Panini, 1993, p. 49. V. anche G.M. Partenio, Le sacre basiliche, Stamperia Perego
Salvioni, Roma, 1808, p. 111.
L. Finocchi Ghersi, La basilica dei SS. Apostoli a Roma, Storia, arte, architettura,
Artemide, Roma, 2011, p. 54, e vedi anche I. Mazzucco, Filippo e Giacomo apostoli
nel loro santuario romano. Il sepolcro, le reliquie, il culto, L’Apostoleion, Roma, 1982.
E. Zocca, La basilica dei S.S. Apostoli in Roma, Cannella, Roma 1959, p. 22.
Sul punto cfr. R. Krautheimer, Le basiliche cristiane antiche di Roma, Vaticano, Roma
1937, p. 124, v. anche G. Bartolozzi Casti, Il sarcofago dei Maccabei e gli altarisarcofago dei Ss. Apostoli e di San Cosma, in Atti Pontificia Accademia Archeologia,
vol. LXXII, pp. 177 e ss.
G. De Rossi, Inscript. christ. 2, 1 pp. 65, 139, 248 e 355.
Civ. Catt., Serie VIII, vol. IX, 15 gennaio 1873, pp. 491-93; Civ. Catt., Serie VIII,
vol. X, fasc. 550, 10 maggio 1873, pp. 475-480.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 197
frantumi, ad eccezione del coperchio, formato di due tavolozze sanissime;
ed in essa vedeansi le ossa e le ceneri dei SS. Apostoli, Filippo e Giacomo
il Minore»26. «Perciò il Padre Bonelli, parroco della basilica e il Padre
Generale de Minori conventuali, a sera andarono a riferire l’evento a Pio
IX che se ne rallegrò ed elargì una offerta per “ricostruire la sacra urna
dei SS. Apostoli”» 27.
Nella seconda si dà contezza dell’istruttoria e del decreto circa la
verità delle reliquie scoperte nonché sulla traslazione ed esposizione delle
stesse. Il decreto fu emanato dal Cardinale Vicario S. Em. Costantino
Patrizi, Vescovo di Ostia e Velletri il 19 aprile 1873, dopo una rigorosa
istruttoria cui parteciparono i più insigni studiosi di archeologia sacra.
L’attribuzione a S. Giacomo fu possibile anche attraverso la comparazione delle reliquie col sacro corpo custodite nella chiesa cattedrale di
Ancona Inscript. christ.28. La cronaca dell’autorevole Rivista fa notare
che le reliquie appartengono a due persone di sesso maschile, una di
complessione fisica robusta e di una certa altezza (San Giacomo minore)
e l’altra di statura più bassa e più fragile (San Filippo) Inscript. christ. 29.
Le reliquie ritrovate consistevano in 13 pezzi descritti dettagliatamente: I. In due vasi di cristallo contenevano le ceneri e resti delle ossa dei
SS. Apostoli Filippo e Giacomo minore; II. In un vaso di cristallo sono
una scapola, un femore, diversi pezzi di cranio, costole, ed altre ossa più
insigni ed intere del medesimo S. Filippo Apostolo; III. In altro vaso di
cristallo è un velo con molti frantumi di ossa, ritrovato separatamente
dai sacri corpi sotto la lastra che copriva il loculo inferiore; IV. In un
altro vaso sono dei frammenti dell’urna di legno, a cui sono aderenti
molte sacre ceneri, appartenenti ai sacri corpi; V. Sotto una campana
ovale di cristallo sono quattro denti molari di S. Filippo, e uno di S.
Giacomo Minore; VI. Sotto un’altra campana circolare di cristallo vi è
una fibbia, o fermaglio di ferro, ritrovato fra le sante Reliquie, aderente
ad un brandello di veste, riconosciuto dagli archeologi per opera de’
tempi apostolici. Tutti questi oggetti sono rinchiusi dentro un’urna
tutta formata di finissimi cristalli; VII. In un Tabernacolo di cristallo
vi è il Colobio (camice senza maniche) color di porpora, col sangue e
frantumi di ossa dei ss. Apostoli, ritrovati in una Capsella di argento,
26
27
28
29
Civ. Catt., Serie VIII, vol. IX p. 492.
Ivi, p. 493.
Civ. Catt., 10 maggio 1873, cit., p. 478.
Ibidem.
198
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opera del sesto secolo; VIII. In un Tabernacolo di cristallo vi sono delle
vestimenta, ritrovate frammezzo le sacre ceneri; IX. Sotto una campana
rotonda di cristallo vi è un vasetto di argento (Balsamario) opera del
sesto secolo, con balsamo di nardo spicato di forte fragranza; la quale si
sente esalare anche dalle sante Reliquie. Vi sono eziandio dieci monete
di lega metallica, appartenenti ai secoli XIII e XIV. Il tutto ritrovato
fra le sacre Reliquie; X. Dentro un’umetta quadrangolare di metallo
dorato, e fini cristalli, vi è la Capsella d’argento, in cui fu ritrovato il
sopraddetto Colobio; XI. Sotto una campana ovale di cristallo vi è il
piede destro di S. Filippo Apostolo, conservato intatto con tutti i tendini,
i nervi e le cartilagini, e la pelle, del quale parla il Signorili, dicendo,
che fu nell’ultima Cena lavato e baciato dal Redentore Gesù Cristo30.
Si dà notizia nello stesso contesto del trasporto delle sacre Reliquie
in processione, la sera della Domenica 27 aprile, dalla sacrestia, per le
due navate minori e l’atrio della Basilica, all’altare sul quale dovevano
rimanere esposte alla venerazione dei fedeli nei giorni 28, 29 e 30 aprile 31. Le sacre reliquie furono riportate in sacrestia la sera del giovedì
1º maggio 1872 32.
La ricognizione canonica più recente è stata eseguita il 5 aprile
2016 33, mentre la prima era stata svolta in modo sommario nel 1879,
al momento del rinvenimento delle reliquie. Secondo la rivista La Civiltà
Cattolica la basilica era stata edificata fra il Foro Traiano e il Quirinale:
«Chi venendo dal foro Traiano si fosse diretto verso settentrione, giungeva
vicino al lato occidentale del Quirinale, d’onde guardavano in giù le terme
di Costantino poste in vetta del colle. In questo luogo circondavano le falde
del colle grandi portici, frammezzo a’ quali i papi Pelagio I (556-561) e
Giovanni III (561-574) coll’aiuto di Narsete edificarono una nuova chiesa,
la basilica onde trattiamo» 34.
30
31
32
33
34
Civ. Catt., 10 maggio 1873, cit., p. 479.
Ivi, cit., p. 480.
Ibidem.
Come informa A. Stoia, L’apostolicum lumen di Filippo e Giacomo a servizio dell’evangelizzazione, in S. Bonaventura, anno IV, n. 39, p. 2, il quale evidenzia la
vocazione della basilica come ponte fra chiesa di Oriente e di Occidente. L’autore
è un francescano conventuale parroco della basilica all’epoca della ricognizione del
2016.
Civ. Catt., 10 maggio 1873, cit., p. 467. V. anche Riv. di Arch. Crist., 1949, p. 206.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 199
La presenza di alcune colonne di marmo pentelico in una cappella
laterale della basilica ha fatto ritenere la loro probabile provenienza,
contestata però da altri autori, dalla demolizione di un edificio sacro
risalente all’epoca costantiniana 35, congettura che si concilia con l’esistenza di una basilica denominata Iulia edificata nello stesso posto 36 a
croce greca ad imitazione dell’Apostoleion di Costantinopoli, all’epoca
celeberrimo a livello mondiale, eretto da Giustiniano nel 550 d.C. che
serviva da mausoleo per la famiglia imperiale 37. La rivista dei Gesuiti
ritiene che la basilica avesse un aspetto monumentale coi portici e le
statue degli apostoli attorno per magnificare la dominazione bizantina a
Roma e forse per lo scopo di farne un mausoleo per lo stesso Narzete.
Pelagio, iniziatore della fabbrica secondo le iscrizioni del Liber Pontificalis,
quando era ancora diacono a Costantinopoli aveva certamente ammirato
il grandioso edificio imperiale, e Giovanni III lo portò a termine dedicando la chiesa, com’è stato ricordato, agli Apostoli Filippo e Giacomo
secondo un’iscrizione sopra l’ingresso all’interno. L’epigramma nel catino
absidale dell’antica basilica del VI secolo, e visibile fino al XV secolo,
si chiudeva con queste parole: I papi Pelagio e Giovanni hanno eretto
questo santuario «perché il popolo, accorrendovi, fosse sottratto al lacerante
morso del lupo. Il lettore, chiunque egli sia, sappia riconoscere qui la luce
che promana dagli Apostoli Giacomo e Filippo»38.
Il morso del lupo citato voleva significare il momento di grande crisi
e di declino dell’epoca, allorché si cominciava a comporre lo scisma
seguito al Concilio di Calcedonia, Roma aveva una popolazione di non
più di 18.000 abitanti, dopo venti anni di guerra gotica cui era seguito
il flagello della peste e della carestia. Da quella data nei successivi decenni cominciavano a venire in Italia i Longobardi, per cui la basilica
nell’intenzione dei papi voleva essere un progetto di pace e un auspicio
di rifondazione della città nella prospettiva degli apostoli.
Per quanto riguarda la liturgia, anticamente a Roma nel giorno
di giovedì santo si andava nella basilica dei Santi Apostoli Filippo e
35
36
37
38
Civ. Catt., cit., p. 468.
Ibidem.
Ibidem ed ivi altri riferimenti bibliografici antichi. La forma a croce si conservò
fino al XV secolo.
A. Stoia, L’apostolicum lumen di Filippo e Giacomo a servizio dell’evangelizzazione,
cit., pp. 3-4.
200
Francesco Paolo Giordano
Giacomo, il venerdì al Pantheon e il sabato al Laterano 39.
Si narra, in proposito, che il 6 Settembre dell’anno 394 d.C., ad
Aquileia si fronteggiarono due eserciti: da una parte quello capeggiato
da Eugenio, il retore restauratore del paganesimo, dall’altra quello cristiano dell’imperatore Teodosio. Quest’ultimo implorò l’aiuto di Dio e
nel sonno ebbe la visione degli Apostoli Filippo e Giovanni, vestiti di
bianco, che gli assicuravano la vittoria. La battaglia fu vinta ed Eugenio
sconfitto, sicché venne definitivamente battuta la religione pagana. A
seguito di questi fatti, Arcadio, figlio di Teodosio, fece trasportare le
reliquie dell’apostolo a Costantinopoli da cui furono successivamente
prelevate nel sesto secolo dal Papa Giovanni III e condotte, insieme alle
reliquie di Giacomo Minore, presso la nuova basilica a Roma.
Un’altra reliquia è nell’abside della basilica di San Giovanni Maggiore
a Napoli, secondo un’antica tabella riportata dallo storico Carlo De
Lellis, l’osso di una gamba di san Filippo Apostolo sarebbe stato portato
assieme ad altre reliquie da Costantino in persona nel 324 d.C. 40. Una
statua lignea di San Filippo Apostolo, risalente al Settecento, in Sicilia è
presente a San Filippo del Mela nel duomo risalente al XVIII secolo. 41
3. Alla ricerca della identità del santo
Ma è proprio quello il santo venerato dai forestieri e dai locali?
Secondo alcuni autori 42 il santo è, invece, Filippo d’Agira il Siriaco
o di Tracia (Tracia 405, Agira 468), patrono di Limina, Calatabiano,
Randazzo, Adrano, Piazza Armerina, Nicosia. Secondo altri, fra cui
Giuseppe Pitrè, si tratta di San Filippo Apostolo 43. Per un autore auto39
40
41
42
43
M. Righetti, Manuale di storia liturgica: L’anno liturgico. Il breviario 2 ed. riv. e
corr. 1955, Ancora, Milano, 1949, p. 222.
A. Palumbo, M. Ponticello, Il giro di Napoli in 501 luoghi, Roma, New Compton,
2004, paragrafo 134.
L. V. Bertarelli, San Filippo del Mela, Touring Club Italiano, vol. XXIII, Istituto
Enciclopedico Italiano, Roma 2005, pag. 260.
S. Pirrotti, Il monastero di San Filippo di Fragalà, secoli XI-XV: organizzazione dello
spazio, attività produttiva, rapporti con il potere, cultura, Palermo, Officina di Studi
medievali, 2008, p. 43, secondo cui lo stesso santo è adorato a Limina, Calatabiano,
Randazzo, Adrano, Piazza, Aidone, Nicosia; M. Fonte, Il folklore religioso in Sicilia,
Greco, Catania, 2001, p. 170.
G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, cit., pp. 558 e ss.; G. Mililli, Poesie e proverbi
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 201
revole la basilica di San Filippo di Fragalà sarebbe stata dedicata a San
Filippo Apostolo, sulla base di un diploma greco in cui viene citato «il
monastero del santo e glorioso taumaturgo apostolo Filippo» 44, edificato
sull’antico cenobio basiliano di Demenna. La festa di quest’ultimo è il
14 novembre, data del martirio del santo, mentre quella di San Filippo
d’Agira ricorre il 12 maggio.
Nasce nel IV secolo in Tracia da padre siriano e da madre romana,
all’età di 21 anni si trasferisce a Roma, il papa, saputo della sua propensione a scacciare i demoni, lo inviò in Sicilia, giunto ad Agira ebbe a
sconfiggere gli spiriti maligni con un semplice segno di croce iniziando
la sua attività di taumaturgo in tutta la Sicilia, in suo onore vennero
costruiti i villaggi messinesi di San Filippo Inferiore e Superiore.
Un autore qualifica il culto del san Filippo “negro” come singolare 45.
Secondo altri la basilica di San Filippo di Fragalà sarebbe dedicata a
San Filippo di Agira 46.
Tommaso Fazello, storico saccense, assistette nel 1541 alla festa di
San Filippo d’Argirio e così la descrisse: «Vi incontrai quasi duecento
donne indemoniate. Era uno spettacolo straordinario ed orrendo vedere
quelle donne agitate dai capricci del demonio (…) levare al cielo alte
grida, gettare via gli abiti ed ogni senso di vergogna, scomporsi i capelli,
farsi stridore coi denti, storcere il viso e gli occhi, emettere bava schiumosa,
sollevare in alto le braccia e (…) il corpo, muovere e ingrossare la lingua,
gonfiare la gola e le sue vene interne (…), parlare alcune in greco, molte
in latino, altre in saraceno, e in modo così perfetto che non c’è esperto
44
45
46
nella parlata galloitalica di Aidone: con brevi e parziali nozioni di grammatica e note
esplicative, Barrafranca, Bonfirraro, 2004, p. 315; G. Masuzzo, Cronologia civile e
ecclesiastica di Piazza e dintorni: Palazzi, chiese, Assoro, Passerino, 2017, p. 18.
M. Scaduto, Il monachesimo basiliano, Ed. Storia e Letteratura, Roma, 1982, p. 104,
dove si afferma che la dedica era dovuta alla guarigione di Ruggero II fanciullo,
affetto da una fastidiosa otite, in seguito al fatto che la madre lo aveva portato
nella chiesa pregando il santo. Lo ricorda S. Pirrotti, Il monastero di San Filippo di
Fragalà, secoli XI-XV, cit., p. 43, che però sostiene che il monastero sarebbe stato
dedicato a S. Filippo di Agira, sulla base di un contratto enfiteutico del 1305 nel
quale si stabilisce che una delle due rate si doveva pagare «in festo Sancti Philippi
quod est mense madii, duodecimo eiusdem», in quanto il 12 maggio è la festa del
Santo di Agira.
P.E. Santangelo, L’origine del linguaggio, Bompiani, Roma, 1949, p. 248.
V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, a cura di G. Di Marzio, vol. I, Palermo,
Di Marzio, 1858, p. 361.
202
Francesco Paolo Giordano
nel suo genere che possa avere una pronuncia più pura. Alla fine, sentii
una donna di Lentini che palesava con ignominia ad ognuno i segreti del
cuore e i fatti compiuti che ognuno conosce nel suo intimo e lui soltanto»
47. Nella sua opera ricorda che san Filippo, famoso per i suoi miracoli,
orientale di nascita e cristiano, era nero, versato nel guarire gli indemoniati, riprende la leggenda che era stato mandato da San Pietro per
evangelizzare la Sicilia 48.
Giuseppe Pitrè scolpisce il santo di Aidone: «è nero come ebano, ed
ha occhi neri e acuti che fanno paura: e quando viene messo in movimento
per il giro della città, desta un senso di sbalordimento e di raccapriccio che
non perde mai chi si sia trovato almeno una volta a vederlo» 49. Secondo una tradizione popolare che sa però di mitologia, il santo avrebbe
evangelizzato l’Etiopia convertendo l’Eunuco, ministro e tesoriere della
regina Candace, avrebbe guarito gli indemoniati e scacciato i demoni
e per queste sue qualità sarebbe stato inviato dall’Apostolo Pietro in
Sicilia e sarebbe arrivato ad Agira, roccaforte dei demoni trasformando
in chiese i templi pagani di Proserpina ed Ercole 50.
47
48
49
50
T. Fazello, De rebus siculis, decades duae, Palermo, 1558, trad. it., Storia di Sicilia,
ristampa, p. 217 e ss. dove tratta “De Argyre pervetusta urbe”. Tommaso Fazello,
domenicano nacque a Sciacca nel 1498 e morì a Palermo nel 1570.
Ivi, p. 608.
G. Pitrè, Feste patronali in Sicilia, cit., pp. LIX e 550 e ss.
F. Zappalà, San Filippo Siriaco detto di Agira, Augusta, Arti Grafiche Fruciano, 1971,
p. 102; G. Fiume, Il santo moro, i processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo,
Milano, Franco Angeli, 2002, p. 172. Sul santo di Agira v. l’importante e dotto
studio di C. Pasini, Vita di S. Filippo d’Agira attribuita al monaco Eusebio, P.I.S.O.,
Roma, 1981 ed ancora Id., Osservazioni sul dossier agiografico ed innografico di san
Filippo di Agira, in Storia della Sicilia e tradizione agiografica nella tarda antichità,
Atti del convegno di studi Catania 20-22 maggio 1986, a cura di S. Pricoco, Soveria Mannelli, Rubbettino, 1988, pp. 173-207, ed inoltre Id., San Filippo d’Agira
nell’agiografia e innografia italo-greche, in San Filippo di Fragalà. Monastero greco
della Sicilia normanna. Storia, architettura e decorazione pittorica / San Filippo
de Fragalà. Monastère grec de la Sicile normande. Histoire, architecture et décor
peint. Sous la direction de Sulamith Brodbeck, Manuela De Giorgi, Marina Falla
Castelfranchi, Catherine Jolivet-Lévy et Marie-Patricia Raynaud, Bari - Roma,
Mario Adda Editore - École Française de Rome (Collection de l’École française de
Rome, 533), 2018, pp. 213-221; infine S. Longo Minnolo, San Filippo di Agira. Il
«migrante» santo, Messina, Editoriale Agorà, 2018, secondo i quali bisogna risalire
al VII secolo per trovare segni dell’arrivo del monaco Filippo ad Agira in Sicilia,
nel flusso di emigrati greco-orientali.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 203
Secondo Mons. Pasini 51, in un manoscritto conservato nella biblioteca vaticana, contenente la vita di San Filippo (di Agira), la traduzione
latina sarebbe quella fatta dal padre gesuita Jacques Sirmond su Eusebio
da Cesarea, pubblicata poi dal Gaetani nella sua opera. Nell’opera del
Gaetani, S. Filippo di Agira, con i suoi otto miracoli, viene illustrato
alle pp. 24-27, mentre san Filippo Apostolo alle pp. 28-32.
4. Nell’antichità
Secondo qualche altro autore nel nome della città di Aidone c’è la
sopravvivenza del nome del re di sotterra” 52. Anche Mazzola ricorda
che Aidoneus è un altro nome di Plutone, il rapitore di Proserpina 53. Il
nero è associato all’inferno cristiano e all’ade, san Filippo sceso nell’Ade
per scacciare i demoni ha riportato il nero della fuliggine dell’Inferno
nel volto 54. D’altra parte, il potere di scacciare i demoni è proprio degli
apostoli, fra cui Filippo, come dice il Vangelo di Marco:
«Gesù, intanto, con i suoi discepoli si ritirò presso il mare e lo seguì
molta folla della Galilea. Dalla Giudea e da Gerusalemme, dall’Idumea
e da oltre il Giordano e dalle parti di Tiro e Sidone, una grande folla,
sentendo quando faceva, andò da lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di
tenergli pronta una barca, causa della folla, perché non lo scacciassero. Infatti,
aveva guarito molti, cosicché quanti avevano qualche male si gettavano su
di lui per toccarlo. Gli spiriti impuri, quando lo vedevano, cadevano ai
suoi piedi e gridavano: “Tu sei il figlio di Dio!”. Ma egli imponeva loro
severamente di non svelare chi egli fosse. Salì poi sul monte, chiamò a sé
quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò
apostoli -, perché stessero con lui e per mandarli a predicare con il potere
di scacciare i demoni. Costituì dunque i dodici: Simone al quale impose il
nome Pietro, poi Giacomo figlio di Zebedeo, e Giovanni fratello di Giaco-
51
52
53
54
C. Pasini, Vita di S. Filippo d’Agira attribuita al monaco Eusebio, cit., p. 48, si tratta
del codice vaticano gr. 866 che è ripreso da J. Sirmond e poi da Gaetani O., Vitae
sanctorum siculorum, cit.
E. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell’antica Sicilia, Catania, F. Battiato, 1911,
p. 213.
G. Mazzola, Storia di Aidone, Catania, Giannotta, 1913, p. 14.
G. Fiume, Il santo moro: i processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo, cit.,
p. 173.
204
Francesco Paolo Giordano
mo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”, e Andrea,
Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo figlio di Alfeo, Taddeo,
Simone il Cananeo e Giuda Iscariota il quale poi lo tradì» 55.
C’è una linea di continuità fra il culto di Eracle, quello del suo
compagno Iolaos, collegato al cane e difatti «presso gli antichi era diffusa
l’opinione che certe specie di cani fossero la personificazione di irrequieti
spiriti di morti, i quali sotto tale forma andavano vagando per spaventare
i vivi e colpirli di funesta malattia» 56. Il cane, la rabbia, l’epilessia e l’esorcismo, viene considerato questo il punto di connessione fra la rabbia
canina e la possessione demoniaca con l’epilessia, per cui divennero subito famosi i miracoli di San Filippo di Agira nel restituire serenità agli
indemoniati 57. Il mito di Iolaos nell’antichità era riferito sia a Lentini
sia ad Agira, centro in cui il culto divenne famoso 58.
La continuità individuata dagli scrittori moderni fra il culto di Eracle
e quello di S. Filippo trova un riscontro non secondario nel fatto che
Eracle era certamente venerato anche a Morgantina, come si desume
dal ritrovamento durante gli scavi del 2011, nei granai monumentali, e
in particolare nel granaio ovest, di un kàntaros presente per caso e non
funzionale al granaio stesso con un’iscrizione decifrata dagli studiosi
come una dedica ad Eracle 59.
L’iconografia classica rappresenta il santo mentre libera gli ossessi,
incatena il demonio, gli tiene un piede sulla testa 60. Il santuario è
consacrato a queste particolari guarigioni.
La notte precedente la festa le indemoniate «stavano a riposare all’altare
principale con i loro custodi, aspettando che si portasse la statua fuori dalla
vicina sacrestia» e appena giunge il santo, «quasi che fosse apparso un
55
56
57
58
59
60
Mc 3, 7-13.
E. Ciaceri, Culti e miti nella storia dell’antica Sicilia, cit., p. 130.
Ivi, p. 132.
Diodoro Siculo, La biblioteca sicula, Torriana, Orsa Maggiore, 1991, IV, p. 24. Vedi
anche V. Casagrandi, Il mito di Herakles e Ioaloas nella numismatica di Agyrium e
Leontini, in Catalecta di storia antica, p. 88.
A. Walthall, Recenti scavi nei granai monumentali di Morgantina, in Morgantina
Duemilaquindici. La ricerca archeologica sessant’anni dall’avvio degli scavi, a cura di
Laura Maniscalco, Palermo, 2015, Reg. Sic., Ass. BB.CC., p. 87, in cui si ricostruisce
l’iscrizione in dialetto dorico come “Eracleos iaròs”, sacro ad Eracle.
P. Collura, San Filippo d’Agira, in “Bibliotheca Sanctorum”, Città del Vaticano,
Città Nuova Editrice, vol. V, 1964, pp. 722-724.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 205
nemico capitale», cominciano a sfuggire di mano ai custodi, a strapparsi
i capelli. Durante la processione «densa e lunghissima» che accompagna
il feretro di San Filippo «di colore quasi nero e orribile a guardarlo», il
diavolo abbandona le sue prede e ne fa di nuove 61. Il nero della faccia
è collegato al fatto che il santo fa avanti e indietro fra il mondo degli
inferi e la realtà dei credenti, per cui sembra ricondurre ad un collegamento fra Ades, Proserpina e Cerere e il santo nero di Aidone 62. Ma è
noto che Ades, Proserpina e Cerere, cioè Ade, Kore, Demetra sono di
casa nel territorio fin dall’antichità. Nella Morgantina greca vi erano
santuari dedicati a queste divinità e le loro effigie erano adorate dai
greci per propiziarne le attività agricole della città, il più importante
era dedicato a Demetra e Kore e fu eretto in contrada S. Francesco
Bisconti, in una zona terrazzata con vari edifici sacri in ciascun terrazzo,
adibiti al culto tra la fine del VI e il III secolo a.C., venuto alla luce
nella campagna di scavi del 1979 da parte della missione archeologica
americana dell’Università di Princeton 63.
Per alcuni studiosi il Santo venerato in Aidone è certamente San Filippo Apostolo, ma contemporaneamente costoro affermano, riferendosi
alla parrocchia dedicata al santo a Piazza, che «dopo la latinizzazione
operata ai tempi dei normanni il soprannome di “apostolo”, tradizionalmente attribuito a San Filippo di Agira, fece ritenere al clero latino che si
trattasse dell’apostolo San Filippo, introducendo così senza alcuna valida
motivazione, il culto dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, ricordati nel
calendario romano il 3 maggio». 64 Ma questa spiegazione, suscita alcuni
interrogativi: perché questo equivoco avrebbe riguardato alcuni e non
altri? Perché il rapporto si sarebbe trascinato per secoli, senza che nessuno si fosse posto il problema dello “sdoppiamento”?
61
62
63
64
G. Fiume, Il santo moro: i processi di canonizzazione di Benedetto da Palermo, cit.,
p. 174.
Ibidem.
S. Raffiotta, Spazi del sacro a Morgantina, il Santuario di San Francesco Bisconti, in
Morgantina Duemilaquindici. La ricerca archeologica sessant’anni dall’avvio degli scavi,
a cura di Laura Maniscalco, cit., pp. 44 e ss. Il santuario sarebbe un thesmophórion,
cioè adibito alle feste, secondo l’ipotesi formulata da C. Greco, Il thesmophorion in
Contrada S. Francesco Bisconti a Morgantina, in Panvini R., Sole L., La Sicilia in età
arcaica. Dalle apoikiai al 480 a.C., Atti del convegno internazionale, Caltanissetta,
Museo Archeologico, 27-29 marzo 2008, Caltanissetta, pp. 403-415.
G. Masuzzo, Cronologia e ecclesiastica di Piazza e dintorni, cit., p. 173, che però
conclude per Aidone nel senso che il santo oggetto di culto è l’apostolo.
206
Francesco Paolo Giordano
Questa dicotomia clero latino-clero greco in Sicilia è storica, però
la latinizzazione appartiene al mondo delle congetture. Sta di fatto che
l’Apostolo Filippo era un ebreo circonciso, come del resto lo stesso
Gesù e gli altri apostoli, perché l’aggettivo “cristiano” venne coniato
molto tempo dopo 65. È un fatto che nella tradizione popolare il culto
sia stato modificato nei contenuti nel senso di attribuire all’apostolo di
Betsaida le caratteristiche del santo greco di Agira.
5. San Filippo Apostolo
San Filippo Apostolo è originario, come si è accennato, di Betsaida, sulle sponde del Lago Tiberiade o Genezaret, come i due fratelli
Simone-Pietro e Andrea 66. Dei quattro vangeli canonici, soltanto
quello di Giovanni ci dà informazioni sulla sua vita. Esattamente
lo presenta come discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi ad
essere chiamato da Gesù, al quale presentò Natanaele-Bartolomeo 67,
dicendogli: «abbiamo trovato colui di cui hanno scritto Mosè nella Legge
e i Profeti: Gesù di Nazaret, il figlio di Giuseppe» 68. Gesù si rivolge
a lui per la prima moltiplicazione dei pani quando, sulla montagna,
Gesù venne circondato da una folla sicché Filippo esclama: «duecento
danari di pane non basterebbero neanche a dare a ciascuno di essi un
bocconcino» 69. Alcuni pagani si rivolgono a lui per essere presentati a
Gesù 70. Dopo l’ultima cena, nel discorso di addio, chiede a Gesù di
mostrare loro il Padre agli apostoli, Gesù lo guarda e dice: «Filippo,
non mi hai ancora conosciuto? Chi vede me ha visto il Padre... Credete
che io sono nel Padre e che il Padre è in me. Credetelo almeno a causa
delle mie opere» 71. Parole inaudite, frasi che danno le vertigini e che
i discepoli comprenderanno pienamente solo quando lo Spirito Santo
scenderà su di loro, nel giorno della Pentecoste. Parole che Filippo si
65
66
67
68
69
70
71
G. Filoramo, E. Lupieri, S. Pricoco, Storia del cristianesimo, cit., p. 5.
Gv 1, 44.
S. Cipriani, Voce Filippo apostolo, Il Grande Libro dei Santi, Dizionario enciclopedico, cit., p. 677.
Gv 1, 43-51.
Ivi, 6, 5 ss.
Ivi, 12, 21 ss.
Ivi, 14, 7-12.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 207
porterà dietro, nella sua missione nel paese degli Sciti, dove, secondo
la tradizione, fu martirizzato.
Negli Atti degli Apostoli, è tra coloro che ricevono lo Spirito Santo
nel giorno di Pentecoste 72. Gli Atti degli Apostoli, com’è noto, sono
un insieme di testi in cui è ricostruita la vita della prima comunità
cristiana di Gerusalemme. Egli è citato perché battezza un funzionario
etiope eunuco sulla strada di Gaza 73. Fa parte della prima comunità
di Gerusalemme, assieme a Pietro e Giovanni, Giacomo (il maggiore) e Andrea, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Giacomo (il minore),
Simone e Giuda figlio di Giacomo 74. L’apostolo va distinto dal diacono Filippo, che è un predicatore del Vangelo e battezza uomini e
donne convertiti 75 ed ancora è chiamato evangelista 76 ed è uno dei
sette diaconi 77. Al riguardo si deve specificare che la prima comunità
di Gerusalemme guidata dai “Dodici” apostoli era poi composta da
un numero enorme di “discepoli”, alcune migliaia 78. Solo i Dodici
erano stati testimoni diretti della vita di Gesù, mentre all’interno del
gruppo dei “discepoli” erano distinti due sottogruppi. Gli “ellenisti”
vale a dire i Giudei di matrice greca per lingua e costumi e gli “ebrei”,
i Giudei di lingua e costume ebraici; ben presto fra questi due gruppi
insorse qualche dissidio non per motivi di estrema gravità, ma per
questioni inerenti al servizio a tavola ai danni delle vedove del gruppo
degli ellenisti 79. Per gestire i servizi della mensa, i discepoli finirono
con lo scegliere i “Sette”, sette “ellenisti” a cui vennero attribuite
funzioni complementari, sotto il controllo dei “Dodici”, i quali soli
“impongono le mani” 80.
«In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano
72
73
74
75
76
77
78
79
80
At 2, 1.
At 8, 38 e 8, 26-40.
At 1, 13.
At 8, 5; 8, 6; 8,12.
At 21, 8.
At 6, 5.
G. Tabacco, Il cristianesimo latino altomedievale, in G. Filoramo, E. Lupieri, S.
Pricoco, Storia del cristianesimo, vol. I, cit., p. 90.
Ibidem.
Ivi, p. 91. At 6, 6.
208
Francesco Paolo Giordano
trascurate nell’assistenza quotidiana. I dodici, convocata la moltitudine
dei discepoli, dissero: “Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di
Dio per servire alle mense. Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi
sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di
sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Quanto a noi, continueremo
a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola”. Questa proposta
piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e
di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola,
proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver
pregato, imposero loro le mani» 81.
Quindi l’Apostolo Filippo, che fa parte dei “Dodici” è ben diverso
dal “discepolo” Filippo, che fa parte dei “Sette”. Proprio il Filippo greco
o ellenista componente dei “Sette” è quello che battezza l’eunuco di
colore etiope 82, poi ritenuto il primo apostolo dell’Etiopia, intorno al
33 d.C. 83 Questo Filippo abitava a Cesarea. Predicò il cristianesimo
nella Samaria, dove battezzò un gran numero di persone. Secondo la
tradizione Filippo il greco lasciò la Palestina per recarsi in Asia, a Trullo,
dove fondò una chiesa nella quale esercitò la funzione di vescovo e in
cui morì dopo avere fatto numerosi miracoli. I greci celebravano la
sua festa il giorno 11 ottobre, mentre i latini il 6 giugno 84. I Dodici
hanno come compito l’evangelizzazione con la parola, mentre i Sette
si dedicano al servizio delle vedove, ma questa distinzione non viene
sempre rispettata, Filippo “greco” svolge attività missionaria 85. La
Parola di Dio si diffondeva, il numero dei discepoli si moltiplicava
grandemente in Gerusalemme e anche un gran numero di sacerdoti
ubbidiva alla fede. Filippo inizia la sua missione annunciando il Messia
a Natanaele:
«Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò
Filippo e gli disse: “Seguimi”. Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e
di Pietro. Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: “Abbiamo trovato colui del
quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe
81
82
83
84
85
At 6, 1-17.
G. Tabacco, Il cristianesimo latino altomedievale, in G. Filoramo, E. Lupieri, S.
Pricoco, Storia del cristianesimo, vol. I, cit., p. 91.
P. Pianton, Enciclopedia ecclesiastica, Stab. tip. enciclopedico di Girolamo Tasso ed.,
Venezia, 1857, vol. III, p. 965.
Ibidem.
At 8, 5-40.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 209
di Nazaret”. Natanaèle esclamò: “Da Nazaret può mai venire qualcosa di
buono?”. Filippo gli rispose: “Vieni e vedi”». 86
Filippo Apostolo è uno dei testimoni del famoso episodio della
moltiplicazione dei pani e dei pesci.
«Alzati quindi gli occhi, Gesù vide che una grande folla veniva da lui
e disse a Filippo: “Dove possiamo comprare il pane perché costoro abbiano
da mangiare?”. Diceva così per metterlo alla prova; egli, infatti, sapeva
bene quello che stava per fare. Gli rispose Filippo: “Duecento denari
di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un
pezzo”.» 87. Filippo Apostolo fu tra i discepoli di Giovanni prima di
seguire Gesù 88.
Da questo momento possiamo utilizzare soltanto le notizie, non
sempre concordanti, fornite dalla tradizione. Alcune fonti lo confondono con Filippo diacono di Cesarea di cui si parla sempre negli Atti
degli Apostoli 89. Alcuni studiosi, dal fatto che di lui parla solo il 4°
vangelo, hanno dedotto che egli abbia dimorato e sia morto in Asia
Minore, particolarmente ad Efeso, dove Filippo era onorato come uno
dei luminari dell’Asia. Esiste però una tradizione più sicura, secondo
la quale egli evangelizzò la Frigia dopo avere predicato in Scizia e
Lidia. Tutti sono concordi nel porre a Gerapoli (oggi Pamùkkale), in
Frigia, la sua ultima dimora insieme a due delle tre figlie. Una conferma di ciò è data da Policrate, vescovo di Efeso nella seconda metà
del II secolo, in una sua lettera a papa Vittore. Con lui concordano
Teodoreto di Ciro, Niceforo, Girolamo. Papia, vescovo di Gerapoli,
conobbe le figlie di Filippo e da esse apprese (secondo Eusebio) che
un morto era stato risuscitato da lui. Su questa notizia concordano
Niceforo e Clemente di Alessandria. Quanto alla morte, contrariamente a ciò che afferma Clemente di Alessandria, ossia che Matteo,
Tommaso e Filippo morirono di morte naturale, la maggior parte
dei documenti antichi attesta che questo apostolo fu martirizzato a
Gerapoli sotto Domiziano, crocifisso a testa in giù e lapidato, all’età
di circa 87 anni.
La tradizione di San Girolamo, riportata dal padre Bartolomeo Ferro,
distingue i due Filippo: l’apostolo fa parte dei Dodici e ha tre figlie,
86
87
88
89
Gv 1, 43-46.
Gv 6, 5-7.
Gv 1, 44-46; 12, 20-22.
Ibidem; At 8, 5-40; 21, 9.
210
Francesco Paolo Giordano
di cui due erano a Ierapoli e uno ad Efeso, mentre il diacono ne ha
quattro, tutte a Cesarea 90.
Clemente Alessandrino scrisse del matrimonio delle sue figlie. Policrate vescovo di Efeso riteneva che due delle tre figlie fossero rimaste
vergini e sarebbero state inumate a Ierapoli insieme al santo e che la
terza, vissuta in santità, fosse rimasta a Efeso e fosse adorata col nome
di Santa Ermione.
6. Aidone.
il Santuario e il Priorato di Santa Maria Lo Piano
Filippo è venerato nella Chiesa di Santa Maria La Cava. Qualche notizia è rinvenibile nello scritto di Francesco Nicotra, Dizionario illustrato
dei Comuni siciliani, su Aidone le notizie le ha date il dott. Antonino
Ranfaldi, poeta e intellettuale oltreché sindaco alla fine dell’Ottocento e
il sig. Giuseppe Minolfi storico bibliotecario, autore di saggi e articoli.91
La chiesa di Santa Maria Lo Piano conservava reliquie degli Apostoli
san Filippo e san Giacomo, la cui presenza è attestata a partire dal 1633.
Questo con ogni probabilità è l’anno a partire dal quale ha inizio il
culto del santo. Anche se il culto è però anteriore al 1633, solo che
in questo anno fu benedetto il reliquiario dall’arcivescovo di Catania e
si incominciano ad avere notizie certe e frammentarie di questa festa
che si è sempre celebrata il 1° maggio, in relazione all’antica tradizione
liturgica che celebrava in quel giorno la festa della deposizione delle
reliquie dei Santi Filippo e Giacomo nella basilica dei Santi Apostoli in
Roma. Affluiscono gruppi di pellegrini, provenienti da diversi comuni.
Il culmine dei festeggiamenti è nei giorni 30 aprile - 1° maggio, quando
circa 40.000 persone arrivano ad Aidone. Le origini di questa devozione
sono lontane ed incerte. Sembra infatti, che essa abbia avuto inizio
tra la fine del 1400 e l’inizio del 1500 ad opera della famiglia romana
dei Colonna di Paliano, che aveva dei possedimenti terrieri in Sicilia,
segnatamente in Aidone. Questa supposizione sembra avvalorata dalla
90
91
B. Ferro, Luce evangelica esposta all’incredulità dei novatori, Venezia, Albrizzi, 1699,
p. 366.
F. Nicotra, Dizionario dei comuni siciliani, Società Ed. del Dizionario Illustrato dei
Comuni Siciliani, Palermo, 1907, vol. 1, Voce Aidone, pp. 157 e ss.
A p. 173 si afferma che sono sconosciute le origini del culto di San Filippo.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 211
circostanza che presso la basilica dei Santi Apostoli Giacomo e Filippo in
Roma sorge il palazzo dei Colonna. I Colonna erano devoti dell’Apostolo
Filippo, ben avrebbero potuto portare tale devozione al Santo anche
nei loro possedimenti. E d’altra parte l’abbinamento Filippo-Lorenzo si
ricava anche dall’esistenza del “Priorato di San Filippo e San Lorenzo in
Scicli”, beneficio goduto da Filippo Colonna, figlio di Lorenzo Onofrio92.
Il priorato, noto anche come San Filippo d’Argirò, passò poi all’abate
Carlo Colonna, fratello di Filippo, dopo il matrimonio di quest’ultimo93.
Mongitore 94 ricorda un episodio importante, la dedicazione e la
fondazione della chiesa dei Gesuiti e di Casa Professa a Palermo ai
Santi Apostoli Filippo e Giacomo, il 1° maggio 1583, con l’intervento
del vicerè Marcantonio Colonna, del Senato, dei nobili. Si tratta del
trisavolo di Marcantonio V Colonna, marito di Isabella Gioeni che
aveva ereditato i feudi di Aidone. De Burigny 95 ricorda che i Gesuiti
a Palermo furono inviati nel 1547, con a capo il p. Giacomo Lainez;
solo due anni dopo ottennero di essere ospitati in una casa vicino alla
chiesa della Misericordia, dopodiché andarono a stabilirsi a S. Antonio
al Cassaro ed infine si trasferirono nell’antico tempio dei Santi Apostoli
Filippo e Giacomo unito all’Abbazia della Madonna della Grotta che
ebbero in dono dall’imperatore; proprio qui nel 1583 vide la luce la
splendida chiesa con l’annessa Casa Professa.
È certo, però, che nella seconda metà del secolo XVI molti aidonesi
sono votati a San Filippo, portandone il nome, come è certo anche che
nel 1633 ad Aidone ebbe luogo la visita del Vicario vescovile di Catania
Don Francesco D’Amico, che il 4 Dicembre visitò le statue di S. Filippo
e S. Giacomo nella chiesa di Santa Maria Lo Piano (oggi denominata
Santa Maria La Cava, sede del Santuario) con il loro prezioso reliquiario
in argento. La visita era finalizzata proprio alla benedizione (in “edicto
sacramentali”). E c’è traccia di tale visita in un documento dell’archivio
capitolare della diocesi di Catania, il visitatore dà atto che esistono le
statue di Nostra Signora, e dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo oltre
92
93
94
95
Cfr. Scritture amministrative, 1674-1680 – Inventario Generale Colonna p. 445.
Ivi, p. 446.
A. Mongitore, Storia delle chiese di Palermo, i conventi, vol. II, Palermo, CRICD,
2009, p. 137.
M. de Burigny, Storia generale di Sicilia, Palermo, Borrello, 1792, vol. V, p. 240,
n. 175. V. pure G. A. Patrignani, Menologio di pie Memorie d’alcuni Religiosi della
Compagnia di Gesù, Venezia, Pezzana, 1730, p. 24.
212
Francesco Paolo Giordano
Archivio capitolare del Duomo di Catania, documento risalente al 1581 dove sono indicati
con dei rudimentali disegni i feudi di Aidone, Rossomanno (fra Aidone e Valguarnera),
Fessima, Pietratagliata, Rahal Basili, S. Anna, e una via della chiesa dedicata al “santo philippo”
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 213
al prezioso reliquiario di argento che egli stesso aveva visto durante
un’altra visita, il 10 maggio del 1631 a Regalbuto, cioè oltre due anni
e mezzo prima 96.
In un antico documento conservato nell’archivio capitolare del
Duomo di Catania, fasc. 17, risalente al 158197, dove sono indicati
con dei rudimentali disegni i feudi di Aidone, Rossomanno (fra Aidone
e Valguarnera), Fessima, Pietratagliata, Rahal Basili, S. Anna, c’è una
via della chiesa dedicata al “santo philippo”, il che significa che già a
quell’epoca il culto era certamente in vigore. Nel disegno si parla anche di una “fiumana che va vallone vallone che sparti la manca de Rahal
Basili” 98. La via dedicata a San Filippo potrebbe essere il percorso del
pellegrinaggio al santuario. Si parla del casale di Fesina dal 1210, mentre
il feudo Fessima è registrato nel 1337 circa e Fessima è una famiglia
nobile di Aidone, in particolare è esistito un Pietro da Fessima, che
ebbe anche il feudo Raddusa 99.
S. Maria La Cava diventò sede del santuario per i due apostoli.
Nel 1599 presso un notaio di Catania venne stipulato il contratto tra
il Barone di Baccaurato, Jeronimo De Jaci e un diacono della chiesa
Ortodossa, Orafo in Catania. Il Barone De Jaci ordina al diacono un
reliquiario in onore di San Filippo Apostolo in argento cesellato. Detto
reliquiario fu consegnato al rettore pro tempore della chiesa due anni
dopo 100. Quindi sarebbe certa e storicamente dimostrata la devozione
di San Filippo Apostolo sul finire del 1500, dando credibilità a questo
contratto. Ma c’è di più, in un memoriale a firma del canonico don
Carlo Jaci, risalente al 29 aprile 1584, indirizzato al Vescovo di Catania,
c’è la prova che il primo maggio ad Aidone veniva celebrata la festa
dei Santi Apostoli Filippo e Giacomo, tant’è che si chiede il permesso
di svolgere una processione per l’altra festa importante della Santissima
Archivio Capitolare della Diocesi di Catania, Tutt’atti, 1633, c. 18 fasc. 26.
Archivio Capitolare della Cattedrale di Catania, fasc. 17, doc. 1581.
98 Quest’ultimo potrebbe essere il fiume Margherito affluente del Gornalunga. Il
fascicolo è citato da G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 49, e si trova nel Fondo
visite capitolari dell’Archivio storico diocesano di Catania.
99 A. Morrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Quad. Medit., Palermo,
2006, p. 167.
100 Non siamo in possesso di questo contratto la cui esistenza è posta dal canonico
Palermo né abbiamo trovato traccia dello stesso agli atti notarili dell’Archivio di
stato di Catania.
96
97
214
Francesco Paolo Giordano
Concezione, come si chiamava allora la festività dell’otto dicembre prima
del dogma dell’Immacolata Concezione 101.
«Ecc.mo Signore, Il Canonico Don Carlo Jaci della città di Aidone qual
Procuratore della Venerata chiesa di S.ta Maria Lo Piano, umilmente fa
presente a V.E. come in detta chiesa si solennizzino in ogni anno con troppo
venerazione due festi principali una della Concezione SS.ma a 8 dicembre,
l’altra delli Apostoli S. Filippo Giacomo del P.o maggio perciò volendo vi è
più l’esponente avanzare nell’animi dei fedeli la devozione verso i medesimi
ha pensato che fra suddetti giorni perché le fosse in una chiesa parrocchiale
di maggior concorso di ogni altra che si officiava dalli Sacerdoti capitolari
di questa collegiata nell’anzidetta chiesa, per cui anche l’esponente suddetto
ha pregato e li medesimi quali con loro particolare piacere ci condiscendano;
perciò prego vivamente la somma clemenza di V.E. a ciò compiacer si voglia,
non solo accordarle la desiderata benedizione di recitarsi nella cennata chiesa
il divino ufficio in detti due giorni per ogni anno dall’intiero capitolo vestito
al solito ma vi è più concedersi il permesso di processionarsi per la città la
statua della Concezione SS.ma col solito intervento dell’altri confraternite,
tanto sperando dalla di lei benignità La priego in Altissimo».
Il 7 novembre del 1646 il Vicario generale don Pietro Ventimiglia
visitò la chiesa e rilevò che vi erano gli altari dedicati a San Vito, San
Francesco, S. Maria d’Itria, S. Maria delle Grazie e all’Assunzione,
quindi erano stati eseguiti lavori di ristrutturazione, come si ricava da
un’annotazione del canonico Luciano Palermo 102. Nel 1777 il canonico
aveva raccolto la ragguardevole cifra di onze 29 e tarì 12.
7. Le Famiglie Gioeni e Jaci
La famiglia nobiliare Jaci o De Jaci è oriunda del catanese, possedeva
i feudi di Baccarato e Fargione in territorio di Aidone, acquistati da
Girolamo Jaci Senior, dal marchese Gioeni nel 1596, ponendo solide basi
alla fortuna della famiglia. Francesco fu Maestro Notaro della Magna
Curia e il 17 dicembre 1409 ottenne delle proprietà in Jaci.
Archivio Capitolare Diocesi di Catania, Miscellanea Paesi Antichi della Diocesi,
c. 17, fasc. 3.
102 Manoscritto del canonico Luciano Palermo - anno 1879. L’originale è stato in
possesso del Vicario foraneo Sac. Felice Oliveri, oggi deceduto - Aidone, Chiesa
Madre di San Lorenzo.
101
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 215
La famiglia era presente a Pietraperzia e Convicino (poi denominata Barrafranca), già nel 1510 e nel 1514 appaiono nei documenti
di Piazza. Girolamo Jaci Junior con privilegio del g. 11 gennaio
1641, ottenne il titolo di barone di Casalotto in Calascibetta, feudo
allodiale per cui non era necessaria l’investitura. Agostino barone di
Feudo Nuovo, nel 1701, fu giurato di Piazza. Il figlio Paolo fu barone
e giurato di Piazza. Lo stemma era in azzurro, campeggia il leone
d’oro lampassato rampante, che tiene con la zampa destra un ramo
di palma verde e con la zampa sinistra, uno scudo d’oro. Il tutto su
un mare calmo. Da non confondere col Principe di Jaci e col duca
di Castel di Jaci. Altre reliquie sono conservate nella chiesa parrocchiale di Roma Santa Maria Regina Mundi, precisamente nell’altare
della cappella feriale.
8. Le origini del culto nell’età moderna
Il manoscritto del canonico Luciano Palermo del 1879 descrive
un episodio importante 103, cioè appunto la visita che Don Francesco
D’Amico, Vicario della Diocesi di Catania eseguì nella chiesa di Santa
Maria Lo Piano di Aidone con le statue di San Filippo e di San Giacomo e con il reliquiario d’argento (tale reliquiario fu benedetto il 10
maggio 1631 -secondo altri 1635- a Regalbuto in corso di una sacra
visita). Dallo stesso documento si rileva altresì che il 19 maggio 1640
venne rilasciato il privilegio dal Vescovo di Catania Mons. Michelangelo
Bonadies. Nel 1708 si rileva ancora la presenza di tutte e due le statue
da parte del Vescovo di Catania Mons. Andrea Riggio. Il 4 settembre
1790 Mons. Corrado Deodato nella sua relazione sulla visita a Santa
Maria cita solamente la statua di San Filippo e l’altare dedicato al SS.
Crocifisso presso l’Oratorio della Confraternita dei Bianchi, fondata nel
1600 dal principe Tommaso Gioeni di Castroleone e composta esclusivamente da nobili, con il compito in origine di assistere i condannati a
morte durante le fasi dell’esecuzione, successivamente ebbe il privilegio
di portare in processione la teca del Signore morto il Venerdì santo 104.
103
104
Ibidem.
Ibidem. La Confraternita o Compagnia dei Bianchi fu istituita nel 1600, come
ricorda G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 113. Era composta esclusivamente dai
nobili del paese.
216
Francesco Paolo Giordano
Certamente il culto tributato a questo Santo di anno in anno aumentò sempre di più, e tradizionalmente era segnato da ricche e generose
elemosine, tanto che nella Festa del 1° maggio del 1727, venne raccolta
la consistente somma di onze 6 e tarì 9 grana 10 di elemosine e, che in
quell’anno la Congregazione del Venerdì Santo godeva di un censo enfiteutico perpetuo in base alla volontà testamentaria del Barone di Cavalleria
Gianfilippo Calcagno 105. Nel 1729 l’elemosina arrivò ad onze 6 e tarì 26
grana 11, nel 1739 onze 6 tarì 29 106.
Per l’origine di questo culto antico anche Filippo Cordova, nato il 1°
Maggio del 1811 vi aveva dedicato una ricerca storica, che purtroppo è
andata perduta, ma anche questo dato non ha un riscontro preciso 107.
Quel che è certo è che Filippo Cordova divenne tesoriere della chiesa di S.
Maria La Cava o Lo Piano. In un articolo di un sacerdote 108 che pubblica
nel 1874 una memoria difensiva si scopre che c’è stata una causa civile
Ibidem. Il Barone Gianfilippo Calcagno lasciò in eredità i suoi beni ai cittadini di Aidone, nei primi anni del 1600, forse il 24 settembre 1643. Istituì quattro fidecommessi,
lasciando un legato per messe di onze venti ciascuno e diede incarico di amministrare
il patrimonio con la clausola di non dover render conto del loro operato, la maggior
parte dei beni doveva servire per il culto della chiesa di San Leone, fra cui un terreno
di cinque salme in contrada San Leonardo, tre salme di frumento dovevano essere distribuite ai poveri, vari legati ad altre chiese e la parte residua doveva essere distribuita
ai poveri. Con la rendita della soppressa opera pia Gian Filippo Calcagno si provvide
dal 1884 in poi, con 4.000 lire annue al mantenimento dell’asilo infantile civico. Tutte
queste notizie si trovano in G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., che lo definisce un vero
filantropo. Il monumento funebre secentesco del barone si trova nella stessa Chiesa
di San Leone. La sua volontà testamentaria venne convalidata dal Sindaco Domenico
Minolfi-Scovazzo. Un lascito esiste anche in favore della Chiesa dei Cappuccini, dedicata a San Francesco d’Assisi, costruita nel 1611, cfr. Fondo Edifici Culto, serie 926,
busta 93, n. 824, 10.11.1893, mod. B, atto A2. Secondo un calcolo approssimativo
un’onza dell’epoca equivale ad euro 180 odierne, quindi 6 onze sono 1.080 euro, un
tarì valeva 6 euro per cui 9 tarì sono 54 euro, un grano sono 30 centesimi per cui 10
grana sono 3 euro, in totale 1137 euro, con la specificazione che il potere di acquisto
era molto più elevato rispetto ad oggi.
106 Documento del canonico Palermo, cit., p. 12.
107 Sulla figura e l’opera di Filippo Cordova, ci permettiamo di rinviare ai nostri scritti,
F.P. Giordano, Filippo Cordova, il giurista, il patriota del Risorgimento, lo statista
nell’Italia unita, Catania, Maimone, 2013 e F.P. Giordano, Filippo Cordova, L’esule,
l’avvocato, l’intellettuale, il diplomatico del Grande Oriente, Ariccia, Aracne, 2016.
108 G. Gerbino, Della giurisdizione episcopale sulla Chiesa di S. Maria La Cava di Aidone
diocesi un tempo di Catania oggi di Piazza contro le pretese della Congregazione di
S.Maria Lo Piano, Caltanissetta, Stab. Tip. dell’Ospizio di Beneficienza, 1874.
105
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 217
davanti al Tribunale di Caltanissetta promossa dalla Confraternita di Santa Maria La Cava, in persona del Rettore Prestifilippo e del Procuratore
Ingria contro la Diocesi di Piazza Armerina sul diritto di gestire gli oboli
donati a San Filippo Apostolo (ricchissimi nel tempo ed anche oggi).
La Confraternita sosteneva che la chiesa era di matrice laica, dunque di
pertinenza del Comune, mentre la difesa della Diocesi, citando il decreto
del 1134 e quello del 1145 sosteneva la qualifica ecclesiastica del titolo
di fondazione ed inoltre che era una chiesa parrocchiale, ausiliatrice della
Matrice di S. Lorenzo. La sentenza del 14 settembre 1865 109 rigettò la
domanda degli attori, condannandoli alle spese di lite con l’argomento
che essi non avevano alcun diritto di ingerenza nell’amministrazione della
chiesa perché il procuratore della stessa, il canonico Francesco Ranfaldi
era nominato dal Vescovo. Lo scritto difensivo, a differenza della sentenza
costituita da 4 paginette stringate, contiene tutta la ricerca delle fonti,
Pirri in particolare. La questione della fondazione normanna della chiesa
non era, dunque, accademica. In origine sarebbe stata dovuta ad una
presunta ricerca di antichizzare quanto più la personalità giuridica della
chiesa e del convento, ma con l’andar del tempo la questione ebbe risvolti
economico-patrimoniali da parte dell’autorità ecclesiastica e si registrò
sempre il rifiuto di fornire resoconti delle entrate al Comune di Aidone.
Secondo altre fonti non controllate, la prima dimora della statua del
Santo sarebbe stata invece la splendida chiesa di San Domenico con la sua
famosa facciata in bugnato che risale all’anno 1409 e venne poi ultimata
nel 1465, per cui la tradizione del Santo risalente al ’400 potrebbe avere
qualche fondamento storico. Ma è escluso che il culto del santo in Sicilia
fosse iniziato nel IV secolo d.C.110, epoca a partire dalla quale si registra
l’introduzione del Cristianesimo in Sicilia, con la specificazione che questa
propagazione inizia già nel III secolo, dopo la fine delle persecuzioni con
gli editti di tolleranza e di libertà.
A Siracusa, a Taormina e a Catania, quindi nella costa orientale,
esistevano comunità cristiane anche prima del 305, verosimilmente propiziate dall’esistenza di porti eccellenti e lungo le rotte commerciali più
109
110
Archivio di stato di Caltanissetta, Fondo Atti giudiziari, 1865.
Non c’è traccia, infatti, di questo culto nel volume, curato da T. Sardella e G. Zito,
Euplo e Lucia, 304-2004, agiografia e tradizioni cultuali in Sicilia, Firenze-Milano,
Giunti, 2006, che tratta con encomiabile approfondimento della Sicilia paleocristiana, lo stesso dicasi per i volumi di F.P. Rizzo, Sicilia cristiana, dal I al V secolo,
Bretschneider, Roma, 2006, dove sono trascritte innumerevoli iscrizioni ed epigrafi,
nessuna riconducibile a Filippo apostolo.
218
Francesco Paolo Giordano
battute che facilitarono la penetrazione delle dottrine cristiane 111. Ma
questa connotazione non impedisce di considerare fantastica la ricostruzione elaborata da un monaco del VII secolo che, fingendosi compagno
di viaggio, affermò che San Filippo di Agira sarebbe vissuto al tempo
dell’imperatore Arcadio (395-408), salvato da un naufragio per opera di
San Pietro sarebbe stato inviato in Sicilia dal Pontefice per esorcizzare i
demoni dell’Etna dopo l’ordinazione presbiteriale, narrazione che appartiene ad un gruppo di lavori agiografici in lingua greca, definiti “romanzo
greco”, composti in Sicilia fra il VII e il IX secolo da monaci della costa
orientale, fortemente criticati dallo storico bollandista Papenbroek per le
contraddizioni, gli anacronismi e le illogicità 112 e che altri studiosi hanno definito “leggende pietrine” 113. Uguale considerazione è da attribuire
alla variante secondo uno scrittore latino vissuto dopo i Normanni, per
cui San Filippo viene trasportato addirittura ai tempi di Nerone 114. In
un’altra narrazione molto posteriore, San Filippo di Agira, non l’Apostolo, avrebbe scacciato e incatenato il demone Maimone che si trovava in
una località detta Catapedonte 115. Invece che il culto del santo risalisse
in Sicilia Orientale quantomeno alla fine del Quattrocento si desume dal
fatto che a Siracusa c’era un’arciconfraternita di San Filippo Apostolo ed
inoltre che ad Ortigia la chiesa di San Filippo apostolo risulta eretta alla
fine del Quattrocento, in coincidenza o, addirittura prima, della cacciata
degli ebrei nel 1492, essa sarebbe divenuta chiesa cattolica intestata a San
Filippo Apostolo. Uno dei documenti da cui si ricava l’esistenza della
chiesa di San Filippo Apostolo a Siracusa già nel XV secolo, poi ricostruita
nel 1706, è un regolamento municipale del 1474 del Liber Privilegiorum
citato da Capodieci e da Privitera in cui figura l’ordine da seguire nelle
processioni delle varie confraternite, fra cui appunto quella di San Filippo
Apostolo 116. Le confraternite furono poi abolite dal governo borbonico
F. Lanzoni, La prima introduzione del Cristianesimo e dell’Episcopato nella Sicilia e
nelle isole adiacenti, in “Arch. St. Sic. Or.”, 1917, p. 57.
112 Ivi, pp. 59 e 82.
113 R Barcellona, S. Pricoco, La Sicilia nella tarda antichità e nell’alto Medioevo: religione
e società: atti del convegno di studi, Catania-Paternò, 24-27 settembre 1997, Soveria
Mannelli, Rubbettino, 1999, p. 159.
114 Ibidem.
115 G.A. Massa, La Sicilia in prospettiva, Palermo, Ciché, 1709, vol. I, pp. 129, 159.
116 È riportato da A. Scandaliato, N. Mulè, La sinagoga e il bagno rituale degli ebrei di
Siracusa, Firenze, Giuntina, 2002, pp. 65 e ss. Citano S. Privitera, Storia, p. 499,
111
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 219
perché, com’è noto, furono ritenute ricettacolo di sovversivi 117. Quindi
alla fine del Quattrocento il culto di San Filippo Apostolo è presente in
Sicilia, qui per cui sembra plausibile che il diffondersi del culto di San
Filippo Apostolo in Sicilia, specialmente, possa essere stato dettato anche
dall’esigenza di fronteggiare e contenere la religione ebraica. Come e
quando giunge questo culto ad Aidone? Un’ipotesi è che anche il culto di
San Filippo possa essere stato portato ad Aidone dai Colonna, in quanto
il priorato che vede i santi Filippo e Lorenzo insieme a Scicli è proprio
un beneficio di questa famiglia, come si è accennato.
9. La Contessa Adelasia
Se è pur vero che in Aidone rimane come patrimonio storico l’eredità
del periodo greco e romano in cui risplendette la città di Morgantina
(VI-I sec. a.C.), sembra che possa instaurarsi una sorta di collegamento fra San Filippo Apostolo e la nipote del Gran Conte Ruggero I, in
quanto figlia di una delle figlie del conte, Matilde e del Conte di Montescaglioso, Radulfo Maccabeo, Adelasia contessa di Paternò, fondatrice
secondo una ricostruzione leggendaria della chiesa di Santa Maria Lo
Piano e della popolazione del paese di Aidone 118, da non confondere
500 e G. Capodieci, Antichi monumenti di Siracusa, 1813, vol. 1, pp. 159-160.
La chiesa fu ricostruita dopo il terremoto del 1693 nel 1706, secondo L. Trigila,
Siracusa, Architettura e città nel periodo vicereale (1500-1700), Roma. 1981, p. 132.
117 S. Santuccio, Governare la città: territorio, amministrazione e politica a Siracusa
(1817-1865), Milano, Franco Angeli, 2010, p. 59.
118 La chiesa di Santa Maria Lo Piano sarebbe stata edificata nel 1134 in una zona esterna
alla cinta muraria della cittadina medievale sui resti del cimitero saraceno, secondo
lo storico Gioacchino Mazzola, cfr. G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 47. In tutti
i diplomi compare la dicitura Lo Piano (Ibidem). È così chiamata perché il Piano,
come è ancora oggi chiamato dagli aidonesi, è nient’altro che il pianoro ai piedi
della cittadina medievale, che invece fu eretta lungo le pendici orientali del monte.
Gioacchino Mazzola (Aidone 1829-1896), oltre ad essere storico ed intellettuale, fu
politico e sindaco di Aidone negli anni 1880-1882, successivamente fu assessore ai
Lavori Pubblici sino al 1889, a lui si deve la realizzazione del monumentale cimitero
comunale e la splendida cappella cimiteriale ottagonale edificata dall’architetto Filippo
Dell’Ospedalis, incaricato da Mazzola, utilizzandolo lo schema architettonico della
Sacrestia ottagona di S. Spirito a Firenze, opera di Giuliano da Sangallo il giovane
(1443-1516). Sennonché questo diploma del 1134 non si è mai trovato e costituisce
una pura invenzione di Pirri che lo cita nei suoi scritti, cfr. la successiva nota 117.
220
Francesco Paolo Giordano
con l’aleramica Adelaide del Vasto (Piemonte 1064 - Patti 1118), terza
moglie del Gran Conte Ruggero, figlia di Manfredi del Vasto dei Marchesi del Monferrato, le cui spoglie riposano nel sarcofago che si trova
presso la basilica cattedrale S. Bartolomeo di Patti. Avendo perduto il
marito nel 1132 d.C.119, la contessa di Paternò fece edificare, ma anche
qui c’è il sapore della leggenda più che della storia, la chiesa in onore
di Santa Maria a cui i Normanni erano particolarmente legati per le
vittorie conseguite, il relativo culto era celebrato nel mese di agosto
durante le pause delle guerre. Già Rocco Pirri addirittura menziona
il priorato benedettino di Santa Maria De Cava fondato (“extructus”)
da Adelasia nipote di Re Ruggero nel 1134, e concesso dal monastero
di S. Agata, che fu poi unito alla chiesa catanese 120. Sarebbe morta a
G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 47 afferma che il marito di Matilde, madre di
Adelasia, era Silvestro Marsicano, oppure come vuole il Pirri, Ranulfo Maniace o
infine secondo l’Amari (che chiama la figlia Adelaide, p. 199) Raimondo conte di
Tolosa e di Provenza, in Storia dei Musulmani in Sicilia, Catania, Prampolini, 1937,
p. 198, valorizzando il racconto di Malaterra. Amari ritiene che Pirri e Muratori
abbiano pensato che il marchese di Monferrato padre di Adelasia fosse Bonifacio
ligure sulla base di un documento anonimo contemporaneo del re Ruggero II. Il
capostipite dei marchesi sarebbe stato Aleramo. Dopo la morte del primo marito, si unì in matrimonio a Rinaldo D’Aquila Avenel. Mentre era in effetti figlia
dell’aleramico Manfredi, fratello di Bonifacio del Vasto, marchese del Monferrato,
di Savona e della Liguria Occidentale. Nel 1087, ma secondo Amari nel 1089,
Adelasia aveva sposato a Mileto, in Calabria, allora capitale del regno, il Gran
Conte normanno Ruggero I di Sicilia, quando questi aveva sessant’anni mentre la
sposa ne aveva 14 - 15, “juvencula” la definisce infatti G. Malaterra, in De rebus gestis
Rogerii Calabriae et Siciliae comitis et Roberti Guiscardi ducis fratris eius, a cura di
E. Pontieri, Ristampa, Bologna, 1927, 1.II, p. 93, 17, suggellando così un’alleanza
tra aleramici e normanni. Per questo Ruggero Adelasia era la terza moglie, la stessa
fu madre di Ruggero II, che fu nonno e precursore di Federico II, lo Stupor mundi.
Adelasia viene denominata oltre ad Adelaide, anche Adelisia. Anche C.A.Garufi pone
il matrimonio alla data del 1087, cfr. C. A. Garufi, Adelaide nipote di Bonifazio del
Vasto e Goffredo figliuolo del Gran Conte Ruggero, in «Rendiconti e Memorie della
Regia Accademia di Scienze, Lettere ed Arti degli Zelanti di Acireale», IV (19041905), pp. 185-216.
120 R. Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus, et notitiis illustrata, Palermo, 1733, p. V e 572,
il quale però designa la chiesa come S. Maria Aidonis o de Cava, affermando in
effetti: «Pr. S. Mariæ Aidonis, nunc de Cava institutus est ab Adelasia Regis Rogerii
nepte, atque monasterio S. Agathæ concessus est, uti ad an. 1134. supra scriptimus”. In
altro brano, ivi, p. XII, scrive: “Porrò Adelacia religiosissima Comitissa fuis in oppidis
plura exaedificavit, ditavitque monafteria: in Adernione, S. Mariæ de Gratia, nunc de
Cava, quod ann. I 134. Ecclefiæ Catanenfi dedit fic: Ego Adelacia neptis domini Regis
Rogerii una cum filiis meis Adam, & Mathilde dedi &c. ann. 1134. aliud S. Mariæ
119
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 221
Caltanissetta nel 1160, nel castello di Pietrarossa 121. Mentre Adelaide
del Vasto sarebbe morta in un convento a Patti nel 1118 122. Esiste in
contrada San Marco, ad Aidone, nel contesto dell’ex feudo Baccarato
il cui ultimo proprietario è stato il conte Giuseppe Lanza di Mazzarino, una chiesa medievale che secondo qualcuno potrebbe essere stata
edificata intorno al 1100-1140 dai coloni lombardi al seguito del conte
Ruggero, rimanendo dubbia la sua riconducibilità al monachesimo latino o a quello basiliano 123. Ma se fosse vera questa tesi non si spiega
come mai il Pirri che pure ha parlato in due brani della sua opera di
Santa Maria di Aidone come costruita da Adelasia non abbia mai fatto
cenno di questa chiesa. Sembrerebbe, invece, che questa seconda chiesa
sia quella annessa al monastero di S. Maria di Baccarato, fondata da
Ruggero di Thiron 124. Nell’opera di Mazzola si parla di un “ospizio di
de Robore Grosso extra Hadranum, uti testatur Martialis Episcopus Catanenfis in suo
privil. Scripto anno 1318». In un terzo brano, ivi, p. 528, scrive: «Quod ego Adelecia
neptis domimi Regis Rogerii una cum filiis meis Adam & Matilde, dedi Monasterio
Cathamae quamdam Ecclesiam, quæ sita in territorio Adernionis in Honorem Sanctæ
Mariae cum sibi pertinentibus, & adjacentibus terris, vineis , & villamis. Dedi etiam
eidem Monasterio Ecclesiam S. Philippi». Riprende la tradizione secondo la quale
Aydonum oppidum sarebbe stata edificata dalle rovine della celebre città antica
Herbita, ivi, p. 595. La data del 1134 come fondazione da parte di Adelasia della
chiesa di S. Maria La Cava viene ripresa anche da F. Cordova, Notizia intorno la
comune di Aidone, lettera ad Ermann Abik, in V. Cordova, Le origini della città di
Aidone e il suo statuto, Roma, Forzani, 1890, p. 15. La stessa datazione è menzionata
in un documento manoscritto del canonico Palermo, cit.
121 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit. pp. 47-48, riprende la tradizione secondo la
quale sarebbe stata trovata nel 1600 un’iscrizione che ne faceva conoscere il nome
e sarebbe stato rinvenuto il cadavere con una corona in capo.
122 E. Pontieri, Adelaide del Vasto, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. I (1960).
123 S. Raffiotta, La chiesa medievale di San Marco ad Aidone, in A. S. Si. Ce. M., 1998,
pp. 73 e ss. che ritiene che sia la chiesa più antica di Aidone nel presupposto che le
chiese medievali, San Michele, San Lorenzo e Santa Maria Lo Piano possano risalire
al 1300 anziché al 1134, come si è detto, mentre la fondazione della chiesa di cui
parla Raffiotta risalirebbe al 1185, come si legge in A. Garufi, Bullettino dell’Istituto
storico italiano per il medioevo, 1912, p. 120. La datazione della fondazione della
chiesa di S. Leone nel 1090 posta da G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 25, sarebbe pertanto erronea. Raffiotta parla di un casale di San Marco, esistente ai piedi
della chiesa lungo la strada che porta a fondovalle, che non sembra sopravvissuto
all’epoca di Guglielmo il Buono (1166-1189), che sarebbe stato edificato prima del
casale sul monte Aidone e distrutto verosimilmente da una calamità naturale.
124 Come del resto sembra propendere S. Raffiotta, La chiesa medievale, cit., p. 80,
che pubblica tre documenti, il primo del 1172 la donazione di Ruggero di Thiron,
222
Francesco Paolo Giordano
S. Marco (alla Scalazza)”, posto lungo la via Antonina, che portava alla
capitale dell’isola all’epoca, Siracusa, alludendo molto probabilmente alla
destinazione della struttura ad ospitare i pellegrini di passaggio verso
l’imbarco in Terra Santa. Questo ospizio è citato per dire quali fossero
i punti cardinali del paese nel 1307, tali da poter tracciare i confini con
le linee ideali che collegano questi punti: il caseggiato cinto di mura che
va dalla chiesa di S. Leone fino al castello, gli “ospizi” di San Michele
Arcangelo (oggi non restano che alcuni ruderi della torre campanaria),
di S. Giovanni dei Templari e di Santa Maria Lo Piano, posti all’avanguardia, mentre quello di San Marco è il più lontano. Esiste un documento, il privilegio del 1145, conservato nel Tabulario della Cappella
Palatina, in cui si parla di una transazione fra il vescovo di Catania, che
secondo la tradizione sarebbe stato Giovanni (D’Aiello) ma che viene
indicato piuttosto in Julianus 125 e la Cappella Palatina, col quale venne
concessa alla Cappella la terza parte delle decime di Castrogiovanni e
Aidone 126. Mazzola riferisce di un secondo documento, la pergamena
del 1477, conservata nell’Archivio della Cattedrale di Catania, dove si
trattano la fondazione e il possesso del Priorato di S. Maria Lo Piano 127.
In effetti, nel citato documento, da noi individuato, compare la data
del 1° marzo 1591 non quella del 1477 e vengono citati la fondazione
giustiziere di Baccarato, della terra di Baccarato e di un mulino alla chiesa di Santa
Croce di Lipari-Patti, il secondo del 1182 l’investitura di Alfano come priore della
chiesa di Santa Croce di Baccarato e donazione della terra alla chiesa, il terzo del
1179 di papa Alessandro III nel quale include tra i possedimenti in Sicilia della
Chiesa di Monte Sion di Gerusalemme la chiesa di Santa Maria di Baratate, che
altro non sarebbe che il nome corrotto o male trascritto di Baccarato. Nel primo
documento compare anche il nome di R. (Ruggero o Roberto) de Osmundo quale
vice comiti Baccarati, viceconte con poteri di amministrazione e giurisdizione per
delega del re. Su Santa Maria La Cava, cfr. G. Di Stefano, Monumenti della Sicilia
Normanna, Palermo, 1955, pp. 94-96; v. anche G. Bellafiore, Architettura in Sicilia
in età islamica e normanna (827-1194), Palermo, 1990, p. 163.
125 Il documento è pubblicato in Tabularium Regiae ac Imperialis Cappellae Collegiatae Divi
Petri in Regio Palatio Panormatano, Ferdinandi II Regni utriusque Sicilae Regis, Panormi
Tip. Regia, 1835, pp. 18-19. Ma già trascritto in R. Pirri, Notitiae Siciliensum Ecclesiarum, Sicilia sacra, a cura di V. Amico, vol. I, cit., p. 529. Infatti, il commentatore
del documento annota che il vescovo è indicato con J., ma nella nota 1 precisa che
tale nome non è da decifrare come Giovanni ma come Giuliano, Julianus.
126 Ibidem.
127 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 49, il volume si trova nell’Archivio Capitolare
della Cattedrale di Catania, Fondo Principale, c. 15.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 223
della chiesa, evidentemente preesistente, ma come chiesa parrocchiale,
la presa di possesso del canonico, l’esistenza di monaci basiliani, non
benedettini e canonici regolari. Ecco la trascrizione:
«Die 1 mensis martii s[anctus] a. d.e (anno dominis) 1591 – Poss.e
Priorato S. Maria Lo Piano Magnificus et Reverendus Don Epifanius Calcagno vicarius hd aidonis intervienens ad hoc tamquam procurator specialis
eiusdem capituli civitatis cathanee virtute puracionis (purificazione) celebrare
in altissimo sig[no] micaelis milii diebus hentis mensis pro indulgentia
posita atque missa fuit coepit per Reverendus don Leone de Minacapilli hd
p.tte in corporales iacta libera ac expeditas possessione ad quasi prioraeque
erexi ac fundatione in ecclesia parrocchialis sub vocabulo sancte mariae de
lo piano hd sede vacantis ob mortem ….. (illeggibile) specialis Reverendus
Nicolaie Marie delcontino Sambasili monaci canonici regularis ditte cattedralis ecc(lesia) et ultimi et immediatis prioris detto prioraeque per cornice
altaris maioris dette ecc(lesia) osculas pacis impositionibus detti introitus
et exitus apertura et clausura ad Ianuary ditte ecclesie pulsando campanas
ac per alia signa denotancia vera ac reales possessiones p.ttas cora me decio
romano ….. detti……. [un specialis dette ibides Rev obdico sanpalo div]
de sancto de panermo di matteo minacapilli cede Iacopo bruno Priore …..
Ex alis …eius … spiritualis….. [accipens et prius] copia lett. sat. - Decio
romano in situ - Nell’altro foglio: Daiduni La possessione de lo priorato
di Daiduni sancte m.e lo piano – Att po… eccl. S.e Maria lo piano ad
Aidone – Dp.le eccl. Cap. ….».
Nel decreto vescovile del 1145 che ha come titolo “Catanensis Electus
petente Rege Rogerio concedit Regiae Cappellae tertiam partem decimarum
Castrijannis et Aydonis”, compare questa frase che allude alla suddivisione
delle decime fra 1/3 e 2/3:
«De Adona siquidem sic ordinatum est, quod Cappellani Domini Regis
habeant tertiam partem omnium decimarum Adonae pertinentium ed
ecclesia Cathanensis reliquas duas partes et offerendas omnes tam vivorum
quan mortuorum tali conditione, quod a Cappellanis Domini Regis nihil
requirant sed quietos, liberos et absolutos dimittant absque omni servitio. Ut
autem haec supradicta nulli Successorum nostrorum deinceps liceat immutare, Cathamensis Ecclesiae, fratrumque autorictate corroboramus, et eiusdem
sigillo signamus. Actum Panormi in mense Junio Anno Domin. Incarnat.,
M.C.XLV VIII Indict. Regni vero magnifici et gloriosissimi Domini Regis
Rogerii Dei gratia Regis Siciliae Ducatus Apuliae et Principatus Capuae
anno quintodecimo feliciter amen».
Non sappiamo con certezza quali chiese esistessero a quella data in
Aidone. È sempre avvolta nel mistero la data di fondazione della chiesa
224
Francesco Paolo Giordano
di S. Maria Lo Piano, perché una chiesa [parrebbe quella del Baccarato]
viene citata nel già citato documento del 1172 dove si parla della donazione del terreno alla chiesa denominata di S. Croce, quella di Cittadella
annessa al monastero era stata distrutta dagli Arabi nell’828. Tuttavia,
non va sottaciuto che della medesima chiesa si parla nel rescritto di Guglielmo I del 1156, pubblicato da un autore 128, attraverso cui vengono
restituite al vescovo Gilberto di Patti «le terre della chiesa di Santa Croce,
tra Piazza e quelle pertinenti al sito di Paternò, ingiustamente sottratte dal
conte Simone alla stessa chiesa». Il testo è inequivoco, e aggiunge: «Pertanto ne deriva che le stesse terre, come le aveva donate alla chiesa di Santa
Croce il conte Enrico, padre del suddetto conte Simone, nel presente scritto
restituiamo ed in perpetuo doniamo alla medesima». Orbene, poiché di
Enrico Aleramico si perdono le tracce nel 1137, e poiché gli succedette
Simone, la donazione delle terre a Santa Croce dev’essere antecedente
a questa data. E la chiesa di Santa Croce è ancora più antica, perché
doveva pur esistere per ricevere quel beneficio. Secondo altre fonti la
chiesa costruita nel 1134 da Adelisia, Adelicia, nipote del Gran Conte
Ruggero, sembra essere non quella di Aidone ma quella di Adernò, dedicata a S. Maria che assieme a quella di S. Filippo era stata fondata da
Adelicia 129. La contea di Adelicia sarebbe stata costituita da due nuclei
di possedimenti distanti tra loro: da una parte il feudo di Golisano,
l’antico Qal’at as Sirat, sulle Madonie, dall’altro Adernò, appunto, il
cui limite è difficile delineare ma che dovrebbe comprendere gli attuali
territori di Biancavilla e Centuripe 130. Dello stesso periodo, cioè tra il
1105 e il 1112, è la fondazione delle chiese di S. Lucia di Mendola
K.A. Kehr, Urkunden der Normannish-Sicilischen Konige. Ein Diplomatische untersuchung, Innsbruk, 1902, p. 136.
129 C. A Garufi, Gli Aleramici e i Normanni in Sicilia e nelle Puglie. Documenti e ricerche, in Centenario della nascita di Michele Amari I, Palermo, 1910, pp. 47-83 ed
inoltre, Id., Per la storia dei secoli XI e XII, Miscellanea diplomatica, in Arch. St. Sic.
Or., 1912, p. 342. Del resto nello stesso R. Pirri, Notitiae Siciliensum Ecclesiarum,
Sicilia sacra, cit., vol. I, p. 528 si afferma trattarsi della chiesa di Adernò, non di
Aidone: «Quod ego Adelecia neptis domimi Regis Rogerii una cum filiis meis Adam,
& Matilde, dedi Monasterio Cathanae quamdam Ecclefiam, quæ sita est in territorio
Aderniomis in Honorem Sanctæ Maria cum sibi pertinentibus, & adjacentibus terris,
vineis & villanis. Dedi etiam eidem Monasterio Ecclesiam S. Philippi qua est prope
dictam Ecclesiam S. Marie cum sibi pertinentibus».
130 G. Lamagna (a cura di), Tra Etna e Simeto, La ricerca archeologica ad Adrano e nel
suo territorio, Catania, Biblioteca, 2009, p. 196.
128
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 225
presso Noto 131 e Santo Spirito di Caltanissetta 132. La questione della
fondazione della chiesa venne alla ribalta in occasione della controversia
alla fine dell’Ottocento fra la Congregazione di S. Maria Lo Piano e la
Diocesi di Catania all’epoca già di Piazza, come si è accennato prima 133.
Cioè la Congregazione rivendicava il diritto di gestire le offerte a S. Filippo Apostolo sostenendo che la chiesa fosse un ente laico e quindi le
offerte dovevano appartenere al popolo di Aidone, alla stessa stregua
dei palazzi comunali, quindi non poteva subire l’ingerenza dell’autorità
ecclesiastica. Sono laiche le chiese che non hanno una fondazione in
titolo ecclesiastico. Di contro, la Diocesi sosteneva la tesi del carattere
ecclesiastico del titolo di fondazione in quanto nel 1134 la chiesa venne
eretta come priorato di S. Maria di Aidone e dopo di S. Maria La Cava.
Nel giugno 1145 Ruggero decretò che i Cappellani regi della Cappella
Palatina avessero la terza parte delle decime esentandoli dal servizio
divino sulla chiesa e che le altre due fossero pertinenti alla Diocesi di
Catania, sulla base del decreto citato da Pirri, per il servizio ecclesiastico
alla chiesa. Peraltro, la chiesa era anche parrocchiale e coadiutrice della
Matrice. Infine, i vescovi di Piazza avevano conservato nel tempo il diritto
di amministrare le oblazioni. Ma il diploma del 1134 di fondazione
della chiesa e del monastero di S. Maria Lo Piano riportato da Pirri è
con ogni probabilità un falso storico, del tutto inesistente, perché non
si è mai trovato. Infatti, non c’è traccia di questo diploma in nessuno
degli studi sulle fonti normanne, particolarmente di Garufi. Inoltre, i
Normanni non arrivarono mai ad Aidone, perché arrivarono invece gli
Aleramici, da Piazza furono insediati alcuni lombardi in un territorio
G. Agnello, Le sculture normanne di Santa Lucia di Mendola, Bollettino d’arte del
Ministero della P.I., 21 1927-1928, pp. 586-595; S. L. Agnello, Scavi e scoperte a
S. Lucia di Mendola, Atti del Primo Congresso Nazionale di Archeologia cristiana,
Siracusa 19-24 settembre 1950, a cura dell’Istituto di Archeologia cristiana dell’Università di Catania , Roma, 1951, pp. 49-58; A. Messina, «Ecclesiam, ubi est Fons in
Crypta». S. Lucia di Mèndola, un priorato agostiniano nella Sicilia normanna, in La
cristianizzazione in Italia tra tardoantico ed altomedioevo, IX Congresso nazionale di
Archeologia Cristiana, Agrigento, 20-25 novembre 2004, a cura di R.M. Bonacasa
Carra, E. Vitale, Palermo, 2007, II, pp. 1729-1741.
132 P. Lojacono, L’Abbazia di Santo Spirito presso Caltanissetta, «Palladio», n.s., 4/I-II
(1954), pp. 77-80; G. Bellafiore, Architettura in Sicilia in età islamica e normanna,
cit., p. 163.
133 G. Gerbino, Della giurisdizione episcopale sulla Chiesa di S. Maria La Cava di Aidone,
diocesi un tempo di Catania oggi di Piazza contro le pretese della Congregazione di
S. Maria Lo Piano, cit.
131
226
Francesco Paolo Giordano
ancora spopolato e isolato dove tutt’al più vi era qualche casale. Questa
è la ricostruzione più probabile allo stato attuale delle fonti conosciute.
D’altronde, esiste un documento storico 134 che attesta il pagamento
delle decime in riferimento ad alcune chiese, nel quale vi è il brano
che riguarda Aidone che è molto chiaro: è menzionata la chiesa di San
Lorenzo. Con la dicitura Ecclesia S. Laurentii de eodem loco valet ecclesie
catanensi unc. II cappellanis vero ipsius unc. I, solverunt cappellani tar VI,
cioè la decima era di 6 tarì, anche se il valore nominale sarebbe stato
superiore, mentre sempre sotto il titolo Apud Aydonum, c’è la seguente
dicitura: Et prior cathaniensis secundus subcollector tar. III Guillelmus
presbiter tari III summa tar. VI – Ciò significa che ad Aidone nel Trecento c’erano altre due chiese, oltre a quella di S. Lorenzo, una con
un priore e l’altra con un presbitero entrambe soggette al pagamento
delle decime (di 3 tarì ciascuna). Quella del priorato potrebbe essere
con elevata probabilità la chiesa di S. Maria Lo Piano, mentre l’altra
potrebbe corrispondere alla chiesa di S. Croce di Baccarato.
Quanto agli Aleramici, si trattava di un gruppo protagonista di quella
che è stata chiamata l’ “emigrazione dimenticata”, un esodo al contrario da
Nord a Sud 135 per dire che l’emigrazione di questi gruppi dalla Marca
Aleramica alla Sicilia centro meridionale fu dovuta all’esigenza di nuovi
sbocchi economici e in gran parte alla vicenda dell’esclusione dell’eredità
da parte di Bonifacio del Vasto rispetto agli altri parenti, segnatamente
gli orfani di Manfredi. La Marca Aleramica comprendeva il territorio che
va dalla pianura vercellese fino alla regione Vado-Savona tra le località
di Cogoleto e di Pietra Ligure. I marchesi furono detti “del Vasto” per
dignificare la terra “guasta” o incolta 136. Poi Adelasia andrà in sposa
al Gran Conte Ruggero, alla morte del marito si apre la successione
e ben presto morirono i figli maschi dei precedenti matrimoni, sicché
rimarrà solo lei come reggente in attesa del compimento della maggiore
età del figlio Simone prima e del futuro Ruggero II. Il fratello Enrico,
Nelle Rationes Decimarum nei secoli XIII e XIV, Sicilia, a cura di P. Sella, Biblioteca
Apostolica del Vaticano, 1944, n. 1058, p. 79 e n. 1059 p. 80.
135 R. Maestri, Aleramici in Sicilia. Storia di una emigrazione dimenticata, Circolo culturale “I Marchesi del Monferrato”, Alessandria, 2018; v. anche C.A. Garufi, Gli
aleramici e i normanni in Sicilia e nelle Puglie, in Centenario della nascita di Michele
Amari, vol. 1., Palermo, St. Tip. Virzì, 1910 e H. Bresc, Gli Aleramici in Sicilia,
alcune nuove prospettive in “Bianca Lancia d’Agliano fra il Piemonte e il Regno di
Sicilia”, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 1992, pp. 147-245.
136 R. Maestri, Aleramici in Sicilia. Storia di una emigrazione dimenticata, cit., p. 15.
134
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 227
sposato con Flandina, la primogenita del Gran Conte Ruggero riceverà
la contea di Paternò data in dote alla sposa, un territorio vastissimo
che comprendeva Piazza e Aidone. Furono proprio questi “lombardi” a
portare in Sicilia quella parlata gallo-italica che contraddistingue diversi
Comuni e che si basa su fonemi francesizzanti. Gli Aleramici portarono
la coltura della vite che ebbe una ripresa in Sicilia 137.
10. Gli storici antichi,
San Leone, San Lorenzo, San Filippo
L’ipotesi è che dalla scomparsa di Morgantina, databile alla metà
del I secolo d.C.138 fino al 1531 non si sa quasi nulla sul culto, si può
immaginare che dopo la santificazione di Leone II il popolo aidonese
(a partire dall’XI secolo) abbia iniziato a venerare questo santo, per
quel nesso cultuale fra il luogo e il vescovo (o il papa) che abbiamo
visto essere alla base del patronato, certamente fino ad una certa data
che però non è dato conoscere, quando subentra come patrono San
Lorenzo, per iniziativa di Giantommaso Gioeni (succede a Bartolo-
137
138
Ivi, p. 87.
M. Bell, Gli dei dell’agorà, in Morgantina Duemilaquindici. La ricerca archeologica
sessant’anni dall’avvio degli scavi, a cura di Laura Maniscalco, cit., pp. 68-80, particolarmente p. 80, il quale rammenta che dopo il 211 a. C., Morgantina fu data
ai mercenari spagnoli che avevano contribuito in modo determinante alla vittoria
dei Romani sui cartaginesi a Siracusa, e che diedero vita alla fase ispano-romana
durata fino al 35 d.C., in cui la città fu costituita da un piccolo insediamento, una
sorta di oppidum di transito, che durò appunto fino alla metà del I secolo d.C.,
vicenda testimoniata oltreché da Tito Livio dal ritrovamento delle famose monete
di argento con la scritta “Hispanorum”. La vicenda è narrata anche da A. Holm,
Storia della Sicilia nell’antichità, Clio, S. G. La Punta, 1993, vol. III, pp. 96 e 108,
basandosi su quanto riferito da Tito Livio, Storia di Roma, XXV,41 e XXVI, 21,
dove lo storico tedesco rammenta che i Romani per la vittoria su Siracusa furono
aiutati da due comandanti mercenari, Soside e Merico, ad entrambi fu riconosciuto il diritto di cittadinanza e 500 iugeri di terra, al primo venne data tale misura
in territorio siracusano, al secondo e agli spagnoli “che avevano disertato a favore
di Roma”, fu data una “città della Sicilia”, il pretore Cornelio Cetego succeduto a
Marcello in Sicilia doveva decidere quale città assegnare loro, nel territorio di essa
furono promessi 400 iugeri di terra a Belligene che aveva indotto Merico a favorire
i Romani. Holm puntualizza che Morganzia, dove i Romani avevano ammassato
grandi provviste, città importante per la sua posizione, abbandonò Roma e fece
entrare i Cartaginesi e il suo esempio fu imitato da altre città minori.
228
Francesco Paolo Giordano
meo IV proprio nel 1531) per ringraziare il santo di aver salvato il
figlio Lorenzo dalla pestilenza, secondo una tradizione orale. In quel
momento si è rotto il nesso cultuale fra le città e i vescovi (o i papi) in
fama di santità che sono al centro dell’istituzione nelle chiese locali del
patrono 139. Ci sarebbe un documento del 9 agosto del 1531 firmato
dal papa Clemente VII e da 15 cardinali (sito USEF). Ma lo storico
locale, Mazzola, definisce questo documento come la concessione di
un’indulgenza plenaria, addirittura trascrive il testo della pergamena,
fatto avvenuto sotto Carlo V. Sono nominati tutti e 15 i cardinali nel
documento, ad iniziativa o istanza del Rettore della chiesa di San Lorenzo, Giovanni Guadagni 140. La chiesa fu ricostruita dopo il terremoto
del 1693 141. Secondo un’altra tesi sarebbe stata Isabella Gioeni, nella
seconda metà del Seicento, sposata a Marcantonio Colonna, al quale
aveva portato in dote il feudo di Aidone, poiché non poteva avere figli
avrebbe promesso in voto al santo che l’avrebbe eretto patrono del paese
se avesse dato alla luce un figlio. Infatti, il matrimonio del principe
Marcantonio Colonna V (1606-1659) e Isabella Gioeni (1603-1655)
risale al 1629, non al 1665 142. Quando il santo le concesse questa grazia,
Isabella diede alla luce il figlio e mantenne la sua promessa, dandogli
il nome di Lorenzo Onofrio (1637-1689). Mazzola, nella sua storia,
afferma che «non è noto quando l’antichissima città di Aidone adottò per
suo principale protettore il glorioso Martire [San Lorenzo], a cui eresse in
un’epoca anteriore al mille il suo tempio, decorato sin dal 1740 143. E non
si conosce neanche in qual tempo antico sia pervenuta la sacra Reliquia di
un osso del braccio del Santo Levita»144. Abbiamo visto che Pitrè riporta
la notizia ma nello stesso tempo dice di non poterla controllare 145.
Scarne notizie si trovano, poi, in Pirri, il quale riprende la tradizione
G. Tabacco, Il cristianesimo latino altomedievale, in G. Filoramo, E. Lupieri, S. Pricoco, Storia del cristianesimo, cit., p. 48.
140 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 107.
141 Ivi, pp.142 e 168.
142 La tesi del 1665 è in V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, cit., p. 69. Mentre nell’archivio Colonna la data esatta è 1629, cfr. Archivio Colonna di Paliano,
Inventario generale, p. 9. La data del 26 aprile 1629 del matrimonio si trova in
A. Coppi, Memorie colonnesi, Salviucci, Roma 1855, p. 387.
143 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 167.
144 Ibidem.
145 G. Pitrè, Le feste patronali in Sicilia, cit., p. 550.
139
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 229
di Gaetani ed afferma che Leone II sarebbe nato ad Herbita, all’epoca
Cittadella e che gli sarebbe stato dedicato un tempio nel 1090, eretto in onore suo come patrono della città, con questa iscrizione che
venne rilevata dopo l’abbattimento di una parete: «D(ivi) Leoni P.P. II
civi patrono popolus Aydonensis basilicam hanc erexit» 146. Più o meno
la stessa iscrizione si rinviene in Mongitore: «D(ivi) Leoni P.P. II civi,
patrono, ordo, popolusque Aydonensis basilicam hanc extruxit», il quale
ne fa menzione dopo aver detto che più città si contendevano i natali
del papa Leone II 147.
L’iscrizione presso la basilica di San Leone sarebbe stata esattamente
la seguente: «Prolapso deinde pariete, refectoque inscriptio habet; restiituit.
Dominus oppidi Laurentius Joenius, & Cardona: 1810. lares, accolas vero
6584. Habet».
Secondo la tradizione, la chiesa di San Leone sarebbe stata edificata
con “conci megalitici provenienti da Cittadella” 148. Quindi, sappiamo
del patronato di San Leone in occasione dell’edificazione della chiesa
omonima e del passaggio del patronato da San Leone a San Lorenzo,
molti secoli dopo anche se non possiamo datarlo con precisione. Quel
che è certo e che non può passare inosservato è il nesso fra i Colonna
e il san Lorenzo, nome di una vasta tenuta e di un feudo dei principi Colonna, originariamente fin dal 1329 in proprietà dei conti di
Ceccano e della famiglia Gaetani, successivamente passato ai Colonna
nel 1497 e che oggi corrisponde al comune di Amaseno in provincia
di Frosinone149. Anche in questo comune il patrono è san Lorenzo,
ed ogni anno si assiste alla cerimonia religiosa dello scioglimento del
sangue del santo come reliquia. Addirittura, il principe anticamente
R. Pirri, Notitiae Siciliensium ecclesiarum Sicilia sacra, cit., vol. I, p. 594.
A. Mongitore, Bibliotheca sicula sive de scriptoribus siculis, vol. II, Felicella, Palermo,
1714, p. 9, il quale riferisce che negli scritti di Gaetani viene citato Onofrio Panvinio
(curatore effettivamente di un manoscritto intitolato “Historia de vitis pontificum” di
Bartolomeo Sacchi) come fonte che avrebbe fissato l’introduzione del culto di San
Leone con l’edificazione della chiesa a lui dedicata: «Aydonensem putavit Honuphrius
Panvinus apud Caetanum in amimad. rit. & pro Aydonensibus retulit Caetanus civium
studium in Divum Leonem, ac ejus cultú ea in urbe; illuc enim Ecclesia erat, in cujus
pariete hæc legebatur inscriptio : D. Leoni PP. II. civi, & Patrono, Ordo, Populusque
Aydonensis Basilicam hanc extruxit».
148 E. Di Pasquale, Il giro della Sicilia in 501 luoghi, Newton Compton, Roma, 2014,
p. 283.
149 Archivio Colonna di Paliano, Inventario generale, p. 8.
146
147
230
Francesco Paolo Giordano
fra i titoli aveva quello di “Signore di San Lorenzo”. In ogni caso, la
decisione del principe Colonna doveva avere il “placet” dell’autorità
religiosa, di cui finora non abbiamo traccia, particolarmente necessario
dopo il Concilio di Trento (1545-1563), che inaugurò fra l’altro una
politica di forte centralizzazione 150. Ma per i Colonna non doveva
essere problematico ottenere dalla Curia romana un’autorizzazione
siffatta. Tuttavia, insorgono alcuni interrogativi: poi come nasce il
culto di San Filippo? E quando? E perché nasce posto che il patrono
era San Lorenzo? E perché proprio ad Aidone? Questi sono i problemi
da affrontare.
C’è da dire che San Lorenzo è menzionato nel Martirologio geronomiano che lo qualifica come “archidiaconus”, gli studi storiografici
hanno riconosciuto in Lorenzo il titolare della necropoli della via Tiburtina a Roma 151. Sopra la cripta dove erano state deposte le spoglie
del santo fu eretta la basilica costantiniana, ed ancora nel luogo si
ritrova un’altra basilica sotterranea realizzata alla fine del secolo VI
da Papa Pelagio II. La tradizione agiografica vuole che il suo martirio
sia stato compiuto sulla graticola, ma gli studi storiografici pongono
l’incompatibilità di questa fine col rescritto dell’imperatore Valeriano
del 258 e con la biografia nel Liber Pontificalis, mentre essa richiama
la persecuzione degli imperatori Decio e Diocleziano 152. Nell’antichità
sono considerati gli scritti di Rocco Pirri, dove si afferma
S. 4 «cum imperator Carolus degeret Romae, precibus nostri Antistitis
litteras 18 april 1536 excriptas in Prot. 12 Aug. 9 ind. Anni eiusdem dedit,
quibus omnia Ecclesiae Catanensis privilegia rata voluit. Interim Vicarius
Episcopi contulerat F. Hieronymo Muccicato Benedictino Prioratum juris
Ecclesiae Catanensis sub nomine S. Maria de Cava in oppido Aidonis;
sed litem intendit Baro Aidonis, probavitque sui esse juris patronatus; &
pro eo decretum est in lib. Mon. fol. 1347. Per id tempus Romae obiisse
creditur Aloysius; (“decessit 1 september 1536) quare Marinus avunculus ex
regressus facultate Nicolao Mariae praesulatum Catanensem resignavit.» 153.
(Mentre passava l’imperatore Carlo V a Roma, per le richieste del
P. Vismara, Il cattolicesimo dalla “riforma cattolica” all’assolutismo, in G. Filoramo,
E. Lupieri, S. Pricoco, Storia del cristianesimo, vol. III, cit., p.182.
151 E. Susi, Voce Lorenzo diacono, Il Grande Libro dei Santi, Dizionario enciclopedico,
cit., vol. II, p. 1214.
152 Ibidem.
153 R. Pirri, Notizie delle chiese siciliane, cit., p. 554
150
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 231
nostro Vescovo, il 18 aprile 1536, [l’imperatore] diede il 12 agosto dello
stesso anno delle lettere scritte -in prot. 12 agosto 9 ind.- con le quali
volle conferiti tutti i privilegi alla chiesa catanese. Mentre il Vicario del
Vescovo aveva confrontato il diritto del Priorato della Chiesa catanese con
Girolamo Muccicato Benedettino sotto il nome di Santa Maria La Cava
nella città di Aidone; ma il Barone di Aidone [Giantommaso Gioeni, lo
stesso che nel 1531 secondo una tradizione orale avrebbe portato il culto
di San Lorenzo al posto di quello di San Leone 154, in ringraziamento
per la salvezza del figlio Lorenzo dalla pestilenza] fece causa e provò che
quello era un suo diritto di patronato, per esso emanò un decreto in lib.
Mon. fol. 1347. In quella stessa data si ritiene che Aloisio [il cardinale
Ludovico Caracciolo] fosse morto a Roma (decedette il 1° settembre 1536)
perché lo zio Marino [Ascanio Caracciolo] attraverso la facoltà di regresso
strappò l’episcopato catanese al nipote Nicolò Maria [Caracciolo]).
La stessa sequenza è ripresa da Pitrè, il quale, pur non avendo fonti
sicure tali da non poter controllare l’attendibilità, afferma che queste
sostituzioni in genere avvengono in occasione di pestilenze, eventi
calamitosi e soprattutto nel Seicento ma anche nel Cinquecento 155.
Incuriosiscono anche Sciascia il quale scrive che la festa religiosa in
Sicilia è l’unico momento in cui la persona esce dalla condizione di
uomo solo, e cita San Lorenzo scalzato da San Vito a Chiaramonte
Gulfi, che poi si rifà ad Aidone sostituendo San Leone 156. Pitrè ricorda
È il Papa Leone II, successore del siciliano Sant’Agatone, il suo pontificato durò dal
17 agosto 683 al 28 giugno 684, come riferisce G. Beritelli La Via, Notizie storiche
di Nicosia compilate da Giuseppe Beritelli e La Via barone di Spataro continuate e
riordinate da Alessio Narbone, Pedone, Palermo, 1852, p. 192, il quale precisa che
si devono a lui sei epistole sulla disciplina ecclesiastica e l’edificazione a Roma delle
chiese dedicate a San Paolo e ai Santi Giorgio e Sebastiano, oltre ad aver salvato da
uno scisma la chiesa e l’esarcato di Ravenna. Molte città si contendono di avergli
dato i natali, fra cui Aidone, che però all’epoca non era ancora stata fondata, mentre
la città di Herbita, anticamente identificata con il sito di Cittadella di Morgantina,
viene ora attribuita a Nicosia. Quindi quando gli antichi citavano Herbita come
patria di S. Leone II Papa intendevano indicare il sito di Cittadella, dove all’epoca vi
era il convento di cui si è detto e il nucleo abitativo attorno. Anche F. Villabianca,
Della Sicilia nobile, Bentivenga, Palermo, 1759, vol. IV, p. 278, scrive che Herbita
aveva dato i natali a papa Leone II.
155 G. Pitrè, Le feste patronali in Sicilia, cit., p. 550, anche se l’autore afferma di non
poter controllare questa successione, ma poi afferma, p. XVI che, contestualmente,
San Lorenzo era stato soppiantato come patrono a Chiaramonte Gulfi da San Vito.
156 L. Sciascia, Feste religiose in Sicilia, L’immagine, Palermo 1987, p. 17, ed ancora
154
232
Francesco Paolo Giordano
che per la festa di San Lorenzo il 10 agosto, ad Aidone si rinnova il
c.d. “Batt’ment”, il combattimento una specie di torneo in costume e a
cavallo nel quale si fronteggiano lombardi cristiani e saraceni, fazioni
nemiche 157. Pitrè la descrive con dovizia di particolari, si celebra ogni
dieci anni, è detta “festa grande”, oltre alla processione del braccio di
argento del santo nel quale è incastrata una reliquia d’osso del santo,
la statua raffigura un giovane imberbe in abito sacerdotale che tiene
nella mano sinistra una graticola (dove secondo la tradizione cristiana
venne martirizzato) e nella mano destra una palma di argento. Dopo il
combattimento i cavalieri si riconciliano e vanno in processione dove
viene portata l’effigie della Madonne delle Grazie 158.
Ritornando a questa lite fra il barone di Aidone e il capitolo della
Cattedrale di Catania a cui apparteneva il priorato, c’è traccia nell’archivio capitolare della cattedrale, fasc. 17, dove esiste tutto il carteggio
della lite. La lite consisteva propriamente nella rivendicazione della
proprietà del feudo del casale Rahal Basili, che secondo un rescritto
di Marcantonio Colonna del 1580 “apparteneva” al priorato 159. Ed
ancora, sempre Rocco Pirri, quando parla della Chiesa catanese e dei
priorati afferma:
«(8) Pr. S. Maria Aidonis nunc de Cava institutus est ab Adelasia
Regis Rogerii nepte atque monastero S. Agatae concessus est, uti ad an.
1134 supra scriptimus160. An. 1499 F. Mattheus Juvenius Monachus a
Vicario Episcopi deligitur prior illius Ecclesiae, tamquam de iure Mensae
Episcopalis, Baro vero Aidonis sui iuris patronatus fuisse contendebat,
quia in eius oppido sit aedificatum templum S. Maria: tandem pro barone decretum est ex lib. Mon. Fol. 1347. An. 1544. F. Guglielmum de
Montecateno Monachum Divae Agathae S. Maria de Cava, & S. Maria
Annuntiata priorem, atque an. 1551 obiisse lego. An 1552 Aloysium Arnaldum Florentinum rescripto Julii III in lib. Secret. Fol. 29 invenio»161-.
(S. Maria di Aidone ora La Cava fu istituita da Adelasia nipote del
Re Ruggero e fu concesso anche col monastero di S. Agata, nell’anno 1134
L. Sciascia, La corda pazza, Milano, Adelphi, 1991, p. 76.
G. Pitrè, Le feste patronali in Sicilia, cit., p. XXXV e 333 e 553.
158 Ivi, p. 552.
159 Archivio Capitolare della Cattedrale di Catania, fasc. 17, cit., doc. 370.
160 R. Pirri, Notitiae Siciliensium ecclesiarum Sicilia sacra, cit., p. 528.
161 Ivi, p. 572.
157
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 233
come abbiamo scritto sopra. Nell’anno 1499 F. Matteo Giovane Monaco è
scelto dal Vicario del Vescovo priore di quella Chiesa, come di diritto della
mensa vescovile, in verità il Barone di Aidone [Bartolomeo IV Gioeni]
contestava tale scelta per essere suo il diritto di patronato, perché nella sua
città fosse edificato il tempio di Santa Maria: nel 1347 fu emanato un
decreto in favore del barone. Nel 1544 frate Guglielmo da Montecassino
fu istituito monaco di Sant’Agata, S. Maria La Cava e priore di S. Maria Annunziata e nel 1551 penso che fosse morto. Nel 1552 trovo che fu
istituito Aloisio Arnaldo di Firenze con rescritto di Giulio III).
La chiesa fu assegnata dalla contessa Adelasia alla diocesi di Catania
con la specificazione, effettivamente eseguita dal vescovo di Catania,
che i cappellani del re della Cappella Palatina avessero la terza parte
delle decime riscosse, mentre le rimanenti due parti erano riservate alla
chiesa di Catania, come si ricava dal diploma datato 1145 custodito
presso la cappella Palatina di Palermo, di cui si è accennato 162. Nel
1579 il vescovo Mons. Cutelli con proprio decreto dichiarò la chiesa
coadiutrice della chiesa madre di San Lorenzo.
La Contessa Adelasia secondo la tradizione sarebbe stata alquanto
prodiga con la popolazione di Aidone e volle concedere ai Padri Benedettini una vasta area intorno alla Chiesa, che divenne successivamente
monastero e priorato dei Benedettini, dedicato a Sant’Agata, come
vuole il Pirri 163 con quattro vaste tenute nelle contrade Ginestrella, Commenda che confina con Travo Sottano, Pranietto e Portella.
Secondo lo storico Antonio Filoteo degli Omodei 164 (Castiglione di
Sicilia 1500 c.a.-1550) la chiesa di S. Maria di Cittadella venne fatta
edificare sui resti di un originario convento benedettino risalente al
VI sec. d.C., poi distrutto dagli Arabi nell’anno 828 165. Mazzola ha
AA.VV., Atti della Accademia di scienze, lettere e arti di Palermo: Parte seconda,
Palermo, Ferrigno, 1912, p. 115; G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 47, dove si
specifica che fu oggetto di transazione fra il Vescovo di Catania e la Cappella Palatina, infatti «nel tabulario di questa Cappella palatina esiste un privilegio di Giovanni,
vescovo eletto di Catania in data giugno 1145, pel quale il detto prelato, a richiesta
dello stesso re Ruggero, e con l’assenso dei suoi monaci, concede alla detta Cappella le
terzerie delle decime di Castrogiovanni e di Aidone».
163 R. Pirri, Notitiae Siciliensium ecclesiarum Sicilia sacra, cit., p. 572.
164 G. A. Filoteo degli Omodei, Aetna Topographia, Venezia, Muschius, 1661. Lo sostiene
G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 28.
165 G. A. Filoteo degli Omodei, Aetnae Topographia, cit. Ma vedi a nota 128 del volume di M. Scaduto, Il monachesimo basiliano, cit.; G. Mazzola, Storia di Aidone,
162
234
Francesco Paolo Giordano
ritenuto che il monastero benedettino di Cittadella fosse esistente sin
dalla fine del V secolo, e che esso sarebbe divenuto celebre per gli studi
che avrebbe compiuto il futuro papa Leone II e per «aver conservato
il sacro fuoco delle scienze durante i tempi d’ignoranza e di barbarie del
medioevo» 166. In proposito cita sia i Capibrevi di Barberi 167 sia lo
storico castiglionese Antonio Filoteo 168 e puntualizza che la presenza dei Benedettini in Sicilia è riscontrata quantomeno a partire dal
534 d.C., secondo quanto risulta dal Di Blasi 169. Che il monastero
di cui stiamo parlando, unitamente a quello di Baccarato 170, sia stato
distrutto dagli Arabi trova una indiretta conferma in una pagina di
Amari, dove l’autorevole storico afferma che in Val Demone si salvarono due soli monasteri con certezza, quello di S. Angelo di Lisico
presso Brolo, «i cui frati s’affrettarono a far confermare dal conte Ruggero
la proprietà dei monti, colline, acque, terreni e mobili che diceano aver
tenuto sotto gli empii Saraceni», e quello di S. Filippo in Demona, «un
frate del quale, vivuto fino al 1005 [corr. 1105], affermava aver patito
nel santo luogo gli oltraggi degli infedeli».171 Subito dopo Amari traccia
le cause della decadenza del monachesimo in Occidente, per effetto
della maggiore depredazione degli Arabi e della minore tenacia nella
fede dei monaci occidentali rispetto all’Oriente, assieme al fatto che il
monachesimo “pianta esotica appo noi” non resse all’onda d’urto come
cit., p. 30 colloca invece la data della distruzione all’862. Ma questa era la tesi degli
intellettuali dell’Ottocento, prima che fosse individuata la città di Morgantina,
distrutta dai Romani nel 212 a.C.
166 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 28
167 L. Barberi, Capibrevi, a cura di G. Silvestri, Palermo, Amenta, 1888, vol. 1, p. 160,
dove scrive «prioratus sive Mons.le S.te M.e de Cittadella ordinis S.ti Benedicti catanensis
diocesis propè Aydonis terra existens». Cfr. G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 28.
168 Nella Descrizione dell’Isola di Sicilia, 1556, parla della «divotissima chiesa detta
S. Maria della Cittadella».
169 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 28, dove cita G. E. Di Blasi, Storia del Regno
di Sicilia, vol. 1, p. 738 (in effetti 739, presumiamo che Mazzola abbia consultato
l’edizione del monaco benedettino della stamperia Oretea data a Palermo nel 1844).
170 Del Baccarato come feudo parla L. Barberi, Capibrevi, cit., vol. I, p. 187.
171 M. Amari, Storia dei Musulmani in Sicilia, vol. II, Catania, Prampolini, 1937, p. 464,
dove si accenna come fonti ad un diploma del 1144 e al testamento di Gregorio
catecumeno del monastero di S. Filippo di Demona, documenti entrambi pubblicati
dal Martorana.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 235
quello di Oriente 172. Ma nello stesso tempo il monachesimo in Sicilia
non scomparve sotto la dominazione araba, perciò secondo Amari
l’affermazione di Urbano II nella bolla del 1093, secondo cui la religione si sarebbe spenta in Sicilia per tre secoli si deve intendere come
immiserimento della condizione dei fedeli né sembra possibile ritenere
che al momento della riconquista dei Normanni la Sicilia annoverasse
come cristiani quelli soli venuti al tempo di Maniace, giacché questi
erano soldati che andarono via in continente non coloni 173. Secondo
altri autori, all’epoca della riconquista cristiana dei Normanni in Sicilia
nel 1060 oltre ai due monasteri già citati, ve ne sarebbero stati altri,
sempre basiliani ancora attivi, fra cui quello di S. Filippo di Agira, ed
anche quello di Santa Maria di Vicari 174. In questo periodo, secondo
la ricostruzione che abbiamo accolto, inizierebbe la venerazione di
S. Leone II papa, come momento della latinizzazione delle città siciliane. Continuiamo a non sapere con certezza quale sarebbe stata la
forma popolare di religione tra l’avvento del cristianesimo e la venuta
dei Normanni, cioè nei primi secoli d. C. fino all’XI secolo. Quesito
che rimane senza risposta dal momento che nel territorio dell’agglomerato che successivamente si sarebbe chiamato Aidone esistono due
importanti monasteri, quello di Cittadella e quello di Baccarato. E
non dobbiamo dimenticare l’osservazione importante secondo la quale
«(…) la presenza di questi impianti monastici assume per quest’epoca una
funzione ben più complessa: la loro dislocazione, lungo tracciati o aree di
strada significativi, segnala il compito non secondario che erano chiamati
a svolgere, ospedali di strada, luogo di sosta per viandanti, mercanti e
pellegrini, in sostituzione dell’antica organizzazione mansionaria di età
romano-imperiale».175.
Ivi, p. 465.
M. Amari, Storia dei Musulmani in Sicilia, vol. II, cit., p. 475.
174 F. Spampinato, I monaci basiliani e la nuova evangelizzazione, in Il Campanile, Enna,
n. 2, Novembre 2010.
175 L. Arcifa, Un’area di strada nel medioevo: la media valle del Simeto, in Tra Etna e
Simeto. La ricerca archeologica ad Adrano e nel suo territorio, a cura di Gioconda
Lamagna, cit., p. 193.
172
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Francesco Paolo Giordano
11. Ancora Santa Maria Lo Piano
La Chiesa di Santa Maria Lo Piano col monastero annesso è importante perché costituisce il primo nucleo dell’agglomerato che nei decenni
successivi assumerà il nome di Aidone, Aydonum. Al suo interno la chiesa
annovera varie cappelle dedicate a vari santi, l’architettura della chiesa è
frutto di una commistione di stili, opera dell’architetto-scultore Filippo
Dell’Ospedalis. L’abside, che risale al Trecento e la base della torre con
una volta a crociera sono in stile arabo-normanno, e riprendono per
certi versi motivi dell’arte romanica. All’esterno il prospetto segue lo
stile classico del tempio greco con i sei falsi pilastri suddivisi in quattro
centrali e due laterali, realizzati in pietra arenaria locale, sono sormontati
da un’architrave a due fasce. La parte superiore è divisa da cornici a
diversi livelli con dei gocciolatoi tutti in pietra arenaria. Delle finestre
furono collocate sopra le due false porte per renderle esteticamente in
linea con lo stile barocco siciliano, mostrato da tre portali stretti fra
colonne e ricchi di decorazioni nelle trabeazioni. La torre campanaria
chiamata Adelasia in onore della contessa fu aggiunta nel XVI secolo
e dotata della sommità nel 600-700. Nel basamento della torre si apre
una porta a forma di ogiva. Secondo la tradizione, Adelasia alla morte
del fratello Ruggero avrebbe ereditato i vasti possedimenti conquistati
da costui, cioè Paternò, Adrano, Collesano, Caltanissetta, in cui era
compreso il contado di Aidone.
Però va osservato che Rocco Pirri 176 nomina solo S. Filippo di Agira
e per Aidone, ma più esattamente per Adernò (Adernionis) la chiesa
dei Benedettini, di Santa Maria De Cava e di San Leone, quest’ultima
risalente, sempre secondo la tradizione, all’XI secolo 177. Un’iscrizione del
1490 si trova ai piedi dell’immagine di San Leone nella chiesa omonima:
«divo Leoni II, P. siculo Herbitensi sive ex Citatellae, diocesis catanensis»178.
Secondo Villabianca gli aidonesi avrebbero costruito la basilica di San
Leone in onore al pontefice Leone II, nato nel luogo, come sarebbe
R. Pirri, Sicilia sacra disquisitionibus, et notitiis illustrata, Palermo, 1733, rispettivamente vol. I, pp. 115, 589 come monaco basiliano celebrato il 12 maggio, 525, la
chiesa di San Filippo col battistero, e 597.
177 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 25 che colloca la data di fondazione della chiesa
all’anno 1090, sulla base di quello che scrive F. Villabianca, Della Sicilia nobile, cit.,
vol. IV, p. 278.
178 G. Mazzola, Storia di Aidone, cit., p. 27.
176
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 237
dimostrato da un’antica iscrizione in una tavola di marmo che recita:
«Divo Leoni Papae II. Civi, & Patrono Populus aidonensis Basilicam
hanc erexit»179. Secondo questa tradizione, di sapore leggendario, anche
questa chiesa sarebbe stata edificata dai popoli lombardi al seguito dei
normanni come cita anche Fazello, il quale scrive: «Aydonum occurrit
Lombardorum oppidum, Normannorum tempore, superatis Saracenis, a
Lombardis conditum»180. Nella tradizione ufficiale sono scarne le notizie
che lo riguardano, figlio di Paolo, siciliano, della diocesi catanese, fu
eletto papa e consacrato il 10 agosto 682 e sedette sul soglio di Pietro
soli 10 mesi e 19 giorni 181. Secondo altre fonti sarebbe stato eletto il
16 aprile 682 e avrebbe regnato fino al 3 luglio 683, «lodato per pietà,
carità ed eloquenza, e per la sua perizia nella lingua greca e latina, e
nel canto ecclesiastico e difatti perfezionò il canto gregoriano, e compose
molti inni per l’Uffizio della Chiesa»182. Secondo altri autori sarebbe
stato eletto nel gennaio 681, ma solo diciotto mesi più tardi avrebbe
ricevuto il mandato imperiale che rendeva possibile la consacrazione,
alla conclusione del VI Concilio ecumenico di Costantinopoli, che condannò il monoteismo ed emanò un anatema contro il papa Onorio I,
ed avrebbe concluso il suo magistero dopo una consacrazione avvenuta
il 27 giugno 683, venendo sepolto in S. Pietro il 3 luglio dello stesso
anno.183 Viene ricordato come abile cantore per essere stato incaricato
della schola cantorum pontificia 184. Leone è stato per secoli il patrono
venerato di Aidone, fin quando a partire da un periodo imprecisato
collocabile al XV-XVI secolo, è stato sostituito da san Lorenzo, santo
romano, verosimilmente ad opera dei Colonna feudatari del luogo. Ma
come vedremo noi siamo convinti che sempre i Colonna hanno portato
ad Aidone il culto di San Filippo Apostolo.
F. Villabianca, Della Sicilia nobile, cit., vol. IV, pp. 278-279, il quale definisce la
basilica “parlamentaria”, in quanto edificata dai “popoli lombardi” al tempo dei
Normanni.
180 T. Fazello, Storia di Sicilia, cit., vol. I, lib. 10, f 445.
181 B. Platina, Historia delle vite de’ sommi pontefici dal Salvator nostro sino a Gregorio
XV, Giunti, Venezia, 1621, p. 86.
182 B. Henrion, Storia dei sommi pontefici, da S. Pietro a Gregorio XV, Napoli, società
editrice, 1853, p. 85.
183 A. M. Piazzoni, Voce Leone II, Il Grande Libro dei Santi, Dizionario enciclopedico,
a cura di E. Guerriero, D. Tuniz, Alba, S. Paolo, 1998, vol. II, p. 1188.
184 Ibidem.
179
238
Francesco Paolo Giordano
Pirri non lo afferma ma si può ipotizzare che la chiesa di Santa
Maria de Cava e quella di Santa Maria Lo Piano siano in realtà la
stessa istituzione religiosa. Lo Piano, il Piano è il pianoro su cui è stata
edificata la chiesa, ancora oggi nel dialetto il sito è identificato come il
“piano”. Solo a partire dal XVI secolo la chiesa prende il nome di Santa
Maria La Cava, ma come mai già Pirri, come si è visto, la denomina
con quell’appellativo, “de Cava”? Evidentemente, già all’epoca della
sua opera, fra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento, la chiesa
aveva acquistato quel nome. Perché fu denominata così? Secondo la
versione più attendibile, perché nel sito vi era una cava di pietra 185, ma
verosimilmente scoperta in occasione di lavori di ristrutturazione della
chiesa. Quindi Santa Maria La Cava è il nome moderno della chiesa,
ma è strano però che tale nome non compaia mai nell’opera di Mazzola,
scritta alla fine dell’Ottocento ed edita postuma nel 1913, spiegabile
solo con una disattenzione dello storico, in genere molto preciso, dal
momento che cita Pirri senza citare il nome “de Cava”.
Papa Benedetto XVI nell’udienza del 6 settembre 2006 in cui parlava di San Filippo, così terminava la sua omelia: «Vogliamo concludere
la nostra riflessione richiamando lo scopo cui deve tendere la nostra vita:
incontrare Gesù come lo incontrò Filippo, cercando di vedere in lui Dio
stesso, il Padre celeste. Se questo impegno mancasse, verremmo rimandati
sempre solo a noi come in uno specchio, e saremmo sempre più soli! Filippo
invece ci insegna a lasciarci conquistare da Gesù, a stare con lui, e a invitare anche altri a condividere questa indispensabile compagnia. E vedendo,
trovando Dio, trovare la vera vita»186.
185
186
A. Venturi, L’Arte, vol. IX, Milano, Danesi, 1906, p. 18.
Benedetto XVI, Udienza generale in Piazza San Pietro, Mercoledì, 6 settembre 2006.
Il culto di San Filippo Apostolo ad Aidone e in Sicilia orientale tra mito e storia 239
12. Conclusioni
La confusione fra i due santi, San Filippo di Agira e San Filippo
apostolo che sarebbe stata determinata dal clero latino dopo l’avvento
dei Normanni, non è storicamente accertata per mancanza di fonti.
Peraltro, nei territori della Sicilia centro meridionale, non i Normanni
ma gli Aleramici insediarono colonie di lombardi. L’introduzione del
culto di San Filippo apostolo risale alla fine del Quattrocento nella
Sicilia Orientale, verosimilmente con la finalità di contrastare gli insediamenti ebraici dopo l’espulsione degli ebrei dalla Sicilia. Tracce del
culto di San Filippo Apostolo ad Aidone si ritrovano sin dalla fine del
Cinquecento da parte della famiglia romana Colonna, imparentata coi
Gioeni che erano gli intestatari dei feudi del casale di Aidone e sulle
altre evidenze storiche, dalle ispezioni vescovili ai documenti antichi
custoditi nell’Archivio storico della Diocesi di Catania cui Aidone
apparteneva fino all’istituzione della Diocesi di Piazza Armerina nel
1817, a cui fu poi unita. Non è escluso che il culto del santo abbia
avuto connotazioni campanilistiche e sia stato favorito dall’alone di
taumaturgo e di esorcista che lo contrassegnava. In questo senso, può
darsi che nella tradizione popolare siano stati attribuiti a San Filippo
Apostolo connotazioni e caratteristiche che riguardavano San Filippo
di Agira, come quella di essere un efficace taumaturgo ed esorcista.