Academia.eduAcademia.edu

Famiglia e famiglie

famiglai e famiglie

L'attenzione costante con la quale sono stati seguiti, monitorati i mutamenti nelle strutture familiari ha spesso fatto passare in secondo piano il cambiamento che ha investito le relazioni familiari. Tradizionalmente, la demografia e la sociologia hanno studiato le strutture familiari, relativamente facili da rilevare, oggetto di rilevazioni periodiche dell'ISTAT: si pensi ai censimenti della popolazione, alle indagini multiscopo. Sappiamo, dunque, che dal punto di vista strutturale le famiglie italiane diventano sempre più numerose, ma anche sempre più piccole: le strutture si semplificano, anche se si moltiplicano le tipologie. In Italia ci si sposa, oggi, di meno e sempre più tardi, si generano meno figli e anche in questo caso sempre più tardi; i figli tendono a rimanere in casa con i genitori ben oltre l'avvenuta emancipazione sociale; gli anziani, anche se soli, tendono a fare nucleo familiare a sé e, stante l'allungamento della vita media, per lassi di tempo sempre più lunghi (

Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 Famiglia e famiglie Paola Di Nicola 1.Introduzione L’attenzione costante con la quale sono stati seguiti, monitorati i mutamenti nelle strutture familiari ha spesso fatto passare in secondo piano il cambiamento che ha investito le relazioni familiari. Tradizionalmente, la demografia e la sociologia hanno studiato le strutture familiari, relativamente facili da rilevare, oggetto di rilevazioni periodiche dell’ISTAT: si pensi ai censimenti della popolazione, alle indagini multiscopo. Sappiamo, dunque, che dal punto di vista strutturale le famiglie italiane diventano sempre più numerose, ma anche sempre più piccole: le strutture si semplificano, anche se si moltiplicano le tipologie. In Italia ci si sposa, oggi, di meno e sempre più tardi, si generano meno figli e anche in questo caso sempre più tardi; i figli tendono a rimanere in casa con i genitori ben oltre l’avvenuta emancipazione sociale; gli anziani, anche se soli, tendono a fare nucleo familiare a sé e, stante l’allungamento della vita media, per lassi di tempo sempre più lunghi (Di Nicola 1999; Barbagli,Saraceno 1997; Donati, Di Nicola 2002; Rossi 2001). Dal punto di vista strutturale, quindi, la realtà familiare tende a polarizzarsi su base generazionale: da una parte famiglie composte da anziani soli o ancora in coppia, dall’altra parte adulti e giovani che danno origine a famiglie nucleari classiche (la coppia coniugale con figli). Ambedue queste forme di coabitazione tendono ad occupare nelle biografie di vita individuale archi temporali sempre più lunghi: è come se i tempi della famiglia si fossero dilatati e rallentati. Tuttavia, all’interno di quella che sembra una dilatazione lineare ed un rallentamento che tende alla stasi, elementi di discontinuità, fratture, interruzioni e riprese dei tempi sono da ricondurre ad un più silenzioso, meno visibile e per molti aspetti meno studiato mutamento sociale: il cambiamento nelle relazioni familiari. Cambiano sotto il profilo sociale e generazionale coloro che vivono sotto lo stesso tetto, ma cambiamo anche i modi, i rapporti, i legami che uniscono i soggetti che vivono sotto lo stesso tetto. Si è modificato il senso, il valore, il significato che gli attori sociali annettono alle relazioni familiari, sono cambiate le motivazioni e le aspettative che sono alla base di scelte importanti quali sposarsi, uscire di casa, generare figli. Anche se spesso si sottolinea la necessità di riferirsi alla famiglia al plurale, perché – si dice – nascono nuove strutture familiari (le convivenze, le famiglie ricostituite, i nuclei monogenitoriali) (Zanatta 1997), in realtà la pluralizzazione delle forme familiari riguarda più le relazioni familiari, che non le strutture. Anche nel passato vi erano – e non erano poche! – le famiglie ricostituite e le monogenitoriali: il “mondo che abbiamo perduto”, per usare un’espressione di P. Laslett, era popolato di vedove e vedovi, di matrigne e patrigni, di figliastri e fratellastri. Eppure, nella percezione di senso comune, la famiglia era una: la famiglia, appunto. Un sistema, un’organizzazione di vita retta da regole e norme condivise e sancite-legittimante dall’esterno (dalla società, dal diritto, dalla comunità di appartenenza, dalle consuetudini), che si imponevano ad individui, che poco avevano da scegliere e molto da accettare, se non subire. Ambito di vita percepito come naturale (nel senso di dato, di un qualcosa che l’individuo si trovava già fatto e costruito), come “naturale” meccanismo di regolazione dei rapporti tra famiglie (parentele), tra i sessi e tra le generazioni, che richiedeva il sacrificio della libertà, in cambio di sicurezza. Sicurezza, data non tanto dal fatto che la scelta familiare fosse irreversibile (gli alti tassi di mortalità, per esempio, scompaginavano frequentemente le piccole sicurezze dei focolari domestici!), quanto dal fatto che a nessuno si chiedeva di costruire, inventare, negoziare le regole del vivere sotto lo stesso tetto. Anche nel passato vi erano molteplici forme familiari, ma ognuno viveva la sua famiglia come l’unica possibile. La famiglia come istituzione era un contenitore che accoglieva al suo interno uomini e donne, generazioni diverse scandendo e segnando i ritmi e le fasi delle biografie individuali. Oggi sono le biografie individuali, i ritmi e le fasi dei corsi di vita di uomini e donne in carne ed ossa che scandiscono i ritmi e le fasi del ciclo di vita delle famiglie (Donati, Di Nicola 2002). Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 In questo spostamento di equilibri e priorità tra individuo e famiglia si è giocato e si gioca tutt’ora il cambiamento nelle relazioni familiari; in realtà è questo spostamento che porta alla necessità di riferirsi alla famiglia al plurale (Donati 2001). 2. Privatizzazione e soggettivizzazione delle relazioni familiari: il codice “elettivo” Privatizzazione, de-istituzionalizzazione, de-giurisdizzazione delle relazioni familiari, individualizzazione nelle relazioni familiari sono alcune delle espressioni con le quali si è cercato di comprendere, spiegare e sintetizzare i più rilevanti cambiamenti della famiglia nella società contemporanea. Sono espressioni che tutte suggeriscono l’esistenza di un lento spostamento della famiglia da istituzione a gruppo, da sottosistema sociale specializzato nell’assolvimento di funzioni socialmente rilevanti ad affare “privato”, unità di affetti. Spostamento perfettamente in linea con un’organizzazione sociale che non ha più bisogno di una famiglia, avendone assorbite le funzioni solidaristiche, educative, assistenziali, oltre che economiche (Di Nicola 1998). Famiglie, dunque che sono ed agiscono come unità degli affetti e che si muovono prevalentemente nell’area del consumo. Famiglie – come diceva C. Lasch – rifugio in un mondo senza cuore. È’ questa una lettura della famiglia che mostra tutta la sua fallacia nel momento in cui le famiglie smettono o fanno fatica a mediare il rapporto individuo-società, quando smettono di essere solidali e di produrre legami sociali, quando incontrano difficoltà crescenti a svolgere il proprio lavoro di accudimento, di cura in senso ampio. La centralità sostanziale della famiglia – al di là e al di sotto di una sua immagine prevalente di legame effimero, leggero, liquido come direbbe Bauman - nulla toglie al fatto che comunque oggi il fare famiglia richiede agli attori sociali elevati investimenti, dal momento che quella che un tempo era considerata fonte per eccellenza di sicurezza e tranquillità, è diventata per molti aspetti fonte di stress: di insicurezza, di incertezza, di vulnerabilità. Il matrimonio non è certamente più per la vita; forti sono le resistenze a contrarre legami impegnativi, come una relazione stabile di coppia; essere sposati, avere figli è spesso causa di povertà, di esposizione a maggiori rischi sociali. Questo senso crescente di incertezza, insicurezza e vulnerabilità riguarda sia la relazione coniugale che quella di filiazione, ma entro una cornice sociale più ampia che si può definire “società del rischio” e della scelta. Alle direttive tradizionali che contenevano restrizioni rigorose nell’agire, se non veri e propri divieti, si è sostituita la densità dei regolamenti delle società moderne, che impongono al cittadino di fare per poter fare valere i suoi diritti. Semplificando, mentre nella società tradizionale si nasceva con determinati vantaggi – per esempio di ceto o di religione -, per ottenere i nuovi vantaggi bisogna fare qualcosa, impegnarsi attivamente. Qui i vantaggi vanno conquistati, bisogna sapersi imporre sulla concorrenza per ottenere risorse limitate, e non una volta, ma ogni santo giorno. La biografia normale si trasforma così in «biografia della scelta», in «biografia riflessiva», in «biografia del fai da te». Questo non comporta necessariamente né una scelta, né un successo. La biografia del fai da te è al tempo stesso una «biografia a rischio», anzi una «biografia funambolica», è – in parte palesemente, in parte celatamente – uno stato di pericolo permanente. Spesso la facciata del benessere, del consumo, dello sfarzo ci impedisce di vedere quanto il baratro sia prossimo. Il lavoro sbagliato, il settore sbagliato, e, inoltre, le infelici spirali private della separazione, della malattia, della perdita della casa – che sfortuna, si dice dopo. Nei casi estremi, viene fuori apertamente ciò che sotterraneamente si sapeva già: la biografia del fai da te può degenerare molto rapidamente in una biografia del fallimento. Al posto dei legami predisposti naturalmente – spesso forzati – subentra il principio del «si vedrà» (Beck, 2000, p.6). Come dunque dice Beck, per ottenere nuovi vantaggi bisogna fare qualcosa, impegnarsi attivamente e non una volta, ma ogni santo giorno. Questa necessità di impegnarsi attivamente diventa l’imperativo che regola le relazioni affettive tra uomo e donna, ma non perché il matrimonio non è più per la vita. Separazioni e divorzi sono la conseguenza, non la causa di questa necessità di impegno attivo. Dal momento che, oggi, uomini e donne non sono più legati – dentro il matrimonio – da forti vincoli di dipendenza reciproca, la relazione coniugale non solo deve essere costruita giorno per giorno – e questa è l’altra faccia del processo di de-istituzionalizzazione – ma deve essere confermata e riconfermata giorno per giorno, in quanto nulla tiene più unita la coppia se non Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 il desiderio-volontà di stare insieme, le reciproche aspettative di autorealizzazione e affermazione del sé. Le regole si “soggetivizzano”: diventano stili relazionali, stili di vita distintivi delle singole coppie. Di qui la necessità di parlare di famiglia al plurale! Allora forte è la concorrenza di altri potenziali partner che offrono migliori - o forse solo altre! - possibilità di autorealizzazione e di felicità. Nessuno vuole più essere “custode di qualcuno”, anche perché la nostra società stigmatizza chi è dipendente, chi ha bisogno di legami (Bauman 2002a, 2002b; Di Nicola 2002b)). Come dice Bauman, nella società complessa non vogliamo più essere “legati a”, ma siamo e vogliamo essere “connessi”, pronti a staccare quando il legame si fa invischiante, quando i costi superano i vantaggi, quando sentiamo o temiamo di perdere il controllo del legame (Bauman 2004). Si preferisce la relazione “pura”, simmetrica, che dura sino a quando non esaurisce tutto il suo potenziale di gratificazione per l’attore sociale (Giddens 1995). Alla asetticità della relazione pura, così come descritta da A.Giddens, si contrappone la carnalità, la promiscuità di vita dei legami sociali rimpianti da Bauman. La relazione affettiva, quindi, non è più solo fonte di sicurezza e di gratificazioni, ma diventa essa stessa fonte di stress: richiede un intenso e quotidiano lavoro di “manutenzione”, senza mai avere la certezza di stare facendo un buon lavoro. Un’altra citazione ben esemplifica la condizione di donne ed uomini di fronte alla scelta procreativa e ci introduce al tema delle relazioni di filiazione nella società complessa.. “Volevo solo una cosa, rimanere incinta per caso. L’inaspettato lato negativo della vita moderna consiste nel fatto che abbiamo sconfitto il destino. Ci si aspetta che noi decidiamo su molte cose, quasi su tutto […] In un’altra epoca, avrei avuto dei figli nei miei vent’anni, quando ero sposata con Danny. Sarei diventata madre senza bisogno di rifletterci su più di tanto. Senza dover soppesare le conseguenze” 1. Diventare madre (e padre) riflettendo e soppesando le conseguenze: è questo il contesto sociale, simbolico e normativo al cui interno si inscrive, oggi, la genitorialità nella società del benessere (Di Nicola 2002a). Prevale, anche in tema di genitorialità, un ordine individuale, che soggettivizza questa funzione: che cosa fare e come fare in quanto genitore è qualcosa che è posto nelle mani e nei cuori – parafrasando Beck – di coloro che si assumono tale onere, compiendo una libera scelta. L’elemento che tuttavia merita una sottolineatura è dato dal fatto che anche questo processo di individualizzazione e di soggettivazione della genitorialità è un processo strutturale, sociale e quindi normativo. A livello generale, a livello sociale l’attore sociale “deve” scegliere se generare o non generare, deve essere in grado di valutare le conseguenze che questa scelta comporta per la sua vita, una volta che ha scelto se ne deve assumere tutte le conseguenze. È tanto forte questo imperativo della scelta che oggi, chi diventasse madre e/o padre per caso o senza una forte consapevolezza sarebbe giudicato improvvido, una persona superficiale, una persona “irresponsabile”. Questo imperativo, questa regola ha delle forti ripercussioni sui modi in cui l’attore sociale assolve a questa funzione soggettivizzata (Di Nicola 2002a). Partendo dalla regola che la maternità e la paternità sono una scelta, le conseguenze sono esemplificabili nei termini seguenti: - gli investimenti affettivi sui figli sono altissimi; - le aspettative/attese nei loro confronti sono elevatissime, tanto più alte quanto più i figli sono voluti, pianificati, desiderati e cercati; - l’importanza del figlio – come simbolo dell’unico e ultimo legame indissolubile! – sarà tanto più grande quanto più le altre relazioni sociali diventano contingenti e rischiose; - il peso della responsabilità dell’avere generato è tanto più oneroso – e spesso fonte di timore – quanto più forte è la consapevolezza di aver scelto per conto di un altro (il figlio); - il senso di frustrazione, del “non farcela” sarà tanto più forte quanto più precocemente il genitore realizza che “deve” socializzare il figlio all’autonomia, al saper fare e farcela da solo; - il bisogno di conoscenza e di informazioni, di confronto con altri genitori e di condivisione sarà tanto più elevato quanto più chiara è la consapevolezza che saperi “profani”, tradizione, affetto e/o istinto non sono più guide adeguate ed efficienti in una società complessa, caratterizzata non tanto dalla crisi dei valori, quanto dal pluralismo dei valori; 1 Citazione di M. Cunningham (A Home at the End of the World, 1991) di Beck ,2000. pp.12-13. Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 - il bisogno di confronto e di sostegno sarò tanto più elevato nei casi in cui il genitore deve affrontare una nuova transizione – ad esempio una separazione – rispetto alla quale non ha modelli di riferimento a cui affidarsi. 3. Le relazioni familiari in tempi di incertezza Fragilità, incertezza, insicurezza sono termini che sempre più frequentemente sono utilizzati per dare il senso sia oggettivo (la reale dinamica delle relazioni familiari) che soggettivo (come gli attori sociali vivono ed interpretano il loro essere oggi parti di una famiglia) dell’essere e fare famiglia nell’era della dopo-modernità, della modernità riflessiva e/o della modernità liquida. L’uso ormai pressoché d’obbligo del plurale – famiglie vs famiglia – sembra rimandare ad un’esperienza di vita quotidiana che sfugge a qualsiasi norma e regola sociale, che non sia la realizzazione di progetti di vita sempre più contingenti e contrassegnati da incertezza e discontinuità (Beck 2000). All’interno di questi progetti di vita individuali il “fare famiglia” diventa una scelta sempre più procrastinata nel tempo e sempre più improbabile; il “vivere in famiglia” una condizione sempre più rischiosa oltre che ad elevata transitorietà (Beck, Beck-Gernsheim 1996). Tramonta per i giovani il modello del matrimonio come sodalizio di due adulti che si scelgono, come impresa da intraprendere, forte è la tendenza a rimanere agganciati alla sfera relazionale dei genitori, garanti di quella base di sicurezza, anche materiale – ma non solo! – che aiuta ad affrontare un futuro i cui contorni sono sempre più sfumati ed incerti. La relazione di coppia più che fonte di sicurezza e rassicurazione è fonte di stress: si è chiamati all’onere e alla responsabilità di costruire, innovare, reinventare la relazione coppia giorno dopo giorno. Relazioni di coppia sempre più frequentemente instabili da una parte, relazioni genitori-figli contrassegnate da incertezze e senso di inadeguatezza dall’altra. Alcuni autori parlano della famiglia contemporanea come di un sogno che evochiamo per trovare un falso lenimento alle nostre paure, alle nostre incertezze, alle nostre debolezze. Lenimento perché la famiglia evoca l’immagine di un porto sicuro, di una nicchia affettiva calda e protettiva, “rifugio in un mondo senza cuore”; falso perché la famiglia come legame, come espressione di una scelta compiuta sotto l’egida di un’etica della responsabilità non può essere lenimento per chi ha fatto – spesso indotto dalle più ampie dinamiche sociali - della logica della scelta, dell’economia del rischio e del superamento dei legami sociali i pilastri sui quali appoggiare la propria biografia di vita. Se le tecniche di negoziazione tra due soggetti che sentivano di avere almeno potenzialmente gli stessi diritti e doveri potevano aiutare nel passato recente la coppia a trovare un modus vivendi, che altro non era che la realizzazione di una relazione che voleva coniugare il massimo della libertà con il massimo della sicurezza, oggi spesso la coppia non giunge ad alcuna forma di mediazionenegoziazione, preferendo la risoluzione del legame ad una costruzione discorsiva di una relazione, attraverso il confronto e, a volte, attraverso il conflitto. In una società come la nostra – si dice – fatta di relazioni sociali deboli, una rete sociale a maglia larga, anche le relazioni familiari si sono allentate: i nodi sono più distanti e, soprattutto, legati più debolmente. Nel rapporto genitori- figli, l’orientamento puerocentrico, che ancora vedeva il genitore nel ruolo attivo e propositivo di chi aiuta, favorisce, asseconda i processi di crescita del figlio, ha conosciuto una parziale revisione. Non nel senso, ovviamente, di un arretramento dell’interesse dell’adulto nei confronti dei più piccoli, ma nella crescente incapacità, senso di inadeguatezza che i genitori sperimentano nel quotidiano e faticoso lavoro di cura ed accudimento dei figli. Delegittimato il modello impositivo, indebolito il modello maieutico, emerge un modello, uno stile relazionale che oscilla tra compiacenza e complicità, distanziamento e paure ossessive, costruzione di regole comuni e patteggiamento sulle regole. 4. Le sfide dell’incertezza Indubbiamente oggi le relazioni familiari stanno vivendo una fase di profondo cambiamento, che spesso viene letto ed interpretato come profonda crisi, anticamera di un superamento totale di questo vecchio istituto che ancora etichettiamo come famiglia. Rispetto a tale linea interprativa sono necessarie alcune puntualizzazioni, tese a mettere in evidenza quanto delle crescenti difficoltà che le Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 famiglie incontrano siano dovute a meccanismi interni e quanto, invece, dipende dalle più ampie dinamiche sociali e culturali. Le crescenti difficoltà relazionali, sintetizzabili in una più marcata fragilità delle relazioni coniugali e di coppia e in una diffusa percezione dell’elevata contingenza legata ai legami genitori figli, trovano un loro terreno di coltura in un affievolimento dell’etica della responsabilità, in una accentuazione delle spinte individualistiche e narcisiste. A tale proposito l’esplosione del “privato”, come allargamento dello spazio relazionale al cui interno il soggetto sembra agire sempre più spesso come legibus solutus, sembra offrire una significativa chiave di lettura per comprendere le radici della crisi della famiglia. Ma è necessario evitare l’errore di generalizzare comportamenti individuali indubbiamente presenti, ma per molti aspetti elitari (vale a dire tipici di alcuni gruppi) e, soprattutto, enfatizzati da chi opera delle fortissime polarizzazioni-contrapposizioni, anche per portare alla luce dinamiche reali, ma spesso ancora allo stato latente. Il fatto che ancora oggi il vivere in famiglia, ed in particolare vivere in una famiglia composta dalla coppia coniugale con figli, sia un’esperienza di vita attraverso la quale passa la maggior parte della popolazione, dimostra che il tema-problema della crisi merita ben altro approfondimento, pena il rischio di etichettare – e liquidare – come crisi quella che è una profonda morfogenesi delle relazioni familiari. Fragilità, insicurezza e incertezza connesse alle relazioni familiari acquistano un significato meno drammatico e problematico se le si connette alle più recenti dinamiche che caratterizzano la modernità riflessiva. Vale a dire un sistema simbolico e culturale al cui interno l’attore sociale si muove dovendo operare regolari e ricorrenti scelte, valutando sempre i pro ed i contro, le conseguenze potenziali delle sue opzioni, affidandosi non più al sapere tradizionale, alle pratiche routinizzate, ma al sapere “esperto”. In un contesto siffatto, l’attore sociale è chiamato ad un’azione regolare di meta-riflessione su quello che fa o non fa nelle sue relazioni affettive, nei suoi legami sociali (con l’altro sesso e con i suoi discendenti): l’attivazione, il mantenimento e la costruzione delle relazioni familiari diventano azioni “consapevoli” che richiedono un elevato impegno personale, tanto più alto quanto più le dinamiche sociali non “premiano” i comportamenti connessi al fare e diventare famiglia. La mancanza di un quadro di riferimento all’azione chiaro e condiviso (l’esistenza quindi di un contesto di insicurezza e incertezza) rende – è vero – le relazioni familiari potenzialmente fragili, ma anche profondamente elettive e selettive: figlie di un’intenzionalità che le riconferma quotidianamente. Si può affermare che sul versante interno delle relazioni familiari, insicurezza e incertezza non sono in sé elementi di debolezza, ma possono diventare punti di forza, nella misura in cui hanno liberato i legami familiari dai vincoli posti dalla routine, dalla pura dipendenza reciproca (soprattutto nel legame di coppia), dall’ossequio a norme accettate supinamente, più che condivise, ponendo la responsabilità del fare ed essere famiglia nelle “mani e nei cuori” di chi decide di correre il rischio di entrare in un legame sociale (relazione di coppia) e di intensificare il suo involucro relazionale generando figli, anche al limite dopo una prima esperienza negativa. Fragilità, insicurezza e incertezza sono, invece, punti di debolezza per la famiglia, quando da terreno di “coltura” per una meta-riflessione consapevole sul fare ed essere famiglia, diventano la cornice al cui interno si snoda la biografia di vita individuale, portando ad esasperazione la contrapposizione tra i tempi della famiglia ed i tempi di quelle biografie “fai da te” che troppo spesso possono trasformarsi in biografie del fallimento (Beck 2002; Bauman 2002a, 2002b). Da una parte abbiamo i tempi lunghi della famiglia, che richiede un impegno a lunga scadenza e tempi sempre più dilatati, dall’altra parte si attiva un diverso dinamismo nei tempi dei cicli di vita individuale. Un progetto “procreativo” (la decisione di generare un figlio) necessita di un tempo lungo: almeno la durata di una generazione, che oggi si stima nell’ordine di 30-32 anni; anche se la relazione coniugale non è più per la vita, rimane il fatto che la vita di coppia ha potenzialmente una durata di 45-50 anni. A questi allungamenti dei tempi che segnano e scandiscono la vita familiare, fa da contraltare una crescente frammentarietà, discontinuità e per molti aspetti un accorciamento dei tempi delle altre sfere di vita, in particolare di quella lavorativa. Il lavoro, condicio sine qua non – almeno per la realtà italiana - per poter accedere ai tempi della famiglia, è raggiunto sempre più tardi. E’ una condizione che, soprattutto nei primi anni, è contrassegnata da discontinuità cicliche (contratti di formazione e lavoro rinnovabili) e ricorrenti (la flessibilità/precarietà sta diventando la caratteristica di molte carriere lavorative). Oggi viene scardinato uno dei punti forti ai quali si ancorava l’identità adulta, passaporto per l’assunzione di tutti gli altri ruoli adulti. E’ un processo di scardinamento che porta insicurezza, incertezza e vulnerabilità nelle biografie di vita individuale, che induce a restringere gli orizzonti del futuro, ad appiattire la maggior parte dei tempi della scelta Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 sul presente, tutt’al più sul futuro prossimo. E’ un processo – quello dell’erosione della sicurezza del lavoro – che indebolisce una delle aree più significative per lo sviluppo della solidarietà e della coesione sociale affidata alla logica dei legami e che porta, sostanzialmente, a legittimare comportamenti aggressivi e di forte competizione con gli altri. Si diffonde inoltre “La nuova pragmatica delle relazioni interpersonali (il nuovo stile di «politica della vita» descritto con grande convinzione da A.Giddens) che, pervasa di spirito consumistico, considera l’Altro una fonte potenziale di esperienze gradevoli: per quanto possa essere efficace in altri ambiti, questa nuova pragmatica non è in grado di generare legami durevoli e certamente non i legami che si presumono durevoli e che sono trattati come tali. I legami da essa generati incorporano il principio del «fino a nuovo avviso» e del «disimpegno discrezionale» e non promettono né la concessione né l’acquisizione di diritti e obblighi” (Bauman 2002a). I legami sociali diventano quindi pastoie, impedimenti, limiti (Di Nicola 2002b) all’azione di un soggetto al quale si chiede e dal quale ci si aspetta la massima disponibilità a ricominciare da zero quando è necessario, a rimettersi in discussione, a salpare “libero” verso altri lidi. I tempi della famiglia diventano “anacronistici” per un attore sociale che deve vivere nel presente e per il presente: i legami familiari parlano e sono “parlati” con un linguaggio – quello dell’impegno, della responsabilità, dell’attaccamento, della durata – che diventa ogni giorno più incomprensibile. Ma in tale prospettiva, la capacità di riallineare i tempi di vita individuale, delle biografie della scelta e del rischio con i tempi della famiglia e dei legami sociali non può essere compito di un solitario attore sociale che riannoda trame recise spesso altrove: la politica della vita quotidiana può trasformarsi in una tattica perdente di mera sopravvivenza se a livello sociale, oltre che culturale, non si creano i presupposti per una società della cura. Bibliografia BARBAGLI M., SARACENO C. (1997) (a cura di), Lo stato delle famiglie in Italia, Il Mulino, Bologna. BARBAGLI M., SARACENO C: (1998), Separarsi in Italia, Il Mulino, Bologna. BAUMAN Z. (2002a), La società individualizzata, Il Mulino, Bologna. BAUMAN Z. (2002b), La modernità liquida, Laterza, Bari-Roma. BAUMAN Z. (2004), Amore liquido, Laterza, Bari-Roma BECK U. (2000), I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione, Il Mulino, Bologna. BECK U., BECK-GERNSHEIM E. (1996), Il normale caos dell’amore, Bollati Boringhieri, Torino. BIMBI F. (2000) (a cura di), Le madri sole, Carocci, Roma. BLANGIARDO G.C. (2001), Osserviamo i cambiamenti socio-demografici della famiglia in Italia, in ROSSI G. (a cura di), Lezioni di sociologia della famiglia, cit. CARLI L. (1995) (a cura di), Attaccamento e rapporto di coppia, Cortina, Milano. CIGOLI V., GALIMBERTI G., MOMBELLI M. (1997), Il legame disperante, Cortina, Milano. DE SANDRE P. et al. (1997), Maternità e figli tra rinvio e rinuncia, Il Mulino, Bologna. Firenze. DI NICOLA P. (1998) (a cura di), Famiglia e politiche di welfare, numero monografico di Sociologia e politiche sociali, anno 1, n.3. DI NICOLA P. (1999), La stratificazione sociale delle famiglie di fronte alle politiche sociali, in DONATI P. (a cura di), Famiglia e società del benessere, cit. DI NICOLA P. (2002a) (a cura di), Prendersi cura delle famiglie, Carocci, Roma. DI NICOLA P. (2002b), Amichevolmente parlando. La costruzione di relazioni sociali in una società di legami deboli, Angeli, Milano DONATI P. (1999) (a cura di), Famiglia e società del benessere, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo. DONATI P. (2001) (a cura di), Identità e varietà dell’essere famiglia. Il fenomeno della pluralizzazione, San Paolo, Cinisello Balsamo. DONATI P., DI NICOLA P. (2002), Lineamenti di sociologia della famiglia, NIS, Roma. Paola Di Nicola, Dipartimento di Scienze Relazione tenuta nell’ambito del Convegno dell’Educazione, Università degli Studi di Nazionale “Separazioni difficili”, ULSS20Verona Comune di Verona, 5-6 novembre 2004 GIDDENS A. (1995), La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore, erotismo nella società moderna, Il Mulino, Bologna, 1995 KAUFMANN J.C. (1996), La vita a due, Il Mulino, Bologna. ROSSI G. (1990), La famiglia multidimensionale, Vita e Pensiero, Milano. ROSSI G. (1995), Sempre più soli…Sempre più insieme. Tendenze di vita familiare, Vita e Pensiero, Milano. ROSSI G. (2001) (a cura di), Lezioni di sociologia della famiglia, Carocci, Roma. ZANATTA A.L. (1997), Le nuove famiglie, Il Mulino, Bologna.