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Una via per Dante nella Crema fascista

"Mondo Padano - Il settimanale di Cremona e del territorio", 31/12/2021, pp. 20-21

MONDO PADANO Venerdì 31 dicembre 2021 20 Società Dante Alighieri Fondata nel 1889, negli anni Trenta diventa cassa di risonanza per la propag Una via per Dante nella La richiesta del podestà di sostituire la centralissima o di Francesco Rossini p opo il Risorgimento che ‐ forte della critica romanti‐ ca e in particolare di De Sanctis ‐ aveva contribuito a fare di Dante Alighieri un mito nazionale, nonché il primo e convinto assertore di un’unità culturale se non politica della nazione italiana, anche il fascismo non mancò di arruolare il sommo poeta nelle pro‐ prie schiere quale genio italiano e im‐ periale, profeta dei destini assegnati al‐ la nazione e pertanto veicolo propa‐ gandistico ideale grazie alla sua indi‐ scussa autorità morale di padre della patria, costantemente invocata a ga‐ ranzia delle profonde radici del regime, del suo interpretare l’autentica missio‐ ne di Roma e dell’Italia sua erede. Quel‐ lo di Dante divenne un vero e proprio culto: si trattava, per il regime, di rici‐ clare una gloria nazionale, già ampia‐ mente sfruttata in chiave patriottica nei primi decenni dell’Italia unita, sot‐ traendola al grigiore delle aule univer‐ sitarie e alle diatribe accademiche per restituirla, come un nume tutelare o un santo patrono dell’Italia imperiale, alla devozione del popolo fascista. Fondamentale strumento per perse‐ guire questi obiettivi ideologici fu, tra le molte istituzioni, anche l’antica e glo‐ riosa Società Dante Alighieri, la quale poteva essere trasformata in un’utile cassa di risonanza per la celebrazione degli indirizzi e dei traguardi del regi‐ me, divenendo un buon supporto di propaganda. Fondata a Roma nel 1889 da un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci, essa si propose per scopo statutario di tutelare e diffonde‐ re in Italia e nel mondo la lingua e la cultura italiana attraverso la costitu‐ zione e il finanziamento di scuole di i‐ taliano, biblioteche e la promozione di svariate attività culturali. Fu intitolata al maggior poeta italiano per ribadire che nel suo nome si era compiuta, sei secoli prima, l’unità linguistica italiana: unità da poco raggiunta anche sul ver‐ sante politico. Nel corso del Ventennio venne via via condotta sulle posizioni politico‐culturali del fascismo, collabo‐ rando strettamente con l’Istituto Fasci‐ sta di Cultura: da sempre sostenitrice dell’espansionismo italiano – dalla guerra di Libia alla Prima guerra mon‐ diale, fino alla presa di Fiume da parte di Gabriele D’annunzio – divenne sotto Mussolini uno dei principali strumenti di diffusione della cultura italiana all’e‐ stero in quanto aspetto peculiare della politica di potenza fascista. I legami della Società con il fascismo, d’altra parte, furono favoriti dalla personale a‐ micizia che legava il duce a Paolo Bo‐ selli – presidente dell’istituto dal 1907 al 1932 e camicia nera della prima ora – il quale aggregò la Dante Alighieri al‐ lo sforzo propagandistico del regime di elevare la più piccola delle grandi po‐ tenze nell’olimpo della geopolitica mondiale. Un legame fra lo stato totali‐ tario e l’ente culturale suggellato defi‐ nitivamente nel 1931, allorché venne approvato un nuovo statuto che preve‐ deva la nomina diretta del presidente della Dante Alighieri da parte del capo del governo e dunque, in sostanza, san‐ civa il suo effettivo inquadramento nel‐ l’ambito delle organizzazioni di regi‐ me. In piena coerenza con le posizioni della dirigenza della Dante Alighieri, anche il locale direttore cremasco della Società, Giovanni Viviani, il 20 giugno 1934, a‐ vanzava epistolarmente al podestà cit‐ tadino Antonio Premoli una richiesta volta a conferire il giusto prestigio to‐ ponomastico al “ghibellin fuggiasco” fra le mura della città: lo studio del loro inedito carteggio conservato presso l’Archivio del Comune di Crema con‐ sente di lumeggiare le sorti della me‐ moria del sommo poeta nella cittadina padana. Nonostante le rinnovate rela‐ zioni tra il fascismo e la Chiesa di Roma D dopo i Patti Lateranensi del 1929, se‐ gnalava Viviani, “Crema ha ancora una via, e una delle principali della città, che porta la dicitura di Via XX settem‐ bre”, la quale ai suoi occhi rappresenta‐ va una “dicitura che un tempo fu e‐ spressione di settarismo massonico e anti‐cattolico, mezzo verbale di divisio‐ ne degli animi e delle coscienze italia‐ ne”. Fatto aggravato dalla pesante as‐ senza, per converso, di “una via – con‐ tinuava il mittente – che ricordi agli i‐ taliani di Crema un nome sacro al culto della italianità e degli ideali più nobili della morale e civile bellezza, e della più elevata e perfetta poesia: il nome di Dante Alighieri”. Di qui la conseguente proposta avanzata dal presidente della Società “di cancellare il nome di Via XX settembre, che dopo i patti del Latera‐ no è una aperta antitesi anacronistica, e sostituirvi il nome di Dante Alighieri: il grande innanzi al quale tutto il mon‐ do si inchina ammirando e imperitura gloria italiana”. Il presidente andava a toccare, nelle ri‐ ghe della sua missiva, un nervo scoper‐ to: quello della festività del 20 settem‐ bre e della sua centralità odonimica. La diffusione del cronodonimo XX settem‐ bre conobbe il suo momento di massi‐ ma fortuna in tutta la penisola a cava‐ liere tra Ottocento e Novecento, accom‐ pagnando l’ascesa della sinistra storica crispina pervasa da sentimenti nazio‐ nalistici e da un pugnace anticlericali‐ smo. Oggi la memoria della data della breccia di Porta Pia è presente in quasi tutti i capoluoghi di regione e nelle maggiori città italiane, con strade poste lungo traiettorie strategiche dal punto di vista simbolico, frutto della volontà di collocare nel centro delle città un monumento rivoluzionario che è tale non soltanto per ciò che esso rappre‐ senta, ma anche per il luogo dove esso lo rappresenta, insomma per la sua in‐ serzione in una pedagogia dello scena‐ rio urbano o della solennità. In questo senso, il caso specifico di Crema – ove la via venne inaugurata il 24 aprile del 1887 – si dimostra esemplare, con la strada intitolata al giorno della presa di Roma che si diparte direttamente dalla piazza del Duomo, centro religioso del‐ la città: una chiara scelta dell’ammini‐ strazione municipale di sottolineare la concorrenza dell’identità laica rispetto a quella cattolica. A seguito della firma dei Patti Lateranensi la questione della diffusa presenza odonomastica della memoria di una data invisa alla Chiesa arrivò financo ad agitare i rapporti di‐ plomatici allacciati tra Italia e Santa Se‐ de a seguito della firma del Concordato. Dopo aver ottenuto nel 1930 la sop‐ pressione della festa nazionale del 20 settembre, il nunzio apostolico in Italia Intellettuali in missione Fondata a Roma nel 1889 da un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci, la Società Dante Alighieri si propose di tutelare e diffondere in Italia e nel mondo la lingua e la cultura italiana La proposta cremasca Giovanni Viviani, presidente cremasco della Società, propose al podestà di intitolare la via al Sommo poeta, “innanzi al quale tutto il mondo si inchina ammirando e imperitura gloria italiana” Il progetto di Premoli Il podestà delinea un organico progetto volto a eliminare la divisiva denominazione di Via XX settembre e ad attribuire il giusto risalto alle figure dell’Alighieri e di Giovanni Rampazzini, celebre violinista cremasco. La proposta non sarà accettata, ma via Garibaldi diventerà via Dante Francesco Borgongini Duca, dietro in‐ dicazione dello stesso pontefice Pio XI, chiese espressamente a Mussolini la cancellazione dagli stradari patri di quel controverso cronodonimo. Il ri‐ schio di sollevare a Roma e in ogni pae‐ se d’Italia un contenzioso dalle conse‐ guenze imprevedibili, tuttavia, rese fer‐ mo il capo del governo che rifiutò di as‐ secondare la richiesta del Vaticano: se dunque sul calendario aveva vinto la Chiesa cattolica, sulla toponomastica il potere politico, invece, affermò con de‐ cisione le proprie prerogative. Tornando alla corrispondenza crema‐ sca, il podestà, scusandosi per il ritardo dovuto alla complessità burocratica della questione, il 7 di luglio risponde‐ va a Viviani dichiarando di aver “preso a cuore la pratica” e promettendo che sarebbe stata “portata a compimento nel minor tempo possibile”. E di con‐ serva esponeva all’interlocutore un più complesso e organico progetto di rias‐ setto toponomastico volto a eliminare la divisiva denominazione di Via XX settembre e ad attribuire il giusto risal‐ to alle figure dell’Alighieri e di Giovanni Rampazzini (1835‐1902), celebre vio‐ linista cremasco il quale, oltre ad esse‐ re stato esecutore pregiato, aveva rap‐ presentato per quasi mezzo secolo il punto di riferimento della scuola violi‐ nistica del Conservatorio di Milano. Le promesse del conte erano veritiere: già nelle successive settimane egli, in‐ fatti, si mobilitò per sottoporre la que‐ stione agli uffici preposti alle belle arti e alla conservazione dei monumenti che avevano primariamente voce in ca‐ pitolo in merito al cambiamento dei nomi delle strade. La prima mossa fu quella di contattare il direttore del Mu‐ seo Civico di Cremona don Illemo Ca‐ melli (1876‐1939) tramite una missiva datata 19 luglio 1934: “Il presidente del locale comitato della Dante Alighie‐ ri chiede che il nome di Via XX settem‐ bre di questa città sia mutato con quel‐ lo di Dante Alighieri. Questa ammini‐ strazione comunale a sua volta avrebbe intendimento di dare all’attuale Via Vittorio Veneto, in frazione San Bernar‐ dino, il nome di Via Rampazzini (cele‐ bre musico‐violinista cremasco); all’at‐ tuale Via XX settembre dare il nome di Via Vittorio Veneto; all’attuale Via Ga‐ ribaldi dare il nome di Via Dante Ali‐ ghieri, per la considerazione che oltre Via Garibaldi già esiste una Piazza Ga‐ ribaldi”. La risposta di Camelli giunse solo alla fine dell’estate: “Partito dalla città per ragioni di salute a metà di luglio – si giustificava il sacerdote scrivendo il 18 settembre – e tornando in questo mese, trovo giacente la sua richiesta in data 19 luglio”. Quindi si dimostrava ottimi‐ sta circa la possibilità di ridenomina‐ zione delle strade (“Credo che non ci sia nessuna difficoltà in proposito”) ma al contempo segnalava a Premoli che, “per ragioni di competenza”, la questio‐ ne doveva essere sottoposta non già a lui bensì alla Regia Soprintendenza all’Arte Medioevale e Moderna delle Province Lombarde con sede a Milano. Fiducioso della buona riuscita dell’ope‐ razione, comunque, il podestà decideva di emettere – in maniera un poco pre‐ cipitosa ‐ un’ufficiale delibera al riguar‐ do all’altezza dell’8 ottobre 1934, tra‐ mite la quale si traduceva in atto il di‐ segno già esposto al direttore Camelli: “Premesso: che attualmente la piazza presso Porta Serio è intitolata al nome di Giuseppe Garibaldi, che le è partico‐ larmente appropriato perché sovra es‐ sa sorge il monumento dell’eroe dei mille di Marsala e Calatafimi; che la via la quale conduce da Piazza Garibaldi a Via Vittorio Emanuele, incrociandosi con quest’ultima nei pressi dell’ospe‐ dale civile, è pure intitolata al nome di Garibaldi; che nessuna via è intitolata al nome di Dante Alighieri, il padre del‐ la lingua italiana, il poeta glorioso in tutto il mondo; che da più parti si invo‐ ca il nome del celebre musicista Gio‐ vanni Rampazzini, vanto di questa cit‐ Venerdì 31 dicembre 2021 MONDO PADANO paginone ganda di regime, celebrando il sommo poeta come “pater patriae” Crema fascista “XX settembre” sarà bocciata ta; che il desiderio di intitolare due vie cittadine ai nomi di Dante Alighieri e a quello del grande musicista concittadi‐ no può essere soddisfatto opportuna‐ mente col togliere l’attuale denomina‐ zione alla Via Garibaldi, rimaneggiando poscia i nomi delle vie attualmente in‐ titolate Via XX settembre – Via Vittorio Veneto, cogliendo anche l’occasione per dedicare il nome di Via Vittorio Ve‐ neto a una più centrale che non quella di San Bernardino, ad esso finora inti‐ tolata; Delibera: di intitolare l’attuale Via Garibaldi col nome di Via Dante A‐ lighieri; di intitolare l’attuale Via XX settembre col nome di Via Vittorio Ve‐ neto; di intitolare l’attuale Via Vittorio Veneto in San Bernardino con nome di Giovanni Rampazzini”. Intempestiva la decisione del podestà, dacché ancora non era pervenuto il pa‐ rere della Soprintendenza di Milano, alla quale, di fatto, spettava l’ultima pa‐ rola intorno alla decisione da prendere. La direzione del Reparto Monumenti si sarebbe espressa definitivamente il 20 di quello stesso mese tramite una mis‐ siva firmata dal direttore Ettore Modi‐ gliani costringendo l’ingegner Premoli a una parziale revisione del suo proget‐ to urbanistico. Il soprintendete all’Arte Medioevale e Moderna segnalava infat‐ ti che la denominazione di Via XX set‐ tembre “è compresa tra quelle che il Ministero della Educazione Nazionale intende siano conservate, e questo uf‐ ficio – concludeva – non potrebbe, per tale ragione, non esprimere parere contrario”. Si trattava dunque di corre‐ re ai ripari assicurando alla Soprinten‐ denza – tramite una responsiva spedita cinque giorni più tardi – che l’ammini‐ strazione comunale, “rivedendo la pro‐ pria precedente delibera, ha deciso di non dar corso al mutamento della Via XX settembre” e promettendo di con‐ serva l’emanazione di una “nuova deli‐ bera” intorno alla quale egli auspicava “un nuovo parere” dall’alto “che confi‐ do – ammetteva in conclusione – possa essere favorevole”. L’azione fu tempe‐ stiva: già il 22 ottobre veniva emanata una nuova delibera in sostituzione del‐ la precedente, in cui, tolto ogni riferi‐ mento a Via XX settembre, si ridimen‐ sionava l’originale riassetto odonoma‐ stico considerando valido “unicamente il primo capoverso del dispositivo” del‐ la pregressa deliberazione, “e cioè di intitolare l’attuale Via Garibaldi col no‐ me di Via Dante Alighieri, ferme restan‐ do le denominazioni attuali delle altre vie”. Nel frattempo, il podestà non trascura‐ va di tenere informato il dottor Viviani, primo motore della pratica di rideno‐ minazione. Già il 25 ottobre – lo stesso giorno in cui scriveva in risposta al Re‐ parto Monumenti delle Province Lom‐ barde – così riassumeva i passaggi bu‐ rocratici compiuti al presidente del co‐ mitato cremasco della Dante Alighieri: “Informo che quest’amministrazione comunale – rivedendo la propria pre‐ cedente delibera – ha deciso di non dar corso al mutamento della Via XX set‐ tembre, mantenendo ferma la delibera‐ zione medesima solo nel punto in cui si dà il nome di Dante Alighieri all’attuale Via Garibaldi”. In conclusione, scriveva il podestà, rimarcando l’impegno da lui profuso nella faccenda e il proprio di‐ spiacere per la comune aspirazione realizzatasi soltanto parzialmente: “Confido che la notizia torni gradita al‐ la Signoria Vostra, sebbene non sia sta‐ to possibile, per la opposizione della Sovrintendenza di Milano, dare il nome di Dante Alighieri alla Via XX settem‐ bre, come sarebbe stato desiderio di poter fare”. Ad ogni buon conto – nonostante le dif‐ ficoltà burocratiche e le sotterranee di‐ visioni fra un certo fascismo in doppio petto, più moderato e fedele alle istan‐ ze espresse nei Patti Lateranensi, non‐ ché più disposto ad accogliere il nuovo mito dell’Italia cattolica; e un’altra ala del partito in camicia nera più refratta‐ ria alle concessioni in tal senso e più in‐ cline a un’interpretazione del fascismo quale continuazione e compimento del Risorgimento – anche Crema, come molte altre città italiane, poteva infine a suo modo omaggiare la figura del sommo poeta, in linea – come s’è visto – con una più vasta campagna propa‐ gandistica nazionale volta ad assoldare il padre della lingua italiana sotto le in‐ segne del regime, proponendolo come modello alle giovani generazioni. 21 Francesco Rossini (Bergamo, 1991) è dottore di ricerca in Italianistica e svolge la sua attività scientifica e didattica presso l’Università Cattolica di Milano e l’Università di Bergamo. Insegna inoltre italiano e latino nei licei. Ha condotto studi sulla tradizione letteraria italiana lungo un arco di tempo che si estende dal Cinque all’Ottocento. In ambito rinascimentale e barocco ha all’attivo contributi su Michelangelo Torcigliani, sulla poesia di Tasso, Marino e Achillini, l’Accademia degli Alterati di Firenze, la scrittura nel Milanesado spagnolo, sugli epistolari di Sertorio Quattromani, Angelo Grillo e Gasparo Murtola, nonché sulla figura di Giovan Battista Strozzi il Giovane (cui ha dedicato una monografia di imminente uscita). Sul versante settecentesco ha approfondito la produzione poetica dell’Accademia dei Sospinti e dell’arcade Cesare Francesco Tintori; mentre entro i confini del secolo XIX ha appuntato l’attenzione sul poeta Giuseppe Giusti e sui romanzi di Giovanni Rosini. Recentemente i suoi interessi si sono allargati anche alla storia della critica letteraria italiana, con pagine sulla ricezione del Barocco nel Novecento. È membro del Consiglio Direttivo della Società Storica Cremasca e, con Marco Nava e Nicolò Premi, ha approntato l’edizione critica in due volumi dell’inedito Diario di Bernardo Nicola Zucchi. Società Storica Cremasca Nata nel 2010 per volontà di alcuni giovani studiosi di Crema o legati alla città, la Società Storica Cremasca si pone lo scopo di promuovere gli studi storici, storicoartistici, archeologici, letterari, musicologici e di ogni altra disciplina che indaghi il passato di Crema e territori limitrofi. Come suggerisce il nome, l’associazione riprende la tradizione delle Deputazioni di Storia Patria, sorte soprattutto all’indomani dell’Unità d’Italia per studiare la memoria del passato al fine di preservare la dignità degli antichi municipi e contadi nel più ampio contesto della nuova identità nazionale. Oggi le società storiche fungono da centro propulsore e di coordinamento per gli studi. Lo stesso vale per la Cremasca, composta da studiosi e ricercatori con una solida formazione in storia o storia dell’arte, decisi a mettere in gioco le proprie professionalità per contribuire al progresso della ricerca. La Società Storica Cremasca vuole quindi inserirsi nel dibattito culturale non solo cremasco con professionalità, rigore e con una grande attenzione alla divulgazione e alla condivisione della conoscenza.