Scena 1
Esterno giorno – aperta campagna
Cimadolmo 2 febbraio 1919
Casa Favero
Albeggia. Aperta campagna, una casa isolata, coi campi attorno, un uomo abbronzato dal sole e con
la pelle rugosa, brizzolato, che attinge acqua dal pozzo. Vestiti stracciati, contadini, mani piagate,
rovescia l’acqua in un secchio e lo porta in casa.
La casa ha un’unica stanza, un grande salone con in fondo la paglia per le bestie, presenti un bue e
una mucca. Poca luce.
A destra un capannello di persone, due bambinetti smunti vestiti con divise militari logore, strappate
ai cadaveri della guerra del ’15-’18, un maschio e una femmina, una donna sfinita, dai lunghi
capelli neri, sdraiata per terra e un’altra davanti. La donna anziana, avvizzita e dal naso lungo, è una
levatrice.
LEVATRICE
Spingi Maria, spingi…
MARIA
(sforzi…)
PIETRO (marito)
Dai Maria, dai ancora un po’…
Pianti… il bambino è nato
LEVATRICE
L’è un maschio!
1
Risate di gioia, Pietro si alza dal giaciglio e apre la porta di casa, dove si è radunata la gente della
borgata appena saputa la notizia, una ventina di persone, mal vestite, con stracci e abiti consunti.
PIETRO
L’è un maschio!
Urla di gioia e “Bravo Piero!” si alzano dalla folla. Pietro dà la mano e abbraccia tutti, bacia i bimbi
e le donne e cerca qualcuno che non c’è.
PIETRO
Toni dove l’è me compare?
TONI
L’ha trovato una bella bomba grossa da smontare per rivendere al ferraio!
PIETRO
Dove te l’hai visto?
TONI
Dai campi del Mastego!
PIETRO
Vado portare la notizia!
Interno della baracca, il bambino Giovanni viene pulito e avvolto in fasce. I fratellini, Giuseppe di 7
anni e Ossevia di 5 stanno ungendo una corda e sistemando la culla. Giovannino viene messo nella
culla dalla levatrice, che poi lega all’arco la corda:
LEVATRICE
Dai bambini, tirate su, fino alle capriate, che le pulci e i pidocchi non lo devono mordere!
Stacco sui bambini che tirano su il bambino.
Esterno scena – verso i campi del Mastego.
2
Si vedono i resti della Grande Guerra; Pietro passa attraverso case distrutte e uomini consunti che
divelgono rotaie e distruggono le trincee per procurarsi il ferro.
Mario, un uomo grande e magro, dalle mani callose, compare di Pietro sta cercando di smontare una
bomba trovata sotto terra per rivendere il ferro. Pietro lo vede in lontananza, cerca di attirare la sua
attenzione:
PIETRO
Mario, oh Mario! L’è nato, l’è nato…
Stacco su Mario, concentrato sulla bomba. Tocca qualcosa di sbagliato, la bomba esplode. Mario è
fatto a pezzi dall’esplosione, Pietro scaraventato indietro. Il giorno di festa diventa giorno di
disperazione.
PIETRO
Mario… Mario! (imprecazioni, pianto)
Sul luogo della tragedia un grande buco.
In sfumando, salto temporale.
3
Scena 2 – esterno casa Favero
La storia avanza al 1925, settembre. Mattina presto
Pietro e Giovanni nei campi, raccogliendo erba. Pietro, biondo con gli occhi azzurri, con la falce,
Giovanni, occhi e capelli castani, strappando con le mani. Giovanni ha 6 anni, piedi scalzi,
pantaloni corti sopra le ginocchia sporche di terra. È un bambinetto vispo e magro.
La madre Maria esce di casa arrabbiata:
MARIA
Giovannino! Te fa tardi per el primo giorno de scuola! Sbrigate!
GIOVANNI
Arrivo mamma!
Giovannino entra in casa, prende un pezzo di legno quadrato e ci mette sopra un libro e un quaderno
con il pennino infilato dentro. Sopra a queste cose un altro pezzo di legno e poi lega il tutto con una
cinghia, per farci la cartella. Tutto sporco, con le braghe corte e i pezzi di copertone delle biciclette
per scarpe, si avvia correndo a scuola.
Giovanni arriva a scuola in paese dopo tanta corsa assieme ai fratelli più grandi. La scuola in paese
è piccola e fredda.
Entra in classe la maestra, una donna grassa, coi capelli nascosti da una cuffia e un bacchetto in
mano, ha un piglio severo.
MAESTRA
Io sono la vostra maestra, la signorina Catina!
ALUNNI
(Ridono per il nome così strano)
MAESTRA
BASTA! In punizione, subito! Tu, tu e tu, fuori le mani!
4
Tre bambini devono mettere le mani sul tavolo e la maestra le batte con la stecca quadrata, che ha in
mano. Batte molto forte, le mani dei bambini diventano tutte rosse.
MAESTRA
Cominciamo!
La mattina passa lenta, la maestra spiega ai bambini cose che Giovanni nemmeno capisce. Ad un
tratto, qualcosa rompe la monotonia della lezione. Mentre la maestra spiega, un uccellino si
appoggia sul davanzale della finestra. Tutti i bambini si alzano per andare a vederlo e la maestra li
richiama con forza:
MAESTRA
Fermi! Tornate al posto! (pausa in cui guarda storto i bambini) ben… così vi piacciono gli
uccellini… allora, chi mi sa dire che tipo di uccello era? Giovanni lo sai tu?
GIOVANNI
Bon da pignatta!
Tutta la classe ride, la maestra si arrabbia moltissimo.
MAESTRA
Giovanni vieni subito fuori! Metti qua le mani!
Giovanni si alza e va dalla maestra e mette le mani sul tavolo con un sorrisetto. La maestra capisce
e si mette di lato a lui. Come abbassa la stecca per darla sulle mani, Giovanni le tira indietro e la
maestra con l’altra mano gli dà uno schiaffo dietro la testa.
Si sente bussare alla porta, entra un uomo alto, coi baffi, vestito tutto di nero.
UOMO
Porto il saluto del Duce a tutti i nuovi soldati, che oggi cominciano la scuola che ne farà dei
bravi fascisti e dei soldati onorevoli per la guerra! I soldati che hanno combattuto sul Piave
morendo per la vittoria della Patria fascista, vi salutano oggi che prendete il loro posto nelle
future lotte per la gloria d’Italia!
5
L’uomo saluta tendendo il braccio destro in alto in avanti, ma poi rimane interdetto vedendo che i
bambini non ricambiano. I bambini si guardano con occhi stralunati, alzando le spalle, chi fa le
mani a cucchiaio, scappa qualche “boh!”
UOMO
La sua classe signorina, manca di disciplina!
Sbatte i tacchi e se ne va. La maestra si spaventa e si appoggia alla cattedra come avesse un
mancamento. I bambini ancora stupiti si guardano l’un l’altro, poi Giovannino chiede:
GIOVANNINO
Maestra chi era quel signore?
La maestra sospira, poi aggrotta la fronte rabbiosa e urla
MAESTRA
Come chi è? Quel signore è il comandante dei fascisti qua in paese e voi quando lo vedete lo
dovete salutare! Lo dovete rispettare! È lui che comanda… (indica dietro di lei il ritratto di
Mussolini appeso sulla parete) lui e il Re! Ripetete con me (recita il giuramento per la
scuola):
Io sono un fascista!
TUTTI
Io sono un fascista
MAESTRA
Io sono una fascista
TUTTI
Io sono una fascista
MAESTRA
A noi!
6
TUTTI
A noi!
Primo pomeriggio.
Giovannino torna a casa, assieme agli altri fratelli. La madre raduna tutti attorno al desinare,
minestra di fagioli e polenta e un bicchiere di latte. Nel frattempo la prole è cresciuta, a Giuseppe
che ha 13 anni, Ossevia che ne ha 11 e Giovanni di 6, si sono aggiunti Marina di 3 e Luigi di 2. La
tavola è un tavolaccio sporco vicino al focolare, le posate non ci sono per i bambini che mangiano
con le mani, mamma e papà hanno un cucchiaio con il buco in mezzo, da cui scende la minestra che
torna nel piatto.
MARIA
Com’è andata a scuola Giovannino? Il primo giorno cosa avete imparato?
GIOVANNI
Non mi piace la scuola, la maestra mi sbacchetta sempre!
PIETRO
Se lo fa è perché ti comporti male. Cos’hai fatto?
GIOVANNI
Dice che non ho fatto rispetto a un fascista…
Tutti smettono di mangiare e si guardano preoccupati. Il padre rimette in tavola il cucchiaio e si alza
ed esce, Maria si fa due volte il segno della croce. Giovanni non capisce, i fratelli lo sgridano:
GIUSEPPE (Fratello)
Ma sei stupido? Adesso portano via papà!
GIOVANNI
Perché portano via papà, chi lo porta via?
OSSEVIA (Sorella)
7
I fascisti lo portano via, perché hanno fatto così anche al papà del Periot che ha detto che lui
non era fascista e allora lo hanno portato via!
GIUSEPPE
Se portano via papà tu le prendi!
MARIA
Zitti, zitti, non portano via papà! Non lo portano via! (esce a cercare il marito)
Pietro è nei campi, è tornato a vendemmiare senza mangiare. Maria gli corre incontro e lo abbraccia
fra le lacrime.
PIETRO
Verranno domani, verranno di sicuro…
MARIA
Ma non si può fare niente?
PIETRO
No, non si può fare niente. Dovremmo comprare la divisa fascista, ma non abbiamo soldi.
MARIA
Una volta potrei fare quello che fa la moglie del lattaio. So che guadagna bene coi fascisti di
città che sono di passaggio
PIETRO
Non dirlo neppure a scherzare! Tireremo ancora la cinghia e poi quest’anno le cose sono
andate bene
MARIA
Pietro, abbiamo cinque figli, più un altro che arriva… come facciamo? Se almeno tu avessi
accettato l’offerta del Mangano!
8
PIETRO
Meglio così che mezzadri di quel delinquente! Non era nessuno, si è buttato coi fascisti e ora
è capo di tutto il paese! Sai bastonate che ha dato in giro per prendersi le terre dei contadini?
E adesso quel disgraziato di tuo figlio gli ha pure mancato di rispetto… vedrai se domani
non trova l’occasione per venir di qua…
MARIA
E allora cosa vuoi fare?
PIETRO
Non gli do la terra di mio padre. Lavora Maria, lavora e tasi.
MARIA
Piero…
PIETRO
Adesso che hai?
MARIA
El Mangano l’è qua…
In cima all’argine, il Mangano, l’uomo alto e coi baffi che era venuto a scuola, guarda la casa dei
Favaro assieme a un gruppo di cinque-sei uomini, tutti vestiti come lui. Hanno un carro trainato da
un bue appresso, vuoto. Cominciano a scendere l’argine andando verso la casa dei Favaro. Maria e
Pietro vanno loro incontro.
PIETRO
Signor Podestà, che piacere vederla… (si avvicina tendendo la mano destra, ma il mangano
gli rifila uno schiaffo che lo fa andare a terra)
MANGANO
Devi insegnare a tuo figlio a obbedire! Controllate il solaio e in casa!
9
MARIA
No! No! (urla, temendo per Giovanni, ma un fascista la trattiene con forza)
Due uomini prendono una scala di ferro, uno dei due si arrampica in solaio e sparisce dentro, torna
fuori e si rivolge al Mangano:
FASCISTA 1
Signore qua ci saranno almeno tre quintali!
MANGANO
Bene. Allora voi siete in cinque e secondo le nostre tabelle per mangiare vi bastano due
quintali, quindi il resto lo prendiamo noi per l’ammasso. Tu, quante bestie?
FASCISTA DUE
Un bue, una mucca, otto polli.
MANGANO
Otto polli? Ce ne sono almeno tre in più! Prendine tre, scegli le più grosse…
PIETRO
Ma signor Podestà, noi siamo in sette, non in cinque e tra poco otto perché ne nascerà un
altro, la prego, come faremo?
MANGANO
Te l’ho detto come, Favaro! Voglio la tua terra, ma non ti mando via, ti offro di rimanere
mio mezzadro!
PIETRO
Non darò mai via la terra di mio padre!
MANGANO
Allora arrangiati!
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PIETRO
Ascolta! Abbiamo fatto la guerra assieme, ci conosciamo da una vita, perché? Basta la
divisa a renderti diverso?
Mangano guarda con disprezzo Pietro, ma non lo degna di risposta, si avvicina alla casa e poi dà gli
ordini ai suoi
MANGANO
Portate via un quintale di mais e due polli. Per l’uva torneremo tra una settimana.
MARIA
No, maledetti (si divincola e si aggrappa alle gambe dell’uomo che sta portando via le
galline, ma quello se ne libera con uno spintone. I figli, corsi fuori a causa delle grida,
vedono la scena)
FASCISTA 2
E sta zitta!
Giuseppe, tredici anni, aggredisce l’uomo che ha scaraventato la madre, che però lo prende per la
collottola e lo schiaffeggia, per poi buttarlo a terra con un calcio nel sedere
PIETRO
Vigliacco! (sta per lanciarsi sul fascista ma prende un colpo alla schiena, cade a terra)
MANGANO
Questo è un fucile 1891… sai che tiro bene e da qua non sbaglio.
Alla vista del marito a terra con il fucile puntato alla schiena, Maria si ferma, raduna i figli e li porta
tutti in casa, anche Giuseppe, che sanguina dal naso. Terminato il carico, i fascisti se ne vanno e
Pietro è ancora a terra, nella polvere. Si rialza a fatica ed entra in casa. Tutti lo guardano in silenzio,
mentre si lava il viso.
GIOVANNI
Mamma… chi erano quelle persone?
11
La madre è in lacrime, allora il padre urla furibondo:
PIETRO
Quelli sono i fascisti Giovanni! Quelli! Vanno per le case della gente a portar via quello che
si produce in più, se sei contro di loro o gli manchi di rispetto ti picchiano e alcune volte
uccidono anche o bruciano la casa, come hanno fatto agli operai della Murata. Le hanno date
anche al prete perché non era per Mussolini. Comandano loro figlio mio! Comandano loro…
e tu non devi mai più fare quello che hai fatto stamattina!
Promettimelo!
Giovanni annuisce tra le lacrime, mentre il padre lo stringe forte alle spalle
GIOVANNI
Te lo prometto… papà…
Cesura e altro salto temporale
12
SCENA 3
Interno scuola del paese, mattina.
1929
È l’ultimo giorno di scuola. La classe di Giovanni è radunata nel salone con la maestra e il capo
fascista del paese. Ragazzi e ragazze in divisa fascista; c’è la consegna delle pagelle ai ragazzi.
Prima la ricevono le ragazze, vestite con la camicetta bianca, pantaloncini neri e cravatta nera; poi i
ragazzi, in camicia nera, che ricevendo la pagella ricevono anche un fucile e l’invito a presentarsi al
sabato pomeriggio nella piazza del comune per il sabato fascista.
Terminata la consegna delle pagelle, il capo dei fascisti ordina:
MANGANO
Attenzione! Uomini a-tenti! Compagnia lato dest! In marcia!
A passo romano i ragazzi escono da scuola e, marciando, si avviano all’orizzonte.
Giovanni torna a casa stanco, alla sera. Apre la porta di casa e vede la madre, con il volto tirato,
vicino alla candela intenta al rammendo:
GIOVANNI
Cosa fai mamma?
MARIA
Sto cucendo il tuo fez caro. Lo devi mettere, lo sai
GIOVANNI
Io non voglio vestirmi come loro mamma. Io non sono fascista.
MARIA
Tu devi fare tutto quello che ti comandano. Ricordatelo! Tu devi fare tutto quello che ti
comandano!
13
È sabato. Mentre Giovanni va al sabato fascista, il padre Pietro e il figlio più grande Giuseppe, si
dirigono al mercato, per vendere il raccolto dei bachi da seta.
PIETRO
Maria! Maria! E su sbrigate! Noi andiamo Maria!
MARIA
Vengo, vengo, un attimo!
GIUSEPPE
E tu, vedi di fare il bravo coi fascisti, che non vogliamo altre rogne per colpa tua!
GIOVANNI
Pepin ma io non la voglio mettere la divisa dei fascisti e neanche il cappello!
GIUSEPPE
Si dice fez! E te lo devi mettere (gli infila a forza il fez sulla testa) che la mamma l’ha cucito
tutta la notte per fartelo. E vedi anche di non perderlo quando vai a marciare, che a
comprarlo costa 5£.
GIOVANNI
Ma stasera tornate a casa coi soldi… papà l’anno scorso con tre once di cavalieri (bachi da
seta) ha fatto 35£
GIUSEPPE
E quest’anno ne faremo 60 lire, che di once ne abbiamo raccolte 8! Dai muoviti, vatti a
mettere le scarpe!
I Favaro si avviano con il carrettino trainato a mano verso il paese.
PIETRO
(rivolto a Giovanni) Te togliti le scarpe! Tienile per la corsa che camminando le rovini!
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GIUSEPPE
Dalle a me!
Giovanni si toglie le scarpe e le da al fratello, che fa un nodo ai lacci e se le getta in spalla
GIUSEPPE
Te le do quando che arriviamo in paese!
I tre arrivano in paese e si separano. Giovanni corre verso il campo sportivo perché già battono le
due:
MANGANO
In ritardo Favaro! 20 flessioni di punizione, subito! A-tenti!
(mentre Giovanni esegue l’ordine, Mangano si piazza davanti a lui)
Io so di che famiglia siete fatti voi Favaro! Contadinacci della peggior specie! Ricordati il
motto del Duce. Urla!
GIOVANNI (mentre continua coi piegamenti)
Credere obbedire combattere!
MANGANO
Più forte!
GIOVANNI
Credere obbedire combattere!
MANGANO
Più forte!
GIOVANNI
Credere obbedire combattere!
15
La scena si sposta al mercato, dove il padre e gli altri produttori stanno aspettando i mediatori per
piazzare le gallette dei bachi da seta.
Pietro è il primo a essere ricevuto.
MEDIATORE
Te quanto hai?
PIETRO
El guardi, quest’anno ben 7 once, le valgono almeno 60 lire! Guardi che bele, el vardi!
MEDIATORE
(prende le gallette e le pesa. Scrive la cifra e consegna un sacchettino a Pietro) prossimo!
PIETRO
(Molto perplesso, apre il sacchettino e tira fuori tre lire. Scosta gli altri in coda e torna dal
mediatore – urla minaccioso) Cossa lù vuol dire che per 7 once te me dai 3 lire?
La piazza si blocca. Tutti quelli che hanno ritirato il sacchetto lo aprono e scoprono l’amara
sorpresa. Si alza un mormorio e le facce degli uomini diventano minacciose:
MEDIATORE
Calma lor signori, calma. C’è stata un crisi della borsa e i prezzi sono aumentati, così il
nostro Duce, che Dio l’abbia in gloria! Ha fatto la quota 90, che vuol dire che ha svalutato la
lira per essere più competitiva con la sterlina, capito? Nulla di grave…
UOMO
A parché l’è cussì pochi i schei?
FOLLA
(grida) Vogliamo i soldi? Dove sono i nostri soldi?
MEDIATORE
(rivolto al collega) qua si mette male… chiudiamo! (espongono sul tavolo il cartello “Chiuse
le trattazioni” e scoppia la protesta)
16
FOLLA
Abbasso Mussolini! Vogliamo i nostri soldi! (i mediatori vengono aggrediti, le gallette e le
bilance rovesciate per terra, viene aperta la cassaforte e i contadini cominciano a prendersi i
soldi)
Viene dato l’allarme e arrivano le camice nere, che coi manganelli cominciano a picchiare i
contadini, fra cui anche Pietro e Giuseppe. Alcuni riescono a scappare, Pietro, Giuseppe e altri dieci
uomini sono imprigionati e portati in carcere.
La sera, Giuseppe e Pietro non sono ancora tornati, qualcuno bussa alla porta dei Favaro. È don
Gino, il parroco del paese, un uomo di mezza età tarchiato e con gli occhiali.
MARIA
Don Gino! Che è successo?
DON GINO
Maria, te devo dare una brutta notizia. Tuo marito e tuo figlio sono in prigione!
MARIA
No (lacrime, pianti) no (Giovanni si sveglia e si avvicina per sentire)
DON GINO
C’è stato un tumulto alla paga delle gallette. Alcuni contadini hanno aggredito i funzionari.
Non c’è più nulla da fare per loro. Saranno tutti condannati, faranno il processo già la
settimana prossima!
MARIA
Che si può fare don Gino? Che si può fare?
DON GINO
Scriverò al Mangano che abbia clemenza di voi!
MARIA
Scrivere al Mangano? Quello è da anni che spera di prenderci tutto!
17
DON GINO
Allora non resta che accettare e chiedergli di fare i mezzadri per lui. Suvvia Maria, vostro
marito è perduto, ma pensate a Giuseppe! Lui potrebbe ancora tornare a casa, è minorenne, il
Mangano avrà clemenza! E vi concederà di restare a casa, di lavorare per lui.
MARIA
Dove finirà Pietro?
DON GINO
Sarà processato per sovversivismo e finirà a Gaeta, o forse al confino
MARIA
E che ne sarà di noi? Don Gino, don Gino come farò? Come farò? Ho altri sette figli da
sfamare… me ne sono appena nati tre, oh don Gino….
DON GINO
Pregate Maria. Pregate la sua clemenza!
MARIA
Che Dio ci protegga!
Il giorno dopo, Maria si reca nella casa del Mangano con don Gino.
MAGGIORDOMO
(apre la porta) Prego, vi conduco di sopra!
Salgono le scale di una casa sfarzosa, piena di mobili antichi e intarsiati, ritratti del duce e dello
stesso Mangano. Sono nell’anticamera dell’ufficio del Mangano, una stanza con un gran tavolo al
centro e una sedia antica dietro.
MAGGIORDOMO
Sua Eccellenza, la signora Favaro è qui!
18
MARIA
I miei rispetti (inginocchiandosi fino ai piedi del gerarca)
MANGANO
Tuo marito è stato mandato a Gaeta. Farà dieci anni di carcere, così impara che coi fascisti
non si scherza. Tuo figlio è a Treviso. Darò ordine di rilascio se firmerai questo contratto
con cui cedi a me la proprietà della casa, del terreno e degli animali. Ma sarò clemente…
potrei darvi lo sfratto, invece vi terrò miei mezzadri fino a che ve ne starete al posto che vi
spetta.
MARIA
(Distrutta in volto, prende la penna e pone una “x” a siglare il contratto e poi scoppia in
lacrime, fra le braccia di don Gino)
MANGANO
Accompagnali fuori! Ora ho bisogno di calcolare la mia nuova proprietà!
MAGGIORDOMO
Sì signore (accompagna fuori i due, mentre Mangano si accende un sigaro)
All’uscita dalla casa del Mangano, due militi portano Giuseppe alla madre. È molto impaurito, ha
gli abiti stracciati, i polsi sono legati, la faccia e la schiena piene di lividi. Non alza gli occhi per
vedere la madre, sale senza alzare la testa sul carro del parroco, seguito dalla madre e da don Gino,
che poi dà l’ordine al cocchiere di partire.
19
SCENA 4
Esterno grave del Piave, 1930.
Colonna marcianti di giovani soldati fra cui Giuseppe, ora diciassettenne.
FASCISTA
Scattare, scattare, al passo!
GIOVANE 1
Sono tre ore che ci fa correre, quando la finisce?
GIUSEPPE
Io mi fermo, non ce la faccio più!
GIOVANE 2
Ma che sei matto? Quello ti rimanda dentro se ti fermi di nuovo!
GIUSEPPE
Ma che vada al diavolo!
Giuseppe si ferma ansimando e lascia cadere a terra lo zaino militare che portava sulle spalle,
sedendosi sopra. L’istruttore gli ordina di rialzarsi:
FASCISTA
Muoversi soldato! La guerra non fa prigionieri! Muoversi! Così disonori Mussolini tuo
duce!
GIUSEPPE
Ma che el vae in mona Mussolini e il fassismo!
Tutti i ragazzi si fermano, c’è un attimo di silenzio. Poi il fascista si avvicina a Giuseppe:
FASCISTA
Soldato! Tornati al campo base considerati agli arresti!
20
GIUSEPPE
Va al diavolo!
Alzandosi da terra Giuseppe sferra un pugno al fascista e scappa via per i campi, spogliandosi della
divisa fascista mentre corre.
Esterno casa Favaro.
Giovanni, undici anni, è nei campi a vendemmiare l’uva per il Mangano, il suo nuovo padrone,
quando vede sbucare dal fogliame Giuseppe.
GIOVANNI
Oh Pepin! Ma non dovevi esser al sabato fascista?
GIUSEPPE
Son scapà!
GIOVANNI
Scapà? Ma tu sì mato? Ma no ti pensi alla mamma? Cosa la dirà ela? E cosa li faranno i
fassisti?
GIUSEPPE
Iovanin… gò fato n’a monata… gò tirato un pugno al Pedol…
GIOVANNI
Hatu tirato un pugno all’istrutor fassista? Ma tu situ mato? Ma cossa ne fali adesso?
Spari vengono dalla casa dei Favaro, subito Giovanni corre a vedere che c’è, raccomandando al
fratello di stare nascosto.
Una truppa fascista è fuori dalla porta di casa, la madre Maria in lacrime sulla soglia.
I militi si voltano e vedono arrivare Giovanni.
21
FASCISTA 1
Sei tu Giuseppe Favaro?
GIOVANNI
No, io sono il fratello… non so dov’è Giuseppe, che è successo?
FASCISTA
Tua mamma deve venire con me!
GIOVANNI
Dove?
FASCISTA 1
Non lo so. È un ordine e non si discute.
I fascisti portano via la madre e lasciano la famiglia attonita a guardare Maria che si allontana.
Giuseppe spia la scena tra le foglie delle viti, piangendo.
Sera. Interno casa Favaro.
Preoccupati e con ansia i Favaro attendono notizie della madre. Ad un tratto bussano alla porta. È il
Mangano, che riporta a casa la madre, in lacrime e piena di lividi in volto.
MANGANO
Per stavolta vi va bene, ma ora basta. L’è ora de finirla. Vostro fratello si è presentato in
caserma a dire di liberare vostra madre. Domani partirà per Gaeta. Ti invece te vieni con me.
I Favaro si guardano stupiti, non sanno che fare; il Mangano ha indicato Ossevia, la sorella più
grande, di sedici anni.
MANGANO
Dai muoviti! Ho fatto accordi con tua mamma che vivrai con me e mi farai da serva!
Muoviti! Prendi le tue cose e sbrigati, che ho la cena che aspetta!
22
OSSEVIA
No (piangendo) no, madre, madre, come hai potuto… madre…
MANGANO
Prendetela!
Gli sgherri del Mangano prendono Ossevia e la portano via di peso, mentre la ragazza piange per la
disperazione e urla:
OSSEVIA
Madre, madre, perché?
Le porte si chiudono sbattendo e cala il silenzio. Maria è in un angolo nascosto, lontano dal fuoco,
con il viso girato verso il muro. Giovanni le si avvicina…
GIOVANNI
Perché madre? Perché?
MARIA
Ho un marito in galera e ora anche il figlio più grande. Non ho più una casa. Lui voleva
anche me… preferivi avere ancora una madre e un tetto o sfamare tua sorella e tutti gli altri
senza di me? Voleva buttarci fuori casa se non gli davo tua sorella (si alza avvicinandosi a
Giovanni, poi gli tira un gran ceffone sulla guancia sinistra) non osare mai più rivolgerti a
me con questo tono!
GIOVANNI
(abbassando gli occhi) sì Madre…
Maria si ritira in un angolo, mentre Giovanni si volta a guardare i fratelli: Marina di 8 anni, Luigi 7,
e i gemelli Carmelo, Dante e Irma di 5 anni che stanno piangendo.
23
SCENA 5
1932
Esterno paese. Nella Piazza Giovanni e i fratelli Marina e Luigi stanno recandosi a fare la spesa al
casolin. Tutti li guardano e la gente mormora.
GENTE
I figli del Favaro! Poveracci!
Fate silenzio!
Hanno avuto quel che meritavano!
Padre degenere!
La madre ha venduto la figlia al Mangano!
Che se ne tornino nelle paludi i mezzadri!
Entrano nel casolin la clientela si ammutolisce e tutti li fissano.
GIOVANNI
Vorrei due pezzi di lardo.
GESTORE
Figliolo… ci vuole la tessera del fascio per comprare qui. Tu ce l’hai la tessera del fascio?
GIOVANNI
No, signore…
GESTORE
E allora va via prima che chiami i Carabinieri!
I Favaro scappano fuori impauriti, ma per strada c’è una grande agitazione
GENTE
VENITE! Tutti dall’oste, c’è un grande annuncio!
24
Uomini e donne accorrono tutti all’osteria. La radio è sintonizzata sul canale del Partito fascista e si
trasmette la voce del duce. Per i Favaro è la prima volta in cui sentono la sua voce.
Tornati a casa verso mezzogiorno senza aver comprato nulla, trovano fuori casa i bambini che
piangono.
GIOVANNI
Che succede?
DANTE
La mamma muore…
Giovanni corre dentro immediatamente e trova il curato che la sta assistendo.
DON GINO
Vieni con me.
I due escono dalla stanzina.
DON GINO
Siediti Giovanni. Hanno spedito questa da Gaeta: tuo fratello Giuseppe si è ucciso in cella.
La mamma non ha retto il colpo e ora sta molto male. Ho parlato col vostro padrone e vi ho
raccomandato alla sua provvidenza. La mamma non può più lavorare i campi in queste
condizioni, così non dovrete più lavorare, si occuperà lui di voi.
GIOVANNI
Ma io non voglio…
DON GINO
Ascolta ragazzo, tuo fratello è morto e tuo padre è in cella, tua mamma sta male. Hai tu ora
la responsabilità di tutto. Andrai a lavorare da tuo zio, imparerai a fare il fornaio, vivrai lì.
Di Luigi e Marina me ne occuperò io, ora verranno via con me. Ho già dato disposizioni per
farli entrare in convento e in seminario, così tua mamma dovrà badare solo ai piccoli.
25
GIOVANNI
Ma io non voglio…
DON GINO
Taci ragazzo, taci! E ora via! Vai a preparare le tue cose!
I tre ragazzi salgono senza salutare i fratelli nella carrozza di Don Gino.
Giovanni viene scaricato dal forno dello zio Giobbe, un ometto piccolino e senza capelli, con le
spalle larghe e le mani grosse, che lo accoglie mentre la carrozza si allontana.
ZIO GIOBBE
Mai fatto il fornaio prima?
GIOVANNI
No!
ZIO GIOBBE
Allora preparati, che c’è la farina da impastare…
Entrano in officina.
26
SCENA 6
1935. GIOVANNI ha sedici anni. È in officina a impastare la farina quando lo zio lo chiama.
GIOVANNI
Sì signor zio?
ZIO GIOBBE
Dovresti andare a presentarti ai Carabinieri. Il capo fascista mi ha portato la cartolina che
devi cominciare il premilitare…
GIOVANNI
Me li odio i fassisti!
ZIO GIOBBE
Ti te tasi e te vai di corsa!
Giovanni si toglie la maglia sporca e mettendosene una pulita si avvia in bici. Passando per la
piazza del paese però, un ragazzino lo chiama:
CARMELO
Oh Giovanni, oh Giovanni (piange) oh Giovanni, la mamma…
GIOVANNI
Che è successo? Che è successo?
Giovanni carica il fratello sul bastone della bici e corrono a casa.
A casa c’è, come sempre, Don Gino.
GIOVANNI
Reverendo, che succede?
27
Senza parlare don Gino passa una lettera al ragazzo. In essa c’è scritto “Pietro Favaro di Antonio.
Deceduto 30 novembre 1935, Gaeta”.
Giovanni piange, ma don Gino lo rimprovera:
DON GINO
Devi essere forte ora! Ora sei l’uomo di casa, ora… senti Giovanni. Tua madre credo non
supererà anche questa, perciò non gliel’ho ancora detta… tua sorella Ossevia è morta…
GIOVANNI
Cosa?
DON GINO
L’ho saputo dal becchino. Mi ha detto di aver sepolto la povera figlia del Favaro una
settimana fa. È venuto a confessarsi perché non mi avevano avvisato per l’estrema unzione.
È sepolta nel bosco, dove non si vede. Era scappata dalla casa del Mangano… il becchino
mi ha detto che l’ha trovata in un bagno di sangue… aveva tentato di abortire da sola. Credo
che il Mangano l’abbia violentata…
GIOVANNI
No! Don Gino, voi mi dovete aiutare! Quel farabutto non può farla liscia ancora! Lu me
dovaria aiutare! In nome di Gesù Cristo mi aiuti!
DON GINO
Tutto il possibile per voi lo sto già facendo. Ah se foste stati al vostro posto di mezzadri! Ma
che vi hanno messo in testa quelli della propaganda comunista?
GIOVANNI
Chi? Di chi parla?
DON GINO
Ah beata ignoranza! Sì dovevo proprio pensarlo che tu neanche sapevi che esistono quelli
contro il fascismo. Ascolta, fai così: prendi i tuoi fratelli, portali da tuo zio stanotte, senza
farti vedere. Penserò a qualcosa io per tua madre, ma se lei muore il contratto scade. Il
28
Mangano diventa proprietario di tutto e voi siete in strada. Và ora, prendili e portali da tuo
zio, mi farò vivo io quando sarà ora!
GIOVANNI
Sì reverendo!
I due si lasciano.
La notte Giovanni accompagna i fratellini dallo zio, che gli accoglie in soffitta.
ZIO GIOBBE
Ascolta Giovanni. Io lo so che il reverendo fa le cose per il bene, ma come faccio a
mantenervi tutti quanti? È che son vedovo e ho un figlio solo, ma come faccio con altri tre?
GIOVANNI
Sior zio la prego, che il reverendo dice di aspettare e penserà lui!
ZIO GIOBBE
E allora el ghe penserà lu!
A mezzanotte le campane battono a morto. Giovanni si sveglia e piange. Ha capito che la mamma
non c’è più e dovrà ora badare da solo ai suoi fratelli.
29
SCENA 7
1938
Esterno paese. Funerale.
Albino, il figlio dello zio, è morto nella guerra d’Africa. Mentre la popolazione in lutto accompagna
il feretro, Giovanni sta facendo il suo giro di consegne con la bicicletta.
Viene incuriosito da un gruppo di giovani della sua età che discutono fuori da una casa abbandonata
e fumano:
GIOVANE 1
(Alto coi capelli neri, di nome Cesare) Te guarda chi si vede! Iovannino!
GIOVANNI
Ciao. Che fate? Perché non siete al funerale di Bino? È morto nella guerra d’Africa, tutto il
paese è là!
GIOVANE 2
(Basso, capelli rossi e lunghi, naso aquilino e di nome Antonio) Bino è caduto per colpa dei
fascisti, che vuoi che andiamo là con loro?
GIOVANE 3
(Alto due metri, con le spalle robuste e le mani enorme, chiamato da tutti Gigante) SHHH!
Non parlare, mica sai questo con chi sta!
GIOVANE 1 - Cesare
Ma dai! L’è Iovanin! Iovanin Favaro! A lù i fassisti gli hanno fatto di tutto, vuoi che sia con
loro?
GIOVANE 3 - Gigante
No bisogna fidarse de nessu… ops… (gli scivolano i fogli che teneva sotto il braccio)
GIOVANNI
ODDIO! Oddio, siete voi! Siete voi quelli della propaganda contro il fascismo!
30
GIOVANE 1 - Cesare
Giovanni. Ci conosciamo da quando eravamo piccoli… te lo chiedo una volta: sei con noi?
GIOVANNI
No, no io, io non ci voglio avere niente a che fare, ti prego Cesare, no…
CESARE
Non devi dirlo a nessuno! A nessuno capito? Neanche a mio zio!
GIOVANNI
Neanche lo zio Giobbe lo sa?
CESARE
Neanche lui deve sapere, nessuno deve sapere! Prometti Giovanni, prometti! – afferrandolo
per le spalle e scrollando con forza
GIOVANNI
P-prometto!
Quando Giovanni tornò al forno trovò lo zio ad attenderlo sulla porta, molto agitato.
GIOVANNI
Che è successo signor zio?
Lo zio gli porge una lettera in silenzio, poi gli spiega:
ZIO GIOBBE
L’è rivada! L’è rivada! I te manda a coparte anca a ti! L’è la cartolina! Te devi andare in
guera!
Giovanni comincia a tremare, alza gli occhi e vede che lo zio piange, ma sparisce dentro il
negozio.
31
Mattina seguente. Piazza del paese
Giovanni si reca a messa per poi partire per il militare. In piazza grande agitazione.
UOMO
L’hai saputo?
OSTE
Non si parla d’altro! Io dico che ci saranno guai!
Incuriosito Giovanni si avvicina.
GIOVANNI
Che succede?
OSTE
Che succede? Che han trovato questi stamattina. Il paese è pieno. Chi li sente adesso il
Mangano e le camice nere?
GIOVANNI
(Guarda e ha un sussulto. Riconosce nel volantino quello che avevano in mano i ragazzi il
giorno prima – scappa fuori)
UOMO
Ma dove va?
Giovanni dribbla la chiesa e corre a perdifiato fino ad arrivare al traghetto, una barca a fondo piatto
governata da un uomo con un lungo bastone, che trasporta le persone da una parte all’altra del
fiume Piave. Butta dentro il suo zaino e chiede di essere portato di là dal traghettatore, un uomo col
viso bruciato dal sole e dagli anni. Col cuore in gola, si volta a guardare il paese.
TRAGHETTATORE
Leva?
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GIOVANNI
S-sì…
TRAGHETTATORE
Brutta roba! Mio fratello l’è morto in Spagna par chei porci… và, caro và, par ti la è gratis
oggi!
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SCENA 8
Treviso, distretto militare. Ufficio del medico di leva. Un uomo col camice bianco, robusto e coi
capelli bianchi. La stanza presenta un lettino, una bilancia e una piccola scrivania.
UFFICIALE MEDICO
Prossimo!
(entra Giovanni, solo con le mutande e viene invitato a sedersi)
U. MEDICO
(con gli occhi bassi, intento a prender nota del nome) Sei tu Giovane fascista?
GIOVANNI
Signorno…
U. MEDICO
(si interrompe e alza lo sguardo e la voce) Sei tu giovane fascista?
GIOVANNI
Signor no signore…
U. MEDICO
(si alza di scatto dalla sedia, sbraitando) Sei tu giovane fascista?
GIOVANNI
Signor sì signore! (scattando sull’attenti)
(fuori dalla porta ragazzi in attesa seduti su delle panche, Giovanni esce)
RAGAZZO
Dove ti mandano?
GIOVANNI
Friul… Tolmezzo. Alpini, divisione Julia.
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SCENA 9
1939. Esterno caserma Tolmezzo, esercitazioni militari sulla piazza d’armi.
Ordine di fermarsi e porsi sull’attenti per la rassegna. Annuncio del Capitano, un uomo alto e di
mezza età.
CAPITANO
È arrivato l’ordine di partire per servire la Patria! Voi domani vi preparerete e partirete per
l’Albania. Terra fertile e ricca di tesori, con gente di origine italiana felice di tornare ad
appartenere al nostro Impero! Per la gloria d’Italia noi la libereremo per restituirla al suo
splendore! A noi!
TRUPPA
A noi!
Giorno seguente
Scena si sposta sul treno merci. Vagone aperto. Pieno di soldati che raccontano le loro vicissitudini
mentre si dirigono in Puglia per prendere la nave verso l’Albania.
Partenza da Bari con la nave.
Tragitto. Soldati sottocoperta raccontano le loro paure, vengono da tutto il nord Italia, raccontano
cosa hanno lasciato, guardano le foto dei cari a casa. Ad un tratto la nave sembra fermarsi:
SOLDATO
Che succede? Perché ci fermiamo?
GIOVANNI
Siamo molto lontani dalla costa… che succede sior caporal?
CAPORALE
Fondale basso. Bisogna scendere con le scialuppe.
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CAPITANO
Tutti in coperta, prepararsi allo sbarco!
La truppa sale in coperta e sul ponte lo spettacolo è terribile. Sullo sfondo si vede una città ridotta a
scheletro, svuotata di gente e di vita.
GIOVANNI
Altro che terra dell’oro! La guerra si fa per morire e basta! Che gioco stupido…
Sbarco a Durazzo coi barconi, la gente spia minacciosa dalle case diroccate, sguardi severi e
ammonitori, poi gli ordini:
CAPITANO
Disporsi in fila! Ricordate che noi siamo qui per garantire il buon ordine! Questa
popolazione è buona e docile verso gli Italiani, ma sono di razza inferiore, quindi non
capiscono quello che succede! Dovete fargli vedere chi siete! In marcia adesso!
La colonna si snoda dentro la città. Mentre prosegue porte e finestre che si chiudono, da una finestra
qualcuno lascia cadere la bandiera del Regno d’Albania.
In fondo si vede la caserma, dove arriva di corsa il picchetto:
CAPORALE PICCHETTO
Presto Capitano, presto! Non è sicuro qui!
CAPITANO
Che significa non è sicuro?
(da una casa, non visto, parte uno sparo)
CAPITANO
Scattare uomini, in caserma veloci!
(gli spari si moltiplicano e tre uomini vengono colpiti a morte. i soldati italiani rispondono
mitragliando le finestre a casaccio, mentre rinculano per ritirarsi).
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Interno caserma, sera. Rancio.
GIOVANNI
Da quanto sei qui?
SOLDATO
Da quando è cominciata. Tre mesi ormai.
GIOVANNI
Prima dov’eri?
SOLDATO
A casa mia. Nei campi. A Littoria, dove hanno fatto le bonifiche. A proposito… Marco…
GIOVANNI
Giovanni. Sì ne ho sentito parlare perché sui giornali dicevano che là andavano a lavorare i
Veneti poveri. È vero che si fa il raccolto tre volte l’anno?
MARCO
Che? Tz… c’è la malaria. Come c’è qua. Le bonifiche non sono state fatte bene e il terreno
non rende… ci si ammazza di lavoro per niente. Tutti si ammalano… non avremmo mai
dovuto andare là. Anche noi gli abbiam creduto e siamo partiti da Forlì per andar là.
Pensavamo: “Il duce è nato qui, perché dovrebbe mentire alla sua città?”. Al diavolo!
GIOVANNI
E qui la guerra com’è? Cioè… per davvero…
MARCO
(si guarda in giro e risponde sussurrando) Ci odiano… hai presente la propaganda?
Dimenticala! Qua sono pronti ad ammazzarti appena metti fuori la testa. Hai visto le donne
dalle finestre? Quelle ti tirano in casa per fare l’amore e non esci più… appena arrivati, tutti
ci andavano perché costano poco, ma poi alcuni non tornavano e bisognava andare a vedere.
Te li trovavi con la gola tagliata… zac! E alla sera ci sono i cecchini che mirano alla
guardia… la scorsa settimana ne hanno fatti fuori due a sera. E te sei fortunato che arrivi qua
37
d’estate. A febbraio si gelava…. Ti accorgerai… i vestiti non servono a niente per il freddo e
le scarpe si rompono… ah… ho saputo che domani andate in rastrellamento… se te capita
un slavo… non sparare! Scappa piuttosto, non sparare!
GIOVANNI
Perché? Devo lasciare che mi ammazzi?
MARCO
No, non è per quello. Ma i fucili nostri son della guerra 15-18… certe volte quando spari ti
scoppiano in faccia…
CAPORAL MAGGIORE
Ritirarsi!
MARCO
L’è l’ora. Nanna adesso, domani te conoscerai cosa è la guerra! Ve mandano a Scutari!
L’indomani. Esterno. Pattugliamento boschi sui monti albanesi.
Colonna di soldati in salita verso la cima, marciando.
I soldati attraversano paesi poveri, dove la gente li guarda con disprezzo e si ritira in casa al loro
passaggio. Le strade sono tutte mulattiere fangose e sassose. Spesso i soldati si devono fermare per
staccare il fango dalle suole, ad alcuni la suola si stacca e restano scalzi. Dopo la lunga marcia,
sosta in un paesino dove c’è una fontana.
GIOVANNI
Qui l’è tutto el contrario de come ce l’avevano contata!
MARCO
Te capisci subito tutto eh? Ascolta… l’importante è quando ti fermi qua, di non fare niente
che possa far arrabbiare la gente. Per esempio…
Marco viene interrotto da un tuono e dalla pioggia che comincia a cadere.
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CAPITANO
Ripararsi nelle case! Picchetto di guardia ogni due ore cambio! Muoversi!
Marco e Giovanni entrano in una casa dove trovano due giovani donne. Assieme ai ragazzi entrano
anche altri commilitoni. Le ragazze sono giovani e molto impaurite.
GIOVANNI
Non faremo nulla, prometto! Non faremo nulla, vogliamo solo ripararci dalla pioggia!
SOLDATO
Tanto non ti capiscono! E poi per me a loro non dispiace che noi siamo qua… vero ragazzi?
MARCO
Tu è meglio che le lasci stare!
SOLDATO
Altrimenti?
CAPORAL MAGGIORE
Altrimenti lo dico io, che sono l’unico graduato qua dentro. Tu stai lì e non fai nulla. Le
ragazze vanno di sopra. Rimediate da mangiare intanto.
SOLDATO
Sissignore!
La pioggia durò l’intera notte. All’indomani alle urla degli ufficiali si svegliano tutti.
Giovanni e Marco scattano fuori e vedono quattro donne radunate nella piazzetta, spogliate.
GIOVANNI
Cos’è successo?
MARCO
Te l’ho detto cosa succede. Qualcuno ci dev’essere cascato di nuovo!
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GIOVANNI
Vuoi dire che…
MARCO
Usciamo a vedere!
Le donne vengono bendate e disposte con le spalle girate rispetto ai soldati, davanti al muro di una
casa
CAPITANO
Fuoco!
A Giovanni si fermò il cuore in gola e girò il volto chiudendo gli occhi.
MARCO
Succede ogni volta. Fanno finta di starci poi ti piantano un pugnale in gola.
GIOVANNI
Perché lo fanno?
MARCO
Perché? Ma lo vedi quel che facciamo ogni giorno? Portiamo via gli uomini, i bambini e
lasciamo solo donne e vecchi… sta a vedere ora!
CAPITANO
Come stabilito dalla legge vigente, ordino che le case delle donne ree di aver assassinato i
nostri uomini vengano bruciate e che vengano deportati i famigliari!
Dei ragazzini sono presi e vengono legate le mani con una corda, la cui estremità è assicurata alla
sella di una mulo. Nel frattempo, alcuni militi eseguono l’ordine di incendiare le case.
CAPITANO
In marcia!
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GIOVANNI
Marco… e questo ogni volta?
MARCO
Sì… lo dovremo fare ogni volta…
GIOVANNI
E non si può fare niente per…
MARCO
No! Sei da cella di rigore se lo fai. O magari anche decidono di ammazzarti… cammina!
La marcia continua sino ad arrivare a Scutari, con gli alpini esausti.
Vengono consegnati i prigionieri e il Capitano riceve una lettera.
CAPITANO
Riposo soldati! Domani si va nel Montenegro!
Interno. Caserma. Momento della ritirata
GIOVANNI
Merda. Mi prude ovunque…
MARCO
Pidocchi… spogliati, poi va a buttare tutti i vestiti che hai dentro la stufa. Il caldo li uccide.
Mentre Giovanni si avvia alla sala stufe, incontra un gruppo di soldati anziani, che fumano.
SOLDATO 1
Guarda un po’ chi c’è qua! Come ti chiami?
GIOVANNI
Giovanni!
41
SOLDATO 2
Giovanni! Ma sei nuovo? Non ti ho mai visto!
GIOVANNI
Sono arrivato oggi da Durazzo…
SOLDATO 3
Allora sei nuovo! Devi ancora fare la comunione!
GIOVANNI
Cos’è la comunione?
SOLDATO 2
HEY, non ti preoccupare, significa che diventi dei nostri… dai vieni con noi, su!
I soldati prendono Giovanni e lo accompagnano fuori nudo, al freddo. Lo portano presso i muli e
Giovanni vede un soldato tirar fuori di tasca una fettina di patata.
Uno dei soldati colpisce Giovanni alle spalle, facendolo cadere a terra.
Quello con la patata in mano, la va ad ammollare nel piscio del mulo.
SOLDATO 1
Il corpo di Cristo! Apri la bocca!
Giovanni oppone resistenza, allora un soldato lo prende per le braccia tenendolo fermo e, mentre il
secondo gli apre la bocca, il terzo gli infila dentro la patata, facendogliela ingoiare.
I soldati ridono e tornano dentro, lasciando Giovanni a terra, piangente.
Giovanni torna in caserma sporco di terra e senza vestiti
MARCO
Ti hanno preso i nonni, vero?
Giovanni accenna un sì con la testa. Poi si infila nella branda, senza dire una parola.
42
SCENA 10
Esterno giorno. Giovanni si dirige all’ufficio postale da campo prima della partenza per spedire una
lettera.
UFFICIALE POSTALE
Ancora?
GIOVANNI
I miei fratelli mi hanno detto che le mie lettere a casa non arrivano…
U. POSTALE
Sì si vabbè…
Mentre Giovanni sta per pagare, vede che l’Ufficiale Postale ha messo la cartolina nella scatola con
scritto: da vedere per censura.
GIOVANNI
Perché non ha messo la lettera in partenza?
U. POSTALE
Stai calmo, non sono affari tuoi…
GIOVANNI
Dove sono le mie lettere? Dove le tieni? Dove sono le mie lettere?
Accorrono due militi a prendere Giovanni, lo tramortiscono con un colpo alla testa e lo portano via.
Giovanni viene sbattuto in cella di rigore.
Dalla cella apprende dal secondino che lo scenario cambia ancora:
SECONDINO
Tranquillo! Ti faranno uscire presto, c’è bisogno di soldati!
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GIOVANNI
Cosa è successo?
SECONDINO
Mussolini ha dichiarato guerra. Comincia la guerra figliolo! La Germania ha attaccato la
Francia e l’Italia ha fatto lo stesso. È la guerra!
Giovanni si lascia cadere sulla paglia sconsolato, poi le chiavi girano e la porta si apre
SECONDINO
Esci!
GIOVANNI
Dove vado?
SECONDINO
Te l’ho detto! Servono soldati! Hanno appena dato l’ordine di attaccare la Grecia. Muoviti
che servono gli alpini al completo!
GIOVANNI
Dimmi un po’… se la guerra comincia adesso… perché eravamo già qui noi?
SECONDINO
Non lo so e non mi importa! A me bastano le mie tre lire a settimana, alè! Via!
Giovanni esce dal carcere e si avvia in caserma. È il tramonto.
44
SCENA 11
1940. Truppe in marcia, zaino in spalla.
A fianco ai soldati che marciano, truppe in camicia nera esercitano funzione di propaganda
FASCISTI
Credere, obbedire, combattere!
Odiate i grechi!
Gente ignobile!
Farabutti!
Razza inferiore! Da sottomettere!
La razza ariana è la migliore!
Qual è il compito della razza ariana?
SOLDATI
Portare ovunque la civiltà e il progresso di Roma!
FASCISTI
A quale razza appartenete?
SOLDATI
Alla razza ariana!
FASCISTI
E qual è il vostro compito?
SOLDATI
Portare ovunque la superiorità della razza latina e delle sue opere!
Giovanni procedeva in silenzio, nella coda del plotone.
CAPITANO
Fermi! Oltre quel ponte, saremo in Grecia!
45
GIOVANNI
Ma non aveva detto lo stesso due ore fa?
MARCO
Se è per quello erano anche tre ore fa! Non sa neanche lui dove siamo…
La colonna si infila per la mulattiera che li porta in una piana fra i monti.
Arrivati in mezzo alla piana la colonna viene attaccata su tutti i lati.
Bombe e mitragliate ovunque, ognuno cerca di scappare e salvarsi come può.
Attorno a Giovanni tredici uomini cadono colpiti dai proiettili.
Giovanni chiama Marco e lo cerca, ma mentre scappa scivola in una mulattiera e cade fino ad
arrivare sul fondo, battendo la testa. Sviene.
Si risveglia che è notte fonda e scurissima. Risale a stento la mulattiera. In cima assiste alla
distruzione della sua colonna: ovunque cadaveri di uomini e di muli. Cerca quello di Marco, ma non
lo trova. Allora decide di incamminarsi seguendo la strada che stavano percorrendo.
Arriva in un villaggio semidistrutto, fuori c’è una donna che raccoglie l’acqua
GIOVANNI
Ciao. Non spaventarti… io…
La donna scappa dentro casa. Giovanni, molto debole, si appoggia alla fontana e perde i sensi.
Si risveglia in casa, con la testa fasciata.
Apre gli occhi e vede la donna che lo ha medicato, una donna anziana, rugosa, vestita di nero.
GIOVANNI
Sei stata tu? Grazie! Io non volevo che… mi capisci?
La donna tace, gli porge del cibo. Ha il volto segnato dalla vecchiaia, i capelli nascosti da uno
scialle e i vestiti lunghi e stracciati:
GIOVANNI
Vorrei dirti tante cose… noi siamo qui che vi facciamo la guerra e tu mi aiuti… in Albania
ce l’avevano tanto con noi per questo. Vorrei poterti parlare… mi capisci?
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La donna fa un cenno di no con il capo, poi esce di casa, rivelando che è giorno.
Giovanni si rimette la divisa militare ed esce, appena in tempo per vedere arrivare una colonna
italiana di superstiti dell’attacco della sera prima.
MARCO
Giovanni! Ti credevo morto!
GIOVANNI
Forse… forse… ma lei mi ha curato (dice indicando la donna)
CAPITANO
In marcia! Dobbiamo arrivare a Perati per il tramonto!
La donna esce di casa con un sacco di noci e lo porta a Giovanni. Gli fa capire, senza parlare, che
sono per il viaggio.
GIOVANNI
Io non so cosa dire… grazie… grazie… io…
CAPITANO
Soldato dia quelle noci al tenente Ansaldo!
GIOVANNI
No!
CAPITANO
Soldato dia quelle noci al tenente Ansaldo! È un ordine!
GIOVANNI
Ma me le hanno regalate a me le noci…
CAPITANO
Dai quelle noci al tenente o ti sparo! (estrae la pistola dalla fondina)
47
GIOVANNI
Ma le ha date a me le noci…
Il capitano si avvicina e afferra il sacco di noci, Giovanni lo trattiene, allora il capitano preme la
canna della pistola sulla mano destra di Giovanni e spara:
GIOVANNI
Ah… bastardo! Ahh…
CAPITANO
Un ordine è un ordine soldato! Tu fasciagli la mano. Arrivati in valle lo porti in infermeria e
poi in rigore per insubordinazione. A-tenti! Marsch!
Interno infermeria.
Estrazione del proiettile dalla mano di Giovanni.
MEDICO
Stia fermo!
GIOVANNI
È una parola! Guardi qua! Non può far rapporto che mi ha sparato il capitano?
MEDICO
Credere obbedire combattere! Non le hanno insegnato nulla?
Il medico se ne va senza terminare la medicazione. Giovanni prende una garza e si fascia la mano
da solo: “Al diavolo il fascismo!”
In quella entra Marco
MARCO
Come va?
GIOVANNI
Quel bastardo non ha neanche finito di curarmi!
48
MARCO
Ascolta, ci mandano a casa!
GIOVANNI
Dici davvero?
MARCO
Sì! La Grecia si è arresa alla Germania e poi anche all’Italia. Dobbiamo andare a fare una
parata ad Atene per la conquista della Grecia e poi ci mandano a casa in licenza! Contento?
GIOVANNI
Già… contento…
Scene della parate fascista ad Atene, poi tradotta piena di gente che si ferma a Trieste, dove i soldati
si preparano a scendere.
Soldati in camicia nera fermano il treno e richiudono le porte.
Dalla piattaforma, un ufficiale legge un comunicato:
UFFICIALE
Direttamente da Sua Eccellenza il Duce. Si dà ordine di nuova destinazione al corpo alpini
divisione Julia. Si comunica di consegnare equipaggiamento militare estivo e ricevere quello
invernale, avente come prossima destinazione, la Russia.
GIOVANNI
(si lascia cadere sulla sedia, sconfortato, coprendosi il volto con le mani) Mio Dio! Cosa sarà
di noi?
MARCO
Ce la caveremo. Ce la caveremo vedrai!
49
SCENA 12
1942, OTTOBRE. Steppe russe, presso il Don.
Soldati poco vestiti che scavano buche nella terra, realizzando dei bunker.
Neve. Freddo polare.
Bora siberiana che soffia fortissima, rompendo le guance dei soldati.
Chi prova a fare la pipì l’urina si gela prima di arrivare a terra.
Rancio
GIOVANNI
Anche oggi questa brodaglia schifosa!
MARCO
Almeno è caldo. Metti la gavetta sulla pancia prima di mangiare, che te la scaldi!
GIOVANNI
Cazzo guarda!
(in una fila a parte, gli ufficiali staccano la carne dalle ossa e se la mettono nel piatto,
buttando l’osso nel pentolone dei soldati)
GIOVANNI
Adesso se la prendono e vanno dentro in caserma a mangiare, su piatti e posate, mentre noi
qua al freddo, coi vermi…
MARCO
Succede ogni giorno, dovresti essere abituato!
UFFICIALE
Voi due! Che avete da lamentarvi? Venite con me, subito!
Marco e Giovanni seguono l’ufficiale in disparte, fuori dal recinto della caserma. È piccolino con i
baffetti, il viso impomatato. C’è una tenda militare enorme, piantata vicino al muro.
50
UFFICIALE
Fermi qua. Aspetto delle persone molto importanti. Dovete farmi da guardia finché non ho
finito con loro. Avvisatemi quando arrivano!
Poco tempo dopo arriva una carrozza presso la tenda. I ragazzi aprono la porta ed escono tre giovani
donne, coperte da una folta pelliccia, con le labbra rosse e i colbacchi in testa.
L’ufficiale esce in ghingheri ad accoglierle.
UFFICIALE
Mie care, ben arrivate entrate entrate! (rivolto ai soldati) non fate entrare nessuno! Se
qualcuno chiede che fate, sono dentro con ospiti importanti. Se vi azzardate a dire qualcosa
vi mando alla corte marziale!
L’ufficiale entra con le donne.
GIOVANNI
Io lo ammazzo. Ora entro e lo ammazzo!
MARCO
Se lo fai poi gli altri ammazzano noi! Stai calmo, non ne vale la pena!
GIOVANNI
Noi siamo qua fuori a morire senza aver mangiato e lui va dentro con la pancia piena e le
puttane e tu mi dici di stare calmo? Adesso entro e lo ammazzo!
MARCO
Ma stai calmo cazzo! Pensa a tua madre e tuo padre a casa che aspettano, dai!
GIOVANNI
Io non ce li ho più la mamma e il papà. Me li ha ammazzati il fascismo!
51
SCENA 13
Gennaio 1943. Marcia verso il fronte
Soldati tedeschi, italiani, rumeni, ungheresi schierati.
Città deserte sommerse dalla neve e sconvolte dalle bombe.
Bufera.
GIOVANNI
Non si vede nessuno. Non si vede nessuno. Cinque mesi e ancora non ho visto un russo…
Dannazione!
MARCO
Sembra di combattere contro dei fantasmi!
Attacco aereo, bombe cadono ai lati della colonna.
Ordini confusi e disordinati.
MARCO
Ci hanno chiuso… ci hanno chiuso… siamo nella sacca!
GIOVANNI
Che vuol dire? Che sta succedendo?
MARCO
Siamo circondati…
Ai lati della strada fumo delle bombe.
Avanti cominciano ad arrivare slitte e carri armati. Italiani e tedeschi che si ritirano.
Alla vista dei fuggitivi la truppa si squaglia.
UFFICIALI
Si salvi chi può!
Bombardamenti continuano, alcuni soldati vengono colpiti, i carri armati passano sopra i feriti.
52
Giovanni perde di vista Marco
GIOVANNI
Marco… Marco…
Colpo di granata vicino a lui, fugge aggrappandosi a una slitta
CONDUCENTE
Molla le mani!
GIOVANNI
Portami con te!
CONDUCENTE
Molla le mani cazzo!
Il conducente gli colpisce le mani con il calcio del fucile. Giovanni si stacca.
Vede l’ufficiale che gli ha sparato sulla mano in Grecia. L’ufficiale sta agganciando la slitta al mulo
per partire.
GIOVANNI
Dammi la slitta (puntandogli contro il fucile)!
UFFICIALE
A posto soldato che vuoi fare?
GIOVANNI
Dammi la slitta o ti sparo! Muoviti!
L’ufficiale prova a reagire, ma a Giovanni parte il colpo… l’ufficiale cade a terra ferito.
Giovanni rimane impaurito, salta sulla slitta, sprona il mulo e scappa.
Fuga disastrosa. Bombardamenti aerei.
Gente a terra ferita che chiede aiuto, mutilati.
Grida di dolore.
53
UFFICIALE
Favaro, Favaro! (è l’ufficiale delle prostitute, si attacca alla slitta) Favaro portami via!
Giovanni preso dalla rabbia gli sferra un pugno in faccia, facendolo cadere nella neve.
Un colpo di granata però cade poco distante e lo fa sbalzare dalla slitta.
Un uomo lo aiuta a rialzarsi.
GIOVANNI
Silvano? Che cazzo ci fai qui?
SILVANO
Che ne sapevo io di trovar qua un paesano? Dai forza, corri!
Corrono per i boschi, fino a saltare un fossato pieno di cadaveri e uscire dall’area del
bombardamento.
I due si trovano in una isba.
SILVANO
Fermiamoci, sono stanco, mi fanno male i piedi!
GIOVANNI
Hai le scarpe rotte, buttale via! Non contano niente…
SILVANO
Neanche i vestiti contano… me li sento gelidi…
GIOVANNI
Aspetta che le apro… Cristo…
I piedi sono congelati. Giovanni fa a pezzi una coperta trovata nella isba.
GIOVANNI
Cerca di sopportare, ora te la avvolgo tutta attorno… sta tranquillo…
54
SILVANO
(Piangendo) Mamma… mamma… fa male… sento freddo… mamma!
GIOVANNI
Ti prego, sta calmo Silvano, dai che torneremo presto casa a bever el raboso! Dai!
Fasciati i piedi, Giovanni esce e trova nella stalla un mulo. Lo prende e ci carica sopra Silvano.
I due partono di nuovo marciando nella neve russa.
SILVANO
Quando riven? Quando riven Iovanin? Quando riven?
GIOVANNI
Presto… riven presto, riven presto!
Una bomba esplode vicino a loro. Giovanni viene sbalzato via, urla di Silvano
SILVANO
Ahh… mamma… mamma… ah… mamma…
Una scheggia si è infilata nello stomaco di Silvano. Il mulo è morto, Giovanni arriva:
GIOVANNI
Tieni! (gli fa mordere la corda ed estrae la scheggia, cercando di tamponare il sangue con
una coperta) cazzo, Sali muoviti… monta!
Giovanni si carica Silvano sulle spalle. Silvano continua ad urlare di dolore.
Ad un tratto smette.
Giovanni si ferma per guardargli il volto e vede che è morto.
GIOVANNI
Nooo! Silvano… Silvano… nooo…
Appoggia il corpo nella neve e gli butta sopra una coperta, poi ricomincia a camminare.
55
Arriva in un paese. Vede della luce in una scuola. Entra.
GIOVANNI
C’è qualcuno? C’è qualcuno?
Una donna spaventata, giovane, con i capelli stopposi e il viso sporco, si nasconde in un angolo
della stanza.
GIOVANNI
Non voglio farti del male. Stai tranquilla, io buono. Ho fame…
La donna tira fuori del pane da un sacchetto e un fiasco di rum.
Giovanni si siede vicino e mangia con lei.
DONNA
Tu italiano?
GIOVANNI
Sì… sì… parli la mia lingua?
DONNA
Io stata in Italia tempo fa. Per scuola. Imparato lingua.
GIOVANNI
Che cosa fai?
DONNA
Io insegno… ma tu perché venuto qua? Perché italiano venuto qua? Cosa ha fatto noi a
italiano?
GIOVANNI
Io non lo so… non lo so… è la guerra, voi siete contro di noi e io non lo so che faccio qua…
ti prego credimi, io non ne posso più…
56
DONNA
Tu non sa niente di quel che succede? Tu bravo ragazzo. Ora dormi, domani io porta te a
prendere treno se tu lasciare qua tue armi. Non servono se tu non fa guerra…
GIOVANNI
Sì, va bene. Grazie…
Giovanni si addormenta.
La mattina dopo si sveglia e si accorge di essere nudo.
DONNA
Stata io, tu calmo. Tu tanto magro…
GIOVANNI
I soldati non mangiano. Noi soldati italiani… gli ufficiali tiravano via la parte meglio, a noi
sempre brodo coi vermi. Gli altri eserciti tutti mangiano assieme, noi soldati no. Dove sono i
miei vestiti?
DONNA
Io pulito… tu pieno pidocchi e cimici… buttato via tutto. Tieni… erano vestiti di mio
marito… lui ucciso da soldati italiani.
GIOVANNI
Perché mi stai aiutando allora?
DONNA
Tu ragazzo. Io visto Italiani, loro non sa nulla di cosa succede. Voi tutto credere a
Mussolini, voi non capisce niente. Tu ora va! Ti porto prendere treno!
I due si avviano al punto di raccolta, dove Giovanni riesce a salire in tradotta.
I due si salutano.
La tradotta parte verso l’Italia.
57
SCENA 14
Ferrovia di Pescantina, Verona.
Folla di curiosi venuta a vedere i reduci di Russia. Corteo di sicurezza.
I soldati non vengono fatti scendere. Sono obbligati a scendere dal retro e fatti salire in camion
coperti.
Arrivano in contumaciaia attraverso vie secondarie.
GIOVANNI
Che giro ci fanno fare?
SOLDATO
La gente non deve vedere in che stato siamo…
GIOVANNI
Voglio andarmene a casa… non ne voglio più sapere niente della guerra…
SOLDATO ANZIANO
Tu credi che ti lasceranno in pace adesso? Scordatelo… verranno a prenderti! Verranno a
prenderci tutti!
I soldati entrano nell’infermeria, vengono fatte loro le punture e la contumacia.
Il giorno seguente un ufficiale consegna ai primi dimessi i fogli di licenza e anche Giovanni è fra
questi.
GIOVANNI
Me ne vado ragazzi, me ne vado! Addio, statemi bene!
SOLDATO
La guerra non è finita ragazzo. Datti alla macchia, fuggi via…
GIOVANNI
Nessuno mi porterà più via di casa. Nessuno. Rimettetevi presto!
58
Giovanni prende il treno per tornare a casa e arriva alla stazione più vicina, Ponte di Piave.
A piedi si incammina e alla sera giunge al forno dello zio.
GIOVANNI
Zio Giobbe! Zio Giobbe!
ZIO GIOBBE
Giovanni! Sei vivo allora, sei vivo!
GIOVANNI
Perché? Credevi il contrario?
ZIO GIOBBE
Ormai non speravo più di vederti! Si raccontano cose terribili della guerra, tu non sei mai
tornato a casa negli ultimi cinque anni. Non torni più a casa dal 1938!
GIOVANNI
Ma adesso son qua. Dove sono i miei fratelli?
ZIO GIOBBE
Non ci sono Giovanni, non ci sono…
GIOVANNI
Come non ci sono… zio…
ZIO GIOBBE
Non ti preoccupare… Dante e Carmelo sono andati a prendere la farina. Da quando sei
partito sono loro che mi aiutano qua al forno. Sono bravi, si danno da fare. Ma non avevamo
il tempo di star dietro a tua sorella. L’ho mandata da mia sorella, che è vedova, sta in fondo
alla via. Puoi andarla a trovare se vuoi!
GIOVANNI
No sior zio… dopo tutto questo tempo ho voglia di andar a dormire nel letto, sono sfinito.
Ti serve una mano al forno?
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ZIO GIOBBE
Domani riposati, dopodomani se vuoi puoi darmi una mano, ma sei solo in licenza, tra un
po’ ripartirai.
GIOVANNI
Non credo di ripartire…
ZIO GIOBBE
Non puoi rifiutare. Tu sei un soldato, devi andare!
GIOVANNI
Dopo che ho visto che mestiere è, ho capito che non fa per me.
ZIO GIOBBE
Ragazzo ascolta… non sarai tornato per causar altre rogne?
GIOVANNI
No zio. Son tornato per restare a casa!
60
SCENA 15
Luglio 1943. La licenza sta per scadere.
Interno di una casa. Camera da letto. Giovanni è con una ragazza, Pierina.
I due si frequentavano già prima che Giovanni partisse per la guerra.
Si stanno rivestendo.
PIERINA
Così domani torni via…
GIOVANNI
Sì. Devo tornare a Tolmezzo per rientrare in servizio.
PIERINA
Non puoi rifiutare di andarti a far ammazzare?
GIOVANNI
Pierina se potessi l’avrei già fatto, o no?
PIERINA
Scusa, non volevo farti arrabbiare. Tornerai a trovarmi?
GIOVANNI
Se torno vivo ti sposo.
PIERINA
Ma io ormai ho ventidue anni. Non voglio aspettare ancora una persona che non so se torna
GIOVANNI
Che vuoi dirmi?
PIERINA
Che sai? Mentre eri via ho frequentato anche qualcun altro! D’altronde lo avrai fatto anche
tu! Si sa cosa fanno i soldati via! Anche Chechi me l’ha detto che quando era a Rodi…
61
GIOVANNI
Te la fai col Chechi allora eh? Il figlio del segretario comunale… quello che il padre lo ha
fatto tornar a casa dalla guerra, l’imboscato!
PIERINA
Cerca di capire… io cosa sapevo se tornavi? Lui era qui! E poi, diciamolo… lui ha anche
una certa dote, niente a che vedere con te…
GIOVANNI
Già. Lui ha i soldi. (prende le ultime cose e se ne va sbattendo la porta)
Camminando verso la piazza trova alcuni capannelli di gente in festa.
Si ferma a chiedere lumi in osteria.
UOMO
Ma non hai sentito? Il re ha fatto arrestare il duce! La guerra è finita!
DONNE
La guerra è finita! È finita!
CESARE
Calmi, calmi! Qualcuno di voi ha sentito dire che il re ha chiesto l’armistizio o la pace?
(silenzio) Ecco appunto! La guerra non è finita, è solo cambiato il condottiero!
GIOVANNI
Cesare! Che fine avevi fatto?
CESARE
Tu dove eri finito? Vieni qua cugino! Fatti abbracciare! Un’ombra de raboso oste!
GIOVANNI
Non ti ho mai visto. Domani riparto per la guerra e in due mesi a casa non ti ho mai visto
62
CESARE
Tu domani riparti. Ma non hai sentito che Mussolini non c’è più?
GIOVANNI
Sì ma io devo presentarmi. La guerra non è finita, lo hai detto anche tu…
CESARE
(si fa pensieroso) Vieni con me!
I due escono dall’osteria e camminano un pezzo in silenzio, sino ad arrivare alla casa dove i due si
incontrarono per l’ultima volta prima della guerra.
CESARE
Prima di partire eravamo in tre. Adesso siamo in dodici. Vieni, entriamo!
GIOVANNI
No… no, non voglio problemi.
CESARE
Ascolta, è ora di prendere una decisione, se stare coi fascisti o contro! Noi ti vogliamo con
noi! Ti prego Giovanni, ti prego! Vieni con noi!
GIOVANNI
Tu non capisci… non ho più un padre e una madre. Mio fratello Giuseppe si è suicidato in
carcere e mia sorella è stata violentata dal Mangano e si è uccisa anche lei. I miei fratelli più
piccoli muoiono di fame, due me li hanno fatti diventare religiosi e non abbiamo una casa.
Non voglio entrarci in queste cose…
CESARE
E cosa intendi fare per la tua famiglia? Se muori in guerra chi baderà a loro?
GIOVANNI
E se mi scoprono e faccio la stessa fine? No! Ho deciso.
63
Giovanni prova ad allontanarsi senza salutare, ma Cesare lo blocca:
CESARE
Tieni!
GIOVANNI
Cos’è?
CESARE
Visto che ormai hai deciso di stare con loro, tieni con te questo libro. Leggilo. Forse capirai
alcune cose (il libro è un numero dei Quaderni antifascisti di Mario Mariani)
I due si guardano a lungo, per andare ciascuno per la sua strada senza salutarsi.
Giovanni torna al forno, dove incontra lo zio.
GIOVANNI
Hai sentito? Mussolini non c’è più… che faccio ora?
ZIO GIOBBE
Tu sei un soldato. Un soldato aspetta gli ordini. Vatti a mettere la vestaglia che ho bisogno
per la farina. Resterai qui.
Giovanni entra in negozio, mentre lo zio si sofferma sulla soglia.
ZIO GIOBBE
Finirà questa guerra maledetta…
64
SCENA 16
8 settembre 1943. Esterno sera.
Piazza del paese gremita. Tutti ad ascoltare la radio.
RADIO
« Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante
potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha
chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle
forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza »
TUTTI
La guerra è finita! La guerra è finita!
La piazza è in festa per la fine della guerra, ma Giovanni si mostra indifferente.
Torna a casa pensieroso.
Tornato al forno trova una sorpresa. Entra in officina, ma lo zio non è solo
GIOVANNI
Che ci fate qua tutti?
CESARE
Ci prepariamo. Lo zio è diventato un antifascista dopo che è cominciata la guerra e ci tiene
nascosto il materiale. Adesso le cose cambiano però!
GIOVANNI
Alla radio hanno detto che la guerra è finita…
CESARE
Ne sei convinto davvero?
65
GIOVANNI
No. Non sono più convinto di nulla, non ci capisco niente… perché non me l’hai detto prima
zio? Hai messo in pericolo i miei fratelli!
ZIO GIOBBE
Era la cosa giusta da fare. Loro sapevano, ma gli ho ordinato di non dirti nulla. Avevamo
paura che fossi diventato uno di loro in guerra.
GIOVANNI
Invece non lo sono.
CESARE
Ora sei con noi? La guerra non finisce oggi. I Tedeschi combattono ancora! Ci stai?
GIOVANNI
Che devo fare?
CESARE
Venire con noi su a Bavaria. È sul Montello. C’è un prete che si è offerto di ospitare una
riunione di antifascisti. Ci andiamo io, te e loro, Toni, quello con la barba e Bette, quello con
la maglia rossa. Cio e lo zio staranno qua con gli altri che adesso sono nelle Grave. Cio,
Toni e Bette sono il mio consiglio di guerra, io sono il capo. Ci fanno comodo due braccia in
più.
GIOVANNI
E va bene. Ma non verrò con voi. Prima devo andare a fare una cosa.
Giovanni esce nuovamente e si incammina verso il fiume. Di là prende la barca e attraversa il
fiume. In piena notte, si dirige nel luogo in cui fu seppellita la sorella e ci costruisce sopra una croce
con dei pezzi di legno:
GIOVANNI
Io vi vendicherò tutti…
66
SCENA 16
Interno di una casa diroccata. Ragazzi armati, con le barbe lunghe.
Scena illuminata fiocamente dalle candele.
Bussata in codice.
TONI
Finalmente! Abbiamo saputo che eri tornato e ti abbiamo fatto chiamare. Dove cavolo eri
finito?
CESARE
Toni ha ragione cugino! Andartene in giro durante il giorno così! Hanno portato via due
ragazzi oggi. Sai dove li portano vero?
TONI
I Tedeschi li portano in Germania.
GIOVANNI
Non ero in paese. Ero a Roma
TUTTI
A Roma? Cosa cazzo sei andato a fare a Roma? Come hai fatto a tornare vivo?
GIOVANNI
Avevo bisogno di vedere papà e Bepin in cimitero. Così se muoio li ho visti l’ultima volta.
CESARE
Cristo santo Giovanni! Cazzo! Hai rischiato di farti portar via per andare in cimitero!
GIOVANNI
Io…
Discussione interrotta dalla nuova bussata in codice. Tutti zitti
67
CESARE
È Cio!
CIO
Ho notizie. Allora, la Cruzzolina, mi ha detto che tra una settimana parte il rastrellamento.
Stasera però la pattuglia gira ridotta perché qualcuno ha disertato. Per le dieci passano in
osteria da Danot. Sono in tre. Si possono rimediare armi senza ammazzare nessuno!
CESARE
Andiamo!
GIOVANNI
Cio, ma te come fai a saperle ste cose?
CIO
Te lo sapevi che la Cruzzolina l’ha sposato mio povero fratello Ieti?
GIOVANNI
No! Quando è successo?
CIO
Nel ’42. Ma mio fratello l’è disperso e lei le fa l’amor al SS tedesco che comanda qua!
GIOVANNI
E a te non da fastidio che si comporti così con Ieti?
CIO
Questa è la guerra tosato. Questa è la guerra… l’importante l’è che la sta con noi!
I partigiani escono dalla casa per dirigersi verso l’osteria Danot.
Arrivati, si organizzano per l’imboscata.
Un gruppo con Cio, Toni e Periot, l’altro con Cesare, Giovanni e Gigante.
68
CESARE
Gio… te hai un nome troppo lungo da dire. Ti chiamerò Rapido. Corri ancora veloce?
GIOVANNI
Sì. Con tutto quello che ho corso in guerra, non è una roba che si dimentica!
CESARE
Allora aspetta il segnale.
Cesare si disarma e scende per incontrare la guardia.
Li invita dentro a bere.
Entrando in osteria, Cesare rivolge un occhiata a tutti, che cominciano a scappar fuori.
GIOVANNI
Ma che starà facendo? È là dentro da un’ora!
GIGANTE
Tranquillo, sa il fatto suo! Eccolo!
Cesare arriva portando le armi dei Tedeschi e dà l’ordine di muoversi.
GIOVANNI
Come diavolo hai fatto?
CESARE
Come ho fatto? Li ho fatti bere finché non si sono ubriacati! Sono così pieni che non stavano
neanche più seduti sulla sedia! Dai andiamocene via!
Scene con serie di azioni di sabotaggio a linee telefoniche e telegrafiche, disarmo di fascisti isolati,
requisizione di cibo dagli ammassi e distribuzione alla gente, diffusione volantini di propaganda,
assalto al Municipio dove vengono bruciate le liste dei renitenti alla leva.
Cio, Giovanni e Gigante entrano in un’osteria chiedere del sale.
Osteria vuota, dietro il banco un’ostessa.
69
CIO
Qui qualcosa puzza. Uscite a coprirmi. Se butta male, ve la svignate.
Giovanni e Gigante escono, mentre Cio si avvicina al bancone.
CIO
Salve! Un raboso per favore!
RAGAZZA
Arriva subito signore!
Esterno, i ragazzi vedono arrivare una pattuglia fascista
GIOVANNI
Merda! Stanno arrivando, dobbiamo avvertire Cio!
GIGANTE
Vattene ragazzo, tieni! Salva le armi, corri!
Giovanni riceve le armi da Gigante e corre via, mentre Gigante entra per avvisare Cio, ma lo trova
con le mani alte sotto il tiro dell’oste.
OSTE
Cani di partigiani! Ora farete la fine che meritano i traditori!
Da lontano, Giovanni vede i ragazzi arrestati e portati via dai fascisti.
70
SCENA 17
Interno. Covo dei partigiani. Notte
Bussata convenzionale.
CESARE
Chi è?
VOCE
Sono la Cruzzolina! Apri, è urgente!
CESARE
Che succede?
CRUZZOLINA
(una donna giovane e attraente, dai capelli scuri e corpo sottile) Meno male, ci siete tutti.
Ascoltate, bisogna agire in fretta. Giovanni… ti hanno riconosciuto, domani verranno a
prenderti per l’interrogatorio. Devi stare calmo e farti trovare in casa, o portano via lo zio e i
tuoi fratelli!
GIOVANNI
Ma come faccio, cosa dico, come faccio?
CRUZZOLINA
Tu devi stare tranquillo, io sarò là… andare a letto col capo delle SS porta dei vantaggi…
CESARE
Sei sicura di non farti scoprire?
CRUZZOLINA
Dovete stare tranquilli, vi ho mai deluso? Avanti, ce la faremo anche stavolta!
BETTE
E Gigante e il Cio?
71
CRUZZOLINA
Cio è in carcere al castello Giol. La Maria gli porta da mangiare di nascosto, da dov’è la
cella. Mi ha detto che i fascisti lo hanno massacrato di botte. Ma se è ancora vivo vuol dire
che non ha parlato, altrimenti lo ammazzavano. Penso a tutto io, parlerò con don Gino che si
interessi lui. Il Gigante è ferito ma è riuscito a scappare, è in una casa delle Grave in cura.
GIOVANNI
Come… don Gino è dalla nostra parte?
CESARE
Sì… sempre stato… i fascisti gliele hanno anche date perché non ha suonato le campane per
Mussolini!
(Giovanni dubbioso)
CRUZZOLINA
Ascolta Rapido, andrà così: domani all’Ave Maria si presenteranno a casa tua i fascisti e ti
prenderanno. Ti porteranno in essiccatoio, dove si nasconde il capo dei Tedeschi, l’amante
mio, Trinkler… ti porteranno da questo Trinkler, è uno alto coi baffi, un bell’uomo. Ti
metterà sotto interrogatorio… rispondi vagamente, io sarò presente e ti aiuterò, d’accordo?
Giovanni annuisce e la scena sfuma.
Ore 7.00 della mattina. Giovanni è seduto davanti alla porta del forno.
Risuona l’Ave Maria e arrivano i fascisti a prelevarlo.
Essiccatoio. Scale a chiocciola.
Stanzone con Trinkler e la Cruzzolina, due macchine da scrivere e due radio.
Un cenno del Tedesco ordina ai fascisti di scendere.
TRINKLER
Siediti!
Lunghi attimi di silenzio.
72
Trinkler offre a Giovanni una sigaretta.
Giovanni accetta e Trinkler gliela accende.
TRINKLER
Tu cosa fa?
GIOVANNI
Io… io faccio pane!
TRINKLER
Per chi?
GIOVANNI
Per la popolazione…
TRINKLER
Neine… tu essere partigiano… tu essere partigiano… eh sì, tu essere partigiano!
CRUZZOLINA
No… lui non partigiano, lui è un bravo ragazzo, fa il pane per la popolazione, è orfano
poverino, vive con lo zio che è eroe di guerra!
TRINKLER
Mmm… tu essere partigiano! Cosa sa di fascista ammazzato in grave di Piave?
GIOVANNI
Io non so niente. Io non sono partigiano, io faccio pane…
TRINKLER
Tieni altra sigaretta, tu fuma (accende). Ma tu essere partigiano!
CRUZZOLINA
(si alza dalla sua sedia per sedersi vicino a Trinkler) Caro… non vedi che questo ragazzo
non sa neanche di che parli? Lo conosco, è un ragazzino semplice, di campagna! Non sa
73
nulla di tutte queste cose! (gli accarezza il viso e lo gira verso di sé) perché non lo lasci
andare e ti prendi un momento per noi? Eh… che ne dici?
TRINKLER
Ja, ja forse è come tu dice (prende un foglio, scrive e poi lo timbra) tu prendi questo e da
domani porti pane su Grave a operai che fanno bunker! Fuori!
Giovanni afferra il foglio e scappa via, vedendo con la coda dell’occhio il Tedesco e la ragazza
baciarsi appassionatamente.
Tornando a casa gli si affianca Gigante.
GIGANTE
Come è andata?
GIOVANNI
Bene… me la sono cavata grazie a quella donna… Dio se ne ha di coraggio! Ma tu stai
meglio adesso, che mi dici?
GIGANTE
Impiccheranno Cio!
GIOVANNI
No! Quando? Non si può fare niente?
GIGANTE
A mezzogiorno in piazza. Hanno già preparato la forca. Hanno trovato un fascista morto
nelle Grave e devono fare la rappresaglia.
GIOVANNI
Cazzo… chi è stato? Si sa?
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GIGANTE
Non siamo stati noi, questo è sicuro. Toni e Cesare sono andati da don Gino per saperne di
più (di nascosto gli passa una pistola) nasconditi vicino alla piazza e tieniti pronto!
Canonica di don Gino.
DON GINO
L’affare è serio signori. Chi lo va a dire che voi non c’entrate? Alla fine siete in guerra!
CESARE
Sì, ma non sono stati i miei uomini. Lo sa come agiamo don Gino, non abbiamo mai sparato
un colpo qua in paese, non servirebbe a niente, perché loro se la prenderebbero con la gente!
TONI
Se lei conosce il colpevole deve dircelo… faremo una segnalazione anonima ai fascisti
DON GINO
E quelli ci crederebbero? Andiamo figlioli!
CESARE
Lei sa chi è stato… non è vero?
DON GINO
Un ragazzo, l’altro ieri. Non l’avevo mai visto, un fascista. È venuto a confessarsi che aveva
fatto qualcosa di brutto a un ufficiale che gli aveva portato via la donna. (si interrompe un
attimo, perché entra una suora a sistemare un libro. Poi la suora esce e don Gino ricomincia)
Mi ha detto dove trovare il corpo. Ascoltate, anche se voi non c’entrate nulla, non potete
andare lì ad esporvi troppo.
CESARE
Io non lascio da solo a morire il marito di mia sorella! Se non si fa nulla, attaccheremo la
piazza all’ora dell’esecuzione. I miei uomini sono già pronti.
75
DON GINO
Per l’amor di Dio non fate una simile pazzia! Volete che poi brucino l’intero paese? Farò un
altro tentativo io… ci vado subito, voi andate…
Mezzogiorno. Cappi in piazza pronti per l’esecuzione.
Batte mezzogiorno ma la macchina col prigioniero non arriva.
I partigiani nascosti vedono un portalettere portare un ordine al picchetto, che poi si ritira.
GIOVANNI
Che succede?
BETTE
Merda, me lo portano da un’altra parte… lo ammazzano da un’altra parte!
GIGANTE
Arriva Toni!
TONI
Ragazzi disperdersi subito, tra un po’ partirà il rastrellamento.
GIOVANNI
E che ne sarà di Cio?
TONI
Don Gino è riuscito a trattare coi Tedeschi. Ha detto di essere riuscito a convincere i
partigiani a consegnare le armi. Gli ha detto che le troveranno al vecchio deposito della
Castorina.
BETTE
Ma il deposito della Castorina è abbandonato… lì ci sono solo le armi della guerra del 15-18
trovate arando i campi!
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TONI
Appunto, il don li ha fregati. Ma noi dobbiamo restare calmi per tutto l’inverno, questi sono
gli accordi!
GIOVANNI
E Cesare dov’è?
TONI
A tener fede al resto degli accordi… avete presente la suora che vive in canonica con don
Gino? Non è una suora è un’ebrea…
GIGANTE
Un’ebrea?
TONI
Sì… era ricoverata in ospedale a Oderzo… l’abbiamo portata qui e nascosta in canonica io e
Cesare su ordine del CLN di Treviso. Ascoltate: Cesare e la donna sono andati a prendere
Cio e lo faranno uscire. Adesso andrà così: i fascisti e i Tedeschi troveranno questo covo e
crederanno che i partigiani siano finiti. Noi dobbiamo starcene buoni per un po’ di mesi, fino
a che non passa l’inverno. Don Gino ci ha iscritto tutti a lavorare nella Todt, quindi da
domani tutti voi andrete nelle Grave a lavorare a fare i bunker. Ognuno di voi guarderà
molto bene quanti sono i Tedeschi e i fascisti, quante armi hanno e come si comportano. Io e
Cesare porteremo questa donna nel nostro nascondiglio nelle Grave, nella casa Facchin.
Nessuno dovrà sapere nulla, che a nessuno di voi venga in mente di parlare in giro di questa
donna. Quando sarà il momento, io verrò a cercarvi e riprenderemo in mano le armi! Per il
momento, questi sono gli ordini… e ora ognuno per sé!
La comitiva si saluta e comincia a nevicare.
77
SCENA 18
Esterno. Aprile 1945
Sparatoria alle porte del paese tra partigiani e fascisti, presso l’ammasso annonario.
CESARE
Basta sparare, basta… si arrendono!
Otto fascisti avanzano con le mani alzate in segno di resa
I partigiani vanno loro incontro e li legano.
CESARE
Toni, Gigante, Rapido, Bette! Prendete tutto quello che c’è dentro. Scegliete due uomini a
testa e andate per il paese stanotte a distribuire da mangiare a chi ha bisogno. La gente è alla
fame, dobbiamo dargli una mano… così potranno accettare la nostra causa. Svelti!
CIO
Che ne facciamo dei prigionieri? Non possiamo lasciarli andare!
TONI
(puntando loro il mitra addosso) dipenderà da loro… che intenderanno fare… spogliatevi,
completamente! Toglietevi tutto!
-
i ragazzi obbediscono con imbarazzo –
E ora andatevene dal paese, di corsa! Se tornerete vi fucileremo, via!
I partigiani ridono mentre continuano a sequestrare la merce dell’ammasso assaltato.
Notte. Forno dello Zio Giobbe.
Quando Giovanni arriva alla fine del giro trova la vetrina rotta.
Entra di corsa e trova lo zio a terra, pieno di lividi.
ZIO GIOBBE
I fascisti Giovanni… i fascisti… hanno preso Carmelo… lo hanno preso…
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Giovanni comincia a correre verso la piazza, incrociandosi con Bette, che tornava dal suo giro
GIOVANNI
Hanno preso Carmelo. Hanno preso mio fratello Carmelo!
BETTE
Merda, i fascisti? Dobbiamo chiamare gli altri!
Urla strazianti dalla piazza, donne che piangono…
GIOVANNI
Che succede?
BETTE
Corriamo, svelto!
Quando i due arrivano lo spettacolo è impressionante. Carmelo è legato per i piedi a un carro e i
fascisti lo stanno trainando in giro per la piazza. Il corpo del ragazzo gronda sangue.
Le donne disperate urlano di smetterla, lo spettacolo crea un tumulto, la gente si accalca contro i
fascisti che a colpi di manganelli cercano di respingere la folla che vuole fermare lo scempio.
FASCISTA A CAVALLO
Smettetela subito o sparo! Sparo!
La folla si fa sempre più rabbiosa
FASCISTA A CAVALLO
Sparate! Sparategli addosso! (rivolto a due soldati lì vicino)
I soldati fascisti sparano sulla folla, che comincia a disperdersi, cadono tre persone.
I fascisti continuano a mitragliare, ma poi si sentono altri colpi, verso i fascisti, che si fermano.
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TRINKLER
Maledetten fascisten! Che diavolo state facendo? Sono io che comando qui! Caporal! Prenda
in consegna questi uomini e li porti alle carceri immediatamente!
CAPORALE
Jawohl!
TRINKLER
(rivolto al fascista) la guerra è finita. Noi stiamo trattando la resa coi partigiani! Se volete
salvarvi la gola vi conviene arrendervi, perché non ci saremo più noi a salvarvi il culo!
Mentre la folla si disperde, Giovanni e Bette si avvicinano al corpo di Carmelo e lo caricano sul
carro per portarlo via.
Trinkler li vede e capisce, ma non interviene. Si avvicina da solo:
TRINKLER
Ho consegnato questo pomeriggio la dichiarazione di resa incondizionata al vostro
comandante di brigata! Domani cominceremo le operazioni di ritiro dal paese! Mi dispiace
per quanto è successo! Per noi la guerra è finita.
BETTE
E per i fascisti?
TRINKLER
Ja… quelli se volete ve li faccio trovare in galera. Poi farete voi quel che vi pare!
GIOVANNI
Io li voglio morti!
TRINKLER
Fatene quel che volete! La guerra per noi è finita!
Mentre Trinkler gira le spalle e se ne va, Giovanni piange di rabbia e fa cenno a Bette di andare.
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SCENA 19
Esterno piazza del paese gremita.
Gente in festa. Carri armati tedeschi che si ritirano. La guerra per loro è finita.
I partigiani tirano fuori dalla galera i fascisti e li portano in paese.
I fascisti sono sul palco, montato in piazza per l’occasione.
FOLLA
A morte!
Ammazzateli quei maledetti!
A morte, a morte, a morte!
CESARE
Calma, calma! Cittadini! Uomini e donne, ora siamo liberi! La guerra è finita! Ognuno di
voi riceverà un sacco di grano, fagioli e sigarette che abbiamo trovato nel comando tedesco
in essiccatoio, vi verranno tutti distribuiti a casa questo pomeriggio…
FOLLA
A morte i fascisti! A morte!
TONI
Secondo le disposizioni del CLN provinciale, sarà fatto per tutti un regolare processo!
FOLLA
A morte subito! Tutti quanti!
La folla sale sul palco, i partigiani perdono il controllo e vengono messi i cappi alla testa ai fascisti,
tre vengono impiccati.
Cesare dà ordine di sparare in aria per disperdere la folla.
La folla spaventata scappa dalla piazza.
GIOVANNI
Dovevamo farlo noi! Dovevamo ammazzarli tutti noi!
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TONI
Saremo stati come loro!
Nel tardo pomeriggio arrivano i carri armati alleati nel paese e c’è grande festa, distribuzione di
doni, dolciumi, cioccolate, chewingum e tabacco.
Giovanni è a casa, molto preoccupato.
ZIO GIOBBE
Che cos’hai ragazzo?
GIOVANNI
Le hai sentite le notizie?
ZIO GIOBBE
Quali notizie?
GIOVANNI
La gente ha preso la Cruzzolina e le ha tagliato i capelli. È dovuta scappare dal paese. Dopo
tutto quello che ha fatto per il paese. Questa gente erano tutti fascisti… che ci fanno ora
dalla nostra parte? Anche il prete, prima con noi, ora… ha detto a Cesare che non può più
farsi vedere con noi, che dall’alto gli hanno detto che non si sta coi partigiani, che bisogna
parlar male che sono tutti comunisti. Io neanche so cos’è il comunismo… e comunque, di
quello non mi sono mai fidato. Io so che il fascismo mi ha tolto un padre e una madre, due
fratelli e una sorella. Per colpa del fascismo non so più che fine hanno fatto Marina e Luigi.
Il Mangano è ancora impunito e la gente va in giro a dire che i partigiani son peggio dei
fascisti… non l’abbiamo uccisa noi quella gente, lo hai visto stamattina, c’eri anche tu…
ZIO GIOBBE
Che pensi di fare allora?
GIOVANNI
Zio… io non ho più niente qua. Non mi va di restare. Anche la Pierina mi ha lasciato per
uno che ha i soldi. Io me ne vado… vado via, non ci voglio restare qui.
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ZIO GIOBBE
E i tuoi fratelli? Dio santo, hai ancora due fratelli, ti ricordi? Che ne sarà di Dante e di Irma?
Hanno solo diciotto anni!
GIOVANNI
Manderò a casa dei soldi per loro. Dante ti farà comodo in forno e Irma a mettere a posto la
casa. Tu non hai figli e sei vedovo, possono stare con te… io no… io ho 26 anni zio… gli
ultimi sette li ho fatti in guerra… non ne voglio più sapere niente dell’Italia. Non voglio più
stare qui… che vita ho avuto qua? Che vita ho avuto in Italia? Io parto… addio!
Giovanni afferra una valigia di cartone, tenuta assieme da una cinghia e si incammina senza
voltarsi.
Zio Giobbe in lacrime, viene raggiunto dai nipoti Dante e Irma
DANTE
Giovanni va via zio?
ZIO GIOBBE
Sì tesoro, mio. Sì. Non lo so dove andrà, ma se ne va via
IRMA
Non vuole più stare con noi…
ZIO GIOBBE
Vostro fratello ha sofferto troppo ragazzi. Venite, su forza, venite dentro. Dobbiamo fare il
pane. Siamo liberi ora, si deve fare festa!
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SCENA 19
1946. Belgio, miniere di carbone.
Giovanni viene scelto dal datore di lavoro ed entra nel fondo.
Scene di vita in miniera.
Minatori che scavano.
Minatori che spingono i carrelli riempiti fino al montacarichi.
Fine lavoro, Giovanni esce e si dirige in una locanda, ma fuori c’è scritto: “Interdit au chien
et aux Italiens”. Giovanni non capisce
MINATORE ITALIANO
Significa vietato ai cani e agli Italiani! Non possiamo entrare qui, per noi è proibito… sai,
per quello che abbiamo fatto in guerra… piacere io sono Luca! Hai un posto dove stare?
GIOVANNI
No. Sono due settimane che dormo in spogliatoio.
LUCA
Allora vieni da me. Ci divideremo le spese.
L’appartamento è piccolissimo e squallido, senza servizi igienici. La doccia in comune con altri
appartamentini dello stesso stabile. Odoraccio…
GIOVANNI
Cavoli?
LUCA
Sì… è il cibo più economico. Cavoli e cipolle. Quasi ogni giorno, non possiamo permetterci
altro con la nostra paga. Non stare molto sotto la doccia, altrimenti chiudono l’acqua!
Giovanni annuisce tristemente, mentre esce con l’asciugamano per lavarsi.
Altri tristi giorni in miniera.
Lavoro duro e ripetitivo. Il tempo passa inesorabile.
Caldo più del solito, pausa pranzo al fondo.
84
MINATORE
Guarda qua!
LUCA
Cos’è?
MINATORE
Una cartolina di mia moglie! Ciao amore tutto bene, soldi arrivati torna presto ti amo baci!
Stefano cresce bene, oggi diventato maggiorenne!
GIOVANNI
Io non ne ricevo mai di posta…
LUCA
Da quanto sei qui sotto?
GIOVANNI
Ventidue anni. Non ho mai ricevuto posta dai miei fratelli. E ogni sabato spedisco a casa
soldi per loro… io non capisco perché… cough
Giovanni comincia ad ansimare e tossire, poi a sputare sangue, cadendo in avanti.
I colleghi allarmati lo caricano sul montacarichi e lo mandano fuori
Giovanni si risveglia in una stanza d’ospedale
INFERMIERA
È sveglio. Ha sete? Vuole un po’ d’acqua? Chiamo il dottore!
DOTTORE
Ben svegliato signor Favaro…
GIOVANNI
Che succede dottore? Che mi succede?
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DOTTORE
Una malattia molto comune ai minatori… lei è malato di silicosi e la avverto, quando si
comincia ad avere i polmoni come i suoi, non si vive ancora a lungo… quando ha avuto i
primi sintomi… quando ha cominciato a tossire così la prima volta?
GIOVANNI
Quattro o cinque anni fa…
DOTTORE
E per tutto questo tempo non si è mai fatto visitare?
GIOVANNI
Non ne avevo il tempo. Mi servivano soldi per la famiglia…
DOTTORE
Ascolti signor Favaro, la sua situazione è molto grave. Non tornerà indietro, i polmoni sono
messi molto male. Non potrà più lavorare in miniera. Ho dato disposizioni che dopo il
ricovero lei rientri a casa… solo respirando l’aria di casa a cui era abituato potrà sentirsi un
po’ meglio.
GIOVANNI
Ma io ho bisogno di lavorare…
DOTTORE
Lei ora per il nostro Stato è invalido permanente e totale e quindi inabile al lavoro.
Terminato il ricovero riceverà un’adeguata pensione, ma dovrà tornare in Italia, per il suo
bene, mi ascolti.
Il dottore lascia la stanza e lascia Giovanni triste e sconsolato.
Si alza dal letto per andare ai telefoni.
Chiama lo zio per informare che sta per tornare, ma dall’altro capo risponde una voce che dice che
il numero non esiste più.
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SCENA FINALE
1971 Aeroporto di Venezia. Arrivo dell’aereo.
Giovanni scende e si sente spaesato, tutti corrono.
Le macchine sfrecciano in continuazione senza fermarsi, finché riesce a chiamare un taxi.
TASSISTA
Dove è diretto?
GIOVANNI
A Cimadolmo. Ma se non sa dov’è mi porti a prendere una corriera o il treno!
Il tassista si gira senza rispondere e sfreccia ad alta velocità.
Dopo un lungo viaggio che lascia sbalordito Giovanni per tutte le nuove case e fabbriche viste,
il tassista arriva a Maserada
GIOVANNI
Qui non esisteva il ponte una volta, si passava col traghetto… e il Piave non ha neanche
l’acqua!
TASSISTA
La fermano in montagna per fare la corrente elettrica. Dica un po’, ma lei da quanto non
passa più da queste parti?
GIOVANNI
Sono passati 27 anni…
TASSISTA
Ah ma allora se ne è perse di cose!
GIOVANNI
Così pare…
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Arrivati in paese Giovanni paga il tassista che saluta e se ne va
GIOVANNI
Che diavolo è successo qui?
Il paese è tutto diverso. Giovanni non si ritrova.
Cerca la casa dello zio, ma ci trova un altro nome sulla porta. Suona per avere informazioni
Esce una signora giovane, con la sigaretta in mano
SIGNORA
Che c’è?
GIOVANNI
Mi scusi signora... cercavo un persona che abitava qui, Giobbe Spagnol. Sa dov’è andato?
SIGNORA
È in pensione adesso. Vive là, in quegli appartamenti sull’altro lato della strada.
GIOVANNI
Grazie io…
La donna sparisce sbattendo la porta senza lasciare a Giovanni tempo di finire la frase
Giovanni suona al campanello dello zio.
Risponde una voce stanca
ZIO GIOBBE
Chi è?
GIOVANNI
Zio Giobbe, zio Giobbe sei tu? Sono Giovanni!
La porta si apre e da un appartamento esce l’ormai vecchissima figura dello zio, con le lacrime agli
occhi. Fra i due c’è un lungo silenzio.
Poi un forte abbraccio e l’invito a entrare
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ZIO GIOBBE
Non avevamo tue notizie da mesi.
GIOVANNI
Sono stato male. Silicosi. Cinque anni di ricovero in ospedale. Io invece non ho mai avuto
notizie di voi… per 27 anni!
ZIO GIOBBE
I tuoi fratelli non hanno mai voluto scriverti. Ci ho provato, ci ho provato a farli ragionare,
ma non hanno voluto saper ragioni.
GIOVANNI
Stanno bene? Cioè i fratelli… i miei compagni…
ZIO GIOBBE
Sei mancato molto a tutti. La ditta dove lavorava Cesare è fallita. È emigrato in Australia a
lavorare in una fabbrica di banane. Gigante è andato a Torino, alla Fiat. Bette è finito anche
lui in Belgio lo hai mai visto? (no con la testa di Giovanni). No? Bhé era lì anche lui… e
Cio… Cio fa sempre il contadino, si è comprato la terra adesso, le cose gli vanno bene…
GIOVANNI
E i miei fratelli?
ZIO GIOBBE
Non li troverai qui in paese… hanno fatto carriera (si alza per prendere il caffè e versarlo
nelle tazze)! Marina è in Vaticano… pensa che ora è la cameriera personale del papa. Luigi
invece è Monsignore… sul Lago di Garda, non ricordo dove. Irma si è sposata un armatore
veneziano, uno di quelli delle crociere. Stanno su una grande villa in Svizzera… per non
pagar le tasse dicono. Dante lo trovi, ma stasera, perché lavora, è sempre in giro. Lui è
rimasto qua. Ha cominciato come muratore. Il capo non aveva figli e gli ha passato
l’impresa a lui… dov’essi vedere che villa ha adesso, non gli manca nulla, ha tre bagni e
dodici stanze, con la piscina in giardino. Va in giro con la Mercedes tuo fratello, è uno che
conta adesso… si dice che diventerà Sindaco stavolta!
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GIOVANNI
Dove sta?
ZIO GIOBBE
(pensieroso) non… non ti puoi presentare così a casa sua, senza farti sentire per tutti questi
anni, tu…
GIOVANNI
Voi non vi siete mai fatti sentire voi! Io ogni settimana rinunciavo a metà del mio stipendio
per mandarvelo a casa! Se hanno fatto fortuna lo devono a me, a tutti i soldi che ho mandato
a casa per non ricevere mai nemmeno una lettera!
ZIO GIOBBE
Non è come credi… e poi tu sei sparito senza lasciare nulla…
GIOVANNI
(Urlando e sbattendo i pugni sulla tavola) c’era il mio indirizzo sui vaglia!
ZIO GIOBBE
E va bene… ti porto da lui!
Lo zio accompagna Giovanni alla casa dal fratello, ma non scende assieme dalla macchina.
GIOVANNI
Tu non vieni?
ZIO GIOBBE
No, no… vado a fare la spesa… entra pure… stasera puoi fermarti da me, vado a prepararti
un letto e prendere qualcosa per cena!
La macchina si allontana.
Giovanni si fa forza e respira profondamente.
Guarda la villa e rimane colpito.
Poi si decide a suonare al campanello.
90
VOCE FEMMINILE
Chi è?
GIOVANNI
Buongiorno… io sono… sono Giovanni! C’è Dante?
VOCE
Io sono la moglie. Perché cerca Dante, lei chi è?
GIOVANNI
Sono Giovanni. Suo fratello maggiore…
VOCE
Dante non mi ha mai detto di aver un fratello…
ALTRA VOCE
Chi è?
PRIMA VOCE
(sussurra) Uno che dice di essere tuo fratello…
DANTE
Mandalo via!
La donna chiude il citofono e la comunicazione si interrompe.
Giovanni è scosso.
Si avvia verso la piazza cercando di ricordare com’era un volta.
Prende la strada per la chiesa e ci entra. Trova una donna che fa le pulizie
GIOVANNI
Mi scusi… mi sa dire dove posso trovare don Gino?
DONNA
Ma come si permette? Don Gino è morto più di dieci anni fa!
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La donna se ne va stizzita guardando male Giovanni, che imbarazzato esce dalla chiesa
Si ferma a guardare la piazza e si sente soffocare, allora prende la strada per il fiume
Anche la strada è cambiata, è tutto asfaltato, con case tutto attorno.
Arrivato in cima all’argine vede il fiume privo d’acqua.
Scende l’argine lentamente con passo stanco, fino ad arrivare sulla sponda di un rigagnolo d’acqua,
dove un tempo correva il fiume.
Sullo sfondo, draghe di una cava e camion che vanno avanti e indietro carichi di sassi.
Giovanni si siede sui sassi pieni di sconforto e tossisce forte, sputa.
I sassi davanti a lui si riempiono di rosso.
Giovanni tira fuori dalla tasca una foto sbiadita della sua famiglia negli anni ’20, prima che tutte le
disgrazie cominciassero.
La tiene fra due dita, le lacrime gli scendono dal viso.
Un alito di vento gliela porta via. Giovanni non reagisce, guarda perso l’orizzonte.
Giovanni si volta indietro e si rivede bambino correre fra i sassi. La visione sparisce nel sole e
Giovanni, preso dall’ansia, ha un colpo al cuore.
La scena si chiude in sfumando sull’ultimo camion di ghiaia che se ne va, salendo dal greto e
passando incurante di fianco al corpo esanime di Giovanni, coperto dalla polvere del camion.
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