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Amicizia Agostino IT

Sull'amicizia, una delle realtà umane più sublimi, Agostino d'Ippona ha spesso richiamato l'attenzione nei suoi scritti, sebbene non abbia mai trattato i suoi contenuti in un'opera a se stante. Tuttavia, generalmente si ritiene che egli sia stato il primo tra gli autori cristiani ad abbozzare questo tema in maniera assai completa e organica. Qui non possiamo soffermarci in maniera esauriente su tutti i dettagli della sua esperienza e della dottrina, ma piuttosto su quelli più essenziali. Egli è stato molto sensibile ai rapporti amichevoli, convinto che l'amicizia sia uno dei doni più grandi, sebbene non proprio il più grande. Il dono più grande sarebbe la sapienza ed ecco perché nei Soliloqui dirà che ama solo la sapienza per se stessa, mentre gli altri beni, tra i quali enumera anche le amicizie, vuole averli solo per essa, pur temendo di non averli. 1 Tuttavia, per capire in quanta considerazione egli aveva l'amicizia, ossia per capire che l'amicizia per lui rappresentava veramente un valore molto grande e apprezzato, basta sapere che riteneva la vita umana insensata e priva del valore autentico se vissuta senza l'amicizia e senza gli amici.

Amicizia in sant’Agostino Introduzione Sull’amicizia, una delle realtà umane più sublimi, Agostino d’Ippona ha spesso richiamato l'attenzione nei suoi scritti, sebbene non abbia mai trattato i suoi contenuti in un’opera a se stante. Tuttavia, generalmente si ritiene che egli sia stato il primo tra gli autori cristiani ad abbozzare questo tema in maniera assai completa e organica. Qui non possiamo soffermarci in maniera esauriente su tutti i dettagli della sua esperienza e della dottrina, ma piuttosto su quelli più essenziali. Egli è stato molto sensibile ai rapporti amichevoli, convinto che l'amicizia sia uno dei doni più grandi, sebbene non proprio il più grande. Il dono più grande sarebbe la sapienza ed ecco perché nei Soliloqui dirà che ama solo la sapienza per se stessa, mentre gli altri beni, tra i quali enumera anche le amicizie, vuole averli solo per essa, pur temendo di non averli. Cf. Agostino, Sol. 1,13,22. Tutti i testi di Agostino usati in questa ricerca sono presi dai singoli volumi dell'edizione bilingue del NBA, pubblicati da Città Nuova Editrice. Tuttavia, per capire in quanta considerazione egli aveva l'amicizia, ossia per capire che l'amicizia per lui rappresentava veramente un valore molto grande e apprezzato, basta sapere che riteneva la vita umana insensata e priva del valore autentico se vissuta senza l’amicizia e senza gli amici. 1. L’amicizia nel mondo antico La riflessione agostiniana si colloca nell’alveo della tradizione classica sull’amicizia dalla quale ha attinto, anche se già dai primi scritti è chiaro che l’abbia superato grazie all’influsso della fede cristiana che è diventata decisiva per il suo pensiero dopo la conversione, e prima di tutto bisogna spiegare, in sintesi, che importanza per gli antichi aveva questo tema. Gli antichi definivano l'amicizia in diversi modi e Agostino si adeguerà e seguirà tali definizioni. Così ad esempio l'amicizia è pensata come un affetto e relazione interpersonale di benevolenza reciproca, ossia una specie di amore (amor amicitiae, philia), che era connaturata all'uomo e valore positivo di rilevanza civile e politica. Vari filosofi ne mettono in evidenza diverse caratteristiche o sottolineano elementi specifici, ma tutti accordano sul fatto che l'amicizia è una delle realtà più importanti nella vita umana. Vale la pena di riportare soprattutto la definizione ciceroniana dell'amicizia, perché sarà proprio l'Arpinate ad influire di più sul concetto di amicizia di Agostino. Egli, infatti, dice che l'amicizia è “un perfetto accordo nelle cose divine e umane, unito con un sentimento di benevolenza e di affetto” (Laelius, 6,20). Per di più essa è da anteporre a tutti i beni, dopo la sapienza, tiene uniti gli animi dei cittadini ed è utile nella buona e nella cattiva sorte (Laelius, 5). Cf. E. CENTINEO – A. PERATONER, Amicizia, in: Enciclopedia filosofica I, Bompiani, Milano, 2006, 341-343. Già da queste definizioni si ravvisa che nel mondo greco-romano l’amicizia non è stata concepita solo come un rapporto tra due individui, ma è stata vista anche nel contesto più largo, ossia in quel contesto politico, in vista del bene comune al quale la vera amicizia doveva tendere per ‘produrre’ il bene comune come un frutto autentico dei rapporti amicali. Nel mondo antico poi esistevano varie forme di amicizia: 'cameratesca' o guerriera, politica, amicizia – ospitalità e infine quella personale. Nelle polis greche l'amicizia diventa un mezzo di difesa contro lo strapotere delle istituzioni, utile a ricreare uno spazio dove l'uomo fosse in grado di espletare le proprie capacità, oltre che la sua irrinunciabile vocazione sociale. Dai grandi pensatori classici l'amicizia era giudicata addirittura superiore alla giustizia. Infine, l'amicizia è la forma di relazione tipica dei sapienti, ossia virtuosi. Cf. L. PIZZOLATO, L'ide dell'amicizia nel mondo classico e cristiano, Einaudi, Torino, 1993, 4-7. La qualità distintiva di un rapporto di amicizia, come lo indica già la parola stessa, diventava l'amore. Ma l'amore di amicizia implicava per gli antichi anche il sentimento opposto, cioè l'odio, come se non potesse esistere l'amicizia senza un forte sentimento dell'odio. Un altro rischio nei rapporti di amicizia era l'amore di se stesso. Tale sentimento poteva dominare i rapporti di amicizia, variando da un amore in cui si poteva amare l'altro per se stesso, come me stesso, per arrivare ad amarlo per me stesso. Così si creava il rischio di un amore possessivo, ma anche di un amore utilitaristico, strumentalizzante con il quale si amava l’altro per altri fini o scopi. Così l'amicizia nel mondo antico cercava una via media tra un puro egoismo e il disinteressamento assoluto, cercando di essere un incontro originale ed armonioso di questi due sentimenti. L'amicizia non è neanche un sentimento astratto di filantropia, ma, anzi, se ne distingue e distacca. L'amicizia, è vero, implica una preferenza e una scelta. Essa è parziale, ed è esclusiva e gelosa. Se si ama un amico per se stesso, lo amo come tale distinguendolo dagli altri. Ecco perché tra tanti conoscenti gli amici erano pochi, distinti da altri uomini e più amati da altri. Per gli antichi, quindi, l'amicizia si fondava sulla volontà e sulla libera scelta, ed è stata un legame accettato e non imposto o subito con la forza. Essendo tale l'amicizia diventava il modello di tutte le relazioni umane, e soprattutto quelle sociali. Regolata dalla volontà e dalla ragione l'amicizia non poteva essere un sentimento improvvisato, ma ben formato con delle implicazioni morali precise. Cf. L. DUGAS, L'amitié antique, Librairie Félix Alcan, Paris, 1914, 291-303. Insieme a questo studio e quello sopracitato di Pizzolato, rimando anche ad altri due studi molto utili per approfondire questo tema: J.-C. FRAISSE, Philia. La notion d'amitié dans la philosophie antique, Librerie philosophique J. Vrin, Paris, 1974; A. Fürst, Streit unter Freunden. Ideal und Realität in der Freundschaftslehre der Antike, Tuebner, Stuttgart-Leipzig, 1996. 2. I tratti essenziali dell'esperienza agostiniana sull'amicizia Nella vita di sant’Agostino si può parlare in due modi dell’amicizia. Da una parte c’è l’insegnamento su questo tema e dall’altra parte c’è l’esperienza concreta che egli ha avuto lungo la vita e che ci è rimasta ampiamente documentata nei suoi scritti. Sarebbe impossibile in questa breve trattazione esporre in maniera esauriente tutti i contenuti del suo insegnamento e i punti saliente della sua esperienza, ma purtroppo ci dobbiamo limitare solo ai momenti essenziali del suo pensiero sull’amicizia, piuttosto che esporre vari casi e modelli della sua esperienza, anche se non si può prescinderne del tutto, essendo queste due realtà intrecciate. Tuttavia speriamo di proporre un quadro assai completo, consistente e coerente. Prima di tutto va detto che il Santo d'Ippona è stato uno che ci teneva tantissimo all'amicizia e agli amici già dall'età dell'adolescenza. A proposito si può leggere l'approfondito studio di Marie A. McNAMARA, L'amicizia in sant'Agostino, Ancora, Milano, 2000. L'autrice esamina il modo di essere amico di Agostino stesso, ma soprattuto vari personaggi e amicizie che si è creato lungo la vita. Ed è vero che sono stati tantissimi che sono entrati nella cerchia stretta di coloro che possono essere considerati suoi amici. Non solo teoricamente ritiene che gli amici siano il conforto nella vita, Cf. De civ. Dei 19,8. Nelle Confessioni (cf. 4,8,13) riconosce che nella giovinezza il massimo conforto gli veniva dagli amici con i quali aveva in comune l'amore di ciò che amava nella vece di Dio. ma egli ha potuto dirlo perché l'ha sperimentato. Descrivendo i giorni della sua giovinezza ci testimonia che la cosa che lo dilatava di più era quella di amare e sentirsi amato, solo che non sapeva mantenere tale bisogni nei limiti della devozione di anima ad anima, fino al confine luminoso dell'amicizia, bensì il suo cuore veniva offuscato dalla paludosa concupiscenza della carne. Cf. Conf. 2,2,2. Anzi, dirà che senza amici non avrebbe potuto essere felice nemmeno nel senso che dava allora alla parola "felice". Cf. Conf. 6,16,26. Una volta convertitosi alla fede cristiana, Agostino, sia nelle Confessioni così anche in altri testi, con sincerità e onestà esprimerà il giudizio sulle proprie amicizie giovanili, che in lui si insinuavano con una certa apparenza di bontà, ma in realtà diventavano come una corda sinuosa attorno al collo, che minacciava di strangolarlo. Cf. De d. anim. 9,11. Quando si parla dell'esperienza di Agostino, è inevitabile ricordare una sua amicizia emblematica con un coetaneo a Tagaste, rimasto sconosciuto. Questo rapporto intenso di amicizia giovanile è stato descritto nel quarto libro delle Confessioni e definito da Agostino stesso come un’amicizia dolce più di tutte le dolcezze della sua vita di allora. Cf. Conf. 4,4,7. Agostino, quindi, finiti gli studi a Cartagine e tornato a Tagaste, instaurò una stretta amicizia con un antico compagno di studi e giochi infantili a cui si affezionò tantissimo da dipenderne molto. Quando questi morì Agostino ne fu sconvolto e rattristato fino in fondo dell'anima al punto tale che lo assalivano i pensieri di morte. Cf. Conf.4,4,7-9. Si può vedere anche: A. PINCHERLE, Vita di sant'Agostino, Roma-Bari, 1988, 30-31; M. A. McNAMARA, 54-56. In base a questo episodio P. Brown considera Agostino dispotico nelle sue amicizie (cf. Agostino d'Ippona, Einaudi, Torino, 2005, 52), ma riteniamo il suo giudizio esagerato perché non tiene in conto l'insieme del suo comportamento né del suo insegnamento, sebbene sia stato spiritus movens tra gli amici. Ma non solo nella terra nativa si confortava e si allietava della presenza degli amici, ma l'amicizia era una realtà alla quale ci teneva ovunque, andava. Arrivato a Milano e presentatosi al vescovo Ambrogio, fu accolto meglio che non si aspettasse, e ne fu sorpreso e sentì subito viva simpatia verso quell'uomo del quale egli, così propenso all'amicizia, desiderò di poter diventare amico. Dopo è rimasto deluso perché Ambrogio, anziché diventargli amico, gli rimase inaccessibile. Cf. A. PINCHERLE, 47 e 54. Durante il soggiorno a Milano la presenza degli amici, soprattutto quella di Alipio e Nebridio, gli sarà consolante e preziosa nel suo faticoso cammino alla ricerca di Dio. Cf. C. WHITE, Christian friendship in the fourth century, Cambridge University Press, Cambridge, 1992, 186. Insieme con loro potrà maturare la sua profonda esperienza di conversione. E, infatti, si può dire che proprio con Alipio, compagno molto fedele, stringerà un’amicizia più profonda e fertile, insieme al quale si è convertito ed è stato battezzato. Tornati in Africa sono diventati tutti e due vescovi cosicché hanno condiviso la stessa esperienza della missione affidata da Dio e del servizio reso alla Chiesa. Agostino ci teneva tanto anche di acquistarsi l'amicizia di san Girolamo di cui ci è rimasta una buona documentazione nella loro corrispondenza epistolare, lo stesso come anche con Paolino di Nola, con i quali non si è mai incontrato personalmente. Altri suoi amici più conosciuti sono stati: amici di Milano come Manlio Teodoro e Simpliciano; amici benefattori come Verecondo e Romaniano; amici vescovi come Valerio d'Ippona, Evodio di Uzali, Severo di Milevi, Possidio di Calama, Aurelio di Cartagine e tanti altri. Noi ci fermiamo qui ad elencare, ma l'elenco dei suoi amici è molto più lungo, come ce l'ha presentato Marie A. McNamara nel suo libro già ricordato al quale rimandiamo per chi vuole saperne più. 3. La definizione e la natura dell'amicizia Agostino si può dire che è stato il primo a sviluppare una teoria dell'amicizia cristiana, prima sulla scia degli autori classici e poi seguendo l'insegnamento della fede cristiana e delle divine Scritture. In tal senso egli si attiene alla definizione ciceroniana che l'amicizia è un accordo sulle cose divine e umane: “Infatti un mio intimo amico concorda con me non solo su quanto v'è di probabile nella vita umana, ma anche nella religione. È indizio assai manifesto del vero amico. L'amicizia molto rettamente e giustamente è stata definita come comunicazione, mediante benevolenza e amore, di cose umane e divine (Cicerone, Lael. 6. 20 ).” C. Accad. 3,6,13. Agostino, però, ha operato una trasformazione di questa definizione dandole un senso specificamente cristiano. Egli, infatti, ha trasformato il concetto dell'amicizia antica, definita come un accordo sulle cose umane e divine, per spiegare l'amicizia come frutto della grazia, dono dello Spirito Santo diffuso nei cuori umani. Si può ravvisare generalmente in due periodi della vita di Agostino due approcci diversi. Nel primo periodo per Agostino l'amicizia è una simpatia vicendevole che unisce due persone. Nel secondo: il legame di amicizia è un dono dello Spirito Santo, donato con la grazia. Nel primo periodo egli definisce l'amicizia in maniera esclusivamente classica, ma dopo ci saranno dei tratti esplicitamente cristiani. In seguito oserà parlare addirittura dell'amicizia con Dio, oppure dell'amore di amicizia per tutti gli uomini, in base all'amore di Dio, il che è una grande novità non riscontrabile nel mondo classico pagano. Cf. J. T. LIENHARD, Amitié, amis, in: Encyclopédie sain Augustin, Cerf, Paris, 2005, 27-29. Di tutto ciò si parlerà più avanti in maniera più approfondita. Dopo la conversione, ritiene Carolinne With, egli è rimasto insoddisfatto di una forma di amicizia fondamentalmente umanistica, così che ne ha adottato un altro punto di vista in accordo con l'idea dell'amore così come rivelata da Dio negli scritti di san Paolo e san Giovanni, nonché con l'insegnamento e l'esempio di Cristo incarnato. Tuttavia neanche dopo la conversione smette di attingere alle fonti classiche e usarle come referenze in materia, ovviamente ormai superata dalla ricchezza dei contenuti cristiani. Così ad esempio non smette di usare la parola amicizia e non la sostituisce completamente con quella di carità e mantiene pure la definizione ciceroniana dell'amicizia. Però al di là della continuità lessicale il contenuto semantico delle parole usate sarà notevolmente arricchito. Agostino si scosterà dal significato classico della parola, o meglio, lo supererà arricchendolo con i contenuti biblici dai quali ormai dipendevano i suoi punti di vista. Cf. C. WITH, 189-190. Nel capitolo dedicato ad Agostino (pp. 185-223) l'Autrice comunque ha ravvisato in maniera più consistente l'attitudine di Agostino di continuare ad usare le risorse classiche su questo tema dalle quali dipende in buona misura. Tuttavia egli non si limita semplicemente a riprodurre il sapere degli antichi, ma prova ad elaborare un’idea autentica dell'amicizia cristiana. La riflessione agostiniana avviene sullo sfondo della riflessione classica, raramente in contrasto, ma piuttosto come un superamento della medesima. Agostino senz'altro approfondisce tutti i temi nello spirito della fede cristiana. Così nelle Confessioni egli sostiene che il proprio dell'amicizia è che unisce molte anime e ne fa una sola, ossia dice che possiede un amabile nodo con cui unifica molte anime. Cf. Conf. 2,5,10; 4,8,13. Comunque, questo processo di unione delle anime non avviene da se stesso in maniera retta, ma si realizza sotto lo sguardo di Dio e con la forza del suo Spirito. In tal senso dirà che non c'è la vera amicizia se non quando Dio l'annoda a persone strette a lui col vincolo dell'amore diffuso nei cuori ad opera dello Spirito Santo. Cf. Conf. 4,4,7. L'amicizia possiede grande dignità perché è uno dei beni umani che non si cercano in vista di un altro bene, ma si desidera per se stessa. Cf. Ep. 130,6,13. Tra questi beni che sono desiderabili per se stessi, Agostino in un altro testo enumera ancora la sapienza e la salute. Cf. De b. coniug. 9,9. La forza dell'amicizia è veramente un gran bene che ogni uomo possiede come innato facendo parte della sua natura sociale o relazionale, Cf. De b. coniug. 1,1. Anche in un sermone l'Ipponate dice che in questo mondo sono necessarie due cose che non dobbiamo disprezzare come beni propri della natura umana: la salute e l'amico. Dio ha creato l'uomo per l'esistenza e la vita, e in tal senso gli occorre la salute, e l'ha creato perché non fosse solo, e, quindi, gli immette il bisogno dell'amicizia (cf. Ser. 299/D,1). Va ricordato anche che Cicerone pure dice che l'amicizia non nasce dall'indigenza, ma sorge dalla natura (cf. Laelius, 8,27). ma la sola forza della natura non è sufficiente per garantire la vera realizzazione dell'amicizia. Se è vero che l'amicizia e l'affetto nascono per natura, il cristiano, da parte sua, sa che la natura è creata da Dio e quindi si sente obbligato anche nell'amicizia a mantenere tale connessione con Dio come naturale per poter educare e guidare propri affetti. Questo vuol dire che Dio ha decretato così la natura umana perché fosse protesa ai valori come è quello dell'amicizia e l'uomo non dovrebbe farlo in maniera autonoma o provvisoria. In tal senso Agostino ritiene che in questo mondo sono necessari la salute e l'amico, il concetto di sapienza gli dà l'occasione di sviluppare i tratti cristologici dell'amicizia, perché Cristo è la vera Sapienza che non è entrata in amicizia con gli stolti, ma con coloro che lo accolsero con umiltà e amore. Anche Cicerone disputa sull'origine dell'amicizia (cf. Laelius, 9,29-30) e si domanda se l'amicizia nascesse dal bisogno o se fosse il coronamento della virtù e della sapienza come una specie di pienezza. Egli ovviamente opta per questa soluzione, però la intende semplicemente come il frutto degli sforzi umani e non un dono della Sapienza divina. Se una volta nel mondo antico si parlava dell'amicizia tra i virtuosi, Agostino modifica tale idea nel senso cristiano e cristologico. Nel senso cristiano perché parla dei cristiani che sono sapienti di fronte a Dio accogliendo la sua sapienza. Nel senso cristologico perché solo Cristo può essere la misura della sapienza e, di conseguenza, dell'amicizia, oppure l'unica fonte del godimento con gli amici. Cf. Ser. 299/D,2; 7. Chi è testimone di Cristo gli sarà amica la città degli Angeli, ossia la città eterna. Così Agostino scopre la natura cristologico-sapienziale dell'amicizia ed ecco perché avverte che non si deve mai rinnegare Cristo per nessun motivo, né per le cose superflue né per quelle necessarie: “Quanti mali si commettono per le cose necessarie, per avere di che mangiare, di che coprirsi, per la salute, per l'amico; e tutte queste cose che si cercano con avidità, hanno presto fine. Se però avrai disprezzato le cose presenti, Dio ti darà quelle eterne. Non far conto della salute, avrai l'immortalità, non far conto della morte, avrai la vita; non andar dietro all'onore, avrai la corona; trascura l'uomo amico, avrai Dio quale amico. Però, là dove avrai Dio per amico, non sarai privo del prossimo amico: vi saranno con te, quali amici, coloro dei quali poco fa veniva data lettura delle opere e delle testimonianze.” Ser. 299/D,6. Proprio in questo senso Agostino talvolta esprime dei giudizi aspri nel confronto dell'amicizia di questo mondo, convinto che rende adultere le anime, facendo tradire l'unico e vero e legittimo Sposo. Cf. Ser. 260/C,7. In un altro sermone dice che l'amicizia di questo mondo è maligna, falsa e che rende nemici di Dio (cf. Ser. 125,11). Agostino comunque non sviluppa solo il concetto di amicizia cristiana, ma riesce a distinguerle ulteriormente parlando delle sante amicizie, anche se, come si è visto, quelle cristiane devono essere sante ed irreprensibili, modellate sull'insegnamento di Cristo e non vissute in forza della sola natura umana. Tuttavia con il concetto di sante amicizie egli intende quelle amicizie al livello spirituale, cioè quelle che si creano non in forza dell'unione sessuale e matrimoniale, ma in forza della motivazione di fede. Cf. De b. coniug. 9,9. Agostino quindi nella vita monastica che consiste nella rinuncia al matrimonio vede come una specie di amicizia, solo che si tratta di persone unite con il vincolo spirituale e non carnale. 4. Gli elementi più importanti e distinti dell'amicizia Come ultimo punto di quest'analisi bisogna indicare alcuni punti importanti dai quali possiamo vedere quanta somiglianza e quanta differenza c'è tra l'insegnamento di sant'Agostino e l'idea classica dell'amicizia. 4.1. L'amore reciproco Uno dei primi e più importanti elementi è la convinzione che l'amicizia si fonda su un amore reciproco. Nel mondo antico la reciprocità era una delle categorie indispensabili e una prerogativa intrinseca dell'amicizia, perché a differenza di altri tipi di amore, l'amicizia veniva generalmente riconosciuta e differenziata proprio per il rapporto reciproco di amore che esisteva tra gli amici. Per gli antichi era molto ovvio e naturale dal punto di vista umano, di pensare l'amicizia in questi termini, perché se alla base dell'amicizia c'è l'amore, allora ciò che distingue l'amore di amicizia da altri tipi di amore è proprio la reciprocità. Cicerone poi sostiene che toglie all'amicizia il suo maggior ornamento, chi le toglie il reciproco rispetto (cf. Laelius 22,82). Partendo dal fatto che i rapporti di amicizia si fondano sull'amore reciproco, Agostino ritiene che ogni amore in cui si richiede la reciprocità dei rapporti è un amore amichevole, come sono ad esempio i vincoli matrimoniali, quelli di consanguineità o quelli di parentela. Egli ritiene che in tutti questi rapporti c'è un comune modo di sentire basato sull'amicizia. Cf. De f. Invis. 2,4. Agostino conosceva bene queste esigenze dell'amicizia, solo che per lui valevano fino ad un certo punto, mentre dopo si lascia guidare piuttosto dalla dottrina del Signore il quale ha ordinato ai suoi di amare anche i nemici. Mentre l'esigenza dell'amore reciproco chiede in un momento preciso di negare l'amicizia a chi non corrisponde oppure non se ne dimostra degno, Agostino invece, in base all'insegnamento evangelico, si sente obbligato ad amare così come chiedeva il Signore e, paradossalmente, arriva ad affermare che siamo amici dei nemici. Così egli ha sperimentato ed inserito nella sua teologia questo paradosso dell'amicizia fondata sull'amore cristiano che non richiede la reciprocità, ma si impegna ad amare non solo coloro che non ci amano, ma addirittura coloro che ci odiano. Dal momento iniziale in cui l'Ipponate accetta l'idea della reciprocità, si arriva dopo al periodo in cui la supera completamente grazie all'idea cristiana dell'amore. Infatti dalle esigenze della reciprocità dell'amicizia come era vista nel mondo classico, Agostino arriverà a sostenere che anche nel confronto dei nemici ci deve essere l'affetto di amicizia, ossia arrivare a sostenere che un cristiano non dovrebbe avere dei nemici tra gli uomini, nel senso stretto della parola. Ovviamente, il credente è spinto ad assumere tale atteggiamento grazie al legame di amicizia con Dio che lo spinge all'amore incondizionato, ossia a voler bene a tutti. Le esigenze dell'amore cristiano impongono al cristiano il dovere di essere amico anche di coloro che lo odiano e si comportano da nemici dichiarati. Risulta chiaro così che l'amore cristiano deve prevalere sul sentimento umano e addirittura sull'ideale umano dell'amicizia facendo vedere la forza della speranza cristiana. A questo punto va chiarita ancora un’ altra cosa che riguarda l'amore stesso, che non solo non è indifferente, ma, anzi, è fondamentale per capire pure le esigenze dell'amore reciproco. Anche Cicerone indica quanto è essenziale e al di sopra di ogni altra utilità l'amore dell'amico nell'amicizia, Cf. Ciceron, Laelius 14,51. però i pensatori classici non potevano definire bene che cosa è un vero amore. Il richiamo ciceroniano all'amore nell'amicizia non è identico all'amore cristiano che si può riscontrare in Agostino, per il quale l'amore non è per niente l'amore sentimentale, ma un amore impegnativo, modellato sull'amore di Dio, ossia sull'amore oblativo. Cf. L. PIZZOLATO, 314-318. Agostino, infatti, non ogni affetto umano chiamato amore lo ritiene un amore vero, e di conseguenza non ogni rapporto di reciprocità può essere un’ amicizia vera, ma solo quello che è basato su un amore autentico. In parte lo sapevano anche gli antichi quando dicevano che l'amicizia avveniva solo tra i virtuosi. Cf. Cicerone, Laelius 5,18; 6,21. Ma se i pagani avrebbero potuto discutere su ciò che è da considerare buono e virtuoso, per i cristiani non c'è nessun dubbio né dissenso. Perciò Agostino con più chiarezza e precisione sa che negli amici si poteva amare solamente ciò che non avrebbe macchiato la coscienza e la via più sicura è quella di amare gli amici in Dio. Cf. Conf. 4,9,14. Quindi, i criteri più sicuri glieli offre Dio e in altri bisogna amare ciò che Dio comanda di amare e deplorare ciò che dio insegna a deplorare. Cf. Conf. 10,4,5. Agostino è stato consapevole che non è sufficiente essere amoroso d'amore, ossia di avere l'appetito di amare, ma che bisogna trovare gli oggetti giusti del proprio amore. In tal senso, riflettendo sul proprio agire giovanile, riconosce d'aver inquinato in quel tempo la polla dell'amicizia con le immondizie della concupiscenza. Cf. Conf. 3,1,1. In altri brani parla delle decisioni spensierate, spudorate e peccaminose che si prendevano in compagnia per amore degli amici, che infondo tale amicizia non era che un 'amicizia inimicissima' del vero bene delle persone (cf. Conf. 2,9,17). Quando parla della carità che ci deve essere tra gli amici, allora spiega che non si tratta di una carità qualunquistica come quella che esiste tra i malvagi, ma di quella carità che è propria dei cristiani e descritta dagli scrittori sacri. Cf. Enarr. in ps. 140,2. In fondo si tratta dei due precetti della carità verso Dio e verso il prossimo. Se poi sostiene che l'amicizia consiste nella compiacenza, non vuol dire che tale compiacenza potrebbe essere non ragionata. Anzi può esserci la compiacenza solo in ciò che è buono, mentre non si deve mostrare la compiacenza al diavolo, ossia non si può fare l'amicizia con lui. Cf. De serm. Dom. in m. 1,11,31. C'è un altro aspetto che tocca questo tema di reciprocità. Agostino si accorge che molti uomini rifuggono l'amicizia, ossia temono di non essere amati in maniera reciproca, cioè di non ricevere tanto quanto sono disponibili a dare. Secondo lui, il cristiano, spinto dal precetto del Cristo Signore che chiede ai fedeli di essere primi nell'amare, dovrebbe, invece, poter superare questo timore. Cf. De cath. rud. 4,7. Così l'amore cristiano incondizionato, sgorgato dalla fonte divina, per Agostino diventa il fondamento sul quale si può costruire il vero rapporto di amicizia. 4.2. L'aspetto utilitaristico dell'amicizia Per i Romani l'amicizia non è stata concepita solo come un rapporto tra due individui, ma è stata vista nel contesto più largo, ossia quello politico, in vista del bene comune che si doveva operare per la propria città o società. La vera amicizia, infatti, doveva tendere verso la concretizzazione per il bene della società e il bene comune ne doveva essere il prodotto più autentico. Dall'amicizia si doveva ricavare quindi qualcosa al livello del bene comune, altrimenti veniva considerata sterile e disinteressata per le sorti della società stessa lasciandola in balia dei potenti e degli ingiusti. L'amicizia invece non doveva servire per ottenere i beni privati, erano categoricamente d'accordo i pensatori del mondo antico. Cicerone, ad esempio, parla dell'importanza dell'amore nell'amicizia, mentre l'utilità personale (s'intende economica) che se ne può ricavare viene in secondo piano e non dovrebbe costituire lo scopo primario, anche se ci può essere. Egli è d'avviso che l'utilità viene come conseguenza logica dell'amicizia e non viceversa (cf. Laelius, 14,51). Agostino era ben conscio di questo aspetto utilitaristico che esisteva nell'amicizia classica romana che era una concretizzazione anche auspicabile nella società di quel tempo. Solo che tale concretizzazione si limitava ai beni di questa terra e società, che per un pensatore cristiano come lo era Agostino non poteva essere sufficiente. Egli perciò sostituisce tale idea con l'idea di quell’ 'utilitarismo' cristiano che nell'amico intravede un sostegno non solo per costruire e organizzare questa patria terrena, ma prima di tutto nel cammino verso il Regno dei cieli, ossia nel cammino verso la patria eterna. Per Agostino e per i cristiani, se l'amico non è disponibile ad aiutare in quest'impresa, allora non è un vero amico e non c'è una vera amicizia tra i due. L'amicizia, vediamo, per Agostino è una realtà dinamica ed attiva nel pieno senso della parola. L'amico è, e non può essere diversamente, colui che si impegna per l'amico in maniera radicale in tutte le esigenze della vita, tra le quali la salvezza eterna è la più importante. L'amico non può essere colui che non si impegna sui valori concreti, tra i quali i più importanti sono quelli che si riferiscono alla vita eterna. L'amicizia non è una simpatia superficiale o carnale, come la pensavano tanti, ma è una capacità di amare spinti dall'amore di Dio. Grazie alla fede cristiana Agostino può concepire sia quel vero bene dell'uomo sia il vero ruolo dello stato, che non si può ridurre semplicemente ai servizi puramente economici, ma dovrebbe servire all'intero bene dell'uomo. Così si supera quell’ aporia ciceroniana che opponeva il bene personale al bene comune. Per Agostino non c'è l'opposizione tra questi beni, perché è riuscito a definire bene ciò che è il bene supremo di ogni esistenza umana, cosicché il singolo cristiano si deve impegnare con onestà alla costruzione di una società più giusta e migliore, mentre la società deve funzionare in maniera tale da facilitare ad ogni uomo di raggiungere quella meta eterna. Secondo Cicerone non è lecito mai a causa dell'amico agire contro lo stato, ossia contro il bene comune (cf. Laelius 12,40), per cui si vede che le ragioni politiche e sociali sono argomenti di maggior portata e significato nelle quali consistono le maggiori motivazioni e il modo per regolare l'amicizia. Per Agostino invece le maggiori motivazioni sono quelle della salvezza dell'anima, la vita eterna, la patria celeste e il servizio di Dio. Ormai il mondo cristiano e la mentalità cristiana aveva preoccupazioni diverse e Agostino l'ha messo bene in evidenza, così anche l'amicizia non si riduceva a un mero strumento per ottenere dei favori terreni, ma veniva promossa come una realtà al livello altamente spirituale che “serve” per facilitare il raggiungimento della salvezza dell'anima, che costituisce l'utilità maggiore che se ne può ricavare dall'amicizia. La vera amicizia si misura sulla capacità di concordare sulle verità eterne e realtà escatologiche, ossia sgorga dal desiderio della beatitudine della città celeste, la quale ci ispira di vivere nella rettitudine: “Da tali sentimenti ha origine anche la vera amicizia che non dev'essere misurata sui vantaggi temporali ma deve essere valutata alla stregua d'un amore puro e disinteressato. Nessuno infatti può essere veramente amico dell'uomo se non è innanzitutto amico della verità: questo amore se non è disinteressato non è assolutamente possibile.” Ep. 155,1. 4.3. L'amicizia e l'agire morale Alla fine un ultimo punto molto importante da definire è il legame che esiste tra l'amicizia e l'agire morale. Ancora prima del tempo cristiano Cicerone diceva che la prima legge dell'amicizia è quella di seguire le cose oneste, Cf. Cicerone, Laelius 13,44. oppure affermava che non è lecito seguire un amico se il suo comportamento politico è disonesto, Cf. Cicerone, Laelius 12,42-43. oppure è convinto che le cattive azioni (vitia) degli amici mettono in crisi l'amicizia. Cf. Cicerone, Laelius 21,76-77. Addirittura è convinto che tali amicizie vanno sciolte se col tempo non avviene nessun miglioramento. Al livello dei principi, ciò che dice Cicerone è valido, solo che egli si è concentrato soprattutto sull'aspetto politico della questione. Ovviamente egli non ha potuto definire ciò che è onesto (honestum) o cattivo (vitiosum) in altri termini al di fuori di quelli con i quali si è servito e quali attiravano la sua attenzione. Grazie alla fede cristiana Agostino potrà avere vedute molto più chiare perché ciò che è onesto o disonesto lo potrà imparare dalla fede stessa. Ciò che non coincideva con l'insegnamento e la legge divina era disonesto e si chiamava peccato. L'onesto era tutto ciò che coincideva con la parola di Dio e portava al regno dei cieli e alla vita eterna. I principi cristiani sono molto più chiari su ciò che può essere detto accettabile e desiderabile per una amicizia. L'ostacolo all'amicizia non sarà soltanto un disonesto comportamento politico, ma ogni agire morale che non corrisponde alla legge di Dio, per cui il peccato sarà l'ostacolo maggiore all'amicizia. Anche se poi il peccato si presenta come vero ostacolo dell'amicizia, questo non vuol dire che un cristiano deve rinunciare ad essere per sempre amico anche dei peccatori, ma non nel senso di approvare il loro peccato, ma nel senso di pregare per la loro conversione, come abbiamo già detto sopra. Agostino è consapevole che il Vangelo stesso impone ai fedeli tali imperativi per il bene degli uomini, ossia per la loro salvezza e non coinvolge i fedeli solamente per la breve vita terrena, bensì richiede un impegno che ha un effetto eterno. Il comandamento del Signore di amare il prossimo come se stesso è molto chiaro, e secondo l'Ipponate per un cristiano deve essere vincolante: “Ama il tuo prossimo come te stesso.” Il cristiano infatti deve amare gli altri, ossia essere amico degli altri non perché si aspetta di essere ricambiato, ma lo deve fare in modo disinteressato sperando il ricambio vero esclusivamente da parte del Signore. Mentre per i pagani l'amicizia implicava anche il sentimento opposto, cioè quel sentimento dell'odio di chi si pone come un possibile ostacolo all'amicizia, per Agostino l'odio non è mai stato implicato come indispensabile in un rapporto amichevole. Anzi, egli è stato sempre più convinto che l'unico sentimento che vi deve regnare è l’ amore. Anzi, l'amicizia deve abbracciare il numero maggior possibile di uomini, ossia tutti quelli a cui sono dovuti affetto e amore. Essa si estende fino ai nemici, in sintonia con il comandamento del Signore che chiede ai cristiani anche di pregare per i nemici. Cf. Ep. 130,6,13. Agostino è così testimone di una svolta che è stata operata con il cristianesimo. Mentre nel mondo pagano il rapporto di amicizia è stato esclusivamente antropocentrico in cui bisognava amare gli amici per loro stessi, per Agostino, profondamente convertito a Dio, questo rapporto avrà delle connotazioni teocentriche, che poi all'amicizia garantiranno la vera realizzazione. Egli infatti nelle Confessioni sostiene che bisogna amare gli amici non in maniera umana, ma in Dio e per Dio. Cf. Conf. 4,9,14. In questo modo da un’amicizia concepita entro i limiti di questo mondo, egli riesce a proporre un amicizia che si apre agli orizzonti del cielo, ossia trascina verso la trascendenza. Chi vuole essere veramente amico di qualcuno deve migliorare la propria condotta di giorno in giorno e desiderare lo stesso per i propri amici, afferma il Vescovo d'Ippona. Cf. Enarr. in ps. 32,3,15. Proprio per questo non è convinto che ci può essere l'amicizia tra i malvagi e gli ingiusti, ma esiste solo un apparenza dell'amicizia che egli definisce con il nome di complicità, perché infatti non si amano, ma odiano insieme colui o ciò che dovrebbero amare. Cf. Ennar. in ps. 36,2,1. È utile vedere anche Ennar. In ps. 91,12. 4.4. Possibilità dell'amicizia perfetta Per quanto riguarda la possibilità che sulla terra ci sia un'amicizia perfetta, Agostino non si illude. Egli sa che non esistono uomini perfetti e di conseguenza non ci sono né amicizie perfette né amici perfetti. Ciascuno di noi ha delle parti chiare e parti oscure dell'essere e di per sé tale situazione ci avrebbe demotivato ad entrare in un rapporto amichevole come quelli che temono di non trovare la reciprocità perfetta. Ma Agostino questo problema lo vede da un lato positivo. È convinto che negli altri bisogna scoprire ed apprezzare prima di tutto le qualità, il che aiuta di smussare il proprio orgoglio e a stimolare la carità. Secondo lui bisogna assolutamente astenersi dal giudicare uno sconosciuto, perché in realtà egli può essere un dono che riscopriamo e conosciamo per mezzo dell'amicizia. Consapevole che non esistono amici perfetti, Agostino consiglia di concentrarsi su ciò che è positivo e virtuoso negli altri cercando di trarne vantaggi. Cf. De div. qu. 71,5. L'amicizia poi avviene sul terreno della fede negli altri. Anche Cicerone sostiene (cf. Laelius 18,65) che è fondamento di quella stabilità e costanza che si cerca nell'amicizia. Per poter creare i legami di amicizia bisogna prestare la fede in colui con il quale si stringe amicizia. Anche se poi bisogna verificare tutto mettendo il potenziale amico alla prova, ma rimane il fatto che il primo passo si compie in fede. Cf. De f. Invis. 2,3. Agostino parte dal fatto che già per l'amicizia e per la vita concorde nella società è indispensabile la fiducia degli uni verso gli altri e arriva a dimostrare l'esistenza della fede soprannaturale, ossia della fede nelle cose che non si vedono. Una volta prestata la fede agli amici, tale fede e tale impegno andavano mantenuti. Molti però che creavano le amicizie solo perché ne volevano ricavare qualche utilità, giravano le spalle a coloro che all'improvviso per le sfortune della vita diventavano poveri. Agostino insegna che bisogna mantenere la lealtà verso l’ amico anche quando diventa povero, anche quando perde sostanze economiche. Cf. Ser. 41,1. Agostino così insiste convinto che la divina Scrittura ci insegna che è indispensabile mantenere la fede ai suoi amici, da cui si capisce che questo concetto ormai non è solo una categoria umana come per gli antichi, ma anche una categoria divina, poiché il concetto di fede è teologicamente molto più ricco per i cristiani che non per i pagani (cf. anche Ser. 41,2-3). Per quanto riguarda la differenza dei livelli o condizioni sociali, che una volta nella società antica erano limiti insuperabili, per Agostino ormai non ci sono. Creare delle amicizie con coloro che non sono dello stesso rango o stato sociale, nel mondo antico non era cosa abituale e neanche possibile. Agostino non solo lo ammette, ma lo ritiene una cosa buona e doverosa da fare. Si aspetta da coloro che sono di rango superiore che sappiano abbassarsi verso coloro che non osano presentarsi per stringere amicizia perché si sentono a disagio a causa di alte cariche o dignità sociali. Cf. De div. qu. 71,6. In coerenza con questa dottrina, però in un altro scritto, loda l'esempio del papa Bonfiacio che non disdegnava d'essere amico degli umili, per quanto più alto poteva essere il posto da cui presiedeva (cf. C. Ep. Pel. 1,1). Oppure in un discorso dirà che il Signore stesso, “per farci disprezzare l'amicizia dei potenti a pro della nostra salvezza, non volle prima scegliere i senatori, ma i pescatori” Ser. 87,10,12. . Nella vita può accadere anche che gli amici vengano in contrasto su diverse questioni e dovrebbero saper risolvere nello spirito di mutua lealtà, come è successo con lui e Girolamo quando tra di loro ci sono stati dei malintesi e discordie riguardo la spiegazione di alcuni brani scritturistici. Scrivendo proprio a Girolamo volendo chiarire la situazione Agostino sostiene che uno dei requisiti dell'amicizia è anche la sincerità con cui deve essere trattata ogni questione ed espressa la propria opinione sull'argomento, senza che ne debba soffrire la carità. Cf. Ep. 82,4,32. Anche in un’ altra lettera scritta a Girolamo Agostino dice la stessa cosa: Ep. 73,2,3. Conclusione Da tutto ciò che abbiamo esposto si può vedere qual è la dimensione propria dell'amicizia in sant'Agostino. Ciò che fa la differenza rispetto all'amicizia nel mondo pagano è proprio la fede in Dio fonte e autore dell'amicizia. Anzi, Dio cristiano è stato egli stesso l'amico del genere umano e ha insegnato ciò che serve alla salvezza degli uomini. La sintonia o l'accordo nelle cose divine e umane che Cicerone indicava come definizione dell'amicizia, non implicava l'amicizia con Dio stesso, mentre per Agostino che ha conosciuto l'unico Dio che si è rivelato e fatto amico degli uomini questo è diventato il punto focale. Inteso nel senso cristiano non era sufficiente concordare teoricamente su alcuni punti di vista o valori religiosi, e invece non stabilire il rapporto amichevole con Dio stesso. Ecco perché per Agostino il culmine di un rapporto amichevole era l'amicizia con Dio, che a sua volta diventava fonte della vera amicizia anche tra gli uomini.