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Il proemio argivo della Tebaide di Stazio

2020, Studi in onore di Arturo De Vivo

An analysis of the tragic elements in the 'second proem' to the Thebaid in book 1.

FILOLOGIA E TRADIZIONE CLASSICA Collana diretta da Salvatore Cerasuolo 1. La tradizione classica e l’Unità d’Italia, a cura di S. Cerasuolo, M.L. Chirico, S. Cannavale, C. Pepe, N. Rampazzo. Atti del Seminario Napoli - Santa Maria Capua Vetere, 2-4 ottobre 2013 (due tomi, pp. X-292 – VIII-294, 2014). 2. La tradizione classica e l’Unità d’Italia. La questione del diritto romano, a cura di C. Lanza (pp. VIII-312, 2015). 3. SALVATORE CERASUOLO, Studi sulla tradizione classica meridionale (pp. VIII278, 2015). 4. SERENA CANNAVALE, Civiltà del teatro e dello spettacolo nella Campania antica. L’area di Capua (pp. X-242, 2015). 5. SALVATORE CERASUOLO, Eros epicureo e altri saggi di filologia classica (pp. VI-204, 2016). FILOLOGIA E TRADIZIONE CLASSICA Collana diretta da Salvatore Cerasuolo, Giuseppina Matino, Giulio Massimilla 6. Philoi logoi. Giornate di studio su Antico, Tardoantico e Bizantino dedicate ad Ugo Criscuolo, a cura di F. Conti Bizzarro, G. Massimilla, G. Matino (pp. XXX-204, 2017). 7. La lingua e la società. Forme della comunicazione letteraria fra antichità ed età moderna, a cura di G. Matino, F. Ficca, R. Grisolia (pp. VIII-360, 2017). 8. ΛΕΞΙΚΟΝ ΓΡΑΜΜΑΤΙΚΗΣ. Studi di lessicografia e grammatica greca, a cura di F. Conti Bizzarro (pp. X-126, 2018). 9. Generi senza confini. La rappresentazione della realtà nel mondo antico, a cura di G. Matino, F. Ficca, R. Grisolia (pp. VIII-340, 2018). 10. MARIA CONSIGLIA ALVINO, Lo specchio del principe. L’ideologia imperiale a Costantinopoli tra IV e VI secolo d.C. (pp. VIII-204, 2019). 11. Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci. Studi in onore di Arturo De Vivo, a cura di G. Polara (due volumi) (vol. I: pp. XVI-520; vol. II: pp. XII-520, 2020). Comitato scientifico Anna Maria Belardinelli Giovanni Benedetto Sapienza Università di Roma Università Statale di Milano Luciano Canfora Mario Capasso Università di Bari Università del Salento Salvatore Cerasuolo (Direttore) Maria Luisa Chirico Università di Napoli Federico II Università della Campania Luigi Vanvitelli Rosanna Cioffi Paolo De Paolis Università della Campania Luigi Vanvitelli Università di Cassino e del Lazio Meridionale Arturo De Vivo Francisco García Jurado Università di Napoli Federico II Universidad Complutense de Madrid Carlo Lanza Luigi Lehnus Università della Campania Luigi Vanvitelli Università Statale di Milano Giulio Massimilla (Direttore) Giuseppina Matino (Direttore) Università di Napoli Federico II Università di Napoli Federico II Laurent Pernot Angelo Russi Université de Strasbourg Università dell’Aquila Redazione Serena Cannavale Università di Napoli Federico II Maria Consiglia Alvino Università di Napoli Federico II - Université de Strasbourg FILOLOGIA E TRADIZIONE CLASSICA Collana ideata da Salvatore Cerasuolo e diretta da Salvatore Cerasuolo, Giuseppina Matino, Giulio Massimilla 11 OMNE TULIT PUNCTUM QUI MISCUIT UTILE DULCI Studi in onore di Arturo De Vivo a cura di Giovanni Polara II SATURA EDITRICE Volume pubblicato con i fondi per la ricerca del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Napoli Federico II DIRITTI DI AUTORE RISERVATI Copyright 2020 Satura Editrice s.r.l. via G. Gigante, 204 - 80128 Napoli tel. 081 5788625 - fax 081 5783097 sito web: www.saturaeditrice.it e-mail: [email protected] ISBN 978-88-7607-208-6 INDICE DELL’OPERA VOLUME PRIMO Premessa ......................................................................................... p. XIII GIANCARLO ABBAMONTE Problemi di recensio ed ecdotica relativi al testo del Brutus ciceroniano................................................................... » 1 GIUSEPPINA ALLEGRI Hoc est discendi tempus: l’invito alla filosofia della Lettera 36 di Seneca ..................................................................... » 15 ENRICO MARIA ARIEMMA Illa mi par esse deae … Lucrezio e il c. 51 di Catullo: polemica o adesione?.................................................................... » 33 ALESSANDRO BARCHIESI Turnus Herdonius, Turno, e la concezione della storia nell’Eneide ....................................................................................... » 49 MAURIZIO BETTINI L’enigma del signum Vertumni. Statua di fusione o opera di cesello? ............................................................................ » 59 GIUSEPPE GILBERTO BIONDI Il saltus Firmanus: Catull. 114 postscriptum di Catull. 115? Un’ipotesi di rilettura ................................................... » 67 ANTONELLA BORGO Verdi scenari di corruzione e morte: per una semantica di horti negli Annales di Tacito ............................................ » 83 CLAUDIO BUONGIOVANNI Tacito, hist. 4, 74: un’immagine senecana nel discorso di Petilio Ceriale ..................................................................... » 91 LUCIANO CANFORA Le ‘fonti viventi’ di Sallustio ...................................................... » 103 SERENA CANNAVALE Madri in lutto e topoi consolatori negli epigrammi funerari greci: l’esempio di Teti. .................................................. » 109 INDICE DELL’OPERA VI ALBERTO CAVARZERE Ancora su tergemini honores (Hor. carm. 1, 1, 8).............. p. 125 GIOVANNI CIPRIANI - GRAZIA MARIA MASSELLI Per un galateo della discrezione: da Cicerone ad Ariovisto . » 135 SILVIA CONDORELLI Bagliori neoterici nel cielo di Venanzio Fortunato (carm. 3, 7, 37) .............................................................................................. » 169 FRANCA ELA CONSOLINO Ambrogio e Rufino al Frigido: la preghiera di Teodosio ..... » 185 FERRUCCIO CONTI BIZZARRO L’Onomasticon di Polluce: un contributo alla storia della lingua greca .............................................................................. » 197 ANDREA COZZOLINO La versione quasimodiana di Verg. georg. 3, 219-285: «Se una bella giovenca pascola nell’aspra Sila» ................. » 211 MARIAFRANCESCA COZZOLINO Il ritratto di Annibale (Liv. 21, 4, 2-9) ................................ » 219 UGO CRISCUOLO Un philosophus graecus latinofono a Bisanzio nel XII secolo ....................................................................................................... » 231 GIAMBATTISTA D’ALESSIO Storie di libri perduti: note al de indolentia di Galeno 1. I due ‘Omeri’ di Aristarco (§ 13) e 2. Rotoli troppo lunghi (§ 28)............................................................................. » 243 EDOARDO D’ANGELO «Cornelio quodam describente». L’oblio di Tacito nei secoli XI-XIII .......................................................................... » 259 ROSA MARIA D’ANGELO La tradizione di Epigr. Bob. 42 e l’ordinamento del Bobiensis deperditus ...................................................................... » 277 MARIO DE NONNO Per il testo dell’Ars Grammatica di Carisio ........................ » 287 PAOLO DE PAOLIS Un frammento di Capro in Carisio ...................................... » 301 INDICE DELL’OPERA VII ANTONIO DE PRISCO Ancora su alcune novità lessicali del Codice diplomatico verginiano ................................................................................. p. 309 GIANLUCA DEL MASTRO Scritture informali nella biblioteca della Villa dei Papiri. Il caso del PHerc. 1626 ..................................................... » 319 FULVIO DELLE DONNE Le epistole di Dante e la tradizione retorica della salutatio . » 329 OLIVIER DEVILLERS Plan narratif et idéologie chez Valère Maxime (Faits et dits mémorables 9, 15) ............................................................ » 341 ROSALBA DIMUNDO Da heredipetae ad antropofagi, tra epica, satira e romanzo . » 349 FILIPPO D’ORIA Documenti medievali greci nella Valle del Tanagro. Il Fondo archivistico di S. Maria di Pertosa .......................... » 361 PAOLO ESPOSITO Su alcuni τόποι biografici: Virgilio, Ovidio, Lucano ........ » 375 EDUARDO FEDERICO L’Italia maior Graecia di Pompeo Trogo. A proposito di Iust. 20, 1, 1-2 ..................................................................... » 385 FLAVIANA FICCA Cicatrici del corpo e dell’anima: sull’uso di cicatricosus in Seneca................................................................................... » 397 FABIO GASTI Agostino lettore di Floro: note intertestuali al libro III del De civitate Dei............................................................................... » 413 GIUSEPPE GERMANO Figurazioni del nudo tra mitologia e realismo nella poesia erotica in distici elegiaci di Giovanni Pontano .................. » 429 MASSIMO GIOSEFFI Coridone mitomane e poeta.................................................. » 443 RAFFAELE GRISOLIA Commentare riscrivendo negli scolii antichi all’Orestea di Eschilo.................................................................................. » 459 INDICE DELL’OPERA VIII ISABELLA GUALANDRI Minima su Prisciano de laude Anastasii .............................. p. 467 GIANNI GUASTELLA Un parassita moderno nel volgarizzamento dell’Asinaria .... » 481 ANTONIETTA IACONO Gli epigrammi a contenuto etiologico della seconda sezione del codice Berlin, Staatsbibliothek, qu. Lat. 391 .... » 491 GIOVANNI INDELLI - FRANCESCA LONGO AURICCHIO Lettere di Goffredo Coppola a Achille Vogliano (19271933) ......................................................................................... » 505 VOLUME SECONDO MARIO LAMAGNA Historia est proxima poetis: alcuni stilemi omerici in Ecateo di Mileto .................................................................................. » 521 NICOLA LANZARONE Due note critiche al commento di Pomponio Leto al Culex (vv. 402 e 412) .............................................................. » 535 GIOVANNI LAUDIZI Lauso e Mezenzio: i volti dell’eroismo e dell’empietà ....... » 539 GIULIANA LEONE La biblioteca di Filodemo, dopo Filodemo ....................... » 557 CONCETTA LONGOBARDI Il patrimonio osco nella riflessione varroniana sulla lingua latina.......................................................................................... » 575 ALDO LUISI Ovidio e Ovidia ....................................................................... » 587 GIULIO MASSIMILLA Un gruppo di similitudini omeriche e la loro risonanza nella poesia greca arcaica e classica ..................................... » 597 INDICE DELL’OPERA IX PAOLO MASTANDREA Arcaismi, epicismi, rigidità formulari nell’inno O qui perpetua di Boezio (cons. 3 carm. 9)............................................p. 603 GIUSEPPINA MATINO Euripide, Ifigenia fra i Tauri 35-41 ...................................... » 623 GIANCARLO MAZZOLI Arcturus nomine claro............................................................. » 637 GABRIELLA MESSERI L’aggettivo italicus / ἰταλικός nei papiri greci e latini ....... » 645 LORENZO MILETTI Pacuvio Calavio e la fallita congiura contro Annibale in Livio 23, 8-9 ............................................................................. » 659 DANIELA MILO Su Euripide fr. 916 Kn........................................................... » 669 RITA MIRANDA La morte di Catone Uticense: il punto di vista di Marco Giunio Bruto ...................................................................... » 681 LUIGI MUNZI Quattro note testuali .............................................................. » 693 ANTONIO V. NAZZARO Il primo libro delle Georgiche di Virgilio in Ambrogio ..... » 701 MARIANTONIETTA PALADINI Da Giove a Gesù di Nazareth: crepare/increpare contro gli elementi ............................................................................... » 715 PIERGIORGIO PARRONI La presenza di Pomponio Mela nella Germania di Tacito... » 733 LAURENT PERNOT Deux regards croisés sur les rapports de Rome et de la Grèce (Plin. Min. ep. 8.24 et Epict. diss. 3.7) .................... » 747 RAFFAELE PERRELLI Il Tibullo ribaltato di Ovidio Amores 1, 13........................ » 757 LUIGI PIACENTE Tra antiche fake News e documenti ufficiali: Tac. hist. 1, 34, 2 e 2, 54, 1 ..................................................................... » 765 INDICE DELL’OPERA X TERESA PISCITELLI In principio (Gen 1-2a) da Giustino a Tertulliano ............ p. 773 GIOVANNI POLARA Studiare greco e latino a Napoli fra Quattrocento e Cinquecento............................................................................. » 789 ANTONELLA PRENNER Un personaggio oscuro: Quinto Sereno Sammonico autore del Liber medicinalis ....................................................... » 805 MICHAEL D. REEVE Notes on manuscripts of the Appendix Vergiliana ............. » 811 MARIO REGALI Alle origini di un topos: l’eros come δουλεία nel Simposio di Platone e il servitium amoris nell’elegia latina ............... » 819 CHIARA RENDA Una memorabile sconfitta: la clades Variana nella versione di Floro ................................................................................ » 839 ELISA ROMANO Jugurtha Jugurtha, mon héros: riletture moderne di un personaggio sallustiano .......................................................... » 855 ALESSANDRA ROMEO Il ritratto del re Anco in Virgilio (Aen. 6, 815 s.): bilancio interpretativo e ipotesi di lettura ................................... » 865 GIANPIERO ROSATI Da Polluce a Castore, cioè dalla mano al cavallo: sulla lettura di Marziale 7, 57 ......................................................... » 879 ARIANNA SACERDOTI Sondaggi sul lessema attonitus in Silio Italico ................... » 885 GIOVANNI SALANITRO Il mito di Narciso in un centone virgiliano ........................... » 895 STEFANIA SANTELIA Barbari crapuloni, ‘afasie’ poetiche e Muse ubriache: il De conviviis barbaris, Anth. Lat. 285 Bergasa (285-285a R., 279-280 Sh.B.) tra Sidonio ed Ennodio ........................ » 899 INDICE DELL’OPERA XI BIAGIO SANTORELLI Leno etiam servis excipitur. Vendita e tutela degli schiavi in due Declamazioni maggiori pseudo-quintilianee (Ps.Quint. decl. mai. 3, 16; 9, 12) ................................................ p. 911 PAOLA SANTORELLI Gesù guarisce il servo del centurione (Giovenco 1, 741-766 ~ Matth. 8, 5-13) ..................................................... » 925 MARIA CHIARA SCAPPATICCIO Pesci longevi e fonti perdute. Appunti su Plin. nat. 9, 167: Vedio Pollione, Augusto, (un) Seneca........................ » 939 ALESSANDRO SCHIESARO Il proemio argivo della Tebaide ............................................ » 959 GIGI SPINA Da Napoli ad Arcavacata a Napoli, senza passare per il via (ricordi per Arturo) .......................................................... » 967 MARISA SQUILLANTE L’Ovidio ‘romantico’ di Chateaubriand ................................ » 969 FABIO STOK Ancora su Laviniaque / Lavinaque (Verg. Aen. 1, 2) ........ » 983 ANTONIO STRAMAGLIA Note critiche ed esegetiche alla XIII Declamazione maggiore pseudo-quintilianea (Apes pauperis)........................... » 993 RAFFAELLA TABACCO Note critiche al Commonitorium Palladii ........................... » 999 RENZO TOSI Un’ipotesi su Eur. fr. 581 K. ................................................. » 1009 MAURO TULLI Omero e il coraggio di Socrate nell’Apologia di Platone ...... » 1015 ROSSANA VALENTI Ovidio nel futuro: le Metamorfosi e il cinema di fantascienza ....................................................................................... » 1025 ALESSANDRO SCHIESARO Il proemio argivo della Tebaide 1. La seconda parte del libro iniziale della Tebaide è dedicato alla narrazione di eventi insieme preliminari e paralleli rispetto al cuore della vicenda epica1. Il testo si concentra infatti sul solo Polinice, esule amaro nell’anno di regno riservato al fratello, prima mentre peregrina senza meta, poi quando arriva ad Argo ed incontra Tideo ed Adrasto. Ad Argo si dipana una sorta di secondo proemio in forma narrativa, una mise en abyme che mentre illustra in maggior dettaglio il rapido riferimento di Giove alle colpe degli Argivi (1, 245-247), condensa nel lungo discorso di Adrasto i temi fondanti del mondo ideologico della Tebaide. Posporre Argo a Tebe rappresenta già una scelta significativa, perché era stata invece proprio Argo la prima città menzionata nell’apertura del ciclo epico (fr. 1 Davies). Simmetria, ripetizione e differimento, lo si intuisce anche da questi dettagli compositivi, sono le cifre caratterizzanti del poema, e la narrazione di Adrasto dimostra, anche grazie al parallelismo tra Lino ed Edipo, entrambi esposti alla nascita (e a loro volta archetipi del destino tragico di Ofelte, Creneo ed Ino), che Argo rispecchia in fondo Tebe, opposta ma simile. Da un punto di vista strutturale, peraltro, un suggerimento importante proviene anche da Lucano, che conclude il primo libro con un nuovo proemio in forma diegetica, la profezia della matrona, al quale sono affidati affermazioni importanti di poetica. Il parallelismo tra il ‘proemio argivo’ di Adrasto e quello del narratore è sottolineato da numerosi elementi comuni, talora declinati in chiave antifrastica: a canam (interrogativo) del v. 4 fa eco l’affermativo pandam di 1, 5612; la praeteritio di 1, 7-16 si ribalta nella promessa di spiegazione (1, 557-559); l’ira di Edipo è sostituita da quella di Giove e soprattutto di Apollo; alla preminenza delle cause umane degli eventi viene sostituita quella, almeno apparente, delle motivazioni divi1 Contributi significativi all’interpretazione dell’episodio argivo del libro primo si trovano soprattutto in Aricò 1960, Vessey 1970, Ahl 1986, pp. 2853 s., Kytzler 1986, Delarue 2006, Walter 2010, ed ora nell’ampia discussione di Rebeggiani 2018, pp. 205-233 e passim. 2 Verbo raro, presente prima di Stazio solo in Lucr. 1, 55, con forte valenza programmatica. 960 ALESSANDRO SCHIESARO ne (1, 597-598); l’inno a Tisifone (1, 56-87), infine, trova corrispondenza in quello ad Apollo (1, 696-720)3. Le interpretazioni più recenti di questa sezione del poema si sono concentrate da un lato sulla dimensione etica e politica del rapporto tra Corebo ed Apollo quale si definisce ai vv. 1, 605-666, esplorando soprattutto le difficoltà insite nel rapporto tra umano e divino e il ruolo di clementia, pietas e virtus4, e, dall’altro, hanno messo in rilievo l’importanza del modello callimacheo nell’episodio di Lino. In questa nota, date per acquisite molte di queste osservazioni, vorrei concentrarmi piuttosto sul ruolo svolto dai modelli tragici5, che, interagendo con quello callimacheo, contribuiscono a delineare una serie di riferimenti concettuali determinanti in tutto il resto del poema, e proporre poi alcune riflessioni sulle ascendenze virgiliane del Corebo di Stazio. 2. Conviene prendere le mosse da un dettaglio importante, e cioè la pluralità e densità dei modelli che Stazio sembra tenere presenti in questa parte del poema. All’interno della cornice virgiliana offerta dall’episodio di Latino nel libro ottavo dell’Eneide (si notino le movenze iniziali e finali di Adrasto a 1, 557-559 e 1, 667-672), arricchita peraltro da elementi che riecheggiano la fine del libro primo, un ruolo importante è svolto appunto dagli Aitia di Callimaco (frr. 26-31 Pfeiffer, dal libro I) per quanto riguarda il rapporto tra Apollo e Psamate, la morte di Lino e quella di Psamate stessa. Anche Ovidio è evocato a cornice, con l’inserzione dei cenni alla storia di Psamate e Lino tratti dall’Ibis6 nel contesto di una storia che ricalca quella di Apollo e Dafne nel primo libro delle Metamorfosi. La violenza di Apollo, l’esposizione del neonato, la culpa di Psamate, riecheggiano come vedremo tratti dello Ione 3 Non mi soffermo sul ruolo metapoetico di Adrasto, che pure è in alcuni casi evidente. Oltre al passo in questione si notino per esempio 3, 718-720 e 4, 38-41, dove contribuisce a ritardare l’azione del poema, in sintonia con la cifra fondamentale della Tebaide. 4 Si vedano soprattutto Dominik 1994, pp. 64-66, McNelis 2007, p. 36, Ganiban 2007: pp. 10-17; Bessone 2011, pp. 63 s.; Ripoll 1998, pp. 303 s. Il commento di Heuvel 1932 è soprattutto descrittivo. 5 Anche in questo, peraltro, il prologo argivo rispecchia la prima parte del libro, se è vero che la maledizione di Edipo è una «sorta di prologo tragico innestato nell’epos» (Bessone 2011, p. 98). 6 Ov. Ib. 573-576 utque patrem Psamathes, condat te Phoebus in ima / Tartara, quod natae fecerat ille suae. / inque tuos ea Pestis eat quam dextra Coroebi / vicit opem miseris Argolicisque tulit; cfr. 477-480 praedaque sis illis, quibus est Latonia Delos / ante diem rapto non adeunda Thaso, / quique verecundae speculantem labra Dianae, / quique Crotopiaden diripuere Linum. IL PROEMIO ARGIVO DELLA TEBAIDE 961 di Euripide. Corebo, infine, è personaggio influenzato da modelli callimachei e virgiliani. Se è vero che gli Aitia svolgono un ruolo di primo piano nella costruzione dell’episodio, e contribuiscono a disarticolare la visione caratteristica dell’epos precedente7, è importante notare che l’impatto di Callimaco è a sua volta modificato da una teodicea nettamente tragica che rende meno rilevante la tensione eziologica del passo. Callimaco, per esempio, dedica spazio alla causa per cui il nome del mese Arneio trae origine dall’antefatto mitico (fr. 26 Pfeiffer), mentre Adrasto non menziona alcun nome. Due negazioni suggeriscono i limiti della capacità interpretativa del sovrano. Ai vv. 559-560 Adrasto afferma che non inscia religio suasit, evidentemente sul modello del virgiliano ‘non haec sollemnia nobis, / has ex more dapes, hanc tanti numinis aram / vana superstitio veterumque ignara deorum / imposuit’ (Aen. 8, 185-188), ma il seguito del racconto dimostrerà che, contrariamente a questa solenne dichiarazione iniziale, Adrasto è in realtà inscius di quanto la religio sembra esigere. Poco oltre, contrasta le sorti della propria famiglia con quelle della stirpe di Cadmo: nostro quoque sanguine multum / erravit pietas, nec culpa nepotibus obstat (690). Eppure il destino inscritto nel sanguis (o semen), in altri termini nel γένος8, sono i fattori decisivi delle sventure che affliggono sia gli Argivi sia i tebani, e le figlie di Adrasto svolgeranno ovviamente un ruolo importante nella tragedia. Grande rilievo assumono invece nell’episodio i principii che governano il mondo tragico della Tebaide. Culpa, poena (Poena) e ultio svolgono un ruolo essenziale, come verrà esplicitato in seguito9. Si tratta inevitabilmente di culpae ereditarie, come si addice alla casata di Edipo. Il principio ordinatore della Tebaide è in effetti proprio quello di ordiri in poenas, esplicita Edipo nel suo proemio: tu saltem debita / vindex hic ades et totos in poenam ordire nepotes (1, 80-81)10. Lo stesso Apollo è 7 Si veda McNelis 2007, pp. 36 s., nel contesto peraltro di una trattazione che propone però un dualismo troppo netto tra tensione epica e ‘ritardo’ di impronta callimachea. 8 Il rapporto inestricabile tra rapporti generazionali, γένος e maledizione è un tema sul quale la Tebaide ritorna in modo ossessivo, si vedano a titolo di esempio 1, 180 (vetus omen); 1, 184-186 fraternasque acies fetae telluris hiatu / augurium seros dimisit ad usque nepotes?; 1, 466 mens sibi conscia fati; 2, 575-576 Pentheumque trahens nondum te Phaedimus aequo, / Bacche genus. 9 Cfr. 5, 57-60 dis visum turbare domos, nec pectora culpa / nostra vacant: nullos Veneri sacravimus ignes, / nulla deae sedes; movet et caelestia quondam / corda dolor lentoque inrepunt agmine Poenae. 10 Cfr. anche, sempre nel proemio di Edipo, 1, 56-57 di, sontes animas angustaque Tartara poenis / qui regitis e 1, 71 avidus poenae. 962 ALESSANDRO SCHIESARO coinvolto in una lunga serie di colpe e tentativi di espiazione, che prende le mosse dall’uccisione di Pitone e dalla seduzione di Psamate, e di cui il contrasto con Corebo non costituisce se non una parte. Anche se tardiva, la punizione inflitta dal dio è ineluttabile: sero memor thalami maestae solacia morti, / Phoebe paras monstrum (1, 596-597). La vicenda di Psamate, che, come si accennava, trova riscontro in quella di Creusa narrata nello Ione11, conferma la caratterizzazione tragica dell’episodio. Le parole con cui Adrasto introduce la vicenda della figlia di Crotopo – felix si Delia numquam / furta nec occultum Phoebo sociasset amorem! (Theb. 1, 573-574) – riecheggiano direttamente il desiderio controfattuale che suggella la tragedia di Didone (Aen. 4, 657-658 felix, heu nimium felix, si litora tantum / numquam Dardaniae tetigissent nostra carinae), a sua volta esemplato sul prologo della Medea di Euripide (1-6) e sulla sua ripresa enniana. Tragica è naturalmente anche l’ossessione della Tebaide per la ripetizione. La maledizione di Edipo contro Tebe è «its law of the eternal return»12. Rispecchiamento e anticipazione, del resto, non sono altro che forme alternative di ripetizione. Nel corso del poema le differenze tra Argo e Tebe vanno sfumando, al punto che entrambe le città finiscono per apparire colpevoli in egual misura. Il presupposto concettuale di questo paradigma tragico trasposto nell’epos di Stazio è una visione quasi eschilea del genus, il gentilis furor di cui narra il proemio (1, 126)13. Non esiste possibilità concreta di cambiamento, perché mens cunctis imposta manet (1, 227). In questo contesto, semen è parola dalle forti valenze programmatiche, riferendosi a seconda dei contesti alla genealogia, alle cause o ai pretesti14, ma in realtà riunificando sempre 11 La vicenda di Creusa è narrata nel prologo (8-27) e ripetuta poi dalla protagonista (340-348): si notino soprattutto i dettagli relativi alla violenza procurata da Apollo (10-11), il parto segreto (13, 340) seguito dall’abbandono del neonato, che viene sorvegliato da due serpenti (21-3). 12 Henderson 1998, p. 238. 13 I riferimenti al genus sono frequenti in tutto il poema, soprattutto nel primo libro. Cfr. per es. 1, 84-85 generis consortia ferro / dissiliant; 1, 242-243 totumque a stirpe revellam / exitiale genus; 1, 280-281 belli deflecte tumultus / et generis miseresce tui; 1, 445-446 generisque superbi / magna per effusum clarescunt signa cruorem; 2, 211-213 hospitia et thalamos et foedera regni / permixtumque genus (quae tanta licentia monstro, / quis furor?); 2, 575-576 Pentheumque trahens nondum te Phaedimus aequo, / Bacche genus; 10, 613-614 cadat generis quicumque novissimus extat / viperei. 14 Il riferimento ai semina crea una fitta rete di rapporti interni al testo a partire dall’affermazione di Giove a 1, 243-245 belli mihi semina sunto / Adrastus socer et superis adiuncta sinistris / conubia. Cfr. in seguito soprattutto 3, 483-484 superae seu conditor aulae / sic dedit effusum chaos in nova semina texens; 4, 211-214 sic Eriphylaeos aurum fatale penates / inrupit scelerumque ingentia semina movit, / et grave Tisiphone risit gavisa futuris; IL PROEMIO ARGIVO DELLA TEBAIDE 963 queste tre nozioni nel segno appunto del genus15, quasi ad invertire l’ottimistica affermazione di Seneca secondo cui omnium honestarum rerum semina animi gerunt (epist. 94, 28-29). 3. Parte della critica recente attribuisce a Corebo il ruolo di vero eroe della storia, incarnazione di un principio morale superiore che resta valido come punto di confronto nel resto del poema16. Se la presentazione del personaggio è indubbiamente positiva, i suoi precedenti letterari danno àdito a qualche perplessità. Conosciamo infatti tre personaggi che portano questo nome17. Il primo è appunto il guerriero argolico di cui trattano Callimaco, Stazio e Ovidio18. Il secondo è invece Corebo Mygdonides, guerriero frigio innamorato di Cassandra (Aen. 2, 341-343)19, che è forse un’invenzione virgiliana20, ma le cui azioni sono modellate sull’Otrioneo dell’Iliade, vanaglorioso e destinato a rapida fine (Il. 13, 361-393)21. Esiste infine un Corebo stultus, l’‘ottavo saggio’ cui fa cenno Callimaco22. Il parallelismo tra il Corebo di Stazio e quello virgiliano è evocato a partire dall’entrata in scena del personaggio, peraltro in questo caso 7, 562-563 arma iterum furiaeque placent; fera tempus Erinys / arripit et primae molitur semina pugnae; 8, 253 (sc. Edipo) sceleris tacito rimatur semina voto; 10, 238-239 estne hic infelix virtus, gentique superstes / sanguis, et in miseris animorum semina durant?; 10, 662-663 (sc. Meneceo) magnanime o iuvenis, quo non agnoverit ullum / certius armifero Cadmi de semine Mavors; 11, 652-653 Mavortia … / semina. 15 I semina evocano naturalmente anche il riferimento al mito degli Spartoi, vipereo sparsi per humum, nova semina, dentes (Ov. Met. 4, 573); cfr. Theb. 4, 435 fetus ager Cadmo; 4, 436 acies sulcosque nocentes. 16 Già a partire da Vessey 1970; cfr. Hill 1990, p. 115 «Statius has prepared us for an epic that will fully explore man’s sinfulness but will seek salvation not in traditional gods, nor in those that the gods have put on earthly thrones, but rather in daring men like Coroebus who will challenge the accepted order». Cfr. Franchet d’Espèrey 1999, p. 380: «[i]l [sc. Corebo] a en quelque sorte surpassée les dieux». 17 Vd. Eitrem, PW, s.v. 18 Argolic warrior: Call. fr. 30 Pf. (δασπλῆτα ‘inaccostabile’, che è però probabilmente da riferirsi a Poiné?); Paus. 1, 43, 7; Conone 179, Stat. Theb. 1; 2, 221-222 (incluso fra le species … avorum [215]: nudoque ferens caput ense Coroebus); 6, 286 speciesque horrenda Coroebi (incluso nella series antiqua parentum [268]); Ov. Ib. 575-576. 19 Aen. 2, 342-343 illis ad Troiam forte diebus / venerat insano Cassandrae incensus amore. 20 Heinze 19283, p. 28. 21 Cfr. Il. 13, 366 ὑπέσχετο δὲ μέγα ἔργον e 13, 377-378 καί κέ τοι ἡμεῖς ταῦτά γ’ ὑποσχόμενοι τελέσαιμεν, / δοῖμεν δ’ Ἀτρείδαο θυγατρῶν εἶδος ἀρίστην. 22 Fr. 587 Pf. (dagli Aitia o dagli Epigrammi); cfr. Hor serm. 2, 3, 296 Stertinium, sapientum octavus, con il commento di Porfirione ad loc., e Servio ad Aen. 2, 341 (con Austin ad loc.), che cita Euforione fr. 81 Schneidw. 964 ALESSANDRO SCHIESARO non descritto in preda al furor: armorum praestans animique Coroebus (Theb. 1, 605) richiama infatti Aen. 2, 386 atque his successu exsultans animisque Coroebus, così come Aen. 2, 407-408 non tulit hanc speciem furiata mente Coroebus / et sese medium iniecit periturus in agmen suggerisce haud tulit armorum praestans animique Coroebus / seque ultro lectis iuvenum… / … / obtulit (Theb. 1, 605-608)23. Da un lato è inevitabile chiedersi, come fa Heinze a proposito dell’antecedente virgiliano24, se Stazio non abbia voluto destabilizzare Corebo assegnandogli il nome di un personaggio le cui azioni sono, se non stolte, almeno avventate e pericolose. Ma importa soprattutto valutare se questo rapporto intertestuale con un personaggio minore dell’Eneide non segnali anche un parallelismo più esteso. Come si è detto sono l’ottavo, e in misura minore, il primo libro dell’Eneide a svolgere un ruolo preminente in questa parte della Tebaide, ma esistono anche punti di contatto significativi tra la storia di Lino e quella di Laocoonte nel secondo, tali da suggerire la possibilità che nel destino tragico di Troia si prefiguri in potenza quello di Argo. Nell’Eneide, la falsa profezia di Apollo (Aen. 2, 114-198) prepara l’episodio di Laocoonte (2, 203-205): ecce autem gemini a Tenedo tranquilla per alta (horresco referens) immensis orbibus angues incumbunt pelago pariterque ad limina tendunt25. Le somiglianze verbali tra questo episodio e la descrizione del ratto di Ganimede in Theb. 1, 548-551 conferiscono a quest’ultima un alone sinistro, tanto più intenso dato il carattere ambiguo e sfuggente del riferimento in questo punto della narrazione: hinc Phrygius fulvis venator tollitur alis, Gargara desidunt surgenti et Troia recedit, stant maesti comites frustraque sonantia lassant ora canes umbramque petunt et nubila latrant. 23 Aen. 2, 410-412 hic primum ex alto delubri culmine telis / nostrorum obruimur oriturque miserrima caedes armorum facie et Graiarum errore iubarum; cfr. Theb. 1, 627-631 saevior in miseros fatis ultricis ademptae / Delius insurgit, summaque biverticis umbra / Parnasi residens arcu crudelis iniquo / pestifera arma iacit, camposque et celsa Cyclopum / tecta superiecto nebularum incendit amictu. 24 Heinze 19283, pp. 36 s. 25 orbibus … angues è ripreso da orbibus atris a Theb. 1, 563. Il virgiliano gemini … / …. angues (2, 203-204) riecheggia in Theb. 7, 466-467 it geminum excutiens anguem et bacchatur utrisque / Tisphone castris. IL PROEMIO ARGIVO DELLA TEBAIDE 965 che allude a sua volta alla scomparsa di Creusa alla fine del secondo libro. Si vedano soprattutto i vv. 2, 768-773: ausus quin etiam voces iactare per umbram implevi clamore vias, maestusque Creusam nequiquam ingeminans iterumque iterumque vocavi. quaerenti et tectis urbis sine fine ruenti infelix simulacrum atque ipsius umbra Creusae visa mihi ante oculos et nota maior imago. e 2.790-5: haec ubi dicta dedit, lacrimantem et multa volentem dicere deseruit, tenuisque recessit in auras. ter conatus ibi collo dare bracchia circum; ter frustra comprensa manus effugit imago, par levibus ventis volucrique simillima somno. sic demum socios consumpta nocte reviso. Lo spettro della distruzione della città invisa a Giunone aleggia ora proprio sulla sua diletta Argo, e dimostra che il ciclo tragico della ripetizione non è destinato a trovare fine. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Ahl 1986 = F. Ahl, ‘Statius’ Thebaid: a reconsideration’, ANRW 2.32.5, 2803-2912. Aricò 1960 = G. Aricò, Sul mito di Lino e Corebo in Stazio, Tebaide 1.557-668, RFIC 88, 1960, pp. 277-285 (= Ricerche staziane, Palermo 1972, pp. 75-84; 109-131). Bessone 2011 = F. Bessone, La Tebaide di Stazio. Epica e potere, Pisa 2011. Delarue 2006 = F. Delarue: La fonction de Corébus dans la Thébaide de Stace, in J. Champeaux - M. Chassignet (edd.), Aere perennius. En hommage à Hubert Zehnacker, Paris 2006, pp. 365-375. Dominik 1994 = W. Dominik, The Mythic Voice of Statius: Power and Politics in the Thebaid, Leiden 1994. Eitrem 1922 = S. Eitrem, Koroibos, PW 12, coll. 1418-1420. 966 ALESSANDRO SCHIESARO Franchet d’Espèrey 1999 = S. 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