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IL DOSSIER COSTANTINIANO TARRACONENSE: UN RIESAME

Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 215 (2020)

ENRICO ZUDDAS IL DOSSIER COSTANTINIANO TARRACONENSE : UN RIESAME aus: Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik 215 (2020) 326–330 © Dr. Rudolf Habelt GmbH, Bonn 326 IL DOSSI ER COSTA N T I N I A NO TA R R ACON ENSE : U N R I ESA M E * I testi Dall’area della Cattedrale di Tarragona proviene un’interessante serie di basi di statue con dediche a Costantino e ai suoi Cesari. Probabilmente esse erano in origine collocate nella terrazza superiore del foro provinciale (dove sorgeva il tempio dedicato al culto imperiale), di cui si conservano significativi resti1. Si tratta di un raro caso in cui è conservato il dossier dell’intero collegio imperiale2. Queste dediche sono scritture secondarie poste su basi preesistenti; essendo alcune state murate, solo un lato del monumento è oggi visibile, cosicché per i testi 3 e 5 dobbiamo affidarci alla tradizione manoscritta e non disponiamo di documentazione fotografica3. 1) CIL II 4106 = CIL II²/14, 942 = RIT 95 = LSA 1981 = HEpOL 9818 (Costantino I). Piissimo, fortissimo, / felicissimo d(omino) n(ostro) / Constantino, maxi/mo victori, semper / Augusto. / Badius Macrinus, / v(ir) p(erfectissimus), p(raeses) p(rovinciae) H(ispaniae) Tarr(aconensis), / numini maiesta/tique eius semper / devotissimus. 2) CIL II 4108 = CIL II²/14, 944 = RIT 96 = LSA 1982 = HEpOL 9820 (Costanzo II). Pio adque (!) inclyto / d(omino) n(ostro) Constantio, no/bilissimo ac fortis/simo et felicissimo / Caesari. Badius / Macrinus, v(ir) p(erfectissimus), p(raeses) p(rovinciae) H(ispaniae) T(arraconensis), / numini maiesta/tique eius semper / devotissimus. 3) CIL II²/14, 944a = LSA 2690 = HEp 20, 2011, p. 229, nr. 474 (Costante). Pio adque (!) inclyto / d(omino) n(ostro) Constanti, no/bilissimo ac fortis/simo et felicissimo / Caesari. Badius / Macrinus, v(ir) p(erfectissimus), p(raeses) p(rovinciae) H(ispaniae) T(arraconensis), / numini maiesta/tique eius semper / devotissimus. 4) CIL II²/14, 943 = LSA 2689 = HEp 20, 2011, p. 229, nr. 473 (Costantino II). Pio aḍ[que inclyto] / d(omino) n(ostro) Cọ[nstantino] / nobị[lissimo ac for]/tissiṃ[o et felicis]/simo [Caesari. Ba]/dius Ṃ[acrinus], / v(ir) p(erfectissimus), ̣p(raeses) [p(rovinciae) H(ispaniae) T(arraconensis), numini] / [maiestatique eius] / [semper devotissimus]. 5) CIL II 4107 = CIL II²/14, 945 = RIT 97 = LSA 1983 = HEpOL 9819 (Crispo?). Pio adque (!) inclyto / d(omino) n(ostro) 〚[Crispo]〛, nobilis/simo ac fortissi/mo et felicissimo / Caesari. Septimius / Acindynus, v(ir) c(larissimus), a/gens per Hispanias / Ṿ ̣c(um) ̣p(rovincia) Ṭ(ingitana)4, vice sacra cog/noscens, numini / maiestatique eius / semper dicatissi/mus. * Ringrazio il Professor Eck per le preziose indicazioni che mi hanno consentito di migliorare questo testo. 1 Mar et al. 2015, p. 74 ss.; Fishwick 2017, pp. 135–183 (con bibl. prec.). Per un inquadramento della città in epoca tardoantica cfr. Panzram 2002, pp. 107–121 (in part. pp. 109–110 per le iscrizioni qui analizzate). 2 Presentano una situazione analoga, ma difficoltà assai maggiori a causa della frammentarietà, alcune dediche poste contemporaneamente a Costantino e ai Cesari nell’agorà di Atene da un anonimo proconsul Achaiae: Sironen 2001, pp. 257–264 (= AE 2001, 1827–1831 = LSA 399, 400, 402). 3 Ad eccezione del monumento nr. 1, che è conservato al Museo Archeologico e del quale sono visibili tutte le facce, con ben quattro testi incisi (un vero “record”: Végh 2017, p. 66, nt. 41), di questi reimpieghi non si dà notizia né nella prima edizione del CIL né in RIT; le informazioni sono fornite nella riedizione in CIL (Conventus Tarraconensis) curata dallo stesso Alföldy, che le desume principalmente da Antoine Povillon e Lluís Pons d’Icart, eruditi della seconda metà del XVI secolo. 4 Sull’abbreviazione (fondata sul parallelo con CIL II2/14, 946 = LSA 2691) cfr. Alföldy 2007, p. 329; conserva il tradizionale scioglimento v(i)c(es) p(raefecti) ‹p›(raetorio) o v(i)c(aria) p(raefectura) Porena 2016, p. 262, nt. 10. Sulle varie formulazioni del titolo e sulla sua diffusione v. Hidalgo Martín–Méndez Grande 2002, pp. 556–558. Il dossier costantiniano tarraconense: un riesame 327 Una nuova proposta cronologica L’iscrizione nr. 5, oggi non più visibile5, reca nella seconda riga il nome eraso di un Cesare, che dagli editori è quasi unanimemente identificato in Crispo. Essa condivide il formulario utilizzato per gli altri Cesari (sebbene il testo nr. 4 si differenzi nell’impaginazione dai nrr. 2 e 3), ma è frutto dell’iniziativa di un diverso dedicante: il vicarius Septimius Acindynus, mentre le altre sono poste dal praeses Badius Macrinus, non altrimenti conosciuto6. Ciò evidenzia una sfasatura temporale tra le prime quattro iscrizioni, coeve, e la quinta, pur appartenente al medesimo gruppo statuario. Quando erano conosciute solo le basi 1, 2, e 5, incrociando i dati ivi contenuti – titolo di victor per Costantino, elevazione di Costanzo a Cesare, morte di Crispo – ma disattendendo la diversa identità dei dedicanti, si era pervenuti a una datazione unitaria agli anni 324–326 d.C. Tale cronologia è venuta a cadere nel 2011, con la pubblicazione, da parte di Géza Alföldy, del testo nr. 3 in onore di Costante, trasmesso da alcuni manoscritti ma a lungo trascurato perché ritenuto solo un doppione del nr. 2 per Costanzo: in realtà, che sia una dedica autonoma sembra dimostrato sia dalle piccole varianti – non solo il nome CONSTANTI alla r. 2, ma anche la O finale alla r. 4, che non è nana come nell’altro – sia dal fatto che nel cortile del Palazzo Arcivescovile sono murate due pietre diverse7. Il terminus post quem va quindi riconsiderato e non può che essere la nomina di Costante nel 333. Nella riedizione Alföldy ha pertanto aggiornato la datazione al 333–337, senza tenere conto che a partire dal 335 vi era un quarto Cesare, Flavio Dalmazio, nipote di Costantino. Si è rifatto a un criterio largamente seguito, sulla scorta di Grünewald, il quale, rilevando che nelle iscrizioni Dalmazio figura in una percentuale assai minore rispetto ai figli di Costantino, ha scelto di datare fra il 333 e il 337 invece che fra il 333 e il 335 tutti gli esemplari in cui appare la terna Costantino II, Costanzo II e Costante8. In effetti le epigrafi con il collegio di quattro Cesari sono meno di dieci, ma questo non autorizza a credere che Dalmazio fosse sistematicamente escluso dalle dediche pubbliche9. Rispetto alle quattro basi datate a dopo il 333, l’iscrizione “di Crispo” costituirebbe un esemplare precedente e a sé stante. D’altra parte la proposta di Chastagnol di restituire il nome di Costantino II (anch’egli colpito da abolitio memoriae)10 è stata invalidata dal ritrovamento della dedica frammentaria nr. 4, dove l’onomastica di Costantino II è solo parzialmente conservata ma è integrabile con sicurezza, trattandosi dell’unico Costantinide mancante. In considerazione di tutto ciò, si suggerisce di riconoscere Dalmazio nel Cesare damnatus della base nr. 5, che si configurerebbe dunque come un aggiornamento successivo al 18 settembre 335, da parte del nuovo dedicante, che avrebbe ricalcato in tutto e per tutto il formulario delle preesistenti. Anche se la forma CRISPO è stata ritenuta in genere congruente con l’impaginazione (ca. 15 lettere per riga, più le spaziature), bisogna ricordare che la suddivisione delle linee non è tramandata concordemente dai manoscritti11; addirittura i testimoni più antichi riportano un inverosimile TRAIANO, che, qualora 5 Data a lungo per dispersa, nel 2008 la si è infine individuata in una lapide murata nella Cattedrale, che presenta però esposta la faccia con la dedica originaria a L. Valerius Tempestivus, di età antonina (CIL II 4278 = CIL II2/14, 1232 = ILS 5485 = RIT 354 = HEpOL 24184). 6 PLRE I, p. 529, Macrinus 2, con datazione ampia 324/337. Restringe l’intervallo al 324–326 (sul fondamento degli elementi esaminati infra) J. M. Abascal nella voce Badius Macrinus curata per il Diccionario Biográfico electrónico (DB~e) de la Real Academia de la Historia, al sito http://dbe.rah.es/biografias/23169/badius-macrinus (cui si rimanda per ulteriore bibliografia). 7 La base nr. 2, con il testo in onore di Costanzo, la cui faccia è quella tuttora in vista, era originariamente dedicata al sevir M. Fabius Asiaticus (CIL II 4293 = CIL II2/14, 1251 = ILS 6947 = RIT 415 = HEpOL 9201). Della base nr. 3, per Costante, è esposto invece il lato recante una dedica a Carino Cesare (CIL II 4103 = CIL II2/14, 930 = RIT 90 = HEpOL 9815). I vari reimpieghi delle lapidi e i successivi spostamenti hanno provocato qualche confusione negli autori; lo stesso Alföldy, nella scheda relativa, associa CIL II2/14, 1251 al titulus perduto 944a, dichiarato ancora visibile, mentre lo è invece il 944. 8 Grünewald 1990, pp. 150–153, 277. 9 Ipotizza che Dalmazio rientrasse tra i dedicatari del gruppo statuario ateniese (v. nota 2) Sironen 2001, in part. pp. 259– 260, nr. 2, dove il nome e il titolo di un Cesare sono stati erasi e sostituiti da quelli di Costante Augusto. 10 Chastagnol 1959, p. 198; v. anche nota 12. 11 Così anche Saquete 2000, pp. 284–285, nt. 17. 328 E. Zuddas derivi dal riconoscimento di qualche traccia sulla pietra, risulta più assimilabile a DALMATIO per numero e tipologia delle lettere. Il vicariato di Septimius Acindynus La nuova proposta di restituzione nel testo nr. 5 consentirebbe di colmare un gap nella carriera di Septimius Acindynus, il cui vicariato di Spagna è datato entro il 326 esclusivamente in rapporto a tale iscrizione12. Presumibilmente figlio dell’omonimo prefetto urbano del 293–295, Septimius Acindynus negli anni 338–340 fu prefetto del pretorio in Oriente13 e consul prior nel 340 (insieme a Valerio Proculo)14. Un frammento epigrafico da Emerita (EDCS-24400066 = HEp 10, 2000, pp. 29–30, nr. 55 = HEpOL 22696; non in AE), quasi certamente pertinente a una statua posta in suo onore all’epoca del soggiorno spagnolo, ne attesta le funzioni di corrector Tusciae et Umbriae e di XV vir sacris faciundis esercitate all’inizio della carriera15. Secondo l’opinione invalsa nessuna funzione sarebbe stata ricoperta dal personaggio fra il 326 e il 338. Nella ricostruzione di Porena i due incarichi di governo provinciale e diocesano vengono fatti praticamente coincidere16: corrector 317–324, vicarius 318/326. L’integrazione del nome di Dalmazio nell’epigrafe in questione permetterebbe di posticipare il vicariato di circa un decennio, poco prima della prefettura del pretorio in Oriente. Il governatorato di Tuscia et Umbria resta temporalmente non precisabile, dal momento che la lista dei correctores è estremamente lacunosa17. A una datazione bassa meglio si adatta anche il rango di clarissimus, giacché prima del 326 solo eccezionalmente i vicari sono senatori18; è ancora perfectissimus Q. Aeclanius Hermias, a(gens) v(icem) praef(ectorum) praet(orio) in una iscrizione da Corduba per Costantino, anteriore al 324 (CIL II 2203 = CIL II2/7, 263 = LSA 1997 = HEpOL 3841). Conosciamo un altro vicarius Hispaniarum per l’anno 335, il Tiberianus cui è indirizzata CTh 3, 5, 6, del 15 luglio 33519. Tuttavia, se, come sembra, tale Tiberianus va identificato con il C. Annius Tiberianus che al più tardi nel 336 (se non già nel 335) e fino al 337 fu praefectus praetorio nelle Gallie20, le due 12 PLRE I, p. 11, Acindynus 2; Wiewiorowski 2011, p. 431; Edmonson 2016, pp. 204–206. Ma v. le esitazioni di Saquete 1999, pp. 82–83 e id. 2000, pp. 284–285, seguito da Arce 2006, p. 260. Saquete, non potendo conoscere i testi nrr. 3 e 4, preferiva lasciare aperta la possibilità di restituire il nome di Costantino II e mantenere per il vicariato una forcella ampia, 324–337, come già faceva Chastagnol 1965, p. 274, nr. 2: «une date comprise entre 326 et 337, sans doute entre 330 et 337.» 13 Fonti in Coşkun 2004, pp. 302–304, 327 (che mantiene la parziale sovrapposizione con Domitius Leontius; diversamente Barnes 1992, p. 253, e Porena 2003, p. 455). L’inconciliabile data del 15 febbraio 326 di CTh 8, 5, 3 viene posticipata al 339: Porena 2003, p. 364. 14 CLRE, pp. 214–215. 15 Saquete 2000. Un profilo sociale e religioso del personaggio in Moser 2018, pp. 92–94. 16 Porena 2012, p. 307 (Appendice alla tabella 1). 17 Cecconi 1994, p. 213. Per questi anni disponiamo del solo nome di C. Iulius Rufinianus Ablabius Tatianus, che, adlectus inter consulares iudicio divi Constantinini, divenne corrector Tusciae et Umbriae in seguito all’incarico di legatus provinciae Asiae, dopo il 324; successivamente egli fu consularis Aemiliae et Liguriae e consularis Campaniae, dopo la morte di Costantino, quando fu posta l’epigrafe di Abellinum (CIL X 1125 = LSA 1860 = EDR161812). Cfr. PLRE I, pp. 875–876, Tatianus 4; Enjuto Sánchez 2003. 18 Kuhoff 1983, p. 115; Chastagnol 1976, p. 57; id. 1982, p. 175 (che in parte attenua le posizioni di Chastagnol 1959, pp. 196–199); Wiewiorowski 2015, pp. 47–50. 19 Inviata da Costantinopoli e ricevuta ad Hispalis il 18 aprile 336 (dat. id. Iul. Constantinopoli; accepta XIIII kal. Mai. Hispali, Nepotiano et Facundo coss.): ma come è stato dimostrato da Porena 2003, p. 472, i dati dell’inscriptio non possono che fare riferimento al momento dell’emissione, mentre niente autorizza a concludere che al momento dell’arrivo fosse ancora in carica Tiberiano. 20 Cfr. Hier. chron. s.a. 336: Tiberianus vir disertus praefectus praetorio Galliarum regit. PLRE I, pp. 911–912, Tiberianus 4; Gutsfeld 2016, p. 243, nr. 6. Tiberiano figura nel collegio prefettizio delle epigrafi di Ain Tubernuc e Antiochia, databili al 335–336 (AE 1925, 72 e AE 1985, 823, su cui ancora Porena 2003, pp. 466–491). Il dossier costantiniano tarraconense: un riesame 329 attestazioni non sono inconciliabili; dovremo semplicemente ipotizzare che Acindynus avesse occupato il posto lasciato da Tiberianus21. Sebbene sia concepibile anche un periodo di inattività, la nuova cronologia presenta il vantaggio di evitare la sovrapposizione della correttura e del vicariato: la carriera di Acindynus ne risulta in tutto simile a quella degli altri funzionari del periodo, per i quali è attestata la successione di un gradino presidale e, a qualche anno di distanza, di uno diocesano subito prima dell’accesso alla prefettura e al consolato22. Bibliografia G. Alföldy (2007), Fasti und Verwaltung der hispanischen Provinzen: zum heutigen Stand der Forschung, in Herrschen und Verwalten. Der Alltag der römischen Administration in der Hohen Kaiserzeit, a cura di R. Haensch, J. Heinrichs, Köln–Wien, pp. 325–356. J. Arce (2006), Octavius Clarus, vir clarissimus, famulus Gratiani, Cahiers Glotz 17, pp. 259–265. T. D. Barnes (1992), Praetorian Prefects, 337–361, ZPE 94, pp. 249–260. G. A. Cecconi (1994), Governo imperiale e élites dirigenti nell’Italia tardoantica. 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Edmonson (2016), The Administration of Lusitania from the Reforms of Diocletian to c. 340, in A Lusitânia entre Romanos e Bárbaros, a cura di J. d’Encarnação, M. Conceição Lopes, P. C. Carvalho, Coimbra, pp. 179–221. B. Enjuto Sánchez (2003), Los sacerdotes paganos: ¿elemento de inclusión e integración de los homines novi en el ordo senatorius del s. IV d.C.? El caso de Tatianus, Studia historica. Historia antigua 21, pp. 159–176. D. Fishwick (2017), Precinct, Temple and Altar in Roman Spain. Studies on the Imperial Monuments at Mérida and Tarragona, Farnham–Burlington. T. Grünewald (1990), Constantinus Maximus Augustus. Herrschaftspropaganda in der zeitgenössischen Überlieferung, Stuttgart. A. Gutsfeld (2016), Les préfets du prétoire en Gaule sous Constantin Ier (306–337), in Constantin et la Gaule. Autour de la vision de Grand, a cura di L. Guichard, A. Gutsfeld, F. Richard, Nancy, pp. 217–244. L. Á. Hidalgo Martín – G. 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Porena (2003), Le origini della prefettura del pretorio tardoantica, Roma. – (2012), I dignitari di Costantino: dinamiche di selezione e di ascesa durante la crisi del sistema tetrarchico, in Costantino prima e dopo Costantino, a cura di G. Bonamente, N. Lenski, R. Lizzi Testa, Bari, pp. 293–320. 21 E invertire l’ordine tradizionale dei vicari, fornito, tra gli altri, da Chastagnol 1965, p. 273; Kulikowski 2004, p. 313; Edmonson 2016, pp. 207 e 209. 22 Per le dinamiche di queste carriere, contrassegnate da un inizio nelle province occidentali per poi passare a incarichi orientali, v. Porena 2012, in part. pp. 305–314. 330 E. Zuddas – (2016), Indizi sulla carriera di Evagrius, prefetto del pretorio di Costantino, ZPE 199, pp. 259–263. J. C. Saquete (1999), Novedades prosopográficas sobre gobernadores del S. IV en la DH, Apéndice a J. Arce, Los gobernadores de la Dioecesis Hispaniarum (ss. IV–V d.C.) y la continuidad de las estructuras administrativas romanas en la Península Iberica, AnTard 7, pp. 73–83. – (2000), Septimius Acindynus, corrector Tusciae et Umbriae. Notes on a New Inscription from Augusta Emerita (Mérida, Spain), ZPE 129, pp. 281–286. E. Sironen (2001), Lateinische Ehreninschriften für Constantin den Großen und seine Nachfolger und andere Inschriften der Spätzeit aus Attika, ZPE 136, pp. 257–266. J. Végh (2017), Inschriftenkultur und Christianisierung im spätantiken Hispanien: Ein Überblick, in The Epigraphic Cultures of Late Antiquity, a cura di K. Bolle, C. Machado, C. Witschel, Stuttgart, pp. 55–110. J. Wiewiorowski (2011), Los primeros administradores de la diócesis de España, in Studia Lesco Mrozewicz ab amicis et discipulis dedicata, a cura di S. Rucinski, C. Balbuza, C. Królczyk, Poznań, pp. 425–438. – (2015), The Judiciary of Diocesan Vicars in the Later Roman Empire, Poznań. Enrico Zuddas, Dipartimento di Lettere, Università di Perugia [email protected]