B RU N I A NA & C A M PA N E L L I A NA
Ricerche filosofiche e materiali storico-testuali
s up p l e m e n ti, xl iv · studi, 19
GI ORDAN O B RU NO,
D E IMM ENSO
Letture critiche
a c u r a di
mi g u e l á n gel gr a na da e dar io tes s ic ini
PISA · ROMA
FA B R I ZI O S E R R A · E D ITORE
MMXX
Pubblicato con i contributi del progetto di ricerca “Cosmología, teología y antropología en la
primera fase de la Revolución Cientifica (1543-1633)”, finanziato dal Ministerio de Economía y
Competitividad del Governo di Spagna, progetto FF12015-64498-P (AEI/FEDER, UE), e dalla
School of Modern Languages and Cultures dell’Università di Durham.
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Sommario
SOMMARIO
Miguel Ángel Granada, Dario Tessicini, Introduzione
Valentina Lepri, Lo stampatore e la princeps del De immenso
Miguel Ángel Granada, Libro i. La relazione Dio / mondo e la necessità dell’universo infinito
Dilwyn Knox, Libro ii. La perfezione dell’universo
Dario Tessicini, Libro iii. Tra circoli e spirali : i moti planetari e la rilettura del De revolutionibus di Copernico
Antonella Del Prete, Libro iv. Verso un universo uniforme: comete,
extra-terrestri, elementi
Anna Laura Puliafito, Libro v. Distanze celesti e ordine degli elementi
Barbara Amato, Libro vi. Fisiologia dei mondi
Elena Nicoli, Libro vii. Sedici argomenti contro Aristotele (e il modello
di Lucrezio)
Eugenio Canone, Libro viii. Il testo conclusivo del De immenso
Thomas Leinkauf, La metafisica nel De immenso di Giordano Bruno
Leen Spruit, Dalla filosofia della religione alla teologia filosofica nella trilogia di Francoforte
9
29
47
71
103
123
147
165
189
211
237
263
Abbreviazioni e sigle
281
Indice dei nomi antichi e moderni
285
Valentina Lepri, Lo stampatore e la princeps del De immenso
LO STAMPATORE E LA PRINCEPS
DEL DE IMMENSO
Valentina Lepri
Abstract · The printer and the first edition of De immenso · The subject of this
contribution is the publishing history of De immenso. The reconstruction initially
considers the people involved in the printing of the work, starting with the publisher Johann Wechel. The analysis also includes minor figures, who complete our
understanding of the work dynamics behind the philosopher’s last editions. The
picture that emerges from the material analysis of the volumes of the Frankfurt
works is particularly useful in this context, making it possible to formulate a series
of hypotheses about the circulation of Bruno’s texts and the intentions of those
who collaborated in their production.
Keywords : Book market, Giovan Battista Ciotti, Frankfurt book fair, Printing history, Johann Wechel.
er trattare della princeps del De immenso et innumerabilibus 1 di Giordano
Bruno e in generale delle ultime opere che il filosofo manda in tipografia è necessario muoversi su due fronti distinti. Il primo riguarda l’attività
di alcune persone, in primis ovviamente l’editore Johann Wechel, che orbitano attorno alle ultime stampe bruniane e che in misura differente, e con
diversi obiettivi, ne promuovono l’edizione. Il secondo fronte concerne invece gli aspetti materiali del volume che spaziano dalle caratteristiche grafiche, al formato e alla fascicolazione del testo, elementi non di poco conto in
quanto sono in grado di fornire preziose informazioni riguardo il progetto
dell’opera e il suo peso nel catalogo dell’editore. Tenendo assieme questi
due ambiti di ricerca, che abbracciano tanto le persone vicine al filosofo che
l’oggetto libro, le pagine che seguono presenteranno prima i protagonisti
della stampa e lo scenario in cui operano, la fiera del libro di Francoforte.
A queste figure verranno poi ad aggiungersi altre che possono apparire, erroneamente, di minore importanza all’interno della storia dell’edizione dei
poemi bruniani. 2 La parte finale del presente contributo sarà invece incen-
P
[email protected] ; Istituto di Filosofia e Sociologia, Accademia Polacca delle Scienze.
1
De immenso et innumerabilibus, seu de universo et mundis è il titolo convenzionale e che compare all’interno del volume, nel frontespizio invece l’opera è indicata come De innumerabilibus,
immenso et infigurabili.
2
Questa parte del presente saggio riprende e sviluppa alcuni temi contenuti nel mio articolo :
Johann Wechel, Giovan Battista Ciotti e le ultime edizioni di Bruno, « Rinascimento », s. 2, xlvii, 2007,
30
valentina lepri
trata sulle caratteristiche fisiche dei volumi che contengono il De immenso e
i poemi pubblicati a Francoforte, che permettono di compiere una serie di
considerazioni e ipotesi circa i destinatari ideali delle edizioni.
Tre sono i tomi del Nolano che escono dal torchio di Wechel : il primo
contiene il De triplici minimo et mensura ed è seguito da un altro volume che
presenta invece due testi, il De monade, numero et figura, e il già citato De immenso. Ad un anno di distanza vede infine la luce il De imaginum compositione. Per seguire l’allestimento delle stampe Bruno soggiorna a Francoforte
in due diverse occasioni : una prima volta arriva in città nella tarda primavera del 1590 provenendo da Helmstedt, dove risiede dal gennaio del 1589
fino all’aprile dell’anno dopo, quando si dirige appunto a Francoforte. Da
qui però riparte per recarsi a Zurigo prima di poter vedere completato il De
minimo, ma ricompare nella tipografia wecheliana nella primavera del 1591,
dove è probabilmente presente alla pubblicazione del De imaginum compositione. Di questo periodo e del rapporto tra l’editore e Bruno sono note due
informazioni che provengono direttamente dal tipografo e dal suo autore.
Del primo c’è la dedica che accompagna il volume stampato per primo
e indirizzata al principe Enrico Giulio di Braunschweig, nella quale Johann
Wechel spiega che il filosofo lo ha incaricato, con una lettera, di preparare
la suddetta dedica. È il febbraio del 1591 e il Nolano, secondo quanto scrive
lo stampatore, si è dovuto allontanare da Francoforte improvvisamente,
« casu repentino », tuttavia nel periodo precedente la sua partenza ha potuto
dedicare grande attenzione al volume, sorvegliandone la stampa e provvedendo personalmente alla realizzazione delle immagini che contiene. 1 Il
suo resoconto del resto non stupisce perché il filosofo conosce il mestiere
di compositori e torcolieri, avendo lavorato per un breve periodo, nel 1579,
in un’officina di Ginevra, ed è probabilmente lui a revisionare le bozze in
tipografia durante produzione delle sue opere. 2
L’informazione che Bruno fornisce su Wechel è di natura diversa rispetto
a quanto scrive lo stampatore su di lui. È la famosa denuncia, conservata
pp. 367-388. Ringrazio i colleghi Miguel Ángel Granada e Dario Tessicini per avermi dato l’opportunità di approfondire tali ricerche.
1
Cfr. De minimo, bol i,iii 123 : « Opus aggressus, ut quam accuratissime absolveret, non schemata solum ipse sua manu sculpsit, sed etiam operarum se in eodem correctorem praebuit ».
Per osservare l’apparato iconografico contenuto nei testi del Nolano si rinvia, invece, al Corpus
iconographicum : le incisioni nelle opere a stampa, catalogo, ricostruzioni grafiche e commento a
cura di M. Gabriele, Milano, Adelphi, 2001.
2
Durante il processo Bruno dichiara che a Ginevra trova il sostegno per vivere e lavorare,
Firpo, Processo, p. 177, anche Spampanato, Vita, p. 700 : « ed esso Marchese con altri Italiani mi
diedero spada, capello, cappa ed altre cose necessarie per vestirme, e procurorno acciò potesse
intertenermi de mettermi alla correzione delle prime stampe. Dove stetti, in quell’esercizio,
circa doi mesi ».
lo stampatore e la princeps del de immenso
31
nei registri pubblici della città e datata 2 luglio 1590, della quale il codice
Norov 36 conserva anche una bozza manoscritta e autografa. 1 La vicenda
è nota : il filosofo si rivolge al senato cittadino poiché l’editore si è rifiutato
di dargli alloggio, « dargli stanzia », come avrebbe dovuto fare. 2 Che Wechel
fosse tenuto ad ospitarlo, Bruno è convinto, eppure è costretto a dormire
nel convento dei Carmelitani mentre collabora alla preparazione dei volumi. Questo fatto mette in luce rapporti non troppo idilliaci fra i due e
potrebbe sembrare di poco conto ; in verità svela una situazione singolare
del mercato del libro tedesco, della quale forse neppure Bruno è al corrente
al momento della sua denuncia.
i. Bruno, Johann Wechel e la fiera del libro di Francoforte
I Wechel sono una potente dinastia di stampatori attiva a Parigi, Francoforte e Hanau, capaci di una cura delle edizioni che li pone nell’olimpo dei più
influenti editori del tempo assieme a famiglie del calibro dei Manuzio, dei
Giunta, dei Froben e dei Plantin. 3 L’impresa prospera per più di un secolo,
ma nei dieci anni che vanno dal 1582 fino al 1592 a Francoforte operano due
distinte officine tipografiche che utilizzavano il nome Wechel, quella dei
legittimi eredi da una parte, e l’editore di Bruno dall’altra. Per fare un poco
di chiarezza su tale ambiguità bisogna tornare indietro nel tempo, all’inizio
dell’attività della casa editrice inaugurata da Chrétien, o Christian, Vuechel.
Originario di Herrentals, vicino ad Anversa, Chrétien apre la prima bottega
a Parigi nel 1526, ma il suo ingresso nel mercato editoriale cittadino risale già agli anni 1518-1519. Quando muore, l’impresa passa al nipote André
ma nelle volontà testamentarie compare anche un altro nipote che potrebbe essere fratello, oppure cugino di André, e del quale si conosce solo il
nome, Siméon, e che opera a Colonia. André ingrandisce il volume di affari dell’attività e a Parigi diventa un editore di riferimento negli ambienti
1
Appartenuto ad Avraam Sergeevič Norov (1795-1869), è oggi custodito nella biblioteca nazionale di Mosca. Nel manoscritto l’appunto bruniano è datato 2 luglio 1590 e occupa la c. 5v.
2
Vedi bol iii xviii : « Iordanus Brunus supplici scripto a Senatu petiit, ut sibi liceat aliquot
septimanarum spacio in aedibus wecheli typographi commorari ». Cfr. anche Firpo, Processo, p.
163, secondo costituto di Bruno, 30 maggio 1592.
3
I Wechel hanno pubblicato le opere più importanti dell’Umanesimo rinascimentale in un
arco di tempo che va dal 1526 fino al 1627. Cfr. H. Hotson, Wechel Family, in Encyclopedia of the
Renaissance, edited by P. F. Grendler, vol. 6 : Shakespeare-Zwingli, pp. 300-301 ; I. MacLean, André Wechel at Frankfurt, 1572-1581, « Gutenberg Jahrbuch », lxiii, 1988, pp. 146-176, adesso anche in
Idem, Learning and the Market Place : Essays in the History of the Early Modern Book, Leiden, Brill,
2009, pp. 163-225, nei riferimenti successivi si cita da questa edizione ; R. J. Weston Evans, The
Wechel presses : Humanism and Calvinism in central Europe, 1572-1627, « Past and Present », Supplement 2, 1975, pp. 1-74 ; M. Matthäus, Der Frankfurter Drucker Johann Wechel, « Gutenberg Jahrbuch », xci, 2009, pp. 169-183.
32
valentina lepri
filo-protestanti come testimonia il suo ricco catalogo dove compaiono, tra
le altre, le opere di Raimondo Lullo e di Pietro Ramo. Nella notte di San
Bartolomeo dell’agosto del 1572, il massacro di ugonotti che scuote la città
intera travolge anche l’impresa di Wechel, e mentre l’amico Ramo muore
nell’attentato, l’editore ripara frettolosamente in Germania, a Francoforte,
dove impianta una nuova officina. In breve tempo, grazie all’abilità dello
stampatore e alla sua rete di contatti, la tipografia recupera finanze e visibilità diventando una delle maggiori realtà editoriali del centro Europa.
È un anno dopo la morte di André, avvenuta probabilmente a causa della
peste nel febbraio del 1581, che si verifica una sorta di sdoppiamento del
marchio Wechel. La tipografia passa infatti a due suoi cugini, Claude de
Marne e Jean Aubri, francesi espatriati che in precedenza operano come
suoi agenti sia a Praga che a Vienna. 1 Il 27 gennaio del 1582 arriva in città da Colonia lo sconosciuto Johann Wechel. Potrebbe essere parente di
quel Siméon citato nelle ultime volontà del fondatore della casa editrice,
Chrétien, ma le ricerche compiute negli archivi di Colonia non hanno fino
ad oggi fatto emergere alcuna informazione che lo riguardi. 2 Quel che è
certo è che appena arrivato a Francoforte Johann tenta subito di sfruttare il
successo della prospera tipografia Wechel, sfruttando l’omonimia e stampando all’inizio con la stessa marca tipografica di André. 3 Lo testimonia la
stampa dell’Expositio in disputatione Jacobi Carpentarii de methodo di Arnaldus
Assatus impressa nel 1582, nella quale compare il pegaso, immagine distintiva dell’officina dei Wechel. In seguito a questa edizione gli stampatori della
città presentano una protesta formale al senato francofortese, tanto che
1
Nel 1596 Aubri è indotto a trasportare buona parte dell’attività nella vicina Hanau a causa
della crescente ostilità verso i calvinisti a Francoforte. Ad Hanau, città calvinista, prosegue per
altri trent’anni il lavoro di editore. Aubri e Marne muoiono rispettivamente nel 1601 e 1610 ; dopo
di loro l’impresa passa ai figli e al cugino del padre : Jean e André de Marne, Daniel e David Aubri
e Clemens Schleich. Cf. Hotson, Wechel Family, cit., p. 301.
2
Gli studiosi non sono ancora giunti ad un accordo circa la provenienza e i legami di Johann
con i Wechel : potrebbe trattarsi di un parente di Simeon Wechel, cugino di André trasferitosi a
Colonia da Parigi molti anni prima, come suggerisce M. Gräfin Lanckoronska, Andreas Wechels Gäste, « Frankfurter Beiträge Arthur Richel gewidmet », Frankfurt, Hauserpresse, 1933, pp.
32-36. Heinrich Pallmann, invece, uno dei più noti studiosi della storia dell’editoria francofortese
nel sedicesimo secolo, sostiene che non ci fossero legami parentali fra lo stampatore e gli eredi
Wechel, cfr. H. Pallmann, Sigmund Feyerabend, sein Leben und seine geschäftlichen Verbindungen,
Frankfurt, Völcker, 1881, p. 111, nota 116 ; MacLean, che ha concentrato il suo lavoro esclusivamente sulla produzione editoriale degli eredi Wechel, ha comunque compiuto alcune ricerche
negli archivi di Colonia senza trovare traccia, nei registri, di un tipografo con questo nome ; cfr.
MacLean, André Wechel at Frankfurt, cit., pp. 167-168 e nota 1.
3
Alla morte di Johann Wechel, nel 1593, la tipografia passerà ad un collaboratore, Zacharias
Palthenius, che ne sposa la vedova, prassi comune fra i tipografi per ereditare torchi e catalogo.
Palthenius continuerà a mandare avanti l’officina ma stampando con il proprio nome. Cfr. Evans, The Wechel presses : Humanism and Calvinism in central Europe, cit., p. 4.
lo stampatore e la princeps del de immenso
33
Johann è costretto, dalle stampe successive, a modificare la marca, scegliendo comunque un emblema che ricorda quello dei legittimi eredi sebbene
privato del pegaso. 1
Malgrado i tentativi di plagio da parte del nuovo arrivato, è bene precisare che le due imprese editoriali, quelle degli eredi Wechel e di Johann,
sono molto diverse tanto per gli interessi culturali dei tipografi che per le
strategie di mercato. Anche da un punto di vista finanziario le due attività sono distanti, con i primi, i Wechel, veri e propri colossi dell’editoria
del tempo, con un volume di affari almeno quattro volte superiore al secondo. Gli aspetti economici dell’officina di Johann Wechel permettono
di introdurre nella ricostruzione alcune figure-chiave che ruotano attorno
alle stampe di Bruno e che probabilmente lo indirizzano nella casa editrice francofortese. Come si è osservato, è possibile che dietro alla denuncia
del filosofo per non avere ricevuto ospitalità nella residenza dell’editore ci
sia un equivoco. Il filosofo probabilmente conosce il potere dell’impresa di
André Wechel e dei suoi successori e non si capacita di dover alloggiare nel
convento dei carmelitani, dove, tra l’altro, conosce Giovan Battista Ciotti,
l’editore-librario che lo riporterà in Italia. 2 Il Nolano potrebbe aver saputo
dell’attività di André direttamente da Philip Sidney (1554-1586), influente poeta e mecenate inglese al quale aveva dedicato gli Eroici furori e lo Spaccio
de la bestia trionfante. Sidney, infatti, è in grande confidenza con l’editore fin
dagli anni in cui opera a Parigi : qui era stato suo ospite nel 1572, poi di nuovo a Francoforte, dove fu invitato d’onore alle sue nozze. 3 Bisogna tenere
presente, d’altro canto, che Sidney aveva promosso e sostenuto economicamente anche diverse edizioni di Johann Wechel, come dimostrano le lettere di dedica nei volumi in cui l’editore spende parole di viva riconoscenza
verso il nobile inglese.
Un’altra strada attraverso la quale Bruno potrebbe essere arrivato nella
tipografia tedesca è quella che muove dalla Francia all’Italia passando per la
fiera di Francoforte. Dagli anni Settanta del Cinquecento, André Wechel e
poi gli eredi si adoperano come tramite per un consistente traffico di testi
del quale è rimasta traccia nel carteggio di alcuni noti eruditi del tempo,
Gian Vincenzo Pinelli, Claude Dupuy 4 e Jacopo Corbinelli che si trovano
1
Maclean, André Wechel at Frankfurt, 1572-1581, cit., pp. 167-168 e nota 13.
Per le vicende biografiche ed editoriali di Giovan Battista Ciotti, cfr. la scheda redatta da
Luigi Firpo per il dbi, vol. xxv, 1981, pp. 692-696 ; si veda anche la voce presente nel Dizionario
dei tipografi e degli editori italiani. Il Cinquecento, Milano, Editrice Bibliografica, 1997, pp. 293-295.
3
Cfr. J. A. Van Dorsten, Poets, Patrons, and Professors. Sir Philip Sidney, Daniel Rogers, and the
Leiden Humanists, Leiden-London, Universitaire Pers for the Sir Thomas Browne Institute-Oxford University Press, 1962, e Idem, The Anglo-Dutch Renaissance. Seven Essays, Leiden, Brill, 1988.
4
Erudito e bibliofilo – nato a Napoli nel 1535 – studiò a Padova scienze e letteratura. La splendida biblioteca che allestì, in parte dispersa in seguito a fortunose vicende, fu acquistata nel 1609
2
34
valentina lepri
ai poli opposti di queste rotte. Questi usano inizialmente come corriere il
libraio veneto Pietro Longo : 1 la sua prassi è quella di consegnare ai Wechel
i testi che devono essere trasmessi a Dupuy da parte di Pinelli fungendo
da nodo di smistamento del materiale, sovente proibito, in movimento tra
Parigi e Venezia. L’occasione della fiera permette a tutti gli interessati una
certa discrezione, ma questa ad un certo punto deve essere venuta meno
visto che nel 1587 Longo viene arrestato. L’accusa è traffico di libri proibiti
alla quale segue, l’anno seguente, la condanna a morte. Da quel momento
il ruolo di corriere passa al collega Francesco de Franceschi 2 e la situazione
cambia. Non risulta infatti che Johann Wechel rientri in questa fruttuosa
rete di relazioni, fino a quando l’attività di Longo non viene affidata al secondo corriere.
Il catalogo dei Wechel dimostra che Longo prima e de Franceschi poi
abbiano inteso la loro ‘missione’ in senso più ampio e articolato, poiché
nelle lettere tra Pinelli e Dupuy trapela lo scontento per il lavoro svolto da
Longo che sovente perde dei volumi, oppure ritarda le consegne con giustificazioni poco chiare. 3 Di fatto i loro testi passano dai Wechel arrivando
anche sotto i loro torchi, ovvero la tipografia non è solo una base strategica,
talvolta i libri diventano materiale per nuove edizioni.
Dal 1588, però, alcuni testi affidati alle cure de Franceschi cominciano ad
apparire anche nel catalogo di Johann. Emblematico è, a tale riguardo, il
caso del De humana Physiognomonia di Della Porta, presente nell’elenco di
dal Cardinale Borromeo per l’Ambrosiana. La sua corrispondenza, interamente in italiano, è
conservata presso la Bibliothèque Nationale de France nel ms. Bnf, fonds Dupuy 704. Cfr. G. V.
Pinelli, C. Dupuy, Une correspondance entre deux humanistes, editée avec introduction, notes et
index par A. M. Raugei, 2 voll., Firenze, Olschki, 2001.
1
Pietro Longo lavorò sia da solo che in società con Gaspare Bindoni il Vecchio e si servì della
tipografia di Cristoforo Zanetti. A Strasburgo gestì, per qualche tempo, la libreria di Pietro Perna. Per una ricostruzione dettagliata della vita e dell’attività di Perna, nonché fonte preziosa di
notizie circa il traffico editoriale della metà del sedicesimo secolo, cfr. L. Perini, La vita e i tempi
di Pietro Perna, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002.
2
Su di lui vedi L. Baldacchini, ad vocem in dbi, Roma, Treccani, 1989, pp. 31-34 e il Dizionario
dei tipografi e degli editori italiani, cit., pp. 450-453. Il catalogo di de Franceschi conta più di duecento titoli e un consistente numero di opere di diritto,
3
Esemplare il caso descritto nella lettera di Pinelli del 24 agosto 1586, in Pinelli et Dupuy,
Une correspondance entre deux humanistes, cit., p. 349 : « Ben mi duole da non potermene dar pace,
che Pietro Longo libraro, m’habbia ingannato di nuovo co ’l darmi falso ragguaglio delle sue
robbe da incaminarsi verso la fiera, et la dove con una sua lettera m’havea dato tempo xv giorni,
ch’io credea ancora xx, egli per certi suoi impegni sopragiontigli se ne spedì in una settimana,
senza farmelo sapere ». Il 19 novembre del 1588, riferendosi questa volta all’operato di de Franceschi, Pinelli dichiara che questi ha incontrato delle difficoltà nel suo viaggio verso Francoforte.
Vedi ivi, pp. 387-388 : « Non ho scritto à V. S. da un pezzo in qua, che à dirle il vero io mi vergognava di farlo, vedendomi rimasto addietro un pacchetto di libri disegnato per lei, se bene non per
colpa mia, ma del libraro [...] »,
lo stampatore e la princeps del de immenso
35
testi che Pinelli spedisce a Parigi per Dupuy nel 1589, attraverso la consueta
tappa alla fiera autunnale. Come si legge in una lettera indirizza da Pinelli
all’amico francese e datata 22 agosto, 1 è una delle prime volte che questi si
avvale dei servigi del de Franceschi e la presenza, qualche tempo dopo, nel
1591, nel catalogo di Johann proprio di quest’opera di Della Porta, autore
fino a quel momento pubblicato solo dagli eredi Wechel, permette di ipotizzare che il libraio abbia incontrato sulla sua strada e consegnato a lui il
prezioso volume. 2
Tornando a Bruno, è forse attraverso la via francese-italiana CorbinelliDupuy-Pinelli che approda nell’officina di Johann Wechel e a favorire il suo
ingresso si contano almeno tre persone. Ci sono il già citato corriere de
Franceschi e Giovan Battista Ciotti che in quegli anni è suo socio in affari,
e che di lì a breve sarà coinvolto nel processo a carico del filosofo, avendo
fatto da tramite fra questi e Giovanni Mocenigo, il suo grande accusatore.
C’è infine una terza persona che merita di essere citata, Johann Feyerabend,
il cui ruolo aspetta ancora di essere del tutto chiarito. Feyerabend è figlio
o nipote del più noto Sigmund Feyerabend, una vera potenza economica
nel mondo editoriale francofortese e da questi probabilmente apprende il
mestiere di editore. Nel periodo che va dal 1587 al 1594 Ciotti collabora con
Wechel pubblicando circa una dozzina di edizioni con il luogo di stampa
Colonia. Tutti i volumi presentano la marca tipografica della Minerva con
l’elmo, uno scudo alla propria sinistra e sulla destra un bastone sul quale
è poggiata una civetta (Fig. 1). 3 È noto che l’uso di una medesima marca
tipografica per due officine coeve, con elementi compositi che afferiscono
all’una e all’altra attività – come nel caso delle iniziali che Wechel inscrive nello scudo di Minerva – indica lo sforzo congiunto di più imprese per
la produzione dei testi. Nel caso in questione si tratta verosimilmente di
una collaborazione estesa a diversi soggetti perché dall’inizio degli anni ’90
Ciotti condivide la marca anche con il conterraneo de Franceschi. In base
alle ricerche di Dennis Rhodes sappiamo che a realizzare l’immagine è pro1
Pinelli et Dupuy, Une correspondance entre deux humanistes, cit., p. 389 : « Nota di libri mandati a Francfort per mezzo di Ms Francesco Franceschi libraro in Venetia da consignare in Francfort, franchi di porto alli eredi dell’Wechelo per mandarli a Mons. Dupuy a Parigi ». La lettera è
datata 22 agosto 1589 ; nella lettera di Pinelli a Dupuy del 22 febbraio 1588 il fatto della morte di
Longo viene liquidato in poche parole. Cfr. ivi, pp. 386-387 : « Emmi anco piacciuto l’aviso delli libri mandatili la Pascha passata per via di Francfort che fussero in salvo, et più mi piacerà quando
intenderò che già siano in man sua, che me ne faceva alquanto dubitare il mal esito di quel poveraccio di Pietro Lungo capitato male per suoi peccati vecchi e nuovi et questo suo caso è stato di
più cagione ch’io non abbia mandati à V. S. alcuni libri che di già haveva apparecchiati per lei ».
2
Cfr. ivi, pp. 389-390.
3
L’immagine del frontespizio De triplici minimo et mensura è presente in Salvestrini, p. 145,
n. 197, i frontespizi degli altri due poemi si trovano, invece, alle pp. 147 e 149, nn. 201-202. Per la
riproduzione anastatica dei volumi, cfr. Bruno mmi.
36
valentina lepri
prio il sopracitato Johann Feyerabend che crea elementi grafici per
i volumi ma che si occupa anche
di testi accademici e proprio assieme a Ciotti prepara alcune edizioni di manuali per la scuola tra il
1588 e il 1590. 1
ii. La marca tipografica
della Minerva
La dea Minerva che compare sul
frontespizio del De minimo testimonia dunque una probabile alleFig. 1. Marca tipografica di G. B. Ciotti, da anza tra lo stampatore tedesco e
Ludovico Settala, Librum Hippocratis Coi Ciotti, ma a loro si potrebbero agde aeribus, aquis, locis, commentarii v, Colo- giungere de Franceschi e, come si
niae, Ioan. Baptistae Ciotti Senensis aere, vedrà più avanti, lo stesso Feyer1590. Per gentile concessione dell’Accadeabend. Wechel ricorre ancora alla
mia Lancisiana, Roma.
marca per l’edizione di autori che
i librai veneziani Ciotti e de Franceschi possono proporre ai loro facoltosi
lettori italiani, come Bernabé Brisson e Thomas Erasto. 2 Brisson è giurista e diplomatico francese di spicco, 3 vicino alla corte di Enrico III e alla
cerchia dei politiques, e le sue opere entrano presumibilmente nell’officina
francofortese attraverso la consueta via praticata da de Franceschi. Erasto, 4
invece, è un instancabile critico delle dottrine di Paracelso 5 e conosciuto
perché – in contrasto con i calvinisti – sostiene che la religione debba sot1
D. E. Rhodes, Some Neglected Aspects of the Career of Giovanni Battista Ciotti, « The Library »,
s. 6, ix, 1987, pp. 225-239 ; e, più in generale, Idem, Studies in early Italian Printing, London, Pindar,
1982. Infine mi permetto di rimandare al mio contributo L’editore Giovan Battista Ciotti tra mercato
e politica, in Itinerari del sapere dallo Stato di Lucca : Carte e libri nell’Europa del Cinquecento, a cura di
I. Melani, « Archivio storico lucchese », 2011, pp. 471-486.
2
Varia opuscula medica Th. Erasti D. medici celeberrimi ; quae cum ipse studiosis communicare statuisset, morte praeuentus ; in lucem edere non potuit : quorum seriem sequens pagina indicabit. [...] Cum
indice rerum & verborum longe copiosissimo, Francofurdi ad Moenum, apud Ioannem Wechelum,
sumptibus Iacobi Casteluitrei senioris, 1590 ; e Barnabas Brisson, De formulis et sollemnibus populi
Romani verbis Libri viii, Francofurti, Johannes Wechel et Peter Fischer, 1592.
3
Per notizie sull’attività e l’opera di Brisson e sul ruolo che ha svolto durante le guerre di
religione francesi, cfr. A. Jouanna, J. Boucher, D. Biloghi, G. Le Thiec, Histoire et dictionnaire
des guerres de religion, Paris, Laffont, 1998.
4
Per Erasto, cfr. W. Pagel, ad v. in Dictionary of Scientific Biography, 16 vols., New York, Charles
Scribner’s Sons, 1970-1980, 1971, vi, pp. 386-388 ; e Idem, Paracelsus. An Introduction to Philosophical
Medicine in the Era of the Renaissance, New York, Karger, pp. 311-322.
5
Cfr. A. G. Debus, Paracelso e la tradizione paracelsiana, Napoli, La Città del Sole, 1996.
lo stampatore e la princeps del de immenso
37
tomettersi allo stato. Questo fa di lui sia un autore letto soprattutto nella
Francia infiammata dalle guerre di religione che una solida presenza nel
catalogo dello stampatore di origine lucchese Pietro Perna a Basilea. Come
già Pinelli, infatti, anche Perna si avvale di de Franceschi 1 per spedire le
proprie edizioni in Italia e dunque i Wechel si trovavano al centro di un
crocevia estremamente ramificato e che toccava, oltre a Parigi e Venezia,
anche Basilea. 2 L’edizione di Erasto stampata da Johann Wechel, e che mostra anch’essa la marca di Minerva, è curata oltretutto dall’esule riformato
Giacomo Castelvetro 3 che nel 1599 si sarebbe trasferito a Venezia presso
l’abitazione di Ciotti per intraprendere con lo stesso una lunga collaborazione. 4 Questa pubblicazione del Wechel, seguita da Castelvetro, risulta
quindi di estremo interesse, poiché mette in luce altri punti di contatto tra
il tipografo francofortese e Ciotti : è presso l’officina tedesca che, probabilmente, Castelvetro ha occasione di conoscere Ciotti gettando le basi per
future comuni iniziative.
Esplorando il catalogo di Johann Wechel si contano tuttavia numerose
edizioni nelle quali la Minerva non compare ma che potrebbero comunque
aver esercitato una qualche attrattiva sugli editori italiani. Nel periodo in
cui il filosofo pubblica i suoi poemi, la casa editrice tedesca prepara infatti
una serie di testi di argomento ermetico, magico e cabalistico. Nel 1589, ad
esempio, vengono stampati gli Aphorismi arcanorum di Antoine Mizauld, 5
1
Nel maggio del 1581, ovvero circa un mese dopo la fiera primaverile di Francoforte, l’inquisitore di Como, fra’ Stefano di Cento, sequestra a Gera 10 balle di libri provenienti da Basilea e dirette a Venezia e che appartenevano al mercante Lorenzo Lumaga, e ai librai veneti
Damiano Zennari e Francesco de Franceschi. Cfr. Perini, La vita e i tempi di Pietro Perna, cit.,
pp. 235-238.
2
Da una lettera di Perna stesso del 1579 e indirizzata ad Antonio Riccoboni a Padova è possibile avere indicazioni più chiare circa l’itinerario compiuto dai volumi di Perna attraverso Longo
e de Franceschi e approdati presso la tipografia Wechel. A quest’altezza il traffico era gestito
ancora da Longo e i volumi di passaggio nella cittadina tedesca venivano editi da André Wechel :
cfr. Perini, La vita e i tempi di Pietro Perna, cit., p. 301 : « [...] i frammenti vostri » scrive Perna a
Riccoboni « ricevei et stampai, come vedrete per che vene mando per m. P. Longo libraro una
dozzena [...] vi prego a dire all’Excellentissimo Mercuriale, che anchora a lui per medesimo P.
Longo li mando Authores de historia ».
3
Giacomo Castelvetro, infatti, sposando la vedova di Erasto, si era aggiudicato la possibilità di
pubblicare le opere del defunto e l’edizione testimonia, quindi, anche questo passaggio di diritti
4
di proprietà sul corpus delle opere di Erasto.
Cfr. dbi, vol. xxv, p. 693.
5
A. Mizauld, Centuriae 9. Memorabilium, vtilium ac iucundorum in aphorismos arcanorum omnis
generis locupletes, perpulcre digestae ; [...] Accessit his appendix nonullorum secretorum [...] Seorsum
excusa Harmonia caelestium corporum & humanorum, dialogis vndecim astronomice & medice, J. Wechel, Francofurti, 1592 ; nello stesso anno gli editori danno alle stampe una versione ampliata
di questo testo. Le opere di Antoine Mizauld fino a quel momento erano state pubblicate soprattutto dal tipografo francese Frédéric Morel, editore di riferimento per Corbinelli. Per altre
notizie, cfr. J. Dupèbe, Astrologie, religion et médecine à Paris : Antoine Mizauld (c. 1512-1578), Paris,
Univ., Diss., 1999.
38
valentina lepri
medico e astrologo ancora più noto, nel sedicesimo secolo, del suo successore Michel de Nostradamus. Lo stesso anno, escono due importanti
volumi di John Case, In universam dialecticam Aristotelis e la Sphaera civitatis. 1
Case è in contatto con figure note a Bruno come Philip Sidney e John Florio
e la sua produzione comprende scritti di musica e filosofici. 2 Le sue opere
vengono ristampate – in particolare in Inghilterra e in Germania – più di
qualsiasi altro testo filosofico inglese contemporaneo e se la Dialectica Aristotelis contiene, come indica il titolo, una trattazione sulla dialettica dello
Stagirita ad uso degli studenti, diverso è il caso della Sphaera civitatis. 3 È questo un raro esempio di trattato di filosofia politica del periodo elisabettiano
nel quale Case esamina il sistema governativo veneziano discutendo le posizioni di Niccolò Machiavelli, quelle di Jean Bodin e di Alberico Gentili. Ma
l’aspetto di maggiore rilievo è sicuramente che nel testo di Case – messo
all’indice nel 1596 4 – è presente una specifica trattazione attorno al valore
della magia e, in particolare, del suo possibile uso in ambito politico. Dal
1591 la produzione del tipografo sembra divenire ancora più mirata e, in
coincidenza con le edizioni dei poemi di Bruno, nel catalogo compaiono
il già citato Della Porta 5 e John Dee con la sua già allora assai nota Monas
hieroglyphica. 6 Della Porta è già conosciuto in Europa per il successo e la
diffusione della sua Magia naturalis (pubblicata prima in latino nel 1558), più
1
Parte della sua trattazione è considerata in C. B. Schmitt, John Case and Machiavelli, in Essays
Presented to Myron P. Gilmore, a cura di S. Bertelli, G. Ramakus, Firenze, La Nuova Italia, 1978,
pp. 231-240.
2
Su questi temi due studi ancora validi sono F. A. Yates, John Florio. The life of an Italian in
Shakespeare’s London, Cambridge, Cambridge University Press 1934, e P. Rossi, Francesco Bacone :
dalla magia alla scienza, Torino, Einaudi, 1974 (prima ed. Bari, Laterza, 1957), p. 73 sgg.
3
Per queste e le successive considerazioni cfr. C. B. Schmitt, John Case e l’aristotelismo nell’Inghilterra del Rinascimento, « Giornale critico della filosofia italiana », a. 61 (63), s. 5, ii, 1982, 2, pp.
129-152.
4
Cfr. Thesaurus de la littérature interdite au xvie siécle : auteurs, ouvrages, éditions avec addenda
et corrigenda, par J. M. de Bujanda, Sherbrooke, Centre d’études de la Renaissance, Genève,
Droz, 1996, Index de Rome : 1590, 1593, 1596, directeur J. M. de Bujanda, Sherbrooke-Genève, Centre
d’études de la Renaissance-Droz, 1994, pp. 612-613.
5
Uscito per la prima volta nel 1586 a Vico Equense per i tipi di Giuseppe Cacchio, torna in
tipografia notevolmente ampliato dall’autore (che porta a sei i quattro libri iniziali) nel 1599. Cfr.
G. B. Della Porta, Della fisionomia dell’uomo, a cura di M. Cicognani, Parma, Guanda, 1988.
Vedi anche Giovan Battista Della Porta nell’Europa del suo tempo, Atti di convegno, a cura di M.
Torrini, prefazione di E. Garin, Napoli, Guida, 1991, in particolare il contributo di H. Védrine,
Della Porta et Bruno : sur la nature et la magie, ivi, pp. 243-259. Per mettere a fuoco il rapporto di
Della Porta con l’Inquisizione, gli interventi censori e le strategie testuali adottate dall’autore
nel De humana physiognomonia cfr. O. Trabucco, Il corpus fisiognomico dellaportiano tra censura e
autocensura, « Rinascimento », s. 2, xliii, 2003, pp. 569-599.
6
Sempre del 1591 è l’edizione del popolare trattato De conservanda valetudine di Heinrich
Rantzau, magnate della Germania del Nord e amico personale dell’editore. La sua ricca biblioteca comprendeva anche numerosi titoli di magia e astrologia : cfr. Evans, The Wechel presses :
Humanism and Calvinism in central Europe, cit., pp. 8-9.
lo stampatore e la princeps del de immenso
39
volte ristampata anche dagli eredi Wechel. Non meno noto rispetto a Della
Porta, John Dee, in quanto astrologo della regina Elisabetta e maestro di
filosofia dello stesso Sidney, di certo rappresenta pienamente la figura del
mago rinascimentale. 1
Che però le opere di Bruno vengano realizzate dall’editore tedesco in
collaborazione con i colleghi italiani per incrementare la proposta di testi magico-ermetici non convince affatto, poiché la ricchezza di temi del
De immenso, così come degli altri poemi stampati a Francoforte, non può
essere appiattita sull’immagine di Bruno-mago. Forse con questa formula
avrebbe potuto incontrare successo nella piazza veneziana, ma Wechel non
pubblica solo per Venezia ; al contrario, la sua impresa si rivolge maggiormente all’area tedesca, mantenendo un constante e serrato confronto con
gli eredi Wechel.
iii. I piani del filosofo e la strategia dei suoi editori
Secondo le intenzioni di Bruno il De minimo, il primo dei testi che esce a
Francoforte, avrebbe dovuto essere pubblicato assieme al De monade e al De
immenso in quanto concepiti dall’autore come una trilogia. Così, infatti, si
legge nella lettera di dedica al De immenso :
Adsunt ergo primo de Minimo, Magno et Mensura libri, in quibus doctrina, eruditio, et disciplina videt primorum principiorum intellectum. Secundo de Monade,
Numero et Figura liber, in quo revelatio, fides, et divinatio, imaginationum, opinionum, et experimentorum fundamenta quaedam agnoscit vel vestigia. Tertio
de Immenso, Innumerabilibus, et Infigurabili universo libri, in quibus evidentes,
certiores, et fortissimae sunt demonstrationes, qualiter mundorum respublicae
disponantur, unum sine fine regnum infinito gubernatori subsit, et naturae comprehensibiliter, et incomprehensibiliter ordo manifestetur. In primo volumine studiose cupimus, in secundo incerti quaerimus, in tertio clarissime invenimus. In
primo plus valet sensus, in secundo verba, in tertio res. Primum est circa nobis
innata, secundum circa audita, tertium circa inventa. Primum in methodo certe
mathematica, secundum (ut licet) divina, tertium vere naturali.
Primum habet obiecta simplicia, secundum abstracta, tertium composita. In
primo sapientia habet corpus, in secundo umbram, in tertio animam. 2
Si tratterebbe dunque di un lavoro organico, distinto in tomi solo per mancanza di spazio, del quale il Nolano descrive e sottolinea la coerenza nella
sua dedica. Osservando però le caratteristiche materiali dei volumi e in par1
Cfr. F. A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Bari, Laterza, 1969, pp. 168-171 e 210211 ; cfr. anche Eadem, Cabala e occultismo nell’età elisabettiana, Torino, Einaudi, 1982, pp. 95-137.
Su John Dee si veda N. H. Clulee, John Dee’s Natural Philosophy : Between Science and Religion,
Londra, Routledge, 1988 ; John Dee, Interdisciplinary Studies in English Renaissance Thought, ed. S.
2
Clucas, Dordrecht, Springer, 2006.
bol i,i 193-199 (196-197).
40
valentina lepri
ticolare il modo in cui si sono conservati gli esemplari, si fa strada l’ipotesi
che nonostante il proposito di Bruno fosse di pubblicare una trilogia, gli
editori francofortesi abbiano avuto in mente un altro piano, e che in qualche modo abbiano anche cercato di metterlo in pratica. Questa ipotesi, che
è attualmente oggetto di studi, si basa su quattro elementi attraverso i quali
esaminare i poemi francofortesi : la marca tipografica dei volumi, in merito
alla quale è possibile aggiungere ulteriori considerazioni rispetto a quelle
già note, il catalogo dello stampatore in rapporto a quello dei legittimi eredi, il formato con il quale vengono allestiti i testi e, infine, un fascicolo che
si potrebbe chiamare ‘fantasma’.
Se si osservano assieme i frontespizi dei due volumi [Figg. 2 e 3] che contengono i tre poemi di Bruno si nota che solo il De minimo è introdotto dalla
dea Minerva, mentre per il De monade e il De immenso compare la marca tipografica che Wechel solitamente adotta per i testi programmati assieme a
Feyerabend e al socio Peter Fischer. L’erede di quest’ultimo, Jacob Fischer,
nel 1614 produrrà un’altra edizione del testo utilizzando un’immagine diversa per il frontespizio [Fig. 4]. Le due marche tipografiche potrebbero
indicare due diversi progetti editoriali e, conseguentemente, due distinte
alleanze fra editori : da una parte Wechel, Ciotti e de Franceschi, dall’altra
gli stampatori tedeschi. I primi vogliono proporre a Venezia il testo del De
minimo, gli altri probabilmente guardano al mercato universitario tedesco
visto che proprio tra il 1590 e il 1591, quando cioè Bruno prepara le sue edizioni, Feyerabend collabora con Johann Wechel occupandosi principalmente di testi destintati alla scuola. 1
L’impressione di trovarsi di fronte a volumi preparati per due diverse
tipologie di pubblico si rafforza se si considerano le stampe di Johann Wechel in rapporto al catalogo dei più potenti eredi della tipografia Wechel.
Le edizioni di Marne e Aubri coprono cinque grosse aree di interesse : testi medici, trattati di teologia calvinista, descrizioni storico-geografiche,
grandi edizioni – come le monumentali opere di Aristotele e di Dionigi
di Alicarnasso, entrambe curate da Friedrich Sylburg –, ed in particolare
i testi di Ramo e manuali ramisti, seguendo la tradizione già consolidata
da André, e destinati prevalentemente ai ginnasi e alle università tedesche. Anche Johann stampa trattati medici, storico-geografici, e opere
concepite per gli ambienti universitari, ma queste ultime sono diverse da
quelle proposte dagli eredi. Se i Wechel passano sotto il torchio l’opera
omnia di Aristotele, Johann preferisce i testi dei commentatori più noti
dello Stagirita, come le opere di Jacopo Zabarella, e di autori dalle posizioni più radicali come Bruno. Seguendo il medesimo criterio, mentre gli
1
Vedi il Dizionario dei tipografi e degli editori italiani, cit., p. 294.
lo stampatore e la princeps del de immenso
41
Fig. 2. Giordano Bruno, De triplici minimo et mensura, Ioannes Wechel, Peter Fischer, Frankfurt a. M. 1591. Frontespizio.
42
valentina lepri
Fig. 3. Giordano Bruno, De monade numero et figura liber […] De innumerabilibus,
immenso et infigurabili, seu de universo et mundis libri octo, Ioannes Wechel, Peter Fischer, Frankfurt a. M., 1591. Frontespizio.
lo stampatore e la princeps del de immenso
43
Fig. 4. Giordano Bruno, De monade numero et figura liber […] De innumerabilibus,
immenso et infigurabili, seu de universo et mundis libri octo, Jacob Fischer, Frankfurt a.
M., 1614. Frontespizio. Biblioteca Casanatense, Roma.
44
valentina lepri
eredi pubblicano manuali ramisti, Johann stampa i commenti alla filosofia di Ramo. 1
In altre parole, da un lato l’officina dei Wechel mette sul mercato le edizioni della tradizione classica come Aristotele e gli autori di consolidata
fama come Ramo ; dall’altro viene proposto un arsenale critico per confutare quegli autori che proprio Aubri e Marne stanno pubblicando. Anche
la produzione francofortese di Bruno potrebbe rientrare nelle ambizioni
di un editore che intende offrire tutti gli strumenti per leggere in modo
nuovo la filosofia aristotelica e rivedere, al tempo stesso, le posizioni ramiste. A quel punto Bruno è già noto come antiramista e si conosce, ad
esempio, la sua critica a Ramo contenuta nel De la causa. Con i volumi
bruniani freschi di stampa Feyerabend e Wechel avrebbero avuto un’ottima occasione di mercato, rivolgendosi ad atenei dove l’aristotelismo è
oggetto di profondo ripensamento come Wittenberg, Heidelberg, Lipsia
e Danzica. 2
Alla luce di queste considerazioni è necessario soffermarsi anche sul fatto
che i tre poemi del Nolano vengano impressi in 8°, prassi piuttosto inusuale
quando si tratta di un’editio princeps per la quale si privilegiano formati più
grandi, a meno che non ci si rivolga ad un determinato uditorio. I già citati
volumi di Della Porta e di Erasto stampati da Johann, solo per portare un
paio di esempi, sono rispettivamente in formato in 4° e in-folio. Il piccolo
formato adottato per l’opera bruniana potrebbe essere determinato dalla
necessità di contenere i costi di produzione. Quando si compone in 8°,
infatti, è possibile risparmiare sulla carta usandone all’incirca un terzo di
meno rispetto a formati più grandi. Nel caso del volume che contiene il De
monade e il De immenso, che conta 24 carte non numerate e ben 655 numerate, ci troviamo di fronte ad un tomo che è tre volte più lungo degli altri due
testi del filosofo impressi da Wechel. 3
1
Oltre ad autori classici latini e greci, nel catalogo degli eredi figura un numero sostanzioso di
opere di diritto e medicina – che rappresentavano un mercato e stabile e redditizio per gli stampatori del tempo – e di quelle di alcuni autori polacchi. Da qui emerge il perpetuarsi di scelte
editoriali del precedente tipografo André Wechel e probabili relazioni culturali e commerciali
con determinate élite, come il variegato mondo nobiliare della Confederazione lituano-polacca.
2
Nel catalogo di Johann Wechel compaiono di frequente anche gli autori inglesi e importanti
testi divulgativi con descrizioni geografico-antropologiche come, ad esempio, le opere sul Nuovo Mondo curate da De Bry e figli. Sulla diffusione del ramismo nelle univerisità dell’area germanica e sulla diversificazione delle proposte editoriali per questo tipo di mercato, lo studio più
importante è quello di H. Hotson, Commonplace learning : Ramism and its German ramifications,
1543-1630, Oxford, Oxford University Press, 2007, in particolare la seconda parte : Second-generation
semi-ramism, pp. 101-165.
3
Ringrazio lo stimato collega Neil Harris che da anni mi guida negli studi di bibliografia testuale e con il quale ho discusso anche la presente questione del formato dei poemi francofortesi.
lo stampatore e la princeps del de immenso
45
Ad ogni modo, andare direttamente al piccolo formato per una princeps,
soprattutto nella seconda metà del Cinquecento, è soprattutto questione di
conoscere il proprio pubblico. Tendenzialmente il grande formato è destinato ad intellettuali eruditi, la cui biblioteca è anche dimostrazione del prestigio della casata, mentre il piccolo formato è più adatto alle esigenze degli
studenti universitari per i quali sono di vitale importanza il contenimento
delle spese e la maneggevolezza del testo. 1
Ma se questi sono davvero i piani di Wechel e dei suoi collaboratori tedeschi, viene naturale chiedersi come abbiano potuto nascondere il fatto
che Bruno abbia concepito i tre poemi come una trilogia. È qui che entra
in gioco il fascicolo ‘fantasma’ la cui assenza non sembra il frutto delle bizzarrie della sorte. Partendo dal censimento realizzato da Rita Sturlese si
nota che un buon numero degli esemplari dei poemi, ovvero ben 26 su 112,
è mutilo del secondo fascicolo. 2 Se si considera inoltre la seconda edizione,
quella preparata da Peter Fischer nel 1614, addirittura 6 su 8 sono mutili del
secondo fascicolo e i due esemplari che potrebbero essere completi sono in
verità i soli che la Sturlese non ha potuto vedere di persona, come la studiosa dichiara nel suo prezioso censimento. 3
È noto che nella tipografia cinquecentesca la parte iniziale dei volumi è
sempre l’ultima a passare sotto il torchio, presentando dediche e spiegazioni circa le ragioni della suddetta stampa ed il tipo di lettore al quale l’opera
si rivolge. Nel caso del volume bruniano che comprende il De monade e il De
immenso, il secondo fascicolo contiene una parte dell’indice e la dedica del
filosofo al principe Enrico Giulio di Braunschweig. Proprio qui, si è visto
nelle pagine precedenti, Bruno spiega la coerenza del progetto dei suoi tre
volumi specificando che si tratta di una trilogia. L’assenza del secondo fascicolo in un numero così consistente di copie induce a sospettare che questo
sia stato oggetto di una tiratura volutamente minore, come a costruire un
doppio canale di distribuzione, uno con le spiegazioni del Nolano e l’altro
senza. 4
1
Sulla scelta del formato per raggiungere pubblici diversi ci sono diversi studi, tra i più recenti e brillanti si segnala il contributo di Rodolfo Savelli incentrato sulle strategie attuate da
Christophe Plantin ad Anversa e Jacob Stoer a Ginevra : R. Savelli, Maestria tipografica e mercato
accademico. A proposito di due edizioni delle Institutiones di Giustiniano, in Itinerari del libro nella storia. Per Anna Giulia Cavagna a trent’anni dalla prima lezione, a cura di F. Nepori, F. Sabba e P. Tinti,
Bologna, Pàtron, 2017, pp. 127-134.
2
R. Sturlese, Bibliografia, censimento, e storia delle antiche stampe bruniane, Firenze, Olschki,
3
1987, pp. 118-129.
Ivi, pp. 130-131.
4
La produzione editoriale di Bruno è stata oggetto di ricerche puntuali nell’ambito della
bibliografia testuale negli ultimi decenni, uno dei contributi più penetranti è senza dubbio quello di N. Harris, Il cancellans da Bruno a Manzoni : fisionomia e fisiologia di una cosmesi libraria, in
Favole, metafore, storie. Seminario su Giordano Bruno, a cura di O. Catanorchi e D. Pirillo, con un’introduzione di M. Ciliberto, Pisa, Edizioni della Normale, 2007, pp. 567-602.
46
valentina lepri
iv. Conclusioni
I documenti che riguardano la vita di Giordano Bruno e in particolare le
deposizioni al processo, descrivono un autore vigile e coinvolto in prima
persona nella produzione editoriale dei suoi scritti. Non stupisce quindi che
diversi studi abbiano ricostruito l’attività del filosofo nelle officine tipografiche, a cominciare dai contributi fondamentali di Giovanni Aquilecchia che
hanno messo a fuoco la sua partecipazione alla stampa dei dialoghi londinesi. Anche ricerche più recenti di Michele Ciliberto e di Nicoletta Tirinnanzi
hanno confermano che Bruno è un attivo collaboratore della produzione
dei suoi testi. Durante il suo lungo viaggio attraverso l’Europa pianifica le
edizioni, prepara personalmente il corredo iconografico e tormenta le bozze in stampa curando ogni dettaglio, inclusa la punteggiatura. 1
In questo affascinante capitolo degli studi bruniani che esplora il ruolo
del filosofo come editore di se stesso, i poemi francofortesi non hanno ancora ricevuto le medesime attenzioni delle quali sono stati oggetto i dialoghi londinesi e, in parte, le edizioni francesi. Quel che è peggio è che tutte
le indagini sulla prima diffusione a stampa delle sue opere si concentrano
sull’influenza del Nolano nel processo editoriale, mentre i propositi che
animavano i suoi stampatori restano praticamente inesplorati. Per giustificare questa lacuna non basta fare appello alla mancanza di testimonianze
documentarie perché i volumi, sopravvissuti in numerosi esemplari, sono
straordinarie fonti alle quali attingere notizie. Sono in grado di fornirci diverse informazioni sulle circostanze che hanno condotto ad una certa edizione e sui motivi per cui oggi la troviamo conservata in un dato archivio,
o la leggiamo con una determinata veste grafica.
Nel caso della trilogia bruniana, come si è cercato di illustrare in queste
pagine, caratteristiche fisiche che vanno dall’assenza di specifici fascicoli, al
formato dei volumi, fino alle marche tipografiche ci mostrano la fortuna
europea dei poemi sotto una luce diversa. Alcune spie derivanti dall’analisi
materiale dei testi permettono di tratteggiare un nuovo scenario, ovvero un
mondo editoriale nel quale il filosofo non è padrone fino in fondo del destino della sua opera. Suggeriscono che le riflessioni del Nolano su questioni
come lo spazio, il movimento e il vuoto potrebbero avere suscitato interesse in altri ambienti intellettuali, oltre a quelli già noti, come le università
tedesche alle quali si rivolge una parte importante del lavoro del suo ultimo
stampatore Wechel.
1
Su questo argomento si rimanda a G. Aquilecchia, Lo stampatore londinese di Giordano Bruno
e altre note per l’edizione della Cena, in Idem, Schede bruniane, Roma, Vecchiarelli, 1993, pp. 157-207,
in particolare 177 e M. Ciliberto, N. Tirinnanzi, Il dialogo recitato. Per una nuova edizione del
Bruno volgare, Firenze, Olschki, 2002, pp. 103-124.
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