Papers by Valentina Lepri
Central European Cultures, 2023
This article illustrates an unknown page in the fortunes of Giovanni Francesco Commendone's (1524... more This article illustrates an unknown page in the fortunes of Giovanni Francesco Commendone's (1524-84) Discorso sopra la corte di Roma. The analysis starts from the first circulation of the text in Roman circles. It then follows the work's journey from Rome to the library of one of the most important universities of the Polish-Lithuanian Commonwealth, the Akademia Zamojska. Here the treatise was read along with a small selection of Italian political writings, informing and influencing the scions of the future Polish ruling class.
Mediterranea. International journal on the transfer of knowledge, 2022
This article argues that the notebooks produced by students during their stay abroad can become p... more This article argues that the notebooks produced by students during their stay abroad can become precious documentary evidence of early modern knowledge creation and organization. From the second half of the fifteenth century an unprecedented availability of paper led students to take notes freely on anything they considered useful or interesting for their education and, more generally, for their future. The case study of the notebooks belonging to a student from Danzig who stayed in Wittenberg in the 1560s, will show how the multi-text documents produced by students contribute to a better understanding of both their educational needs and their original reworking of academic knowledge.
Giordano Bruno, De Immenso, Letture critiche, , edited by M.A. Granada and D. Tessicini, 2020
The subject of this contribution is the publishing history of De immenso. The reconstruction init... more The subject of this contribution is the publishing history of De immenso. The reconstruction initially considers the people involved in the printing of the work, starting with the pub- lisher Johann Wechel. The analysis also includes minor figures, who complete our understanding of the work dynamics behind the philosopher’s last editions. The picture that emerges from the material analysis of the volumes of the Frankfurt works is particularly useful in this context, making it possible to formulate a series of hypotheses about the circulation of Bruno’s texts and the intentions of those who collaborated in their production.
Per contatti e invii: [email protected] Gli scritti proposti per la pubblicazione sono sott... more Per contatti e invii: [email protected] Gli scritti proposti per la pubblicazione sono sottoposti a double blind peer review. Direzione -Redazione Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Conto corrente postale 12707501 Abbonamento annuo 2016 Istituzioni -InstItutIons La quota per le istituzioni è comprensiva dell'accesso on-line alla rivista. Indirizzo IP e richieste di informazioni sulla procedura di attivazione dovranno essere inoltrati a [email protected] Subscription rates for institutions include on-line access to the journal. The IP address and requests for information on the activation procedure should be sent to [email protected] Italia € 120,00 • Foreign € 140,00 (solo on-line -on-line only € 108,00) Privati -IndIvIduals Italia € 109,00 • Foreign € 115,00 (solo on-line -on-line only € 98,00) Direttore responsabile: Michele Ciliberto Registrazione del Tribunale di Firenze n. 1381 del 2 luglio 1960
in "De amicitia. Transdisciplinary Studies in Friendship", edited by K. Marciniak and E. Olechows... more in "De amicitia. Transdisciplinary Studies in Friendship", edited by K. Marciniak and E. Olechowska, Warsaw, Faculty of "Artes Liberales", University of Warsaw, 2016
“Odrodzenie i reformacja w Polsce”, 59, 2015, pp. 67-93
in: Polish culture in the Renaissance. Studies in the arts, humanism and political thought, edite... more in: Polish culture in the Renaissance. Studies in the arts, humanism and political thought, edited by D. Facca and V. Lepri, Florence, Firenze University Press (series “Biblioteca di studi slavistici”), 2013, pp. 71-86.
stranezza»), pronto a offendere chi lo contraddiceva e a crearsi dei nemici (p. 272). M. cita V. ... more stranezza»), pronto a offendere chi lo contraddiceva e a crearsi dei nemici (p. 272). M. cita V. nelle Nature di uomini fiorentini perché fu lui a introdurre nella vita pubblica Antonio Giacomini ( § 4, in N. Machiavelli, Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, 2010, p. 74 ) e lo loda per le sue qualità ( § § 1-6, p. 76). Lo menziona nei Frammenti storici (4 § 25), negli Spogli ( § 32, p. 985, § 36, p. 990), nel Frammento autografo 2 ( § 3, p. 1017). Nei Discorsi (I vii 12) modifica il suo giudizio, accusandolo di aver governato la città «come principe» e di aver spinto i nemici a ricorrere a mezzi straordinari.
gratitudine si considera un onere e la vendetta un guadagno»). Ma le Historiae sono anche alla ba... more gratitudine si considera un onere e la vendetta un guadagno»). Ma le Historiae sono anche alla base dell'esempio di ingratitudine di un principe proposto nello stesso capitolo ( § § 10-11): secondo M., Vespasiano, anziché premiare le decisive vittorie del generale Antonio Primo su Vitellio, gli tolse ogni grado e lo lasciò morire «quasi disperato». In realtà T. (Hist. II 86) presenta la vicenda in termini molto diversi: non fa cenno alla morte di Antonio, e anzi riferisce dei sospetti di slealtà che avevano accompagnato la condotta del generale. Mario Martelli (1998, p. 29) ha pertanto ipotizzato che il ricordo tacitiano sia stato alterato da M. a sostegno della propria tesi. Un'altra sentenza di T. è posta a conclusione del cap. xxvi del secondo libro (II xxvi 11): Nam facetiae asperae, quando nimium ex vero traxere, acrem sui memoriam relinquunt («infatti i motti pungenti, se hanno in sé troppa verità, lasciano un segno crudele»). La frase è tratta da Ann. XV 68 dove lo storico latino narra dell'odio nutrito da Nerone verso il console Vestino, che lo aveva fatto oggetto di aspre facezie: la citazione, probabilmente a memoria, presenta significative modifiche linguistiche rispetto all'originale, dove, oltre a multum in luogo del nimium machiavelliano, T. scriveva ubi laddove il Segretario fiorentino introduce un quando, con valore tra condizionale e temporale, molto più vicino al latino parlato. «Aurea» viene definita da M. la sentenza tratta da Hist. IV 8 e inserita in Discorsi III vi 6: E veramente quella sentenzia di Cornelio Tacito è aurea, che dice che gli uomini hanno a onorare le cose passate e ubbidire alle presenti, e debbono desiderare i buoni prìncipi e, comunque ei si sieno fatti, tollerargli.
grecista Francesco Torres. Lesse Platone, Aristotele e Plutarco, ma apprezzò anche le opere di Ag... more grecista Francesco Torres. Lesse Platone, Aristotele e Plutarco, ma apprezzò anche le opere di Agostino Nifo e intrattenne rapporti con Pietro Bembo (Verde 1977, p. 498; Hurtubise 1985, pp. 284-86). È probabile che a Firenze S. abbia avuto contatti con M. (da cui è ricordato nella lettera a Lodovico Alamanni del 17 dic. 1517: cfr. Lettere, p. 357), in virtù dell'amicizia che lo legava a Cosimo Rucellai e alla cerchia dei frequentatori dei suoi Orti Oricellari (→). Nel 1521 S. fu il primo che a Roma ricevette, direttamente da M., una copia fresca di stampa dell'Arte della guerra, per la quale inviò non convenzionali parole di lode all'autore in una missiva del 6 settembre (Lettere, pp. 379-80). Ma già nella primavera di quello stesso anno il padre Iacopo aveva tentato di fare assumere M. come segretario del figlio Giovanni, in procinto di compiere una legazione in Spagna; proposito fallito per l'opposizione di Leone X (cfr. Ridolfi 1978 7 , pp. 330-31). Nel 1534, all'indomani della morte di papa Clemente VII, S. manifestò un'aperta ostilità verso i cambiamenti nella Signoria di Firenze operati dal duca Alessandro de' Medici. Assieme ad altri ottimati fiorentini, come il cardinale Niccolò Ridolfi e Filippo Strozzi, lasciò Firenze e si rivolse a Carlo V chiedendogli di intervenire per sostituire il duca con il cugino di lui, Ippolito de' Medici. L'imperatore convocò tutti i protagonisti della vicenda a Napoli nel 1536, ma appoggiò Alessandro e i suoi sostenitori, tra i quali vi era Francesco Guicciardini (von Albertini 1955, trad. it. 1970 Simoncelli 2006, pp. 111-16). A causa dei cattivi rapporti con il nipote, il duca Cosimo I, S. continuò a tenersi lontano da Firenze, fino a spegnersi a Ravenna il 28 ottobre 1553.
l'egemonia ottimatizia. In questa fase, furono buoni anche i rapporti fra S. e M.: una lettera pe... more l'egemonia ottimatizia. In questa fase, furono buoni anche i rapporti fra S. e M.: una lettera personale del primo al secondo, allora in legazione presso il Valentino, lascia trasparire amicizia e stima (23 dic. 1502, Lettere, pp. 78-79).
L'incompatibilità delle prospettive di M. e S. si misurerebbe nel giudizio su Cesare Borgia, dal ... more L'incompatibilità delle prospettive di M. e S. si misurerebbe nel giudizio su Cesare Borgia, dal primo indicato come modello, dal secondo equiparato non a un legittimo principe, ma a un tiranno, per le sue pressioni sul collegio cardinalizio alla morte di suo padre, Alessandro VI (D'Addio 1954, p. 75). Se non si considera M. semplicemente il primo teorico della sovranità e non si limita lo studio della sua opera al solo Principe, il giudizio può forse essere più sfumato. La critica al potere tirannico dei principi avvicina, infatti, il De principatu a certe pagine filorepubblicane dei Discorsi. Inoltre, se, com'è ben probabile, M. non ebbe mai modo di leggere il De principatu (andato in stampa quando sia M. sia S. erano morti), né S. ebbe modo di tener conto del Principe (iniziato quando il De principatu era ultimato), non per questo un rapporto tra i due autori dev'essere escluso a priori. Non è da scartare, infatti, la possibilità che M. abbia presenziato alla lettura delle Orationes ad priores Florentinos (si citerà direttamente dal ms. della Biblioteca medicea laurenziana, Plut. 51, 19, in quanto l'edizione moderna presenta numerose imprecisioni). Le Orationes furono recitate da S., «summa omnium attentione ac plausu [con somma attenzione e plauso di tutti]» (f. 1r), tra il 21 ottobre 1498 e il 4 aprile 1499, periodo in cui S. fu capitano del popolo a Firenze. Nelle Orationes M., appena entrato in cancelleria, avrebbe potuto cogliere il riferimento a Numa, re nascentis quidem urbis («di una città nascente») e adhuc rudis populi («di un popolo fino ad allora rozzo», f. 2v); l'elogio di coloro che, riunendo i «dispersos mortales», diedero vita alle prime aggregazioni statali, come, tra gli altri, ; la celebrazione dei «magni vostri non men che nostri Romani» che «incutevano timore de relligione» e dei «vostri antiqui», che «se exercitavano in militia, prima invadessi l'uso de belligerare con peregrini militi» (f. 27 r). Il riconoscimento dell'origine contrattuale dell'autorità politica e il conseguente limite imposto alla summa potestas del principe portavano S. a mettere i rapporti tra il potere e il popolo al centro delle Orationes, che si concludevano con queste parole:
sce a Firenze nel 1475 e, per gran parte della vita, si dedica all'attività mercantile (secondo l... more sce a Firenze nel 1475 e, per gran parte della vita, si dedica all'attività mercantile (secondo la tradizione della famiglia, originaria di Fiesole e di antiche simpatie ghibelline). Soggiorna a lungo a Roma, dove ha modo di frequentare anche Michelangelo Buonarroti, con il quale ha contatti frequenti in particolare tra il 1511 e il 1513. Dal gennaio al maggio del 1506, F. opera sotto la guida di M. per l'arruolamento delle milizie popolari (→ Ordinanza). All'interno delle vaste operazioni di reclutamento, a F. vengono assegnati i territori del Mugello e del Valdarno di Sopra. M. gli dedica il capitolo in terzine "Dell'Ingratitudine", forse composto per dar voce alla delusione provata dall'autore all'inizio dell'estate del 1507 per non avere ottenuto una legazione presso l'imperatore Massimiliano; oppure al suo disappunto per la denuncia di un anonimo delatore nel dicembre del 1509, nella quale è resa nota una serie di debiti contratti dal padre Bernardo, che avrebbe potuto interdire M. dalle cariche pubbliche (Dionisotti 1980, pp. 69, 73; Bausi 2005, pp. 138-39). L'esperienza dell'Ordinanza termina assieme alla Repubblica fiorentina nell'estate del 1512, quando le truppe della lega Santa marciano con Giovanni de' Medici verso Firenze. Poco dopo la restaurazione del potere mediceo, F. e M. si trovano coinvolti nella congiura antimedicea ordita da Agostino Capponi e Pietro Paolo Boscoli. I nomi di alcuni personaggi in vista della città, come Niccolò Valori, F. e M., compaiono in una lista stilata da Capponi e da Boscoli che, sfortunatamente, finisce nelle mani dall'oratore senese Bernardino Cocci, il quale la consegna agli Otto di guardia. I cospiratori e i presunti complici annotati nell'elenco vengono arrestati e interrogati: mentre Boscoli e Capponi sono giustiziati pochi giorni dopo l'arresto, il 23 febbraio del 1513 M. subisce il tormento della fune e inizia il suo confino a Sant'Andrea in Percussina. F., sottoposto alla medesima tortura, rivela il contenuto di alcune dichiarazioni di M. secondo le quali questi riteneva il ritorno dei Medici destinato al fallimento, perché la famiglia aveva perso il consenso goduto in passato. Il 2 marzo del 1513
ragione, scegliere tra il minore di due mali, mantenere il segreto, considerare la causa e il fin... more ragione, scegliere tra il minore di due mali, mantenere il segreto, considerare la causa e il fine, incitare i cittadini all 'amor di patria, alla concordia, al rispetto del bene pubblico, all'ordine civico, al rispetto dell'autorità politica, militare e giudiziaria. Singolari caratteristiche espressive di questi testi, oltre alla svolta decisiva per l'abbandono del latino, iniziato nel corso del Quattrocento (graduale diminuzione degli incipit latini, e quindi contrasto spesso marcato tra il tono solitamente altisonante dell'introduzione e la spontaneità dei discorsi trascritti), sono da un lato i ragionamenti in itinere attraverso le cui puntualizzazioni e riformulazioni «il giudizio del relatore si dispana seguendo schemi e procedimenti testuali definiti, che tradiscono un'esigenza di chiarezza espositiva e uno scrupolo di esaustività nell'analisi se non anche una specifica forma mentis»; dall'altro l'«orientamento endoforico del testo», il suo procedere per strette correlazioni interne: fenomeni studiati in modo esauriente da Stefano Telve (2000, pp. 124, 136), opera di riferimento ormai imprescindibile, da utilizzare con i lavori di Fredi Chiappelli ( e 1969 per chi volesse accingersi allo studio del linguaggio cancelleresco nella Firenze repubblicana. Da pareri inizialmente discordanti scaturiscono con piglio teatrale diverse percezioni della realtà politica, nonché soluzioni vagliate con cospicua varietà di registri espressivi. Quanto alle tediose ripetizioni che scandiscono non poche concioni, denunciate sia da Francesco Rinuccini («al danaio che sono e' nervi della guerra, e' se n'è tanto oramai parlato che non sa più che dire») sia da Francesco Berlinghieri («sono venuto qui a dire la sentenzia loro, benché si sia sì sapientemente ogni cosa ventilato che non resta più a dire nulla»: Consulte, 2002, pp. 181, 345), esse attestano anche l'assenza di distacco storico, di cui non possono valersi né gli oratori messi a confronto con le urgenze dell'attualità, né gli scribi attenti a renderne conto. La permanenza della tradizione dell'ars dictandi nella prassi cancelleresca, la contaminazione diretta della lingua dei predicatori (in una città definita da M. «calamita di tutti i ciurmatori del mondo», nella lettera a Francesco Vettori, 19 dic. 1513, Lettere, p. 299), o ancora la soggettività dell'amanuense nel trascrivere l'oralità delle arringhe, non permettono di collocare questi testi nella trattatistica spiccatamente politica o storiografica, sebbene a entrambe siano intrinsecamente legati. Ma col registrare, in compenso, la linea di contatto tra l'uomo di palazzo e l'uomo di piazza arricchiscono e documentano la galleria degli attori della storia contemporanea allestita dagli storici coevi, ravvivando una ben percepibile vox populi che, oltre a contestualizzare episodi di storia fiorentina e italiana in prospettiva segnatamente evenemenziale, concorre ad abbozzare un ritratto del cittadino fiorentino e dell'uomo politico moderno, di cui i partecipanti alle consulte suggeriscono tratti e contorni marcati. Denis Fachard Córdoba, Gonzalo Fernández de → Fernández de Córdoba y Aguilar, Gonzalo. Corella, Miguel. -Uomo d'armi spagnolo di origine valenzane, chiamato in italiano talvolta Corneglia oppure Corniglia, sovente anche don Michele o don Micheletto. Fu al servizio di Cesare Borgia dal 1497 (Tommasini 1883, pp. 351-54) e le cronache lo ricordano come scherano crudele fino all'efferatezza. Si annoverano fra le sue azioni più note il lungo CÓRDOBA, GONZALO FERNÁNDEZ DE
Dieci del copioso vettovagliamento donato a C. dalla Signoria senese, e soprattutto della mission... more Dieci del copioso vettovagliamento donato a C. dalla Signoria senese, e soprattutto della missione affidatagli dal papa (M. ai Dieci, 12 e 14 agosto 1507, LCSG, 6° t., pp. 70, 72-74). Le strade di M. e del cardinale di S. Croce si sarebbero incrociate più da vicino nel 1511. Nell'agosto 1510, C. e altri quattro cardinali, contrari alla pace con Venezia (→ Cambrai, lega di) si ribellarono a Giulio II; nel maggio 1511, d'accordo con il re di Francia, convocarono per il settembre successivo un concilio in funzione antipapale. Come sede scelsero Pisa, costringendo la Repubblica fiorentina a subire le minacce (non solo spirituali) del papa, il quale intanto convocava in Laterano un concilio universale. A inizio settembre M. si recò a Borgo San Donnino per incontrare i cardinali in cammino verso Pisa e convincerli ad annullare il conciliabolum, o a trasferirlo altrove, o almeno a rinviarne l'apertura. Ottenuta da C. la promessa di uno spostamento dell'assiserinviata a novembre -dopo qualche seduta formale, M. proseguì per la corte di Luigi XII, onde confermare il risultato ottenuto. Tornato dalla Francia il 2 novembre, già l'indomani venne inviato a Pisa, per convincere i cardinali a sospendere il concilio al più presto, o quanto meno a trasferirlo. Il 6 ebbe con C. un «lungo ragionamento», nel quale cercò di dimostrare che abbandonare Pisa sarebbe stato per i cardinali «un partito savio», perché «e' si leverebbeno da queste angustie di questo alloggiamento»; «e' farebbero el papa nel discostargli da casa il concilio più freddo»; e infine «faccendolo o in terra di Francia o in terra della Magna, e' troveriano e' popoli più atti ad ubbidirli che non sono per fare e' populi di Toscana» (M. ai Dieci, 6 nov. 1511, LCSG, 7° t., p. 101) -dov'è da notare la lucidità con cui M., non solo nelle opere maggiori, considerava la dimensione politica delle questioni religiose (Cantimori 1966, pp. 10-11). Il 12 novembre il conciliabolo venne finalmente trasferito; ma per il governo soderiniano, che era riuscito a scontentare tanto il papa quanto il potente alleato francese, la fine era ormai prossima. C. fu reintegrato nella Chiesa, due anni dopo, da Leone X; morì a Roma nel 1523.
210 BRANCACCI, GIULIANO tripartita, il De avaritia, il De varietate fortunae e alcune sezioni del... more 210 BRANCACCI, GIULIANO tripartita, il De avaritia, il De varietate fortunae e alcune sezioni dell'epistolario, nei quali, all'attrattiva di tematiche a lui care, si univa quella di una caustica vena polemica e di un vivace andamento narrativo. Non è facile però individuare precise fonti, anche perché spesso siamo in presenza di materiali e motivi di vasta circolazione, cui M. può aver avuto accesso tramite vie molteplici; oppure si riscontrano tra i due autori generiche affinità che non possono considerarsi prova di derivazione diretta, ma sembrano piuttosto il prodotto di semplice poligenesi, ossia della naturale convergenza di scritti che affrontano argomenti simili di carattere generalissimo (la fortuna, la virtù, la storia, il potere, il principe ecc.) in una prospettiva sovente disincantata e moralistica. Bibliografia: O. Tommasini, La vita e gli scritti di Niccolò Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, 2 voll.Brancacci, Giuliano. -A partire da una notizia dell'umanista Ugolino di Vieri detto il Verino (De illustratione urbis Florentiae, 1583, c. 29r) sulla provenienza dei B. di Firenze dal borgo di Brozzi, oggi zona periferica occidentale della città, si può ipotizzare che il corrispondente di M. si identifichi con Giuliano di Tommaso di Giuliano Brancacci, sposato con Saracina di Piero di Bernardo Ambrogi: avrebbe avuto due figli, Giuliano e Felice, mentre il padre avrebbe ricoperto la carica di priore nel settembre del 1491 (ASF, Raccolta Ceramelli Papiani, fasc. 963; Raccolta Sebregondi, fasc. 1033). È possibile cogliere dettagli sulla sua vita e sulla sua personalità attraverso lo scambio epistolare tra M. e Francesco Vettori, in particolare le missive del biennio 1513-14. Chiamato dai due corrispondenti anche con il vezzeggiativo di Brancaccino, il suo nome compare sovente associato a quello di un altro amico di entrambi, Filippo Casavecchia. A differenza di questi non risulta un suo in Opere storiche, a cura di A. Montevecchi, C. Varotti, 2010, p. 610), M., nelle Istorie VI xxxiv, potrebbe essersi fondato, per la descrizione della tempesta che colpì la Toscana alla fine di agosto del 1456, su una lettera di B. a Domenico Capranica databile tra l'agosto e il settembre di quell'anno (Lettere, cit., 3° vol., 1987, pp. 427-34): ma l'evento è narrato in vari altri testi e M. poté anche averne notizia da resoconti orali. Di un'altra epistola di B., quella ad Antonio Loschi del 20 giugno 1424, in cui la vicenda di Braccio da Montone è presentata alla stregua di un exemplum fortunae (Lettere, cit., 2° vol., 1984, pp. 5-10), M. potrebbe invece essersi servito per ricostruire in termini simili, nella Vita di Castruccio Castracani, la parabola del condottiero lucchese che la fortuna innalzò da oscure origini alla gloria, per poi rapidamente abbatterlo (cfr. Martelli 1985(cfr. Martelli -1986). In conclusione, la produzione di M. non fornisce elementi sufficienti a dimostrare una sua larga conoscenza degli scritti di B. (comprese le traduzioni: per es., non nella sua latinizzazione, ma nel volgarizzamento eseguitone dal figlio Jacopo M. lesse la Ciropedia di Senofonte), a eccezione delle Historiae; e, generalmente parlando, ciò va a confermare quanto, in merito alla superficiale conoscenza della letteratura umanistica in latino da parte di M., è emerso dagli studi più recenti. Neppure, per altro verso, deve essere oltremodo enfatizzato il premachiavellismo di B., sopravvalutando la portata antiumanistica e 'moderna' di riflessioni riconducibili ora a una matrice stoico-agostiniana e petrarchesca, ora a uno scetticismo individualistico di matrice insieme lucianesca, epicurea, antiaristotelica e cristiana (più congeniale a un Francesco Vettori, in verità, che a un M., come dimostrano le affinità tra certe parti del Viaggio in Alamagna del primo e il De miseria humanae conditionis di B.). Nondimeno, alcuni scritti di B. denotano, soprattutto negli interventi dialogici di Niccolò Niccoli, tangenze non trascurabili con certe pagine machiavelliane, con le quali condividono talvolta una sorta di lucido 'realismo', incline a toni paradossali, pessimistici e 'critici' nei confronti della storia, della fortuna, della religione, della Chiesa, della morale corrente, della filosofia (Fubini 1998, pp. 125-27; Canfora 2005, pp. X-XI, 47-49).
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Papers by Valentina Lepri
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Deadline September 19