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INTELLIGENCE. L'informazione nell'era tecnologica

2020, G. Taurisano

Nell’Intelligence l’informazione è l’anima della sua attività, è la componente principale per dare identità alla condizione: permanente, temporanea – conclusiva e costante, al fine che la pre - attività e il fare intelligence si compensino e si sostengano nella loro scientificità, per produrre dati certi e soprattutto utili, dando poi il via al c.d. e noto ciclo di intelligence.

INTELLIGENCE L’informazione nell’era tecnologica G. Taurisano ©2015-2020 Nell’Intelligence l’informazione è l’anima della sua attività, è la componente principale per dare identità alla condizione: permanente, temporanea – conclusiva, e costante, al fine che la pre - attività e il fare intelligence si compensino e si sostengano nella loro scientificità, per produrre dati certi e soprattutto utili, dando poi il via al c.d. e noto ciclo di intelligence. L’informazione si insedia con il tempo in tutti i settori, le professioni e le attività che richiedono conoscenza per la loro funzione, quindi non propriamente di esclusivo utilizzo da parte delle istituzioni ma anche nei comparti a questi estranei. Troviamo quindi attività informativa nel giornalismo, nella medicina, nella ricerca scientifica e così via, in ogni cosa che l’uomo (e oggi possiamo dire anche la macchina) realizza in termini di attività o di professione. In realtà l’informazione esiste da sempre, sin da quando l’uomo ha beneficiato della divina grazia di abitare il mondo; dapprima l’uomo primitivo utilizzava l’informazione per curiosità di scoprire, percepire, comprendere il suo habitat, poi quando il sistema neuro sensoriale gli ha donato la capacità di pensiero, di ragionamento e di creatività, ha compreso che l’informarsi da pura curiosità poteva diventare un mezzo per ricevere una ricca fonte di conoscenza. Anche in Natura esiste l’informazione, e questa si è sviluppata ed evoluta in quella che oggi la scienza botanica definisce come comunicazione sonora o vibrazione delle piante: scambiarsi le conoscenze, informarsi sui pericoli e cercare adattabilità di sopravvivenza. Da quando Platone e Aristotele hanno dato anche un ambito filosofico all’informazione questa, a sua volta, nel dare forma alle conoscenze ha suggerito agli uomini in che modo potesse poi in seguito essere utilizzata, cercata, valorizzata e analizzata. Il tempo poi ha fatto il resto, ha dato all’informazione un concetto ben definito e soprattutto i modi di impiego in tutte le cose che interessano l’uomo. Il mondo è sempre stato un fornitore inesauribile di informazioni, uomini, governi, infrastrutture, aziende ed ogni realtà, sia essa tangibile o astratta, ha contribuito a far si che queste aumentassero sempre di più, quasi a poter dire oggi all’infinito, poiché ogni informazione contiene al suo interno un’altra informazione e così via «l’universo delle informazioni, come la popolazione dei virus in un corpo e l’accumulo degli interessi bancari, cresce esponenzialmente» per dirla con Hans Christian von Baeyer, poiché, «la crescita esponenziale è caratterizzata dalla notevole proprietà che l’ultima rata è sempre, per forza di cose, più grande della somma di ciò che è venuto prima». Un ambiente quello in cui cercare informazioni che non presenta né inizio né confini, tanto grande ne risulta essere il suo spazio e tanto immisurabile il suo tempo di conservazione, anche se Galileo Galilei ci suggeriva di rendere misurabile anche ciò che non lo è. Sembra quasi che spesso non c’è occorrenza nemmeno di impegnarsi tanto nella loro ricerca, tante ve ne sono a disposizione «le informazioni ci cadono addosso in maniera sottile ma inesorabile, come una invisibile, impalpabile pioggia elettrica» ( H. C. Von Baeyer) e oggi, ma ancor più nel futuro, queste non solo assumeranno caratteristiche di difficile definizione nel contesto della forma e della qualità, ma aumenteranno in modo non previsionale anche le loro potenzialità di ingannare l’usufruitore, o il ricercatore, o l’analista, quindi consapevoli che queste, come ci ricorda ancora von Baeyer riferendosi a degli scienziati i quali predissero che «gli esseri umani e le loro macchine creeranno più informazioni nei prossimi tre anni di quanto ne abbiano create negli ultimi 300mila anni di storia» saranno altamente alimentate nel loro contenuto e aumentate nella loro quantità. E, possiamo aggiungere, con esse aumenteranno anche le informazioni non vere ed ingannevoli, e sappiamo che queste sono state sempre protagoniste di scelte sbagliate. Occorrerà rivolgere interesse verso una nuova ed inesplorata metodologia di analisi per le informazioni, totalmente differente da quella attualmente utilizzata per la loro trattazione. Ma ancor prima dobbiamo saper da dove e in qual modo può nascere l’inganno e la non genuinità dell’informazione. Questa, che se ne rispetti la sua derivazione dizionarista o filosofica che sia, sappiamo che tende a dare massa a qualcosa che all’inizio del suo manifestarsi è priva di forma; e la forma, a sua volta, dovrà esprimere un intima relazione con l’osservazione e la valutazione, per definirla poi come informazione e darle dunque identità strutturale nel ciclo di intelligence, dandogli così la conclusiva analisi, indi, in seguito usufruibilità. Ebbene a differenza dell’informazione arcaica, che abbiamo conosciuto nei periodi antecedenti alla nascita e allo sviluppo del web, questo tipo di dati o informazioni, che oggi per lo più vengono cercati attraverso la open source (ormai è noto), hanno una facile reperibilità ma una difficile e delicata interpretazione nella forma, in quanto vi sono più soggetti e strumenti che possono manipolare l’informazione stessa o la sua fonte di origine, così come la sua diffusione, compromettendone l’autenticità e il contenuto. Serve qui sviluppare un interesse enorme nella costante ricerca che partecipi all’esame dell’attendibilità della stessa, svolgendo un compito tecno – investigativo mirato, analitico e particolareggiato, oltre che integrare l’informazione estratta dalla ricerca aperta con quelle diacroniche (informazioni storico – comparative). L’informazione open, meglio intesa come quella cercata o che ci proviene dal web e/o da altre libere fonti, deve essere trattata, in prima istanza, come una immagine computerizzata che attraverso un qualsiasi software di visualizzazione cerchiamo di ingrandire: più aumentiamo la sua proporzione, più questa tende a sgranarsi fino a rivelare i suoi pixel, di conseguenza il contenuto dell’immagine risulterà incomprensibile. L’informazione libera ha più o meno lo stesso procedimento di lettura ma in senso inverso: più aumentiamo la proporzionalità di lettura del suo contenuto più dati originali scopriamo. In effetti sono proprio le informazioni aperte, tra l’altro oggi considerate le più attenzionate dall’Intelligence, che possono causare incoerenza con lo scopo che desideriamo, sono proprio quest’ultime che, manifestandosi non solo abbondanti ma anche più complesse di quanto potevano essere ai tempi della sola attività Humint, assumono un comportamento degenerativo verso il concetto di intelligere, aumentandone le definizioni, poiché tendono a confondersi e a modificarsi nel grande universo dove per la maggior parte vengono ricercate, il web; e seppure noi umani abbiamo meccanismi celebrali più potenti delle macchine, ma meno immediati nell’elaborare un processo informatico conoscitivo e quindi di indagine sull’origine dei dati c.d. open, ma ancor più e peggio cerchiamo di velocizzare qualsiasi processo di analisi, ci costringiamo e ci affidiamo ad una ragione di valutazione pressoché rapida, istantanea e poco aggressiva verso lo scopo a cui stiamo lavorando se stiamo facendo intelligence. Quindi attraverso la nostra elaborazione mentale il prodotto intelligence assume una forma non stabile e per lo più custodita in una fase embrionale, da far crescere e catalizzare poi nelle occorrenze e nelle situazioni che si presenteranno in futuro, quasi a voler adattare un’attività o un processo (ricerca, analisi, valutazione e distribuzione) a qualsiasi condizione che riteniamo al momento adattabile a quel determinato tipo di informazioni. Questo comportamento dell’individuo, che possiede nei confronti dell’informazione ricercata, in un certo qual modo inficia e denigra il vero significato dell’intelligence e il suo reale scopo, perché la quantità di informazioni oggi circolante nel mondo e la fretta nel dover elaborare dati utili e impiegabili, sia nella sicurezza nazionale o per personale impiego conoscitivo, fa spesso dimenticare che dobbiamo attenerci alla conoscenza e quindi manifestare interessi più vivaci nel sapere ricercare, accogliere, valutare e custodire la mola di informazioni che il web ambient ci fornisce. Ciò non vuol dire che l’intelligence non deve interessarsi al web, anzi oggi questo è indispensabile, oppure che la conoscenza intesa come attività di ricerca informazioni non comprenda la c.d. Open Source (Osint) la quale attualmente occupa una posizione privilegiata, ma sarebbe opportuno, a proposito di consapevolezza, ottenere più cognizione del territorio nemico e più nozione di analisi del web intelligence. La velocità nel volere a tutti i costi immagazzinare una informazione, attività che produce anche precarietà della sua attendibilità, è causa di assenza sia nel contenuto specifico risolutivo (che il dato deve produrre una volta sottoposto a valutazione ed analisi), sia di correlazione genuina nel processo di intelligence, meglio noto come ciclo. Difatti qui non sarà poi la conoscenza ad occupare la centralità dell’attività, ma l’informazione in quanto tale e quindi c.d. Grezza, cioè ricercata, accettata ed utilizzata senza un approfondito giudizio scientifico, contribuendo all’allontanamento della stessa da un altro processo importante che eviti di privare l’informazione dal contenuto risolutivo allo scopo per la quale è stata ricercata. Le informazioni in web, (l’Open Source) dovrebbero essere lavorate (indi utilizzate) nell’istantaneità, questo si, ma applicando loro il processo analitico di osservazione oltre che gestire le analisi delle fonti dalle quali provengono, al fine di ottenere non solo dati significativi per l’azione che si sta svolgendo, ma anche per ridimensionare quel certo distacco che spesso l’attività di ricerca open dirige versa la definizione stessa di intelligence. Volendo offrire un ipotesi molto più scientifica sull’informazione acquisita in web e sulla sua valutazione possiamo, con il dovuto rispetto, scomodare la fisica quantistica e il suo simulare l’esperimento c.d. delle due fessure. Ebbene, questo test (nel suo paradosso) dimostra come le particelle subatomiche (che formano la materia) si manifestano soltanto all’atto dell’osservazione; fino a che qualcuno non le osserva esiste solo un potenziale di particella, ma sotto forma di onda energetica che contiene tutte le possibilità. Quando insiste l’atto di osservazione, detta particella prende vita inserendosi e occupando una delle tante possibilità, e questa può essere quella che di solito ci aspettiamo. Dunque, con un pizzico di fantasticheria, applicando lo stesso processo all’informazione Osint possiamo facilmente comprendere che la sua lettura, ovvero, la sua reale interpretazione del contenuto e soprattutto la sua vera identità è visibile se sottoposta ad un’ attenta osservazione e fin quando questo non avviene sappiamo che l’informazione e il suo contenuto esistono, ma non riusciamo a vederli. Internet è uno spazio (virtuale) che possiamo percepire come universo infinito, dove al suo interno esistono miliardi di galassie che qui chiamiamo informazioni, dove il metodo della distribuzione conoscitiva non ha centralità né facile individuazione, ma solo varianti alle quali essa si affida per ottenere la possibilità di navigare in questa infinità di mari privi di orizzonti terreni, dove tenta di sopravvivere alle trasformazioni che di tanto in tanto l’umano pensiero cerca di apportare a questo sistema tecnologico ed esclusivamente intuitivo, induttivo e spesso generatore di previsioni e valutazioni troppo azzardate. Otterremo un nuovo metodo di fare intelligence per affrontare questo problema e questa guerra di informazioni che oggi è così manifesta nel web? Pare di si, considerato che tutto quanto ormai si è spostato in ambiente tecnologico. Anzi la web intelligence è già operativa, con la sola differenza che l’impiego è affidato per lo più alle macchine e sempre meno all’uomo. G.Taurisano, Intelligence e Sistema di Informazione, Aracne Editrice, 2015, Estratto dal Cap. IV. ©2015-2020.