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ARISTEA DA PERSONAGGIO AD AUTORE

2019, Storie di Storie 3

Elena N. Barile Aristea da personaggio ad autore Il nome di Aristea è connesso con la cosiddetta Lettera1 a Filocrate. Il testo si presenta come il resoconto diretto di un'ambasceria inviata dal re lagide Tolomeo2 al sommo sacerdote di Gerusalemme Eleazar3 (§1). Su consiglio di Demetrio Falereo4 (§911), Tolomeo avrebbe infatti disposto l'inserimento della Legge ebraica nella Biblioteca di Alessandria d'Egitto e a tale scopo, per il tramite di suoi ambasciatori, avrebbe fatto giungere da Gerusalemme 1 Sul titolo e sull’appartenenza di quest’opera al genere epistolare cfr. A. Pelletier, Lettre d'Aristée à Philocrate, Paris 1962, pp. 47 sgg; R. Tramontano, La Lettera di Aristea a Filocrate, Napoli 1931, pp. 10 sgg. 22 Nella Lettera si fa riferimento ai primi due re della dinastia lagide, entrambi saliti al trono con il nome di Tolomeo. Curiosamente, non è il sovrano regnante ad essere identificato con precisione, bensì suo padre (§§4; 12), Tolomeo figlio di Lago (Πτολεµαῖος ὁ τοῦ Λάγου §13), ossia Tolomeo I Soter (305-283 a.C.). Il suo nome viene citato in riferimento alla sua conquista dei territori orientali e al trasferimento della popolazione ebraica in Egitto: un evento di cui si registrano conferme in Diodoro Siculo (Bibliotheca Historica XIX,85) e Giuseppe Flavio (Antiquitates Judaicae XII,1,7). Accertata questa identità, il re protagonista nella vicenda della Lettera risulta essere Tolomeo II Filadelfo (283-246 a.C.), suo figlio e successore. 3 Secondo Giuseppe Flavio (Antiquitates Judaicae XII,43), costui è il figlio di Simone il Giusto (280-260 a.C. ca.) figlio di Onia (325-200 a.C.), sommo sacerdote di Gerusalemme tra il 260 e il 245 a.C. ca. Cfr. 1 Macc. 12,7; U. Rappaport, Simon the Just, in C. Roth (ed.), Encyclopaedia Judaica, XIV, Jerusalem 1971. 4 Demetrio Falereo (350-282 a.C.) fu allievo del filosofo Teofrasto ed epimelete macedone ad Atene; nel 307 a.C. fu costretto all'esilio a seguito della sua espulsione dalla città ad opera di Antigono Monoftalmo e Demetrio Poliorcete. Rifugiatosi in Egitto (Plutarco, De Exilio 601F-602A), fu preposto alla Biblioteca di Alessandria da Tolomeo I, ed è in questa veste che è presentato nella Lettera (§9). Diogene Laerzio (Diogene Laerzio, Vitae Philosophorum V,5) riporta la notizia dell'allontanamento di Demetrio dalla corte di Alessandria imposto da Tolomeo II Filadelfo (283-246 a.C.) per aver egli suggerito, alla morte del padre, la successione al trono del primogenito e rivale Tolomeo Keraunos. L'attività di Demetrio Falereo presso la Biblioteca si colloca dunque tra gli anni 307-283 a.C. E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) 5 settantadue saggi, per realizzarne la traduzione (§§34-51)5. Aristea, emissario del re, avrebbe quindi informato il fratello Filocrate di quanto accaduto. L’identità di Aristea si ricostruisce anzitutto dalle vaghe informazioni che egli stesso fornisce: il destinatario dello scritto è menzionato infatti quale fratello dell’autore (§7 κατὰ τὸ συγγενὲς ἀδελφῷ καθεσθῶτι6). Aristea non esplicita mai il suo nome, che il lettore scopre quasi per caso al §19 in una breve esclamazione del re Tolomeo – «È una cosa da poco che Aristea mi chiede7» (§19 µικρόν γε Ἀριστέας ἡµᾶς ἀξιοῖ πρᾶγµα)» – mentre i due discutono della possibilità di liberare gli schiavi ebrei che sono presenti nei territori del regno. Aristea si presenta inoltre come un uomo colto. I suoi interessi vertono in particolare su questioni divine (τὴν προαίρεσιν ἔχοντες ἡµεῖς πρὸς τὸ περιέργως τὰ θεῖα κατανοεῖν8 §3), filosofiche (τῇ πρὸς τὸ καλὸν ὁρµῇ τὸν αὐτὸν ὄντα ἡµῖν9 §7), storiche o eziologiche (καὶ πρότερον δὲ διεπεµψάµην σοι τὴν ἀναγραφήν ἥ µετελάβοµεν παρὰ τῶν κατᾶ τὴν λογιωτάτην Αἴγυπτον λογιωτάτων ἀρχιερέων περὶ τοῦ γένους τῶν Ἰουδαίων10 §6). La sua erudizione è un tratto caratteristico più volte sottolineato o da lui stesso rivendicato (§3 τὴν προαίρεσιν ἔχοντες ἡµεῖς πρὸς τὸ κατανοεῖν11;§15 καθὼς περιείργασµαι12). Egli è apprezzato anche fuori dell’Egitto, ad esempio da Eleazar (§43 5 G. Solaro, Alexandria and the Law of Moses, in Carroll E. Wilson (ed.), Bilingualism, New York, Nova Publishers, 2016, pp. 1-33. 6 «Ti dimostri mio fratello per nascita» (Qui e in seguito si propone la traduzione italiana di F. Calabi, Lettera di Aristea a Filocrate, Milano 1995, p. 49. Il testo greco segue l’edizione di A. Pelletier, Lettre d’Aristée, cit.). 7 Calabi, p. 55. 8 «Dato l’interesse che io provo per uno studio accurato delle questioni divine» (Calabi, pp. 47-49). 9 «Sei (scil. tu Filocrate) identico a me per l’aspirazione al bello» (Calabi, p. 49). 10 «Già in passato ti ho mandato la relazione sul popolo ebraico che ho ricevuto dai sommi sacerdoti più eruditi dell’eruditissimo Egitto» (Calabi, p. 49). 11 «Dato l’interesse che io provo per lo studio» (Calabi, p. 47). 12 «Come ho appreso dalle mie ricerche» (Calabi, p. 53). E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) Ἀνδρέας καὶ Ἀριστέας ἄνδρες καλοὶ καὶ ἀγατοὶ καὶ 6 παιδείᾳ διαγέροντες13), e questo è uno degli elementi che più determinano l’alta considerazione di cui egli gode agli occhi del sovrano (§40 ἀπεστάλκαµεν δὲ περὶ τούτων Ἀνδρέαν καὶ Ἀριστέαν, τιµοµένους παρ᾽ἡµῖν14). È evidente infatti il suo rapporto personale con Tolomeo, con il quale Aristea dialoga senza sosta: egli sottopone al re questioni di natura politica e sociale (§4 λαβόντες καιρὸν πρὸς τὸν βασιλέα περὶ τῶν µετοικισθέντον εἰς Αἴγυπτον ἐκ τῆς Ἱουδαίας15; §14 τοιούτοις ἐχρησάµεθα λόγοις πρὸς τὸν βασιλέα16), partecipa attivamente alla vita di corte (§10 παρόντων ἡµῶν ἐρωτηθείς17), ha accesso ai documenti e agli atti ufficiali (§§28; 297-300) e assume su di sé compiti e ruoli di rappresentanza per conto del sovrano (§§3; 40). Il profilo fin qui delineato non presenta nulla di anomalo: Aristea sarebbe un greco, stando al suo stesso nome, plausibilmente appartenente ad un ceto sociale elevato, colto, attivo alla corte di Tolomeo II Filadelfo, della cui capitale egli attesta la vivacità politica e culturale. Sussistono tuttavia alcuni elementi che turbano questa immagine apparentemente coerente e la traspongono sul piano della finzione letteraria. Il primo è l’evidente e partecipata conoscenza della cultura e della religione ebraica manifestata da Aristea, che difficilmente può essere ricondotta alle sue sole ricerche personali (§15) ovvero essere stata acquisita da una relazione con dotti ebrei (§6), topos quest’ultimo ricorrente nella letteratura greca sin dai tempi di Erodoto (II,3). 13 «Andrea e Aristea, uomini nobili, che si distinguono per educazione» (Calabi, pp. 69-71). 14 «Abbiamo (scil. Tolomeo) dunque inviato a questo scopo Andrea e Aristea, uomini tenuti in grande onore presso di noi» (Calabi, pp. 67-69). 15 «Cogliendo l’occasione per parlare al re di coloro che erano stati condotti prigionieri in Egitto dalla Giudea» (Calabi, p. 49). 16 «Così mi rivolsi al re» (Calabi, p. 53). 17 «Ero presente quando gli (scil. a Tolomeo) fu chiesto» (Calabi, p. 51). E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) 7 Il secondo elemento è la dichiarazione di monoteismo più volte espressa da Aristea, formalmente attenuata attraverso una identificazione linguistica tra lo Zeus pagano e il Dio di Israele. L’accostamento tra le forme ζῆνα e Δία (§16), con finalità sincretistiche, non è nuovo nella speculazione greca. Se ne ritrovano echi in Diodoro Siculo (III,61,6), Giuseppe Flavio (Antiquitates Iudaicae VII,380), Filone d’Alessandria. Cambiano in questo caso le proiezioni di attributi e atteggiamenti del Dio di Israele sul dio pagano a cui Aristea si rivolge. Si evidenziano in particolare: la connessione tra il potere temporale del re e la guida divina, che trova il suo corrispondente nella Legge del Dio che regola la vita di Israele (§15 ἀπόλυσον τοὺς συνεχοµένους ἐν ταλαιπωρίαις κατευθύνοντός σοι τὴν βασιλείαν τοῦ τεθεικότος αὐτοῖς θεοῦ τὸν νόµου18); la fiducia nell’intercessione e nella guida divina sulle scelte del re (§17 ἡµῶν κατὰ ψυχὴν πρὸς τὸν θεὸν εὐχοµένων αὐτοῦ κατασκευάσαι πρὸς τὸ τοὺς ἅπαντας ἀπολυθῆναι19); la guida di Dio nelle azioni e nei progetti degli uomini (§18 ὅ γὰρ πρὸς δικαιοσύνην καὶ καλῶν ἔργων ἐπιµέλειαν ἐν ὁσιότητι νοµίζουσιν ἄνθρωποι ποῖειν, κατευθύνει τὰς πράξεις καὶ τὰς ἐπιβολὰς ὁ κυριεύων ἁπάντων θεός20). A ciò si aggiungono le definizioni della maestà di Dio (§19 ὁ µέγιστος θεός21) e della santità e spiritualità della Legge ebraica (§171 τὴν σεµνότητα καὶ φυσικὴν διάνοιαν τοῦ νόµον προῆγµαι διασφῆσαι22). Tali elementi inducono a pensare che, a fronte dell’apparente appartenenza all’ambiente e alla 18 «Libera (scil. tu Tolomeo) coloro che sono oppressi nelle sciagure perché Dio, che guida per te il regno, ha posto per loro la Legge» (Calabi, p. 53). 19 «Io (scil. Aristea) pregai in cuor mio Dio perché disponesse il suo (scil. Tolomeo) animo a liberare tutti» (Calabi, p. 55). 20 «In ciò che gli uomini ritengono di compiere virtuosamente per giustizia e sollecitudine di operare bene, Dio, signore di tutte le cose, guida azioni e progetti» (Calabi, p. 55). 21 «Dio l’Altissimo» (Calabi, p. 55). 22 «Sono stato indotto (scil. io Aristea) a mostrare la santità e lo spirito intrinseco alla Legge» (Calabi, p. 115). E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) 8 cultura greca, l’Aristea autore della Lettera sia invece in realtà un ebreo ellenizzato. Dal punto di vista filologico e storico, inoltre, si riscontrano altre anomalie molto più rilevanti. Innanzitutto Aristea mostra di usare il testo della Settanta prima che, nella finzione letteraria, la traduzione sia anche soltanto cominciata. Per esempio, nella descrizione dell’abito del sommo sacerdote ammirato da Aristea al momento dell’arrivo a Gerusalemme (§§96-99), molti termini sono tratti da Esodo 28. Durante i banchetti che precedono il lavoro di traduzione, i saggi già citano pericopi del Deuteronomio greco (es: §§155; 228), dei Salmi e della Sapienza (§189). Sembra dunque che la redazione dell’opera sia avvenuta in un momento in cui il testo biblico greco era ormai disponibile. Difficile dunque credere che esso sia posteriore ai settantadue giorni di lavoro serrato in cui, secondo il racconto della Lettera, i saggi concludono la traduzione (§307). La stessa rievocazione del periodo storico in cui si svolge questa vicenda non è propriamente attendibile. Aristea colloca questi eventi tra il 260 e il 246/5 a.C., all’epoca cioè in cui ad Alessandria il re Tolomeo II Filadelfo è affiancato dalla sorella-sposa Arsinoe II (§41) e a Gerusalemme Eleazar è il sommo sacerdote. Ciò esclude però il coinvolgimento di Demetrio Falereo, allontanato da Alessandria proprio dal Filadelfo23, e che invece assume nel testo un ruolo di notevole rilievo. Per alcuni editori moderni, inoltre, i §§28 e 182 della Lettera lascerebbero cogliere la distanza tra il tempo del racconto e il tempo della scrittura. Nel primo caso l’autore farebbe infatti riferimento «a questi re» (τοῖς βασιλεῦσι τούτοις), distinguendoli dagli 23 Sulle possibili motivazioni dell’accostamento di questi personaggi cfr. Pelletier, La Lettre d’Aristée, cit., pp. 66-67 e L. Canfora, Le biblioteche ellenistiche in Le biblioteche nel mondo antico e medievale, Bari 1988, p. 8. E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) 9 esponenti lagidi del suo tempo24; nel §182 si afferma invece l’esistenza di un ordinamento stabilito dal re «che ancora permane» (ὅ µένον ἔτι καὶ νῦν) 25. Le considerazioni qui formulate mostrano sia pur in modo sintetico i molteplici interrogativi che ancora oggi pertengono alla storicità di questo documento e del suo misterioso autore. È possibile tuttavia provare forse a identificare il personaggio Aristea con un autore con lo stesso nome vissuto all’epoca dei fatti narrati26. Si ha notizia infatti da Eusebio, il quale dipende da Alessandro Poliistore (Τοσαῦτα καὶ περὶ τούτον ὁ Πολυΐστωρ: Praeparatio Evangelica IX,25,1), di un Aristea autore di un Περὶ Ἰουδαίων (Ἁριστέας δέ φησιν ἐν τῷ Περὶ Ἰουδαίων: Praeparatio Evangelica IX,25,4), di datazione incerta ma posteriore alla versione dei LXX del libro di Giobbe, che mostra infatti di utilizzare27. Si tratta di una breve testimonianza, ma verosimilmente più che di un semplice indizio. Com'è noto, il primo autore antico a citare esplicitamente Aristea è invece Giuseppe Flavio (37-100 d.C.), che in Antiquitates Judaicae XII,12-32128 della Lettera offre una ripresa quasi letterale. Prima di 24 H.T. Andrews, The Letter of Aristeas, in R.H. Charles, Apocrypha and Pseudepigrapha of the Old Testament, vol. II, Oxford 1913, pp. 96 sgg. 25 M. Hadas, Aristeas to Philocrates, New York 1951, ad loc. 26 La datazione della Lettera è stata, e resta tuttora, argomento di dibattito tra gli studiosi. Le ipotesi variamente avanzate abbracciano un arco di tempo compreso tra il III e il I secolo a.C. Relativamente a questo argomento rimando in particolare a H.T. Andrews, The Letter of Aristeas, cit., p. 83 sgg.; Pelletier, Lettre d'Aristée, cit.; A. Momigliano, Per la data e la caratteristica della Lettera di Aristea, «Aegyptos» 12/2-3, 1932, pp. 161-172, rist. in Quarto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1969, p. 213-223.; F. Parente, La 'Lettera di Aristea' come fonte per la storia del giudaismo alessandrino durante la prima metà del I secolo a.C., «ASNP» 2, 1972, pp. 177-237; 517-657; E. Bickermann, Zur Datierung des Pseudo-Aristeas, in E. Bickermann, Studies in Jewish and Christian History, Leiden 1976, pp. 109-136. 27 Cfr. Tramontano, La Lettera di Aristea a Filocrate, cit., pp. 36-43; C. Kraus Reggiani, Giudaici (scrittori), in F. Della Corte, Dizionario degli scrittori greci e latini, 1987, vol. II, p. 1065; Andrews, The Letter of Aristeas, cit., p. 95. 28 Un altro brevissimo cenno alla stessa vicenda ricorre nel Contra Apionem II,4647. E.N. Barile, «SdS» 3, 2019, Aristea da personaggio ad autore (pp. 4-10) 10 lui si incontrano soltanto cenni alla traduzione greca della Bibbia29 e benché essi riferiscano sostanzialmente il racconto così come descritto nel testo della Lettera, in nessuno vi è però eco dell'opera né del nome di Aristea. 29 Aristobulo in Eusebio, Praeparatio Evangelica XIII,12,2; Filone d’Alessandria, De Vita Mosis II,24-44.