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Narrare l'emergenza

Tuttavia, in generale, parlare di terrorismo significa entrare in un territorio estremamente scivoloso, per le controversie del termine, per la difficoltà di trovare un fondamento stabile al concetto, perché non è chiara la differenza tra freedom fighters e terroristi, ad esempio. Il problema è anche giuridico: bisogna capire fino a che punto terrore significa esclusivamente l'impiego di armi contro civili. Da questo punto di vista, sarà necessario indagare il modo in cui il mondo dei media espone queste tematiche e con quale livello di approfondimento.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Dipartimento di Filosofia e Scienze dell’Educazione Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione e Culture dei Media Narrare l'emergenza. Analisi semiotica del racconto mediatico intorno all'attentato a Strasburgo dell'11 dicembre 2018 Relatore: prof. Massimo Leone Candidata: Caterina Moser Anno Accademico 2018/2019 !2 A Ettore, perché possa osservare il mondo con curiosità e sincerità, superando superficialità e banalità A chi condivideva e a chi condivide con me la passione per il giornalismo !3 !4 INDICE Introduzione……………………………………………………………………….……..7 PARTE UNO - Raccontare l’emergenza………………………………………….……13 1. Media e Terrorismo…………………………………………….……………..…..15 1.1. Terrorismo: una definizione scivolosa………………………………..………15 1.2. L’interazione reciproca tra media e terrorismo………………..………….…..23 1.3. Terrore Mediatico…………………………………………………………….28 1.4. La deontologia professionale al tempo dei social network……………….…..34 1.5. “Una violenza insensata”……………………………………….………….…38 2. 11 dicembre 2018……………………………………………….…………….…..41 3. Il metodo………………………………………………………………………….47 PARTE DUE - L’analisi…………………………………………………………..…….53 1. I giornali cartacei: “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”…………………..53 1.1. Disposizione………………………………………..…………………………54 1.2. Linguaggio……………………………………………………….…………..58 1.3. Immagini, fotografie e altri contenuti…………………..…………………….80 1.4. Analisi dell’articolo Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista…………………………………………..81 2. I giornali online: repubblica.it e corriere.it………………………………………91 2.1. Disposizione………………………………………………………………….97 2.2. Ipertesto……………………………………………………………………..103 2.3. Fotogallery, cards e video…………………………………………………..109 !5 2.4. Analisi dell’articolo Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano………………………………….116 3. Il telegiornale TG1………………………………………………………………123 3.1. Disposizione…………………………………………………………………126 3.2. Montaggio…………………………………………………………………..130 3.3. Contenuti proposti…………………………………………………………..137 3.4. Analisi del servizio di Marco Valerio Lo Prete dell’edizione del TG1 delle 8:00 del 14 dicembre 2018………………………………………………………..148 Conclusioni…………………………………………………………………..………..155 Bibliografia……………………………………………………………………………163 Sitografia…………………………………………………………………………….. 168 Articoli analizzati……………………………………………………………………..169 !6 INTRODUZIONE Il 25 febbraio 2015 RaiNews24 e RaiNews.it annunciano che i video di Isis non sarebbero più stati pubblicati. L’allora direttrice di RaiNews, Monica Maggioni aveva espresso le motivazioni raccontando al pubblico la difficoltà di gestire delle situazioni tanto complesse e capire fino a dove far vedere l’orrore e la crudeltà di questi terroristi […] Quello che da ora in poi si fermerà è la macchina della propaganda. Ormai l’Isis si è trasformato in una sorta di Hollywood del terrore [..] noi non vogliamo diventare parte della loro propaganda. […] Noi continueremo a raccontarvi, a spiegarvi quello che loro dicono, quelli che sono i loro messaggi, ma lo faremo da giornalisti, mettendoci noi tra loro, la loro propaganda e voi. Pensiamo che in fondo il lavoro del giornalista sia anche questo. 1 La motivazione del canale televisivo sta dunque nel riconoscimento di una chiara propaganda dalla quale distinguersi. Il giornalista viene descritto come un mediatore che deve leggere e rielaborare la realtà, mettendosi a metà tra “loro”, i terroristi, e “voi”, il pubblico. Il suo compito è quello di osservare la realtà e raccontarla. L’obiettivo di questa tesi si inserisce proprio in questo discorso: analizzare il modo in cui i media reagiscono a situazioni di particolare emergenza, comprendere la narrazione che costruiscono attorno ad eventi tragici e mettere in relazione le risposte che il giornalismo prova a costruire. L’ambizione non è quella di pervenire a spiegazioni che accertino l’esistenza di nessi insondabili o proporre ricette che mostrino modi giusti o sbagliati di fare giornalismo. Ma osservare, riportare e mettere in rilievo punti e rielaborazioni costruite dai media in seguito a momenti di crisi. Non è sufficiente, e forse potrebbe diventare fuorviante, limitarsi a porre gli eventi all’interno di uno schema di analisi rigoroso, incasellati in una rigida cornice di senso, 1 Editoriale televisivo di Monica Maggioni, consultato sul sito di RaiNews.it http://www.rainews.it/dl/ rainews/media/Isis-fermiamo-la-macchina-della-propaganda-Su-RaiNes24-e-RaiNews.it-nonpubblicheremo-i-video-c606238d-2ef8-438f-b0d1-5fabee13c267.html !7 ma vale la pena tentare di collegare e mettere in luce le narrazioni che vengono fatte, limitandosi alla lettura di stati di alta tensione da parte del giornalismo italiano. Tentare di spiegare in modo generale le risposte dei media in queste situazioni sarebbe impossibile: sia per l’elevata documentazione disponibile, sia per le specificità dei diversi eventi catastrofici in periodi differenti. Dunque, l’analisi sarà delimitata alle rielaborazioni costruite da alcuni media in seguito all’attentato dell’11 dicembre 2018 ai mercatini di Natale di Strasburgo. Al momento della scrittura di questa tesi, può essere considerato forse uno degli ultimi grandi Media Event legato al terrorismo, e in generale ad un momento di grande tensione, che ha ricevuto una particolare risonanza mediatica in Italia. La prima parte sarà rivolta alla contestualizzazione di tale tematica, tramite un tentativo di incasellare il termine terrorismo, nel primo capitolo, non tanto per tentare di esaurire il termine, ma per porlo in una riflessione che possa mostrarne la complessità. Il concetto sarà associato ai media e al modo in cui entrambi questi attori costruiscono un rapporto reciproco. Tale riflessione si allargherà alle funzioni del giornalismo e al modo in cui questo ha raccontato il terrorismo, soffermandosi sul sintagma “terrore mediatico”. Il secondo capitolo sarà dedicato alla descrizione dell’evento preso in considerazione, tramite la ricostruzione giornalistica dell’attacco dell’11 dicembre 2018 e alla valutazione dei suoi criteri di rilevanza. Mentre, il terzo capitolo, è dedicato totalmente alla costruzione e alla descrizione della metodologia che sarà applicata su tre diversi media attraverso uno sguardo semiotico. Ma la semiotica, di suo, ritiene sempre di dover collaborare con le altre discipline, lasciando libero spazio alla contaminazione di metodi e strumenti provenienti da altri ambiti. La seconda parte si occupa principalmente di descrivere l’analisi attuata sui media presi in considerazione. Per quanto riguarda il giornalismo cartaceo l’attenzione sarà rivolta a “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, nei giorni immediatamente successivi all’attacco. Sono i due giornali con le più alte tirature.2 A questi verrà 2 Dati sul sito Federazione Italiana Editori Giornali: http://www.fieg.it/documenti.asp !8 affiancata l’analisi delle corrispettive testate online, che sono i due siti di informazione con il maggior numero di utenti unici, corriere.it con 9.211.739 e repubblica.it con 9.155.290 utenti.3 In generale, secondo i dati di Agcom (2018: 44), sul web esiste ancora un netto primato tra i siti che derivano dalla carta stampata e i nativi digitali.4 Nonostante la crescente influenza dell’informazione online, la televisione rimane la principale fonte ritenuta affidabile dove i cittadini italiani si informano. Per questo, è stato necessario inserire anche un’analisi televisiva. Nello specifico si troverà un’analisi di tre edizioni del TG1 (ore 8:00, 13:30, 20:00), il principale telegiornale della televisione pubblica e quello che si conferma il più visto5. Purtroppo, non c’è lo spazio per analizzare l’informazione radiofonica e il modo in cui il giornalismo si presenta sui social network, ma in qualche modo i due ambiti verranno citati e presi in considerazione all’interno delle altre analisi. In conclusione dei tre capitoli dedicati alle tipologie, sarà analizzato un contenuto per ogni medium. Il contenuto è stato scelto per la sua rilevanza e perché rappresenta nel migliore dei modi la maggior parte delle caratteristiche notate nelle analisi generali dei tre aspetti. Ciò che va sottolineato è il fatto che le analisi risultano essere diverse e in alcuni casi vengono utilizzati strumenti differenti, per rispettare la specificità di ogni medium. Nello specifico, ho messo in evidenza aspetti diversi, nella parte della carta stampata mi sono concentrata maggiormente sull’analisi delle parole e del linguaggio utilizzato con la sua valenza simbolica; il focus delle testate online è stata la sua competenza ipertestuale; la parte dedicata alla televisione vuole approfondire le immagini e il 3 Dati verificati sul sito di Audiweb: http://www.audiweb.it/news/comunicati-stampa/index.html Mentre, è sui social network che si registra una performance decisamente positiva per le testate native digitali, “FanPage” (5.389.008 utenti unici) e “Huffington Post Italia” (3.436.471 utenti unici) sono al primo e al terzo posto, “La Repubblica” (5.245.433 utenti unici) si piazza al secondo posto e “Corriere della Sera” al quarto (2.739.886 utenti unici). Dati da Agcom. 2018. Italiani alla fonte. Come, quanto e dove ci informiamo. Milano: Egea. 4 Con una share sostanzialmente invariata su base annua nell’edizione serale del Tg1 si registrano in media 4,9 milioni di telespettatori, al secondo posto il Tg5 con 4,2 milioni di telespettatori. I dati dell’Osservatorio dell’Agcom sui telegiornali sono riportati dalla rivista online Start Magazine al link: https://www.startmag.it/economia/rai-mediaset-e-la7-chi-sale-e-chi-scende-report-agcom-sui-tg/ e su Prima online al link: https://www.primaonline.it/2019/04/26/288388/osservatorio-agcom-1-2019/ 5 !9 montaggio utilizzato. In tutti e tre i casi, dunque, si è sviluppato il linguaggio specifico di ogni medium. Se «l’informazione e la trasmissione di notizie sull’evento non è una semplice riproduzione, ma una vera rappresentazione, con codici linguistici e narrativi precisi» (De Vincentiis 2010: 15) è interessante provare a cogliere la rielaborazione costruita e le interpretazioni proposte. È anche lo stesso pubblico ad esprimere un’esigenza di chiave interpretativa di avvenimenti straordinari di cui non sa darsi ragione. In questi casi, spesso, si assiste a una information anxiety, causata dal sovraccarico di notizie che si traduce in un continuo loop di informazioni e di immagini del terrore, onnipresenza di esperti e di testimonianze. Il sovraffollamento di notizie diffuse dagli organi di informazione può causare un’ansia esagerata, ma allo stesso tempo è il pubblico stesso a richiedere questo continuo loop di informazioni e di immagini ad alto contenuto emotivo. Si sviluppa una competizione tra i media, che rincorrono l’audience e propongono sempre nuove notizie seguite da ufficialità smentite e precisazioni derivate da fonti anonime. L’ultim’ora si è ormai trasformata nell’ultimo minuto, anche grazie allo sviluppo delle tecnologie e alla possibilità di aggiornarsi continuamente. In questo modo si giunge ad una «replica e […] amplificazione del potere comunicativo del terrore», un metaterrorismo6 che ha «l’intento di captare attenzione e ascolti attorno alla paura stessa del terrorismo, coltivandola serialmente» (Calculli; Strazzari 2017: 173): sensazionalismo, ricostruzioni drammatizzate volte spesso al patologico, mitizzazioni di mostri ed eroi, disumanizzazione dei carnefici. Il metaterrorismo è probabilmente in linea con le considerazioni di Marshall McLuhan sul terrorismo come forma di teatro: «dando coverage al terrorista gli si offre un palcoscenico e un copione»7. 6 Adam H. Johnson lo definisce come «il terrore propagato dalla replica non stop di attacchi terroristici passati e della continua speculazione sugli attacchi futuri» citato in Calculli; Strazzari 2017. cfr. Johnson, Adam H. 24 novembre 2015. Once Again, Media Terrorize the Public for the Terrorists, in «FAIR. Fariness & Accuracy in Reporting». intervista di Gino Fantauzzi a Marshall McLuhan, “Il Tempo”, febbraio 1978 citata in Stacchiamo la spina ai terroristi, “Il Tempo”, 17 luglio 2016, https://www.iltempo.it/politica/2016/07/17/news/ stacchiamo-la-spina-ai-terroristi-1015455/ (ultima consultazione 21/09/2019). 7 !10 Tuttavia, in generale, parlare di terrorismo significa entrare in un territorio estremamente scivoloso, per le controversie del termine, per la difficoltà di trovare un fondamento stabile al concetto, perché non è chiara la differenza tra freedom fighters e terroristi, ad esempio. Il problema è anche giuridico: bisogna capire fino a che punto terrore significa esclusivamente l’impiego di armi contro civili. Da questo punto di vista, sarà necessario indagare il modo in cui il mondo dei media espone queste tematiche e con quale livello di approfondimento. Dunque, in questa tesi saranno evidenziate le rielaborazioni da parte del mondo dei media circoscritte all’evento dell’11 dicembre a Strasburgo, ma in generale sarà ricercata una visione più ampia del modo in cui il giornalismo crea un senso e una narrazione attorno ad un evento tragico. !11 !12 PARTE UNO - Raccontare l’emergenza Osservare la realtà e raccontarla: gli obiettivi principali del giornalismo. A primo impatto appaiono compiti chiari e determinati, ma ad un’ulteriore analisi risultano ampie responsabilità con contorni poco definiti. La difficoltà sta nel riconoscere la realtà come complessa e individuare ciò che vale la pena di essere raccontato. Ma il compito diventa più arduo quando accadono eventi catastrofici o ci si ritrova in condizioni di particolare emergenza, quando «the role of the news media has been given considerable attention» (Schmid, De Graff 1982). In quei casi, complessità e responsabilità aumentano, perché le informazioni possono diventare necessarie per la sicurezza dei cittadini, perché la confusione è tale da creare il panico peggiorando la situazione, perché il pubblico esige chiarezza e, in alcuni casi, rassicurazione. L’obiettivo della mia ricerca va proprio in questa direzione: osservare la realtà rappresentata dai media durante situazioni di particolare emergenza. Si parla di rappresentazione, perché vi è sempre una rielaborazione da parte dei media, conscia o inconscia. È bene per prima cosa partire dalle parole chiave prese in considerazione, dai significati che circolano attorno ai termini che si affronteranno nella ricerca, un modo per tentare di definire un campo poco delimitato. La prima parola da prendere in considerazione è emergenza, definita come «circostanza imprevista, accidente» e ancora «particolare condizione di cose, momento critico, che richiede un intervento immediato, soprattutto nella locuzione stato di emergenza8»9. Ancora, l’emergenza viene definita come una condizione creata da un evento devastante (disastro) di origine naturale o provocato dall’uomo in modo inaspettato e improvviso, che crea un clima di massima attenzione, allerta, urgenza, accompagnato da iniziative di immediato soccorso (De Vincentiis 2010). Il Disaster and Emergency Reference Center la definisce come un 8 Cfr. Agamben, Giorgio. 2003. Stato d'Eccezione. Homo Sacer II, 1, Torino: Bollati Boringhieri. 9 Da voce “emergenza” di Treccani, enciclopedia online visitabile al sito www.treccani.it !13 evento determinato da un agente fisico che produce un impatto distruttivo sul territorio in cui si manifesta, la cui identità dipende sia da caratteristiche fisiche e fenomenologie dell’evento, sia dalla struttura socio-politica preesistente sul territorio di riferimento.10 Con un rapido sguardo è possibile notare che la maggior parte delle parole utilizzate rientrano nel campo semantico dell’immediatezza, come “immediato”, “inaspettato”, “improvviso” e dell’attenzione come “momento critico”, “massima attenzione, allerta, urgenza”. Entrambe le definizioni però, non si limitano a descrivere il momento critico, ma richiedono un “intervento immediato” o “immediato soccorso” perché l’impatto è “distruttivo”. Nello specifico, per il linguaggio giornalistico, emergenza è definita come «situazione di estrema pericolosità pubblica, tale da richiedere l’adozione di interventi eccezionali: e. droga; e. mafia; e. occupazione». 11 Gli interventi eccezionali vengono affrontati dai media stessi con speciali e lunghi approfondimenti. In generale, è assodato che grandi crisi e sconvolgimenti sociali, culturali o economici costituiscono dei momenti importanti anche per l’evoluzione di modi e forme del giornalismo e dei media in generale. I momenti di crisi alzano picchi di domande e offerta di informazione, dove i «media sono catapultati al centro della consapevolezza collettiva e della gestione stessa delle emergenze» (Cornero, Mazzone 2002: 242) ed è proprio per questo motivo che la responsabilità aumenta. Prendere in considerazione tutte le emergenze affrontate e descritte dai media però, sarebbe stato complesso e insensato: difficile provare a comparare tipologie di “eccezione” molto diverse tra loro. Proprio in questo senso, l’intento di questa ricerca è quella di focalizzarsi sugli attentati terroristici. Il terrorismo non è di certo un fenomeno recente, ma si è modificato nel tempo, incrociandosi e plasmandosi sul cambiamento dei media. 10 Disaster and Emergency Reference center, 1998; United Nations, 1992 11 Da voce “emergenza” di Treccani, enciclopedia online visitabile al sito www.treccani.it !14 Nell’attuale mondo globale ed interconnesso, dove gli utenti in rete sono 4,021 miliardi nel mondo, cioè il 53% della popolazione totale 12, gestire la propaganda terroristica è divenuto più complesso. È a partire dagli attacchi dell’11 settembre che si può cominciare a parlare di “minaccia globale”: «quando il terrorismo non colpisce più un singolo territorio, ma minaccia l’intero mondo globalizzato». (Peres 2001) I risultati sono una corsa alle armi dei media per realizzare coperture immediate, dove le fonti sono più numerose ma spesso meno definite perché non solo i giornalisti contribuiscono al flusso informativo, ma anche i cittadini e testimoni, e in alcuni casi gli stessi terroristi, con attacchi in diretta Facebook e cinguettii su Twitter. 1. Media e terrorismo 1.1. Terrorismo: una definizione scivolosa Nonostante sia necessario fare un breve excursus sul terrorismo, questa ricerca non pretende di tracciarne una storia completa e nemmeno di fornire strumenti per identificare ogni aspetto. Ciò che interessa è cogliere la complessità del fenomeno, rifiutando le tesi semplicistiche che definiscono il terrorismo «quel fenomeno da teppistelli, chiaro, definito e che ci piace tanto condannare»,13 suggerendo un’analisi più rigorosa e meno superficiale di come spesso viene trattato. Il termine terrorismo vanta una serie di definizioni, che sono il «result from different viewpoints and interpretations of political violence» (Picard 1993: 10), dove ogni ambito ed ogni disciplina enfatizza un aspetto differente. Si tratta di andare oltre, consapevoli del fatto che non esiste una linea precisa che distingue la politica della minaccia, la minaccia dall’uso della forza, l’uso della forza dalla guerra, nascosta o palese che sia (citato in Fossati 2003: 164). Il Global Digital 2018 è un’indagine condotta dall’agenzia internazionale WeAreSocial in collaborazione con la piattaforma social media management Hootsuite. Disponibile nella versione completa al sito https://www.slideshare.net/wearesocial/digital-in-2018-global-overview-86860338 12 What is terrorism?, “The Economist”, 2 marzo 1996, trad. it. Cos’è il terrorismo?, in “Internazionale”, 8 marzo 1996 in M. Fossati, Terrorismo e terroristi, Paravia Bruno Mondadori Editori, 2003 p. 163 13 !15 Se è stato possibile dare una definizione univoca di emergenza, circoscrivendola entro dei limiti, nonostante le sfaccettature, parlare di terrorismo risulta più complesso perché sfugge da definizioni universalmente accettate. Andando all’origine, si può affermare che il termine “terrorismo” nacque nel corso della Rivoluzione Francese, quando tra il 1793 e 1794 l’ala più radicale del partito giacobino, guidata da Robespierre e Saint-Just, scatenò una violenta repressione nei confronti di oppositori politici definiti “traditori”, perché associati ai nemici esterni contro cui la Francia stava combattendo. Un «regime di sangue e paura» (Benigno 2018: 3) dove chiunque poteva essere processato e condannato anche in assenza di prove secondo la “legge dei sospetti” approvata il 17 settembre 1793. Nelle azioni del Comitato di salute pubblica francese si possono riconoscere delle pratiche terroristiche messe in atto, non tanto per eliminare tutti gli avversari, ma per piegarli e controllarli seminando la paura: «mediante l’uso della violenza contro selezionati obiettivi faceva uso del terrore come di un’arma di più vasta portata». (Fossati 2003: 17) Il colpo di stato del 9 Termidoro (27 luglio 1794) pose fine alla dittatura giacobina, destinando al termine “terrorismo” un connotato negativo. I terroristi erano stati coloro che avevano seminato il terrore, i robespierristi e poi, più in generale, i deputati della Convenzione in missione delle province, i membri del Comitato di salute pubblica e del Tribunale rivoluzionario, e quindi ancora, per estensione, i giacobini. Ma soprattutto, terrorista era lui, Robespierre, considerato il capo e il responsabile di un regime di sangue e paura, da dimenticare (Benigno 2018: 3). Nel 1798 il Dictionnaire dell’Académie Française segna il suo ufficiale ingresso nel linguaggio politico registrando la voce “terrorismo” come «système, régime de la terreur». La connotazione non risulta mai neutra, perché vi è «un giudizio morale implicito, una nota stigmatizzante che si accompagna a elementi evocativi e simbolici, aggrumati da una connotazione emozionale negativa» (ibidem: VIII). Senza dilungarsi troppo, è possibile però riconoscere che ancora prima di !16 coniare il termine, l’utilizzo del terrore come arma ha una storia molto più antica del ’700. Basti pensare a Gengis Khan conosciuto e ricordato per i suoi massacri, utilizzati come tecniche di combattimento, una sorta di terrorismo psicologico per il quale è divenuto celebre. Solo tramite qualche accenno, si può già delineare l’ampiezza e la contingenza storico-politica del fenomeno, che lo rendono scivoloso. Essendo prima di tutto un concetto politico, il terrorismo è influenzato da fattori ideologici, storici, culturali e giuridici. È difficile da definire perché nel contempo è «un complesso insieme di spazi, emozioni, pratiche, movimenti e materialità che interrogano la natura dell’ordine politico» (Calculli, Strazzari 2017: 20). Essendo una pratica e una costruzione sociale, si modifica nel tempo e si adatta nei diversi contesti, e non sempre tutti i fattori vengono considerati. Francesco Benigno, analizzando il modo in cui è stato affrontato il terrorismo nel corso del tempo, ritiene che la prospettiva storica è stata largamente trascurata. Si è preferito in sostanza appiattire la riflessione sul presente, disancorando (e si potrebbe dire disincarnando) il terrorismo dell’esperienza del passato, e anzi utilizzando la storia in modo arbitrario, anacronistico e talora bizzarro (2018: XI). Benigno ricostruisce la storia del terrorismo ponendo il focus sulla dimensione storica, mettendo in relazione gli eventi, forse in maniera estremamente sistematica, evidenziando continuità e condizioni ricorrenti. Ad esempio, ricorda come gli atti violenti, improvvisi ed eclatanti degli anarchici dell’Ottocento venivano amplificati dai nascenti mezzi di comunicazione di massa, a partire dalla fotografia. E come gli attentati politici fecero un salto di qualità tramite l’utilizzo della stampa. Oggi lo stesso accade con Internet che ha costruito un nuovo palcoscenico, dove i fatti per esistere non possono essere soltanto raccontati ma devono essere mostrati. Nella rappresentazione della realtà, la dimensione iconica ha avuto via via uno spazio da protagonista, soprattutto per la capacità intrinseca di alcune immagini di «condensare nel proprio nucleo formale gran parte delle contraddizioni politiche di !17 un’epoca» (Colombo, Murru 2018: 3) non solo nella contemporaneità. La novità sta nella dinamica della diffusione: assistiamo ad una combinazione di comunicazioni di massa e comunicazione interpersonale (ibidem). La scuola di Yale, definisce il potere iconico come la capacità di un’immagine di fissare un significato sociale in una forma materiale, attorno a cui si sviluppa un sentimento di partecipazione collettiva da parte dei pubblici che coinvolge gli aspetti emotivi e sensoriali piuttosto che quelli cognitivi e razionali (Brilli, Farci 2018: 34). Dunque l’iconicità è prima di tutto un fatto sociale. Gli esseri umani non possono fare a meno delle immagini, perché è anche attraverso di esse che fanno esperienza. E ciò che conta non è la veridicità di queste immagini, attualmente messa in discussione dalla miriade di software di elaborazione e modificazione di immagini, ma l’impatto che queste producono. L’attentato politico ha acquistato maggiore efficacia attraverso rappresentazioni iconiche costruite per far suscitare un forte impatto mediatico attraverso un rilancio crescente di immagini sempre più forti e sconvolgenti, spingendosi oltre il limite della trasgressione14. Quando la guerra non riesce più a limitarsi all’uccisione ma è costretta a diventare «oscena e immorale», si trasforma in pornografia. Una pornografia del terrorismo, perché le immagini devono mostrare tutto, devono rendere tutto esplicito e trasparente: quando le cose diventano troppo reali, spogliate della loro dimensione metaforica, rese fruibili alla vista, poste brutalmente nel reale, eliminando qualsiasi distanza dal soggetto, si cade nell’oscenità (Codeluppi 2017: 22). Dunque, la capacità del terrorismo di integrare diversi strumenti tra loro e di coinvolgere aspetti diversi, influenzando la dimensione politica, economica, sociale, culturale, comunicativa, visuale, rende ancora più complessa una definizione universalmente accettata e duratura nel tempo. Ma è proprio per questo che se si studia il terrorismo non si può prescindere dall’interpretazione dei significati, dei codici, dei linguaggi che si sviluppano attorno ad Cfr. Zelizer, Barbie. 2010. About to die image: How News Images Move the Public, Oxford University Press. Nel volume viene approfondita l’immagine About to die, ossia il momento in cui gli individui vengono ripresi mentre stanno per morire 14 !18 una sfera d’azione in cui «la violenza è intenzionale, comunicativa, simbolica» (Calculli, Strazzari 2017: 20). Tuttavia, è possibile provare a appellarsi ai Dizionari attuali. Treccani definisce il terrorismo come l’uso di violenza illegittima, finalizzata a incutere terrore nei membri di una collettività organizzata e a destabilizzarne o restaurarne l’ordine, mediante azioni quali attentati, rapimenti, dirottamenti di aerei e simili 15. Ma è una definizione che pone più domande che risposte: quando una violenza è illegittima e quando invece è legittima? E l’obiettivo appare troppo ampio: destabilizzare o restaurare l’ordine è una contraddizione: come si interpreta un’azione e il suo opposto in una stessa definizione? Il mistero si infittisce se ci si inoltra nel territorio giurisdizionale: nemmeno a livello giuridico esistono definizioni universalmente accettate, perché «la qualifica di terrorista è sempre stata assegnata a seconda delle circostanze e degli interessi in campo» (Benigno 2018: IX) e «la scelta dell’atto o della persona meritevole dell’etichetta di “terrorista” varia con ognuno di noi»16. Affermazioni che trovano giustificazione negli elenchi (differenti) dei Dipartimenti di stato dell’USA e dell’Unione Europea17 contenenti le organizzazioni terroristiche riconosciute. Dunque, oggi come nel passato, ci si interroga su chi debba essere definito terrorista, quali debbano essere definiti attacchi terroristici e sugli strumenti e le azioni lecite da mettere in campo per contrastare tale fenomeno. Ma tutto ciò avviene con alcune differenze rispetto al passato: se prima la discussione, interna ai diversi Stati, si svolgeva in un sistema giuridico definito e, in gran parte, condiviso, ora quando si parla di lotta al terrorismo, si fa riferimento a una comunità internazionale che fatica a darsi delle istituzioni in grado di esprimere un punto di vista comune fondato sul diritto. (Fossati 2003:5) 15 Da voce “terrorismo” di Treccani, enciclopedia online visitabile al sito www.treccani.it What is terrorism?, “The Economist”, 2 marzo 1996, trad. it. Cos’è il terrorismo?, in “Internazionale”, 8 marzo 1996 in M. Fossati, Terrorismo e terroristi, Paravia Bruno Mondadori Editori, 2003 16 In Usa sono 68 le organizzazioni terroristiche riconosciute, in Ue 21. I nomi non corrispondono totalmente. Verificabili ai rispettivi siti: https://www.state.gov/foreign-terrorist-organizations/ e https:// eur-lex.europa.eu/legal-content/en/TXT/HTML/?uri=CELEX:32019D0025&from=EN (ultimo accesso 20/10/2019) 17 !19 «Il terrorismo non conosce frontiere» ha ribadito l’allora presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker nel Discorso dello Stato dell’Unione 2018, «Non dobbiamo diventarne complici a causa della nostra incapacità di collaborare tra noi».18 La lotta al terrorismo è tra le priorità dell’Unione Europea19. Il Piano d’Azione contro il terrorismo rientra nella strategia di prevenzione a livello europeo e contiene una serie di misure da adottare nei diversi settori coinvolti, come la cooperazione giudiziaria e della polizia, la sicurezza e i controlli alle frontiere. La Direttiva Ue 2017/541 del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla lotta contro il terrorismo definisce “gli atti terroristici” come una delle più gravi violazioni dei valori universali di dignità umana, libertà, uguaglianza e solidarietà, e godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali su cui si fonda l’Unione. Essi rappresentano inoltre uno dei più seri attentati alla democrazia e allo Stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri e sui quali si fonda l’Unione. Alla quale si aggiunge la definizione di gruppo terroristico come «un’associazione strutturata di più di due persone, stabile nel tempo, che agisce in modo concertato allo scopo di commettere reati di terrorismo», dove poi vengono specificate tutte le forme per le quali si parla di terrorismo: attentati alla vita di una persona, sequestri, distruzione di strutture governative o pubbliche, fabbricazione e detenzione di armi, o la minaccia di compiere una delle azioni appena citate. Alla luce delle varie leggi prese in considerazione20 , il terrorismo viene concepito come un'integrazione di atti oggettivi (l’attentato alla vita, le estorsioni o le minacce di compiere uno di tali comportamenti) e di elementi soggettivi (atti commessi 18 Discorso dello Stato dell’Unione 2018, consultabile https://ec.europa.eu/commission/sites/betapolitical/files/soteu2018-speech_it_0.pdf (ultimo accesso 20/10/2019) Si legge sul sito: «Il terrorismo costituisce una minaccia per la nostra sicurezza, i valori delle nostre società democratiche e i diritti e le libertà dei cittadini europei. La lotta al terrorismo è una priorità assoluta per l'UE, gli Stati membri e i partner internazionali». https:// www.consilium.europa.eu/it/policies/fight-against-terrorism/ (ultimo accesso 20/10/2019) 19 Le leggi prese in considerazione sono soltanto quelle della Comunità Europea, e nello specifico quelle italiane. Il lavoro è parziale, ma integrare e confrontare quelle degli altri paesi avrebbe messo in campo una serie di problematiche. cfr. Convenzione sulla prevenzione del terrorismo (Data dell’ultima revisione: 20/12/2018 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/? qid=1412582464618&uri=CELEX:22018A0622(01)) e DIRETTIVA (UE) 2017/541 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15 marzo 2017 sulla lotta contro il terrorismo e che sostituisce la decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio e che modifica la decisione 2005/671/GAI del Consiglio https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32017L0541&from=EN 20 !20 per intimidire la popolazione, destabilizzare le strutture di un paese, costringere i poteri pubblici ad astenersi dal compiere qualsiasi atto). Come se l’atto terroristico fosse una minaccia concreta ma allo stesso tempo anche astratta e dunque difficilmente individuabile e misurabile: è possibile contare quante bombe sono scoppiate, ma come si quantifica la paura o l’instabilità di un paese? A colpo d’occhio, nelle leggi, sia italiane21 che europee, si nota un tentativo di creare uniformità: nella legge vengono espressi i casi, gli obiettivi e l’individuazione dei colpevoli. Un atto terroristico è tale quando si verificano tali condizioni: «gli obiettivi scelti per la loro rappresentanza simbolica, le vittime civili, la finalità di seminare terrore» (Fossati 2003: 6). Ma quegli stessi attentati e atti di sabotaggio, azioni armate contro obiettivi militari e civili, possono rientrare nelle pratiche dei movimenti in lotta per la liberazione da una dittatura, alle quali al contrario viene riconosciuta legittimità22. E allo stesso modo, colpire la popolazione civile e seminare la paura sono strategie messe in atto abitualmente da eserciti di stato in guerra, anche questi legittimati. Sarebbe importante definire in primo luogo se il terrorismo può essere considerato una forma di guerra da affrontare sul piano militare o un comportamento criminale contro il quale si deve agire all’interno di un quadro giuridico uguale per tutti. Il concetto rimane fumoso, fatto di controversie: è difficile trovare fondamenti stabili al problema del terrore. Ad esempio, c’è differenza tra freedom fighters e terroristi? Le armi usate contro i civili consistono sempre in un reato di terrorismo? Sul sito del governo italiano (www.governo.it), viene subito messo in chiaro che a fianco del terrorismo di matrice politica, «non va dimenticato il terrorismo imputabile alla criminalità organizzata, di matrice mafiosa, di matrice camorristica, e di altra matrice». In generale, in Italia l’azione di prevenzione inizia circa alla fine degli anni Settanta ma è stata ripresa ed irrobustita a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001. cfr. Legge 438/2001, art. 270 bis del Codice Penale. Inoltre, il 6 maggio 2004, al fine di assicurare una cooperazione e una condivisione di informazioni maggiore e gestire l’emergenza per la tutela della sicurezza, sono state emanate le procedure e le linee da seguire per il Piano nazionale per la gestione degli eventi di natura terroristiche e le modalità di funzionamento dell’Unità di Crisi e del Comitato di Analisi Strategica Antiterrorismo (Casa). 21 Cfr. Dispot, Laurent. 1978 [1977]. La macchina del terrore. Genealogia del terrorismo. Venezia: Marsilio. p.34: «l’antiterrorismo è una contraddizione in termini. Fa parte del sistema, ogni terrorismo non si presenta forse come antiterrorismo, come resistenza a un Terrore esistente? Le circostanze possono avere imposto di ricorrere al sistema del terrorismo ma non l’hanno mai giustificato» e Codeluppi, Vanni (a cura di). Jean Baudrillard. 2017. Pornografia del terrorismo. Milano: Francoangeli, p.23: «Ciascuno è un criminale in incognito. Ciascuno è un terrorista. E non è più possibile individuare un potenziale terrorista tra tanti non-terroristi. Pertanto, il terrorismo tiene insieme al suo interno sia se stesso che l’antiterrorismo» 22 !21 Sono tutte domande che non possono essere sciolte in questa ricerca, ma sicuramente mostrano l’ampiezza del fenomeno e la difficoltà di trovare uno spazio delimitato di interpretazione. Proprio per questo motivo, sarà interessante indagare come i media si spiegano questo fenomeno che risulta confuso, in primis, nella sua definizione. Guardando l’intero quadro, tra tutte le sfaccettature, si riconoscono dei denominatori comuni: la violenza, l’uso di minaccia, l’intimidazione e la diffusione di terrore nella popolazione. È evidente che tutto risulta parte di una strategia ben definita e impostata per raggiungere determinati obiettivi. Non si tratta di casi isolati e mal organizzati, ma atti consapevoli orientati ad un obiettivo ben definito, portati avanti seguendo indicazioni precise e piani precedentemente studiati con una tattica, per usare le parole di Burke (2015). Esistono anche diversi manuali: come Management of Savagery (2004) di Abu Bakr alNadji,23 che spiega come fondare un nuovo califfato, oppure l’Arte del Reclutamento,24 che mette in luce l’importanza della propaganda e la chiamata alle armi tramite un «risveglio, nei giovani musulmani, del sentimento di appartenenza e della voglia di combattere» (Bastiani 2012: 40). Un sentimento di appartenenza che si costruisce tramite processi di costruzione identitaria, perché è proprio tramite la diffusione mediatica che vengono raggiunti individui isolati, non appartenenti a organizzazioni, «toccati dal valore simbolico dell’azione, dalla sua capacità di rilanciare alto e forte il messaggio della Causa». (Benigno 2018: 304) Da questo primo quadro, oltre ad essere emersa la complessità del fenomeno, è possibile affermare che il terrorismo è un fenomeno antico ma ha trovato nuove forme di manifestazione e vie di diffusione favorevoli nella modernità, e nel quale oggi si esprime una frangia di radicalismo religioso islamico così come altre volte si è espresso un radicalismo politico laico:25 23 Manuale analizzato in Manca, Beatrice. 2016. Narrazioni e Contronarrazioni sullo Stato Islamico. Manuale analizzato in Bastiani, David. 2012. Terrorismo e Media, la comunicazione del terrore in Informazioni della Difesa 2/2012. 24 Gli esempi sono infiniti: le brigate rosse in Italia, l’IRA in Irlanda, ma anche esempi attuali: come gli attentati di Christchurch, in Nuova Zelanda che ha causato la morte di 50 persone. 25 !22 le crudeltà succedono dietro falsi sipari di parole oggi ulteriormente ingigantite grazie alla rete che l’industria dei media ha gettato sopra tutta la terra. Su questi sipari sta scritto terrorista, comunista, anarchico. (Lagercrantz 1988: 30) 1.2 L’interazione reciproca tra media e terrorismo La relazione tra media e terrorismo si è rafforzata nel tempo e le strategie terroristiche hanno sfruttato i media, perché questi ultimi «offrono un fondamentale spazio di visibilità sociale» (Codeluppi 2017: 7). Il legame profondo all’interno della società iperconnessa che unisce comunicazione e terrorismo si costruisce come «una sorta di simbiosi che si alimenta e si sviluppa attraverso un’interazione reciproca» (Bastiani 2012: 37). L’interazione è biunivoca perché Sin dalla nascita dei grandi circuiti di informazione, il gesto simbolico e trasmissione della notizia sono diventati fratelli gemelli: l’industria della notizia ha bisogno di gesti eccezionali e li pubblicizza, e i produttori di gesti eccezionali hanno bisogno dell’industria della notizia che dia senso alla loro azione (Eco a 1979). Come i media approfittano dell’eccezionalità degli eventi, allo stesso modo il terrorismo sfrutta le logiche dei media per amplificare la “propaganda della paura” trasformandosi sempre più in rappresentazione di se stesso, in «un vero e proprio progetto politico» (ibidem). Ma le designazioni e le connotazioni del terrorismo da parte dei media si sono modificate nel tempo e nello spazio, andando ad incidere sul rapporto tra questi due soggetti. Vanni Codeluppi (2017), nella raccolta di alcuni testi di Jean Baudrillard, ha identificato tre fasi per definire come si è modificato il rapporto tra terrorismo e media occidentali, ogni momento è legato indissolubilmente alle caratteristiche possedute sul piano comunicativo di ogni medium. In una prima fase, il focus era sul gesto del singolo, spesso identificato come l’anarchico. Un soggetto che risponde solo a se stesso, senza regole definite. Figura che !23 può corrispondere a quelle descritte nella ricostruzione romanzata e nel riadattamento teatrale di Joseph Conrad di un misterioso attentato all’Osservatorio di Greenwich26 nel libro L’Agente Segreto. In quel momento, il mezzo di comunicazione privilegiato era il quotidiano, dunque la notizia dell’evento arrivava ad una parte limitata della popolazione, ossia quella alfabetizzata. Ma arrivando all’élite, risultava comunque efficace, al punto che l’attentato di un singolo è stato considerato il casus belli per trascinare l’Europa nella prima guerra mondiale. In una seconda fase, l’attentato veniva concepito dall’opinione pubblica come frutto di una strategia costruita e realizzata da un’organizzazione stabile con regole ferree, mossa da una particolare ideologia. Gli esempi sono molteplici: ci si riferisce all’attentato delle Olimpiadi di Monaco nel 1972, ma anche alle azioni delle Brigate Rosse in Italia, fino agli attentati dell’11 settembre 2001 e alle prime clamorose azioni di Isis a Parigi (l’attentato a Charlie Hebdo e quelli del 13 novembre). Ad un primo impatto, vedere accorpati insieme questi avvenimenti appare strano, perché quasi per ognuno di questi, l’utilizzo dei media è stato diverso. Dalla Guerra del Golfo, primo episodio di spettacolarizzione televisiva di un evento bellico, si sono superati diversi livelli. L’attentato alle Twin Towers dell’11 settembre 2001 ha rappresentato un punto di svolta su diversi fronti, politico, sociale, comunicativo, ma ha determinato anche l’esperienza vissuta in prima persona da ogni cittadino della società civile globale, grazie alle dirette televisive di tutto il mondo. Un senso di cambiamento, “l’alba tragica del secolo globale”, che ha posto il mondo di fronte alla sua intrinseca fragilità e alla sua insuperabile sicurezza: quando la “guerra civile globale” si staglia come una figura spettrale avvolta nelle brume della paura e del timore, come reazione irrazionale alla perdita della tranquillità sociale e al Un avvenimento reale accaduto il 15 febbraio 1894, quando scoppiò una bomba vicino all’Osservatorio di Greenwich e venne ritrovato solo un corpo dilaniato di un giovane. L’unica spiegazione plausibile che venne data fu quella di un fallito attentato anarchico all’Osservatorio, ma in generale l’avvenimento rimase oscuro al grande pubblico. Interessante dare lettura di un opuscolo pubblicato 3 anni dopo da David Nicoll, il direttore del giornale “Anarchist”, che imputa ad un noto anarchico, H.P. Samuels, di aver fatto un accordo con la polizia per procedere all’arresto del cognato, Martial Bourdin. Questa sarà la versione che metterà in scena Conrad: «Come mai il resto della banda non è stato arrestato? Forse perché come nel recente caso di Bell, erano tutti al soldo della polizia, eccetto la vittima?» In Conrad, Joseph. 2008. L’Agente Segreto. Genova: Teatro Stabile di Genova, p. 30 26 !24 dissolvimento di un antico, anche se ingiustificato, sentimento di sazietà e di autocelebrazione27 (Cornero, Mazzone 2002: 132). L’attentato alla redazione di Charlie Hebdo il 7 gennaio 2015 ha aperto la strada ai social network: l’hashtag #Jesuischarlie è stato usato più di cinque milioni di volte solo nei primi due giorni successivi all’attentato, diventando uno dei più popolari di sempre su Twitter28. Inoltre, la presenza degli attentati sui social network è aumentata sempre di più, ad esempio con l’opzione Safety Check, introdotta da Facebook il 15 ottobre 2014, ma utilizzata per la prima volta per un caso diverso da un evento naturale29 con gli attentati di Parigi del 13 novembre 2015 30. Dunque mettere insieme eventi che hanno interagito con i media in modo così differente appare strano, ma corrispondono alla definizione che propone Codeluppi, ossia sono state tutte «azioni che hanno tentato di sfruttare la forza del modello di comunicazione di flusso che caratterizza i media di massa» (2017: 8). E questi “grappoli di eventi” sono avvenuti anche, e soprattutto, grazie alle solide organizzazioni che avevano alle spalle. Esemplare è stato il caso di Aldo Moro con i continui messaggi rivolti ai media. In merito a questo, Marshall McLuhan suggeriva di usare il silenzio come arma, perché i media dando visibilità ai terroristi non fanno altro che alimentare questa violenza. Il consiglio era quello di «staccare la spina» (Fantauzzi 1981). Anche se molto difficile, staccare la spina alla televisione è anche potenzialmente possibile, ma con il web è diventato impensabile: siamo tutti costantemente connessi. Ed è per questo che, secondo Codeluppi, stiamo per entrare in una terza fase. Il cfr. Avenery, Uri. Twin Towers, “Gush Shalom”, 15 settembre 2001 in Fossati, Marco. 2003. Terrorismo e terroristi. Milano: Paravia Bruno Mondadori Editori. p. 180-183: «Dopo che il fumo si sarà diradato, la polvere depositata e il furore iniziale sopito, l’umanità si risveglierà e si renderà conto di un fatto nuovo: non ci sono più luoghi sicuri sulla terra. (…) Fino all’11 settembre - una data da ricordare - gli americani potevano coltivare l’illusione che tutto questo riguardasse solo gli altri, in luoghi lontani aldilà del mare, che non potesse toccare le loro vite protette a casa loro. Ora non più. Questo è l’altro lato della globalizzazione: tutti i problemi del mondo riguardano ciascun abitante del mondo. (…) un sempre minor numero di persone è necessario per infliggere gravi sofferenze ad un numero sempre maggiore» 27 28 https://twitter.com/TwitterFrance/status/553662715563368448 Il suo primo uso importante avvenne il 25 aprile 2015 in occasione di un terremoto in Nepal, poi per l’uragano Patricia nell’ottobre 2015. 29 La funzione è stata integrata l’8 febbraio 2017 per consentire agli utenti di offrire assistenza locale e collegarsi tra loro con provider. 30 !25 web sta offrendo un ulteriore livello proprio per il modo in cui è costruito: «la Rete è uno strumento di socializzazione, però ciascuno al suo interno opera in maniera solitaria ed isolata» (Baptista 2019), un modello che ricalca la strategia dei terroristi zombie31. Marco Lombardi, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, associa gli attacchi terroristici a quelli cibernetici: «gli zombie sono computer infettati che sono pronti a partire ad un segnale della casa madre.». Ad oggi, il punto di vista è tornato quello del singolo che mette in campo azioni solo parzialmente legate ad una organizzazione: sono «dei lupi solitari che agiscono da soli» ma «hanno le competenze per essere attivati al segnale quando è necessario» (Lombardi 2015). Agevolato da un paradigma culturale sempre più egocentrico, l’attacco torna ad essere individuale, come nella prima fase, con la differenza che gli atti risultano globalizzati e riescono ad ottenere la stessa visibilità della seconda, dove i soggetti erano resi forti da una solida organizzazione alle spalle. E il terrorismo è reso una minaccia sempre più diffusa dove è difficile trovare misure efficaci condivise, forse perché alimentato dalla relativa facilità con cui piccoli gruppi o singoli individui riescono a recuperare ogni tipo di arma. Ma indipendentemente dai singoli attentatori, la campagna terroristica è una strategia mediatica studiata a tavolino dove alla fine non è nemmeno importante se i “terroristi zombie” siano effettivamente legati ad una organizzazione e se la rivendicazione sia reale o meno. Quella costruita da Vanni Codeluppi è una classificazione soddisfacente, che si inserisce in un filone di studi sviluppato nel tempo. Lo studio del rapporto tra media e terrorismo ha una notevole tradizione accademica, ma non è semplice ricostruire una bibliografia completa, proprio perché gli esiti e gli effetti delle intersezioni tra media e terrorismo si inseriscono in ambiti multidisciplinari, dalla sociologia dei disastri passando per la psicologia e gli studi sulla paura, fino ad aspetti più giuridici e economici. I primi studi sistematici del rapporto tra media e terrorismo risalgono comunque agli inizi degli anni ’80. L’opera di Schmid e De Graaf nel 1982, viene definita cfr. Lombardi, Marco. 12 gennaio 2015. Nuove forme di terrorismo: zombie. Visualizzabile sul sito “Ispi” https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/nuove-forme-di-terrorismo-zombie-11994 (Ultimo accesso 20 ottobre 2018) 31 !26 nell’introduzione come «the first extended Study treating the relationship between insurgent terrorism and the Western news media in a comprehensive way» (Schmid, De Graaf 1982: 1). Il manuale ha l’intenzione di «connect terrorism, news and political and public response within a single framework and one which gives rise to questions of the most pressing kind» (ibidem: i). Un anno prima era uscito il volume di Richard L. Clutterbuck, dedicato al rapporto tra violenza e media, in particolare «focused to any extent on political violence» (1981). Nella terza parte del libro viene affrontato in modo sistematico il terrorismo, lasciando ampio spazio ad un’analisi sulla situazione dell’IRA in Irlanda del Nord. I due volumi hanno aperto la strada a diversi studi che si sono intersecati con altre tipologie di analisi già affrontate in diverse discipline. Il tema è stato approfondito nel campo sociologico. Nello specifico la sociologia della comunicazione che interseca il rapporto tra media ed evento-catastrofe e la sociologia del disastro32. Il filone della sociologia dei disastri ha cominciato a farsi spazio in ambito statunitense già a partire dagli anni ’70 con le prime analisi sul rapporto tra media ed emergenze33 . Secondo Robert A. Stallings tutto parte dalla domanda «What is disaster?»: «it is that disaster is in essence social disruption. The source of disruption as reflected in events chosen for study has varied over the years». (2001) La tematica è affrontata anche in campi legati alla Comunicazione dell’emergenza (De Vincentiis 2010), una disciplina inserita nella Comunicazione Pubblica, strettamente legata alla sociologia ma anche alla psicologia 34 per la gestione della crisi. 32 La sociologia del disastro si inserisce nella branca della sociologia. Ed è strettamente connessa alla Sociologia dell’Ambiente e Antropologia Socioculturale. Si occupa di analizzare i disastri di natura locale ma anche catastrofi su larga scala, insieme ai disastri causati dagli esseri umani che vengono considerati come le “nuove conseguenze delle crisi sociali”. Cfr Quarantelli, Enrico L. 1998. What Is A Disaster? London: Routledge; Fischer, Henry W., The sociology of disaster: Definitions, research questions, and measurements. continuation of the discussion in a post-September 11 environment. International Journal of Mass Emergencies and Disasters, 21(1), 91-107, 2003; Lucini, Barbara. 2018. Comunicare la catastrofe in Cassone, Vincenzo Idone; Surace, Bruno; Thibault, Mattia. I discorsi della fine. Catastrofi, disastri, apocalissi, I saggi di Lexia n.28, agosto 2018. 33 cfr. Disaster and Mass Media, National Academy of Science, Washington D.C., 1980 La psicologia dell’emergenza è una branca della psicologia e si occupa di interventi clinici e sociali in situazioni di urgenza o calamità ambientale. In generale è la disciplina che studia il comportamento individuale e sociale in situazioni di crisi. https://www.psy.it/allegati/aree-pratica-professionale/ psicologo_emergenza.pdf 34 !27 La carrellata potrebbe essere ancora lunga, come il già affrontato campo giuridico, o la pedagogia: «tra educazione e comunicazione c’è uno stretto rapporto, perché si educa comunicando e, al tempo stesso ci si educa a comunicare» (D’Agostino 2018). E in tale senso si intende la verifica e l’uso delle fonti, lo studio del tipo di propaganda e l’utilizzo del linguaggio, ma anche gli strumenti da utilizzare, la capacità di contestualizzare, la responsabilità di ciò che viene detto, la competenza di mostrare empatia senza enfatizzare sensazionalismi e narrazioni che possono destabilizzare le comunità e la società in generale. Per questo è necessario focalizzare l’attenzione anche su pratiche di educazione quando si parla del rapporto media e terrorismo: ri-educare le menti alla valutazione, a ponderare il peso degli eventi, al discernimento tra oggettività e soggettività. […] Il cambiamento sta in ciò che dovrebbe essere normale: educare i giovani a divenire protagonisti consapevoli e critici della comunicazione digitale, attraverso lo sviluppo delle competenze di base. (ibidem) Dunque da una parte riflettere sull’educazione in senso lato, ma dall’altro interrogarsi su quando i media operano pratiche di educazione e quando evitano di farlo. La ricerca apre una discussione in merito, senza dare giudizi, ma per osservare la presenza o assenza di capacità pedagogiche dei media. 1.3 Terrore mediatico “Terrore mediatico” è un’espressione così densa di significato che rischia di essere vuota. Si tratta però, di un tentativo di riconoscere una nuova realtà di terrorismo che utilizza il sistema dei media, in modo pragmatico, consapevole, strutturato, meticoloso. Una delle caratteristiche del terrorismo odierno sta proprio nel rendere globale un evento locale tramite le telecamere in modo indiretto (dove i media raccontano il terrorismo) e tramite i live twitting o le dirette Facebook in modo esplicito !28 (dove il terrorismo mostra il terrorismo35). Dunque, oltre al terrore mediatico, si può affiancare il termine “metaterrorismo”: perché è il terrorismo stesso che si racconta. Tutta la popolazione mondiale diviene testimone oculare creando dentro di sé un senso di minaccia e insicurezza. Il contatto diretto con il terrorismo viene percepito come una minaccia vicina e preoccupante: Il dolore degli altri diventa la nostra angoscia e il nostro tormento, anche perché la raffigurazione di quelle sciagure piomba direttamente nelle nostre case e nei nostri vissuti quotidiani (Bastiani 2012 :38). Ed è così che i nostri strumenti di informazione considerati bandiere di libertà e democrazia diventano il veicolo di diffusione del terrorismo, adatti perché soddisfano un requisito di immediatezza e di ubiquità. Il meccanismo comunicativo si costruisce in modo tale da far conquistare ad ogni nuova minaccia un posto di rilievo, diventando parte del vissuto quotidiano, facendola passare quasi come “normalità”, ma allo stesso tempo alimentando ansie e paure. «Il terrorismo è una forma di teatro» diceva Marshall McLuhan in un’intervista a “Il Tempo” del febbraio 1978: «dando coverage (ndr, copertura mediatica) al terrorista gli si offre un palcoscenico e un copione». Questa forma di spettacolarizzazione viene in qualche modo amplificata, consciamente o inconsciamente, dai media. Oltre ad amplificare gli effetti, si possono verificare delle ulteriori “ingenuità”, come svelare le tecniche di polizia oppure rivelando informazioni che dovrebbero rimanere segrete. 36 McLuhan suggeriva di mettere in campo una specie di contro informazione: visto lo sviluppo che sta prendendo il terrorismo politico, proprio grazie all’uso spregiudicato e intelligente che sa fare dei media, sarebbe il caso che i governanti ricorressero ad una sorta di contro informazione, volutamente vaga e in certi casi addirittura falsa per sconvolgere i piani dei terroristi. (McLuhan in Fantauzzi 1979) Esemplare l’attentato di Christchurch del 15 marzo 2019, dove l’autore ha trasmesso tutto il video in diretta Facebook. 35 Le parole di McLuhan citato in Stacchiamo la spina ai terroristi, “Il Tempo”, 17 luglio 2016: «Quando i mass media hanno riferito che d'ora in poi la polizia avrebbe fatto ricorso a sofisticatissimi apparecchi elettronici per decifrare le voci registrate attraverso un telefono sotto controllo hanno obiettivamente reso un ottimo servizio ai terroristi che d’ora in poi si guarderanno bene dal fare le loro proposte per mezzo del telefono. E ancora, quando i mass media riferiscono che il tale o il tal altro uomo politico ha una scorta, non fanno che indicare ai terroristi un'altra via per centrare il bersaglio. Quando i mass media portano a conoscenza dei loro lettori che i poliziotti saranno muniti di giubbotti antiproiettile praticamente avvisano i terroristi di mirare al capo o in altre parti vulnerabili del corpo». 36 !29 I sofisticati linguaggi audiovisivi utilizzati dal terrorismo, oltre a rendere il messaggio più minaccioso e coinvolgente dal punto di vista emotivo, mostrano la vicinanza sul piano dell’avanzamento tecnologico e socioculturale, facendo percepire al pubblico «la “barbarie terroristica” come parte integrante di quello stesso mondo in cui è nato e cresciuto» (Codeluppi 2017: 23). I modelli presi in considerazione dal terrorismo sono quelli di Hollywood e dei romanzi, miti dell’industria culturale globale che diventano immaginario collettivo, non solo dell’Occidente 37. Benigno (2018: 303) riassume le caratteristiche dell’azione terroristica in tre punti: 1) La segretezza: la natura cospirativa dell’evento; 2) L’imprevedibilità: non solo per quanto riguarda la tempistica, ma anche nella scelta degli obiettivi e nella modalità di azione. Tale caratteristica si contrasta in maniera sistematica con la routine, ossia la vita in tempo di pace; 3) Gli effetti: la prevalenza degli effetti psicologici e sociali su quelli fisici e militari. Non è l’atto ad aver importanza, quanto «la capacità di condizionare gli orientamenti dell’opinione pubblica» (ibidem). Infatti, l’atto brutale è utilizzato per catturare l’attenzione. Ma è solo in seguito che comincia la vera e propria rappresentazione: i comunicati, le rivendicazioni, le interviste ai testimoni, le dirette interminabili con la sfilata di immagini e video in loop. Le Brigate Rosse ripetevano «faremo la rivoluzione col piombo dei vostri giornali». Oggi il terrorismo intende farla con tutti gli strumenti a disposizione: stampa, televisioni, web, social media e smartphone 38. La spettacolarizzazione del macabro risulta essere una caratteristica fondante della strategia terroristica: la libera diffusione di immagini e contenuti estremi e la «Gli Assassini furono un reale fenomeno storico, tuttavia essi non giocano alcun ruolo nella memoria culturale, neppure nell’Iran sciita. Gli unici Assassini con cui ci si può confrontare sono quelli dei romanzi e di Hollywood. Come miti dell’industria culturale globale, anche questi sono parte dell’immaginario di una classe media, urbana, del mondo arabo, soprattutto se si tratta della seconda o terza generazione di arabi presente in Europa e in America. La differenza sta nel fatto che questi riferiscono questi miti a se stessi e si sentono di muoversi nella loro scia: i miti, dopo tutto, si presentano come aspetti caratteristici della loro storia e tradizione» in Kermani, Navid. A dynamite of the spirit, Why Nietzsche, not the Koran, is the key to understand the suicide bombers, “Times Literary Supplement”, 29 marzo 2002. 37 38 Stacchiamo la spina ai terroristi, “Il Tempo”, 17 luglio 2016. !30 condivisione di Snuff, ossia quei video amatoriali in cui vengono mostrate torture messe in pratica davvero (non recitate) che culminano con la morte della vittima. 39 Tale strategia, che si può chiamare ipervetrinizzazione, ricerca un elevato impatto mediatico aderendo al modello dello spettacolo: un «continuo rilancio», un «bisogno di superare continuamente i limiti precedenti affidando ai social media il racconto preventivo dei loro criminosi progetti» (Codeluppi 2017: 9). Gli attacchi vengono filmati e tramite la loro diffusione esportano il terrorismo come un atto comunicativo vero e proprio, inserito completamente nell’era dell’iperconnessione digitale e della disintermediazione mediatica. Secondo il libro Terrore Sovrano (2017), il terrorismo può essere considerato una forma estrema di comunicazione: una tattica che prende significato strategico e capacità di trazione in una società priva di sfera pubblica e connessioni informative. Gli attacchi attuali risultano essere una combinazione tra una pianificazione di attacchi di guerra su grande scala e un atto emulativo e impulsivo del singolo: delle irreali e hollywoodiane post produzioni unite a semplici videoclip realizzati direttamente con lo smartphone. Attuare un uso disinibito della comunicazione via rete rende concepibile un’idea già emersa: cellule online di lupi solitari o di terroristi zombie che agiscono come attentatori singoli. L’effetto diviene una composizione e scomposizione del fronte del conflitto che arriva diretto nella vita di tutti i giorni, rompendo in modo traumatico la routine. I codici comunicativi vengono amplificati con l’intento di captare l’attenzione alla paura del terrorismo perché «i terroristi vogliono un gran numero di gente che guarda, non un gran numero di gente che muore» (Carruthers in Bastiani 2012: 37). La strategia del terrorismo, infatti, sin dall’inizio punta ad ottenere la massima risonanza possibile dove non conta tanto ciò che viene realizzato con l’atto, ma piuttosto quello che gli effetti provocano nel pubblico e nei media. E questa risonanza mediatica Rispetto a questo, esiste un mondo, poco conosciuto, di persone che si trovano ad affrontare tutto questo materiale quotidianamente, ossia coloro che lavorano per oscurare tali contenuti online cfr. La vita infernale dei moderatori di Facebook, “Il Post”, 26 febbraio 2019, consultabile al link https:// www.ilpost.it/2019/02/26/moderatori-facebook-the-verge/ 39 !31 rispecchia le ansie e le paure dei lettori nelle proprie vite quotidiane. Per questo la comunicazione può risultare un immenso amplificatore, una cassa di risonanza. Dietro alla strategia comunicativa dei terroristi si può riconoscere la doppia logica della Remediation di Bolter e Gruisin. I due studiosi hanno riconosciuto il bisogno di immediatezza e ipermediazione come caratterizzanti della nostra cultura. Si tratta del paradosso di «moltiplicare i propri media ed eliminare ogni traccia di mediazione: idealmente vorrebbe cancellare i propri media nel momento stesso in cui li moltiplica». (Bolter, Gruisin 1999: 29) Quando si parla di ipermediazione ci si riferisce alla moltiplicazione dei media che avviene tramite la creazione di uno spazio eterogeneo dove sono integrati diversi formati, come immagini, suoni, video, testi. L’immediatezza invece è il tentativo di offrire al pubblico esperienze reali, dove il mezzo si annulla e diviene trasparente per permettere al pubblico di avere un contatto diretto: live sui social network, film che rendono il pubblico partecipe. All’apice dell’immediatezza si potrebbero inserire anche le stories di Instagram: brevi video o fotografie che dopo 24 ore si cancellano automaticamente. Ipermediazione e immediatezza sono due bisogni che sono entrati così in profondità nelle nostre realtà e che potrebbero quasi essere integrate nella piramide di Maslow (1973). Appaiono come due logiche contraddittorie ma in realtà riescono ad integrarsi perfettamente, perché legate da un rapporto di dipendenza, dove l’immediatezza dipende dall’ipermediazione. Questa dipendenza è legittimata dal fatto che raramente le tecnologie lasciano l’utente completamente solo: i notiziari e le dirette televisive utilizzano flussi di immagine multiple, i film mescolano stili e tecnologie per offrire diversi livelli di immersioni mediali. Nonostante Remediation sia stato scritto vent’anni fa, risulta ancora attuale e si sovrappone in maniera aderente alla logica strategica del terrorismo: la tattica cerca di creare un dialogo immediato con l’interlocutore sfruttando il rapporto multimediale garantito dall’impiego di web e tv. Gli obiettivi sono massimizzare gli effetti desiderati in termini di ansia e allarme diffuso e garantirsi visibilità e risonanza. Jean-Marie Balencie (Tridente 2006) parla di un metodo di lotta non convenzionale !32 inserito in un rapporto di forza asimmetrico, perché lo schema è costituito da un piccolo gruppo di persone (o una sola) che tenta di provocare il maggior numero di vittime possibili per suscitare il massimo del terrore o emozione tra i sopravvissuti e gli spettatori. Questo squilibrio di forza è compensato dal terrorista tramite l’effetto a sorpresa, con ricorsi alla violenza fuori dal comune. Le caratteristiche strutturali dei media risultano adatte per la strategia del terrorismo: il mezzo televisivo è il tramite ideale per la diffusione istantanea, capillare, fruibile e coinvolgente in eventi ad alto tasso di contenuto emotivo; i nuovi media rispettano le stesse caratteristiche e le potenziano con i live twitting, le dirette Facebook, gli aggiornamenti costanti dei giornali online. Inoltre, si aggiunge la possibilità di rendere il pubblico parte integrante nella creazione della notizia. La strategia del terrorismo riesce ad utilizzare tutte le potenzialità multimediali contemporanee, ponendo attenzione alle peculiarità di Internet, che diviene lo strumento privilegiato sia per fini di reclutamento che per finalità operative. In primis, nel web è tutto permesso: le regole non sono ferree e soprattutto non è semplice farle rispettare, esiste la possibilità della navigazione anonima, al suo interno c’è un potenziale di utenza enorme, il flusso delle informazioni è velocissimo, quasi immediato. Tutto questo impacchettato dalla capacità di inglobare tutto il mondo al di là di frontiere fisiche e culturali (Bastiani 2012: 39). L’E-recruitment risulta essere un punto fondamentale della strategia: il reclutamento avviene attraverso i social, le chat e i blog. Tutto si realizza in un mondo immateriale e virtuale che evita qualsiasi tipo di contatto diretto e fisico aggirando le tracciabilità delle comunicazioni. E allo stesso modo, l’indottrinamento e la formazione operativa dei militanti passano tramite il web.40 La dimensione, oltre ad essere virtuale, risulta essere transnazionale, questo significa che il fenomeno supera i confini nazionali entrando in quella che David Thompson 40 cfr. Michele Avino. 2010. Origini sociali e sviluppi del cosiddetto terrorismo homegrown, CEMISS. !33 chiama jihadosfera 41. Il termine vuole designare un universo mediatico e virtuale creato da reti molto strette nel quale i jihadisti si costituiscono online ancora prima di strutturarsi fisicamente, aggirando i media tradizionali. È innegabile che i gruppi terroristici riescano a rendere i mezzi di comunicazione nella modernità degli ottimi veicoli per diffondere messaggi, per amplificare effetti simbolici, psicologici e sociali oltre che materiali. Per questo urge una riflessione sul modo in cui i media rielaborano e diffondono tali messaggi. 1.4 La deontologia professionale al tempo dei social network In situazioni di emergenza dove viene stravolta la routine, come gli attentati terroristici, i giornalisti devono riuscire a gestire l’emotività per mantenere una professionalità garantendo un flusso continuo di informazioni. Ma spesso in queste situazioni non accade. La routine informativa si spezza: il palinsesto si modifica e viene realizzato in progress, con diversi conduttori alternati come in una specie di staffetta. Una procedura standard che viene utilizzata per qualsiasi tipo di Breaking News, anche se in alcuni casi si rafforza per estensione, forza e onnipresenza. L’obiettivo di tale ricerca è proprio quello di andare a mettere in luce le modalità in cui i media rielaborano il “messaggio del terrore”: la corsa all’audience, il continuo loop di immagini, l’onnipresenza di esperti, le precisazioni di fonti anonime, le testimonianze dei “sopravvissuti”. Il pubblico si trova, dunque, immerso in un’overdose di informazioni che si accompagna a momenti di black out informativo (De Vincentiis 2010; Bastiani 2012). Da ciò può derivare un’ansia esagerata causata delle troppe notizie diffuse dagli organi di informazione che attiva una sorta di competizione tra i media. Troppe notizie e troppi Il termine è stato utilizzato per la prima volta da David Thompson nel 2014 (Les Français jihadistes, Paris: Les Arènes). Il concetto emerge in Francia nel 2012 quando vengono pubblicati i primi selfie dei combattenti volontari francesi in Siria su Facebook. Nel tempo i contatti si fanno quotidiani e l’apologia del terrore acquisisce un carattere virale, uscendo dalla dimensione del “forum su internet” per abbracciare altre piattaforme social, anche con intenti di proselitismo. cfr. Calculli, Maria; Strazzari, Francesco. 2017. Terrore Sovrano. Bologna: il Mulino. 41 !34 input possono portare il pubblico a non saper più distinguere l’evolversi dei fatti. L’information anxiety, ossia questo costo umano di sovraccarico di informazioni è stato definito da Richard Saul Wurman come un gap between what we understand and what we think we should understand. It is the black hole between data and knowledge, and what happens when information doesn't tell us what we want or need to know. 42 L’ansia si accompagna anche ad una ipervigilanza continua che porta a reazioni estreme in qualsiasi contesto, basti pensare ai fatti accaduti il 3 giugno 2017 a Piazza San Carlo a Torino dove, a causa di uno spray urticante, il panico generale ha provocato due morti e oltre 1500 feriti. Tale proliferare di informazioni genera un’esigenza di tornare all’ordine da parte dei cittadini, che si rivolgono ai media per cercare una intermediazione, per dipanare la matassa informativa, contorta e confusa. È necessario partire dal presupposto che l’impatto dei social network ha messo in discussione l’intera struttura dei media, complicando il rapporto tra giornalisti e social media.43 Attualmente, la mancanza di un filtro di dati causata dall’immediatezza dei social network, rende sempre più difficile il rispetto di una deontologia professionale. La libertà comunicativa individuale alla quale assistiamo può però diventare un pericolo, che attualmente appare particolarmente tangibile. È crollata l’illusione che una quantità maggiore di informazioni avrebbe portato automaticamente ad una maggiore democrazia, piuttosto ci si trova davanti un’overdose di notizie, che risultano poco affidabili e difficilmente verificabili. Il giornalismo ha dovuto adattarsi alla forza citazionale della rete e alla crescente importanza delle testimonianze generate dagli utenti: l’urgenza, l’immediatezza e l’estetica amatoriale sembrano dare un valore di autenticità maggiore. Ma allo stesso tempo, i contenuti pubblicati sui social generano un corto circuito: da una parte viene rivelata una maggiore autenticità per il bisogno di appropriarsi Da voce “Information Anxiety” da Business Dictonary: http://www.businessdictionary.com/definition/ information-anxiety.html 42 Cfr. Ugolini, Lorenzo; Colantoni, Moira. 2017. Informazione e social media sites: una sfida di responsabilità. Il giornalista tra responsabilità e identità, in “Problemi dell’Informazione” 2/2017, Il Mulino. 43 !35 personalmente delle notizie, ma dall’altra c’è una necessità di intermediazione a favore di una verifica delle fonti. Per fare ordine, è necessario fare un passo indietro, tornando all’essenza. Il ruolo dei media è quello di raccontare la realtà: illustrare, indagare, confezionare gli eventi a disposizione per offrire al pubblico un’interpretazione dei fatti. Non una semplice riproduzione, ma una vera rappresentazione. Nel 2017, l’Unesco ha pubblicato un manuale dal titolo Terrorism and the Media: a Handbook for Journalists44. Un vero e proprio indice di comportamento per giornalisti, gratuito e scaricabile online, reso urgente perché sempre più è «difficult to overstate the fraught complexity of the relationship between terrorism and the media». Il volume parte dalla consapevolezza che molti degli attentati are at least partly conceived with media coverage in mind […] Meanwhile, the tremendous pressures being exerted on media to attract audiences […] can create a powerful temptation to focus on the violent and the sensational, and to be the first to report breaking information and rumours, even before accuracy can be assured. Ma questo non significa censurare o fare meno informazione. Il giornalista, secondo il manuale, è tenuto a recapitare «verificable information in the public interest» dove è fondamentale che il pubblico possa avere il diritto di accedere ad una «accurate and balanced information, especially when it may affect their own safety or freedom». Per raggiungere tale obiettivo a volte si rende altresì necessario avviare una copertura senza fine, avvisi costanti, ultim’ora e le stesse notizie ripetute all’infinito. Il manuale risponde anche ad una esigenza di identificare le responsabilità dei media e dei giornalisti nei confronti del terrorismo, che nel tempo ha aperto un dibattito con il pubblico per capire «fino a dove far vedere l’orrore e la crudeltà»45, mettendo in discussione le responsabilità dei media e del giornalismo46. 44 Consultabile sul sito dell’Unesco al link https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000247074 Parole pronunciate dall’allora direttrice di RaiNews Monica Maggioni il 25 febbraio 2015 per annunciare che RaiNews24 e RaiNews.it non avrebbero più mostrato i video di Isis, citate nell’Introduzione. 45 Cfr. La Bross, Renaud (a cura di). 1998. Media dell’odio, EGA-Edizioni Gruppo Abele. Reporters Sans Frontières, organizzazione in difesa della libertà di stampa, partecipa al volume e identifica i media che hanno la responsabilità di eccitare i conflitti tramite la disinformazione e la propaganda. 46 !36 L’idea generale ed astratta è sempre quella di perseguire un obiettivo di informazione corretta che possa legittimare tutto il sistema di informazione, attraverso una pluralità di fonti, tramite l’indipendenza dell’informazione, con la presenza dei giornalisti inviati nei luoghi interessati dalla notizia. Ma il concetto si è spesso scontrato con il sistema odierno che tratta l’informazione come merce: «Viviamo in una società complessa, che sempre meno consiste nel dare notizia di fatti e sempre più diventa produzione di fatti per darne notizia o farne notizia» (Eco in Bastiani 2012: 37) dove ciò che conta non è la notizia vera, trasparente e controllata, ma la quantità e la potenza delle notizie prodotte. Se pensiamo alla storia del giornalismo, uno dei criteri fondanti e fondamentali per la deontologia di un giornalista è quello dell’obiettività (o la sua tendenza verso), il rispecchiamento della realtà come una vera e propria macchina fotografica.47 Ma se da una parte il giornalista tende idealmente verso l’obiettività, dall’altra è colui «che si occupa dell’infrazione della norma, della rottura del regolare corso degli eventi» (Sorrentino 2007: 73), criteri che entrano nel campo semantico dell’eccezionalità e dell’improbabilità. Le due caratteristiche, da una parte la fedeltà alla realtà, dall’altra la sua completa rottura, a colpo d’occhio possono apparire in contraddizione, ma in realtà sono complementari: «il giornalismo racconta la realtà attraverso la sottolineatura dell’eclatante, dell’iperbolico, del significativo» (ibidem). Ci sono dunque due tendenze contrapposte: l’idea di giornale come specchio del mondo che contrasta con la tendenza dell’informazione ad enfatizzare anomalie e casi eccezionali. Questo non significa soltanto riconoscere l’impossibilità di raggiungere la tanto vagheggiata obiettività, ma piuttosto di individuare un giudizio più reciso sull’irrilevanza stessa di una “informazione obiettiva”, di una corrispondenza speculare tra notizia e realtà, e sugli equivoci che queste idee possono aver generato. (Volli 2003: 231) Bisogna dunque indirizzarsi verso la constatazione delle sue funzionalità effettive, quello che si chiede al mondo del giornalismo e ciò che ci si aspetta: «L’informazione è selezione, organizzazione, interpretazione operata sui dati di partenza». (ibidem) 47 cfr. Schudson, Michael. 1987. La scoperta della notizia. Napoli: Ed. Liguori. !37 Nel corso del tempo il giornalismo appare come un luogo di scambio dove si “costruisce la notizia”, sottolinenando la natura selettiva e negoziale del processo che trasforma un evento in notizia. Quindi, come è stato ricordato più volte, non si tratta di rispecchiamento, quanto di ricostruzione e rielaborazione della realtà attraverso un processo narrativo che si esprime nell’agenda setting. Tutto il lavoro di adattamento degli eventi in notizie dà luogo a delle vere e proprie rappresentazioni della realtà: la fruizione delle informazioni giornalistiche fa sì che gli individui agiscano non più soltanto sulla base di ciò di cui hanno fatto esperienza diretta, ma sulla base delle rappresentazioni fornite dalla stampa, cioè sulla base di significati e interpretazioni che possono corrispondere soltanto parzialmente a quanto è successo per davvero (Sorrentino 2007: 74). 1.5 “Una violenza insensata” Quando si parla di terrorismo, spesso ciò che torna insistentemente è la questione dell’insensatezza. I media, e lo stesso pubblico, spesso descrivono il terrorismo come «particolarmente gratuito, scioccante e insensato. Come una bestemmia» 48. In realtà, questi atti che risultano così imprevedibili e insensati, racchiudono dei significati: «instead of treating acts of terrorism as ‘senseless violence’, we see them as a kind of violent language». (Schmid, De Graaf 1982: 1) L’attentato rappresenta una sfida al senso e ciò che l’avvicina nella nostra percezione alla catastrofe naturale, fuori dal controllo degli essere umani e dunque, in quanto tale insensata. Oppure l’avvicina al blackout che può colpire un sistema tecnologico, anch’esso del tutto indipendente dal controllo umano. (Codeluppi 2017: 11) Secondo Baudrillard, considerare il terrorismo insensato deriva dal fatto che le società occidentali, nel tempo, hanno tentato di eliminare la presenza della morte (ibidem: 17) e Le parole sono di Vladimir, uno dei protagonisti di L’Agente Segreto di Conrad. Vladimir è il nuovo ambasciatore del Paese per il quale Verloc, il protagonista, lavora. Vladimir richiede al signor Verloc di organizzare un'azione violenta per alimentare l’ostilità nei confronti degli anarchici nell'opinione pubblica. Cfr. Conrad, Joseph. 2008. L’Agente Segreto. Genova: Teatro Stabile di Genova. 48 !38 quando questa riemerge risulta incomprensibile e inaccettabile49. Una morte simbolica, quindi, che sfida il senso e viene portata all’estremo. Gli atti messi in campo dai terroristi risultano sempre particolarmente simbolici e carichi di significato: l’attentato terroristico è […] la costruzione di un evento politico dall’alto contenuto simbolico, capace di rappresentare icasticamente una lotta assoluta tra il bene e il male. In breve, non c’è terrorismo senza cause e anzi, per meglio dire, senza una Causa (Benigno 2018: XVII). Viene così rappresentata una sorta di battaglia tra il bene e il male, uno “scontro di civiltà”50. (ibidem: 272, 301) Proprio a causa della sua ambiguità e sfuggevolezza, il concetto di terrorismo è stato portato dai media in un processo di «riduzione ad essenza» 51, poiché il giornalismo in generale compie un lavoro di semplificazione della realtà. Secondo diversi studiosi i media svolgono un ruolo fondamentale nella creazione e nella diffusione di immagini stereotipiche (Lippmann 1922) nella mente delle persone, ponendosi come strumento fondamentale nella costruzione di un universo di senso condiviso (Mazzara 2008: 34). Si è diffusa in generale una tendenza a reificare il portatore di terrore (il terrorista), e a definire con tale espressione una specifica categoria di persone capaci d’incarnare l’alterità assoluta, il nemico per eccellenza, identificato sempre più con il cosiddetto fondamentalismo islamico (Benigno 2018: X). Il terrorismo viene stereotipato «rimandando a nozioni depoliticizzanti, spesso ispirate al panico morale, a immagini del barbaro e dell’inumano», (Calculli, Strazzari 2017:19) dove l’intero processo risulta disumanizzato se nascosto dietro a innumerevoli elaborazione statistiche di dati. Tale rappresentazione spesso incontra le aspettative del pubblico, che esprimendo costantemente l’esigenza di trovare una chiave interpretativa, si riferisce direttamente ai 49 «i terroristi sono riusciti a fare della loro stessa morte un’arma assoluta contro un sistema che vive dell’esclusione della morte, che ha eretto a ideale l’azzeramento della morte, la zero-morte». Baudrillard, Jean. 2002. Lo spirito del terrorismo. Milano: Cortina. pp. 22-23 cfr. Huntington, Samuel P. 2000. Lo scontro delle civiltà e il nuovo ordine mondiale. Il futuro geopolitico del pianeta, Milano: Garzanti. 50 cfr. Benigno 2018: p. x: «Nei media e nel senso comune, tale brutale restringimento concettuale assume talora aspetti grotteschi, sicché il pubblico è portato a identificare la figura del terrorista con quella di un giovane mediorientale in jeans, felpa con cappuccio e zainetto sulle spalle.» 51 !39 media, «the only timely source of information», i quali, però, sono spesso «uncertain and alarmed when confronted with news of terrorism». (Schmid, De Graaf 1982: i) Si inserisce in questo discorso il binomio paura-sicurezza52. La sicurezza viene plasmata dalla paura e viene concepita come una garanzia contro il rischio, che legittima lo stato d’eccezione e l’ampliamento dei poteri degli apparati di sicurezza con ulteriori leggi antiterrorismo.53 Sacrificare la libertà in nome di una sicurezza che non sempre viene garantita. 52 Cfr. Agamben, Giorgio. 23 gennaio 2016. Guerra allo stato di diritto, in “Il Sole 24 ore”, domenicale. 53 Ad esempio, la Loi n° 55-385 du 3 avril 1955 relative à l'état d'urgence (consultabile sul sito legifrance.gouv.fr) conferisce poteri speciali ai prefetti, che possono stabilire un coprifuoco, imporre restrizioni di viaggio, controllare la circolazione e arresti domiciliari ai singoli, senza il bisogno di ricorrere ad una dichiarazione giudiziaria. Oppure Usa Patriot Act, acronimo di Uniting and strengthening America by providing appropriate tools required to intercept and obstruct terrorism Act, approvato dal Congresso, quindi Senato e Camera riuniti, per combattere il terrorismo con una serie di strumenti straordinari. !40 2. 11 dicembre 2018 L’11 dicembre 2018 verso le 20, Chérif Chekatt apre il fuoco nella zona del Christkindelsmärik, lo storico mercatino natalizio di Strasburgo, in Francia. Tra i primi momenti dell’attacco e i giorni successivi, il bilancio delle vittime è di 11 feriti e 5 morti di diverse nazionalità 54. Dopo aver colpito in tre diversi luoghi della città francese, Chekatt rimane ferito dai militari dell’Opération Sentinelle. La stessa notte prende in ostaggio un tassista e riesce a fuggire. Secondo la testimonianza del tassista, Chekatt avrebbe detto di aver ucciso per «venger ses frères morts» in Siria55. Il tassista ritiene di essere stato risparmiato perché anch’esso musulmano. Chekatt scende dal taxi vicino ad un commissariato nella zona di Neudorf, area che viene interamente isolata. Da quel momento si perdono le sue tracce e vengono ingaggiati oltre 700 agenti, uomini dell’intelligence, dell’antiterrorismo, della gendarmeria e dei corpi speciali della polizia per identificarlo. Alle ricerche si sono unite anche le forze di sicurezza tedesche. Dopo essere fuggito, secondo France Info56 , Chekatt si dev’essere rifugiato in un magazzino situato a La Plaine-des-Bouchers, nel quartiere di Meinau, non lontano da Neudorf. Su segnalazione di una donna, come afferma la tv Bfm, è stato, poi, identificato e ucciso dalla polizia. 57 Il ministro dell’Interno francese Christophe Castaner ha ricostruito il blitz realizzato dalla polizia Bst (Brigata specializzata su terreno): Il thailandese Anupong Suebsamarn, il francese Pascal Verdenne, Kamal Naghchband, francese ma di origine dell’Afghanistan, l’italiano Antonio Megalizzi e il franco-polacco Bartosz Orent-Niedzielski 54 Décugis, Jean-Michel; Pelletier, Éric; Pham-Lê, Jérémie. 12 dicembre 2018. Attentat de Strasbourg : Cherif Chekatt toujours introuvable. “Le Parisien”. http://www.leparisien.fr/faits-divers/attentat-destrasbourg-cherif-chekatt-nouvel-ennemi-public-12-12-2018-7967319.php (Ultimo accesso 20 ottobre 2018) 55 Daniel, Vincent; Makdeche, Kocila; Boy, Louis. 13 dicembre 2018. Attentat de Strasbourg : Chérif Chekatt a été abattu par la police après 48 heures de cavale, 13 dicembre 2018, FranceInfo, https:// www.francetvinfo.fr/faits-divers/terrorisme/fusillade-a-strasbourg/direct-attentat-strasbourg-fusillademarche-de-noel-cherif-chekatt-police-appel-a-temoins-morts_3098323.html (ultima consultazione 16/10/2019) 56 57 Strasbourg: Chérif Chekatt abattu par les forces de l’ordre. 13 dicembre 2018. “BFM TV”. https:// www.bfmtv.com/police-justice/attaque-de-strasbourg-cherif-chekatt-abattu-par-les-forces-de-lordre-1587653.html (ultima consultazione 16/10/2019) !41 Un equipaggio della Bst ha avvistato un individuo davanti al numero 74 della rue Lazaret che corrispondeva alla segnalazione. L'hanno fermato, lui si è voltato aprendo il fuoco contro i poliziotti, che hanno risposto, neutralizzandolo. Aggiungendo di essere «fiero delle forze dell’ordine»58. Dopo che la polizia francese ha “neutralizzato”59 Chekatt, la strada blindata di Neudorf ha raccolto decine di giornalisti «ma anche gente comune e curiosi che riprendono le scene con i telefonini. Il clima nell’area resta di altissima tensione»60. Chérif Chekatt, francese con origini algerine, era nato a Strasburgo il 4 febbraio 1989, schedato con la fiche S, ovvero il marchio utilizzato per le persone individuate come potenzialmente pericolose per la sicurezza dello Stato francese. Era già noto, dunque, alle autorità francesi. Ha avuto precedenti in altri paesi ed è stato condannato 27 volte in Germania, Francia e Svizzera61. Aveva finito di scontare l’ultima condanna in Francia tre anni prima. In carcere aveva sviluppato il legame con il radicalismo e nel 2016 era stato iscritto anche nel registro identificativo FSPRT (fichier des signalements pour la prévention de la radicalisation à caractère terroriste), un marchio creato nel 2015, pochi mesi dopo l’attacco contro la redazione del settimanale satirico francese “Charlie Hebdo”, con lo scopo di segnalare gli individui il cui livello di radicalizzazione Conferenza stampa di Christophe Castaner visualizzabile in un servizio del “The Guardian”: https:// www.youtube.com/watch?v=rnptve9uDDc traduzione presa da Strasburgo: ucciso il killer Cherif Chekatt in un blitz della polizia, “Il Sole 24 ore”, 13 dicembre 2018: https://www.ilsole24ore.com/art/ strasburgo-ucciso-killer-cherif-chekatt-un-blitz-polizia--AEtFUQzG 58 59 cfr. Imarisio, Marco. 13 dicembre 2018. Attentato Strasburgo, ucciso il killer: Cherif Chekatt neutralizzato dalla polizia, “Il Corriere” https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_13/strage-strasburgocherif-chekatt-ucciso-polizia-dbb0c9f6-ff14-11e8-81df-fed98461c4ee.shtml; Strasburgo: ucciso il killer Cherif Chekatt in un blitz della polizia, “Il Sole 24 ore”, 13 dicembre 2018: https://www.ilsole24ore.com/ art/strasburgo-ucciso-killer-cherif-chekatt-un-blitz-polizia--AEtFUQzG?refresh_ce=1; Strasburgo, è finita la fuga di Cherif Chekatt: ucciso in uno scontro a fuoco con le forze speciali, “rainews.it", 13 dicembre 2018: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Strasburgo-strage-mercatino-sospetto-killerCherif-Chekatt-neutralizzato-dalla-polizia-e31dbdf5-beb0-4bbe-a3f4-485396bc909d.html Strasburgo: ucciso il killer Cherif Chekatt in un blitz della polizia, “Il Sole 24 ore”, 13 dicembre 2018: https://www.ilsole24ore.com/art/strasburgo-ucciso-killer-cherif-chekatt-un-blitz-polizia--AEtFUQzG? refresh_ce=1 60 cfr. Strasbourg gunman Chekatt 'pledged allegiance to IS in video’, in “BBC” 22 dicembre 2018: https://www.bbc.com/news/world-europe-46660217; Si cerca ancora l’attentatore di Strasburgo, “Il Post”, 13 dicembre 2018: https://www.ilpost.it/2018/12/13/attentato-strasburgo-ricerche-franciagermania/ 61 !42 è tale da rendere probabile la pianificazione di attentati terroristici 62. La mattina stessa dell’11 dicembre, la polizia di Strasburgo aveva tentato di arrestarlo senza riuscirci. Secondo diversi testimoni, Chekatt avrebbe urlato “Allahu Akbar”63, uno dei simboli che accompagna gli attentati di matrice islamica. Il 13 dicembre Amaq, l’agenzia di stampa ed uno degli organi di propaganda delle principali operazioni dello Stato Islamico, ha qualificato Chekatt come un «soldat de l’État Islamique», rivendicando l’attacco con un post su twitter64. Si rende necessario motivare la scelta di questo evento per l’analisi. Al momento della stesura di tale ricerca risulta essere l’ultimo attentato in Europa. Inoltre, ha ricevuto coperture mediatiche massicce per diversi motivi. Generalmente, gli attentati terroristici, in questo dato momento storico, risultano particolarmente “notiziabili”. La notiziabilità è assicurata dall’imprevedibilità dell’avvenimento in primo luogo, ma non solo. Sicuramente l’imprevedibilità dell’atto terroristico diventa la conditio sine qua non per il quale l’avvenimento risulta essere notizia. L’attentato dell’11 dicembre a Strasburgo riesce a coniugare i criteri di criticità e notiziabilità descritti da Wolf (1985). La criticità è il livello di attenzione che mostra nei confronti dell’avvenimento. La newsworthiness65 viene definita da Wolf come «l’attitudine di un evento a essere trasformato in notizia» (2000: 190). In altre parole, è cfr Attentat à Strasbourg : qui est Cherif Chekatt, le suspect de la fusillade?, “Le Monde”, 12 dicembre 2018: https://www.lemonde.fr/police-justice/article/2018/12/12/toujours-en-fuite-le-tireur-de-strasbourgest-un-radicalise-au-lourd-passe-judiciaire_5396463_1653578.html e Si cerca ancora l’attentatore di Strasburgo, “Il Post”, 13 dicembre 2018: https://www.ilpost.it/2018/12/13/attentato-strasburgo-ricerchefrancia-germania/ 62 63 Che cosa significa “Allah akbar”?, “Il Post”, 21 febbraio 2017: https://www.ilpost.it/2017/02/21/allahakbar/ Il tweet tradotto in francese è di Jean-Charles Brisard, consulente internazionale francese ed esperto di terrorismo, presidente del “Centre d'Analyse du Terrorisme”: https://twitter.com/JcBrisard/status/ 1073333228319203333? ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1073333228319203333&ref_url=htt p%3A%2F%2Fwww.leparisien.fr%2Ffaits-divers%2Fattentat-de-strasbourg-daech-revendique-lattaque-14-12-2018-7968180.php cfr. Attentat de Strasbourg : Daech revendique l’attaque, “Le Parisien”, 14 dicembre 2018: http:// www.leparisien.fr/faits-divers/attentat-de-strasbourg-daech-revendique-lattaque-14-12-2018-7968180.php 64 Cfr. Devoto, Giacomo; Oli, Giancarlo. 2000. Il dizionario della lingua italiana. I edizione. Firenze: Le Monnier, che definisce la notiziabilità «il complesso delle caratteristiche che rendono un evento di particolare interesse per i media». 65 !43 quella caratteristica che permette ad un evento, considerato rilevante, di guadagnarsi lo status di notizia. Il cittadino non vuole sapere tutto ciò che accade, ma vuole ricevere un insieme ristretto di notizie, quelle particolarmente “rilevanti”. I criteri per la scelta «sono complessi codici di rilevanza che comprendono efficienza produttiva, posizione ideologica, buona forma comunicativa». (Volli 2003: 232) Parlare di “rilevanza” significa riuscire a definire che cosa è rilevante in un dato periodo storico. L’11 settembre ha aperto le porte ad un periodo in cui le notizie sul terrorismo, in Occidente su attentati avvenuti in Occidente66, fanno scalpore e diventano particolarmente rilevanti. Tuttavia, la rilevanza può essere anche dedotta tramite l’osservazione della ciclicità dell’informazione andando a verificare quanto nel tempo alcuni avvenimenti continuano ad essere riportati. Poiché le notizie vengono inserite nel flusso giornalistico devono superare un doppio livello di trattative. Una macro-negoziazione tra il sistema giornalistico e l’intero sistema sociale dove si definisce un generale clima d’opinione che rende alcuni avvenimenti più notiziabili di altri in determinati campi e in quel preciso momento storico. Questo anche in riferimento alla storia del giornalismo italiano che predilige maggiormente fatti politici con uno stile giornalistico improntato all’opinione e al giudizio dei fatti piuttosto che alla cronaca, come avviene in ambito anglosassone. Il livello di micronegoziazione, invece, avviene quotidianamente tra il giornalista, le fonti e la redazione. È il momento in cui si scelgono i criteri di rilevanza, quando si definisce lo spazio e la collocazione di una determinata notizia. Secondo diverse ricerche (cfr. Chalabi, Mona. 20 luglio 2018. Terror attacks by Muslims receive 357% more press attention, study finds, “The Guardian”: https://www.theguardian.com/us-news/2018/jul/20/ muslim-terror-attacks-press-coverage-study ) gli attacchi di matrice islamica ricevono più attenzione degli altri, e allo stesso modo accade per gli attentati che avvengono in Europa. Nel 2018, in Europa sono state 30 le vittime (cfr. Terrorism Situation And Trend Report 2019 (TE-SAT) sul sito di Europol: https:// www.europol.europa.eu/activities-services/main-reports/terrorism-situation-and-trend-report-2019-te-sat) rispetto alle 9.851 in tutto il mondo (cfr. Storymaps: https://storymaps.esri.com/stories/terrorist-attacks/). Inoltre, secondo il Global Terror Index 2018, il numero totale delle vittime nel 2017 è sceso del 27% rispetto al 2016: 94 paesi hanno avuto un miglioramento e 46 sono peggiorati. Ma se l’impatto globale del terrorismo è in declino, il fenomeno è ancora molto diffuso e persino peggiorato in alcune regioni come il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Africa sub-sahariana, con paesi come Iraq, Afghanistan, Nigeria, Syria, Pakistan, Somalia. La Somalia è il paese dove a livello globale si è registrato il maggior numero di decessi per terrorismo nel 2017. Rispetto all’anno precedente ci sono state ben 708 vittime in più, pari a un aumento al 93%. 66 !44 Alla luce dei fatti riguardo l’attentato di Strasburgo, è utile capire fino a che punto tale evento risulta notiziabile andando a verificare la presenza o meno dei criteri che guidano il giornalismo nella scelta delle notizie. (Sorrentino 2007) I criteri sostantivi definiscono l’importanza che un evento può avere e l’interesse che può suscitare nel pubblico, per soggetti coinvolti, prossimità geografica e culturale, numero di persone coinvolte, possibilità che l’evento produca sviluppi futuri rilevanti. In questo caso, l’attentato dell’11 dicembre è risultato particolarmente notiziabile per la presenza di un italiano coinvolto tra le vittime, per la prossimità geografica e culturale alla Francia, ma anche perché Strasburgo è la sede del Parlamento Europeo che in quei giorni ospitava la plenaria dell’Europarlamento. I criteri relativi al prodotto definiscono l’adattabilità di un evento alle caratteristiche dell’organizzazione del lavoro giornalistico. La plenaria del Parlamento Europeo a Strasburgo ha fatto in modo di constatare la partecipazione di un consistente numero di giornalisti italiani sul posto. In più, l’imprevedibilità del fatto, come già ricordato, è una delle principali prerogative della notiziabilità: la “novità” deve essere raccontata e seguita da subito, con tutti gli eventuali aggiornamenti successivi. I criteri relativi alla concorrenza definiscono l’equilibrio che ci deve essere tra diversità e somiglianza: per aumentare la diffusione, le redazioni tendono a differenziare contenuti e strategie editoriali ma al contempo cercano di aderire alle “mode” e alle regole non scritte delle altre redazioni. Nel caso dell’attentato di Strasburgo, il criterio è particolarmente calzante: la corsa all’audience, la paura di “perdere il buco” facendo uscire notizie con il rischio che le fonti non siano ancora state verificate, le interviste a tutti i possibili testimoni. I criteri relativi al pubblico definiscono il patto di fiducia che si basa su riconoscibilità, adesione e appartenenza, dove il pubblico progressivamente non corrisponde ad un soggetto da educare, quanto un cliente da conquistare. Le strategie sono i ricorsi alla personalizzazione e l’enfasi sui protagonisti di un evento, caratteristiche che ci si aspetta di trovare nell’analisi. A questi criteri, si aggiunge l’asimmetria negativa per quale viene data sempre più rilevanza alle informazioni negative piuttosto che a quelle positive: “good news, no !45 news”. Se è ancora possibile considerare come validi questi criteri però, è necessario dire che nel tempo, rispetto al passato, i confini della notiziabilità si sono modificati, aprendosi a tematiche o eventi una volta esclusi. Infatti, i valori notizia67 non sono norme oggettive, ma seguono dei criteri che cambiano nel tempo: diventa una decisione del tutto indipendente da criteri oggettivi: si dilata la sfera pubblica, l’ambito del discusso collettivo, aumentano il numero e la tipologia dei soggetti e dei temi notiziabili. Tale dilatazione introduce una sfera di discrezionalità che accresce il grado di autoreferenzialità del giornalismo e del sistema dei media. Molti confini si fanno labili. Apparentemente l’attualità detta le sue regole, ma spesso l’attualità è, a sua volta, provocata e costruita dai cosiddetti “media-events” o “fatti-notizia”, che altro non sono che costruzioni artificiali (Bechelloni 1992: 16-17). I Media Event (Gagliardi 2019; Dayan, Katz 1993) sono i giorni festivi nel mondo della comunicazione, ossia quegli avvenimenti di portata storica che la televisione decide di trasmettere in diretta destando l’interesse di una nazione o del mondo intero. Da un punto di vista semiotico, l’evento si accompagna ad una sfera di significati autoreferenziali: ‘storico’, ‘sacrale’, ‘stabilisce un primato’, ‘segna il passaggio di un’era’. E per la massmediologia, è interessante notare come i Media Event attirano audience sempre più ampie, accostandosi al concetto mcluhaniano di “villaggio globale”. In generale, i Media Event sono prevedibili e previsti, perché in questo modo possono essere organizzati e confezionati al meglio per presentarli al pubblico. Quando sono imprevedibili, sono più difficili da gestire. È necessario inviare subito un giornalista sul posto e vengono mostrate le immagini amatoriali riprese dai singoli cittadini. Tutto questo è necessario perché lo spettacolo televisivo raggiunge il suo culmine proprio nell’effetto di realtà, nella sensazione provata da tutti i telespettatori (…) di essere testimoni di quella tragedia, e di essere insieme a subirla, non solo come cronaca ma come lutto personale. (Calabrese Volli 1995: 122) Cfr. Papuzzi, Alberto. 2010. Professione giornalista. Le tecniche, i media, le regole. Roma: Donzelli; Sorrentino, Carlo. 2007. Tutto fa notizia. Leggere il giornale, capire il giornalismo. Roma: Carocci. 67 !46 3. Il metodo Per procedere alla stesura dell’analisi, è necessario fare il punto sulla metodologia che sarà guida per tutto il lavoro, fondamentale per riuscire a porre gli eventi entro uno schema di riferimento e una cornice di senso ben definita. In primis, vanno definiti gli obiettivi dell’indagine: osservare la narrazione e l’insieme di significati che vengono rappresentati dai media in seguito a eventi traumatici, nello specifico la rielaborazione dell’avvenimento di natura terroristica avvenuto a Strasburgo l’11 dicembre 2018. Si tratta dunque di osservare e descrivere, ma anche di interpretare. E se si parla di interpretazione, si chiama in causa la semiotica. Il discorso è il risultato delle interazioni tra gli attori sociali, dunque la semiotica deve riuscire a giustificare il modo in cui gli attori costruiscono un universo significante condiviso, e lo fa portando alla luce le strutture semio-narrative profonde di ogni azione discorsiva, perché sono gli attori stessi a costruire una parte del sociale tramite il discorso. (Aldama 2006: 16) Aldama nel volume Il discorso del terrorismo (2006) considera il terrorismo un fenomeno semiotico: perché gli eventi ci impongono non solo di andare in cerca delle spiegazioni economiche, politiche, sociali o strategiche alla base delle motivazioni di chi li ha compiuti ma anche - e forse non è azzardato dire soprattutto - di costruire le strutture narrative che consentano di dare loro un senso. (ibidem) E se è possibile analizzare secondo quali procedimenti il discorso del terrorismo costruisce una particolare realtà che finisce per trasformare quella stessa realtà, lo è anche mettere in luce quella che viene creata dai media sul terrorismo. La semiotica si serve del découpage, che mira all’individuazione arbitraria di ritagli di un testo e alla sua ricomposizione tramite l’utilizzo di opportuni metasegni paratestuali, sottolineando che «la coerenza semantica di un testo non è mai data in senso assoluto, ma è sempre coerenza rispetto a qualcosa». (Volli 2003: 66) L’analisi testuale, nel particolare, mira a scomporre gli elementi costitutivi di un testo, e ricomporli attraverso la sintesi e i modelli interpretativi. L’assunto di partenza della semiotica interpretativa è !47 che un testo sia incompleto e i suoi spazi debbano essere riempiti dal lettore tramite la sua attività inferenziale (Volli 2003). Il confronto tra il testo e il suo destinatario porta a «una vera e propria negoziazione del senso» (Casetti, di Chio 2001: 256). Infatti, il destinatario è tenuto ad estrapolare una serie di informazioni in base alla sua conoscenza del contesto comunicativo, poiché non tutti i nessi logici sono esplicitati, molti sono sottintesi. Per raggiungere un equilibrio tra il detto e il non detto però, chi produce il messaggio deve essere in grado di utilizzare l’enciclopedia del target a cui si riferisce. Tuttavia, affrontando la tematica dal punto di vista semiotico, non è da escludere lo sguardo sulle altre discipline, utilizzando anche strumenti dell’analisi del contenuto. L’analisi del contenuto è una famiglia di tecniche, definita come un insieme ampio ed eterogeneo di definizioni, metodi, pratiche e strumenti, che nel tempo ha ampliato sempre più il suo campo. Klaus Krippendorf (1980) ha classificato tutte le definizioni rintracciabili in letteratura mostrando la varietà e l’eterogeneità dell’uso. Tentando di trovare una quadra, possiamo desumere che l’analisi del contenuto è un insieme ampio ed eterogeneo di tecniche manuali o assistite da computer di interpretazione contestualizzata di documenti provenienti da processi di comunicazione in senso proprio (testi) o di significazione (tracce e manufatti), aventi come obiettivo finale la produzione di inferenze valide e attendibili (Tipaldo 2014: 42). L’interpretazione contestualizzata va riferita ad operazioni che combinano le abilità cognitive del soggetto che, a sua volta, interpreta le strategie formali del messaggio all’interno del contesto condiviso tra opera e autore. Viene sottolineata nuovamente l’importanza dell’individuazione di un contesto che influisce sul significato e sull’universo tematico che si ricava dalle indicazioni dei testi. !48 Anche se per la maggior parte dell’analisi si procederà con analisi qualitative68, non escludo di far riferimento a dati e tecniche di metodi quantitativi69. L’analisi del contenuto, si realizza tramite procedure di scomposizione analitica e di classificazione (Rositi 1988: 66): l’unità comunicativa viene scomposta in elementi più semplici, definiti unità di classificazione, che vengono classificati avendo definito in anticipo l’unità di contesto. Per questo motivo, è stato creato uno schema per ogni medium preso in considerazione per semplificare il lavoro di raccolta dei dati, dove vengono messi in luce gli aspetti rilevanti. È necessario appellarsi all’analisi del discorso, descrivendo strutture e processi che lo determinano, sapendo che esso porta una visione specifica del mondo. Il testo, l’«unità minima di comunicazione» (Violi, Manetti 1979), può essere di varia natura e coprire fenomeni differenti. Va analizzato tenendo conto del contenuto che veicola e della coerenza interno ad esso. In tale contesto, è necessario andare ad individuare le microstrutture (Van Djik 1977), quei significati locali, gerarchicamente inferiori rispetto alle macrostrutture, da identificarsi nelle strutture delle frasi e nelle loro reciproche interconnessioni (Sofia 2004: 84). È necessario anche ricordare che il discorso non risulta mai neutrale, perché ha una propria dimensione ideologica (Van Dijk 2004) che si concretizza in particolari scelte di terminologie e argomentazioni, nei modi di raccontare avvenimenti e momenti storici. Tutte le categorie, le metafore e le parole che vengono utilizzate per parlare di un evento o di persone, sono pratiche discorsive che si articolano dentro specifici contesti sociali che hanno lo scopo di costruire spiegazioni della realtà. Sarà necessario mettere in luce quali “semplificazioni” e stereotipi sono messi in campo dai media per spiegare l’evento preso in considerazione e in quali cornici di senso vengono inseriti. Ci si riferisce dunque all’individuazione di un frame (Bateson 1955, Goffman 1974), ossia il quadro di riferimento dal quale è possibile circoscrivere il significato di Le tecniche qualitative «consentono di esprimere giudizi di tipo valutativo rispetto al materiale oggetto di indagine e possono produrre tipizzazioni utili a sintetizzare le osservazioni su base empirica» (Sofia, 2004: 24) 68 Le tecniche quantitative «consentono di analizzare il contenuto della comunicazione (elaborazione di frequenze di parole, temi, ecc) e di sottoporlo al trattamento statistico delle informazioni» (Sofia, 2004: 24) 69 !49 un discorso, e allo stesso tempo poter trovare le parole che compongono l’enciclopedia di tale cornice, nel senso espresso da Eco (1990). L’enciclopedia risulta quel «complesso di conoscenze e credenze sul mondo condiviso in un certo tempo e in una certa società […] è lo sfondo di senso per ogni evento comunicativo» (Volli 2003: 67). Stabiliti i presupposti, è necessario motivare la scelta dei materiali presi in considerazione. La scelta si è indirizzata su media diversi per trasmettere una narrazione trasversale, focalizzandosi sulle testate più lette e conosciute, consapevole del fatto che ciò che emerge non sarà un’immagine chiara e definita di ciò che i media in generale esprimono: è indubbio che un medium rispetto ad un altro, così come una testata rispetto ad un’altra, possono costruire delle narrazioni molto diverse. Ma il tentativo è quello di porre le basi per individuare una tendenza, tenendo in considerazione lo specifico medium utilizzato e il suo linguaggio connesso. Per quanto riguarda il mondo dei quotidiani cartacei ho preso in esame i due con le più alte tirature70: “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”. Gli articoli sono stati scelti manualmente, sfogliando i giornali nei dieci giorni successivi all’11 dicembre, scegliendo tutte le notizie che si riferiscono all’attentato, senza limitarsi al titolo ma andando a verificare le tematiche all’interno degli articoli. Per quanto riguarda il giornalismo online, sono stati presi in considerazione gli stessi dei cartacei. Tra le altre cose, repubblica.it e corriere.it risultano essere i più letti anche online71. Gli articoli sono stati scelti tramite le parole chiave “attentato Strasburgo” negli archivi dei vari siti72. Per quanto riguarda la televisione, l’analisi verte su tre edizioni (8.00; 13.30; 20.00) del TG1 della Rai. La scelta è giustificata dal fatto che è il telegiornale principale di una 70 Cfr. Dati sul sito Federazione Italiana Editori Giornali: http://www.fieg.it/documenti.asp 71 Al terzo posto si trova Tgcom. Dati verificati sul sito di Audiweb: http://www.audiweb.it/news/ comunicati-stampa/index.html Cfr. Mingori, Enrico.18 gennaio 2019. Classifica informazione online | I giornali più letti in Italia: TPI tra i primi 25, “The Post Internazionale”: https://www.tpi.it/2018/12/21/dati-audiweb-ottobre-2018/ Per entrambi i quotidiani, ho fatto l’abbonamento online, ma i contenuti dedicati esclusivamente a chi ha l’abbonamento non verranno considerati integralmente e allo stesso modo degli altri articoli nell’analisi 72 !50 televisione pubblica e perché tramite l’analisi dei servizi è possibile identificare dei contenuti circoscritti con una cadenza giornaliera. In tutte e tre le analisi, sarà poi approfondito un singolo contenuto particolarmente significativo e rappresentativo delle caratteristiche notate in tutto il corpus. L’analisi viene svolta considerando un medium per volta, anche se saranno messe in luce le differenze all’interno di ciascuna testata, con la consapevolezza che essi sono integralmente e trasversalmente intrecciati tra loro, confermando la convergenza dei media73. La convergenza è l’unione e l’ibridazione di diversi strumenti, resa possibile dalla tecnologia digitale. Significa che ciascun medium non è destinato a svolgere una sola funzione, ma è in grado di switchare e modificare il suo ruolo, tramite una singola interfaccia è possibile accedere a servizi che un tempo erano specifici di ciascun medium. (Cfr. Jenkins, 2007) 73 !51 !52 PARTE DUE - L’ANALISI Il discorso creato dai media costruisce una specifica realtà che agisce e trasforma il mondo, i soggetti e le loro relazioni (Aldama 2006). Sarà, quindi, utile mettere in evidenza le condizioni formali che consentono alla narrazione di influenzare queste relazioni, visto che il discorso è intrinsecamente portatore di una visione specifica del mondo e tale visione non può che esprimere l’insieme delle relazioni concrete e storicamente determinate fra le persone e i gruppi (Mazzara, 2008: 29). Gli eventi e le persone vengono raccontati tramite categorie, particolari metafore e parole che rappresentano vere e proprie pratiche discorsive articolate in maniera flessibile in specifici contesti sociali. Tali pratiche costruiscono spiegazioni della realtà dove il linguaggio utilizzato non è mai neutrale: categorizzare e sterotipizzare hanno lo scopo di realizzare azioni sociali, come accusare qualcuno o persuaderlo, invitare o meno all’azione. La forza e il potere sociale che i media assumono risultano essere la fonte di informazioni che influenzano tali rappresentazione stereotipiche, ma allo stesso tempo si pongono anche come strumento fondamentale nella costruzione collettiva del senso (e del senso comune) e assumono un ruolo cruciale nell’organizzare l’esperienza del mondo che le persone concretamente fanno (Mazzara 2008: 34). 1. I giornali cartacei: La Repubblica e Corriere della Sera Ho recuperato i giornali cartacei di “La Repubblica” e “Corriere della Sera” dall’archivio della Biblioteca Civica di Torino e tramite l’abbonamento online che, per il “Corriere della Sera” permette di sfogliare tutto l’archivio del quotidiano cartaceo anche sul web. La maggior parte degli articoli in cartaceo sono disponibili anche online, con diversa formattazione, ma non tutti sono visionabili senza abbonamento. !53 Sono stati raccolti 29 contenuti su “La Repubblica” e 26 contenuti sul “Corriere della Sera”. In totale, il corpus analizzato è formato quindi da 55 contenuti, ma i veri e propri articoli sono 48, 24 per entrambe le testate. Gli altri sono contenuti di altro genere, come dei box sganciati da articoli oppure rubriche come “Lo dico al Corriere”. La decisione di analizzare insieme gli articoli di “La Repubblica” e “Corriere della Sera” è giustificata dall’obiettivo della ricerca: evidenziare la narrazione messa in campo dai diversi media, indipendentemente dalle differenze interne ad ogni quotidiano. I due giornali scelti risultano, infatti, essere due esempi rappresentativi, sia perché sono i più venduti e letti e sia perché solitamente considerati generalisti. In ogni caso, di tanto in tanto, saranno messe in luce anche alcune differenze notate tra i due quotidiani. 1.1 Disposizione Con disposizione si intende sia il modo in cui gli articoli si sviluppano durante i dieci giorni presi in considerazione, sia la differenziazione degli argomenti. La finestra di interesse è tra il 12 e il 21 dicembre. L’11 dicembre, il giorno dell’attentato, non ha nessuna rilevanza nei giornali cartacei. Ciò mostra un aspetto banale, eppure interessante, ossia l’impossibilità dei quotidiani di raccontare il fatto immediatamente, essendo obbligato ad aspettare il giorno successivo per andare in stampa. Si parla dell’attentato a Strasburgo in prima pagina per sei giorni, con un’attenzione che si abbassa lasciando sempre meno spazio fisico. La prima pagina «mostra meglio di ogni altro luogo del quotidiano il consistente processo di selezione degli eventi della realtà» (Sorrentino 2007: 109), se dunque la notizia arriva in prima pagina significa che ha superato diversi livelli di selezione e si merita una posizione di particolare rilevanza. La prima pagina nel tempo, si è trasformata sempre più in «una vetrina in cui mostrare in un solo colpo d’occhio la ricchezza dell’offerta informativa contenuta in tutto il giornale». (ibidem: 114) !54 L’attentato è presentato con il titolo di taglio centrale soltanto il 12 dicembre. Le prime pagine di entrambi i quotidiani, dal 12 al 15 dicembre, hanno una fotografia e un piccolo trafiletto, poi la notizia rimane in prima pagina senza immagini. Le edizioni del 16 e 17 dicembre per “La Repubblica” e il 17 e 18 per “Corriere della Sera” non hanno immagini in prima pagina ma permane un titolo e un breve trafiletto. Il titolo in prima pagina è sempre diverso dal titolo dell’articolo, in qualche caso è un riassunto degli articoli contenuti nel giornale. Ad esempio, Spari sulla folla del Natale diventa Cherif “criminale” e radicalizzato Il terrorista di Natale sfugge al primo blitz e «Ho visto due corpi a terra» la paura dei clienti nascosti sotto i tavoli dei ristoranti (“Corriere della Sera”) oppure Il terrorismo torna in Europa. Attacco al Natale di Strasburgo diventa Attacco al cuore dell’Europa A Strasburgo i terroristi sparano sul mercato di Natale e “Quell’uomo ha ucciso davanti a me” Shock nella città dell’europarlamento. (“la Repubblica”). In entrambi i casi, uno dei due articoli si traduce nel racconto dell’atto in sé, mentre l’altro si concentra su una testimonianza. Più in generale, il titolo in prima pagina unisce diversi articoli e propone un piccolo trafiletto con breve riassunto degli articoli contenuti, in altri casi è semplicemente la parte iniziale dell’articolo. Topic. Partendo dal materiale raccolto, si è reso necessario dividere i contenuti in tematiche. Le cornici prese in considerazione sono: 1) l’azione: che comprende il focus sulla descrizione dell’attentato, l’inseguimento e il blitz della polizia; in totale cinque (tre per “Corriere della Sera”, due per “La Repubblica”) tutti nei giorni 12, 13 e 14 dicembre, ossia finché la notizia rimane aperta. L’interesse si chiude nel momento in cui viene ucciso l’attentatore; 2) le testimonianze di persone più o meno coinvolte sono espresse come una serie di interviste o semplici dichiarazioni, che in generale esistono in quasi tutti gli articoli, ma che in questa categoria sono considerati come la notizia esclusiva. Sono quattro in totale, tre per “Corriere della Sera”, uno per “La Repubblica”; 3) la descrizione di Chérif Chekatt, ossia gli articoli che si focalizzano sulla figura dell’attentatore, dedicati sia alle sue caratteristiche fisiche, sia alla raccolta di precedenti !55 e di condanne ricevute nel tempo. Sono quattro gli articoli dedicati, due per “Corriere Della Sera”, due per “la Repubblica”; 4) la descrizione delle vittime: schede, racconti e testimonianze di amici e parenti delle vittime. Gli articoli in totale sono trenta, quattordici per “Corriere della Sera”, sedici per “la Repubblica”. Diventano la tematica principale di quasi tutti gli articoli dal 14 dicembre in poi. Soprattutto ci si focalizza sulla storia di Antonio Megalizzi, a cui vengono dedicati in tutto ventisette articoli; 5) Esiste poi un ulteriore gruppo di articoli che si riferisce a discorsi più ampi sul terrorismo: l’evento viene usato come pretesto per parlare di altro, di terrorismo in generale, della figura del terrorista o di politica. Sono dodici in tutto, quattro per il “Corriere della Sera” e otto per “La Repubblica”. Solo osservando il materiale raccolto, si può notare come cambia la spartizione degli argomenti durante il passare del tempo, nei primi due giorni si parla soprattutto dell’azione e della descrizione dell’attentatore, poi si lascia sempre maggiore spazio alle riflessioni più ampie e a descrizioni approfondite delle vittime. Interessante appuntare lo sbilanciamento del numero di notizie che si dedicano alle vittime, rispetto a quelle dedicate all’evento in sé. Se escludessimo gli articoli dedicati alle vittime, il racconto dell’attentato sui giornali si sarebbe esaurito nel giro di tre giorni. In riferimento a questo, è interessante esporre brevemente il concetto di settimanalizzazione della notizia (Papuzzi 2010). Ricalcando la settimanalizzazione dei quotidiani, ossia la pubblicazione di inserti su argomenti specifici a cadenza settimanale, la settimanalizzazione della notizia è intesa come l’espansione e l’arricchimento della notizia, spezzettandola e non presentandola come una notizia unica, ma come una serie di eventi. Allo stesso tempo, significa considerare l’evento da una molteplicità di punti di vista e di aspetti diversi: gli occhielli dei vari articoli infatti si esprimono come “il fatto”, “il commento”, “il personaggio”, “l’inchiesta”, “l’analisi”. Gli articoli occupano le prime tre pagine (2-3-4) il 12 e il 13 dicembre per “La Repubblica”, mentre solo il 12 dicembre per il “Corriere della Sera”, che sposta gli articoli a pagina 12-13-15 già il 13 dicembre. Il 14 dicembre, gli articoli di “La Repubblica” si situano principalmente a pagina 12-13 per poi tornare a pagina 2-3 il 15 !56 e il 16 dicembre, giorni in cui il focus si concentra sulla morte di Antonio Megalizzi. Il “Corriere della Sera” riporta l’argomento alle pagine 2-3 il 14 dicembre, giorno dedicato al blitz della polizia avvenuto la sera precedente e rimane nelle stesse pagine per il 15 dicembre. L’argomento torna a pagina 13, il 16 dicembre. In generale, almeno fino al 15 dicembre, per entrambi i quotidiani gli articoli rimangono nelle sezioni “Primo Piano”. Possiamo per questo dire che l’evento ha rappresentato una notizia di primo piano circa per quattro giorni, nonostante l’avvenimento e il blitz della polizia, nel quale è stato ucciso l’attentatore, si sia consumato nel giro di 48 ore. Gli articoli strizzano l’occhio ad un certo giornalismo di “strada”, dove il reporter si trova sul posto per raccontare ciò che sta succedendo: sembra un’osservazione banale, ma nel 2019, nell’epoca del giornalismo digitale non è sempre ovvia. Ad esempio nell’articolo Il killer intercettato spara agli agenti e poi viene ucciso L’Isis: è uno di noi, Marco Imarisio imposta tutto il pezzo raccontando quello che vede davanti a sé e ricostruendo la storia di Chekatt e il blitz attraverso una passeggiata all’interno del quartiere, confrontandolo con gli altri terroristi, come Salah Abdeslam74 e altri atti avvenuti. Nell’articolo viene ripetuto due volte «oggi come allora», come se tutto tornasse, come se ogni storia fosse simile e riproducibile all’infinito. Il concetto dell’eterno ritorno è presente in diversi articoli, come si vedrà nell’analisi del linguaggio; un altro esempio si può notare nella chiusura dell’articolo Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista: «Questo è il quartiere, questo è il contesto. Non è per fare della sociologia spiccia. È solo per dire che non finirà mai.» Oltre agli inviati di Strasburgo, ci sono poi due giornalisti inviati a Trento, città di Antonio Megalizzi (Giampaolo Visetti per “La Repubblica” con sei articoli e Elvira Serra per il “Corriere della Sera” con quattro articoli). Gli articoli di questi ultimi sono dedicati esclusivamente alla vittima e alle iniziative che gli vengono dedicate. Lo stile risulta più sensazionale e ricco di dichiarazioni. Entrambi gli stili verranno analizzati in seguito. Definito da Imarisio, «la primula rossa del Bataclan», Salah Abdeslam è un terrorista francese naturalizzato belga, di origine marocchina, jihadista dell'ISIS e uno dei membri del commando responsabile degli attacchi coordinati di Parigi del 13 novembre 2015. 74 !57 1.2 Il linguaggio Come espresso nella metodologia, ogni analisi si dedicherà ad un aspetto del medium preso in considerazione. Nello specifico, per quanto riguarda l’osservazione dei giornali cartacei, ciò a cui si guarda con maggior attenzione sono le parole, lo stile e il modo in cui viene usato il linguaggio e, soprattutto, come i contenuti vengono espressi anche tramite la creazione di immagini simboliche. Stile. Ci sono diversi livelli di stile, sia tra le tipologie di articoli diversi sia all’interno degli stessi articoli. Alla divisione per tematiche, esposta nel paragrafo precedente, si affianca una divisione per quanto riguarda lo stile. Esporre un’opinione o raccontare un fatto denota di per sé una diversità di esposizione, anche se spesso, lo stesso fatto viene immerso in dichiarazioni di esperti o testimoni e/o commenti ed opinioni del giornalista. Parlare di cronaca risulta difficile per la duplicità semantica di quest’ultima: la cronaca infatti è allo stesso tempo uno stile giornalistico ma anche una tipologia di tematica. Lo stile è quello di un tipo di giornalismo orientato ai fatti mentre la tipologia di tematica si riferisce sia alla copertura di temi locali che, più in generale, a notizie di diverso tipo sulla società civile (Sorrentino 2007: 121). La difficoltà di trovare una discriminante tra opinione e cronaca è dovuta anche alla caratteristica intrinseca al giornalismo italiano che predilige uno stile letterario anche quando si parla di cronaca75, e non è facile indicare una distinzione netta tra articoli tesi a esporre esclusivamente un’opinione o un fatto. A questo si aggiunge l’ossessione dello scoop e l’utilizzo del sensazionalismo. Il sensazionalismo corrisponde al dettame che ogni notizia debba fare sensazione, debba impressionare il lettore. […] ci troviamo […] nell’informazione che presenta ogni avvenimento come fosse l’avvenimento e trasforma la notizia in avvenimento piuttosto che l’avvenimento in notizia. (Papuzzi 2010: 59) Cfr. Papuzzi 2010: 45. «Il giornalismo italiano contemporaneo è caratterizzato dalle commistioni. La ripetizione delle categorie - fra notizia, commento, servizio, resoconto, reportage, dibattito, intervista, inchiesta - è scavalcata da formule che sovvertono le regole». 75 !58 Questo modo di concepire la notizia emerge in questi articoli sotto forma di una scrittura letteraria che diventa prevalente rispetto all’informazione anche tramite l’utilizzo di verbi come “rivelare”, “svelare”. Nonostante questo, in generale si può notare una tendenza a esporre i fatti con sfumature diverse: sono dieci gli articoli che si focalizzano sull’opinione del giornalista (cinque per “la Repubblica”, cinque per “Corriere Della Sera”), quindici quelli che riportano i fatti, in maniera più o meno obiettiva e più o meno sensazionalistica (otto per “la Repubblica”, sette per “Corriere Della Sera”), diciassette riportano testimonianze (nove per “la Repubblica”, otto per “Corriere Della Sera”) in riferimento a quegli articoli che si presentano come un collage di dichiarazioni di varie persone più o meno coinvolte nell’evento. Oltre a queste, si trovano in tutto sei interviste (due su “La Repubblica” e quattro su “Corriere della Sera”). Possono essere rivolte ad esperti, come nel caso dell’articolo Oliver Roy “Quei giovani vogliono ribellarsi all’Islam dei loro genitori” de “La Repubblica”, oppure ai protagonisti (più o meno della vicenda), come l’intervista al Presidente del parlamento Antonio Tajani (di Caro 2018). Non sono così frequenti gli articoli che si trasformano completamente in un’intervista. Vale invece il contrario, ossia quasi nella totalità degli articoli si trova una citazione di qualche esperto o una dichiarazione di testimoni o persone coinvolte nella vicenda, spesso utilizzati come fonti e giustificazioni di quanto scritto. In alcuni casi, gli articoli vengono divisi in paragrafi, risultando più sciolti e ordinati, regolando la modalità di lettura per conservare la presenza del lettore, soprattutto quando si parla dell’atto e dell’inseguimento. Mentre risultano più ripetitivi e a tratti confusi gli articoli che uniscono diverse testimonianze e dichiarazioni dettagliate. La vaghezza all’interno degli articoli, più o meno consapevole, influenza i lettori. Nelle parole dei media, infatti, non è possibile scindere i significati referenziali con il potere delle parole in sé (Dedaic, Nelson 2003). Le fonti derivano direttamente dai racconti dei protagonisti intercettati dai giornalisti sui social network o tramite interviste telefoniche trascritte. !59 Titoli. Leggere un giornale da cima a fondo è una cosa che, a parte qualche eccezione, nessuno fa. Un quotidiano classico di circa 50/60 pagine, richiede un tempo di lettura di cinque o sei ore. I dati, infatti, dicono che la maggior parte dei lettori si limitano a meno di 30 minuti (Lepri 1990). I titoli partono da questo presupposto: riassumere e attirare. Riducendo i tempi di lettura, sono la bussola per far capire al lettore di cosa si sta parlando ma anche per aiutarlo a selezionare ciò che vuole leggere. (Papuzzi, 2010: 192-193) La sua funzione è quella di «veicolare la massima quantità di informazioni nel minor spazio possibile» (Ondelli 1996) ma allo stesso tempo rendere la notizia appetibile per il lettore. Solo guardando questi articoli, che provengono da due testate diverse, si possono riconoscere modi diversi di fare titoli, ma sono anche riscontrabili una serie di ricorrenze e schemi riconoscibili. D’impatto, si notano subito le citazioni nei titoli. Quasi la metà degli articoli, quattordici articoli di “la Repubblica” e dodici del “Corriere Della Sera” hanno dei virgolettati nei titoli. I virgolettati compaiono sempre quando c’è un’intervista 76, ma si presentano anche in altre occasioni. È interessante notare che la citazione nel titolo raramente corrisponde esattamente a ciò che è stato detto dalla persona intervistata, ma ciò che compare nel titolo è il riassunto di uno dei concetti espressi, in alcuni casi anche travisato. Ad esempio, è interessante il caso dell’articolo Braccato da 720 agenti il killer di Strasburgo “Chèrif è già in Germania”, perché se nel titolo sembra scontato che Chekatt si trovi già in Germania, in realtà nell’articolo si leggono le diverse opzioni: «Le voci si rincorrono. Se fosse passato in Germania, Chekatt potrebbe contare sull’appoggio di complici frequentati nelle sue tante rapine. Ma potrebbe essere ancora a Strasburgo. Non essersi mai mosso da Neudorf, come fece Salah Abdeslam, uno dei terroristi belgi del Bataclan, che dopo oltre quattro mesi di caccia all’uomo per tutta l’Europa alla fine è stato ritrovato nel suo quartiere di Molenbeek». (Ginori c 2018) Due esempi possono essere l’articolo de “Corriere Della Sera” Emma Bonino: “Era un eroe, un vero cittadino che amava l’Ue” (Arachi 2018) e quello di “La Repubblica” Oliver Roy “Quei giovani vogliono ribellarsi all’Islam dei loro genitori” (Del Re 2018) 76 !60 La citazione del sottosegretario del governo è riportata nell'articolo in maniera diversa da come è riportata nel titolo: «Potrebbe essere in Germania» ha una condizione di sicurezza molto più debole rispetto al titolo «è già in Germania». La motivazione nascosta dietro ai virgolettati, che non sempre corrispondono esattamente alle parole espresse da qualcuno, sta nel fatto di dover identificare in pochi caratteri il sunto del discorso. Inoltre, in alcuni casi serve per dare alla dichiarazione una sorta di autorevolezza o per riportare delle affermazioni che il giornalista non vuole esprimere come sue. Le citazioni imputate agli amici e ai familiari in alcuni casi vengono modificate, spesso anche i virgolettati all’interno dell’articolo non sono del tutto aderenti con quanto dichiarato dalle persone intervistate. In molti casi, non è sempre scontato riuscire a capire l’autore delle dichiarazioni riportate, ad esempio negli articoli Antonio e la passione per l’Europa «Gli ha sparato puntando alla testa» (Mensurati e Visetti 2018) oppure «Inneggiava ad Allah e li colpiva alla testa» La fuga del killer (Montefiori b 2018) non è così immediato riuscire ad identificare l'autore della citazione senza leggere l'articolo. I titoli, come espresso poco fa, hanno degli standard base e devono avere una certa brevità: per questo non si parla di “mercatini di Natale” per esteso, ma Spari sulla folla del Natale oppure Attacco al cuore dell’Europa a Strasburgo i terroristi sparano sul mercato di Natale. Non ci sono quasi mai nomi e cognomi, ma soltanto uno dei due, come La fuga di Chérif dura due giorni ucciso dagli agenti, Isis rivendica, oppure vari appellativi come «stragista»77, «killer»78 , «terrorista islamico» 79, «l’attentatore di Strasburgo»80. I titoli sono importanti perché saltano subito all’occhio e sono una vetrina di quanto si troverà nell’articolo. Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista (Imarisio a 2018) 77 78 “Inneggiava ad Allah e li colpiva alla testa" La fuga del killer (Montefiori b 2018) Il terrorista islamico ucciso dalla polizia, titolo in prima pagina su Corriere della Sera del 14 dicembre 2018. 79 Trovato e ucciso dalla polizia l’attentatore di Strasburgo, titolo in prima pagina su La Repubblica del 14 dicembre 2018. 80 !61 Inizio e Fine. La prima frase dovrebbe già contenere la notizia e fare in modo di interessare il lettore a leggere l’articolo, rappresenta un vero e proprio «biglietto da visita del giornalista» (Papuzzi 2010: 183), l’ultima deve riuscire a riassumere l’articolo per lasciare qualcosa ai lettori. Spesso sono ad effetto e risultano le frasi più interessanti. L’apertura di un articolo viene chiamata in gergo cappello «perché è la frase che si mette in testa» o lead «perché ha la funzione di guida alla lettura, indica cioè quale strada il lettore percorrerà» (ibidem). Negli articoli analizzati, riconosco tre delle quattro categorie descritte da Papuzzi nel catalogare i possibili punti di partenza. Un articolo può iniziare con un’enunciazione, una dichiarazione o una situazione 81. L’enunciazione si riferisce ad un fatto o ad un particolare e può utilizzare una frase secca come «Torna la paura in Francia.» (Ginori a 2018), oppure in modo molto più articolato Il Servizio antiterrorismo della Polizia di prevenzione ieri sera ha immediatamente attivato i contatti con le autorità francesi per conoscere l’identità dell’attentatore (o degli attentatori) di Strasburgo e accertare se il nome (o i nomi) porta a qualche collegamento con l’Italia (Bianconi a 2018). Entrambi gli articoli però riescono ad esprimere il succo della notizia che verrà espressa nell’articolo. Dal punto di vista emotivo, la prima risulta essere molto più efficace, perché molto drastica e secca. La seconda risulta essere più articolata ma più “fredda”. Per “la Repubblica”, molto più che il “Corriere Della Sera”, gli inizi sono dei virgolettati (otto contro quattro, escludendo comunque le interviste), ossia quelli che Papuzzi chiama dichiarazioni. I virgolettati hanno una parte importante anche negli articoli del “Corriere Della Sera”, ma sono meno utilizzati per iniziare l’articolo. Cominciare con una citazione è un modo per entrare direttamente nel cuore della notizia e in alcuni casi, consente di riqualificare il senso di un fatto, portando il pubblico a leggere la notizia da un certo punto di vista. Utilizzare come punto di partenza una situazione, invece, significa mettere il lettore di fronte ad una scena concreta. I lead di questa tipologia risultano particolarmente “visivi”: viene rappresentata una situazione in modo molto dettagliato Tra gli articoli analizzati non ho trovato nessun inizio per interrogativo, che ha la funzione di trasformare un fatto di cronaca in un problema collettivo. 81 !62 dove il giornalista appare un testimone che racconta quello che sta vedendo. Accade sia quando si parla del fatto, a cui gli stessi giornalisti raccontano di aver assistito82 oppure quando viene descritto il quartiere di Chekatt (Imarisio a 2018). L’apertura, infatti, può anche servire a ricreare un’ambientazione e a calarsi in una situazione: Gli elicotteri e le sirene e tutto il frastuono dell’enorme caccia all’uomo scatenata dalla Francia contro Chérif Chekatt arrivano a malapena, qui, tra i letti dell’Hôpital Hautpierre, alle porte di Strasburgo (Mensurati e Visetti 2018) oppure «La gente attorno corre, qualcuno urla. E in pochi minuti non c’è più nessuno» (Ascione a 2018). Questi tipi di apertura immergono il lettore in una situazione, permettendogli di identificarsi con essa a livello visivo e uditivo, nel primo caso viene in particolar modo sottolineato il contrasto sonoro del frastuono delle ricerche con il silenzio in ospedale, e allo stesso tempo dell’azione ancora in corso con la sua conseguenza. Le aperture, in altri casi, risultano particolarmente emotive e metaforiche: Scorre troppo in fretta il fiume delle emergenze sotto i ponti d’Europa, come l’acqua nera che si ingolfa nei romantici canali di Strasburgo, le cui rive, stanotte, sono un deserto di paura (Bonanni 2018) Un mazzetto di tulipani bianchi e gialli aspetta Antonio sulla soglia di casa, nel piccolo complesso dei ferrovieri che si affaccia sui binari della stazione di Trento (Serra c 2018) Per quanto riguarda le chiusure funziona più o meno nello stesso modo. Uno dei modi più frequenti è quello di chiudere con una dichiarazione: “Sapevano che il mercatino di Natale era un simbolo a rischio - ha commentato ieri sera il consigliere regionale Pierre Jakubovicz - ma volevamo difendere la nostra tradizione e non cedere al terrore” (D’Argenio a 2018). Marco Ascione in “Ho visto due corpi a terra” La paura dei clienti nascosti sotto i tavoli dei ristoranti, Corriere della Sera del 12 dicembre 2018, p. 3, scrive «Uno sparuto gruppo, tra cui chi scrive, preceduto da alcuni parlamentari, si è già allontanato». 82 !63 O in altri casi si predilige un finale ad effetto, riallacciandosi ad una storia senza fine: «E come per la follia assassina di Chekatt, e di quelli che lo hanno preceduto, forse la verità non si saprà mai». (Imarisio b 2018) Ci sono articoli che alla fine riprendono l’apertura, come per chiudere un cerchio. L’articolo Antonio, l’ora dell’angoscia: “la mamma ha detto che non c’è più speranza” inizia con «C’è Antonio Megalizzi, sospeso al limite di una terra di non ritorno: per lui i medici si sono presi 48 ore». La conclusione riprende le 48 ore: «Per il giovane giornalista di Trenta resta solo quel bollettino: ancora 48 ore». Oppure, l’articolo Il paradosso dell’Isis: senza più Stato ora punta tutto sull’attacco dell’Europa apre con un riferimento alla paura: «Hanno perso terreno, il vecchio Stato islamico sta quasi sparendo. Eppure fanno paura più di prima», riferimento che viene ripreso anche alla fine: «Potenziali soldati di uno Stato azzoppato che, eppure, non ha mai fatto così paura». L'aspettualità dell’azione, tra eccezione e normalità. Da un punto di vista semiotico, sia nella morfologia che nell’esposizione dei concetti, vengono creati diversi tipi di aspettualità. Nella lingua italiana abbiamo delle categorizzazioni del tempo che mostrano la distinzione tra passato, presente e futuro, descritta tramite la morfologia verbale. Tuttavia, come è possibile descrivere quando nel tempo un’azione viene collocata, allo stesso modo si può esprimere la sua qualità. Ciò che nel linguaggio ci permette di descrivere il modo in cui un’azione si colloca nel tempo viene definita aspettualità, ossia l’insieme dei mezzi discorsivi di cui disponiamo nel linguaggio per segnalare la qualità del tempo e la sua espressione nei diversi linguaggi. A questo si affianca il concetto di temporalità, che non si riferisce al tempo ontologico ed esistenziale, ma al modo in cui il linguaggio costruisce l’illusione temporale. I giornali offrendo le notizie quotidianamente producono un tempo sociale oggettivizzato relazionato agli avvenimenti che costruiscono il tempo e contemporaneamente identità sociali. Nei giornali, si sovrappongono due diverse temporalità: il tempo enunciato, ossia il racconto, e il tempo vissuto, ossia il discorso (cfr. Landowski, 1999). !64 Nonostante all’interno di ogni articolo esistano sfaccettature diverse di notizie, la macro-notizia che lega insieme questo corpus è l’avvenimento terroristico. Va dunque analizzato il modo in cui viene raccontata l’azione e come questa si sviluppa nel tempo, la sua temporalità. Su 48 articoli, quelli rivolti esclusivamente all’azione non sono molti, uno per il “Corriere della Sera” e due per “La Repubblica”. Articoli pubblicati esclusivamente tra il 12 e il 14 dicembre. Ovviamente, l’azione diventa presto “vecchia” e poco notiziabile, per questo occupa spazio finché la notizia rimane aperta a possibili sviluppi, cioè finché viene ucciso l’“attentatore”. Dopo la morte di Chérif Chekatt, il 13 dicembre sera (di conseguenza il 14 per i cartacei) viene perso l’interesse ai possibili risvolti della vicenda. Bisogna però sottolineare che anche negli altri articoli e in quelli dei giorni successivi, l’avvenimento viene sempre ripreso e riassunto. L’azione si divide in tre momenti: l’attentato, l’inseguimento e il blitz. Si parla di “attentato” fin dal primo articolo, le autorità parlano di «un evento grave» (Ginori a 2018), ma le dinamiche non appaiono ancora chiare: non si sa ancora se l’individuo faccia parte di una rete coordinata o se abbia attaccato su iniziativa personale, sapendo comunque di avere l’approvazione generica di quel che resta dell’Isis o di un’altra organizzazione jihadista (Montefiori a 2018) e «Nessun documento o rivendicazione che dimostrano militanza jihadista» (Ginori c 2018). La rivendicazione arriverà, tramite il profilo dello Stato Islamico su Twitter,83 solo dopo la morte di Chérif Chekatt, e sui giornali apparirà il 14 dicembre (Imarisio b 2018; Ginori e Mensurati 2018). Le informazioni emergono tramite una carrellata di dichiarazione, più o meno autorevoli, e tramite «testimonianze di spari e panico» (Ginori a 2018). Le fonti sono per la maggior parte pagine Facebook e Twitter, nuova frontiera dei comunicati stampa. Il tweet tradotto in francese è di Jean-Charles Brisard, consulente internazionale francese ed esperto di terrorismo, presidente del “Centre d'Analyse du Terrorisme”: https://twitter.com/JcBrisard/status/ 1073333228319203333? ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1073333228319203333&ref_url=htt p%3A%2F%2Fwww.leparisien.fr%2Ffaits-divers%2Fattentat-de-strasbourg-daech-revendique-lattaque-14-12-2018-7968180.php cfr. Attentat de Strasbourg : Daech revendique l’attaque, “Le Parisien”, 14 dicembre 2018: http://www.leparisien.fr/faits-divers/attentat-de-strasbourg-daech-revendique-lattaque-14-12-2018-7968180.php 83 !65 È la stessa prefettura di Strasburgo, che riporta le notizie sui social84: i morti e i feriti confermati. Ma sono anche i testimoni ad esporre le loro versioni di quanto accaduto e gli stessi eurodeputati, a Strasburgo per la plenaria del Parlamento Europeo, raccontano i fatti tramite interviste telefoniche e messaggi sui social. Ma come viene descritto tutto questo? Ciò che è successo l’11 dicembre viene chiamato «notte da incubo», «la sparatoria di Natale», «il sangue di Strasburgo». Ciò che ha fatto «ripiombare il paese nell’incubo degli attentati», non solo Strasburgo, ma tutta la Francia. Come già emerso più volte, un attentato è un evento che interrompe il flusso della quotidianità e questo emerge in maniera esplicativa nella maggior parte degli articoli che raccontano il fatto e il modo in cui vengono raccontate le testimonianze. In generale, quando si racconta il momento dell’azione si presentano frasi molto brevi e secche, che contrastano con quelle che invece raccontano le emozioni e le sensazioni provate, o che il giornalista prova ad indovinare o ricostruire. Ma quando i giornali cartacei vogliono raccontare l’azione sono già in ritardo: in “Quell’uomo ha ucciso davanti a me” shock nella città dell’Europarlamento si parla di 6/7 morti, anche se «per il bilancio ufficiale ci sarà tempo. Ora è tempo di scappare». Da una parte viene riportato un numero scorretto del bilancio 85 e «ora è tempo di scappare» risulta fuori dal tempo presente visto che si sta parlando della notte precedente. Anche nel “Corriere della Sera" si usa principalmente il presente per parlare dell’azione, nonostante ci si riferisca al giorno precedente, come se l’azione stesse avvenendo in questo momento. Utilizzare il presente (o in altri casi l’imperfetto) significa esprimere un’aspettualità durativa. Sia perché in questo modo l’azione che avviene in un momento puntuale, viene resa fluida e ancora in movimento, ma anche per collocare i lettori all’interno di qualcosa che in realtà è già accaduto. Questo distaccamento proietta il destinatario Come il tweet del 11 dicembre 2018 alle 23.30, che annuncia un «Événement en cours à #Strasbourg» e riporta un comunicato stampa visionabile al seguente link https://twitter.com/Prefet67/status/ 1072619621553979393 84 85 L’articolo è del 12 dicembre. I morti confermati al 16 dicembre saranno cinque totali. !66 dell’articolo nel passato attraverso la costruzione di un mondo possibile, tuttavia utilizzando il tempo presente il lettore viene immerso nella realtà passata, nonostante la percezione sia avvenuta prima della descrizione di tale percezione. I tempi e i modi si modificano quando si parla di Chérif Chekatt. Per mantenere la cautela, soprattutto il 12 dicembre, vengono utilizzati verbi e locuzioni che esprimono incertezza e lasciano aperte più possibilità: «avrebbe agito da solo», «sembra che». Nonostante l’incertezza, i racconti risultano particolarmente ricchi di dettagli, soprattutto nelle testimonianze. L’atto si evolve in una «gigantesca caccia all’uomo». Per raccontare l’inseguimento, che dura circa 48 ore, si continua a mantenere l’uso del presente: I militari dell’operazione Sentinelle […] sono presenti nelle strade del centro. Le forze speciali della polizia vengono chiamate sul posto per una gigantesca caccia all’uomo che si concentra verso le dieci nel quartiere Neudorf, non lontano dal centro, dove vengono sentiti nuovi spari. Un militare viene ferito nello scontro a fuoco. (Ginori a 2018) Ci vogliono settecentoventi agenti e 48 ore per prendere Chekatt, che viene trovato e “neutralizzato” nel suo quartiere. In diversi articoli il rapporto dell’attentatore con la polizia viene descritto come una sorta di beffa: il terrorista «sfugge al primo blitz» (Montefiori a 2018), «è riuscito a seminare la polizia per tre volte nell’arco della stessa giornata» (Ginori c 2018), «Ricercato fino in Germania e in Svizzera, alla fine è stato ucciso a soli tre chilometri dalla Cattedrale e del [sic!] mercatino di Natale» (Ginori Mensurati 2018), «Chérif Chekatt non si era mai allontanato da casa» (Imarisio b 2018). Nelle ore precedenti alla cattura, sui giornali parte una specie di toto-scommesse di dove fosse nascosto Chekatt. 86 Quando si sa come è andata a finire, il 14 dicembre, l’azione viene raccontata a ritroso: La caccia all’uomo è durata appena due giorni […] finisce così, nel modo forse più prevedibile […] lo stavano cercando ovunque, ma sempre nella condizione che non avesse alcun posto dove andare, che non ci fosse alcuna rete a proteggerlo. (ibidem) cfr. Marco Imarisio a, Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista, Corriere della Sera del 13 dicembre 2018, p. 13; Stefano Montefiori b, "Inneggiava ad Allah e li colpiva alla testa" La fuga del killer, Corriere della Sera del 13 dicembre 2018, p. 12; Anais Ginori c, Braccato da 720 agenti il killer di Strasburgo “Chèrif è già in Germania” , La Repubblica del 13 dicembre 2018, p. 2. 86 !67 In alcuni punti, il racconto viene esposto come se fosse una storia o un film, sia per lo stile romanzesco che per l’utilizzo di termini come «epilogo» o «ultimo capitolo». L’inseguimento della polizia, finisce con il blitz e l’uccisione di Chekatt, l’azione viene «applaudita» in strada dalle persone che hanno seguito la scena, come accade alla fine degli spettacoli87. Tuttavia, finiti gli applausi si lascia spazio alla consapevolezza, a tratti fatalista, che «il sospiro di sollievo non risolve ogni cosa» e «forse la verità non si saprà mai» (ibidem), lasciando sempre una sorta di aurea di mistero. Non tutto è stato spiegato, infatti: «non è chiaro se abbia pronunciato qualche frase nel minacciare la polizia, se abbia voluto morire da martire» (Ginori Mensurati 2018). In effetti, l’inseguimento e la morte di Chekatt non corrispondono esattamente alla fine tipica e gloriosa di un martire terrorista88, ad esempio il fatto che si sia dato alla fuga e che si sia nascosto per 48 ore mostra che non era esattamente un attentato classico, oppure, come sottolineato più volte, che il terrorismo e le azioni del terrorismo si modificano e le iniziative personali hanno sempre più spazio e meno indicazioni dai livelli superiori della cellula. In diversi articoli troviamo teorie e opinioni che confermano la seconda affermazione, ossia che il terrorismo si modifica nel tempo, ma allo stesso modo, c’è anche chi afferma che questo non sia stato un reale attentato. È necessario dunque, aprire un breve excursus in riferimento alle teorie complottiste emerse e riportate dai giornali. In alcuni articoli (Ginori b 2018; Montefiori a 2018; Imarisio a 2018) si parla di come i gilet jaune mettano in dubbio il fatto che quello di Strasburgo sia stato un vero e proprio attentato: un terrorista «va in mezzo agli Champs-Elysées quando ci sono milioni di persone e si fa esplodere. Questo è un vero attentato». Sui gruppi Facebook si scrive «Tout est planifié»89, «Comme par hasard», si «accredita l'idea che dietro 87 Cfr. J. Le Carré, Il teatro dell’orrore, “la Repubblica”, 18 ottobre 2001 in Fossati, Terrorismo e terroristi, 2003 Paravia Bruno Mondadori Editori p. 198: «“il terrore è teatro” mi disse nel 1982 a Beirut un agitatore palestinese dal tono gentile». 88 Anche se la fuga ricorda altre storie, come quella di Anis Amri che ha compiuto l’attentato a Berlino del 19 dicembre 2016 e poi ucciso a Sesto San Giovanni (Milano) nella notte tra il 22 e il 23 dicembre. cfr. Fusillade à Strasbourg: des gilets jaunes crient au complot, L’express, 12 dicembre 2018, visionabile al link: https://www.lexpress.fr/actualite/societe/fusillade-a-strasbourg-des-gilets-jaunescrient-au-complot_2052973.html 89 !68 l'attentato ci sia il governo o i servizi segreti per decretare "lo stato di emergenza e stroncare il movimento”» 90. Gli articoli di “Corriere della Sera” e “La Repubblica” riportano il complottismo dei gilet jaune ma sottolineano anche che tali teorie sono state smentite dal primo ministro Édouard Philippe. I gilet jaune vengono citati diverse volte negli articoli dedicati all’attacco di Strasburgo, per ricordare i disordini nel paese e per raccontare il clima vissuto in Francia. Inoltre, dopo il discorso alla nazione di Macron del 10 dicembre, i gilet jaune vengono citati in articoli in riferimento all’attentato perché il governo francese chiede loro tregua per affrontare tale situazione di emergenza. Dall’altra parte, negli articoli dedicati ai gilet jaune, si ricorda anche l’attentato avvenuto. Tornando alla descrizione dell’avvenimento, il blitz viene seguito da una conferenza stampa di Castaner che spiega come sono andate le cose e, nei vari articoli vengono riportate le parole del ministro degli Interni che si complimenta con le forze dell’ordine: «sono fiero dei nostri agenti» (Ginori Mensurati 2018). Non manca mai il riferimento ai precedenti: ai precedenti penali di Chérif Chekatt, al fatto che la sua identità fosse schedata con Fische S, al suo mancato arresto della mattina dell’11 dicembre, ma anche al fatto che il mercatino di Strasburgo fosse da sempre «nel mirino dei terroristi». Dettagli che, in qualche modo, leggono il passato in maniera retrospettiva. Riflettendo ancora sull’aspettualità e sulla qualità del tempo, è possibile affermare che negli articoli emergono due diversi modi di far passare il tempo: un tempo normale ed un tempo eccezionale. Il tempo normale, quello della quotidianità, viene spezzato con l’attentato, che provoca un tempo eccezionale. Ma questa eccezionalità viene tamponata da subito, attraverso il tentativo di ristabilire la normalità. Negli articoli emerge lo stacco netto di queste due parti: è l’ora di cena quando cominciano a circolare le prime testimonianze di spari e panico nella zona del tradizionale mercatino di Natale ancora aperto. In pochi minuti, il centro storico, Citazione che si trova in un piccolo box a fianco all’articolo Marco Imarisio a, Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista, Corriere della Sera del 13 dicembre 2018, p. 13. 90 !69 nella zona pedonale della grande Ile collegata al resto della città dai tipici ponti si svuota improvvisamente e diventa blindata, inaccessibile (Ginori a 2018). Non sono le “19” o le “20”, ma l’ “ora di cena”, un evento naturale che dà ritmo e senso alla quotidianità. O ancora, «l’ora dell’aperitivo con il vin brûle» viene distrutta, mentre «i chalet del mercatino sono chiusi, le illuminazioni natalizie restano spente» (Ginori c 2018) e dal clima festoso e normale di Strasburgo «tutto precipita in pochi minuti» (Ginori a 2018). Il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani continua a ribadire che non ci si può fermare: «Continuiamo a lavorare e reagiamo con la forza della libertà e della democrazia contro la violenza terroristica» (Di Caro 2018). Tuttavia, ciò che emerge dai giornali è che, nonostante i deputati assediati cercano di proseguire i lavori per dimostrare, come dice il presidente Tajani, che “l’Europa non si fa intimorire” […], l’attenzione è tutta ai tweet e ai messaggi di paura e di preoccupazione dei loro colleghi asserragliati nei ristoranti e nei cortili del centro cittadino trasformato in campo di battaglia (Bonanni 2018). È interessante notare come i termini utilizzati rientrino nel campo semantico della guerra: “assediati”, “asserragliati”, “campo di battaglia”. Si continua a lavorare, a “combattere”, per reagire a quanto successo tentando di ristabilire il tempo “normale”, ma non si riesce a rimanere indifferenti al tempo dell’eccezione. Il contrasto normalità-eccezionalità si rispecchia anche nel contrasto vita-morte, soprattutto quando si parla delle vittime: Era in viaggio con sua moglie, Naiyana: freddato con un colpo alla testa. […] Aveva appena finito di prendere l’aperitivo con la famiglia: ammazzato in Rue du Saumon. (G. C 2018). Questo tempo, che oscilla tra la normalità e l’eccezionalità, rimane fluido. Una mutevolezza rimarcata anche dalle parole dei testimoni che continuano a ripetere frasi come “ero lì poco fa”, “potevo essere io”91. A fianco alla fluidità del tempo, emergono i concetti di imprevedibilità e di incredulità: «ci vuole qualche istante per realizzare», «l’atmosfera è surreale» (Ascione Un esempio può essere ritrovato nell’articolo Alberto D’Argenio a, “Quell’uomo ha ucciso davanti a me” shock nella città dell’Europarlamento, La Repubblica del 12 dicembre 2018, p. 3: «Tira un sospiro di sollievo Raffaele Fitto, che per la sessione pre natalizia si è fatto accompagnare da moglie e figli. Anche lui chiuso in un ristorante: «La mia famiglia è stata tutto il giorno al mercatino…». 91 !70 a 2018). È difficile capire e darsi delle spiegazioni, pare quasi impossibile descrivere quello che sta succedendo: «prendere una pallottola così non ha senso, la famiglia sta affrontando l’indicibile» (Imarisio d 2018). Anche l’attesa è un argomento che ritorna: l’attesa degli eurodeputati dentro i ristoranti, l’attesa di prendere Chérif Chekatt, l’attesa per Antonio Megalizzi. Un’attesa che si affianca a speranza e miracoli, proiettandosi verso il futuro: «Un assurdo appuntamento con il destino» (Ascione b 2018). Una vocazione, un destino, ma anche una casualità. Un destino che viene spesso sottolineato, come il fatto che Antonio Megalizzi dovesse consegnare un paper proprio sullo «Stato di eccezione in Francia» (Visetti d 2018). Restando ancora sul linguaggio, è necessario osservare l’uso dell’imperativo che emerge in maniera particolarmente esplicativa negli articoli di Roberto Saviano (2018) e di Concita De Gregorio (2018), nonostante venga utilizzato anche in altri momenti. Entrambi gli articoli invitano il lettore alla riflessione e all’azione: Saviano lo fa ponendo una serie di domande nella parte iniziale dell’articolo92, De Gregorio espone le sue speranze93. Entrambi creano uno specifico lettore modello (cfr. Eco b 1979; Eco 2005) che recepisce e riflette. Allo stesso tempo si pongono quasi come dei portavoce, utilizzando spesso i verbi in prima persona plurale (“se riuscissimo”, “dobbiamo chiederci”, …). Ambedue gli articoli terminano, però, con degli imperativi e delle richieste: Possiamo scegliere. […] Tutti questi bambini non hanno scelta, chiediamo dunque ai nostri governi di occuparsene. Pretendiamolo, per il loro bene di oggi che sarà l'unica condizione per avere un futuro non dilaniato, (Saviano 2018) Andate a mostrare ai vostri coetanei che il mondo è un posto grande e libero, che non c'è spazio per il fanatismo - il fanatismo è una trappola mortale - e insieme, intanto, restare accanto a loro? Restare nel luogo dove li abbiamo mandati, l'Europa, e difenderlo. Questo, per Antonio e per tutti, dovremmo oggi fare. Difendere i desideri a cui li abbiamo educati. Averne cura, tanta. (De Gregorio 2018) cfr. Roberto Saviano, Togliamo i bimbi perduti al terrorismo, La Repubblica del 14 dicembre 2018, p. 37: «Cosa c'entrano i bambini con il terrorismo? […] Allora mi domando: i bambini li stiamo davvero proteggendo? Cosa stiamo facendo per il loro e per il nostro futuro?» 92 cfr. Concita De Gregorio, Addio Antonio, il ragazzo simbolo che credeva nell’Europa dei fratelli, La Repubblica del 15 dicembre 2018, p. 36: «Sarebbe bello se servisse a qualcosa. Se riuscissimo per una volta - questa, proprio a partire da ora - a non limitarci al cordoglio.» 93 !71 Sono entrambi due inviti a una tipologia di modello di comportamento, a prendere delle scelte diverse, indicando al lettore un certo modo di agire. In questo caso, dunque, prendendo in considerazione i cambiamenti che il discorso può produrre nei destinatari e gli effetti che possono essere generati, ci possiamo riferire ad un atto perlocutorio, perché l’ «enunciazione mira a effetti più lontani dalla semplice azione» (Volli 2003: 200) compiuta. Linguaggio simbolico. Anche se è già emerso nel corso di tutta l’analisi, è necessario sottolineare il modo in cui la narrazione acquista significati simbolici, tramite l’uso di figure retoriche94 e la creazione di un mondo di simboli di riferimento. La lotta contro il terrorismo diviene una lotta giocata tra il bene e il male, il terrorismo è un evento dall’alto contenuto simbolico (Benigno 2018). Gli schieramenti sono costituiti da una parte dall’Europa, e più in generale dall’Occidente, dall’altra dal terrorismo, che non ha un vero e proprio riferimento geografico o territoriale, e nemmeno un’inquadratura stabile. Bisogna «salvare l’Europa» (Strambi 2018) perché è sofferente, assalita dalle emergenze (Bonanni 2018) ma allo stesso tempo, l’Europa, personificata, si vuole dimostrare forte e non vuole farsi intimidire, come afferma l’allora presiedente del Parlamento Europeo Antonio Tajani nelle svariate interviste. L’Europa intera è coinvolta, perché colpire Strasburgo significa colpire tutta l’Europa. Strasburgo é considerata una città simbolo, il cuore dell’Europa (ibidem), perché, oltre ad essere la sede del Parlamento Europeo, ha una lunga storia di contese tra la Germania e la Francia, e dunque nel tempo ha acquistato un significato simbolico di pace e compromesso. Marco Ventura scrive un intero articolo sul simbolo di Strasburgo, affiancandolo alla città di Trento, città di Antonio Megalizzi: «sono due tappe fondamentali, Strasburgo e Trento, lungo le rotte della storia europea. Mezzo millennio fa furono teatro del conflitto tra cattolici e protestanti, e poi delle guerre di religione che devastarono il continente della libertà religiosa conquistata poco a poco con la modernizzazione del cristianesimo. Alla metà del secolo scorso la Strasburgo del Consiglio cfr. La Repubblica del 12 dicembre 2018 in prima pagina: «viene attaccato il Natale»; Marco Ascione c, Antonio, l’ora dell’angoscia: “la mamma ha detto che non c’è più speranza”, Corriere della Sera del 14 dicembre 2018, p. 3: «la speranza fa fatica ad attecchire, mentre il gelo cala su Strasburgo, e sta per nevicare». 94 !72 d’Europa e la Trento di De Gasperi furono al cuore del progetto europeista e del movimento ecumenico: pace e sviluppo prodotti dalla cooperazione di popoli e chiese un tempo nemici. […] Terre di passaggio lungo le grandi vie fluviali, l’Alsazia e il Trentino conoscono l’inutilità dei muri e il valore dei ponti; terre di confine linguistico e culturale, sanno che non esiste tradizione senza scambio; terre di autonomia, hanno coscienza del baratro in cui precipita una comunità civile incapace di governarsi e di allearsi.» (2018) Ma la città francese non è solo simbolo di pace e compromesso, l’11 dicembre, Strasburgo è anche la città del Natale, perché da 500 anni è la sede del Christkindelsmarik, un mercatino che attira circa 2 milioni di visitatori ogni anno dal 24 novembre al 24 dicembre. È considerato uno dei mercatini di Natale più antichi e famosi d’Europa. Nella maggior parte degli articoli emerge il contrasto tra le luci, il Natale, la felicità contro la disperazione e il silenzio provocati dall’attentato: la «città del Natale e del Parlamento Europeo» diventa teatro di «gente in preda al panico, urla disperate, polizia», poi «silenzio spettrale» (D’Argenio a 2018), «vuoto, il mercato di Natale spento, la cattedrale deserta» (Montefiori b 2018). Il centro di Strasburgo, illuminato, elegante e pieno di turisti, viene confrontato con il quartiere isolato di Chekatt, definito «ghetto» con un «tasso di delinquenza alto» (Imarisio a 2018): Le vie del quartiere Hohberg hanno tutti nomi ispirati all’Antica Roma. [..] Gli urbanisti pensavano forse di nobilitare così la banlieue di case popolari a ovest di Strasburgo (Ginori c 2018). Eppure, questi due mondi opposti, la festosa e pacifica Strasburgo e il violento terrorismo, sembrano essere profondamente legati secondo quanto raccontato da entrambe le testate: Strasburgo è un «vivaio dell’islam radicale» (Imarisio b 2018), «la città da cui molti sono partiti per combattere in Siria e Iraq. È da anni bersaglio simbolico dei terroristi islamici […] mirino del radicalismo islamico» (Bonanni 2018). Sono queste le giustificazioni dell’attacco secondo la stampa: da una parte per le caratteristiche della città, sede del Parlamento Europeo e città del Natale come simbolo delle tradizioni cristiane d’Europa, e dall’altra perché Strasburgo è centro di attività !73 estremista in Francia95. Dunque da una parte l’attacco è imprevedibile e insensato, ma allo stesso tempo vengono individuate le cause alla base di questo avvenimento. La costruzione narrativa dell’informazione interpreta attribuendo consequenzialità agli eventi e dando così un senso alla realtà, anche se spesso quest’ultima è molto più complessa. Proprio in questo senso è interessante provare a delineare l’immagine del terrorismo e delle attività terroristiche che emerge dalle due principali testate giornalistiche in Italia. Per spiegare il terrorismo ci si affida ad esperti e a confronti con il passato. Si approfondisce la disgregazione dello Stato Islamico, che nonostante non possa più reclutare direttamente i terroristi (Del Re 2018), rimane comunque un punto di riferimento. La sconfitta a livello militare non rende l’Isis sconfitto anche a livello ideologico, e anzi, non avendo più un riferimento territoriale e gerarchico, risulta essere più difficile da individuare e dunque, da combattere (Foschini e Tonacci 2018; Imarisio a 2018; Olimpo 2018). Il terrorismo cambia e le sue forme si modificano. Secondo Foschini e Tonacci, le sconfitte militari hanno amplificato l’ideologia: «persa la Siria, perso l’Iraq. L’obiettivo è attaccare l’Europa». L’attentato conferma l’allarme che gli investigatori e gli Intelligence ripetono da mesi: l’esercito è attivo «con declinazioni diverse rispetto al passato» (Foschini e Tonacci 2018). Allo stesso modo, sempre secondo i giornalisti di “La Repubblica”, non si è fermata la propaganda, anche se si è abbassata la qualità dei messaggi, perché rimangono pericolosi. Tutte queste dichiarazioni sono giustificate dai piccoli attacchi che si sono verificati nell’ultimo periodo. Cfr. Jason Burke (traduzione di Fabio Galimberti), Isis perché il pericolo continua, La Repubblica del 15 dicembre 2018, p. 37: si crea una «fitta rete di amici, colleghi e spesso parenti, che insieme costituiscono un terreno fertile per la crescita di idee e comportamenti radicali. […] Le indagini […] hanno rivelato che gli individui che abbracciano la violenza letale emergono da un intreccio mefitico di pensiero islamico rigorosamente salafita, predicazione estremista moderna e idee politiche degradate, il tutto contaminato con teorie del complotto intrise di antisemitismo e sentimenti antioccidentali ben radicati». 95 !74 Leggermente diverse le considerazioni di Oliver Roy (Del Re 2018) e Jason Burke (2018) che confidano nel fatto che la strategia ne risulti indebolita e che con il tempo finirà, anche se nel frattempo gli effetti non risultano meno forti96. Burke tenta di capire in che modo abbia agito Chérif Chekatt esponendo il ventaglio di possibilità. Le opzioni sono il suo presunto legame con Isis, con Al Qaeda oppure l’azione da “lupo solitario”, una delle strategie più nominate anche tra gli altri articoli. Alla fine la rivendicazione è arrivata dallo Stato Islamico, anche se i legami tra Chekatt e l’Isis non sono stati del tutto chiariti. I requisiti richiesti ai nuovi affiliati sembrano essere più blandi: Chekatt non è morto immediatamente nella missione come martire, ma è fuggito. Nonostante questo, Chekatt viene spesso descritto e confrontato con gli ultimi attentatori, definito molto simile a molti di loro. Se non è sempre chiara la distinzione tra Al Qaeda, Isis e terrorismo, si spiega in modo esaustivo la funzione della Fiche S in diversi articoli. Inizialmente viene utilizzata quasi come giustificazione del fatto che lo Stato francese fosse a conoscenza della pericolosità di Chérif Chekatt, nonostante nessuno sia intervenuto prima dell’attacco. Tuttavia nei giorni successivi viene approfondita, specificando che sono moltissimi i segnalati con la Fiche S e sarebbe praticamente impossibile controllare ognuno di loro, sottolineando che quasi tutti i terroristi che hanno colpito in Francia erano schedati e con loro altre 10mila persone sospettate (Montefiori a 2018). Il contatto con altri estremisti e la conseguente radicalizzazione avviene per la maggior parte in prigione. Ma perché la radicalizzazione avviene in prigione? «Radicalizzarsi in prigione significa innanzitutto ritrovare la dignità perduta». Inoltre, la prigione risulta essere un ambiente fertile per queste tipologie di comunità dove «a difenderti ci sono i tuoi “fratelli”» (Del Re 2018). La radicalizzazione in carcere si spiega come una «forma di auto-affermazione», un modo per riscattarsi e “rinascere”: Secondo Oliver Roy, non essendoci più un’organizzazione ben definita, l’Intelligence risulta l’unico modo per combattere il terrorismo. Convinto che la «Scia di attentati […] andrà affievolendosi col tempo», portando l’esempio delle Brigate Rosse. Conclude con:«E, oggi, la strategia jihadista mi sembra davvero molto indebolita». Anche Jason Burke pensa che il terrorismo stia diminuendo, anche se l’ideologia rimane forte ovunque si trovi e chiude l’articolo in modo più pessimista di Roy: «Rappresenta un pericolo per l’esistenza stessa delle nostre società? No. Significherà probabilmente altri morti e distruzioni? Senza alcun dubbio». 96 !75 Radicalizzarsi è una «rivolta generazionale contro l’ordine del mondo, contro l’Islam dei propri genitori, contri i valori della società» (ibidem). Dunque, ciò che accomuna tanti degli schedati “S” è il fatto di essere «figli di una integrazione fallita» che «si illudono di tornare alle radici abbracciando un Islam radicale e nemico dell’occidente». (Bonanni 2018) Due terzi di loro sono «immigrati di seconda generazione che vivono in quartieri difficili», che commettono diversi reati finendo poi in carcere, dove si radicalizzano, come Chérif Chekatt, emblema di questa generazione di nuovi terroristi: «criminali disposti a tutto perché legati a nulla» (Saviano 2018) e tutti maschi, giovani, musulmani, con basso livello di istruzione, spesso immigrati di seconda generazione originari del Maghreb […] già noti alla polizia perché a rischio radicalizzazione oppure per il lungo elenco di precedenti penali. (Burke 2018) Il tentativo è sempre quello di incasellare la figura di Chérif Chekatt in schemi prestabiliti, attraverso il riconoscimento delle sue caratteristiche come emblematiche di un certo gruppo. Anche la descrizione di “attentatore” e “vittime" si configura come una lotta tra bene e male, tra giusto e sbagliato. E in questo contesto, si inserisce una riflessione su cosa sia effettivamente giusto e cosa sbagliato: é giusto credere in un mondo aperto, grande, accogliente. In un’Europa casa di tutti, nella fratellanza dei diversi. È aberrante e criminale credere che uccidere in nome di una religione possa fare giustizia, la disciplina dell’odio del nemico. (De Gregorio 2018) Chérif Chekatt è il «terrorista assassino» che «ha ricalcato un percorso di odio consolidato» (Bonanni 2018), «da 24 ore, è l’uomo più ricercato del Paese» (Ginori c 2018), è il «29enne terrorista dalle 27 condanne» (Montefiori b 2018). Specificare il numero delle condanne, dare più dettagli, sembra conferire una maggiore legittimità alla notizia: 27 condanne tra Francia e Germania. Sessantaquattro segnalazioni alla Polizia, la prima quando andava alle scuole elementari. (Imarisio a 2018) !76 Oltre a ricordare le condanne, uno dei temi ricorrenti è il riferimento alle sue origini straniere e il suo passato, una persona che viveva tra fumo e alcol. (Imarisio a 2018) Per chi lo conosceva, le persone del suo quartiere, risulta essere semplicemente «andato fuori di testa», (Ginori c 2018) «era uno dei tanti, uno di noi». (Imarisio a 2018) Ma allo stesso tempo, «Non era uno di noi»: Ginori riporta le parole di un testimone che parla a «nome dei musulmani del quartiere» (ibidem 2018). In generale, la comunità di musulmani di Strasburgo condanna Chekatt: “mi rivolgo con il cuore in mano a voi giornalisti affinché non scriviate che quell’animale che ha sparato era un musulmano” dice un uomo all’ingresso “a parte il fatto che respirava, per il resto non aveva nulla in comune con noi. Una bestia, anzi meno di una bestia. Cosa c’è di peggio? Di più disumano?”. (Mensurati b 2018) Paragonare Chekatt ad un animale non è inusuale nemmeno per la stampa: si parla del suo «pedigree criminale», lo si «caccia», viene «braccato». Le vittime, al contrario, vengono raccontate come persone molto diverse tra loro, quasi come se fossero state scelte per colpire la differenza: «C’è tutta la diversità di Strasburgo nella storia delle vittime» (G. C 2018). Ma non di tutte le vittime si parla. La storia di Antonio Megalizzi è emersa più delle altre per una serie di motivi: un italiano, un giornalista presente a Strasburgo per seguire la plenaria del Parlamento Europeo, un giovane appassionato di politica ed Europa. Gli articoli dedicati esclusivamente a Megalizzi sono quindici per “La Repubblica” e dodici per il “Corriere della Sera”. Due articoli per “La Repubblica” e uno per il “Corriere della Sera” sono dedicati a Kamal Naghchband. Una storia che viene citata più volte perché musulmano e per il modo in cui è stato ucciso: colpito mentre teneva il figlio in braccio, dove viene sottolineata la crudeltà dell’attacco. In alcuni articoli viene citato anche Bartozs Orent-Niedzielski, tra l’altro, amico e collega di Antonio Megalizzi. Delle altre due vittime si sanno pochi dettagli: Anupong Suebsamarn, 45 anni, gestiva una fabbrica di Chachoengsao, a est di Bangkok. [..] Della vittima francese non è ancora stato comunicato il nome, ma si sa che era un ex dipendente del Credit Agricole di Strasburgo (ibidem). !77 Caratteristica di entrambe le testate è quella di riportare quanti più dettagli possibili per identificare le vittime e in qualche modo “conoscerle”. Come scritto in precedenza, si mette in evidenza il fatto che le persone siano state uccise mentre stavano vivendo la loro vita normale facendo qualcosa che a loro piaceva. Il cugino di Kamal Naghchband racconta che «martedì sera era tutto felice» ma «il destino lo ha messo di fronte a Chérif Chekatt il quale non ha avuto nessuna esitazione nemmeno davanti al bambino» (Mensurati b 2018). La normalità e la felicità che vengono spezzate. Il contrasto tra Chekatt e le vittime, si esemplifica maggiormente nel confronto tra lui e Antonio Megalizzi: stessa età, nati tutti e due nel 1989, definiti «figli dello stesso tempo», ma ricordati come opposti: uno per crimini e condanne, l'altro per sogni ed aspirazioni. Antonio Megalizzi diventa un simbolo, «capofila di un gruppo» (Franceschini 2018). È «giovane e appassionato giornalista», (Saviano 2018) «la faccia bella d’Europa», «il simbolo della generazione Erasmus» (Ascione b 2018). Emma Bonino, lo descrive come «un eroe europeo», ma come lui ci sono altri ragazzi e ragazze che sanno discutere di bilancio e di politiche di coesione. Si preoccupano per la Brexit, perché quell’uscita taglierà una cifra cospicua dei 150 miliardi di bilancio dell’Unione Europea […] una generazione molto vivace. Antonio era decisamente un bel simbolo. (Arachi 2018) Un simbolo che genera un’ «onda emotiva» (Imarisio d 2018), che invita a riflessioni sull’Europa, sulla politica, sul terrorismo, sui giovani, sui sogni: ha risvegliato il lato buono degli italiani: non buonista, ma buono, quello della compassione e di una partecipazione inusuale nel clima di cattiveria crescente. (di Stefano 2018) L’idea di semplificazione della realtà da parte dei quotidiani emerge nella costruzione di una categoria di Antonio Megalizzi: eroe e capofila di una ben descritta generazione di giovani che viene creata non solo per semplificare e renderlo una sorta di stereotipo, ma anche perché, secondo Marco Imarisio, «i numeri non bastano mai, ci vuole sempre una faccia, una storia, per capire quello che perdiamo ogni volta». Antonio Megalizzi viene raccontato principalmente dai suoi amici tramite interviste o pensieri raccolti dai social network. Ma viene descritto anche per il suo modo di !78 lavorare e di scrivere: “la Repubblica” pubblica uno stralcio di #postpolitico97 nell’articolo “Dagli scontrini alla Germania, perché la colpa è sempre degli altri“ a firma di Antonio Megalizzi. La sua figura è stata enfatizzata e spesso associata a partiti politici. Non mancano gli errori e le imperfezioni che di tanto in tanto vengono corrette, ma non sempre. In alcuni articoli ha 28 e in altri 29 anni. Ci sono incertezze sul progetto Europhonica, definito inizialmente come una radio e poi corretto come un format radiofonico promosso da Raduni, il circuito delle radio universitarie italiane, e da altri network di radio universitarie di Europa. Parlando di lui, si racconta in modo particolare il dolore e la tristezza della famiglia, degli amici e delle amiche, tramite continue testimonianze e ricostruendo, o immaginandosi, come è stata vissuta la sua morte dai genitori o dalla fidanzata: «ancora spezzoni di angoscia […] Il dolore che filtra […] le emozioni sono autentiche» (Ascione b 2108), «giorni pieni di rassegnazione». (Imarisio c 2018) La dimensione della passione gioca sempre un ruolo fondamentale (Aldama 2006). In generale, anche la natura della sequenza attentato e rivendicazione fa sì che il terrorismo divenga un caso particolarmente significativo per lo studio dell’uso strategico delle passioni. Ogni interazione, anche quella tra giornalista e lettore, è il prodotto di un contratto fiduciario, di un «consenso temporaneo» (Goffman 1959, Aldama 2006). Esiste un asse polemico-contrattuale alla base di ogni struttura narrativa. Attorno agli articoli dedicati all’evento in sé e alle vittime colpite, l’attentato rende notiziabili una serie di situazioni che hanno a che fare con il terrorismo in generale. Uno di questi è il già citato articolo di Saviano, che dallo specifico attentato di Strasburgo porta il focus su i bambini in guerra, facendo un parallelismo anche con i bambini in Europa e i numeri della dispersione scolastica, imputando all’azione politica la colpa di costruire sulla paura «nuovi confini che creeranno nuovi ghetti, nuove marginalizzazioni e, quindi, nuovo terrore», speculando su paura ed emergenze. Uno degli argomenti che viene toccato è anche quello riguardo alla prevenzione del terrorismo in Italia, tramite l’esposizione di atti sventati nel passato e la possibilità 97 Un libro di Antonio Megalizzi pubblicato sulla piattaforma di self-publishing ilmiolibro.it !79 di attacchi futuri. O ancora, rispetto alle capacità della penisola, giudicata da alcuni superiore agli altri paesi europei nella prevenzione: si racconta «il primo effetto italiano della strage di Strasburgo» in cui «un soldato dell’Isis» è stato fermato dalla prefettura italiana in «un’operazione spettacolare» (Foschini 2018). Anche lui faceva parte dei 100 fiche s italiane. 1.3 Immagini, fotografie e altri contenuti Dopo aver analizzato la disposizione e il linguaggio, è necessario soffermarsi sulle immagini e le fotografie. Ci vorrebbe un’analisi ben più approfondita di ogni singola immagine, ma non c’è lo spazio. È possibile però accennare qualche dettaglio, poiché un articolo deve essere considerato nella sua totalità. In totale, tra le due testate troviamo 56 fotografie: entrambe le testate hanno inserito 28 immagini di cui quattro in prima pagina. Le immagini in prima pagina compaiono dal 12 al 16 dicembre. Mentre sono sei le fotografie (quattro per “la Repubblica” e due per il “Corriere della Sera”) di Chérif Chekatt, senza contare la scheda di riconoscimento, quelle di Antonio Megalizzi risultano essere 19 (nove per “la Repubblica” e dieci per il “Corriere Della Sera”) e compare in prima pagina quattro volte (due per ogni testata), che sta a sottolineare quello che scriveva Imarisio del fatto che i numeri non bastano ma abbiamo bisogno di una storia, e soprattutto di un volto. Nella maggior parte delle fotografie, Antonio Megalizzi viene rappresentato sorridente in radio con le cuffie, oppure con una bandiera dell’Unione Europea, simbolicamente risultano immagini molto forti e che rimandano alla sua passione per il giornalismo e l’Europa, mentre Chérif Chekatt è mostrato soltanto tramite le fotografie segnaletiche. Ci sono poi altre 16 fotografie (otto per ogni testata) che mostrano le zone del mercatino: le luci di Natale e la polizia, oppure le candele a Place Kléber o ancora i primi momenti dei soccorsi. Alcune di queste fotografie risultano di bassa qualità e sgranate, ma vengono inserite anche se amatoriali. In quasi tutte queste immagini, viene sottolineato il contrasto tra le luci colorate del mercatino con gli agenti della polizia o le !80 sirene accese blu delle volanti, come per mostrare lo scontro tra la festa e il pericolo. Un tratto interessante è anche considerare tutti i contenuti ulteriori che vengono inseriti che non sono né articoli, né fotografie: ci sono delle mappe e cartine che mostrano i punti dell’attacco, ci sono dei box con le testimonianze di Eurodeputati o di amici e amiche di Antonio Megalizzi, altri box per aiutare i lettori e le lettrici. Interessante la funzione del giornale che prova ad essere il più limpido possibile, e cerca di aiutare il pubblico a navigare tra le notizie, inserendo barre laterali come “Per fare il punto” dove viene riassunto ciò che è successo (Bonanni 2018) o i “Precedenti” (Montefiori a 2018) per raccontare i tentativi di attacco a Strasburgo nel passato. Oppure, secondo la sua funzione anche pedagogica, viene spiegato in diversi articoli perché l’Europarlamento si trova a Strasburgo (D’Argenio 2018). Da segnalare anche la vignetta di Ellekappa98 dedicata ad Antonio Megalizzi dove viene rappresentato un paio di cuffie con un microfono e il titolo è “Breaking News”, dove Breaking è barrato, ed è trasformato in “Breakheart news”, oppure ancora lo screen del tweet del ministro degli Interni 99 quando ha lanciato l’allarme dell’avvenuto attentato. 1.4 Analisi dell’articolo Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista L’articolo di Marco Imarisio, Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista è particolarmente significativo perché si presenta come un approfondimento su Chérif Chekatt, costruito a partire dal suo quartiere e dalle persone che lo conoscevano. L’arrivo del web e in particolare dell’informazione trasmessa dai giornali online, hanno imposto dei cambiamenti, complessi e ancora in corso, ai giornali cartacei. Dovendo essere stampato una volta al giorno, il giornale cartaceo rischia di non stare al 98 Corriere Della Sera del 15 dicembre 2018, p. 2 99 La Repubblica del 12 dicembre 2018, p. 2 !81 passo con gli aggiornamenti. Per questo motivo, le notizie dei cartacei, in diversi casi, fungono come dimensione di approfondimento. In effetti, sono diversi gli articoli dove compare un’etichetta che porta il nome di “Il commento”, “I protagonisti”, “Il racconto”, “L’inchiesta”. In questo caso la tipologia è “Il ritratto”. Inoltre, ciò che risulta significativo in questo specifico articolo preso in esame, è la modalità di costruzione. Il giornalista si sposta fisicamente nel quartiere del protagonista per raccogliere dettagli e maggiori informazioni, alla ricerca di una “storia”. L’articolo è del 13 dicembre, quindi un momento in cui Chérif Chekatt non era stato ancora preso dalle forze di polizia. L’articolo si trova a pagina 13, nella pagina a fianco c’è l’articolo "Inneggiava ad Allah e li colpiva alla testa" La fuga del killer, che si concentra molto più sulle dinamiche e sugli aggiornamenti della ricerca di Chérif Chekatt da parte delle forze dell’ordine. C’è anche “L’analisi” di Guido Olimpo che approfondisce la figura del terrorista, indicandolo come “ibrido”. Dunque, sono affiancati due articoli che raccontano lo stesso fatto da diversi punti e con modalità differenti di espressione. Appare interessante descrivere la pagina dove compare l’articolo preso in considerazione: in alto c’è una barra con il nome del giornale, sulla sinistra la data e sulla destra la sezione, che in questo caso è “Primo Piano”. In generale, nei cartacei, le prime 15 pagine circa sono pagine di “Primo Piano”, ossia le notizie più importanti. Poi appare un’altra barra, dove ci sono due dichiarazioni, una è di Donald Trump “presidente americano”, l’altra è di Sergio Mattarella “Presidente della Repubblica”. Le citazioni rimangono marginali e decontestualizzate, ma sono due commenti di due figure molto importanti sull’attentato di Strasburgo. Donald Trump parla di sicurezza: «Ancora un altro terribile attacco terroristico in Francia. Rafforzeremo i nostri confini ancora di più», affermazione che torna a sottolineare i due schieramenti contrapposti, che comprendono tutto l’Occidente, non solo l’Europa, contro il terrorismo. Il commento di Mattarella parla di valori e di difesa delle società democratiche: «Ci stringiamo alla Francia nel cordoglio e nella determinazione a difendere i valori fondamentali di libertà e pluralismo delle società democratiche». Al centro della pagina una foto molto grande, che cade anche nella pagina 12: è !82 scattata in Place Kléber a Strasburgo, sullo sfondo si vede un grande albero di Natale e tutti i palazzi della città alsaziana, in primo piano candele e fiori per le vittime. Nel mezzo si vedono ragazzi e ragazze, alcuni sono assorti, una persona sta scattando un video o una fotografia, alcuni di loro tengono in mano dei cartelli in francese “tutti uniti contro le barbarie” e “io sono Strasburgo”, che richiama l’hashtag #JesuisCharlie, cominciato ad utilizzare dopo l’attentato avvenuto il 7 gennaio 2015 alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo e da quel momento utilizzato modificando lo slogan in base alle situazioni. A fianco della grande fotografia, sulla destra compare un piccolo box con l’etichetta “in rete”: “È tutta opera del governo” il complottismo dei gilet gialli. Il breve testo racconta della teoria complottista girata in rete ed elaborata da alcuni gilet gialli con le varie smentite del primo ministro francese Èdouard Philippe. Sotto la fotografia, invece, l’articolo preso in esame. Il titolo è Droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle: vita di periferia di uno stragista, dal quale emergono diversi dettagli sulla vita dell’attentatore, che in questo caso viene chiamato “stragista”. Il quadro che emerge è la storia di una persona con delle dipendenze e un rapporto difficile con le forze dell’ordine: non ha ricevuto tante condanne, ma esattamente 27. Dare un dettaglio così secco riesce a rendere la situazione più concreta. Come ricordato sopra, l’etichetta che emerge in questo articolo è “Il ritratto”, dunque l’intento è quello di approfondire la figura di Chérif Chekatt. Appare anche il nome dell’autore “dal nostro inviato Marco Imarisio”, che vuole sottolineare come il giornalista si trovi appositamente a Strasburgo. Inoltre, l’articolo si apre con “Strasburgo”, un altro modo per evidenziare questo aspetto. L’occhiello cita: «Chekatt dai piccoli reati ai tentati omicidi, poi la “svolta religiosa” in cella». Se nel titolo il suo legame con il terrorismo non viene espresso direttamente, in questa parte si cita la svolta religiosa. L’occhiello esprime un’escalation: dai piccoli reati ai tentati omicidi, fino all’attentato avvenuto l’11 dicembre. Il pezzo si articola in quattro colonne e mezzo e in otto paragrafi. Oltre al testo classico dell’articolo, c’è la foto di riconoscimento di Chérif Chekatt a colori e la didascalia: «Ricercato. Chérif Chekatt è l’uomo al quale stanno dando la caccia oltre !83 750 agenti, il killer era stato in carcere in Germania nel 2016: da lì era stato espulso». Ci sono anche due frasi riportate con un carattere più grande in due piccoli box all’interno del testo. Nella prima colonna compare la frase: «I ragazzi del quartiere (in grassetto): “era uno dei tanti, uno di noi. L’ultima volta che l’abbiamo visto era ubriaco”». Nell’ultima colonna invece: «L’arresto sfumato (in grassetto) Martedì mattina gli agenti lo cercavano per una rapina a mano armata di agosto». Il testo presenta anche, tra la prima e la seconda colonna, un box etichettato “Chi è” dove si inseriscono alcuni dettagli di Chérif Chekatt: 29 anni, nato a Strasburgo. Origini maghrebine, poche ore prima dell’attentato avrebbe dovuto essere arrestato ma la polizia non l’ha trovato in casa. Nel 2011 era stato condannato a due anni per aver aggredito una persona con un coccio di bottiglia. Per la prefettura era classificato con un “S”, “elemento religioso radicalizzato”. Ad un primo impatto, senza leggere l’articolo per intero, è possibile individuare diversi elementi che confermano ciò che afferma il titolo, ma vengono aggiunti ulteriori dettagli sulla “pericolosità” di Chérif Chekatt. Da questo frame, esce però la citazione dei ragazzi del quartiere che sottolineano che fosse uno dei tanti, uno di loro. Tutto l’articolo ruota attorno alla ricerca di qualche elemento ulteriore per individuare le caratteristiche di Chérif Chekatt, per sottolineare una tipologia di persone che potrebbero agire allo stesso modo, ma contemporaneamente per dimostrare che Chérif Chekatt è simile a tante altre persone che arrivano da quartieri di periferia. Procedendo all’analisi del testo, l’articolo si apre con una domanda messa tra virgolette: «“Siete della Bac?”». È un inizio che lascia perplessi ma allo stesso tempo incuriosisce, il lettore non capisce chi ha pronunciato tale frase e probabilmente si chiede che cosa sia la Bac. Ma le risposte arrivano nelle frasi successive, Marco Imarisio risponde direttamente alla domanda svelando alcuni dettagli: «No, non siamo poliziotti in borghese della Brigata anticrimine». Il lettore quindi si rende conto che la domanda era rivolta al giornalista e la Bac si riferisce alla brigata anti-criminalità in ambito civile. Interessante notare lo stile utilizzato dal giornalista che scrive come se i lettori potessero essere presenti a tale scena, per ripercorrerla mentalmente con lui. Sapendo di parlare con un giornalista, e non con la polizia, i ragazzi del quartiere «si rilassano. E cominciano a parlare». !84 Oltre a descrivere ciò che vede, Imarisio riesce a mostrare il comportamento delle persone che ha incontrato, ragazzi che in qualche modo dovrebbero rispecchiare la figura di Chérif Chekatt. I racconti dei “ragazzi del quartiere” descrivono Chérif Chekatt come uno a cui «piaceva soprattutto la cannabis […] ma usava anche droghe più pesanti. […] l’ultima volta che l’hanno visto […] era ubriaco fradicio», confermando le sue dipendenze descritte nel titolo. Dopo qualche dichiarazione, il racconto si stacca dalle testimonianze dei ragazzi incontrati, per concentrarsi sulla descrizione di Chérif Chekatt paragonato ad altri attentatori come Salah Abdeslam, «forse il prototipo originale». Imarisio trova un denominatore comune per individui che hanno avuto un percorso simile: Reietti di periferia, delinquenti più o meno piccoli divenuti stragisti che certo non disdegnavano lo stile di vita occidentale. A modo loro integrati, fino alla radicalizzazione avvenuta in carcere Un prototipo che sembra aderire agli attentatori dell’ultimo periodo, ma anche agli stessi ragazzi incontrati nel quartiere, perché Chérif Chekatt era semplicemente «“uno dei tanti, uno di noi”, così lo raccontano i ragazzi che lo conoscevano». Nel terzo paragrafo si torna a descrivere Chekatt con le parole delle persone incontrate per strada: «un tipo discreto, «pas baraqué» che in gergo significa non stupido. Parlava poco, stava sulle sue, le solite cose». Ma a fianco alla descrizione di una persona riservata si aggiungono le «27 condanne tra Francia e Germania. Sessantaquattro segnalazioni alla polizia, la prima quando andava alle scuole elementari». Esplicitare tutti i numeri delle condanne e delle segnalazioni significa renderle più tangibili. Inoltre, i dati specifici appaiono più affidabili. Sottolineare che avesse ricevuto una segnalazione quando andava alle elementari va ad evidenziare una sorta di continuità nel suo “essere delinquente” e un’escalation di comportamenti negativi. Imarisio snocciola altri dettagli, come il fatto che la stessa mattina dell’attentato la polizia fosse andata a cercarlo «per una rapina a mano armata finita con un tentato omicidio nell’agosto del 2018». In continuità con il mandato di arresto, segue il !85 racconto di come Chérif Chekatt sia arrivato a contatto con la prigione «dopo aver quasi sgozzato un uomo aggredendolo con un coccio di bottiglia», insieme a svariati esempi di suoi crimini «aveva svaligiato un gabinetto dentistico», «aveva rapinato una farmacia», «spaccio di droga, ricettazione, estorsione, saccheggio, violenza privata». Una lunga lista dove «non manca niente o quasi». Era uscito dal carcere nel 2015 con «addosso l’etichetta S, affibbiata alle persone potenzialmente pericolose per la sicurezza dello Stato francese». L’utilizzo del termine “addosso” è significativo perché impone una sorta di etichettatura definitiva. Verso la fine della terza colonna, emerge un’espressione messa tra virgolette per segnalare una citazione, ma non viene esplicitato a chi sia riferita: «“una pratica della religione sotto forma radicale”». Appare come una dicitura giuridica ma non è chiaro da chi provenga. Una forma radicale che si traduceva «soprattutto nell’odio verso le forze dell’ordine», ostilità emersa anche dai ragazzi del quartiere all’inizio dell’articolo. Si chiude la parte dedicata al carcere: «Una volta fuori, aveva ripreso la vita di sempre». La vita di sempre corrisponde a quella del suo quartiere, che Imarisio ricostruisce da altri racconti di persone incontrate in quelle strade. Per la prima volta nell’articolo, un ragazzo viene identificato con un nome. Se fino a quel punto “i ragazzi del quartiere” venivano rappresentati come un gruppo omogeneo, a questo punto dell’articolo viene nominato “Zach”, descritto come «uno dei condomini intenzionati a difendere il buon nome della zona». Nell’articolo viene poi riportata una scena a cui il giornalista assiste, con gli stessi espedienti dell’incipit, coinvolge il lettore come se stesse vivendo lo stesso avvenimento contemporaneamente: un tassista, del quale si cita nome e cognome, Tufik El Kiri, sembra essere irritato per un servizio televisivo del canale francese all news Bfm dove si spiega che il quartiere in questione è salafita: «Ma non è vero, e poi Chérif in moschea non lo abbiamo mai visto». È già stata affrontata la tendenza del giornalismo a stereotipizzare e, l’intento di questo tassista è quello di ricordare di andare oltre. Questa citazione irrobustisce l’allontanamento della comunità musulmana di !86 Strasburgo100 dalla figura di Chérif Chekatt. Il paragrafo seguente approfondisce il racconto della zona. Per la prima volta in tutto l’articolo, il quartiere viene citato esplicitamente e situato geograficamente, mentre nel resto dell’articolo si parla del “quartiere di Chekatt” senza specificare: Hohberg è nella zona ovest di Koenigshoffen, detto anche «KHF», un quartiere attaccato alla tangenziale di Strasburgo che quasi ovunque viene definito ghetto. Interessante l’utilizzo della parola ghetto, che il giornalista sottolinea di usare perché “quasi ovunque” si parla così di quel quartiere. Se si approfondisce il termine, nel vocabolario Treccani, il ghetto è definito come Quartiere in cui sono raggruppate minoranze socialmente o razzialmente escluse da una comunità […] Di qui, in usi fig., condizione di inferiorità sociale, di emarginazione, cui si sia costretti dall’ingiustizia e dall’egoismo delle classi privilegiate. La definizione appare adatta alla descrizione espressa in questo articolo. La condizione di emarginazione si mostra anche nella rappresentazione dell’edificio «enorme» dove viveva Chérif Chekatt. Il palazzo viene chiamato “Tabac”, perché, come si legge nell’articolo, una volta al suo interno c’era una tabaccheria che ora è chiusa, come “quasi ogni negozio intorno”, che esprime un certo livello di desolazione e noncuranza: i vetri dell’atrio all’ingresso sono scheggiati [..] non un filo di verde, poca gente in giro […] grandi spazi di cemento, tagliati fuori dal resto della città, sullo sfondo le ciminiere della centrale termica di Hautepierre. Il commento descrittivo risulta particolarmente forte e pieno di dettagli che confermano il riferimento con il ghetto. A questa viene aggiunto che «i ragazzi del Tabac fanno la ronda in motorino, controllano, chiedono». Modi di comportamento che mostrano un quartiere che si controlla autonomamente tramite regole interne proprie e non dette: sono gli stessi ragazzi del quartiere a “fare la ronda” e non le forze dell’ordine dello Stato. Dopo la descrizione del quartiere, Imarisio racconta che Chérif Chekatt era nato nel quartiere accanto, Neudorf, dove ancora risiedono i suoi genitori. Ma che tale cfr. Marco Mensurati b, Rabbia in moschea per l’agfhano Kamal colpito senza pietà, La Repubblica del 14 dicembre, p.12-13. 100 !87 quartiere non risulta molto diverso da quello in cui viveva. Hohberg e Neudorf sono le due banlieues «più isolate della città, dove durante l’ultimo capodanno sono state bruciate 85 auto, altre venticinque solo nel weekend di Halloween». Una situazione che, tuttavia, è migliorata nel tempo: fino a pochi anni fa era anche peggio [..] adesso va un po’ meglio, grazie al lavoro delle associazioni di quartiere, ma il tasso di delinquenza rimane il più alto di una città che dopo Parigi ha il numero più alto di schedati S. Il discorso torna a legarsi con quello affrontato approfonditamente sul rapporto intenso tra Strasburgo e il terrorismo. L’articolo si chiude con due brevi paragrafi. Il pezzo si era aperto con una domanda che aveva avviato la conversazione del giornalista con i ragazzi del quartiere, il penultimo paragrafo la fa terminare: «basta, andate via». Tale affermazione chiude il viaggio, fisico del giornalista e mentale dei lettori, nel quartiere e nella vita quotidiana di “uno stragista”. Imarisio mette in luce ancora una volta i comportamenti dei ragazzi di Hohberg: «La loro pazienza è finita e lo fanno capire con modi spicci, stringendosi sempre più ai giornalisti, fino a circondarli». Circondano i giornalisti, come per spaventarli, con comportamenti “spicci”, decisi e veloci. La chiusura è parecchio interessante perché si inserisce anche una valutazione del giornalista: «Questo è il quartiere, questo è il contesto. Non è per fare della sociologia spiccia. È solo per dire che non finirà mai». L’articolo torna più di una volta sulla sensazione di circolo senza fine: «non finirà mai», «è un luogo comune. Dimenticheremo presto il suo nome, quando arriverà il prossimo». Si può notare un tentativo di andare oltre lo stereotipo per cercare di trovare risposte e giustificazioni a eventi spesso descritti come “insensati”. Emerge un doppio profilo: da una parte una continuità della figura di Chérif Chekatt con il particolare prototipo di terrorista, giustificato dal contesto in cui viveva, dall’escalation di crimini e della radicalizzazione in prigione, dall’altra una figura di Chérif Chekatt con lo specifico prototipo di coloro che vivono nel suo stesso quartiere e che possono aver avuto esperienze o contesti simili. !88 In generale, ogni racconto informativo espone due storie diverse (Calabrese, Volli 1995), da una parte la “storia riferita”, ossia ciò che viene raccontato e che si svolge indipendentemente dall’operato dei giornalisti; dall’altra la “storia della ricerca degli elementi della storia”, che si costruisce tramite l’accertamento della verità e della raccolta delle testimonianze. Generalmente la seconda storia rimane completamente nell’ombra, in questo caso viene messa in luce in parte, mostrando il percorso seguito dal giornalista per scrivere questa storia. Nel complesso, l’articolo ha una sua identità e un suo andamento regolare che passa dall’osservazione dei luoghi alla ricostruzione della vita di Chérif Chekatt. Tutto gioca attorno alle testimonianze di chi lo ha conosciuto e ai luoghi che l’hanno ospitato, sottintendendo che sia necessario conoscere il contesto per trovare delle risposte e, allo stesso tempo, proporre altre domande. !89 !90 2. I Giornali online: repubblica.it e corriere.it Prima di affrontare direttamente l’analisi dei giornali cartacei, è necessario soffermarsi sulle caratteristiche intrinseche dei giornali online e sciogliere alcune questioni scivolose sulla loro stessa natura. Se alcuni mezzi di comunicazione, come la televisione e le sue dirette, somigliano all’oralità perché si basano su forme di trasmissione e di memoria che sono fondate sulla presenza immediata, e non sulla traccia, è solo con la comunicazione in rete che si è reso necessario ripensare completamente la relazione tra forme di comunicazione scritte ed orali e allo stesso tempo, ai vari modelli antropologici determinati dalle culture fondate sull’oralità o sulla scrittura. Dal punto di vista giuridico, è la legge n. 47 del 1948 che regola l’attività della stampa. Superfluo dire che è nata molto prima dell’introduzione della rete internet, e soprattutto dall’uso da parte delle testate giornalistiche, ed è quindi necessario verificare quali delle sue norme risultano applicabili, ed entro quali limiti, anche nei confronti delle testate online. In che modo è possibile affermare che le norme della stampa tradizionale risultano assimilabili anche ai giornali online? Ossia, quando un semplice sito web può essere considerato una testata? La sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 23469 del 18 novembre 2016101, richiamando la sentenza n. 31022 CASS. SSUU del 2015 102, riconosce sotto la nozione di stampa, tutti i giornali tradizionali e telematici che sono qualificabili come prodotti editoriali, caratterizzati da una testata, dalla diffusione regolare, dall’organizzazione in una struttura con un direttore responsabile che sia giornalista professionista o pubblicista, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, dalla finalizzazione all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, per tale intendendosi quella di raccolta e commento di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Sentenza Cassazione Civile n. 23469 del 18/11/2016, consultabile sul sito https:// sentenze.laleggepertutti.it/sentenza/cassazione-civile-n-23469-del-18-11-2016 101 Sentenza n. 31022 CASS. SSUU del 2015, consultabile sul sito http://www.giurisprudenzapenale.com/ 2015/08/03/diffamazione-a-mezzo-stampa-no-al-sequestro-preventivo-della-testata-giornalisticatelematica-ssuu-310222015/. 102 !91 Questo significa che il mezzo utilizzato per la diffusione, che sia carta o web, non impedisce l’applicabilità delle norme sulla stampa con i siti che hanno le stesse caratteristiche di una testata tradizionale103. Questo è solo un accenno alla complessità della gestione dell’informazione online, che riesce meno ad incasellarsi nella stampa tradizionale e che, tuttavia, mantiene alcune sue caratteristiche, stravolgendone altre. Apre una serie di domande rivolte a quanto le due tipologie di testate, cartaceo e online, possano essere assimilabili o possano essere considerate due media completamente diversi. Vedremo nel corso dell’analisi quando queste due tipologie si avvicinano e si allontanano. Nonostante si immagini che le due tipologie impongano due diversi modelli di scrittura ed organizzazione, non è sempre così. Secondo Wikipedia, ad esempio, La scrittura per il web è di tipo diverso da quella per la carta stampata: deve essere sintetica, rapida, chiara e, per il tipo di supporto usato (il video), non si presta alla prolissità. Ma non sempre queste caratteristiche vengono riconosciute agli articoli sul web, che rimangono legati al cartaceo, ma autonomi in qualche modo rispetto ad essi. In entrambi i casi, per “La Repubblica” e il “Corriere della Sera”, le versione online sono nate come supporto del cartaceo, ma nel tempo hanno acquistato il loro peso, costruendosi una certa autonomia. “La Repubblica” nasce il 14 gennaio 1976 per iniziativa di Eugenio Scalfari. Il 5 aprile 1996 viene aperta una prima versione sperimentale del quotidiano sul web, in occasione delle consultazioni politiche del 21 aprile di quello stesso anno. Ma è il 14 gennaio 1997, esattamente 21 anni dopo la nascita del cartaceo, che viene lanciato ufficialmente il sito web del quotidiano: repubblica.it. Il sito risulta essere anche una specie di enorme archivio: sono raccolti tutti gli articoli a partire dal 1984 raggiungibili tramite il motore di ricerca aggiornato nel 2008104. Gli Ma allo stesso tempo, vengono esclusi i siti che hanno carattere volontaristico, e dunque non ne fanno parte forum, blog, newsletter, mailing List e social network (cfr. Cassazione, sentenza 10535 del 2008). 103 104 Consultabile al sito https://ricerca.repubblica.it/ !92 articoli usciti in rete sono consultabili gratuitamente, mentre per le pubblicazioni presenti sul cartaceo, è richiesto un abbonamento prima che essi diventino di pubblico dominio, nei giorni successivi all’uscita dell’articolo. Un’ulteriore innovazione avviene il 27 luglio 2018, quando viene lanciata la nuova applicazione mobile per smartphone con il sito repubblica.it, ma a cui vengono aggiunti rep.video.it, dove vengono raccolti i video della redazione, rep.repubblica.it (Rep:), ossia il servizio di approfondimento su abbonamento e Repubblica+, al sito quotidiano.repubblica.it, dove è possibile trovare il servizio a pagamento per leggere il giornale online tramite i propri device. Il “Corriere della Sera” è stato fondato a Milano da Eugenio Torelli Viollier nel 1876 e l’edizione on line del quotidiano è stata aggiunta nel 1995. Il 4 dicembre 1998 viene inaugurato il sito web corriere.it, dopo circa due anni di presenza in rete su www.rcs.it/corriere/. In seguito, da gennaio 2016, i contenuti digitali sono resi disponibili tutti su un’unica piattaforma, leggibile da computer, tablet e smartphone. La consultazione degli articoli di corriere.it è a pagamento su modello paywall. Si aggiunge anche la possibilità della consultazione online delle edizioni passate del quotidiano, come per “La Repubblica”. I due siti rimangono i giornali d’informazione con più utenti unici, con lo storico sorpasso ad aprile 2019 di corriere.it su repubblica.it (9.211.739 utenti unici contro 9.155.290).105 Per entrambe le testate, la creazione del sito online doveva essere un supporto del cartaceo, come in tanti altri casi, ma nel tempo gli articoli online hanno affermato il loro peso. In generale, l’informazione online è caratterizzata dal fatto di essere libera, aperta, e soprattutto gratuita. In tutti i siti di un giornale online è possibile trovare di tutto, da articoli a video, commenti, report, approfondimenti, fotogallery e vignette. Negli ultimi vent’anni, il lettore e la lettrice si sono abituati sempre di più ad un’informazione gratuita, che costa ancora meno della televisione, dove per lo meno è necessario pagare un canone o un abbonamento per le televisioni private. 105 Dati verificati sul sito di Audiweb: http://www.audiweb.it/news/comunicati-stampa/index.html !93 I dati dicono che nel tempo, i siti di informazione online hanno fagocitato la carta e il rapporto tra questi due mezzi di stampa risulta sempre più complesso, visto che il web anticipa sempre le notizie, lasciando il cartaceo ad occuparsi di approfondimenti e commenti, perché sulla velocità non può competere. Se nel settembre 2007, la media giornaliera delle copie cartacee risultava essere di 6,1 milioni, nel settembre del 2018, l’insieme delle copie di cartaceo e abbonamenti digitali sono arrivate a 2,6 milioni106. Si tratta di processi che non possono essere fermati o accelerati, ma possono essere capiti e studiati. Ciò che è necessario mettere in luce è il fatto che anche i contenuti fatti online vengono prodotti da qualcuno. Il sito ha bisogno continuamente di nuove notizie e aggiornamenti, spaziando su un’infinità di contenuti in un contesto in cui i social network impongono pubblicazioni continue. Tuttavia, è difficile riuscire a sostenere economicamente questo processo. Esistono i finanziamenti della pubblicità, ma questa risulta essere ancora troppo poca anche per siti che fanno numeri elevati di contatti giornalieri. Nel giro di dieci anni, il valore della pubblicità su tutti i media ha perso 1,3 miliardi, quella dedicata esplicitamente alla stampa è passata da un 31% ad un 13%. 107 La pubblicità, inoltre, implica una diminuzione della libertà e dell’indipendenza, perché se le testate si legano ad aziende, possono perdere la possibilità di indagare e proporre inchieste proprio su quest’ultime. Le cause della diminuzione del valore delle due principali fonti di ricavo della stampa, la vendita delle copie e la pubblicità, sono molteplici, ma uno dei primi colpevoli è Internet. Da una parte perché ha cambiato totalmente le abitudini di fruizione di contenuti, e dall’altra perché gli editori hanno individuato uno spazio per rivolgersi ad un pubblico sempre più ampio attraverso l’attivazione di prodotti gratuiti. Il “Corriere della sera" è passato da 584.202 a 236.689 e “La Repubblica” 578.395 a 193.036. Dati consultabili nell’articolo Marco Castelnuovo, Milena Gabanelli e Martina Pennisi, Informazione online: il «tutto gratis» ha un prezzo altissimo, “Il Corriere della Sera”, https://www.corriere.it/dataroom-milenagabanelli/informazione-news-siti-giornali-online-tutto-gratis-paywall-abbonamento-ha-prezzo-altissimo/ ef7faf18-014b-11e9-b86a-f4f8946764eb-va.shtml. Cfr. Sito Accertamenti Diffusione Stampa http:// www.adsnotizie.it 106 ibidem. cfr. Sito Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano https://www.osservatori.net/ it_it 107 !94 Tuttavia, questo sistema non riesce a sostenersi finanziariamente, perché gli utenti non si dimostrano così numerosi da garantire sempre una sostenibilità economica e l’incontro del pubblico con il marchio online non significa necessariamente il trasferimento di nuovi lettori paganti per il cartaceo. Gli accessi sono enormi: gli utenti giornalieri che consultano un sito di informazione online superano i 12 milioni. Ma il meccanismo si inceppa, perché il mercato della pubblicità online non è cresciuto come ci si aspettava: negli ultimi 10 anni è passato da 950 milioni a 2,9 miliardi di euro. Nonostante i numeri sembrino elevati, bisogna notare che il 75% di essi finisce direttamente a Google e Facebook. I big del web, hanno saputo meglio di altri, interpretare nel modo più fruttuoso la rivoluzione della vendita degli spot in tempo reale e sono sempre loro a beneficiare della circolazione delle notizie sulle loro piattaforme. Dunque, gli incassi che arrivano dall’online non sono sufficienti, e l’accesso gratuito corrisponde e contribuisce ad un indebolimento del cartaceo. Ed è per questo che alcuni giornali hanno cominciato a produrre notizie a pagamento, affiancandole a quelle gratuite: viene lasciata la libertà di vedere come il quotidiano lavora, ma se il lettore e la lettrice pretendono più contenuti e più qualità, devono pagare. «In gioco c’è la verità, e la verità ha un costo»108: l’affermazione di Milena Gabanelli è un po’ forte, ma rende l’idea. Parlare di verità trascina in mondi metafisici, sarebbe più opportuno riferirsi a “qualità” e “professionalità”. Scrivere articoli richiede tempo e risorse: una redazione che lavora online deve essere sempre aperta 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, quindi deve avere più redattori. Inoltre, risulta difficile individuare una modalità di lavoro coerente con il corrispettivo stampato, che risulta ancora circa il 75% del fatturato di una testata. Il discorso diventa ancora più complesso per chi apre un quotidiano online senza avere alle spalle la carta Marco Castelnuovo, Milena Gabanelli e Martina Pennisi, Informazione online: il «tutto gratis» ha un prezzo altissimo, Il Corriere della Sera, https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/informazionenews-siti-giornali-online-tutto-gratis-paywall-abbonamento-ha-prezzo-altissimo/ef7faf18-014b-11e9b86a-f4f8946764eb-va.shtml 108 !95 stampata. In effetti, sul web esiste ancora un netto primato tra i siti che derivano dalla carta stampata e i nativi digitali, secondo i dati di Agcom (2018: 44). La grossissima concorrenza che si trova in Internet non premia la qualità. Si vanno a scontrare le notizie originarie, scovate, verificate e confezionate con quelle “copiate” e rimodulate con il solo costo di uno stipendio di un redattore seduto alla propria scrivania munito di portatile. In più le ricerche fatte su Google seguono algoritmi che non premiano la qualità, ma piuttosto la visibilità o l’utilizzo di parole chiave ad effetto che posizionano meglio l’articolo sul motore di ricerca. Tutti questi fattori portano ad avere sempre meno inviati e a pagare sempre peggio i collaboratori. Il risultato finale è tutto gratis ma con qualità sempre più scarsa. Un problema che ha coinvolto tutto il mondo dell’informazione: il “New York Times” ad esempio fa accedere al sito solo tramite abbonamento e i suoi profitti hanno superato quelli della pubblicità online con 3 milioni di iscritti. Nel Regno Unito, il “The Guardian” ha ricevuto sostegno da più di un milione di persone. Anche in Italia ha avuto il suo impatto. C’è chi differenzia tra articoli gratuiti e a pagamento, come funziona per repubblica.it, e chi invece inserisce un paywall, ossia un muro oltre il quale non è possibile consultare altri articoli gratuitamente, come corriere.it. Dopo aver letto 20 articoli in modo gratuito, si è costretti ad acquistare un abbonamento per leggere gli altri articoli.109 Dall’analisi fatta, emerge la differenza di qualità tra cartaceo e online. Gli articoli online hanno molti più errori di battitura e refusi. C’è un esempio eclatante nell’occhiello dell’articolo Il paradosso dell'Isis: senza più Stato, ora punta tutto sull'attacco all’Europa. Sulla versione online si legge un “propaganza” al posto di propaganda. Sul cartaceo invece appare la parola corretta “propaganda”. Paradossale il fatto che lo stesso articolo mostri errori al suo interno quando si trova online, ma questi vengano corretti se viene stampato, oltre al fatto che sull’online quando si individua un errore, questo può anche essere corretto, modificando l’articolo. Da segnalare anche due versioni di Anna Lombardi pubblicate in due giorni diversi, uno il 12 dicembre e l’altro il 13, con lo Interessante notare che quando si ricerca “corriere paywall” su Google, tra i primi risultati emergono guide e articoli per raggirare il pagamento, tramite ad esempio le modalità di navigazione in incognito. 109 !96 stesso titolo Strasburgo, è caccia al killer dopo la strage. Tre morti, 16 feriti. Quattro fermati. Sono diverse le fotografie utilizzate come copertina. Tra una versione e l’altra vengono aggiunte integrazioni e modifiche, l’articolo non è modificato direttamente ma ripubblicato lasciando entrambe le versioni. Perché fare questa digressione sulla condizione del giornalismo sul web? Per cominciare a conoscere ed interpretare nel modo corretto il funzionamento dei giornali online, mostrando il sistema che li ospita, ricordando il problema della qualità. Il tentativo è quello di leggerli in modo indipendente dai corrispettivi cartacei, nonostante sia importante ed interessante metterli a confronto. In generale, non è nell’interesse di questa ricerca esporre giudizi di merito, e non sarebbe opportuno affermare che un articolo risulta qualitativamente migliore o peggiore di un altro. Questa analisi vuole semplicemente osservare le modalità di stesura delle testate online mostrando alcune problematiche o superficialità, che possono anche essere determinate dal modo in cui funziona il sistema. 2.1 Disposizione L’analisi non può essere svolta nello stesso modo dei cartacei, perché in alcuni casi si cadrebbe in una serie di ripetizioni, visto che si tratta comunque delle stesse testate, e perché trovo necessario focalizzarmi su aspetti diversi in base alla specificità del medium preso in considerazione, in questa parte; concentrandosi meno sulla scrittura in quanto tale, ma alla luce dell’utilizzo del linguaggio specifico dei giornali online. La prima distinzione dal cartaceo si trova nel fatto che il materiale è stato raccolto direttamente dai siti Internet dei giornali analizzati. In un certo senso in modo più semplice di dover andare in biblioteca a ricercarli manualmente per poterli sfogliare uno per uno. Anche per questo motivo, però, si è reso difficile riuscire a recuperare tutti gli articoli pertinenti. !97 In effetti, la semplice ricerca “attentato Strasburgo” sui corrispettivi siti, repubblica.it e corriere.it, non sempre è risultata funzionante. Il corpus è stato irrobustito man mano, perché in fondo agli altri articoli analizzati, era possibile riuscire ad identificare altri articoli pertinenti ma che per qualche motivo non venivano riconosciuti nell’algoritmo della ricerca. Questo può dunque determinare la difficoltà ad analizzare tutti gli articoli. Inoltre, alcuni contenuti potrebbero essere stati cancellati, mentre su un cartaceo questo problema non si pone, a meno che qualcuno non abbia strappato la stessa pagina da tutte le edizioni di un determinato quotidiano. Il corpus è formato da 62 contenuti per il corriere.it (a cui si aggiunge un articolo del 17/11/2015110): 33 sono articoli (di cui 14 sono uguali al cartaceo), 26 video (di questi due sono dei veri e propri servizi e due sono delle dirette non più disponibili), 4 fotogallery, che raccolgono fotografie oppure schede con notizie. Per quanto riguarda repubblica.it è un po’ più complesso: i contenuti trovati sono 46, tra cui 28 articoli (2 uguali al cartaceo) e 18 video (uno è un servizio). Vanno però aggiunti 16 articoli sul sito di approfondimento a pagamento rep.repubblica.it (13 di questi sono gli stessi del cartaceo). Saranno analizzati tutti insieme, nonostante risultano su livelli differenti, esplicitandoli quindi ma tentando di trovare dei punti di ritrovo. Come affrontato nel cartaceo, è necessario mostrare in che modo i contenuti si diffondono nei dieci giorni presi in considerazione. È evidente che per la maggior parte i contenuti emergono tra l’11 e il 14 dicembre. Nello specifico, repubblica.it pubblica sei contenuti e corriere.it otto la sera dell’11 dicembre. Il giorno più consistente, come ci si può aspettare, è il 12 dicembre, dove sono raccolti 18 contenuti per repubblica.it e 18 per corriere.it. In tutto sono 36 contenuti, di cui 17 articoli, 14 video e tre fotogallery. Il 13 dicembre, cominciano a calare, risultano 21 contenuti, di cui 9 per repubblica.it e 13 per corriere.it. Rimangono consistenti i video, sette, e tra questi appare anche un video live sul corriere.it. Il 15 dicembre ci sono dieci contenuti totali, sette per “La Repubblica" e tre per È una raccolta di tutte le vittime italiane per terrorismo dal 2001, è inserito anche il nome di Antonio Megalizzi. Dunque interessante anche il fatto che gli articoli del passato possano essere utilizzati e riattualizzati. Cfr. https://www.corriere.it/esteri/cards/sono-33-italiani-morti-mondo-2001-vittimeattentati/19-novembre-2001_principale.shtml 110 !98 “Corriere della Sera”. Poi si scende dal 16 al 19 dicembre, con una media di circa due articoli al giorno per ogni testata. Infine, il 20 dicembre, sono otto: cinque per repubblica.it e tre per corriere.it. Cinque di questi sono video e una, sempre per corriere.it, è una diretta live. Per quanto riguarda la disposizione delle tematiche, è possibile affermare che in generale è stato più difficile incasellare gli articoli in argomenti e focus definiti. Nel particolare le tipologie dei contenuti pubblicati online sono molto diverse, in alcuni casi risultano notizie molto telegrafiche con solo un dettaglio. Ma in altri casi, risultano degli articoli anche molto lunghi dove vengono inserite diverse tematiche e diversi contenuti. Si tenterà, comunque, di fare delle distinzioni per mostrare qual è stata la tendenza, partendo principalmente dal titolo e cercando di dare per scontato che il focus della notizia sia quello espresso nel titolo, che è ciò che il lettore si aspetta di leggere. Topic. Nella divisione delle tematiche, sono presi in considerazione anche gli articoli sul web identici al cartaceo che, per certi aspetti, presentano una maggiore unità semantica. In generale, sui 77 articoli analizzati, solo un articolo per ogni testata si dedica a raccontare la dinamica dell’attentato, comunque impreziosito da contenuti e probabilmente modificato in seguito con i nuovi aggiornamenti; a differenza del cartaceo, che invece aggiunge di giorno in giorno ulteriori dettagli sull’evento dedicando articoli al racconto. In ogni caso, l’attentato viene ricapitolato in ogni pezzo e nella maggior parte dei casi è possibile trovare un link agli articoli precedenti che si sono occupati di approfondire i vari aspetti. Nonostante non si tratti di un vero e proprio “articolo”, come si intende a livello tradizionale, è interessante riportare il contenuto Cosa sappiamo fin ora (Sclaunich 2018) che espone i fatti salienti in poche righe accompagnato da diverse fotografie. Ad ogni fotografia corrisponde un aspetto dell’attentato. Sono nove (quattro per repubblica.it e cinque per corriere.it), invece, gli articoli che ruotano attorno ad una testimonianza o un racconto di una persona che in qualche modo ha vissuto l’attentato. Questi possono essere esposti come una vera e propria intervista, !99 con l’articolo si trasforma in un pezzo a domande e risposte. L’articolo, però, può anche essere reso con diverse citazioni unite da brevi frasi dal giornalista, ma non sempre le dichiarazioni vengono sufficientemente contestualizzate. Infatti, in alcuni casi, gli articoli risultano un po’ confusi e poco lineari perché pieni di citazioni non del tutto connesse tra loro. Il gruppo più consistente di articoli, come per il cartaceo, è quello che si focalizza sulle vittime. Sono trentatré in tutto, sedici per repubblica.it e diciassette per corriere.it, significa più di un terzo degli articoli in totale, quasi tutti concentrati sulla storia di Antonio Megalizzi. Gli articoli dedicati alle vittime compaiono già dai primi giorni ma poi aumentano e diventano il topic di ogni notizia dopo il 13 sera, ossia dopo la morte di Chérif Chekatt. Gli articoli dedicati alla figura di Chérif Chekatt risultano quattordici, nove per repubblica contro cinque di corriere. Tra questi sono considerati anche quelli riferiti al blitz, anche se i titoli spostano quasi sempre l’attenzione principalmente sulla figura di Chérif Chekatt. Infine, sono diciannove gli articoli che si discostano in parte dall’attentato in questione per rivolgersi ad altre tematiche attinenti: il terrorismo, l’Europa, gli attentati del passato. Sono quattordici per repubblica.it e cinque per il corriere.it, una differenza consistente rispetto a tutte le altre categorie che in generale rispecchiano più o meno gli stessi numeri. Come specificato, la differenza di tematiche è stata svolta osservando principalmente il titolo. In diversi casi però, nonostante il titolo sia focalizzato su un aspetto in particolare, è possibile trovare diversi paragrafi che affrontano tematiche leggermente diverse. Ad esempio, l’articolo di Anna Lombardi Strasburgo, è caccia al killer dopo la strage. Tre morti, 16 feriti. Quattro fermati, comprende una serie di paragrafi con i titoli: “I fermi”, “Il bilancio”, “La testimonianza”, “Nessuna rivendicazione”, “Le ricerche”, “La strage”, “Il precedente”, “Un ferito italiano”, “la matrice”, “L’Europarlamento”, “Il presidente francese”, “La reazione di Trump”. Alcuni paragrafi sono legati tra loro ma sono posizionati a distanza, come “Nessuna rivendicazione” e “la matrice” che espongono più o meno lo stesso concetto ma posizionandolo in due paragrafi diversi, nemmeno adiacenti, che frammenta !100 ulteriormente la lettura e la consequenzialità dei fatti. In diversi casi gli articoli risultano una somma di informazioni, non sempre coordinate tra loro, sia perché gli articoli sono in costante aggiornamento e sia perché il web richiede tante notizie flash piuttosto che una notizia lunga. Tuttavia, il lettore può essere mandato in confusione quando tanti articoli riportano in maniera completa testi del cartaceo, lasciando un articolo lungo e articolato. È dunque a questo punto necessario focalizzarsi su un confronto tra gli articoli del cartaceo e quelli online. Dalla carta stampata al web, e viceversa. Guardando gli articoli raccolti, più di un terzo sono articoli del cartaceo riportati sul web: sono 14 su 33 per il corriere e 15 su 44 per repubblica (considerando tutti insieme gli articoli di repubblica.it e rep.repubblica.it). In effetti, non tutti gli articoli riportati dal cartaceo all’online presentano le caratteristiche specifiche del web. Se consideriamo le due tipologie diverse, è necessario costruire una traduzione tra l’articolo del giornale cartaceo e quello online. Invece al massimo ci si limita ad una aggiunta di link e contenuti. Ma nella quasi totalità dei casi non si riadatta il testo. Per repubblica.it e rep.repubblica.it gli articoli vengono impaginati divisi in paragrafi nella maggior parte delle volte. Ma solo in tre casi vengono aggiunti link e contenuti. Anche se, considerando che il sito rep.repubblica.it deve essere un sito di approfondimento e va considerato quasi come un cartaceo. Mentre per corriere.it sono otto gli articoli per i quali vengono aggiunti contenuti ulteriori, contro i cinque di solo impaginazione e divisione in paragrafi. Va menzionato l’articolo di corriere.it Attentato Strasburgo, ucciso il killer: Cherif Chekatt neutralizzato dalla polizia, che oltre ad avere una aggiunta di contenuti multimediali, fotografie, video e link, ha un paragrafo aggiuntivo del commento di Matteo Salvini sulla morte del terrorista. Un’altra segnalazione va fatta per due articoli scritti da Guido Olimpo, uno per il cartaceo e uno per l’edizione online. Gli articoli sono diversi, impostati e scritti in modo differente, ma hanno contenuti molto simili. L’articolo sul cartaceo risulta un commento !101 sulla strategia del terrorista, che definisce “ibrido”. Sull’online vengono ripresi alcuni concetti, ma sono resi in sei punti per spiegare perché «L’attacco di Strasburgo “racconta” una serie di elementi». Ed è interessante che venga utilizzato il termine raccontare, come se la realtà potesse esprimersi autonomamente tramite un racconto e dunque potesse essere letta. Mentre il commento è tipico del giornale cartaceo, l’articolo a punti risulta più pragmatico e più fruibile online. Un’altra considerazione da fare sul rapporto cartaceo e online è il fatto che tra i link, sono stati individuati anche alcuni articoli che corrispondono ai quotidiani locali, e dunque non è possibile dire con certezza se sono stati riportati sui cartacei di quelle edizioni. È possibile quindi affermare che in generale, appare esserci un continuo interscambio di dipendenza e indipendenza tra i due strumenti. È interessante notare ad esempio come sulle pagine del “Corriere della Sera” compaiano una serie di piccoli box che rimandano il lettore ad aprire il sito del corriere.it. Allo stesso modo gli abbonamenti permettono l’accesso a tutti i giornali cartacei sfogliabili. Come emerso in diverse occasioni, non risulta semplice uniformare tutti gli articoli online con caratteristiche proprie dello strumento di cui si servono. Lo spazio che presenta il web rispetto ad un giornale cartaceo è enormemente più ampio, e dunque impone di aggiungere molti contenuti che vanno oltre l’articolo tradizionale. Si dispone di tipologie di contenuti molto diverse tra loro. Alcuni risultano ben articolati e con una struttura interna delineata, soprattutto quelli riportati dal cartaceo. Ma, come è emerso, si possono trovare diversi articoli che uniscono tra loro paragrafi poco collegati. Ci sono articoli molto telegrafici, che ricalcano quasi l’impostazione delle agenzie. Ad esempio l’articolo dove viene riportato il post dell’eurodeputato Brando Benifei 111. In altri casi ancora, alcuni testi uniscono tra loro diverse dichiarazioni o commenti. Un caso eclatante è l’articolo, "Inseguo le mie passioni: il giornalismo e l'Europa": il ricordo di Antonio Megalizzi. Saviano: "Un uomo e giornalista europeo”, che raccoglie diversi tweet espressi a seguito della morte di Antonio Megalizzi. Le fonti per la maggior parte vengono citate, ma questo non 111 ! Attentato Strasburgo, un giornalista italiano tra i feriti, 11 dicembre 2018: https://www.corriere.it/ esteri/18_dicembre_11/attentato-strasburgo-giornalista-italiano-feriti-53ff0d32-fd94-11e8-84b7ff9bf5ee4344.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) !102 significa che in tutti i casi siano autorevoli. In molti casi, sono citati altri media o testate, in special modo quelli francesi. Ma in altrettanti, sono i social network ad essere le fonti: i post o i tweet sono direttamente embeddati nell’articolo. In alcuni casi sono gli stessi post ad essere il focus della notizia. Questo è un punto interessante per osservare come la presenza ingombrante dei social network abbia imposto dei cambiamenti alla creazione della notizia da parte della stampa. Non mancano ovviamente le interviste e gli approfondimenti, strutturati nello stesso modo dei giornali cartacei. Un caso è l’intervista rivolta a Thomas Roder, avvocato tedesco di Chérif Chekatt (Mastrobuoni 2018) che approfondisce degli aspetti diversi sull’identikit di Chekatt, spazio che nel cartaceo non è stato trovato. Oppure un’intervista completa all’eurodeputato Marco Affronte (Perischella 2018), che nel cartaceo aveva trovato spazio con delle breve dichiarazioni inserite all’interno di un articolo. 2.2. L’ipertesto Se nel giornale cartaceo, l’aspetto principale su cui la ricerca si è focalizzata è stato il linguaggio e il suo utilizzo simbolico, per quanto riguarda la dimensione online, una delle caratteristiche fondamentali da prendere in considerazione è l’ipertestualità. Una forma che rappresenta bene il processo di convergenza dei media perché «favorisce di per se stessa i processi di ibridazione e l’inclusione l’una nell’altra di componenti comunicative funzionalmente assai diverse». (Volli 2003: 193) L’ipertesto, infatti, collega tra loro dimensioni differenti e diversi codici comunicativi. Rispetto al testo statico della carta stampata, sul web il lettore può muoversi in modo libero e flessibile tra le varie componenti del testo. Tuttavia, non manca un’indicazione del percorso da seguire da parte dell’emittente. Un esempio possono essere i link degli articoli suggeriti in fondo alla pagina. L’ipertesto si costituisce soprattutto di link, «percorsi di passaggio predisposti» (ibidem), che insieme alla virtualità rappresentano le caratteristiche !103 fondanti di tale mezzo. Tuttavia, non è sufficiente introdurre contenuti e collegarli tra loro, ma va anche mostrato tale legame. In effetti, questa possibilità spesso si traduce in una serie di contenuti e collegamenti di cui non si riconosce linearità o corrispondenza specifica, caratteristica notata in diversi di questi articoli, che impostano link non sempre aderenti al contenuto da cui si parte. La linearità, in ogni caso, non è una caratteristica richiesta, come nelle forme tradizionali di testualità. In generale, i link all’interno dei testi degli articoli sono meno presenti di quanto ci si aspetti, anche se in ogni pagina web gli spazi in cui spostarsi da una notizia all’altra incorniciano completamente tutto l’articolo, proponendo al lettore una serie di distrazioni e collegamenti di ogni tipo. Parlando di ipertestualità, non si può prescindere dal citare un esempio di come repubblica.it112 organizza i contenuti dedicati ad una specifica notizia. Il sito imposta una pagina apposita per raccogliere tutti gli articoli inerenti all’attentato e appare interessante osservare il modo in cui vengono esposti. Graficamente, è molto simile ad una prima pagina di un giornale, ma risulta meno compatta, molto più espansa. In cima, al posto della sezione, c’è il titolo generale: Strasburgo, attentato al mercatino di Natale. Subito sotto, la data con scritto «Aggiornato il 15 dicembre 2018», fa notare che l’attenzione sull’attentato rimane prioritaria fino al 15 dicembre, dopodiché gli articoli non vengono più aggiunti in questa specifica sezione. La prima notizia a comparire, Assalto nel centro della città simbolo dell’Europa risulta essere quasi la didascalia di una grande fotografia dove si mostra la polizia ai mercatini. Il link collegato al titolo rimanda al primo articolo pubblicato, cioè quello che parla nello specifico dell’attentato avvenuto (Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano). Al posto dell’occhiello, ci sono altri due link Il bilancio finale della strage: quattro vittime, c’è anche un italiano e L’assalitore è riuscito a fuggire, ucciso nel suo quartiere due giorni dopo. Scendendo nella colonna principale si trovano la sezione “Le vittime” con cinque Consultabile sulla pagina web https://www.repubblica.it/dossier/esteri/attentato-mercatino-natalestrasburgo?ref=RHPPLF-BL-I0-C8-P2-S1.8-T2 112 !104 articoli presentati, per tre di questi ci sono anche i nomi degli autori. Ci sono due fotografie: una che ritrae Antonio Megalizzi in radio con cuffie e microfono e una dove si vede Rue Des Orfèvres transennata con la polizia. A seguire la sezione “Il Killer” con tre articoli dedicati a Chérif Chekatt e al blitz del 13 dicembre. Le fotografie sono tre: una fotografia di Chekatt e la sua fotografia di segnalazione, la terza rappresenta le immagini subito dopo il blitz. A seguire una piccola sezione di Rep: con due articoli etichettati come “L’inchiesta” e “Il commento”. Si riferiscono all’articolo Così Chérif ha sfruttato le falle della sicurezza e A Strasburgo le nostre vecchie e nuove paure. A seguire la sezione “i Luoghi” che raccolgono quasi tutti gli altri articoli. Una piccola colonna a destra riporta un articolo di Rep: e poi tre video. È interessante notare la scelta di categorizzare gli articoli e il modo in cui è stata data la priorità a quelli che vengono considerati più rilevanti. La pagina risulta facile e completa per il lettore che può decidere quale aspetto approfondire partendo da un’unica base. Non esiste una pagina simile per il corriere.it. Per quanto riguarda la forma ipertestuale, si può dire che in entrambe le testate, oltre ad esserci link, compaiono sempre altri articoli suggeriti, sotto l’etichetta di “Leggi anche” che invitano il lettore ad approfondire tematiche simili o aspetti diversi. Nella totalità dei casi, gli articoli suggeriti hanno a che fare con l’attentato, parlandone direttamente o usandolo come pretesto per parlare d’altro. Un aspetto da non tralasciare è il fatto che nel sito rep.repubblica.it è possibile vedere l’avanzamento dell’articolo, tramite una barra arancione, che mostra quanto manca alla fine, ed è anche possibile sentire l’articolo come fosse un audiolibro. Sono caratteristiche ulteriori ritrovate solo nel sito a pagamento, che si può permettere di presentare una grafica più funzionale e comoda per il lettore. Indipendentemente dalla specificità dell’utilizzo della centralità dell’ipertestualità, è opportuno valutare l’utilizzo del linguaggio anche all’interno dei giornali online, ma agendo in maniera differente rispetto al capitolo precedente, apponendo dunque un’analisi di tipo computazionale. !105 Il linguaggio. Seguendo l’idea di Rogers, è stato applicato uno strumento leggermente diverso. Lo studioso propone di rovesciare l’approccio allo studio dei media, affiancando alle analisi tradizionali nuove analisi che partono dal medium stesso. Questo partendo dal presupposto di conoscere il medium e costruire strumenti e tecniche capaci di fornire informazioni sulla società a partire dai suoi usi. Rogers intende presentare l’atteggiamento metodologico necessario per fare ricerca utilizzando il web: è una proposta per dare un nuovo orientamento agli studi su Internet attraverso la ridefinizione dei cosiddetti “metodi del medium”, o, più precisamente, i metodi incorporati negli studi online. (Rogers 2016: 23) I cosiddetti metodi digitali cercano di ricombinare gli oggetti digitali in modo produttivo e, in secondo luogo, utilizzare i dispositivi esistenti per analisi di tipo sociale e culturale. L’intento è quello di sviluppare un «approccio metodologico e una forma mentis per fare ricerca sociale con il web, cercando di spostare i confini delle tecnologie dell’informazione e delle tecnologie» (ibidem). In questo caso, è possibile applicare tale strumento disponendo della stessa procedura utilizzata per la ricerca del materiale, avvenuta tramite un motore di ricerca. Allo stesso modo, un metodo per analizzare il linguaggio può essere quello di studiare la disposizione delle parole usate. Tramite il software gratuito RStudio è stata applicata una pulizia generale al corpus ed effettuata l’identificazione di TDM (Term Document Matrix), una matrice matematica che descrive la frequenza dei termini che occorrono in una collezione di documenti. Ho applicato tale analisi al corpus intero degli articoli raccolti da repubblica.it, rep.repubblica.it e corriere.it. Oltre ad aver raccolto quel dato, ho deciso di dividere il corpus per ogni giorno per valutare come si è modificata la disposizione dei termini nei giorni seguenti all’attentato (ad eccezione del 18 e 19 dicembre che a causa della scarsità di articoli ho analizzato congiuntamente). Alla TDM, è stata affiancata la sentiment analysis, ossia quell’insieme di procedure per l’analisi automatica di testi che ha lo scopo di definire l’atteggiamento degli utenti nei confronti di un oggetto. Quest’ultima risulta valida in parte sul corpus analizzato perché lo strumento è meccanico e le categorie vengono scelte in base alla parola. In questo caso, sarebbe !106 necessario valutare il significato che la singola parola ha in un contesto, e non è detto che il termine utilizzato abbia un valore di per sé. La sentiment analysis si focalizza sulle singole parole e dà ad ognuna dei valori, andando a verificare il contesto, il valore potrebbe cambiare completamente. I dati emersi sono chiari e lineari, ma non bastano da soli, vanno interpretati. Interpretare corrisponde a due domande banali: di cosa mi stai parlando e qual è il significato che stai veicolando? Ma se capire che cosa significa interpretare non risulta estremamente complesso, capire in che modo interpretare non è assolutamente scontato. Tuttavia, possono essere messi in luce diversi aspetti. In totale, le parole più utilizzate sono “Strasburgo" (278 volte) e “Antonio” (270). Di per sé questi dati risultano significativi, perché l’accento è posto maggiormente sul luogo e su una delle vittime. Segue la parola “stato” (170 volte), che risulta così frequente perché si riferisce sia allo “Stato”, inteso come luogo geografico, sia utilizzato come un verbo del participio passato. Al quarto posto, la parola “Megalizzi” (133 volte). Questo dato è interessante, perché fa emergere come almeno nella metà dei casi, il nome Antonio è stato usato da solo senza citare il cognome. Utilizzare solo il nome significa giungere ad un certo livello di confidenza o la persona in questione rappresenta un personaggio pubblico. Va comunque segnalato che Antonio è anche il nome dell’allora presidente del Parlamento Europeo Tajani (utilizzato 17 volte). Il termine “attentato” è solo alla sesta posizione (131), ma si può osservare che tale termine può essere affiancato da diversi sinonimi o termini utilizzati per descrivere lo stesso concetto, come “strage” (37 volte) e “terrorismo” (29). All’ottava posizione “Chekatt” (103 volte), a cui si aggiungono i termini “Chérif” 113 (70), “killer” (32), “attentatore” (29) e “terrorista” (21). Se per Antonio Megalizzi, il termine più utilizzato è il nome, Chérif Chekatt è più citato con il cognome, anche questo conferma la distanza diversa che i media creano nei confronti di uno e dell’altro. Inoltre, rispetto ai termini legati a Chérif Chekatt, i termini legati ad Antonio Megalizzi sono leggermente più utilizzati: “giornalista” (70), “Trento” (76), “radio” (64), 113 Nella ricerca dei termini ho unito i termini “Cherif” e “Chérif” !107 “giovane” (61) ed “europhonica” (45). Un altro termine particolarmente utilizzato è “Europa” (93), che si trova all’undicesimo posto. Il termine utilizzato sia per il fatto che a Strasburgo si trova il Parlamento Europeo, ma anche per quello schieramento, che veniva sottolineato nell’analisi dei giornali cartacei, posto tra “loro”, il terrorismo, e “noi”, l’Europa. Risulta interessante, anche osservare come le “parole chiave” si modificano con il passare dei giorni. Ad esempio, “Strasburgo” rimane la parola più usata nei primi tre giorni (31, 90, 57 volte), che però per il 14, 15, 16, 18 e 19 dicembre viene superata da “Antonio” (82, 42, 17, 11 volte). Infatti, per l’11 dicembre, la parola “Antonio” viene citata solo cinque volte, e probabilmente il nome è stato inserito in seguito poiché la sua identità è stata rivelata durante il 12 dicembre. Il 12 dicembre, “Antonio” viene utilizzato ben 70 volte, per poi scendere a 20 il 13 dicembre, giorno in cui “Chekatt” viene nominato 55 e “polizia” 29 volte, lo spazio è giustificato dal blitz in atto proprio il 13 dicembre. Dopo l’uccisione, Chérif Chekatt non è quasi più citato, lasciando spazio più ampio a parole come “Europa” e “radio”. Il termine “attentato” viene citato 14 e 35 volte, l’11 e il 12 dicembre. Il 20 dicembre, la parola più usata risulta “Trento” (16 volte), il giorno del funerale di Antonio Megalizzi che si è svolto proprio nel capoluogo del Trentino-Alto Adige. Solo un piccolo accenno alla sentiment analysis, che mostra la barra del “negativo” sempre molto maggiore rispetto al “positivo”, con i punti maggiori per termini che fanno riferimento a “tristezza”, “rabbia” e “paura”. Analizzando giorno per giorno, non sono state individuate particolari variazioni. In costante aggiornamento. Un’altra caratteristica del web è la possibilità di essere costantemente aggiornati. Infatti, al contrario del giornale cartaceo, se l’azione viene raccontata al presente risulta più immediata, perché appare stia realmente succedendo in questo esatto momento. Nel mondo del giornalismo online, sono spesso presenti delle tipologie di articoli che vengono aggiornate man mano che l’evento si modifica, come una specie di cronaca minuto per minuto. !108 In questo caso, il modo per rendere l’aggiornamento costante avviene tramite due tipologie: le modifiche all’interno degli articoli e le dirette video. Su corriere.it appaiono due video live, uno il 13 dicembre per mostrare il momento subito successivo all’uccisione di Chérif Chekatt, e uno il 20 dicembre per il funerale di Antonio Megalizzi. Le dirette non sono più visualizzabili, mentre solitamente sui social network al termine del live, il video rimane disponibile per essere rivisto. Questa caratteristica appare avvicinarsi maggiormente al flusso televisivo analogico, che riconduce ad un livello effimero poco presente nel web, dove il diritto all’oblio non viene quasi mai rispettato. La seconda tipologia è data dalla possibilità di modificare gli articoli anche dopo essere stati pubblicati. Tutte le modifiche del caso possono essere apposte, ma non è possibile vedere le precedenti versioni. Ad esempio, al fondo degli articoli del corriere.it al fianco della data di pubblicazione viene espresso il momento della modifica: «14 dicembre 2018 (modifica il 15 dicembre 2018 | 10:57)». Questo è interessante perché permette di capire il limite ultimo dell’aggiornamento. 2.3 Fotogallery, cards e video L’analisi si deve concentrare anche sulle altre tipologie di contenuti che sono presentate oltre all’articolo, come fotogallery e cards. Questi contenuti sono presenti soltanto nel sito del corriere.it. Le cards sono delle “schede” sfogliabili, dove ad ogni scheda corrisponde un’immagine e un breve testo, non è la didascalia ma sono informazioni anche slegate dalla fotografia. Il contenuto Attacco Strasburgo, quello che sappiamo fin qui, si presenta come un articolo: quando si apre il link c’è il titolo, l’occhiello e il nome dell’autore. Tuttavia, a differenza di un articolo, non appare un testo lineare, ma un riquadro con una fotografia e un breve testo, con due frecce per muoversi a destra o a sinistra per scorrere tutte le altre schede. Questo contenuto riporta quattro schede tematiche: “Il bilancio", “la dinamica !109 dell’attacco”, “Chi è Cherif”, “La reazione”. Appare poi una quinta card con scritto “vedi altre schede”, uno stratagemma per far rimanere il lettore focalizzato sulle notizie a disposizione e non disperdere la sua attenzione, indirizzandola su altri contenuti. È possibile affermare che questa tipologia di contenuto, più interattiva, è speculare alla caratteristica dell’ipertestualità e alla consapevolezza di sviluppare una lettura meno concentrata che fa muovere il lettore da una parte all’altra del sito. Anche Attentato Strasburgo, chi sono le vittime è impostata a schede, dove ad ogni scheda corrisponde la descrizione di quattro delle cinque vittime. Le fotogallery, invece, assomigliano agli album di Facebook dove vengono raccolte diverse fotografie. Fotografie fatte dagli stessi giornalisti o prese da agenzie di stampa. In molti casi però vengono raccolte dai social network. Prendendo in considerazione la fotogallery più consistente, Strasburgo, spari al mercatino di Natale, è possibile notare alcune caratteristiche. Come qualsiasi altro contenuto, sotto al titolo si trovano tutte le piattaforme per condividere l’articolo. La condivisione va della diffusione e della popolarità dell’articolo, che vuole sempre più avvicinarsi alle dinamiche dei Social Network dove «l’interattività è mirata, soprattutto, a permettere la condivisione dei contenuti, e la sua distribuzione virale», (Taddeo 2015: 268). Poi c’è una piccola descrizione: Spari al mercatino di Natale a Strasburgo: panico nella zona centrale ora isolata. Ci sarebbero vittime. La polizia invita a non uscire. L’attentatore o gli attentatori sarebbero in fuga. Chiuso anche il Parlamento Europeo. (Foto da Twitter). La descrizione è composta da frasi secche e poco collegate tra loro. Come giustificato poco sopra, le fotografie sono state prese direttamente da Twitter. È possibile guardare una fotografia alla volta, oppure lasciare al sito sfogliare le fotografie tramite uno slideshow. In questa fotogallery sono raccolte 29 fotografie molto simili tra loro. Si vedono militari, luci di Natale, persone in lontananza che aiutano persone a terra, ambulanze, polizia nella zona di Neudorf, armi in primo piano, il mercatino pieno di gente e poco dopo il mercatino completamente vuoto. La maggior parte di una qualità molto bassa. Le immagini cercano per la maggior parte di richiamare lo scontro normalità/ emergenza, affrontato approfonditamente nel capitolo precedente, e la festività distrutta. !110 In generale, comunque, in ogni articolo compare almeno una fotografia, che rientra spesso in quelle descritte nella fotogallery, anche se per la maggior parte dei casi, ci si limita ad utilizzare fotografie di qualità maggiore per presentare l’articolo. Accanto alle fotografie, appaiono altre tipologie di contenuti inseriti nell’articolo. Ad esempio, le mappe che mostrano dove sono avvenuti gli attacchi. Le mappe sono presenti anche nei giornali cartacei, ma in questo caso sono interattive e alcune di loro collegate direttamente a google maps. Altri contenuti sono i post o i tweet embeddati direttamente dentro l’articolo. Ad esempio, l’articolo Attentato Strasburgo, un giornalista italiano tra i feriti ha il suo interno il post dell’Eurodeputato Brando Benifei e va segnalato per due motivi. In primo luogo, perché la notizia nasce da un post e la fonte per l’intero articolo è soltanto il testo postato su Facebook e in secondo luogo perché sembra esprimere bene il sentimento di chi era a Strasburgo in quel momento: Siamo chiusi in Parlamento Europeo come in una fortezza e non fanno uscire nessuno, il killer è ancora in fuga e per questo è stato deciso di isolare gli edifici. Ho notizia purtroppo di un giovane giornalista radiofonico italiano che conosco fra i feriti, spero non grave. Clima surreale e tentativi di mangiare qualcosa nonostante code comprensibilmente interminabili alla mensa. Termini che tornano a riferirsi al campo semantico della guerra (“fortezza”, “isolare gli edifici”) e a quelli dell’incomprensione (“clima surreale”). Ma allo stesso tempo si fanno riferimento a pratiche quotidiane, come quelle di andare in mensa. Gli altri post e tweet inseriti negli articoli sono racconti di testimoni, in particolare eurodeputati, o commenti di personaggi che appartengono al mondo della politica. Sono sempre riportati i tweet della pagina ufficiale della prefettura di Strasburgo che riporta aggiornamenti e segnalazioni. I video rappresentano una parte consistente dei contenuti prodotti e diffusi dai giornali online, tanto da esigere una sezione a parte. I siti di informazione convergono verso i Social Network, affiancando ai contenuti classici, gli articoli, contenuti più fruibili perché assimilabili ad un «approccio “soft” dell’interattività» (Taddeo 2015: 270). Gli articoli di per sé richiedono un’attenzione cognitiva e culturale importante, !111 mentre il video «è mirato a ridurre il più possibile la difficoltà e lo sforzo cognitivo dell’utente» (ibidem). Per vedere i video di corriere.it è necessario digitare video.corriere.it, al quale è possibile accedervi anche direttamente dalla pagina iniziale del sito principale. In alto c’è una barra dove compare la scritta “CorriereTV”. Nella Home di repubblica.it invece non si trova un tasto che rimandi direttamente al sito video.repubblica.it, ma nel momento in cui si trova un video, si nota che la barra in alto è la stessa del sito di repubblica. In questa analisi, sono stati raccolti in totale 47 video (29 per il corriere.it e 18 per repubblica.it). Tre di questi, tutti di repubblica.it, non sono più disponibili. Questo significa che la pagina dedicata esiste ancora ma il video non è riproducibile. I video possono essere fruibili sia come contenuto a sé, ma in tanti casi risultano essere solo a supporto dell’articolo, anche perché spesso sono video di pochi secondi. Non sempre i contenuti inseriti nei vari articoli sembrano combaciare con il focus della notizia, ma sono inseriti per aggiungere più contenuti all’articolo, rendendolo più interattivo ed attrattivo. È interessante sottolineare come repubblica.it abbia circa una decina di articoli in più ma una decina di video in meno rispetto a corriere.it, che invece presenta tipologie di contenuti più variegati: sono disponibili video, servizi, dirette live, schede e fotogallery. In generale, ciò che accomuna tutti i video è la brevità, risultano essere da brevissimi stralci di 13 o 18 secondi, come i video Strasburgo, il killer del mercatino ucciso dalla polizia e Attentato Strasburgo, spettatori confinati nel palasport cantano la Marsigliese, fino al massimo video di tre minuti e 29 secondi per repubblica.it o 2 minuti e 32 secondi per corriere.it: Funerali Megalizzi, l'amico commosso: "Antonio Don Chisciotte, porteremo avanti il tuo sogno” e Antonio Megalizzi, in radio il 25 aprile: quando parlava dei consolati in Austria per i tirolesi. In generale comunque, i video, rientrano in una media che va da uno a due minuti e possono essere di tipologie molto diverse tra loro. Una prima tipologia, la più basilare, rappresenta video che in realtà non sono altro che !112 un’immagine fissa con audio. Succede quando si riportano delle interviste fatte in radio. Interessante segnalare che è preferibile pubblicare un video con immagine fissa, piuttosto che pubblicare una semplice barra audio. Poi sono stati trovati dei video che mostrano alcune immagini con un piccolo montaggio, senza alcun commento. Risulta significativo notare quali sono le immagini che vengono utilizzate. Spesso in questi video viene evidenziato il silenzio e la desolazione all’interno dei mercatini114, o si mostrano le volanti della polizia con le sirene accese che sfrecciano nel centro di Strasburgo. Nei primi video soprattutto, si vuole sottolineare come il mercatino sia vuoto e desolato, dove a dominare è il silenzio. Gli unici suoni sono le sirene della polizia, che illuminandosi contrastano con le luci di Natale del mercatino, oppure il suono delle macchine fotografiche dei giornalisti che scattano. Nei primissimi video, si sentono anche spari e urla, ma non si vede esattamente la scena. Le immagini per la maggior parte sono amatoriali, dunque sono sgranate e poco chiare, ma questo non impedisce ai giornali di pubblicarle, nonostante non si vedano particolari situazioni. I video hanno la funzione di far percepire quello che è successo che per certi aspetti può suscitare ancora più emozione di mostrare integralmente un’azione perché lascia spazio all’immaginazione. Uno dei video più ripostati e riproposti nei vari articoli è Francia, spari al mercatino di Natale a Strasburgo. Mostra una ripresa dall’alto, probabilmente in Rue des Grande Arcades davanti al negozio Kiko. Il video si apre con l’avvertenza: “Attenzione le immagini che seguono non sono adatte ad un pubblico particolarmente impressionabile”. Le immagini sono confuse, ma si sentono molto chiare delle urla accompagnate da alcuni commenti preoccupati in francese, probabilmente delle persone che stanno registrando il video. Si intravede una persona a terra e alcune persone che sono intorno ad essa. Si sente uno sparo. Il video emana un forte livello di emozione e di paura, nonostante le immagini non siano chiare, fanno percepire ciò che stava succedendo. cfr. Attentato a Strasburgo, la desolazione dei mercatini di Natale chiusi, 12 dicembre 2018: https:// video.corriere.it/attentato-strasburgo-desolazione-mercatini-natale-chiusi/493ccca0-fe0b-11e8-89a1ceb28fd9db2c (ultima consultazione 21/09/2019) 114 !113 Non tanti altri video hanno l’impatto emotivo che suscita quello descritto. Gli altri in generale mostrano la situazione a Strasburgo dopo che è accaduto tutto, dunque i mercatini deserti e le vie del centro piene di militari. Esistono anche dei video che sono dei veri e propri servizi. Si vedono immagini di Strasburgo con la voce del giornalista che spiega cosa sta succedendo e che racconta tutti gli aggiornamenti, come il caso del servizio di Marco Ascione, Strasburgo, sul luogo dell’attentato: l’attentatore è fuggito in taxi. Le immagini non sono di qualità molto alta. Sono girate con un apparecchio che ha registrato in verticale (uno smartphone probabilmente), mentre il video è stato pubblicato in orizzontale, dunque anche graficamente non è particolarmente adatto. In sottofondo si sente chiara la voce del giornalista che seguendo il video racconta gli ultimi aggiornamenti, appare quasi come un video in presa diretta. Un altro caso per parlare di servizio può essere quello di Funerali Megalizzi, bandiere dell'Europa e corone gialle e blu: “Se ne va un figlio della generazione Erasmus” dove il livello qualitativo delle immagini risulta alto e nel quale vengono inserite brevi interviste. Per quanto riguarda le fonti dei singoli video, è necessario precisare, come già accennato, che non tutti sono contenuti originali delle singole testate 115. I Social Network non sono soltanto la base per recuperare contenuti, ma sono utilizzati ampiamente dalle testate. Esistono le pagine Facebook, Instagram e Twitter dove vengono condivise tutte le notizie e i contenuti. Sarebbe interessante, seppur non vi è lo spazio in questa ricerca, approfondire il modo in cui il mondo del giornalismo si pubblicizza tramite i social network. Per quanto riguarda i video, entrambe le testate hanno un canale Youtube, ma quello di repubblica.it appare più attivo ed aggiornato rispetto a quello di corriere.it che pubblica molti meno contenuti. In ultimo è interessante segnalare il fatto che non si nota una completa integrità e coerenza nel sito. Gli articoli non sempre sono impaginati nello stesso modo. In alcuni !115 Per quanto riguarda le fonti dei video, per corriere.it sette video sono firmati solo da Agenzia vista, 8 da Le presse e Corriere tv, 2 di AGTW e CorriereTv, sono soltanto sei i video esclusivi di Corriere tv, firmati in tre casi da due giornalisti (Marco Ascione e Elvira Serra). Per quanti riguarda repubblica.it invece tre non sono più visualizzabili, tre arrivano da interviste prodotte a Radio Capital, nove da Gedi Visual, uno dalla polizia, uno da Reuters e uno direttamente da Twitter. !114 casi si trova l’articolo spoglio e tutto compatto, in altri diviso in paragrafi con sottotitoli e contenuti, questo a conferma del contesto descritto nella parte iniziale del capitolo. 2.4 Analisi dell’articolo Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano. Ho preso in considerazione il primo articolo pubblicato, perché rappresenta il modo in cui viene affrontato immediatamente il momento dell’emergenza, la possibilità continua di aggiornamenti e la frammentazione del testo. Visto che nella prima parte è stato preso in considerazione un articolo del “Corriere della Sera”, in questo caso l’analisi si focalizza su un articolo di repubblica.it. L’articolo in questione è Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano. Per approfondire l’articolo, si rende necessario operare un’osservazione del modo in cui la pagina è presentata: in alto al centro compare la scritta “La Repubblica” che identifica il giornale e che, cliccandoci sopra, permette di tornare alla home. Sulla destra un menu che snocciola tutte le sezioni disponibili. Subito sotto il titolo della sezione che in questo caso è Strasburgo, attentato al mercatino di Natale, un link che riporta alla pagina dove sono raccolti tutti i contenuti approfonditi nel paragrafo precedente. Poi appare una barra pubblicitaria e la data del giorno, seguita dai tasti che permettono di condividere l’articolo tramite e-mail, Facebook, Twitter o Whatsapp. Scendendo nella pagina, compare il titolo: Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano. La composizione dei titoli è stata affrontata approfonditamente nella parte dedicata ai giornali cartacei e ad un primo impatto, questo titolo mostra delle differenze con il corrispettivo stampato. In generale, il passaggio dall’articolo cartaceo alla sua pubblicazione online, o il contrario, impone una modificazione del titolo. Se nell’articolo trovato sul giornale cartaceo spesso si legge “mercato” per un criterio di !115 brevità, in questo caso viene usato “mercatino”. Da questa caratteristica si può notare come la lunghezza del titolo presente sul web risulta più flessibile per quanto riguarda la brevità, forse data anche dal fatto che l’impaginazione dell’articolo online presenta caratteristiche diverse da quella cartacea. Inoltre, il titolo ha al suo interno tutte le principali informazioni, anche se risulta più come una lista e non ha l’unità semantica come la maggior parte dei titoli dei giornali cartacei che proprio nel titolo esprimono l’aspetto principale che vogliono approfondire. Al contrario degli articoli di corriere.it, dove è possibile notare la data di pubblicazione con anche l’orario delle ultime modifiche, repubblica.it presenta soltanto il giorno della pubblicazione. Non è però difficile capire che il titolo sia stato modificato successivamente, perché la notizia «grave un italiano» è arrivata tramite alcune dichiarazioni fatte dall’eurodeputato Brando Benifei 116 in tarda serata. Inoltre, le prime dichiarazioni parlavano di un italiano “lievemente ferito”. A questo proposito, è infatti interessante notare come sia stato mantenuto un articolo “base” al quale porre le modifiche in base alle nuove informazioni. Continuando a scorrere la pagina, ci si imbatte in un’immagine, prototipo delle tante descritte in questa analisi: si vede una delle strade principali del mercatino di Strasburgo, poco lontano dalla Cattedrale Notre Dame, dove c’è un grande arco pieno di luci con la scritta “Strasbourg, capitale de Noël”. Le luci natalizie però si mescolano con il blu delle sirene della volante della polizia, e in primo piano un militare che indica qualcosa, in questo modo l’immagine, cristallizzata e ferma, riesce a rendere l’azione dinamica e a mostrare la velocità dell’evento. L’occhiello recita così: L’assalto è avvenuto nel centro della città francese. L'attentatore, Chérif Chekatt, 29 anni, nato a Strasburgo ma di origine marocchina, è ferito. Era già noto ai servizi di sicurezza come "fiche S", pericolo per la sicurezza nazionale. Colpito da un proiettile alla testa Antonio Megalizzi, 28 anni, trentino. Si indaga per terrorismo. Brando Benifei pubblica un post alle 22.01 e parla solo di un italiano ferito, ma non sa le condizioni. https://www.facebook.com/brando.benifei/posts/10155740464521610 La conferma di Europhonica arriverà il 12 dicembre alle ore 9, ma senza specificare le condizioni ancora: https://www.facebook.com/ 317921318413307/posts/932353716970061/ e la conferma della gravità della situazione alle 16.55 dello stesso giorno. 116 !116 Nonostante il titolo avesse inserito tutte le informazioni principali, qui vengono aggiunti riferimenti importanti: il nome dell’attentatore per esteso117, il quale è già etichettato come tale e non risulta un “presunto attentatore”; e il fatto che Chérif Chekatt fosse già segnalato dalla polizia con la fiche S, che, secondo ciò che è emerso nell’occhiello, rappresenta un marchio che definisce tale persona come «pericolo per la sicurezza nazionale». Ancora, vale lo stesso discorso fatto per il titolo, si parla di un “proiettile alla testa” e si nomina “Antonio Megalizzi”, ma questi sono fatti emersi nel corso della tarda notte dell’11 dicembre e confermati il 12 dicembre. Inoltre, Antonio Megalizzi aveva 29 anni e non 28, dati che verranno spesso confusi insieme ad altre imperfezioni, come sottolineato nei giornali cartacei. Superato l’occhiello, si arriva nel pieno del testo dell’articolo. La prima parola è «STRASBURGO» che serve per dare un’ambientazione all’articolo e una sorta di validità maggiore. Sempre più spesso, come ricordato, accade che gli articoli vengano scritti da giornaliste e giornalisti seduti alle proprie scrivanie, dunque impostare l’articolo cominciando con “STRASBURGO” sembra ricordarci che sono state inviate delle persone apposite per verificare la situazione, trovando fonti più attendibili e mostrando ai lettori direttamente quello che sta succedendo e dando un contesto di riferimento. Ma non è presente il nome dell’autore. È un caso frequente nei quotidiani online, molto più difficile nei giornali cartacei. Probabilmente in questo caso, è motivato dal fatto che ci possono aver lavorato diversi redattori e redattrici. Il testo è diviso in nove brevi paragrafi. Alla fine di ogni paragrafo appaiono contenuti di diverso tipo. Saranno descritti man mano che si prosegue nell’analisi del testo, anche per mostrare il modo in cui l’articolo viene letto, non seguendo un flusso ma spezzettato da diversi stimoli. La frase utilizzata per iniziare è Il terrore torna a scuotere la Francia con un attacco ai mercatini di Natale del centro storico di Strasburgo, nell'est del Paese, cuore dell'Europa e casa del Parlamento europeo. 117 Inizialmente, il nome diffuso era Cherif C. !117 È stato il “terrore”, personificato, a compiere l’azione, che consiste in uno sconvolgimento, “scuotere”, dell’intera Francia. La seconda parte della frase apporta all’evento la sua ambientazione geografica e simbolica: la città colpita è Strasburgo, situata “nell’est del Paese”, simbolicamente rappresenta il Natale e l’Europa intera per il suo valore politico come sede del Parlamento Europeo. Nella frase successiva si esprime il bilancio delle vittime e si ricorda «un livello di allerta attentati in tutto il Paese»: si ribadisce che non ci si limita a tenere controllata Strasburgo, ma l’attenzione è rivolta a tutta la Francia. Alla fine del primo paragrafo appare un box con il link di Rep: all’articolo di Andrea Bonanni A Strasburgo le nostre vecchie e nuove paure. È un link ad un altro articolo, ma la foto che lo accompagna sembra essere parte dell’articolo analizzato: una grande immagine di camionette della polizia con il mercatino pieno di luci sullo sfondo. Il paragrafo seguente, invece, si concentra su attentatore e vittime ed esprime bene la regola delle 5 W118 dello stile giornalistico anglosassone: Alle 20 di martedì 11 dicembre, un uomo, identificato poi nel 29enne Chérif Chekatt, già segnalato con il "fichè S" per radicalizzazione, ha aperto il fuoco in rue Orfèvres, uccidendo tre persone e ferendone 13 di cui 9 in maniera grave, secondo un ultimo bilancio aggiornato a mercoledì mattina. È riportato l’orario e la data, il luogo e la descrizione dell’azione. Viene riportato un bilancio aggiornato a mercoledì mattina (12 dicembre), mentre l’articolo è stato pubblicato il giorno precedente (11 dicembre). Nel paragrafo precedente venivano riportati dodici feriti, mentre qui tredici, questo significa che c’è stato un errore di battitura oppure non tutto l’articolo è stato aggiornato nello stesso momento. La frase successiva cita nuovamente Antonio Megalizzi riportando le sue condizioni, mentre l’ultima frase del paragrafo torna ad approfondire la fuga di Chérif Chekatt: «Il killer è riuscito poi a fuggire a piedi e a barricarsi nel vicino quartiere di Neudorf, dove per ore la polizia lo ha braccato». Subito sotto, una foto in bianco e nero di Chérif Chekatt con la didascalia 118 cfr. Papuzzi 2010: 11-12 !118 “l’Identikit dell’attentatore”. È la foto segnaletica. Colpisce sicuramente lo sguardo che rimanda a racconti del passato della figura dell’attentatore: «ciò che colpiva di lui, soprattutto, era lo sguardo. Intenso, acuto e spesso inquietante» (Benigno 2018). Il terzo paragrafo si stacca dal racconto dell’avvenimento per entrare direttamente nello stato emotivo dei testimoni. Il racconto è di Marco Affronte, allora eurodeputato del gruppo dei Verdi al Parlamento, che l’articolo descrive come «uno dei tanti politici italiani rimasti bloccati nei ristoranti e nei pub durante quei minuti di terrore». Qualcuno potrebbe chiedersi per quale motivo ci fossero così tanti politici italiani a Strasburgo, dettaglio che verrà chiarito nel paragrafo successivo. La dichiarazione di Affronte risulta abbastanza lucida e basilare: sente dei colpi, vede delle persone a terra, sente delle urla, cerca un riparo, la polizia evacua la zona. Quello che ci si può aspettare quando si parla di un attentato, ma messo tra virgolette e imputato ad una persona che ha vissuto direttamente quei momenti risulta emotivamente più efficace. Il contenuto sotto tale paragrafo è l’articolo di Anais Ginori Attentato mercatino di Natale a Strasburgo, il terrorista Chérif Chekatt sfuggito per tre volte alla polizia in poche ore che presenta come copertina la stessa immagine segnaletica di Chérif Chekatt. È a questo punto, nel quarto paragrafo, che si giustifica il perché della presenza a Strasburgo di così tanti politici italiani. Si spiega che l’Europarlamento era «impegnato nella sessione plenaria»119. Il parlamento è rimasto chiuso, come tutto il centro della città, frasi che pongono quasi un confronto tra le due realtà. Seguono poi le dichiarazioni dell’allora presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani che ha voluto continuare a lavorare perché «questo Parlamento non si farà intimidire dal terrorismo». Anche qui torna il contrasto tempo normale e tempo dell’eccezione: la normalità viene spezzata dall’emergenza ma si cerca La plenaria del Parlamento Europeo si svolge una volta al mese a Strasburgo, anche se dagli articoli non emerge sempre con chiarezza, ad esempio si legge così nell’articolo Attentato mercatino Strasburgo: grave Antonio Megalizzi, il giornalista italiano ferito. Raggiunto da un colpo alla testa di Visetti: «Antonio Megalizzi, che lavora per la radio Europhonica, un progetto radio legato al mondo universitario, era da domenica a Strasburgo per seguire come ogni settimana l'assemblea plenaria dell’Europarlamento». Si parla di “ogni settimana” e non di “ogni mese”. 119 !119 subito di ristabilire la normalità. Il contenuto posto sotto tale paragrafo è un articolo di Rep: Perché Strasburgo torna il primo bersaglio dell’estremismo islamico in Europa. Nel paragrafo successivo si torna a parlare del killer che è riuscito a fuggire e dopo uno scontro a fuoco, «sarebbe rimasto ferito», ma le notizie non sembrano essere così chiare, le enunciazioni rimangono leggermente vaghe, tramite l’uso del verbo al condizionale per dare una condizione di sicurezza più bassa. Il contenuto posto sotto questo paragrafo è un video, ma non è più disponibile. Nel sesto paragrafo si approfondisce il mancato arresto di Chérif Chekatt della mattina dell’11 dicembre, ma la conseguenza temporale non sembra troppo rispettata. Nella prima frase non è chiaro che si stia parlando di qualcosa che è avvenuto prima dell’attentato. C’è un legame con il paragrafo precedente ma non appare così lineare, infatti qualche riga sopra si scrive che l’attentatore è fuggito, qui si scrive: «è risultato invece infruttuoso il blitz». Le due frasi vengono contrastate dall’uso dell’“invece”, ma non appaiono contrastarsi tra loro. Poi emerge un’ipotesi, il mandato d’arresto ha spinto Chekatt ad agire: «Probabilmente questo lo ha portato ad accelerare il suo piano». In questo caso, viene espressa una possibilità valutata dal giornalista (o semplicemente riportata), che si distacca dal racconto del fatto in sé alla ricerca di spiegazioni razionali. Un altro video non più disponibile. Il paragrafo successivo si stacca nuovamente dall’azione per spostarsi sulle reazioni del governo francese: il commento del presidente francese Emmanuel Macron e le spiegazioni del ministro degli Interni Christophe Castaner. Il ministro degli Interni è stato inviato subito a Strasburgo per seguire «da vicino gli eventi» e la sua prima azione è stata quella di rafforzare «i controlli alle frontiere e ai mercatini di Natale di tutto il Paese». Mentre durante tutto l’articolo Chérif Chekatt viene presentato come l’attentatore schedato fiche s come se fosse molto chiara la sua decisione di agire, nella dichiarazione di Castaner citata in questa parte del testo, viene descritto come un «criminale comune». Tuttavia, è la procura generale antiterrorismo ad indagare !120 sull’attacco. Leggere questa parte dell’articolo, non aiuta a chiarire le idee in riferimento alla matrice terroristica. Poco sotto appare una cartina di google maps con tre punti d’interesse: Rue des Orfèvres, dove l’attentatore ha colpito per la prima volta verso le 19.50, il Parlamento Europeo, dove sono rimasti bloccati gli eurodeputati e Rue d’Épinal, dove è avvenuto il primo blitz, risultato però infruttuoso. I tre punti non vengono direttamente spiegati sotto la mappa, ma leggendo l’articolo vengono tutti citati Nell’ottavo paragrafo si parla di una riunione «del consiglio dei ministri con un incontro del consiglio ristretto della Difesa» all’Eliseo. E successivamente, è previsto un intervento del procuratore di Parigi che conferma l’apertura di un'inchiesta per «omicidio e tentato omicidio in connessione con un'azione terroristica». L’ultima frase di tale paragrafo appare decontestualizzata, si aggiunge che una vittima potrebbe essere un turista thailandese di 45 anni, secondo una fonte di “le Figaro”, probabilmente anche questa aggiunta in seguito. Ancora un video non più disponibile. L’ultimo paragrafo si rivolge ai precedenti di Strasburgo: Non è la prima volta che Strasburgo, nell'est del Paese, cuore dell'Europa e casa del Parlamento europeo, viene presa di mira: già nel 2000 c'era stato un progetto d'attentato, la polizia aveva smantellato una cellula terroristica poco prima che entrasse in azione. Ieri sera, invece, il terrore si è scatenato veramente. Interessante il fatto che il contenuto che presenta l’articolo riferito ai precedenti, Perché Strasburgo torna il primo bersaglio dell’estremismo islamico in Europa, non è posto in questo spazio ma tra altri paragrafi dove non si citano i precedenti. Questo fa notare come i contenuti inseriti non sempre risultano essere legati con quanto scritto nel testo immediatamente vicino. In diversi articoli si citano i precedenti di Strasburgo e le motivazioni per cui essa è una città particolarmente mirata. Questo comportamento mostra una visione retrospettiva di quanto accaduto nel passato, mostrando quasi come inevitabile tale avvenimento. Il finale è molto secco e torna a legarsi con l’inizio: «Ieri sera, invece, il terrore si è scatenato veramente». Riportando nuovamente il “terrore” al centro dell’azione. Alla fine dell’articolo emerge una barra di “Argomenti”: sono come degli hashtag che !121 rimandano agli altri articoli con quegli stessi argomenti e servono ad indicizzare la pagina. In questo caso sono “Strasburgo” “attentato mercatino strasburgo” “Francia” “Terrorismo” “Cherif Chekatt”. Ho rispettato i maiuscoli e minuscoli comparsi nella pagina, che ricalcano la forma dell’hashtag, dove il maiuscolo non ha importanza. Analizzare l’articolo in questo modo, permette di mostrare come sia difficile leggere l’intero articolo in modo fluente, perché la lettura viene costantemente interrotta da altri contenuti o semplicemente perché i paragrafi cambiano argomento e non sono sempre legati tra loro. In generale, dunque, è possibile affermare che non c’è una vera e propria struttura dell’articolo, ma come tanti altri articoli online, risulta essere una lista di paragrafi che portano ulteriori informazioni, aggiornate di tanto in tanto. Integrando gli articoli in questo modo, si rischia di perdersi in ripetizioni o in qualche contraddizione, non rispettando sempre la consecutio temporum. Riportare brevi paragrafi però rende la lettura molto più facile per i lettori digitali, che faticano a leggere articoli per intero, mantenendo l’attenzione almeno per l’integrità semantica di ogni singolo paragrafo. Le parole messe in evidenza in questo articolo, ossia evidenziate con il grassetto, sono tutti i nomi di persona (Chérif Chekatt, Antonio Megalizzi, Antonio Tajani, Marco Affronte, Emmanuel Macron), escluso il ministro dell’Interno Castaner e il procuratore di Parigi Remy Heitz, figure meno protagoniste in questa situazione, rispetto a quelle sottolineate. Ho voluto sottolineare anche la presenza dei video non più disponibili perché dimostrano una delle caratteristiche del web, ossia il suo cambiamento nel tempo e la possibilità di continua modificazione. L’aspetto di tale pagina è cambiato molte volte nel tempo e potrebbe modificarsi ancora, lo stesso non si può dire delle pagine stampate della stessa testata. Infatti, il continuo intrecciarsi di diverse fonti discorsive, paragrafi e contenuti, dove si fa riferimento spesso ad altre porzioni di testo, si unisce ad una caratteristica riconoscibile della comunicazione orale: la «perenne trasformabilità dei contenuti testuali - che non hanno più la definitiva stabilità cui il procedimento di stampa li innalzava o li condannava» (Volli 2003: 197). !122 3. Il telegiornale: TG1 La terza parte si discosta leggermente dalle altre due. Ad essere prese in considerazione sono le analisi di tre edizioni del tg1. Nessun tipo di analisi risulta facile ed immediata, ma analizzare la televisione aggiunge qualche complessità ulteriore. Anche se è al centro degli studi in diverse discipline, «resta un oggetto d’indagine complesso ed elusivo». (Casetti, di Chio 2001: 1) Complesso perché non è unidimensionale e rappresenta contemporaneamente diversi aspetti. È un dispositivo tecnologico, produce informazione e spettacolo, rappresenta uno strumento di influenza e potere, è un archivio delle più vaste forme culturali e una realtà economica e industriale, ma anche una presenza costante che incide sui ritmi delle nostre quotidianità. Rappresentando sfaccettature anche molto diverse tra loro, può essere studiato il suo linguaggio, ma anche le pratiche visive e gli effetti sonori, oppure i risultati di audience o ancora, le pratiche che rappresenta con le implicazioni ideologiche, politiche e sociali. Allo stesso tempo, rimane un oggetto elusivo perché c’è sempre qualcosa che sfugge, o forse, che deborda tanto da rendere quasi impossibile una sua istantanea definizione o un suo ritratto sintetico. Ciò accade innanzitutto perché non esiste “una” televisione, ma tanti suoi modi d’essere che si rincorrono, si sovrappongono e si sostituiscono, a seconda dei luoghi e dei tempi: dalla televisione “generalista” che fornisce di tutto un po’, alle televisioni “dedicate”. (ibidem: 2) Tutti i discorsi che ruotano attorno alla televisione, risultano in qualche modo ambigui perché si muovono contemporaneamente su diversi piani, generando confusione e inesattezze. È necessario però, ricordare che in generale i mezzi di comunicazione, trovano la loro definizione e le loro caratteristiche specifiche in seguito alla loro invenzione tecnica, anche dopo molto tempo. Inizialmente, la televisione, in Italia negli anni ’50, viene presentata e riconosciuta come uno strumento di comunicazione collettiva, perché la sua fruizione avviene prevalentemente in ambienti pubblici. È solo in un secondo momento che si presenta come un prodotto familiare. In seguito, la moltiplicazione dei canali e dei !123 televisori sempre più presenti nelle case degli italiani e delle italiane, la trasforma in uno strumento di comunicazione personale, fino a legarsi progressivamente alle tecnologie telematiche che impongono una serie di nuove domande: cosa differenzia una piattaforma streaming da una televisione? Queste considerazioni sottolineano come il determinismo tecnico vada preso con cautela perché può essere pensato come unico modo di trasmissione dei contenuti trasmessi. Ed è per questo motivo che non è possibile individuare una teoria semiotica della televisione in quanto tale, ma è possibile studiare dal punto di vista semiotico ogni genere televisivo. La televisione si è sviluppata, proprio a partire dal suo stesso nome,120 come un apparato in grado di produrre forti effetti di realtà. L’illusione che questa possa considerarsi una finestra sul mondo, agisce sia nelle trasmissioni giornalistiche, ma anche in quelle dedicate all’intrattenimento. Uno degli strumenti semiotici più utili a comprendere il funzionamento di certe modalità televisive, è quello relativo all’enunciazione, ossia la possibilità di non trattare il sistema linguistico e il messaggio individuale come separati, ma considerare l’atto dell’enunciazione di un soggetto come istanza di mediazione tra i due momenti, poiché esso converte le regole del sistema in discorso. (Volli 2003) Nei programmi televisivi, esistono dei forti effetti enunciativi, che vengono rappresentati in maniera esplicita dalla figura dei “conduttori” che con la presenza, con gli usi linguistici, con la comunicazione non verbale si sforzano di costruire un “ponte enunciativo” fra pubblico e contenuti trasmessi, garantendo fiduciariamente effetti di realtà allo spettatore. (ibidem: 248) I conduttori rappresentano il limite e il legame tra pubblico e spettacolo televisivo, svolgono una «funzione di cerniera e insieme di confine» (Calabrese, Volli 1995: 115). Sono interni alla televisione, è evidente, ma dialogano direttamente con il pubblico: presentano i servizi, li introducono, li spiegano, li riassumono prima e dopo, raccontano cosa sta succedendo, provano a dare un filo logico a tutto ciò che espongono legando le notizie l’una all’altra, tentano o fingono di condividere le stesse emozioni del pubblico 120 “tèle-“ dal greco τηλε-, τῆλε «lontano», unito a “visione”: dunque visione a distanza. !124 utilizzando termini come “purtroppo” e “finalmente” connotando positivamente o negativamente la notizia successiva. Tutte le notizie vengono enfatizzate e gli eventi sono “straordinari”, “fuori dall’ordinario” e accadono “oggi per la prima volta”: al telegiornale «l’eccezione è la regola, che si realizza sistematicamente ogni sera» (ibidem). Gli schemi sono sempre uguali, ma il conduttore o la conduttrice devono essere pronti all’imprevisto, all’ultim’ora, e a presentare una vera “emergenza”, che deve essere posta in contrasto con tutte le altre “eccezioni quotidiane”. Compito del conduttore è quello di tenere tutto insieme, una cerniera tra i vari servizi e in tutta la programmazione del telegiornale: è «il suo ingranaggio essenziale, gli dà insieme il ritmo e la verità, la credibilità e il contatto “in presa diretta” con il pubblico». (ibidem) Gli effetti enunciativi oltre ad essere rappresentati bene dalla figura dei conduttori, funzionano anche con le grandi cerimonie, i Media Event, i collegamenti con le altre sedi e quando ci si riferisce direttamente ai telespettatori e alle telespettatrici. Non è dunque, possibile, isolare completamente la televisione da tutto ciò che rappresenta, perché intreccia continuamente un fitto dialogo con tutti gli ambiti della comunicazione. Inoltre, tutti gli avvenimenti vengono alimentati dalla televisione e allo stesso tempo nutrono ciò che viene trasmesso. Gli spettatori, in questo contesto, non fanno altro che interpretare e re-interpretare l’offerta televisiva portando una rete di discorsi sociali che prendono il posto delle immagini e dei contenuti effettivamente “passati” in televisione. Il mercato dei beni di consumo identifica nella televisione una risonanza e un boomerang, «una grancassa e insieme un volano». (Casetti, di Chio 2001) Tutte le caratteristiche della televisione ricadono sulle sue pratiche di analisi, perché da una parte la complessità moltiplica le prospettive da cui si osserva la televisione, attivando approcci di tipo linguistico, psicologico, sociale, culturale, politico, tecnologico, economico, giuridico, organizzativo…, dall’altra l’elusività impedisce una netta messa a fuoco del fenomeno e per questo si è sempre tenuti a precisare di quale televisione si parla quando se ne parla. !125 È fondamentale aggiungere che «la televisione si conferma ancora il mezzo con la maggiore capacità informativa, sia per frequenza di accesso, sia per importanza e attendibilità percepite» (Agcom 2018: IX), rappresentando la principale fonte di informazione per il 48,2% dei cittadini italiani contro il 26,3% dell’informazione online e il 17,1% derivata dai quotidiani stampati. Sta crescendo la forza informativa del web, ma l’attendibilità proveniente dalle fonti informative online viene percepita in modo minore rispetto all’affidabilità delle fonti tradizionali. 3.1 Disposizione L’analisi dei testi televisivi, ossia gli aspetti linguistici, le strategie testuali dei programmi tramite la scomposizione e la composizione del testo, sarà affiancata dall’analisi del contenuto, che verterà sui contenuti veicolati dai programmi, temi, informazioni, valori che vengono rappresentati e diffusi dalla televisioni. Non potranno essere del tutto trascurati gli studi culturali che indagano sul rapporto tra la televisione e le sue forme culturali ed ideologiche, l’attenzione in questo caso verte sulle qualità del medium e verso il contesto ambientale e mediale in cui la televisione agisce. (Casetti, di Chio 2001). Nello specifico, l’analisi seguirà le modalità espresse nel capitolo riguardante la metodologia, approfondendo e analizzando le edizioni del TG1 delle 8:00, delle 13:30 e delle 20:00, per avere tre fasce orarie diverse tra loro. Sono edizioni che durano complessivamente tra i 20 e i 30 minuti e sono tutte disponibili sul sito del TG1. Nell’archivio sono presenti anche le edizioni del TG1 delle 17:00, ma la durata è leggermente inferiore, inoltre il materiale aggiunto sarebbe stato eccessivo e in alcuni casi superfluo, visto che i servizi in diversi casi vengono riadattati aggiungendo piccole modifiche, se non appaiono nuovi aggiornamenti. Tuttavia, tra le edizioni del TG1 delle 17:00, va segnalata una diretta del 18 dicembre, quando rientra in Italia la salma di Antonio Megalizzi. La diretta dura molto di più rispetto alla media, ha una durata di 8 minuti e 22 secondi. La diretta è dall’aeroporto di !126 Ciampino a Roma, dove l’inviato Vittorio Romano descrive momento per momento quello che accade, quasi come fosse una telecronaca sportiva. Il tono, tuttavia, è molto solenne ed è l’unica diretta in cui vengono concesse alcune pause. Ma nonostante il particolare momento, la televisione non può concedere troppi secondi di silenzio e dunque viene esplicitato a voce, più volte: «c’è grande commozione, tanto silenzio […] c’è il silenzio in pista». Qualsiasi azione che compare in telecamera, viene descritta da Vittorio Romano, che copre tutti i momenti vuoti con il riassunto di quanto successo l’11 dicembre a Strasburgo e dando dettagli ulteriori sulla figura di Antonio Megalizzi. In totale i servizi televisivi raccolti sono 54, di cui 17 dirette. Oltre a questi, in altre 15 occasioni viene citato o ricordato l’attentato di Strasburgo da parte del conduttore o della conduttrice legato ad altri eventi o avvenimenti, come le proteste dei gilet gialli. La durata dei telegiornali varia leggermente tra un’edizione e l’altra. Per le edizioni delle 8:00, si varia tra i 27.59 e i 30.21 minuti (ad eccezione del 15 e 16 dicembre, che sono sabato e domenica, e hanno una durata inferiore, rispettivamente di 20.42 e 19.35). Alle 13:30 si sta dai 26.50 fino a 29.52 minuti. Mentre alle 20:00 la durata si prolunga, tra i 34.21 e i 39.05 minuti. Il giorno in cui appaiono più servizi è il 12 dicembre, si arriva ad un picco di due dirette e sei servizi alle 13:30121 e due dirette e cinque servizi alle 20:00 122. Fino al 14 sera, tutte le edizioni, ad eccezione del 13 dicembre alle 20:00, hanno almeno una diretta per edizione. E si arriva a nove (due dirette e sette servizi) e dieci (quattro dirette e sei servizi), rispettivamente il 13 dicembre e il 14 dicembre. Il 12 dicembre in tutto sono venti (sei dirette e quattordici servizi). Venti servizi sono molti, considerando che in totale i servizi raccolti sono 48 nel giro di 10 giorni. Poi cominciano a diminuire, una diretta e quattro servizi per il 15 dicembre, nessuna diretta e nessun servizio fino al 18 dicembre con un servizio nell’edizione delle 20:00, e Il tempo dedicato all’attentato è di 13 minuti e 2 secondi, su un totale di 27 minuti, quindi quasi la metà dell’intero telegiornale. 121 Il tempo, leggermente minore rispetto all’edizione precedente, è di 12 minuti e 11 secondi su un totale di 34 minuti e 21 secondi, dunque circa un terzo del tempo. 122 !127 il 19 dicembre con una diretta e tre servizi, uno per edizione. Il 20 dicembre, infine, ci sono due dirette e due servizi. Quando non ci sono servizi, però, in quasi tutte le edizioni l’attentato o le vittime vengono nominate legate ad altre notizie, le cosiddette notizie parlate, ossia quelle lette o citate direttamente dal conduttore. Dunque la tematica rimane comunque aperta lungo i dieci giorni analizzati. Topic. Come successo già nelle altre analisi, c’è la possibilità di dividere per tematiche i servizi. Le tipologie dei servizi però, non sono uguali a quelle individuate nelle altre due analisi. Sono quattro principali tipologie di servizi: quelle che parlano dell’attacco, quelle che si riferiscono direttamente alla figura di Chérif Chekatt, quelli che mostrano storie e ritratti delle vittime, e si aggiunge un gruppo di servizi e dirette sulle reazioni delle istituzioni. Ci sono anche altre tipologie di servizi, ma sono una tantum: ad esempio il servizio sui precedenti. I temi, dunque, sono leggermente diversi da quelli trovati nelle precedenti analisi, il focus sui precedenti non è così frequente. Ci sono invece molti più contenuti sulle reazioni del governo, che negli articoli risultano più una breve parentesi degli articoli che dei contenuti dedicati alla descrizione della risposta dello Stato francese. I servizi per parlare di Europa o terrorismo in generale non esistono, nei telegiornali si parla di attualità: di ciò che sta succedendo, di contemporaneità. Non c’è spazio per aprire delle parentesi ulteriori, capita però che dentro i servizi dedicati vengano lasciati degli spazi, come la parola dell’esperto. La presenza dell’esperto è una parte importante della programmazione televisiva, che si configura come «un mondo sempre più fatto di corporazioni che interviene a legittimare il sapere televisivo, e a testimoniare della composizione della società». (Calabrese, Volli 1995: 83) Nello specifico, la descrizione della vicenda avvenuta l’11 dicembre, viene descritta in due dirette e tre servizi, per i primi tre giorni. Ogni giorno vengono aggiunti nuovi dettagli, ed è per questo che ogni giorno serve uno spazio per riassumere quanto accaduto e per aggiungere ulteriori dettagli e testimonianze. !128 A questi si affiancano poi i servizi e le dirette dedicate ai ritratti di Chérif Chekatt e, al racconto dei nuovi indizi scoperti riguardo alla sua sparizione, prima, e poi alla descrizione del blitz. Sono sette dirette e sette servizi, le domande poste più di frequente sono: è un radicalista? perché ha agito così? dove sarà? Si parla delle possibili opzioni del suo smarrimento e poi si approfondisce la sua essenza, il suo ritratto. Come accade nel cartaceo, si va alla scoperta del suo quartiere, per mostrare dove viveva e per cercare ulteriori dettagli e indizi per rispondere alle domande, tramite interviste e testimonianze di persone “del suo quartiere”. Se ne parla fino al 15 dicembre. Ciò che cresce nei giorni sono i servizi dedicati alle vittime, sono tre dirette e quindici servizi, che cominciano a comparire dall’edizione delle 13:30 del 12 dicembre, per poi aumentare dal 15 dicembre, dove il focus rimane sulla figura di Antonio Megalizzi, come accade nei giornali cartacei e online. Sono nove invece, tre dirette e sei servizi, i contenuti dedicati alle reazioni del governo, dove si sottolinea continuamente la doppia crisi che sta vivendo la Francia, tra allarme terrorismo e proteste dei gilet gialli. Come già sottolineato, l’attenzione si sposta dai gilet gialli all’attentato, per poi tornare ai gilet gialli, con le tesi di complottismo riguardo all’attentato e in seguito con la protesta di sabato 15 dicembre. Il 15 dicembre infatti, i primi titoli sono per il quinto sabato di manifestazione dei gilet gialli. Nei servizi si parla del fatto che la protesta risulta essere più blanda, un manifestante in un’intervista dichiara: «l’attentato di Strasburgo ha avuto il suo peso, ma penso che il prossimo sabato saremo molti di più» (edizione delle 13:30); si ricorda che durante la manifestazione i gilet gialli hanno voluto ricordare le vittime di Strasburgo con un minuto di silenzio. Ma ci sono anche riferimenti al governo italiano, impegnato in quei giorni nella compilazione della manovra economica. Per sottolineare ancora una volta il fatto che il TG risulta essere un flusso che non si ferma mai, è interessante notare come possa essere individuata una gerarchia nella esposizione delle notizie: in linea di massima al primo posto ci sono le notizie politiche, poi quelle economiche, a seguire gli esteri, poi la cronaca, e in chiusura cultura, !129 spettacolo, sport e tutte le varie sezioni speciali. La gerarchia, però, si può modificare quando ci sono delle notizie particolarmente importanti, o quando sono ritenute tali. L’attentato risulta la prima notizia in cinque edizioni, le tre del 12 dicembre, quella delle 13:30 del 13 dicembre e quella delle 8:00 del 14 dicembre. Invece, il 15 dicembre la prima notizia riguarda la manifestazione dei gilet gialli in Francia, che non si tratta esattamente di ultim’ora, ma considerata prioritaria in questo caso. Sempre in questo senso, considerando il telegiornale un flusso e il conduttore una cerniera tra i diversi servizi, è interessante notare il modo in cui le notizie vengono legate tra loro, tentando di costruire un senso di continuità. Ad esempio, ricordando che la tematica è stata affrontata nelle diverse edizioni: «Torniamo ad occuparci all’attentato del mercatino di Natale a Strasburgo»123. In altri casi, si cambia completamente argomento: «Dalla Strage di Strasburgo ora parliamo della manovra» 124 oppure «Voltiamo pagina, andiamo negli Stati Uniti»125. Quando, invece, i servizi riguardano la stessa tematica, tendono ad essere legati più profondamente, si cerca di ripetere qualcosa del servizio per attaccarsi al successivo: «Lo avete sentito, Chérif Chekatt non si era mai allontanato da Strasburgo, ma facciamo il punto in diretta»126. 3.2 Il montaggio Se nell’analisi dei cartacei, il focus si è rivolto all’uso delle parole, e dei giornali online all’ipertestualità, con la televisione l’attenzione si orienta verso immagini e montaggio. La prima domanda da porsi è: audio e immagini parlano della stessa cosa? 123 Alberto Matano, TG1, Edizione delle 20:00, 13 dicembre 2018 124 Alberto Matano, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 125 Alberto Matano, TG1, Edizione delle 20:00, 18 dicembre 2018 126 Adriana Pannitteri, TG1, Edizione delle 8:00, 14 dicembre 2018 !130 In generale, nei vari servizi parole ed immagini sono complementari. Le parole sono quasi sempre descrittive di ciò che viene mostrato, ma succede anche il contrario, cioè vengono sempre scelte le immagini più significative per sottolineare ciò che si sta esprimendo: si parla dell’arresto e si vedono dei militari in strada o le sirene della polizia, si parla di perquisizione e controlli alla frontiera e si mostrano immagini della polizia che controlla le macchine una ad una, si citano vittime o preghiere, e compaiono candeline e biglietti in Place Kléber. Nel servizio di Sonia Venturini, il quarto dell’edizione delle 13:30 del 13 dicembre, viene mostrata la Torre Eiffel che si spegne nel silenzio, subito dopo la giornalista sottolinea quanto visto: «La Tour Eiffel spenta a Parigi in segno di lutto per i morti di Strasburgo». In generale nel montaggio, vengono osservate le regole principali di raccordo spaziale e temporale. Quando si mostrano riunioni o conferenze stampa, viene mostrata la persona principale che entra nella stanza e comincia a parlare, anche se poi le parole riportate non sono sincronizzate con ciò che si sta dicendo in quel preciso momento e, spesso, viene mostrata anche la stessa persona che esce dalla sala. È importante per dare un senso di continuità: mostrare un inizio e una fine significa dare un’unità di contesto e contestualizzare l’azione. Contestualizzare significa anche mostrare l’ambiente di riferimento, riprendendo il cartello del nome della città, o il nome dell’ospedale che si sta citando, per poi mostrare le piazze principali oppure i corridoi pieni di pazienti. Altrimenti, l’inquadratura può essere impostata al contrario: partendo da un dettaglio per poi mostrare ciò che sta intorno, come nel servizio di Giovanna Cucé del 15 dicembre alle 13.30, dove il focus è puntato su un gruppo di studenti, poi si allarga per mostrare uno dei palazzi dell’Università di Trento. Come già citato, le pause di silenzio sono sostanzialmente assenti, se la voce del giornalista si ferma è semplicemente per mettere in luce dei suoni particolari: i rintocchi della campana di Notre Dame, le urla, gli spari, le sirene della polizia. Nella maggior parte delle volte, i suoni sono anche rimarcati dalle parole del giornalista, prima o dopo. Queste disposizioni vengono utilizzate maggiormente nel racconto dell’attacco, dove i suoni risultano parte del racconto, visto che in molti casi le immagini a disposizione non !131 sono nitide. Infatti, diversi video risultano essere di qualità molto bassa, perché registrati con gli smartphone dai cittadini e dalle cittadine. Si vede nettamente la differenza con le immagini riprese dagli operatori della Rai o da altri media italiani o stranieri, in particolare francesi. Nonostante siano di bassa qualità, sono al centro soprattutto dei primi servizi e quando si parla dell’attentato, perché risultano documenti più aderenti alla realtà. Il fatto che la qualità sia così bassa, spesso funziona come rinforzo del carattere “realistico” delle immagini della televisione che dà «l’impressione che la tv sia una sorta di “specchio” o di “finestra sul mondo”, cioè un dispositivo “neutro” in presa diretta con il reale», (Casetti, di Chio 2001: 219) inoltre pongono testimoni e testimonianze come protagonisti. Tuttavia, come sottolineato più volte, la televisione ha il suo linguaggio che ricrea la realtà e che produce nuovi significati affiancandosi a sistemi di regole secondo le proprie esigenze, in primis spettacolari, ma anche tecniche politiche, economiche, sociali, e così via. (Volli Calabrese 1995). Inizio e fine. È interessante notare anche il modo in cui si aprono e si chiudono i servizi, perché generalmente risultano di particolare impatto, come già sottolineato negli articoli dei giornali cartacei. Meno interessante negli articoli pubblicati online, perché sono spesso piccoli paragrafi dove l’inizio d’impatto non è presente. A differenza degli articoli però, che hanno solo un titolo come presentazione, i servizi vengono lanciati dai conduttori che fanno sempre una breve presentazione dell’argomento in questione, dunque gli inizi dei servizi non hanno la necessità di cominciare subito spiegando di cosa si sta parlando, perché l’argomento è già stato espresso, e si può lasciare spazio ad un inizio più libero, dando per scontato che si sappia di cosa si stia parlando. Il servizio può iniziare con un suono particolare, le sirene della polizia, le urla o gli spari. Il terzo servizio dell’edizione delle 20:00 del 12 dicembre inizia con il suono delle sirene della volante della polizia subito accompagnata dalla voce della giornalista: «una caccia all’uomo colossale tra Strasburgo e la Germania». Il suono anticipa ciò che è espresso a parole. !132 In altri casi, il servizio si apre con una dichiarazione, l’inquadratura è fissa sulla persona che si sta esprimendo. Se è in lingua straniera, in questi casi solitamente in francese, la voce è doppiata direttamente dalla giornalista del servizio in questione, che spesso utilizza un tono leggermente diverso da quello che poi prenderà forma nel resto del servizio, come per sottolineare che la voce non è la sua. Oppure, può anche succedere che è lo stesso giornalista a citare le parole di qualcuno, che però verrà svelato solo alla fine della dichiarazione, come nel secondo servizio dell’edizione delle 13:30 del 12 dicembre di Giacomo Segantini, che dopo aver citato le parole di un testimone dice: «nascosto in un ristorante Emmanuel consegna ai social in presa diretta la testimonianza di quegli attimi». Questa frase è parecchio interessante perché viene mostrata una persona che vive l’attentato in quel momento e perché le testimonianze vengono raccolte in presa diretta sui social network anche durate l’atto in corso. Aprire un servizio con una dichiarazione significa darle un livello di rilievo, dando la priorità alle testimonianze dirette. L’inizio di un servizio, in altri casi, però può realizzarsi anche in una lista: 29 anni, capelli neri, alto circa 1.80, francese di origini nordafricane, nato a Strasburgo il 4 febbraio 1989. È l’identikit ricostruito dai media francesi di Chérif Chekatt il presunto attentatore di Strasburgo. (quarto servizio dell’edizione delle 8:00 del 12 dicembre) Una serie di dati, specifici ma non troppo, per descrivere Chérif Chekatt, ricalcando la forma dell’identikit. In questo caso, va sottolineato che viene considerato il “presunto attentatore”, lasciando aperto il dubbio alla sua identità di terrorista. L’apertura di un servizio in diversi casi però risulta essere una frase secca e d’impatto: «Il terrore tra le luci del Natale»127 , «Il terrore che rompe all’improvviso senza senso»128, «La Francia ripiomba nell’incubo jihadista e si riscopre fragile di fronte alla minaccia islamica»129. 127 Servizio di Anna Paola Ricci, TG1, Edizione delle 8:00, 12 dicembre 2018 128 Servizio di Monia Venturini, TG1, Edizione delle 13:30, 12 dicembre 2018 129 In diretta da Parigi Iman Sabbah, TG1, Edizione delle 13:30, 12 dicembre 2018 !133 In altri casi, l’apertura serve ad ambientare la situazione che viene sempre sottolineata dalle immagini presentate: «polizia armata fino ai denti all’ospedale Hautpierre di Strasburgo»130, «l’angoscia al terzo piano dell’ospedale Hautepierre di Strasburgo»131. Le chiusure dei servizi sono speculari alle aperture e in molti casi risultano molto d’impatto. Ad esempio, al termine del servizio di Vittorio Romano del 15 dicembre alle 20:00, si mostra un pezzo di una diretta di Antonio Megalizzi che dice «lo so, la vita è sempre ingiusta, cosa vuoi fare»; in questo modo il giornalista lo pone come portavoce di un pensiero condiviso sulla drammaticità dell’evento. Come nelle aperture, un servizio si può chiudere con un suono particolare. Nel servizio di Marco Valerio Lo Prete del 12 dicembre nell’edizione delle 8:00, le parole del giornalista in chiusura sono: «in una città spettrale che dopo le urla nella notte, si distinguono soltanto le campane della cattedrale di nostra signora di Strasburgo» e appena termina di parlare si sentono soltanto i rintocchi delle campane nel silenzio della città, che danno risalto alle parole appena espresse dal giornalista. Un espediente che allo stesso modo gioca con il suono, ma nella maniera opposta è il servizio successivo della stessa edizione di Virginia Lozito. Si chiude con le parole della giornalista: «il mancato arresto secondo gli inquirenti potrebbe averlo spinto a reagire e a mettere in atto il suo piano di morte». In questo caso, non viene aggiunto un suono, ma viene fermato. Mentre la giornalista parla si sente una sirena dell’ambulanza suonare, quando viene detta la parola “morte”, la sirena si ferma e in sottofondo c’è solo il silenzio, per associare il silenzio alla morte, o viceversa. Grafiche. Nel montaggio delle immagini, sono sempre comprese delle grafiche. All’inizio del servizio compare sempre una barra blu con i nomi di chi si è occupato di produrre il servizio, dal giornalista al montaggio passando per il responsabile della documentazione, delle ricerche o delle interviste. Da notare il fatto che il nome del giornalista compare quando si sente la voce del o della giornalista. Se il servizio inizia con un suono o con un’altra voce, la barra compare solo quando si sente effettivamente 130 Servizio di Marilù Lucrezio, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 131 Servizio di Giacomo Segantini, TG1, Edizione delle 13:30, 13 dicembre 2018 !134 la voce del o della giornalista. La barra compare anche quando vengono intervistate delle persone dove compare il nome e la funzione di quella persona. Altre grafiche inserite sono mappe. In alcuni servizi compaiono delle mappe in movimento che mostrano i punti d’interesse. In una viene visualizzato Pont du Corbeau, uno degli accessi al centro storico della città, Place Kléber, una delle piazze con i mercatini, quella che spesso diventa il palcoscenico per la diretta perché è la piazza con l’albero di Natale e dove hanno cominciato ad instaurarsi candeline e biglietti per le vittime, Rue Des Orfévres, la via del primo attacco, e Neudorf, la zona di provenienza di Chérif Chekatt. Nella stessa cartina compare un piccolo box della cartina del mondo dove viene segnalata la Francia. Da sottolineare che in questo caso, la grafica non è originale, ma appartiene a France24. In un altro caso, la mappa viene rappresentata con un’immagine di Strasburgo dall’alto dove i nomi principali compaiono sulla cartina quando vengono nominati dal giornalista. Stile e ritmo. È possibile distinguere tipologie di stile in momenti differenti del telegiornale: ad esempio il conduttore o la conduttrice hanno un ritmo e un modo diverso di parlare quando leggono i titoli e quando presentano i servizi, le dirette sono più informali dei servizi e si riferiscono in modo diretto agli spettatori, i servizi sportivi hanno un tono e un ritmo diversi dalla cronaca, e così via. Quando vengono lanciati i servizi, le frasi sono molto secche e sono un breve riassunto con notizie flash che si andranno a scoprire nel servizio. In generale, è possibile affermare che il ritmo dipende molto dal giornalista in questione, ma si modifica anche in base alla tipologia del servizio. Rispetto ai giornali, la televisione guida in maniera molto più diretta lo sguardo dello spettatore e della spettatrice: la televisione obbliga a guardare secondi ritmi, angoli, prospettive che non sono liberi. L’occhio dello spettatore è vincolato a quello del regista, deve seguire le sue curiosità, le sue distrazioni, la sua estetica (Calabrese, Volli 1995: 96) !135 È evidente che esistono delle tipologie di discorsi, come quello televisivo, che presentano un ritmo precostituito per lo spettatore. Che cos’è il ritmo? È la capacità di un discorso di influenzare i tempi e i modi di lettura (Volli 2003:79). In generale, come molti dispositivi semiotici, anche i ritmi sono culturalmente determinati, questo significa che hanno una natura storica e contingente. I telegiornali hanno uno specifico ritmo sia nella composizione del palinsesto televisivo, sia all’interno dei TG stessi. Tuttavia, i telegiornali mostrano ritmi diversi in base al loro canale di riferimento e in base all’edizione. Nello specifico il TG1 mantiene un ritmo abbastanza serrato con l’assenza di pause e silenzi. Il servizio va lanciato immediatamente quando il conduttore ha finito di parlare, i secondi di silenzio significherebbero un errore e il conduttore si ritroverebbe subito a dover intervenire per non lasciare momenti di vuoto. Il silenzio, comunque di pochissimi secondi, viene ammesso solo quando ci sono le dirette. In questi casi, viene mostrato direttamente l’apparato tecnico con il piccolo ritardo, ma questo è giustificato per l’effetto di verità. Il tono è serio per la maggior parte dei servizi e cambia solo rispetto a notizie particolari. I conduttori si impostano in maniera diversa, ma in generale è possibile affermare che alcuni risultano rivolgersi in modo più diretto nei confronti del pubblico, riprendendo frasi come “ve lo ripetiamo”, “come ben sapete”. Il ritmo più serrato è dedicato alla lettura dei titoli, che sono circa sei/sette per edizione, ma possono variare. Durano tra i sei e gli otto secondi. La grafica è composta da alcune foto oppure piccoli stralci di video con dei brevi titoli, come “Terrorismo a Strasburgo. Spari al mercatino, tre morti” oppure “Killer radicalizzato sfuggito alla cattura”. Anche se parlano più o meno dello stesso argomento, i titoli da un’edizione all’altra sono sempre leggermente diversi, ad esempio se vengono confrontati i titoli che parlano di Chérif Chekatt nelle tre edizioni del 12 dicembre si trova: “Killer radicalizzato sfuggito alla cattura”, “Caccia al killer in fuga in Francia” e “Continua la caccia al killer in fuga”. I titoli vengono letti dai conduttori e dalle conduttrici, che nonostante il tono molto impostato, sono sciolti e tentano di nascondere il fatto che siano letti. !136 Facendo un confronto con i giornali cartacei, i titoli di un TG possono rappresentare una specie di prima pagina di un quotidiano e servono per mostrare una panoramica delle notizie che saranno trattate. Le frasi espresse sono quasi sempre coordinate, molto secche e non sempre collegate tra loro. La loro funzione è quella di mostrare i punti focali della notizia che verrà poi approfondita. In alcuni casi sono riportate quasi le stesse parole per lanciare il servizio, ma il tono è molto diverso. Il tono e il ritmo dei titoli è sempre molto stringato e serio, mentre quello utilizzato per lanciare i servizi varia dall’argomento presentato. Se durante il TG, il conduttore in alcuni casi si può permettere di divagare un minimo o di essere più informale, nella lettura dei titoli rimane molto ancorato alla notizia senza nessuna, o pochissime sbavature. In generale tutti i servizi raccolti in questa sede esprimono un tono serio. Quando si vuole raccontare la dinamica dell’azione e quindi mostrare un movimento, il ritmo diventa più serrato, mentre quando si parla delle vittime, il clima è più disteso e solenne, come verrà sottolineato nel paragrafo successivo. 3.3 I contenuti proposti Anche se i contenuti e il linguaggio sono già stati in qualche modo affrontati, perché è impossibile distinguere le varie componenti della televisione, è necessario porre il focus su di essi per aggiungere alcune osservazioni. Ad esempio, per mostrare come vengano incrementati gli aggiornamenti in ogni servizio, si può far riferimento al modo in cui viene sottolineato l’aumento costante delle forze di polizia: alle 8:00 del 12 dicembre, Gavino Moretti parla di 350 agenti, alle 13:30 si parla di 400 agenti. Poi alle 20:00 si parla di 750 agenti. Spesso, come segnalato in diverse occasioni, vengono riportate testimonianze, alle quali sono affiancate più informazioni possibili sulla persona che sta parlando, descrivendola come “il venditore di caldarroste”, o qualche dettaglio identificativo, seguito dal nome proprio. Questo sta a significare che non basta dire ciò che ha detto un testimone, ma è necessario mostrare un volto, una voce o almeno un nome dietro ad una !137 testimonianza, per rendere questa più autentica e aderente alla realtà, spesso associata anche a persone comuni in cui il pubblico si possa riconoscere. E quando il testimone non vuole comparire in televisione si trovano delle giustificazioni: «questo ragazzo ha visto tutto, è traumatizzato non vuole farsi riprendere». Non si mette in dubbio la verità o meno di questa affermazione, ma si vuole sottolineare il modo in cui viene espressa. Le testimonianze in generale ruotano attorno ad affermazioni come «c’era molta confusione», «era il panico» che si riferiscono al campo semantico dell’incomprensione e della confusione. In quel momento non si sa che cosa fare, dove andare e cosa sta succedendo. Incomprensione che si affianca al campo semantico dell’insensatezza che riecheggia nelle parole del Prof. Antonio Fracasso, direttore scuola studi internazionali dell’Università di Trento, che dice «il dolore è grande e viene da giorni di grande attesa e sofferenza e difficoltà a comprendere le ragioni di una cosa così…»132. Una “cosa” che non si riesce nemmeno a descrivere. Un altro tema ricorrente e spesso approfondito, è quello che riguarda la città di Strasburgo. Una città, come espresso più volte, simbolo dell’Europa, del Natale, della pace. Un simbolo che viene distrutto ma che tenta di ricostruire la sua normalità: come segno di risposta, la città di Strasburgo «ha deciso di mantenere aperte le scuole perché la città vuole mostrare che vuole andare avanti e non darla vinta»133. La riflessione sull’aspettualità e sulla qualità del tempo che passa da normale ad eccezionale, ritorna anche in questa analisi, la tensione a sottolineare tale contrasto e il tentativo di ricostruire il tempo normale. La contrapposizione di normalità ed eccezione, si sovrappone a quella di divertimento e desolazione, di vita e morte che vengono costantemente messe a confronto e sottolineate per mettere in evidenza il loro dialogo continuo. La città di Strasburgo cerca di tornare alla normalità e dopo la morte di Chérif Chekatt sembra riuscirci: 132 Servizio di Marco Valerio Lo Prete, TG1, Edizione delle 8:00, 15 dicembre 2018 133 In diretta da Strasburgo Gavino Moretti, TG1, Edizione delle 8:00, 12 dicembre 2018 !138 l’inchiesta va avanti ma dobbiamo dire che dopo l’uccisione di Chérif Chekatt, qui abbiamo visto una città completamente diversa, piena di vita, la gente riversata per strada 134. La normalità e la tranquillità vengono anche spesso citate e richieste dal Presidente Emmanuel Macron, «il nostro paese ha bisogno di calma e di ordine», tramite appelli ai gilet gialli e al mondo della politica. Per capire come è stato affrontato il contenuto, anche in questo luogo va sottolineato il modo in cui viene descritto Chérif Chekatt. Sono tanti i servizi o le dirette dedicate direttamente a lui, più di quanto accade nei cartacei che con meno frequenza dedicano degli interi articoli al ritratto di Chérif Chekatt. È un «uomo violento ed estremista» con «numerosi precedenti penali»135 . Viene rimarcata la presenza della sua Fiche S, ma allo stesso tempo viene conosciuto come criminale comune. Tale dualità manda in confusione: si tratta di un criminale comune o un terrorista? È stato davvero un attentato? Se questo viene messo in dubbio più volte, si può però affermare che si continuano ad utilizzare termini come “attentato”, “terrorismo”, “terrorismo islamico”, “terrorista” e così via. Chérif Chekatt era un fiche s, il marchio che rappresenta «pericolosità e radicalizzazione», anche se «non sembra pronto a passare all’azione come altri tra le 20mila e le 12mila persone», sottolineando come la fiche s non significhi di default terrorismo islamico, mettendo in luce l’enorme bacino di persone che è etichettato come lui. Si racconta che il suo percorso di avvicinamento all’islam radicale comincia in carcere, fa proselitismo ma non parla mai di andare a combattere in Siria. Niente indica che possa preparare un atto di terrorismo. Viene schedato con fiche S, quella di delinquenti pericolosi per la sicurezza nazionale. Non possono incriminarlo per terrorismo ma tengono traccia delle sue condanne, come lui dalle 12 alle 20mila persone in tutto il paese, sorvegliare tutti una missione impossibile136 Riassumendo, la radicalizzazione avviene in prigione, ma allo stesso tempo non viene considerato una persona pronta ad agire e con lui altre “persone pericolose”, tra le 12 134 In diretta da Strasburgo Marilù Lucrezio, TG1, Edizione delle 8:00, 15 dicembre 2018 135 Servizio di Giuseppe Solinas, TG1, Edizione delle 13:30, 12 dicembre 2018 136 Servizio di Giuseppe Solinas, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 !139 mila e le 20mila, dove risulta impossibile sorvegliare tutti. Torna, poi, il riferimento al profilo ibrido: un profilo ibrido secondo la polizia, un delinquente, non necessariamente un terrorista, un radicale certo, ma non un lupo solitario dell’Isis, almeno non ancora. In fuga armato e pericoloso così afferma Giuseppe Solinas in due servizi del 12 dicembre, uno alle 13:30 e uno alle 20:00. «L’Islam torna a colpire con il volto di lupo solitario» sono invece parole di Ignazio Ingrao in un servizio sempre del 12 dicembre alle 20:00. Dunque, è evidente che il quadro non è completamente chiaro, viene espressa la confusione e in alcuni casi compaiono alcune contraddizioni. In generale, viene dato poco per scontato, ma in questo caso non c’è chiarezza nemmeno sul significato di lupo solitario. La confusione torna anche quando si espongono i dubbi sulla rivendicazione dell’Isis: «Ci sono molti esperti di terrorismo che si interrogano per capire se è vero o meno o se si trattasse soltanto di uno psicopatico»137. Chèrif Chekatt ha «29 anni e 27 condanne» e dare dei numeri specifici aiuta a convalidare ciò che si afferma. «Chi lo conosce in questo quartiere periferico di Strasburgo» lo considera «una persona normale come tutti»,138 anche se in questo caso la testimonianza rimane vaga, risulta comunque in qualche modo attendibile perché è una dichiarazione che proviene da persone che lo conoscevano. Si torna a rimarcare la sua normalità e dunque forse al riferimento di un “criminale comune”, più che un terrorista. Come nel cartaceo, avviene la perlustrazione del quartiere, ma viene mostrata un’immagine ben diversa. Non si parla direttamente con i ragazzi «simili a Chekatt» perché «nel suo quartiere i giornalisti non sono ben voluti», accompagnate da queste parole si vedono ragazzi incappucciati. La giornalista Marilù Lucrezio, nel servizio del 13 dicembre alle 13:30, intervista altre persone del quartiere, soprattutto anziani, che sottolineano la tranquillità del quartiere. 137 In diretta da Strasburgo, Marilù Lucrezio, TG1, Edizione delle 8:00, 15 dicembre 2018 138 Servizio di Giuseppe Solinas, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 !140 Il servizio in questione si apre con una ripresa da un’automobile che arriva nel luogo: «Koenninghoffen un quartiere multietinico alla periferia di Strasburgo». Poi tutto è didascalico, si parla del suo palazzo «al numero 20 di Rue Tite Live» e si mostra il palazzo e il numero civico. Ci si concentra, successivamente, sulle interviste, nelle quali si mostra lo shock degli abitanti, che non si sarebbero mai aspettati una “cosa del genere”: Maria, originaria di Bari, era la vicina di casa di CC, i suoi figli giocavano con lui […] Mohamed, invece, appena uscito dalla moschea rifiuta il radicalismo violento: “la Francia non merita questa gente, sono persone malate, ma è colpa delle famiglie, non sanno educare, io sono musulmano, pratico l’Islam, che c’entra la religione? Perché uccidere persone innocenti? questo mi fa molto male”. […] “è una zona tranquilla, siamo scioccati, mai avremmo immaginato una brutta storia come questa”. Le due dichiarazioni sono diverse, ma entrambe cariche di significato: da una parte viene sottolineata la normalità di Chekatt, che anche lui, da bambino, giocava; dall’altra si mostra il rifiuto delle sue azioni da parte di un musulmano. Nel montaggio di questo servizio si mostrano anche immagini che segnalano l’entrata della moschea. Interessante che sia stato scelto di intervistare un musulmano, e una signora italiana immigrata a Strasburgo. Questo è utile per mostrare quali sono le persone che si decidono di intervistare. È necessario approfondire anche il modo in cui vengono descritte le vittime. Il 12 dicembre prima di lanciare il servizio di Giacomo Segantini dedicato alla descrizione delle vittime, il conduttore Alberto Matano afferma «Lo abbiamo detto, tre i morti tredici i feriti, cominciano ad emergere le loro storie e i loro volti», infatti i servizi dedicati alle vittime sono sempre delle narrazioni, dove vengono descritte le loro passioni e la loro semplice quotidianità che in pochi istanti è cambiata. Nel particolare, i servizi si concentrano sulla figura di Antonio Megalizzi che viene descritto tramite alcune interviste di studenti e colleghi, ma anche attraverso le sue stesse pagine social, i suoi tweet e i suoi post. Spesso la sua descrizione è accompagnata da immagini e video presi dai profili di Facebook o Twitter, ma vengono mostrate anche !141 immagini di repertorio di Rai provenienti da un’intervista che era stata fatta da Rai Parlamento ad alcuni redattori di Europhonica, compreso Antonio Megalizzi. Si parla della sua passione per l’Europa e per il giornalismo, che sono anche stati i motivi per i quali si trovava a Strasburgo, quando «nel suo percorso ha incrociato quello di Chérif Chekatt»139. Viene mostrato per la maggior parte, come accade nei giornali, in sue immagini dove appare sorridente con cuffie e bandiera dell’Unione Europea. In generale i servizi dedicati alle vittime risultano avere un tono più delicato ed un ritmo più lento rispetto a quando si raccontano le dinamiche dell’attacco o del blitz. Si mostrano spesso immagini del mercatino vuoto, per sottolineare la desolazione e la tristezza di quel momento. Di tanto in tanto, si torna a raccontare l’accaduto, la scena dell’attentato. E ogni volta si ripropongono le stesse immagini registrate con il cellulare: «il racconto è da brividi: “il killer si è appoggiato al muro e ci ha puntato la pistola alla fronte”, quasi un’esecuzione». Anche in questo caso, la testimonianza si mescola con il commento del giornalista che tenta di descrivere un’azione che non può essere mostrata. Dirette e servizi. Osservando i contenuti, è necessario porre una distinzione tra le dirette e i servizi. In generale, non va mai dato nulla per scontato, e specialmente nelle dirette, si spiega sempre al pubblico dove si è e perché. Iman Sabbah, corrispondente da Parigi, legge le prime pagine dei giornali francesi e poi giustifica la sua azione: Perché vi faccio vedere i giornali? Perché vediamo anche l’altro titolo. Emmanuel Macron è all’Eliseo molto impegnato anche nella soluzione di un’altra crisi che dura avanti (sic!) ormai da un mese. Nei giorni scorsi ha affidato al suo portavoce, al portavoce del governo Benjamin Griveaux, che vedete in questo momento, due importanti messaggi: il primo ai gilet gialli affinché non tornino a manifestare e il secondo ai partiti politici alla calma e alla moderazione. 140 139 Servizio di Marilù Lucrezio, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 140 In diretta da Parigi Iman Sabbah, TG1, Edizione delle 8:00, 14 dicembre 2018 !142 Da questa trascrizione delle parole di Iman Sabbah si possono notare alcune caratteristiche già riscontrate, ossia il rapporto diretto con il pubblico e la spiegazione delle immagini che si stanno vedendo, ma anche un tono più informale e con qualche piccola ripetizione, per sottolineare il momento di “presa diretta”. L’attacco viene raccontato per la prima volta in diretta durante il TG delle 20:00 dell’11 dicembre tramite un collegamento con Gavino Moretti. Sono le 20.35141 circa quando arriva la notizia (la notizia arriva immediatamente, ad esempio Ansa pubblica il primo articolo alle 20.42). Dare la notizia in diretta significa rendere subito il pubblico partecipe di quanto accaduto: Through such coverage, especially television coverage, the audience is psychologically drawn into the ongoing event and becomes a part of it through the ability to observe it from a perspective similar to actually being at the location (Picard 1993: 93). Alberto Matano, il conduttore, annuncia una “ultima ora” e si collega con Moretti che si trova dentro il Parlamento Europeo per seguire la plenaria di Strasburgo. L’inviato dice che non c’è «nessuna conferma» e che bisogna usare «tutti i condizionali del caso» perché ancora «non ci sono conferme se si tratta di attentato o meno». L’immagine rimane fissa per tutto il collegamento sull’inviato, non c’è nessun montaggio. Moretti non manca di dire più volte: «vi aggiorneremo nelle prossime edizioni». Anche il conduttore rimarca il fatto che «naturalmente vi aggiorneremo». Come, si sottolineava, le dirette si aprono sempre esplicitando l’ambientazione: «alle mie spalle l’albero di Natale»142 , «vedete siamo in Place Kléber dove sono state esplosi i colpi» 143. Ovviamente, i corrispondenti da Parigi hanno sempre la Tour Eiffel sullo sfondo. A parte in casi eccezionali, quando le dirette sono “improvvisate” a causa di alcune ultim’ora, nella maggior parte delle dirette c’è sempre un minimo di montaggio di altre immagini. In alcuni casi, come già sottolineato, vengono anche spiegate dall’inviato che giustifica le immagini che si stanno mostrando. 141 L’attacco è avvenuto intorno alle 19:50 e probabilmente con questa diretta, il TG1 è tra i primi a dare la notizia. L’articolo su Ansa esce alle 20:42: Strasburgo: media, almeno 3 morti, 11 dicembre 2018, Ansa http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2018/12/11/strasburgo-media-almeno-3-morti_40e12e10edd6-45ac-a454-fa82dec5b71b.html (ultima consultazione 16/10/2019) 142 In diretta da Strasburgo, Gavino Moretti, TG1, Edizione delle 8:00, 12 dicembre 2018 143 In diretta da Strasburgo, Gavino Moretti, TG1, Edizione delle 13:30, 12 dicembre 2018 !143 Al termine della diretta, la telecamera torna sempre a focalizzarsi sull’inviato, che in tanti casi lancia il servizio successivo, anche per sottolineare la fluidità del programma. Ad esempio in questo modo: «questa è la risposta delle istituzioni francese, ma ricostruiamo cosa è accaduto» 144. Come esistono incongruenze tra diversi servizi, questo accade anche tra servizi e dirette. Ci si aspetta che le dirette siano più aggiornate dei servizi, ma non è sempre così. Nella diretta di Gavino Moretti del 12 dicembre alle 8:00, si parla di un italiano ferito ma non si sa ancora di chi si tratta. In un paio di servizi successivi, pochi minuti di differenza, Marco Valerio Lo Prete identifica il giornalista italiano con la figura di Antonio Megalizzi, nonostante pochi minuti prima non si sapesse ancora l’identità. In alcuni casi ci sono delle differenze tra immagini e parole del giornalista, come quando Moretti dice «alle mie spalle vedete anche i mercatini di Natale» ma nel frattempo scorrono altre immagini, quindi la regia fa tornare immediatamente le immagini mostrando Moretti che dice «sono chiusi in segno di lutto», con un ritardo però di qualche secondo sulle parole del giornalista. È sempre fondamentale dire che la notizia sia arrivata “pochi minuti fa”, o sottolineare che si tratti sempre di ultim’ora, di novità improvvise. I servizi, invece, sono costruiti integralmente dove immagini e parole seguono lo stesso ritmo, risultano più formali e non si rivolgono mai direttamente al pubblico. Sono confezionati in determinati modi come già descritti e hanno una durata media di un minuto e mezza circa, il servizio più breve è di 59 secondi, quello più lungo è di un minuto e 54 secondi. Le notizie però, possono anche essere espresse in altro modo rispetto a dirette e servizi, l’aggiornamento può essere fatto direttamente dal conduttore o citato dai giornalisti in servizi che si occupano di approfondire altre notizie. Ad esempio il 16 dicembre nell’edizione delle 13:30, quando si parla del tradizionale concerto di Natale del Senato, la conduttrice Maria Soave ricorda l’omaggio del concerto ad Antonio Megalizzi. 144 In diretta da Parigi, Stefano Ziantoni, TG1, Edizione delle 8:00, 12 dicembre 2018 !144 Spesso sono brevi notizie di aggiornamento, come quando viene annunciata la morte di Bartosz Orent-Niedelski, nell’edizione delle ore 20:00 del 16 dicembre: Notizia veramente di pochi secondi fa, vi devo dire che si aggrava purtroppo il bilancio della strage di Strasburgo martedì scorso, ne abbiamo parlato a lungo in queste scorse edizioni. Perché è morto, secondo quando si è appreso da Le Monde, Barto Pedro OrentNiedelski di 35 anni detto Bartek, rimasto fino ad oggi in coma profondo. Chérif Chekatt gli aveva puntato la pistola in fronte e aveva fatto poi fuoco. La vittima era in compagnia, pensate, del giornalista italiano Antonio Megalizzi morto due giorni fa per una simile ferita. E adesso cerchiamo di tornare di nuovo lievi… (Alberto Matano, edizione del Tg1 delle ore 20:00 del 16 dicembre 2018) È interessante riportare per intero la notizia, perché emerge in maniera chiara la modalità di relazione del conduttore con il pubblico e il modo di gestione dell’imprevisto. La notizia si apre con la sottolineatura di un aggiornamento, arrivato “veramente pochi secondi fa”. Il conduttore ricorda quanto accaduto a Strasburgo, contestualizza prima la notizia, e poi espone l’ultimo aggiornamento. Tutto questo utilizzando termini informali e soggettivi che si rivolgono direttamente al pubblico “vi devo dire”, “purtroppo”, “ne abbiamo parlato a lungo”, “pensate”. È interessante notare anche come il conduttore Alberto Matano decide di cambiare argomento, non in maniera netta, ma inserendo una frase di conclusione empatica. L’attentato di Strasburgo viene citato anche nel servizio del 17 dicembre alle 13:30 quando si parla del ventottenne somalo arrestato a Bari per terrorismo: chi uccide i cristiani è un nostro fratello, scriveva su Facebook dove inneggiava a Chérif Chekatt, l’attentatore che martedì scorso ha cominciato a sparare tra i banchetti dei mercatini di Natale di Strasburgo uccidendo 5 persone, tra loro anche il giornalista italiano Antonio Megalizzi. L’attentato, citato continuamente in diversi servizi nei primi giorni, comincia a perdere interesse con il passare del tempo. Ad esempio il 18 dicembre alle 13:30 ci sono quattro servizi sulla Francia e sui gilet gialli, ma l’attentato non viene nemmeno nominato. L’allarme non è più così forte e ci sono “altri allarmi” da segnalare. Si può anche notare una certa gerarchia delle notizie, sia nell’ordine dei servizi che all’interno delle stesse notizie. Inizialmente ci si concentra sull’attentato, poi sul killer e sulle vittime ed infine, sulle reazioni del governo. Ma proseguendo durante la settimana, la descrizione dell’attentato scompare definitivamente il 13 dicembre, per lasciare più spazio ai ritratti di Chekatt e agli aggiornamenti sul blitz, che rimangono all’attenzione !145 fino alla sua uccisione, e in secondo luogo le storie delle vittime, per poi chiudere con le reazioni del governo che spesso si legano con altri servizi dedicati ai gilet gialli. La reazione del governo poi si sposta sempre più dall’attentato alla situazione con i gilet gialli. Inizialmente nei servizi sull’attentato si citano i gilet gialli, poi avviene il contrario. L’attentato diventa un pretesto per parlare del clima francese e soffermarsi poi sui gilet gialli, infine si parla soltanto di gilet gialli senza più nemmeno nominare l’attentato. Inoltre, per sabato 15 dicembre, il quinto sabato di protesta e manifestazione, il focus torna sui gilet gialli. Il rapporto con il pubblico. Una delle caratteristiche emerse in maniera più massiccia è lo specifico rapporto con il pubblico. Nel telegiornale emerge un rapporto diretto con i telespettatori e le telespettatrici, ad esempio indicando sempre quello che si mostra «Questa, la vedete, la foto dell’attentatore diffusa dalle forze dell’ordine»145. Non va mai dato nulla per scontato e ogni volta che si lancia un servizio è necessario esplicitare i dettagli raggiunti fino a quel punto. Quindi ricordare quando e dove è avvenuto l’attentato, di chi si sta parlando, quali sono gli ultimi aggiornamenti. Anche quando si cita un presidente o un politico, si esplica la sua figura: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente francese Emmanuel Macron, eccetera. Ogni volta si cercano di dare più dettagli possibili, ad esempio indicando nomi delle vie, o il reparto dell’ospedale: «Qui si ritrova la famiglia al terzo piano nel reparto di rianimazione». Esplicitare il dettaglio del “terzo piano” è superfluo ma regala maggiore autenticità. Non ci si dimentica mai di ricordare che le persone a casa, gli spettatori e le spettatrici, saranno sempre aggiornate su ciò che accade, perché in qualsiasi momento potrebbero arrivare nuovi aggiornamenti: “altri particolari emergeranno nelle prossime edizioni”, “vi terremo aggiornati”. Dal punto di vista del contenuto, viene spesso sottolineata la “doppia crisi” della Francia: l’allarme attentato e le manifestazioni dei gilet gialli. Le due tematiche tendono a legarsi in ogni edizione. Come già sottolineato, dal 12 dicembre il focus è l’attentato, 145 Adriana Pannitteri, TG1, Edizione delle 8:00, 12 dicembre 2018 !146 ma nei vari servizi i gilet gialli vengono spesso nominati, soprattutto nei servizi che parlano della reazione del governo. Dal 15 dicembre, però, giorno del quinto sabato di manifestazione, la tematica della protesta torna in primo piano e l’attentato viene citato di tanto in tanto. Risulta utile riportare alcune delle frasi pronunciate dai giornalisti nella descrizione di questa doppia crisi: «per Macron un altro duro colpo nella crisi dei gilet gialli»146, «la minaccia terroristica è ancora al centro della vita dei francesi. […] Non è un periodo facile per il governo, non è periodo facile per tutta la Francia»147, «fino a ieri alle prese con la rabbia del ceto medio, la Francia sotto ostaggio della paura»148. Le crisi sono parte di un processo e sono risultati di altre condizioni, ma nell’esposizione di queste notizie pare quasi che tali crisi possano essere arrivate casualmente in Francia, piombate chissà da dove. È evidente, che sia per quanto riguarda le proteste dei gilet gialli che per il terrorismo, non basta osservare dieci giorni di telegiornali, ma bisognerebbe prendere in considerazione maggiore quantità di materiale, confrontando questo con altre situazioni, ma è utile mettere in luce aspetti che rimandano al significato di crisi come casualità. Emmanuel Macron è al centro, il protagonista, di questa crisi, ma non sono molte le sue dichiarazioni dirette. Spesso si riportano le parole di portavoce o si mostrano alcuni dei suoi tweet, confermando ancora una volta l’utilizzo di fonti dirette dalle pagine ufficiali di personaggi pubblici. Dalle notizie, emerge anche la critica verso Macron da parte della destra francese alla nuova legge antiterrorismo e vengono riportate le dichiarazioni sulle teorie complottiste dei gilet gialli, a cui replica il sottosegretario degli interni: «sono indignato per queste illazioni». Riguardo alla situazione francese, compaiono interviste ad esperti, come quella a Alessandro Orsini, direttore dell’Osservatorio Sicurezza internazionale che spiega le ragioni per cui la Francia sia colpita maggiormente, per la maggior presenza di individui 146 In diretta da Parigi Iman Sabbah, TG1, Edizione delle 13:30, 12 dicembre 2018 147 In diretta da Parigi Iman Sabbah, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 148 Servizio di Ignazio Ingrao, TG1, Edizione delle 20:00, 12 dicembre 2018 !147 radicalizzati ma anche per un fattore politico, visto che la Francia è molto impegnata nella lotta frontale contro l’Isis. Non è facile dunque porre una distinzione netta tra le due tematiche, che si legano e si alimentano tra loro all'interno dell'esposizione delle notizie del TG. Non succede lo stesso con la politica italiana, impegnata in quei giorni nell’elaborazione della manovra economica, l’accordo con l’Unione Europea, sarebbe arrivato, infatti, il 19 dicembre149. In generale, quando l’attacco non ha la priorità, la notizia sulla manovra è sempre la prima. 3.4 Analisi del servizio di Marco Valerio Lo Prete dell’edizione del TG1 delle 8:00 del 14 dicembre 2018 La scelta del servizio specifico da analizzare non è stata semplice, perché le caratteristiche della televisione sono molto complesse. Cercare un caso emblematico significa individuare servizi che mettano in luce particolari aspetti linguistici, tecnici, di montaggio, considerando le tipologie e le realizzazioni diverse di dirette e servizi chiusi: i primi servizi troppo scarni di informazioni, le dirette confezionate in maniera più blanda con un utilizzo minore del montaggio, i servizi focalizzati su una tematica tralasciano aspetti importanti di altri topic. Tuttavia, l’analisi implica una selezione e la scelta si è indirizzata sul servizio che si è mostrato più rappresentativo per cogliere diversi aspetti sia dal punto di vista del montaggio che per i contenuti scelti. È il primo servizio del 14 dicembre 2019 dell’edizione delle 8:00 di Marco Valerio Lo Prete, la durata è di un minuto e 48 secondi. Nella media dei servizi, è uno dei più lunghi, tra quelli analizzati si arriva ad un massimo di un minuto e 54 secondi. Cfr. Manovra: Tria, accordo fatto con l'Ue. Ma Conte invoca prudenza, 19 dicembre 2018, Ansa. http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2018/12/17/manovra-ue-dialogo-continua-con-italia.-schema-abruxelles-con-deficit-al-204_18bde373-0c11-4297-9e49-a3264afd178f.html (ultima consultazione 16/10/2019) 149 !148 Il servizio è stato scelto sia per il tipo di contenuto presentato, ma soprattutto per il modo in cui viene esposto e montato. Proprio per questo motivo è imprescindibile valutare contemporaneamente parole e immagini, perché queste sono legate indissolubilmente. Rappresentando il primo servizio, viene mandato subito dopo i titoli di presentazione. La conduttrice Adriana Pannitteri apre il TG1 in questo modo: «Buongiorno benvenuti. Si è conclusa dunque la caccia all’uomo a Strasburgo. Chérif Chekatt, il killer del mercatino di Natale è stato ucciso ieri sera dalla polizia francese. Non si era mai mosso dal suo quartiere. Applausi della gente ai gendarmi. La cronaca nel servizio di Marco Valerio Lo Prete». L’introduzione al servizio è secca, netta. Come già sottolineato, si tende ad esplicitare tutti i dettagli possibili, ma in questo caso si rimane sulla notizia dell’ultima ora: l’uccisione di Chérif Chekatt, avvenuta la sera precedente. Le frasi sono molto brevi e mettono in luce tutti gli elementi fondamentali che verranno approfonditi nel servizio. Il tono della conduttrice è molto serio e svelto. Intanto, alle sue spalle, sullo schermo si vede la fotografia di riconoscimento di Chérif Chekatt e un’immagine della polizia, probabilmente nel quartiere di Neudorf, dove è avvenuto il blitz. Appena viene annunciato il nome del giornalista, inizia il servizio. Il grande schermo dietro alla presentatrice diventa lo schermo della televisione. Il servizio si apre con delle immagini scure e con dei forti applausi che durano circa tre secondi. Si tratta di soltanto tre secondi, ma per i ritmi veloci ed immediati della televisione, risultano un tempo prolungato di soli suoni, senza le parole del giornalista, poiché nel telegiornale è preponderante il testo verbale. Le immagini sono scure e non è facile capire che cosa si sta vedendo. I suoni accompagnati da immagini poco limpide, immergono lo spettatore e la spettatrice in una situazione che richiede subito di essere chiarite. Quando Marco Valerio Lo Prete comincia a parlare, le immagini diventano più chiare, si scorge una strada illuminata di blu, le luci delle sirene, e un gruppo di poliziotti completamente coperti, anche sul viso, che si muovono in direzione della telecamera. Le parole che accompagnano questa scena sono: !149 Gli applausi sono tutti per la polizia francese. Il palco è Rue du Lazaret, la strada di Strasburgo dove il terrorista islamico Chérif Chekatt, l’attentatore del mercatino natalizio, è stato appena ucciso dalle forze dell’ordine alle 21 di ieri sera. Nella platea improvvisata per strada ci sono cittadini comuni del quartiere di Neudorf, battono le mani e si abbracciano. Questo incipit è particolarmente interessante perché esplicita direttamente la rappresentazione del racconto come spettacolarizzazione: la polizia francese è la protagonista, la strada è il palco, si è formata una platea e un lieto fine con applausi e abbracci. Nella parte iniziale del servizio, viene ricordato il motivo di questo spettacolo, ossia l’uccisione di Chérif Chekatt. Il tono è più disteso rispetto agli altri servizi ed emerge una situazione di positività, dove in strada le persone “battono le mani e si abbracciano”. Le immagini presentate sono dei video con strade piene di giornalisti e persone che riprendono la scena con i propri smartphone, ormai protagonisti di qualsiasi avvenimento. La zona è tutta transennata e in sottofondo si sentono clacson, applausi e voci forti. Quando il giornalista pronuncia «è appena stato ucciso», vengono mostrati due primi piani, una ragazzo ed un ragazza che si guardano attorno un po’ smarriti subito seguiti da una platea di persone, un poliziotto con il viso coperto e un’arma, probabilmente un mitra, tra le braccia. Le due immagini sembrano ricondurre alle due situazioni contrapposte nei vari servizi: l’immagine di incomprensione e la paura che contrastano con la folla felice e il militare che rappresentano la sicurezza e la normalità. Il battito di mani si sente più forte nel momento in cui il giornalista ribadisce «battono le mani», e vengono nuovamente mostrate immagini di persone che applaudono, un esempio di come le parole e le immagini si rincorrono tra loro per essere allineate continuamente. È la prima volta che si mostra direttamente la folla applaudire, mentre nelle immagini precedenti, l’applauso si sentiva solo con l’immagine della polizia, come se la ripresa fosse nei confronti del “palco”, dove si è svolta l’azione, e in questa parte si fosse invece rivolta verso il pubblico, così per mostrare che non si tratta proprio di uno spettacolo. Continua la narrazione di quanto accaduto e Marco Valerio Lo Prete riprende il riassunto di ciò che è successo nei giorni precedenti, tornando ad un tono più serio: !150 48 ore prima il centro della loro città era stato sconvolto dall’attentatore Chekatt che con una pistola e un pugnale aveva ucciso tre persone e ne aveva ferite altre tredici tra i passanti. Sparatorie tra le stradine del centro, una breve pausa nella quale si sentono suoni di alcuni spari, «poi le urla» e segue un’altra breve pausa dove si sentono grida acute molto forti. La strategia di montare in modo complementare suoni e la voce del giornalista è abbastanza diffusa nei vari servizi. Non basta lasciare i suoni in sottofondo, ma questi vanno messi in evidenza al punto da far zittire la voce del giornalista. È evidente, che questo non accade con tutti i suoni, ma particolarmente con quelli rilevanti, come spari e urla disperate. Per parlare dell’attentato, tornano i video di bassa qualità, presi da altre testate o direttamente dai social network: c’è una prima immagine in orizzontale della polizia che parla molto forte, una seconda immagine scura in verticale dove si vedono dei movimenti e poi un video, sempre in verticale, dove si vede una persona per terra. Il discorso fatto nel capitolo precedente sui video di bassa qualità e in verticale, quando la televisione opterebbe per altri formati, vale anche in questo caso. Tali immagini risultano avere una maggiore autenticità; inoltre, se le immagini non sono chiare, solo intravedere può suscitare maggiormente l’immaginazione e dunque l’emozione, in particolare il timore. Inserire immagini amatoriali è necessario perché è importante considerare che tra i valori notizia che trasformano un evento in un tema appetibile per il telegiornale, ha un posto importante proprio la sua spettacolarità intrinseca, cioè la disponibilità e la qualità delle immagini connesse ad un evento (Calabrese, Volli 1995: 91) Tuttavia, le attuali tecnologie permettono di registrare dagli smartphone delle immagini discrete per essere mostrate in televisione, e a questo punto, la “disponibilità” di materiale ha la priorità sulla “qualità”. Inoltre, in questo caso, l’utilizzo dei video registrati con il cellulare viene giustificato nella frase successiva: Il tutto ripreso dalle finestre con i cellulari, è la stessa identica visuale delle prime immagini arrivate ieri sera dal quartiere popolare di Neudorf, distante mezz’ora a piedi dai luoghi !151 della strage di martedì. Qui Chekatt aveva cercato rifugio vagando per le strade dove aveva abitato e che conosceva meglio, lì dove la polizia, dopo aver interrogato i familiari aveva concentrato la caccia all’uomo. La frase riguardo agli smartphone serve per ricollegarsi alla notizia principale, ossia il blitz della polizia e l’uccisione di Chérif Chekatt. A metà di questa frase si torna alle immagini ad alta definizione fatte dall’operatore per la Rai, che contrastano molto con quelle precedenti. Queste semplicemente mostrano la polizia e le volanti con la sirena blu accesa, dunque in questo caso la qualità è maggiore, ma il contenuto è meno interessante. La differenza di qualità delle immagini è la linea di separazione tra quello che è successo nel passato, ossia la sera dell’11 dicembre, e la contemporaneità esposta però con un po’ di ritardo. Infatti, ciò che si racconta è avvenuto la sera precedente alla messa in onda, ma si racconta come se fosse appena accaduto. Si torna a mostrare il quartiere, il quartiere di Chérif Chekatt, il quartiere dove la polizia lo stava cercando, il quartiere dal quale lui non si era mai mosso. Il servizio è molto dinamico, e anche quando appaiono fotografie non sono mai statiche, si muovono con un piccolo zoom. A questo punto, compare l’immagine segnaletica di Chérif Chekatt e le parole che accompagnano sono legate: ieri sera una donna avrebbe chiamato le forze dell’ordine dicendo di aver visto un uomo che assomigliava all’identikit. Tre agenti l’hanno raggiunto e gli hanno chiesto i documenti. Lui ha subito tentato di fare fuoco. Fulminea e letale la risposta dei poliziotti. Dopo la prima immagine segnaletica, si mostra il documento che accertava Chérif Chekatt come persona ricercata con tutti i dettagli in francese. Quando si parla dell’avvicinamento dei gendarmi a Chérif Chekatt si vede e si sente la sirena della polizia in sottofondo. Con la voce, Marco Valerio Lo Prete enfatizza particolarmente il “subito”, dando un senso di contemporaneità all’azione descritta nella frase precedente e anche per sottolineare la velocità dell’azione e la pericolosità di Chérif Chekatt. Appare poi uno screenshot di una televisione francese dove si vede un’immagine di una persona a terra con la faccia coperta da pixel su un viale davanti ad una porta e una grafica con scritto: «Chérif Chekatt abattu à Strasbourg». Come accade anche negli altri servizi, quando viene citato qualcuno il giornalista cambia tono. In questo caso, vi è la dichiarazione del ministro dell’Interno Christophe !152 Castaner: «“per ora non sono stati individuati complici” dice il ministro dell’interno Castaner giunto sul luogo». Oltre ad esplicitare il nome del ministro, le parole sono accompagnate da alcune immagini di quest’ultimo. L’immagine successiva è una scritta in arabo e viene subito esplicata dal giornalista, si tratta delle rivendicazione da parte di Isis: Con il terrorista neutralizzato è arrivata anche la rivendicazione dell’attentato da parte dello Stato Islamico, ma soprattutto la fine di un incubo. La Francia adesso può elaborare il proprio lutto. Anche parlare di incubo risulta interessante e le immagini che lo accompagnano sono le candeline accese in Place Kléber, riferite al lutto. La luce però, allo stesso tempo, rappresenta la speranza e dà un senso di positività, in linea con la “fine di un incubo”. I festeggiamenti, la fine dell’incubo e l’elaborazione del lutto restituiscono un senso particolare, ossia essere giunti al termine di tale “emergenza” per poter ricominciare la vita nella “normalità”. Il ritmo è molto alto e molto serrato, tranne nella parte iniziale che appare leggermente più disteso. Le immagini e le parole sono legate tra loro in modo complementare e descrittivo. Di fatto questo è il primo servizio che parla dell’uccisione di Chérif Chekatt. Il servizio delle 13:30 dello stesso giorno è molto simile, ma a questo vengono aggiunte immagini e testimonianze, dove si sottolineano la parole dei passanti: «io ho preferito non andare più al lavoro, un psicopatico che gira armato, quelli non scelgono quelli sparano a tutti» con accento straniero e «negli ultimi giorni sono morta dalla paura, mettevo mobili davanti alla porta, non mi sentivo più al sicuro» con voce molto preoccupata. Queste dichiarazioni tornano a sottolineare come la morte di Chérif Chekatt si traducesse nella fine di un incubo, dividendo il tempo in un “prima” e un “dopo”. Riportare le emozioni, soprattutto le paure, dei cittadini comuni del quartiere di Neudorf aiuta a creare empatia con il pubblico, che possono riconoscersi con le persone di quel posto. !153 !154 CONCLUSIONI La maggior parte della popolazione italiana utilizza i mezzi di comunicazione anche per informarsi. Oltre l’80% dei cittadini italiani accede all’informazione tutti i giorni. In generale, la dieta informativa di oltre tre quarti della popolazione si caratterizza dalla cross-medialità, ossia dalla capacità delle piattaforme digitali di connettere tra loro i diversi mezzi di comunicazione e dunque permettere ai cittadini di informarsi tramite media differenti nello stesso tempo. La crescente diffusione di dispositivi ha dato possibilità crescenti a tutti i cittadini e cittadine di accedere a più mezzi di comunicazione. Tuttavia, la simultaneità e la sempre maggiore frammentazione possono favorire un consumo superficiale e disattento delle notizie, alimentando il rischio della disinformazione. Soltanto la televisione riesce ad essere un mezzo dotato di un suo bacino personale; circa l’8% della popolazione è utente esclusivo televisivo. Dal totale, rimane solo un 5% della popolazione che invece non si informa, o meglio non si informa tramite i mezzi di comunicazione di massa. Dunque, la maggior parte delle persone in Italia si informa attraverso i media. È necessario quindi porre l’accento su quanto sia importante il mondo dell’informazione e quanto questo possa garantire un’influenza su diversi livelli dell’opinione pubblica, ma anche della cultura, della politica, e dei comportamenti della società attuale e dei singoli cittadini e cittadine. L’analisi svolta ha tentato di raccogliere e ordinare alcuni concetti che si pongono alla base del rapporto tra media e pubblico, osservando e delineando strutture e perimetri che determinano l’agire sociale. Come si è potuto notare, la narrazione giornalistica (Volli 2003), e a questo punto è evidente chiamarla narrazione, si dirama in una suddivisione di diverse tematiche, la topicalizzazione, che via via si traduce in categorie sempre più specifiche che possono essere riconosciute sia nella disposizione delle pagine di carta stampata e dei siti e nella programmazione del telegiornale, ma che sono evidenti anche nella !155 titolazione e nella stesura dei testi. In questa scomposizione, tuttavia, è necessario fare riferimento ad una contestualizzazione, ossia osservare tali notizie nei contesti in cui sono state inserite, riflettendo sulle loro posizioni e sull’impatto costruito attorno ad esse. L’analisi si è mossa proprio a partire dalle caratteristiche dei media per dividere in topic i contenuti e le tipologie rilevate nel corpus selezionato, partendo dalla titolazione e della contestualizzazione. Il procedimento tassonomico privilegiato dalla semiotica ricorda molto quello del giornalista, che deve essere in grado prima di tutto di ordinare e classificare la realtà. Le notizie vanno ricercate nella realtà, ma non rappresentano l’ordinario. Il confezionamento di ogni notizia è utile non per riprodurre la realtà, ma in funzione del suo ordinamento, classificazione e interpretazione. Il giornalismo italiano, come già sottolineato, trova difficoltà a distinguere cronaca e commento, prediligendo uno stile letterario e romanzesco. A questo si aggiunge una tradizione culturale che si porta dietro una continuità tra militanza politica e giornalismo, che ha spesso intaccato l’ideale di neutralità: «La tentazione pedagogica, se non proprio quella manipolativa, di spiegare chi ha torto e chi ha ragione, suggerire come dovrebbe andare il mondo, moraleggiare, dire che cosa insomma gli spettatori dovrebbero pensare, domina quasi incontrastata nel nostro panorama informativo». (Calabrese, Volli 1995: 25) Questo emerge in maniera chiara nell’utilizzo del linguaggio simbolico in tutti e tre i media e nello specifico rapporto diretto con il pubblico televisivo. L’utilizzo di testimonianze, inoltre, aiuta ad empatizzare con il pubblico, che via via può riconoscersi con la gente comune intervistata. Dall’analisi emerge come la selezione giornalistica debba essere in grado di mantenere diversi equilibri. In primo luogo, è necessario sfatare il mito del giornalismo come “finestra sul mondo”: ciò che viene raccontato non è il quotidiano, ma sempre l’irregolarità: «l’eccezione è la regola, che si realizza sistematicamente ogni sera». (Calabrese, Volli 1995: 115) I media rappresentano continuamente un mondo pieno di emergenze, di catastrofi, di !156 situazioni fuori dall’ordinario. La caratteristica di enfatizzare anomalie si contrappone fortemente all’idea dei media come specchio del mondo; tuttavia, il giornalismo deve rimanere ancorato all’effetto di realtà, cercando continuamente di mantenere il mondo televisivo e quello reale collegati. Gli eventi che si presentano devono avere la giusta densità di colpi di scena, di descrizione di personaggi e di aggiornamenti continui, la notizia deve intrattenere il lettore «senza sconcertarlo per l’eccesso o annoiarlo per la rarità dei fatti», (ibidem: 79) seguendo la settimanalizzazione della notizia, ossia spezzando la notizia, mostrando continuamente nuovi aggiornamenti e punti di vista differenti, costruendola con il passare dei giorni. Questo è inevitabile in situazioni come quella descritta, visto che il finale non si conosce in anticipo. Tutto questo deve essere organizzato seguendo una struttura. Ciò accade negli articoli della carta stampata, ma non sempre sul web. Gli articoli delle testate online, si conformano spesso come strutture costruite da vari paragrafi che non seguono un’elaborazione della “storia”, ma aggiungono informazioni sotto forma di paragrafi distinti tra loro, creando una specie di flusso continuo senza una fine definita. È necessario ricordare ancora una volta l’assunto di partenza della semiotica interpretativa. Considerare un testo incompleto significa determinare l’intervento di un lettore incaricato di utilizzare la sua attività inferenziale per riempire gli spazi lasciati vuoti. Per questo motivo lungo tutto il corso dell’analisi, è stato necessario mettere in luce le risposte e le domande che i lettori e le lettrici si potrebbero porre. Cercare di intravedere la formazione del lettore/utente/spettatore modello per delineare le reazioni, mettendo in luce i buchi lasciati dai media, consciamente o inconsciamente. Il lettore/utente/spettatore modello deve imparare le regole del mondo rappresentate dai media e questo significa che deve sviluppare un apprendimento e delle competenze, che non sono soltanto quelle di sapere leggere, ma anche di poter dare significato a ciò che è stato scritto e inserirlo in cornici di senso. Per leggere e capire degli articoli viene richiesta una specifica competenza, quella della lettura. Nonostante questa non venga richiesta per la televisione, essa impone l’apprendimento di tre codici (Casetti, di Chio 2001: 222) che coesistono: i !157 codici della realtà, riguardanti il mondo che la televisione rappresenta; i codici discorsivi, riferiti al linguaggio audiovisivo, cioè la modalità in cui viene rappresentato il mondo e i codici ideologici, ovvero il pensiero e la mentalità che racconta il mondo rappresentato e il modo di rappresentarlo. Questi ultimi sono codici simbolici che derivano dal sistema sociale e culturale nei quali nasce il testo di riferimento e inglobano e ordinano i primi due gruppi di codici. Per questo, tali codici devono essere assunti e decodificati dal destinatario, ed è questo il processo che quest’analisi ha tentato di mettere in luce nei vari media. Tuttavia, la narrazione giornalistica è incompleta anche perché le notizie devono essere aggiornate quotidianamente soprattutto se si tratta di un processo in atto. La giornalista non conosce la fine della vicenda ed è dunque obbligata a raccontarla un passo alla volta. Questo è quanto accade soprattutto per i giornali stampati e per la televisione, nonostante quest’ultima abbia la possibilità di integrare aggiornamenti durante le dirette. Tutto un altro discorso va fatto per i giornali online, che invece hanno la possibilità di modificare i propri testi, cambiando man mano prospettiva e costruendo testi diversi in base all’andamento della storia. In maniera trasversale nelle tre analisi, è emersa a tratti, la confusione e la poca chiarezza creata da situazioni eccezionali. Spesso, le situazioni di emergenza immergono il pubblico in una condizione di incertezza, dalla quale i cittadini e le cittadine cercano di uscirne tramite risposte che possano chiarificare la situazione. Tali domande vengono fatte in primis alla politica e ai media. Questi però, non sempre riescono a fare chiarezza e possono dunque apparire delle contraddizioni. A complicare la situazione, la difficile collocazione del concetto “terrorismo”, che già nel suo significato e nella sua definizione giuridica risulta confuso, soprattutto per la sua doppia minaccia, oggettiva e soggettiva, concreta ed astratta, come espresso nel primo capitolo. Lungo il corso dell’esposizione riguardo agli aggiornamenti sull’evento analizzato, spesso è stata messa in dubbio la sua natura terroristica e questo viene !158 particolarmente evidenziato nei servizi televisivi. Inizialmente si sottolinea l’utilizzo di “tutti i condizionali del caso” poiché non c’è nulla di accertato, poi lo Stato francese conferma di indagare per terrorismo, ma le prime dichiarazioni del ministro degli Interni Castaner parlano di Chérif Chekatt come di un “criminale comune”. Intanto, si raccontano le sue azioni paragonandole a quelle di altri terroristi e scrivendo articoli nei quali l’attacco si confronta con altri attentati simili in Francia o ai mercatini di Natale, come quello di Berlino del 2016. La contrapposizione tra “identikit di terrorista” e “criminale comune” continua ad essere riportata soprattutto nell’attesa di una rivendicazione. Ma anche quando questa arriva, non tutti sono convinti che sia davvero reale: «Ci sono molti esperti di terrorismo che si interrogano per capire se è vero o meno o se si trattasse soltanto di uno psicopatico».150 Non fare riferimenti specifici a fonti, ma parlare di "molti esperti” può risultare vago e poco attendibile. Inoltre, in alcuni casi Chérif Chekatt viene riconosciuto come “lupo solitario” e altre volte viene negato come tale, allo stesso tempo non si spiega che cosa comporta e che cosa significa associarlo o meno ad un “lupo solitario”. Alla luce di questi dubbi, sarebbe necessario chiedersi in che modo il terrorismo si stia trasformando e quali sono le conseguenze di etichettare come “attentati terroristici” senza avere chiaro il loro significato e in che modo questi si manifestano. La duplicità di Chérif Chekatt emerge anche nelle frasi “era uno di noi” e “non era uno di noi”, pronunciate rispettivamente da alcune persone del suo quartiere che condividono con lui diverse caratteristiche, come emerso nell’articolo di Marco Imarisio analizzato nel primo capitolo, e dalla comunità musulmana, che invece se ne distacca totalmente. Nonostante la perplessità, tutto l’evento è descritto come un attentato terroristico e Chèrif Chekatt come un attentatore ed un estremista islamico, inserendo l’avvenimento nella cornice di senso “terroristica”. Infatti, la forma tipica del discorso informativo è quella narrativa che ordina gli eventi tramite una concatenazione in serie connessa, trovando cause ed effetti, conseguenze e precedenti. 150 In diretta da Strasburgo, Marilù Lucrezio, TG1, Edizione delle 8:00, 15 dicembre 2018 !159 È necessario, tuttavia, superare l’idea della linearità del racconto, poiché le narrazioni possono anche ruotare attorno a una tematica, mostrando via via opzioni e soluzioni possibili, ponendo le situazioni come alternative o prospettive diverse della realtà, non necessariamente come sequenze. Non sempre però accade così, spesso, come è emerso, i media tendono a dare un senso di continuità, unendo cause ed effetti, non direttamente legati tra loro. Il problema sta nel fatto che la realtà non è sempre spiegabile in maniera logica e coerente. Le costruzioni narrative proposte dai media analizzati sono interpretazioni degli eventi tramite l’attribuzione di una consequenzialità a tutti gli elementi: Chérif Chekatt attacca perché la mattina stessa è stato ricercato dalla polizia con un mandato d’arresto e dunque non ha più nulla da perdere, Chérif Chekatt è cresciuto in un quartiere difficile e periferico dove nel tempo ha compiuto crimini sempre più pericolosi fino ad arrivare alla strage, Strasburgo era già stata più volte presa di mira per la presenza massiccia di reti terroristiche, il mercatino di Natale è molto frequentato e la larga presenza nel centro di forze dell'ordine dimostrava il fatto che ci fosse qualcosa per cui preoccuparsi, e così via. Leggere la realtà in questo modo, significa leggerla in maniera retrospettiva, ossia raccontando il passato avendo già le informazioni di ciò che è successo in seguito, e inserendo gli eventi in un flusso inevitabile. Di per sé, un attentato terroristico è inaspettato e scombina totalmente la nozione di prevedibilità. Ma se da una parte si presenta come un’azione «naturalmente imprevedibile», dall’altra «diventa simbolo del disastro annunciato, oggetto di infinite ricostruzioni a posteriori per confermarne l’ineluttabilità» (Cassone, Surace, Thibault 2018). Non è stato possibile apporre la stessa tipologia di analisi per tutte e tre le parti prese in considerazione, poiché rappresentano modi diversi di fare giornalismo e sono veicolati da media differenti. Il senso costruito dai media analizzati si delinea attraverso la trasformazione dei dati grezzi in un racconto vero e proprio e tale processo è sempre interpretativo, anche quando non sono espressi direttamente opinioni e commenti. !160 Nella parte dedicata alla carta stampata il focus si è indirizzato specialmente sull’utilizzo del linguaggio scritto e della sua potenza simbolica, attraverso l’esplicazione del contrasto tra il mondo Occidentale e il terrorismo, delineato come una lotta tra il bene e il male, nella ricerca di storie e volti da raccontare. La descrizione di Chérif Chekatt si è profilata come un’indagine, alla ricerca di dettagli e indizi sulla sua sparizione. Nella parte riguardante l’informazione online, ci si è focalizzati sulle sue specifiche competenze ipertestuali, che permettono di ibridare e unire i diversi media tra loro. Questa caratteristica infatti impone una differenza nella stesura degli articoli rispetto alla carta stampata, nonostante il sito venga utilizzato anche come piattaforma per riportare gli articoli contenuti nelle edizioni cartacee. Gli articoli realizzati per il web risultano comunque essere molto diversi da quelli cartacei, sia per la brevità dei paragrafi che per la modificazione continua del testo, dove gli aggiornamenti vengono costantemente inseriti. Una delle caratteristiche fondamentali della televisione, invece, è lo specifico rapporto con il pubblico, ossia il modo in cui i giornalisti, specialmente i conduttori, comunicano con i telespettatori, rivolgendosi direttamente ad essi. Il focus, nel particolare si è indirizzato al montaggio e al modo in cui la notizia viene costruita combinando linguaggio verbale, suoni ed immagini per formare dei significati, coinvolgendo il pubblico. Anche se non fanno parte del materiale raccolto, vanno segnalati alcuni video pubblicati sul sito di "La Stampa” nei giorni immediatamente successivi all’attentato dell’11 dicembre 2018151. Sono dei brevi video presi da interventi televisivi del direttore Maurizio Molinari che commenta l’avvenimento, nello specifico si esprime sulla storia dell’ideologia jihadista. Interessante il fatto che un’intervista televisiva fatta per la televisione, possa diventare un breve contenuto giornalistico da pubblicare in una testata. Il contenuto viene staccato dal suo contesto originale, diventa fruibile su più piattaforme. Tra il materiale raccolto, possiamo trovare dei contenuti simili come le 151 Molinari: “Dall’Afghanistan all’Ue si combatte un’ideologia, il jihadismo”, “La Stampa”, 12 dicembre 2018 consultabile al link origamisettimanale.it/2018/12/12/esteri/molinari-dallafghanistan-allue-si-combatte-unideologia-il-jihadismobPbBxcuK6NJhD3oQydfaiP/pagina.html (ultima consultazione 17/10/2019) !161 interviste di Radio Capital trasformate in brevi video e riportate sul sito di repubblica.it. Questi contenuti sono solo alcuni esempi di quel processo che viene chiamato convergenza dei media. Emerge il continuo riferimento all'effetto di verità tramite la dimostrazione della ricerca delle proprie notizie, la riaffermazione delle proprie fonti, attendibili o meno, la possibilità di inviare giornalisti sul posto. Nello specifico, questo effetto di verità si amplifica nella figura del conduttore televisivo che si pone come un collante tra il pubblico e le notizie. Osservando le tre tipologie di media, si può dire di aver identificato diverse caratteristiche comuni, in particolare per quanto riguarda la creazione dell’aspettualità. Di continuo, i riferimenti sono alla qualità del tempo normale e quella eccezionale, due condizioni che si inseguono e che cercano di prevalere l’una sull’altra. Ma l’eccezionalità raccontata quotidianamente risulta trasformarsi in una normalità cadenzata da tante emergenze, ultim’ora e notizie assolutamente da scoprire. La diffusione, la ripetizione dei messaggi e della loro struttura producono un effetto di abitudine, che determina la normalità degli eventi e della loro concatenazione. Ma, allo stesso tempo, questo overlapping informativo, ossia la proliferazione continua di una sovrapposizione di informazioni, genera una richiesta di intermediazione per dipanare e ordinare tale matassa informativa. !162 BIBLIOGRAFIA Attentat à Strasbourg : qui est Cherif Chekatt, le suspect de la fusillade? “Le Monde”, 12 dicembre 2018: https://www.lemonde.fr/police-justice/article/2018/12/12/ toujours-en-fuite-le-tireur-de-strasbourg-est-un-radicalise-au-lourd-passejudiciaire_5396463_1653578.html Attentat de Strasbourg : Daech revendique l’attaque, “Le Parisien”, 14 dicembre 2018: http://www.leparisien.fr/faits-divers/attentat-de-strasbourg-daech-revendique-lattaque-14-12-2018-7968180.php Che cosa significa “Allah akbar”?, “Il Post”, 21 febbraio 2017: https:// www.ilpost.it/2017/02/21/allah-akbar/ Disaster and Mass Media, National Academy of Science, Washington D.C., 1980 La vita infernale dei moderatori di Facebook, "Il Post”, 26 febbraio 2019, consultabile al link https://www.ilpost.it/2019/02/26/moderatori-facebook-the-verge/ Manovra: Tria, accordo fatto con l'Ue. 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21/09/2019) !172 Francia, spari al mercatino di Natale a Strasburgo, 11 dicembre 2018: https:// video.corriere.it/strasburgo-spari-mercatino-natale-almeno-morto-diversi-feriti/ 5e69f872-fd85-11e8-84b7-ff9bf5ee4344 (ultima consultazione 21/09/2019) Spari nel centro di Strasburgo, transennata e bloccata al traffico la zona dei mercatini, 11 dicembre 2018: https://video.corriere.it/spari-centro-strasburgotransennata-bloccata-traffico-zona-mercatini/4764aaea-fd86-11e8-84b7-ff9bf5ee4344 (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, anche il giornalista Antonio Megalizzi ferito nell'attacco: chi è, 12 dicembre 2018: https://video.corriere.it/strasburgo-anche-giornalista-antonio-megalizziferito-attacco-chi-e/01c8efc8-fdef-11e8-b61a-f85bb96fc14f (ultima consultazione 21/09/2019 Strasburgo, il killer del mercatino ucciso dalla polizia, 13 dicembre 2018: https:// video.corriere.it/strasburgo-killer-mercatino-ucciso-polizia/3bac24b8-ff1a-11e8-81dffed98461c4ee (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, la mamma di Valeria Solesin: vorrei conoscere i familiari dei killer, 14 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_14/mamma-valeriasolesin-vorrei-conoscere-familiari-killer-0380794c-ffdb-11e8-bed7-aa7f93a31797.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, Macron visita il mercatino di Natale, 15 dicembre 2018: https:// video.corriere.it/strasburgo-macron-visita-mercatino-natale/eb628d4c-ffe8-11e8-bed7aa7f93a31797 (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, procuratore di Parigi: «L'attentatore ha gridato Allah Akbar», 12 dicembre 2018: https://video.corriere.it/strasburgo-procuratore-parigi-l-attentatore-hagridato-allah-akbar/050bc482-fe1f-11e8-89a1-ceb28fd9db2c (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, spari al mercatino di Natale: i banchetti deserti dopo l’attentato, 11 dicembre 2018: https://video.corriere.it/strasburgo-spari-mercatino-natale/f722332afd87-11e8-84b7-ff9bf5ee4344 (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo: spettatori chiusi in palasport intonano la Marsigliese, 12 dicembre 2018: https://video.corriere.it/strasburgo-spettatori-chiusi-palasport-intonanomarsigliese/c3f7e79a-fdb1-11e8-84b7-ff9bf5ee4344 (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, ucciso Cherif Chekatt: le immagini del blitz della polizia, 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/foto-gallery/esteri/18_dicembre_13/strasburgoucciso-cherif-chekatt-immagini-blitz-polizia-a1bca072-ff1d-11e8-81dffed98461c4ee.shtml?fromArticle=true (ultima consultazione 21/09/2019) Ucciso il killer di Strasburgo, gli applausi della folla dopo il blitz della polizia, 13 dicembre 2018: https://video.corriere.it/ucciso-killer-strasburgo-applauso-folla-blitzpolizia/794aaa0e-ff1c-11e8-81df-fed98461c4ee (ultima consultazione 21/09/2019) Arachi, Alessandra. Emma Bonino: «Antonio era un eroe, un vero cittadino che amava l’Ue», 14 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_14/emmaboninoera-eroeun-vero-cittadinoche-amava-l-ue-c4b267cc-ffe2-11e8-bed7aa7f93a31797.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco. Attacco al mercatino di Natale a Strasburgo: «Ho visto due corpi a terra». La paura dei clienti sotto i tavoli dei ristoranti, 11 dicembre !173 2018:https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_11/ho-visto-due-corpi-terra-pauraclienti-sotto-tavoli-ristoranti-1c53e7c4-fd97-11e8-84b7-ff9bf5ee4344.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco. Attentato a Strasburgo, la gente in fuga dopo gli spari, 11 dicembre 2018: https://video.corriere.it/attentato-strasburgo-gente-fuga-gli-spari/ 9893658e-fd84-11e8-84b7-ff9bf5ee4344 (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco. Strasburgo, sul luogo dell’attentato: l’attentatore è fuggito in taxi, 12 dicembre 2018: https://video.corriere.it/strasburgo-luogo-dell-attentato-lattentatore-fuggito-taxi/0c4607ca-fe02-11e8-b61a-f85bb96fc14f (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco. Antonio Megalizzi, parlano i familiari: «Solo Dio può riportarcelo», 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_12/ antonio-megalizzi-strasburgo-parlano-familiari-solo-dio-puo-riportarcelo-cab3d270fe5a-11e8-89a1-ceb28fd9db2c.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco; Montefiori, Stefano; Serafini, Marta. Attentato a Strasburgo, il reporter italiano Antonio Megalizzi è in coma: «Grave, non è operabile», 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_12/strasburgo-8-feriti-gravi-colpitoanche-radiogiornalista-italiano-708fdc18-fde1-11e8-b61a-f85bb96fc14f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Ascione, Marco. Antonio Megalizzi ferito a Strasburgo, Borghezio: «La mamma ha detto che non c’è più speranza», 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_13/10-esteri-documentojcorriere-web-sezioni-e5d8e764-ff1f-11e8-81dffed98461c4ee.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Battista, Pierluigi. Quella religione che non si nomina, 16 dicembre 2018: https:// www.corriere.it/opinioni/18_dicembre_16/quella-religione-che-non-sinomina-06013ef2-0168-11e9-b86a-f4f8946764eb.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Bianconi, Giovanni. La caccia alla rete internazionale Indagine estesa anche all’Italia, 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_12/caccia-reteinternazionale-indagine-estesa-anche-all-italia-ea35f674-fdc3-11e8-b61af85bb96fc14f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Del Frate, Claudia. Attentato di Strasburgo, Cherif Chekatt sempre in fuga. Era stato arrestato 27 volte, 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_12/attentato-strasburgo-cherif-sempre-fuga-l-ultimo-arrestogermania-807f5862-fe02-11e8-b61a-f85bb96fc14f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Denigris, Mauro. Caccia ai complici del somalo che a Bari inneggiava alle stragi, 15 dicembre 2018: https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/cronaca/ 18_dicembre_15/caccia-complici-somalo-che-bari-inneggiava-stragidd671680-0061-11e9-a54b-95f5770da0d4.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Di Stefano, Paolo. Perché Antonio Megalizzi ha conquistato i nostri cuori (senza retorica), 16 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_16/percheantonioha-conquistatoi-nostri-cuorisenza-retorica-c1df58b2-016c-11e9-b86af4f8946764eb.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) !174 Castagneri, Lorenza. Attentato Strasburgo, medici da Torino per provare a salvare la vita di Antonio, 14 dicembre 2018: https://torino.corriere.it/cronaca/18_dicembre_14/ attentato-strasburgo-medici-torino-provare-salvare-vita-antonio-cd9d915e-ff8d-11e8bed7-aa7f93a31797.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Gori, Giulio. «Al buio, riparati sotto i tavoli» I toscani di Strasburgo raccontano, 12 dicembre 2018: https://corrierefiorentino.corriere.it/firenze/notizie/cronaca/ 18_dicembre_12/al-buio-riparati-sotto-tavoli-toscani-strasburgo-raccontano-e9db2f2cfde7-11e8-b59f-7a7ae2e67321.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Fiano, Fulvio. Strasburgo, morto Antonio Megalizzi Esami autoptici confermano: ucciso dal proiettile conficcato nel cranio, 19 dicembre 2018: https://roma.corriere.it/ notizie/cronaca/18_dicembre_19/strasburgo-morto-antonio-megalizzi-esami-autopticiconfermano-ucciso-proiettile-conficcato-cranio-77bcd266-0390-11e9-94bacb54e059ac5f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Imarisio, Marco. Attentato Strasburgo, ucciso il killer: Cherif Chekatt neutralizzato dalla polizia, 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_13/strage-strasburgo-cherif-chekatt-ucciso-polizia-dbb0c9f6ff14-11e8-81df-fed98461c4ee.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Imarisio, Marco. Attentato Strasburgo, Cherif Chekatt: droghe, alcol, odio per la polizia e 27 condanne sulle spalle, 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_13/droghe-alcol-odio-la-polizia-27-condanne-spalle-vita-periferia-unostragista-fd5c69e6-feb2-11e8-81df-fed98461c4ee.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Imarisio, Marco. Antonio Megalizzi, nessun miracolo a Strasburgo: è morto il ragazzo coraggioso, 14 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_14/ antonio-miracolo-non-c-statosi-spento-ragazzo-coraggioso-221a12de-ffe8-11e8-bed7aa7f93a31797.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Montefiori, Stefano. Strasburgo, spari al mercatino di Natale. «Tre morti e 13 feriti». L’attentatore in fuga, 11 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_11/strasburgo-allarme-un-attentato-evacuato-mercatino-natale-b27b030cfd7b-11e8-84b7-ff9bf5ee4344.shtml(ultima consultazione 21/09/2019) Montefiori, Stefano. Strasburgo, i gilet gialli gridano al complotto sull’attacco: «Guarda caso», 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_12/ strasburgo-gilet-gialli-gridano-complotto-sull-attacco-guarda-caso-d26930c2-fdf2-11e8b61a-f85bb96fc14f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Morosi, Silvia. Attentato a Strasburgo: «Le condizioni di Antonio Megalizzi sono irreversibili», 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_13/ attentato-strasburgo-borghezio-le-condizioni-antonio-megalizzi-sonoirreversibili-9d841232-fec4-11e8-81df-fed98461c4ee.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Morosi, Silvia. Strasburgo, morto Antonio Megalizzi, l'italiano ferito nell'attentato al mercatino, 14 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_14/strasburgo-morto-antonio-megalizzi-5e436f04-ffbf-11e8-bed7aa7f93a31797.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Olimpo, Guido. Attentato Strasburgo, Cherif dai reati comuni all'ideologia: così nasce il terrorismo «ibrido», 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ !175 18_dicembre_12/attentato-strasburgo-chi-cherif-attentatore-ibrido-criminaleradicalizzato-5ec5ea10-fdd5-11e8-b61a-f85bb96fc14f.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Perischella, Beppe. Strasburgo, l'eurodeputato Affronte scampato all'attentato: «Ho sentito gli spari e visto i corpi», 12 dicembre 2018: https:// corrieredibologna.corriere.it/bologna/cronaca/18_dicembre_11/strasburgo-eurodeputatoaffronte-scampato-attentato-ho-sentito-spari-visto-corpi-711a621c-fd90-11e8b358-085373386c31.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Piccolillo, Virginia. Strasburgo, la salma di Megalizzi arriva oggi a Ciampino, 18 dicembre 2018: https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/18_dicembre_18/strasburgosalma-megalizzi-ciampino-ed92ea24-02b0-11e9-aeef-bd27e207a202.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Priante, Andrea. «Mia figlia Clara Stevanato, il killer di Strasburgo e la Generazione Europa», 14 dicembre 2018: https://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/cronaca/18_dicembre_14/mia-figlia-killer-generazione-europa-1bc3923eff7a-11e8-b03b-d1f9752491b5.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Santarpia, Valentina. Strasburgo, il killer: «Vendetta per fratelli in Siria». Blitz in corso nel quartiere Neudorf, 13 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/ 18_dicembre_13/strasburgo-killer-vendetta-fratelli-siria-7add76e8-feaa-11e8-81dffed98461c4ee.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Sclaunich, Greta. Attentato Strasburgo, chi sono le vittime, 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/cards/attentato-strasburgo-chi-sono-vittime-feriti/vittimeturista-thailandese_principale.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Serafini, Marta. Attacco Strasburgo, quello che sappiamo fin qui, 12 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/cards/attentato-strasburgo-quello-che-sappiamo-finqui/bilancio_principale.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Serra, Elvira. Strasburgo, fiori e lumini per le vittime, 14 dicembre 2018: https:// video.corriere.it/strasburgo-fiori-lumini-le-vittime/65d6c41e-fed4-11e8-81dffed98461c4ee (ultima consultazione 21/09/2019) Serra, Elvira. «“Mega” tutto grazia e sarcasmo Non era un campione ingenuo», 16 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_16/mega-tutto-graziasarcasmo-non-era-campione-ingenuo-c842e924-0173-11e9-b86a-f4f8946764eb.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Serra, Elvira. Trento aspetta Antonio Megalizzi, il rettore: «La sua radio diventerà la nostra», 17 dicembre 2018: https://www.corriere.it/esteri/18_dicembre_17/01-esterif95corriere-web-sezioni-cf351f46-0235-11e9-bf79-927a790c292e.shtml(ultima consultazione 21/09/2019) Ventura, Marco. A Strasburgo e a Trento, è la storia d’Europa che piange Megalizzi, 20 dicembre 2018: https://www.corriere.it/opinioni/18_dicembre_20/dastrasburgo-trento-ff3b78bc-048c-11e9-9823-64286d9a7340.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) Zambon, Martina. Sopravvissuta a tre attentati: Giorgia e i suoi 25 anni sul filo del terrore in Europa, 13 dicembre 2018: https://corrieredelveneto.corriere.it/padova/ cronaca/18_dicembre_13/sopravvissuta-tre-attentatigiorgia-suoi-25-annisul-filo-terrore- !176 europa-0888a598-fea7-11e8-90df-6172d29e7b39.shtml (ultima consultazione 21/09/2019) repubblica.it; rep.repubblica.it "Abbiamo perso il migliore di noi. Ho perso un fratello. Ciao Antonio": il dolore dell'amico per la morte di Antonio Megalizzi, 15 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/le-storie/2018/12/15/news/ _abbiamo_perso_il_migliore_di_noi_ho_perso_un_fratello_ciao_antonio_il_dolore_del l_amico_per_la_morte_di_antonio_megaliz-214323729/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, il padre della fidanzata: Antonio era entusiasta di quel viaggio, 12 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/mondo/attentato-strasburgo-ilpadre-della-fidanzata-antonio-era-entusiasta-di-quel-viaggio/322261/322883?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, killer ucciso dalle forze speciali: le immagini subito dopo il blitz, 13 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/mondo/attentato-strasburgo-killerucciso-dalle-forze-speciali-le-immagini-subito-dopo-il-blitz/322421/323042?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, Mattarella accoglie a Ciampino la salma e i familiari di Antonio Megalizzi, 18 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/edizione/roma/ attentato-strasburgo-mattarella-accoglie-a-ciampino-la-salma-e-i-familiari-di-antoniomegalizzi/322787/323409?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, minuto di silenzio all'Europarlamento. Tajani: "Vogliono ferire la democrazia”, 12 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/mondo/attentatostrasburgo-tajani-all-europarlamento-vogliono-ferire-la-democrazia/322216/322840? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, morto un altro dei feriti: cinque le vittime, 16 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/16/news/ attentato_strasburgo_quinto_morto-214430629/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato a Strasburgo, Salvini: "Massima attenzione per gli estremisti in Italia. Arresti per chi esulta online”, 12 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/politica/ 2018/12/12/news/ strasburgo_spari_mercatino_di_natale_attentato_terrorismo-214056024/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, spettatori confinati nel palasport cantano la Marsigliese, 12 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/mondo/attentato-strasburgo-spettatoriconfinati-nel-palasport-cantano-la-marsigliese/322193/322818?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Attentato Strasburgo, Tajani: "Bisogna avere più moschee in cui si predica in italiano, 12 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/politica/attentato-strasburgotajani-bisogna-avere-piu-moschee-in-cui-si-predica-in-italiano/322214/322839? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) !177 Attentato a Strasburgo, un minuto di silenzio nell'aula dell’Europarlamento, 12 dicembre 2018, https://video.repubblica.it/mondo/attentato-a-strasburgo-un-minuto-disilenzio-nell-aula-dell-europarlamento/322258/322881?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Bruxelles, la sedia vuota di Conte al minuto di silenzio per le vittime di Strasburgo, 14 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/politica/bruxelles-la-sediavuota-di-conte-al-minuto-di-silenzio-per-le-vittime-di-strasburgo/322455/323076? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Cherif Chekatt, il killer di Strasburgo, è stato ucciso dalla polizia nel suo quartiere, 13 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/13/news/ il_killer_strasburgo_e_stato_neutralizzato_dalla_polizia-214211780/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Funerali Megalizzi, la compagna di scuola in lacrime: "Per noi sei sempre 'il Mega', non si può morire così”, 20 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/cronaca/ funerali-megalizzi-la-compagna-di-scuola-in-lacrime-per-noi-sei-sempre-il-mega-nonsi-puo-morire-cosi/322985/323607?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Funerali Megalizzi, l'amico commosso: "Antonio Don Chisciotte, porteremo avanti il tuo sogno”, 20 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/cronaca/funeralimegalizzi-l-amico-commosso-antonio-don-chisciotte-porteremo-avanti-il-tuo-sogno/ 322982/323604?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Generazione Megalizzi "Noi che crediamo nell’Europa”, 18 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/locali/2018/12/18/news/ generazione_megalizzi_noi_che_crediamo_nell_europa_-214541169/(ultima consultazione 21/09/2019) Il racconto pacifista di Antonio Megalizzi e quel missile che si chiede: "Perché devo distruggere tutto?”, 15 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/ 2018/12/15/news/ il_racconto_pacifista_di_antonio_megalizzi_quel_missile_che_si_chiede_perche_devo_ distruggere_tutto_-214334614/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mattarella: "I limiti non offuscano il successo dell'Ue: Unione è comunità di popoli e valori”, 17 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/politica/2018/12/17/ news/mattarella_non_c_e_sicurezza_senza_rispetto_diritti_-214492998/?ref=search, (ultima consultazione 21/09/2019) Megalizzi, Mattarella accoglie la salma a Ciampino. Ad Antonio la tessera dell'Ordine dei giornalisti, 18 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/cronaca/ 2018/12/18/news/megalizzi_rimpatrio_salma_funerali-214559317/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Megalizzi, Salvini: ''Io assente all'arrivo della salma di Antonio? Non posso essere ovunque’’, 19 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/edizione/milano/ megalizzi-salvini--io-assente-all-arrivo-della-salma-di-antonio-non-posso-essereovunque/322902/323524?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mercatino di Strasburgo, un passato nel mirino dei terroristi, 11 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/11/news/ !178 mercatino_di_strasburgo_un_passato_nel_mirino_dei_terroristi-214023021/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Spari a Strasburgo, l'eurodeputata Giuffrida: "Ero tra la folla, ho visto fuggire l’attentatore”, 12 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/mondo/spari-a-strasburgol-eurodeputata-giuffrida-ero-tra-la-folla-ho-visto-fuggire-l-attentatore/322205/322830? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Strasburgo, attentato al mercatino di Natale: due morti e 14 feriti. Assalitore in fuga. Grave un italiano, 11 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/11/ news/strasburgo_spari_mercatino_natale-214018600/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019). Strasburgo, blitz della polizia nel quartiere dove viveva Chekatt, 13 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/13/news/ strasburgo_l_attentatore_vendetta_per_i_fratelli_morti_in_siria_-214148820/? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Terrorismo, il 20enne arrestato a Bari progettava un attentato a San Pietro per Natale: "Mettiamo bombe nelle chiese”, 17 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/ edizione/bari/terrorismo-il-20enne-arrestato-a-bari-mettiamo-bombe-in-tutte-le-chiesed-italia/322666/323288 (ultima consultazione 21/09/2019) Terrorismo, Viminale: attenzione alta dopo Strasburgo. Salvini: "Non cambiare abitudini”, 17 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/politica/2018/12/17/news/ terrorismo_viminale_attenzione_alta_dopo_strasburgo-214496079/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Trento, Il vescovo ai funerali di Antonio Megalizzi: "Un pezzo di cielo è sceso in terra e ora vi torna”, 20 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/cronaca/2018/12/20/ news/funerali_antonio_megalizzi-214689138/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Bonanni, Andrea. A Strasburgo le nostre vecchie e nuove paure, 11 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2018/12/11/news/ strasburgo_commento_bonanni-214035084/ (ultima consultazione 21/09/2019) Bottura, Luca. Chiamami Aquilini, 15 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/ politica/2018/12/15/news/chiamami_aquilini-214309987/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Burke, Jason. Attentato di Strasburgo, l’Isis e quel pericolo che continua, 14 dicembre 2018 (traduzione di F. Galimberti): https://rep.repubblica.it/pwa/commento/ 2018/12/14/news/ attentato_di_strasburgo_l_isis_e_quel_pericolo_che_resta-214297466/(ultima consultazione 21/09/2019) D’Argenio, Alberto. Attentato al mercatino di Strasburgo, shock all'Europarlamento: "C'è un morto davanti a me”, 11 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/esteri/2018/12/11/news/ strasburgo_spari_testimonianze_europarlamentari-214033001/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) De Gregorio, Concita. Strasburgo, addio ad Antonio che credeva nell’Europa dei fratelli, 14 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/commento/2018/12/14/news/ strasburgo_addio_ad_antonio_che_credeva_nell_europa_dei_fratelli-214301367/ !179 (ultima consultazione 21/09/2019) De Marchis, Goffredo. "Il terrorista ha preso la mira": il racconto delle amiche del giornalista italiano colpito a Strasburgo, 12 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ attentato_strasburgo_italiano_antonio_megalizzi_amiche_terrorista_preso_mira-214119 887/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Del Re, Pietro. Olivier Roy “Quei giovani vogliono ribellarsi all’Islam dei loro genitori”, 12 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/12/12/news/ politologo_olivier_roy_dopo_attentato_strasburgo-214124710/ (ultima consultazione 21/09/2019) Di Feo, Gianluca. Perché Strasburgo torna il primo bersaglio dell'estremismo islamico in Europa, 11 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ 2018/12/11/news/strasburgo_terrorismo_islamico_europa-214032654/ (ultima consultazione 21/09/2019) Echites, Giulia. Strasburgo, paura e controlli nel Parlamento europeo dopo la strage, 12 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ strasburgo_paura_e_controlli_nel_parlamento_europeo_dopo_la_strage-214090133/? ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Foschini, Giuliano; Tonacci, Fabio. Il paradosso dell'Isis: senza più Stato, ora punta tutto sull'attacco all’Europa, 13 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/ generale/2018/12/13/news/ il_paradosso_dell_isis_senza_piu_stato_ora_punta_tutto_sull_attacco_all_europa-2141 35286/ (ultima consultazione 21/09/2019) Ginori, Anaïs. Attentato mercatino di Natale a Strasburgo, il terrorista Chérif Chekatt sfuggito per tre volte alla polizia in poche ore, 12 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ attentato_mercatini_di_natale_a_strasburgo_il_terrorista_che_rif_sfuggito_per_tre_volt e_alla_polizia-214039869/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Ginori, Anaïs. Attentato Strasburgo: così Chérif Chekatt ha sfruttato le falle della sicurezza francese, 12 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ 2018/12/12/news/ attentato_strasburgo_fuga_che_rif_chekatt_buchi_sicurezza-214116642/ (ultima consultazione 21/09/2019) Ginori, Anaïs. Braccato da 720 agenti il killer di Strasburgo “Chèrif è già in Germania” , 12 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/12/12/ news/ braccato_da_720_agenti_il_killer_di_strasburgo_che_rif_e_gia_in_germania_-2141315 62/ (ultima consultazione 21/09/2019) Ginori, Anaïs; Mensurati, Marco. La fuga di Chérif dura due giorni ucciso dagli agenti, Isis rivendica, 13 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ 2018/12/13/news/ la_fuga_del_killer_dura_due_giorni_ucciso_dagli_agenti_l_isis_rivendica-214219496/ (ultima consultazione 21/09/2019) Lattanzi, Andrea. Funerali Megalizzi, bandiere dell'Europa e corone gialle e blu: "Se ne va un figlio della generazione Erasmus”, 20 dicembre 2018: https:// !180 video.repubblica.it/cronaca/funerali-megalizzi-bandiere-dell-europa-e-corone-gialle-eblu-se-ne-va-un-figlio-della-generazione-erasmus/322998/323620 (ultima consultazione 21/09/2019) Lattanzi, Andrea. Trento, l'arrivo della salma di Megalizzi tra gli applausi della folla, 20 dicembre 2018: https://video.repubblica.it/cronaca/trento-l-arrivo-della-salmadi-megalizzi-tra-gli-applausi-della-folla/322969/323591 (ultima consultazione 21/09/2019) Liberatore, Livia. "Inseguo le mie passioni: il giornalismo e l'Europa": il ricordo di Antonio Megalizzi. Saviano: "Un uomo e giornalista europeo”, 14 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/14/news/ _inseguo_le_mie_passioni_il_giornalismo_e_l_europa_il_ricordo_di_antonio_megalizz i_la_meglio_gioventu_curiosa_e_europe-214293467/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Lombardi, Anna. Attentato mercatino Strasburgo, parla il testimone Roberto Pasini: "Ero passato da lì un minuto prima, siamo ancora nascosti”, 11 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/11/news/ roberto_pasini_italiano_sul_luogo_dell_attacco_ero_passato_da_li_un_minuto_prima_s iamo_ancora_nascosti_-214029086/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Lombardi, Anna. Strasburgo, è caccia al killer dopo la strage. Tre morti, 16 feriti. Quattro fermati, 12 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ attentato_strasburgo_testimone_killer_fuggito_in_taxi_e_ferito-214050299/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Lombardi, Anna. Strasburgo, continua la caccia al killer dopo la strage ai mercatini di Natale: quattro fermati, 13 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/ esteri/2018/12/13/news/ strasburgo_continua_la_caccia_al_killer_dopo_la_strage_ai_mercatini_di_natale_quattr o_fermati-214138145/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mastrobuoni, Tonia. "Difesi l'attentatore di Strasburgo: era un ladro, ma non un estremista”, 13 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/13/news/ strasburgo_avvocato_cherif-214161230/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mensurati, Marco. Strasburgo, il padre della fidanzata di Antonio: "Decisive le prossime 48 ore, serve un luminare”, 13 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/ esteri/2018/12/13/news/ attentato_di_straburgo_sono_decisive_le_prossime_48_ore_per_la_vita_di_antonio_-21 4155028/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mensurati, Marco. Antonio Megalizzi è morto: non ce l'ha fatta il giornalista italiano ferito nell'attacco a Strasburgo, 14 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/ esteri/2018/12/14/news/ morto_antonio_megalizzi_ferito_italiano_strasburgo-214284567/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Mensurati, Marco. Democrazia, Berlinguer, Bobbio: le parole di Antonio Megalizzi, 15 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/longform/2018/12/15/news/ _politica_e_complessita_non_slogan_parole_di_un_trentenne_appassionato-214365318 / (ultima consultazione 21/09/2019) !181 Mensurati, Marco; Visetti, Giampaolo. Antonio e la passione per l’Europa “Gli ha sparato puntando alla testa”, 12 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/ generale/2018/12/12/news/ antonio_e_la_passione_per_l_europa_gli_ha_sparato_puntando_alla_testa_-214132390/ (ultima consultazione 21/09/2019) Saviano, Roberto. Togliamo i bimbi perduti al terrorismo, 14 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/esteri/2018/12/13/news/ togliamo_i_bimbi_perduti_al_terrorismo-214213886/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Strambi, Valeria. Gli studenti di Pisa applaudono Draghi l’europeista, 15 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/12/15/news/ gli_studenti_di_pisa_applaudono_draghi_l_europeista-214367983/ (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. Attentato mercatino Strasburgo: grave Antonio Megalizzi, il giornalista italiano ferito. Raggiunto da un colpo alla testa, 12 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ strasburgo_gravissimo_il_giornalista_ferito_raggiunto_da_um_colpo_alla_testa-214052 653/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. Attentato Strasburgo, parla il padre della fidanzata: "Antonio lotta per sopravvivere". I medici: "Non si può operare”, 12 dicembre 2018: https:// www.repubblica.it/esteri/2018/12/12/news/ _antonio_lotta_per_sopravvivere_e_mia_figlia_e_li_con_lui_-214083422/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. Antonio, il giornalista che sognava l’Europa senza più muri, 14 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/12/14/news/ antonio_il_giornalista_che_sognava_l_europa_senza_piu_muri-214220321/? ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2 (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. "Per te sposteremmo le montagne", la lettera degli amici ad Antonio Megalizzi, 14 dicembre 2018: https://www.repubblica.it/cronaca/2018/12/14/ news/megalizzi-214245485/?ref=search (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. Il dolore della mamma: "Ho sperato in un miracolo, ma Antonio è morto”, 14 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2018/12/14/ news/ _sapevo_che_non_sarebbe_piu_tornato_tra_noi_ma_ho_sperato_in_un_miracolo_-214 303098/ (ultima consultazione 21/09/2019) Visetti, Giampaolo. Strage di Strasburgo, “Nel nome di Antonio Megalizzi la radio dei giovani europei”, 15 dicembre 2018: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/ 2018/12/15/news/ strage_di_strasburgo_nel_nome_di_antonio_megalizzi_la_radio_dei_giovani_europei_214362727/ (ultima consultazione 21/09/2019) TG1 Le edizioni del TG1 delle 8:00, 13:30, 20:00 dall’11 dicembre al 20 dicembre 2018, consultabili sul sito http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/video.html !182 Questa tesi vuole essere prima di tutto uno spazio di confronto, dove non contano le risposte ma le domande che emergono, per alimentare nuove discussioni. Dove si tenta di superare le superficialità e le banalità, per offrire spunti e punti di vista differenti per agire sempre più in profondità. L’informazione è alla base delle nostre vite democratiche e per questo deve essere osservata, studiata e messa in discussione. Ho provato a rispettare tutti questi requisiti, svolgendo la ricerca con costanza, passione e curiosità. Voglio ringraziare chi mi ha aiutato, e mi aiuta, ad alimentare curiosità, interessi e ricerche tramite consigli e momenti di confronto. Chi mi ha chiesto informazioni su questa tesi, chi si è interessato/a alla tematica, chi mi ha ascoltata e chi ha condiviso con me lunghe giornate di studio. Voglio ringraziare tutti/e coloro che si fanno domande, che ascoltano con attenzione, che non smettono mai di stupirsi. E vorrei ringraziare, soprattutto, chi mi ha sempre spronato a fare meglio, a fare di più. A credere sempre in quello che si fa con passione, forza e onestà. !183