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Indagini archeologiche alla Sassella

2018, Santa Maria della Sassella, a cura di Angela Dell'Oca e Alessandro Rovetta

Pubblicazione dello scavo effettuato presso Santa Maria della Sassella (SO)

SANTA MARIA DELLA SASSELLA a cura di Angela Dell’Oca e Alessandro Rovetta In copertina: L’ultimo tratto del percorso devozionale che conduce alla Sassella. Foto Aleph – Como 2018 © Credito Valtellinese SpA 2018 © per i testi gli autori 2018 © per le immagini, Credito Valtellinese SpA, Parrocchia Beata Vergine del Rosario, Sondrio, salvo quanto diversamente indicato in didascalia Tutti i diritti riservati Le immagini che corredano il volume sono frutto di una apposita campagna fotografica realizzata da Aleph - Como (Pilota drone: Maurizio Fraquelli /Flight of View) salvo quando diversamente indicato in didascalia. Un particolare ringraziamento va indirizzato alla dottoressa Angela Dell’Oca che, con il proprio impegno di studio e ricerca - sia come direttore del Museo Valtellinese di Storia e Arte che come storico dell’arte ha contribuito alla riscoperta e alla valorizzazione di numerose testimonianze di carattere storicoartistico di ambito valtellinese e lombardo. Ringraziamenti All’arciprete di Sondrio don Christian Bricola per averci messo a disposizione la chiesa e l’archivio parrocchiale ogni volta che lo abbiamo richiesto e a Claudio Del Curto per la sua discreta e costante presenza che ha permesso di risolvere tutti i problemi connessi al nostro lavoro in chiesa. Benedetto Abbiati, Alessia Alberti, Marco Azzola Guicciardi, Mina Bartesaghi, Alessandra Baruta, Christian Bassola, Francesca Benetti, Luisa Anna Bertoletti, Eugenia Bianchi, Laura Binda, Gianmario Bonfadini, Maria Pia Bongiascia, Remo Bracchi, Simone Bracchi, Roberto Caimi, Elisabetta Canobbio, Maurizio Cittarini, Ferruccio Citterio, Pieralda Comalini, Roberto Corona, Pier Carlo Della Ferrera, Massimo Della Misericordia, Maurizio Divitini, Miro Fiordi, Corinna Tania Gallori, Aldo Genoni, Francesco Ghilotti, Laura Gianesini, Rosa Giorgi, Wilma Giuliani, Giuseppe Guicciardi, Marcella Guicciardi, Arno Lanfranchi, Aurelia Lombardini, Marco Longa, Mario Longatti, Giovanni Moroncelli, Francesco Palazzi Trivelli, Cristina Pedrana, Rita Pellegrini, Giulio Perotti, Marco Petoletti, Rita Pezzola, Cristina Quattrini, Cirillo Ruffoni, Maria Giuseppina Ruggiero, Marco Sampietro, Giuseppe Scherini, Francesco Scilironi, Albertina Sem, Antonello Viganò, Edoardo Villata, Giovanna Virgilio, Vito Zani, Diego Zoia Credito Valtellinese Fondazione Gruppo Credito Valtellinese Santa Maria della Sassella Luigi Lovaglio Presidente Miro Fiordi Presidente Angela Dell’Oca Ideazione Mauro Selvetti Amministratore Delegato Valeria Caterina Duico Direttore Angela Dell’Oca Alessandro Rovetta Curatori Saverio Xeres Introduzione Francesca Bormetti Gian Luca Bovenzi Stefano Bruzzese Augusta Corbellini Alessandra D’Alfonso Angela Dell’Oca Matteo Facchi Silvia Papetti Alessandro Rovetta Andrea Straffi Autori dei saggi Francesca Bormetti Ricerca archivistica preliminare Francesca Bormetti Augusta Corbellini Redazione e indici Aleph - Como Fotografie Leo Guerra Progetto grafico e identità visiva Abbreviazioni Nessuna parte di questo libro potrà essere riprodotta o trasmessa in qualunque forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei diritti e dell’Editore. ISBN 978-88-97913-84-9 Archivio parrocchiale di Sondrio APSo Archivio storico della Diocesi di Como ASDCo Archivio di Stato di Sondrio ASSo Archivio comunale di Sondrio ACSo Archivio notarile di Sondrio ANSo Archivio Guicciardi Azzola AGA Archivio Guicciardi di Tresivio AGT Museo Valtellinese di Storia e Arte MVSA Grafiche Aurora, Verona Stampa e distribuzione editoriale SOMMARIO 12 Perché la Sassella Angela Dell’Oca - Alessandro Rovetta 15 Seducente richiamo Saverio Xeres 25 La chiesa di Santa Maria della Sassella. Un excursus storico documentario, ovvero il racconto di un beneficio lungo un millennio Augusta Corbellini 75 Indagini archeologiche alla Sassella Alessandro D’Alfonso 93 Il Quattrocento. Frammenti di pittura devozionale Silvia Papetti 109 La stagione rinascimentale Alessandro Rovetta 177 In forma humana et magna. Iconografia degli affreschi del presbiterio Andrea Straffi 193 Il portale rinascimentale Alessandro Rovetta - Matteo Facchi 205 Gli arredi fissi. Una nuova veste barocca Stefano Bruzzese 227 Sotto il segno della “grazia” Angela Dell’Oca 251 Sul filo degli inventari. La dotazione della sagrestia Angela Dell’Oca 275 Appunti sul patrimonio tessile Gian Luca Bovenzi 289 Un Sacro Monte incompiuto in Valtellina Stefano Bruzzese 305 Lo scenario della Sassella dall’età moderna ai giorni nostri Francesca Bormetti 335 Appendice 353 Bibliografia 373 Indici dei nomi di persona e di luogo 11 INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA Alessandro D’Alfonso 1. Residuo della preparazione pavimentale us 50 relativo all’impianto di fase III. (Archivio Sabap) 74 ALESSANDRO D’ALFONSO Premessa La rupe su cui sorge la chiesa di Santa Maria della Sassella si erge a una quota di poche decine di metri dal fondovalle (a circa m 300 s.l.m.) presso l’omonima località situata lungo il versante retico della media Valtellina, all’ingresso occidentale del territorio comunale di Sondrio. La geomorfologia della zona è caratterizzata dalla presenza di rilievi rocciosi dai ripidi versanti costituiti dalla Formazione degli Scisti di Edolo, formata principalmente da filladi, micascisti filladici e filladi quarzifere, modellati dall’azione erosiva dei ghiacciai durante l’ultima glaciazione1. L’impronta antropica che contraddistingue maggiormente il paesaggio attuale è quella dei numerosissimi muri di terrazzamento realizzati nel corso dei secoli e finalizzati allo sfruttamento agricolo del territorio2, in particolare per la coltivazione della vite. L’insediamento umano dell’area è caratterizzato da piccoli nuclei sparsi collocati lungo i versanti occidentale (Grigioni, Piatta) e orientale (Sant’Anna, Moroni, Pradella) del colle, mentre lungo il versante meridionale, quello più ripido, oltre al piccolo nucleo abitativo caratterizzato dalla presenza dell’edificio di culto, vi è la località Triasso, posta all’interno di un piccolo pianoro a una quota di circa m 426 s.l.m. La chiesa sorge lungo la cosiddetta via Valeriana, l’antico percorso viario che solcava a mezzacosta l’intero territorio valtellinese3, in corrispondenza di una sorta di passaggio obbligato della stessa ben documentato a partire dalla prima età moderna4. Prima della chiesa: protostoria ed epoca romana Numerose testimonianze di arte rupestre mostrano come la frequentazione antropica della rupe della Sassella e delle aree a essa limitrofe possa essere ricondotta perlomeno all’epoca protostorica. Piuttosto diffusi risultano infatti le superfici rocciose e i massi erratici su cui sono presenti tracce di incisioni coppelliformi5. Partendo da monte è ben noto il masso-altare coppellato di Triangia6 collocato in prossimità del ciglio del pianoro sommitale della rupe della Sassella, in prossimità della strada tra Triangia e Castione. Si tratta di un grosso masso erratico orientato NE-SW con circa cento coppelle e canalette incise nella facciata superiore e in una laterale. Altri massi coppellati sono presenti verso valle, in particolare a Triasso presso la località Case Polatti7. Incisioni più articolate con la presenza di alcune figure antropomorfe raffiguranti oranti e armati sono state rinvenute in località La Ganda (comune di Castione Andevenno), lungo la strada che dalla frazione Grigioni porta a Triasso8. Infine la manifestazione di arte rupestre più prossima INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 75 2. Posizionamento dei rinvenimenti archeologici nei pressi della chiesa della Sassella su Carta Tecnica Regionale (sistema di riferimento WGS 84/32N): in rosso sono indicate le incisioni di epoca protostorica, in azzurro i ritrovamenti monetali di epoca romana e in giallo è evidenziato il sedime dell’edificio ecclesiastico. (Elaborazione grafica Alessandro D’Alfonso) 3. La rupe incisa di Ganda. (Foto Miro Fiordi) INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 77 5. Denaro in argento di Azzone Visconti (1329-1339) proveniente da us 10 (da Chiaravalle 2015, p. 758) 4. La rupe incisa a monte delle Case Bongiascia, poco distante dalla Sassella. (Foto Francesca Bormetti) 78 ALESSANDRO D’ALFONSO 6. Soldo in mistura di Galeazzo Maria Sforza e Bianca Maria Visconti (1466-1468) proveniente da us 30 in associazione con trillina di Uri e Unterwalden della prima metà del XVI secolo (da Chiaravalle 2015, p. 758) 7. La chiesa della Sassella. alla chiesa interessa una superficie rocciosa situata nel mezzo dei vigneti della località Cà Bongiascia, poche centinaia di metri a NW dell’edificio ecclesiastico9. Scoperto recentemente, in questo sito sono rappresentati circa quarantuno antropomorfi raffigurati principalmente nella posa di orante e diciassette incisioni pediformi10. Proprio quest’ultime rappresentano un ritrovamento al momento unico nel contesto delle incisioni su roccia valtellinesi e permettono di collocare cronologicamente queste opere nell’età del Ferro, probabilmente tra il VII e il IV sec. a.C.11. Dunque la frequentazione antropica della rupe della Sassella risulta al momento iniziare perlomeno dal VII secolo a.C., come testimoniano le incisioni pediformi, tuttavia non sono stati ancora individuati e indagati veri e propri contesti insediativi anche se future ricerche in questa direzione probabilmente porterebbero a colmare questo vuoto e forse a offrire un contesto cronologico anche più antico. Al momento le tracce di una frequentazione della zona della Sassella in epoca romana risultano scarse e piuttosto labili. Sono noti infatti unicamente due rinvenimenti monetali relativi a quest’epoca: si tratta di una moneta in bronzo di Faustina Minore (161-176) e di un’altra sempre in bronzo raffigurante Giulia Mamea (225-235), quest’ultima rinvenuta durante gli scavi per la realizzazione della casa Bonfadini, situata immediatamente a occidente del portico del santuario12. Questi esigui ritrovamenti non permettono certamente di chiarire modalità e tempi della frequentazione della zona in epoca romana e tardoantica, tuttavia è auspicabile che future ricerche archeologiche possano portare a definire meglio queste problematiche. Certo è che visto il carattere di “passaggio obbligato” della località e la valenza cultuale della stessa emersa in epoca protostorica è certamente plausibile la frequentazione in epoca romana anche se con tempi e declinazioni al momento sconosciute (fig. 2). Indagini archeologiche presso la chiesa Stando a notizie senza riscontri documentari la chiesa sarebbe stata edificata attorno alla fine del X secolo. La tradizione narra come la Madonna stessa abbia indicato all’arciprete di Sondrio il luogo esatto dove erigere il tempio (CORBELLINI e DELL’OCA in questo volume). Tra il 1997 e il 1998 l’interno della chiesa (fig. 7) è stato indagato archeologicamente nell’ambito del progetto di restauro dell’edificio: il complesso è stato integralmente oggetto di scavi a eccezione dell’area absidale e di una piccola cappella sita lungo il perimetrale sud dell’edificio, compreso un piccolo ulteriore intervento che ha interessato parte INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 79 della strada che passa lungo il fianco meridionale della chiesa13. Lo scavo interno ha esaurito tutto il deposito archeologico, cioè sono state raggiunte le quote del terreno sterile o della roccia affiorante. Solo una piccola parte dell’area indagata non è stata scavata allo sterile in quanto inserita in un progetto di musealizzazione, ossia la struttura semicircolare presente lungo il fianco meridionale di cui si tratterà in modo esaustivo all’interno del paragrafo dedicato alle fasi di età moderna. Lo scavo ha consentito di mettere in luce i resti di edifici precedenti all’attuale impianto chiesastico, tuttavia non sempre è stato possibile attribuire una funzione né tantomeno comporre una completa planimetria di questi. Infatti le caratteristiche geomorfologiche della zona14, assieme ai numerosi interventi di costruzione/ricostruzione protrattisi per secoli, hanno causato una sorta di “compressione” della stratigrafia archeologica, per cui sono stati asportati numerosi elemen- le, risulta composto da circa sette corsi, mentre quello settentrionale solo da tre corsi. L’affioramento roccioso “contenuto” da us 20 risulta essere lavorato, sommariamente spianato e dotato di una forte pendenza da N verso S (fig. 9): probabilmente però non servì mai da vero e proprio piano di calpestio, in quanto si è notata su di esso la presenza di spigoli vivi delle scalpellature, privi di qualsiasi traccia di usura15. Relativamente a questa fase non sono stati rinvenuti piani d’uso, tuttavia è possibile ipotizzare che la loro totale scomparsa sia da imputare al fatto che essi si trovavano in origine a una quota più elevata rispetto ai resti attuali, inoltre probabilmente erano costituiti da assiti lignei, per cui sarebbero scomparsi in seguito alle successive opere di demolizione e (ri)costruzione. Vista l’esiguità delle strutture rinvenute e l’assenza di piani d’uso relativi, e dunque in mancanza di materiale datante, non è possibile al momento definire la cronologia di questa prima fase di frequentazione del sito né ipotizzare lo sviluppo planimetrico e la funzione dell’edificio. ti strutturali e abbondanti porzioni di stratigrafia, lasciando gli elementi superstiti spesso in uno stato di conservazione assolutamente precario e con rapporti fisici tra gli stessi non sempre definibili. Fase I: prime tracce insediative (Tav. I) Le prime tracce di attività insediative antropiche individuate durante le attività di scavo sono relative alla presenza di un piccolo corpo di fabbrica rinvenuto nella porzione sud-orientale della navata attuale e che si sviluppava probabilmente anche all’interno dell’area presbiteriale non indagata archeologicamente. Di questo edificio si è conservato un solo esiguo lacerto di muratura, orientato E/E-W che prosegue verso E all’interno dell’area presbiteriale, mentre presso il limite occidentale piega verso N creando un angolo ben definito (us 20, fig. 8). La parte della muratura orientata E-W è lunga circa m 5, quella orientata N-S Tav. I. Rilievo di fase I. (Elaborazione di Priscilla Butta, da D’Alfonso 2015b, p. 443) Fase II: il primo edificio di culto (Tav. II) 8. Struttura muraria orientata E-W relativa all’edificio di fase I (us 20). (Archivio Sabap) 9. Sub-strato roccioso scalpellato con a Sud il muro us 21. (Archivio Sabap) 80 ALESSANDRO D’ALFONSO m 2 circa, per una larghezza di circa m 0,70, ed entrambe risultano formate da ciottoli e blocchetti litici di medie dimensioni legati da malta tenace di colore beige, disposti su un doppio filare in corsi orizzontali paralleli. Questa struttura muraria contiene un affioramento roccioso che si sviluppa a N della stessa (us 21), quasi fosse una sorta di muretto di terrazzamento, tant’è che il prospetto meridionale di us 20, quello verso val- In questa fase si assiste all’innalzamento di un edificio probabilmente orientato est-ovest, ben articolato, di cui sono sopravvissuti alcuni lacerti di strutture murarie e resti di piani pavimentali. Presumibilmente in questa fase doveva essere ancora visibile, anche se non è dato sapere se fosse ancora in uso, l’edificio di fase I in quanto a esso si appoggia il perimetrale orientale del complesso di fase II. Nonostante la stratigrafia associabile a questa fase sia tutto sommato abbastanza consistente, non è tuttavia possibile ricostruire con precisione ed esattezza la planimetria dell’edificio, INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 81 in quanto le asportazioni successive ne rendono oltremodo ardua la lettura. Di seguito comunque si tenterà di tracciare una descrizione del complesso e delle strutture che lo compongono, per quanto possibile chiara ed esaustiva. Iniziando da ovest occorre segnalare che non è stata trovata traccia del muro perimetrale occidentale, tuttavia presso la sua presunta terminazione settentrionale doveva legarsi alla struttura muraria us 80 orientata NW-SE (visibile per una lunghezza di m 1,25, larga m 0,38), rinvenuta addossata al muro perimetrale N della chiesa attuale. Questo muro risulta conservato per un solo corso in fondazione, costituito da ciottoli e pietre di medie e grosse dimensioni disposte in modo irregolare e legati da abbondante malta di colore grigiastro, mediamente tenace. Il muro perimetrale us 80 si legava presumibilmente16 con il muro us 60, orientato E-W (lunghezza visibile m 2,40, larghezza m 0,58, altezza m 0,50) e conservatosi per due corsi, realizzato 82 ALESSANDRO D’ALFONSO con pietre di medie e grandi dimensioni disposte in modo piuttosto irregolare e legate da malta di colore bianco grigiastro abbastanza tenace. La parte inferiore della fondazione nel prospetto meridionale era realizzata con ciottoli e pietre di medie e grosse dimensioni disposte irregolarmente soprattutto di piatto, prive di legante, mentre a nord essa si basava direttamente al substrato roccioso. La terminazione orientale di us 60 si appoggiava alla roccia affiorante appositamente scalpellata seguendo il filo dell’andamento del muro, proseguendo così idealmente l’andamento della struttura stessa. Il corpo orientale dell’edificio si è conservato solo parzialmente e tale lacunosità non consente di comprendere esaustivamente l’impianto dello stesso. Qui infatti è stata documentata solamente la presenza di due strutture murarie (uuss 69, 70) orientate rispettivamente N-S e E-W a formare un angolo retto, lacerti di murature che alimentano dubbi sull’effettiva composi- Tav. II. Rilievo di fase II. (Elaborazione di Priscilla Butta, da D’Alfonso 2015b, p. 444) 10. Residuo di due strutture murarie orientate N-S (us 69) ed E-W (us 70) riferibile alla porzione orientale dell’edificio di fase II. (Archivio Sabap) 11. Scala di accesso lungo il fianco meridionale all’edificio di fase II (us 73 ripresa da E). (Archivio Sabap) 12. Scala di accesso us 73 ripresa da W. (Archivio Sabap) zione della planimetria (fig. 10). Il muro N-S us 69 è conservato per una lunghezza di m 1,70 e una larghezza di m 0,50 circa e risulta costruito da pietre di medie e grosse dimensioni poste di piatto e legate da malta grigio-biancastra e tenace; a nord, dove affiora il substrato roccioso, il muro non si è conservato se non per una labile traccia, mentre verso sud si sono conservati più corsi (colmatura del dislivello). La lacuna nel tratto più settentrionale di us 69 non permette di definire come si raccordasse al muro pe- rimetrale nord us 60, ossia se proseguisse verso N in modo rettilineo o se fosse disposto obliquamente verso N-E a formare una sorta di piccola abside poligonale. A meridione us 69 si lega al muro us 70, costituito da pietre di grandi dimensioni poste di piatto legate da malta grigio-biancastra tenace, conservatosi solo per un’esigua porzione, infatti esso verso occidente risulta asportato da strutture realizzate in epoche successive. Come già accennato in precedenza il muro us 69 risulta costruito in appoggio al muro us 20 di fase I, per cui non è da escludere che l’edificio di fase I fosse ancora in uso in questo momento, magari modificato e riutilizzato come locale di servizio dell’edificio ecclesiastico di fase II. A meridione il complesso appariva delimitato dalla struttura muraria us 65 orientata E-W e visibile per una lunghezza di m 0,94 circa e per una larghezza di m 0,50. Esso è stato rinvenuto alla distanza di circa m 1,30 a SW di us 70, manca il rapporto fisico diretto tra le due murature, per cui è solo possibile ipotizzare che il disallineamento tra le due strutture fosse mediato da una sorta di spalletta. Il muro us 65 è realizzato con pietre di medie e grandi dimensioni, legate da malta di colore grigio-biancastro, abbastanza tenace e risulta quasi del tutto asportato da interventi di epoche successive, per cui se ne è conservata solamente una esigua porzione. Si è già discusso circa la terminazione orientale di us 65 e del suo rapporto con us 70, ma anche verso occidente la lettura della muratura risulta compromessa dagli eventi posteriori, infatti qui us 65 si conserva solo in alcuni lacerti di fondazione (us 87). In corrispondenza della terminazione occidentale di us 65/87 si legava ortogonalmente una struttura (us 73) collocata all’altezza dell’ingresso dell’edificio, ossia una corta scalinata in INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 83 Relativamente a questa fase è stato rinvenuto un solo piano pavimentale all’interno dell’edificio, conservatosi solamente nella parte nord-orientale, costituito da un battuto di malta (us 49) di colore grigiastro (fig. 13). Dunque in questa fase si assiste alla costruzione di un edificio dalla planimetria piuttosto complessa e articolata, fortemente condizionata dalla geomorfologia del luogo, in particolare dagli affioramenti del substrato roccioso. Il complesso, orientato E-W con abside (poligonale?) a Est, presenta un accesso lungo il lato meridionale, che presumibilmente si affacciava direttamente lungo il tracciato della via Valeriana. Complessa risulta anche l’articolazione degli spazi occidentali, che si presentano disassati rispetto al resto dell’edificio in quanto seguono un orientamento NW-SE, probabilmente per seguire l’andamento del substrato roccioso. Al momento non sono stati rintracciati confronti calzanti con l’edificio documentato in questa fase17, tuttavia forse è ipotizzabile una cronologia di massima al X secolo18, epoca in cui, secondo la tradizione, sarebbe sorta la prima chiesa (CORBELLINI e ROVETTA in questo volume). 13. Lacerto di pavimentazione in malta us 49 relativo all’edificio di fase II. (Archivio Sabap) pietra che serviva a superare il dislivello creato dall’andamento del substrato roccioso tra aree esterne e aree interne ai perimetrali (figg. 11-12). La scala era stata costruita con l’impiego di pietre di litologia locale (scisti e gneis) appena sbozzate e spianate, legate fra loro da terriccio limoso rossastro, a formare almeno quattro gradini sul lato E (pedata massima m 0,30, alzata m 0,11). La scala terminava in corrispondenza dell’ingresso dell’edificio con una soglia (us 51) costituita da una grossa lastra di pietra posta di piatto, sulla quale sono state sistemate lastre di pietra di dimensioni più piccole di piatto e accostate, legate da malta di colore grigiastro, tenace. Da associare all’uso della scala era anche la buca di palo us 81, situata immediatamente a sud, probabile alloggiamento per sostenere le travature verticali di una balaustra lignea. Immediatamente a nord di us 73 si legava a quest’ultima un’altra struttura muraria orientata NW-SE (us 72), grossomodo parallela al 84 ALESSANDRO D’ALFONSO perimetrale settentrionale us 80, e che risulta costituire una parte del muro perimetrale meridionale dell’edificio. Il muro us 72 appariva come una struttura costituita da pietre di spacco disposte su un doppio filare per due corsi conservatesi in alzato e legate da malta di calce di colore nocciola, tenace (lunghezza m 1, larghezza m 0,61, altezza m 0,50) e risultava costruita in appoggio alla scalinata us 73. Come già accennato in precedenza, nel corso degli scavi non sono state trovate tracce relative al muro di chiusura occidentale del complesso, ossia il muro di raccordo tra us 80 e us 72. All’esterno dell’edificio di questa fase, a sud di uuss 72,73, era presente un’ulteriore struttura muraria (us 82) probabilmente in funzione di contenimento, formata da materiale lapideo eterogeneo malamente lavorato, privo di legante e disposto in modo ordinato nel filare esterno a regolarizzare la roccia affiorante, creando così una sorta di terrazzo aggettante verso meridione. Fase III: la prima ricostruzione (Tav. III) Come premessa a questa fase occorre sottolineare come essa sia contraddistinta dalla presenza di elementi piuttosto labili e che i profondi rimaneggiamenti delle epoche successive non permettono una chiara lettura e interpretazione della stratigrafia rinvenuta. Nella fase III viene abbattuto l’edificio di fase II e ne viene ricostruito un altro di maggiore volumetria e lunghezza, di cui però non sono stati individuati i limiti orientali, forse collocati al di sotto del presbiterio attuale che non è stato indagato. La costruzione del nuovo edificio inizia con l’abbattimento del precedente e il livellamento dell’area mediante il riporto di materiale eterogeneo nelle zone basse, in particolare quella SW. Una volta ricavata la nuova area edificabile vengono innalzati i muri perimetrali (us 34 è il muro perimetrale meridionale) che a nord vengono costruiti riutilizzando us 60 relativo alla fase precedente. Oltre ai muri perimetrali nord e sud sono stati individuati buche e piani d’uso relativi al cantiere di costruzione dell’edi- Tav. III. Rilievo di fase III. (Elaborazione di Priscilla Butta, da D’Alfonso 2015b, p. 446) INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 85 Tav. IV. Rilievo di fase IV-V. (Elaborazione di Priscilla Butta, da D’Alfonso 2015b, p. 447) ficio stesso. L’edificio di fase III aveva un piano pavimentale costituito da un battuto di malta (us 44) caratterizzato dalla presenza di diverse stesure di colore grigio chiaro, in alcuni punti rosato, di consistenza molto compatta, la cui superficie appare più omogenea nella parte centrale, mentre verso occidente si presentava in parte compromesso da eventi post-deposizionali (fig. 14). Il pavimento us 44 si impostava su un livello di preparazione (us 45 e us 50) realizzato in ciottoli e blocchetti litici legati da malta di calce (fig. 1). Relativamente a questa fase è stata rinvenuta anche una struttura (us 64) posta a meridione, grossomodo nella parte centrale, che in origine doveva avere una forma rettangolare, ma di cui è sopravvissuta la sola porzione settentrionale (fig. 15). La struttura è costruita con ciottoli di piccole e medie dimensioni legati da abbondante malta di colore grigiastro, tenace, nel suo prospetto esterno, mentre il prospetto interno risulta costituito da una lunga lastra di pietra posta di piatto. La scarsità della porzione sopravvissuta della struttura non permette di ipotiz86 ALESSANDRO D’ALFONSO zare quale funzione essa potesse avere all’interno dell’edificio. In questa fase si assiste quindi alla ricostruzione dell’edificio di culto, caratterizzato da un’aula orientata E-W e pavimentata con un battuto di malta di calce, di cui purtroppo non si conosce la terminazione orientale. Questo edificio era decorato da superfici affrescate, i cui frammenti sono stati rinvenuti nelle costipazioni realizzate per la costruzione dell’edificio di fase IV, realizzate per l’appunto con il materiale proveniente dalla distruzione dell’edificio di fase III. Proprio lo studio degli affreschi condotto da Silvia Papetti19 ha permesso di individuare un lacerto recante incisa la data 1462 che dunque fornisce un termine ante quem per la realizzazione della chiesa di fase III. Un altro elemento utile per la collocazione cronologica di questa fase è un ritrovamento numismatico, anch’esso effettuato all’interno dei riporti realizzati per la costruzione dell’edificio di fase IV e contenente le macerie del distrutto complesso di fase III, ossia un denaro in argento di Azzone Visconti (1329-1339)20: questo ritrovamento per- mette di ipotizzare l’esistenza dell’edificio di fase III quantomeno a partire dai primi decenni del XIV secolo. 14. Pavimentazione in battuto di malta us 44 relativa all’edificio di fase III. (Archivio Sabap) 15. Lacerto di struttura quadrangolare us 64 presente all’interno dell’edificio di fase III. (Archivio Sabap) Fase IV: la seconda ricostruzione (Tav. IV) 16. Residuo di pavimentazione us 31 dell’edificio di fase IV. (Archivio Sabap) Questa fase identifica un periodo di radicali rifacimenti dell’edificio di culto, interventi che portano il complesso circa all’attuale volumetria. L’edificio di fase III viene abbattuto e ne viene costruito uno a pianta longitudinale orientato E-W con abside semicircolare a oriente (m 20,20 x 6,70) che corrisponde sostanzialmente a quello odierno. Come precedentemente accennato, all’interno dell’edificio viene deposto un potente sottofondo pavimentale (us 11), contenente i frammenti della decorazione pittorica della fase precedente, su cui viene realizzato un pavimento in malta di calce di cui però sopravvivono solo esigui lacerti, us 31 (fig. 16). In un momento successivo in us 31 vengono deposte due sepolture (us 13 e us 42). La prima sepoltura, us 13 (m 2,2 x 0,55 x 0,5), è collocata all’interno della navata in corrispondenza dell’ingresso alla cappella laterale dedicata alla Madonna del Carmine e risulta costituita da spallette in pietra parzialmente intonacate all’interno e da una copertura in lastre di scisto: l’interno è apparso vuoto, privo dell’inumato, probabilmente rimosso nel corso dei secoli. La seconda tomba, us 42 (fig. 17), è collocata esattamente in corrispondenza dell’ingresso attuale sul lato ovest e risulta costruita con grosse pietre legate da INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 87 accadeva nell’edificio di fase III. La collocazione cronologica di questa fase può essere ricondotta tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo sulla scorta delle caratteristiche architettoniche e di alcuni documenti scritti (CORBELLINI e ROVETTA in questo volume), peraltro gli scarsi materiali rinvenuti in questa fase sembrano suffragare tale cronologia24. Fase V: l’edificio attuale 17. Particolare della tomba us 42 posta all’ingresso dell’edificio di fase IV. (Archivio Sabap) malta con il fondo formato da uno spesso strato di malta lisciata (m 2 x 0,70 x 0,30). All’interno di essa era presente un inumato deposto sul fianco destro con il capo rivolto a N, arti superiori ripiegati sul costato e arti inferiori distesi, dell’età di 7-9 anni circa: le indagini antropologiche su questo inumato hanno portato a stabilire la presenza di anomalie di tipo genetico frutto della endogamia praticata in queste aree rurali, nonché fratture risalenti al parto che hanno probabilmente causato danni cerebrali e fisici permanenti21. La presenza di sepolture è anomala in una chiesa come quella della Sassella22, occorre comunque sottolineare come la tomba us 42 si trovi in un luogo considerato privilegiato23, per cui non è da escludere che l’inumato in essa deposto facesse parte di un ceppo familiare intimamente connesso alle vicende dell’edificio. Il pavimento us 31 era anche solcato da quattro canalette, uuss 14, 15, 16, 40, funzionali alla deumidificazione dell’area, trasportando l’acqua proveniente dal 88 ALESSANDRO D’ALFONSO lato settentrionale, quello a monte, verso quello meridionale a valle. Lungo il perimetrale meridionale dell’edificio era presente una struttura di forma semicircolare, us 25 (m 2,30x0,85x0,60), costituita nella parte inferiore da pietre di piccole dimensioni, coperte da uno strato di malta biancastra a foderare le pareti interne e probabilmente il fondo, mentre il limite superiore è costituito da lastre in pietra di grandi dimensioni (fig. 18). Nella parte sud-ovest di us 25 vi sono due gradini che scendono all’interno della struttura stessa, quello superiore inoltre sembra seguire l’intero perimetro della parete semicircolare. La struttura us 25 può essere interpretata come scala di accesso all’edificio dal lato meridionale, successivamente tamponata, infatti all’esterno si percepisce ancora la sculturazione del substrato roccioso affiorante modellato a formare una sorta di gradinata. Infine, sempre lungo il muro perimetrale meridionale, più a ovest di us 25 è stata rinvenuta una bussola per la raccolta delle offerte (fig. 19). 18. Scalinata semicircolare us 25 lungo il fianco meridionale dell’edificio di fase IV. (Archivio Sabap) 19. Botola per la raccolta delle offerte us 23 presente all’interno dell’edificio di fase IV. (Archivio Sabap) In questa fase quindi si assiste all’edificazione del nucleo principale del complesso ancor oggi visibile, un edificio orientato E-W con abside semicircolare a est e dotato di un ingresso laterale sul fianco meridionale che permetteva una comunicazione diretta con il tracciato della via Valeriana, similmente a quanto La fase V è quella che ci mostra la chiesa nella sua forma attuale caratterizzata dalla presenza della sagrestia perfezionata tra il 1709 e il 1712 a ridosso dell’abside e di una cappella laterale aperta lungo il fianco meridionale nel 1716 e dedicata alla Madonna del Carmine. Sempre in questa fase, intorno al 1676 viene progettato il portico, mentre il piazzale antistante la chiesa viene realizzato nel 1731 (BORMETTI in questo volume). A livello archeologico questa fase è stata individuata in alcune buche e piani di cantiere. Le indagini all’esterno del santuario Lungo il fianco meridionale dell’edificio è stato condotto uno scavo archeologico che ha interessato un’area di circa mq 400. Al di sotto della cotica erbosa è emerso uno strato di limo sabbioso con frequenti clasti di ghiaia, us 35, che copriva una strada, us 41. La struttura della strada era caratterizzata da lastre litiche poste di coltello e talvolta di piatto da posatori esperti, come rivela l’osservazione della pregevole fattura del manufatto e l’assenza di interstizi e fessure fra una pietra e l’altra (fig. 20). In alcuni punti si sono osservate tracce di usura lasciate certamente da carri e da slitte, tracce purtuttavia prive di un andamento regolare tale da far supporre una scarsa rigidità di marcia rispetto alle eventuali carreggiate. INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 89 Questo manufatto dovrebbe essere riferito ai lavori di ampliamento del piazzale effettuati tra il 1722 e il 174325. All’interno di us 41 è stato praticato un piccolo saggio che ha mostrato l’esistenza di un altro tracciato stradale, di fattura identica a quello più recente, testimonianza dell’importanza della zona della Sassella come passaggio obbligato lungo il tracciato della via Valeriana (fig. 21). Conclusioni L’area della Sassella, per la sua posizione e le sue caratteristiche geomorfologiche, risulta frequentata fin dall’epoca protostorica, le incisioni rinvenute sottolineano la valenza cultuale e sacra della località almeno a partire dalla prima età del Ferro. Purtroppo al momento rimangono praticamente del tutto sconosciuti i tempi e le modalità dalla frequentazione di epoca romana. Per quanto riguarda i periodi successivi sembra appurato che la fondazione della chiesa non contribuì certo ad attrarre popolazione, dunque non mutò sostanzialmente l’assetto insediativo del luogo, caratterizzato probabilmente da piccoli nuclei di abitati sparsi, funzionali presumibilmente alle attività agricole effettuate nella zona26. Le indagini archeologiche all’interno dell’edificio hanno permesso di ricostruire, almeno parzialmente visto il pessimo stato di conservazione delle strutture rinvenute, le vicende edilizie del complesso dal medioevo all’età moderna. Le numerose trasformazioni subite dall’edificio nel corso dei secoli sono indizio dell’importanza del luogo di culto per la comunità locale fin dalle origini: trasformazioni che hanno coinvolto il complesso per tutta l’età moderna, sia a livello architettonico, sia a livello della decorazione interna, ma che hanno lasciato sostanzialmente invariato negli assetti principali l’impianto di fine XV-inizi XVI secolo (ROVETTA in questo volume). Le immagini e le planimetrie riprodotte in questo contributo sono state quasi tutte riprese da D’Alfonso 2015b e Chiaravalle 2015, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, ed è vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo. Per brevità nelle didascalie è indicato “Archivio Sabap” che sta per “Archivio Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese”. 90 ALESSANDRO D’ALFONSO 20. Strada in pietra us 41 lungo il fianco meridionale della chiesa di fase V. (Archivio Sabap) 21. Saggio lungo us 41 che ha rivelato la presenza di un tracciato più antico. (Archivio Sabap) 1. Carta Geologica della Lombardia 1:250.000; vedi anche MERIZZI 2017, pp. 6-7. 2. Il versante retico valtellinese per la sua esposizione soliva ben si presta allo sfruttamento agricolo. 3. Molto ampio il dibattito e la relativa bibliografia sulla reale esistenza e sul tracciato della cosiddetta via Valeriana, qui mi limito a segnalare BARUTA 2008-2009 (ringrazio Alessandra Baruta per avermi concesso di leggere e citare la sua tesi di laurea) e BARUTA 2012, pp. 46-49 e relativa bibliografia. Per un’approfondita disamina sulla problematica dei tracciati stradali medievali e relativi precedenti di epoca romana vedi i saggi raccolti in PATITUCCI UGGERI 2002, e SETTIA 1996, pp. 75-95. 4. DELLA MISERICORDIA 2015, p. 99. 5. Per una breve disamina generale sulla problematica delle coppelle con riferimento alla situazione valtellinese (in particolare la Rupe Magna di Grosio) vedi ARCÀ 1995, pp. 88-89. 6. PACE 2012, p. 41; SANSONI, GAVALDO, GASTALDI 1999, pp. 182-184. Nei dintorni del masso-altare sono visibili altre superfici coppellate al momento non individuabili con precisione, vedi TREMARI 2010, TR 2-3. 7. SANSONI, GAVALDO, GASTALDI 1999, pp. 185-186; alcune di queste incisioni non sono più individuabili, vedi TREMARI 2010, TR 4-8. 8. SANSONI, GAVALDO, GASTALDI 1999, pp. 26-32. 9. MOTTARELLI 2012, p. 37. 10. Vedi PACE 2012, pp. 43-49; l’Autore riconosce come uniche eccezioni allo stilema dell’orante due incisioni: in una la figura presenta un braccio lungo e ricurvo con arti inferiori ortogonali (le altre figure presentano arti inferiori “triangolari”), in un’altra accanto all’antropomorfo compare un’incisione a forma di 8, forse interpretabile come scudo; per quanto riguarda le incisioni pediformi vi sono rappresentati nove piedi sinistri e otto piedi destri, due figure rappresentano un piede nudo, le rimanenti sono “presumibilmente riconducibili a suole o calzature”. 11. Ibi, p. 49; l’Autore ricava la cronologia dal confronto con incisioni simili esistenti in Val Camonica dove peraltro sono presenti in numero cospicuo. 12. MUFFATTI MUSSELLI 1985, p. 52. 13. Lo scavo è stato diretto dalla dott.ssa Valeria Mariotti dell’allora Soprintendenza Archeologica della Lombardia. Sul campo ha operato la SAP-Società Archeologica s.r.l. con Roberto Caimi, e Stefania Felisati in qualità di responsabili di scavo, Massimo Dadà, Roberta Lavizzari, Ornella Magalini, Enzo Mantovani; i rilievi sono di Stefania Felisati e Stefania Guiducci. La documentazione dello scavo, redatta da Roberto Caimi, è custodita presso l’Archivio Topografico della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese. Una prima nota sullo scavo è comparsa in CAIMI 1998a, mentre una più approfondita sintesi degli interventi è in D’ALFONSO 2015b. 14. Il fatto che la chiesa sorga su un dosso roccioso, fondamentale per avere un solido piano di appoggio su cui impostare le fondazioni degli edifici, non ha consentito un cospicuo processo di sedimentazione che potesse portare alla formazione di stratigrafia archeologica. 15. A causa della “compressione” della stratigrafia di cui sopra, non è possibile nemmeno escludere che la sculturazione di us 21 sia avvenuta durante i lavori di costruzione dell’attuale chiesa: purtroppo i labili dati raccolti in occasione degli scavi non permettono di dirimere la questione. 16. Gli eventi post-deposizionali hanno cancellato il rapporto fisico diretto tra us 60 e us 80, ma è facilmente ipotizzabile che essi fossero legati. 17. Alcune caratteristiche dell’impianto di fase II sono piuttosto comuni negli edifici ecclesiastici dell’arco alpino, in particolare l’abside quadrangolare (o poligonale?), tuttavia si tratta di un elemento non dirimente per determinare una cronologia, a questo proposito basta vedere i numerosissimi esempi riportati in SENNHAUSER 2003, che spaziano dal periodo paleocristiano a quello romanico. Anche per quanto riguarda il disassamento tra parte orientale e occidentale non sono stati trovati confronti calzanti: una configurazione apparentemente simile è stata documentata nella chiesa di San Martino al Monte San Martino nel comune di Riva del Garda (TN), qui però il contesto risulta assai più complesso di quello della Sassella, inoltre la cronologia proposta (VI secolo) risulta ben più alta rispetto al complesso valtellinese, vedi BELLOSI, GRANATA, PISU 2013, pp. 215-217. Per l’architettura pre-romanica in Lombardia, vedi SCIREA 2013. 18. Relativamente a questa fase i soli materiali rinvenuti sono due piccoli frammenti di vetro non attribuibili a nessun oggetto, vedi UBOLDI 2015, p. 784. 19. PAPETTI 2015; vedi anche PAPETTI in questo volume. 20. CHIARAVALLE 2015, p. 751. Pertinenti alla fase III sono anche alcuni frammenti di pietra ollare databili dal XII al XVIII secolo e provenienti dalle cave di Chiesa in Valmalenco, vedi GUGLIELMETTI 2015, p. 613. 21. CATTANEO, GIBELLI, CARUSO 2015, pp. 895-896. 22. Si tratta di una chiesa non adibita alla cura d’anime (ossia né pieve, né cappella), né con funzione cimiteriale, né tantomeno monasteriale. Per citare un esempio “opposto” basti pensare alla vicina chiesa di San Colombano a Postalesio, anch’essa prossima alla via Valeriana e non adibita alla cura d’anime, ma probabilmente cappella privata e luogo di sepoltura di un importante nucleo famigliare, vedi D’ALFONSO 2015a, pp. 431-438, DELLA MISERICORDIA 2015, p. 94 SCIREA 2015, pp. 40-45. 23. CHAVARRÍA 2010, pp. 179-181. 24. Pertinente a questa fase è un frammento di boccale in ceramica ingobbiata e graffita di fine XV secolo, vedi DI CIACCIO 2015, p. 828. 25. In effetti i materiali rinvenuti in us 35 sono frammenti di maiolica bianca databile tra XVII e XVIII secolo, DI CIACCIO 2015, p. 828. 26. Il nucleo insediativo più prossimo alla Sassella riportato nella documentazione medievale è Andevenno (992) vedi RAO 2015, pp. 199-200; per quanto riguarda la capacità di un edificio ecclesiastico di fungere da polo aggregante per la popolazione vedi SETTIA 1991, pp. 17-26. INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA 91 Una pianetta, due tonicelle, due stolle, e tre manipoli di drappo con fondo bianco, a fiori a vari colori. Altra pianetta con stolla, manipolo, borsa e velo di calice di spolino con fondo bianco. Altra di spolino morello con stolla, manipolo e borsa e velo. Un velo e borsa di fondo bianco ricamata ad oro. Una pianeta, stolla, manipolo, di drappo bianco a diversi fiori. Altro velo e borsa di spolino d’oro con fondo bianco. Una pianetta di mocoiata stampata salia con passamano di seta gialo, con due stolle, un manipolo, due borse e due veli di calice. Una pianeta di veluto cremesi rosso con guarnita d’argento falso stola, manipolo, e borsa, e velo di seta fiorato a rosso con fondo bianco. Altra di seta pezzata rossa con stola, manipolo, velo e borsa, ornata di bindelo d’oro falso assai frusta. Altra di damasco morello guarnita d’oro fino con stola manipolo, velo di calice e borsa. Altra di veluto cremesi tendente all’oscuro con guarnizione d’oro falso con stola, manipolo, borsa, e col velo di seta morello. Altra verde di droghetto di seta guarnita a fino con stolla, manipolo, e borsa, e col velo di seta ricamato. Altra di moela verde guarnita d’oro falso con stola, manipolo e borsa e velo di seta bianco e verde. Un velo bianco di damasco con guarnizione di oro fina. Altra di damasco nero, con stolla, manipolo, borsa, con guarnizione d’oro fino. Altra di damasco nero guarnita a falso d’argento con borsa, manipolo, stolla, e velo. Altra di damasco nero con guarnizione di seta bianca con stola, manipolo, e borsa. Un velo nero di damasco con guarnizione falsa. Una borsa nera rotta vecchia guarnita a falso. Una continenza di filosello bianco stampata guarnita a falso. Altra di seta fiorata di drappo vecchio guarnita di oro fino. Tre camicie con suo pizzo sopra tarliso rosso. Altro solenne con pizzo alto sopra tarliso ut supra. Altro ordinario con pizzo. Altri tre feriali con pizzo. Due cordoni di camice cremesi di seta. Altri due simili giali. Altro cremesi frusto con oro. Altro di seta bianco color di perla. Altro di reffo bianco con bandelini giali, e verdi. Altro di reffo bianco feriale. Altro cordone bianco di poco valore. Altro cordone bianco con bindelini. Una cotta di cambrato. Sette tovaglie di altare con pizzo bianco. Altra con tarliso rosso soto al pizzo. Altra fatta a mantino con lustrino verde sotto al pizzo. Altra con contorno de seta ricamato. Una sovracoperta di crocefisso per li giorni di passione. Due animete ricamate ad oro. 352 APPARATI Sei altre animette con suo pizzo. Purificatori numero 40. Corporali numero 9. Barette di prete numero 3. Una borsa di damasco per la piscide piccola. Altra di mocoiata. Una veste del custode della chiesa bianca guarnita di turchino. Due paia di abiti ricamati con bindelli di seta. Due amiti, ed un fazoletto di testa ricamato ne cantoni, e fiochetti rossi ne cantoni di cambrato, ossia turbante. Dieci fazoletti di orzoli, ed altro simile. Cinque serviette. Due messali quasi nuovi da vivo coperti di marochino rosso. Tre altri feriali. Tre altri da morto. Tre altri de santi nuovi. Un breviario. Un ornato frusto di ricamo a seta, ed oro per tovaglia d’altare. Una scatola a bauletto di cartone per li purificatori. Due sottotovaglie e un tovagliolo. Altra sottotovaglia di tela grossa. Una tovaglia per tavolino. Gli assi per ornare l’altare maggiore in occasione di fonzioni. Assi 43 di pescio, un uscio della cantoria. Due bacchette di ferro, altre due, ed il copino longo per uso dell’osteria. Peso . . circa altri pezzi di ferro di varie sorti. Un mortaro grande ed altro piccolo. BIBLIOGRAFIA ACKERMANN 2000 Ackermann Hans Christoph, Seidengewebe des 18. Jahrhunderts. I. Bizarre Seiden, Riggisberg 2000. AGOSTI 2012 Agosti Giovanni, Bramantino a Milano, in Bramantino a Milano, a cura di G. Agosti, J. Stoppa e M. Tanzi, Milano 2012, pp. 21-79. AGOSTI, STOPPA 2010a Agosti Giovanni, Stoppa Jacopo, Ludovico De Donati, scheda n. 26, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini, catalogo della mostra (Rancate, Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, 10 ottobre 2010-9 gennaio 2011), a cura di G. Agosti, J. Stoppa, M. Tanzi, Milano 2010, pp. 116-121. AGOSTI, STOPPA 2010b Agosti Giovanni, Stoppa Jacopo, Ludovico De Donati, scheda n. 36, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini, catalogo della mostra (Rancate, Pinacoteca cantonale Giovanni Züst, 10 ottobre 2010-9 gennaio 2011), a cura di G. Agosti, J. Stoppa, M. 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