SANTA MARIA
DELLA SASSELLA
a cura di
Angela Dell’Oca e Alessandro Rovetta
In copertina:
L’ultimo tratto del percorso
devozionale che conduce alla
Sassella. Foto Aleph – Como
2018 © Credito Valtellinese SpA
2018 © per i testi gli autori
2018 © per le immagini,
Credito Valtellinese SpA,
Parrocchia Beata Vergine
del Rosario, Sondrio,
salvo quanto diversamente
indicato in didascalia
Tutti i diritti riservati
Le immagini che corredano il volume
sono frutto di una apposita campagna
fotografica realizzata da Aleph - Como
(Pilota drone: Maurizio Fraquelli
/Flight of View) salvo quando
diversamente indicato in didascalia.
Un particolare ringraziamento
va indirizzato alla dottoressa
Angela Dell’Oca che, con il
proprio impegno di studio e ricerca
- sia come direttore del Museo
Valtellinese di Storia e Arte
che come storico dell’arte ha contribuito alla riscoperta e
alla valorizzazione di numerose
testimonianze di carattere storicoartistico di ambito valtellinese e
lombardo.
Ringraziamenti
All’arciprete di Sondrio don Christian Bricola per averci messo
a disposizione la chiesa e l’archivio parrocchiale ogni volta che
lo abbiamo richiesto e a Claudio Del Curto per la sua discreta
e costante presenza che ha permesso di risolvere tutti i problemi
connessi al nostro lavoro in chiesa.
Benedetto Abbiati, Alessia Alberti, Marco Azzola Guicciardi, Mina
Bartesaghi, Alessandra Baruta, Christian Bassola, Francesca Benetti,
Luisa Anna Bertoletti, Eugenia Bianchi, Laura Binda, Gianmario
Bonfadini, Maria Pia Bongiascia, Remo Bracchi, Simone Bracchi,
Roberto Caimi, Elisabetta Canobbio, Maurizio Cittarini, Ferruccio
Citterio, Pieralda Comalini, Roberto Corona, Pier Carlo Della Ferrera,
Massimo Della Misericordia, Maurizio Divitini, Miro Fiordi, Corinna
Tania Gallori, Aldo Genoni, Francesco Ghilotti, Laura Gianesini,
Rosa Giorgi, Wilma Giuliani, Giuseppe Guicciardi, Marcella Guicciardi,
Arno Lanfranchi, Aurelia Lombardini, Marco Longa, Mario Longatti,
Giovanni Moroncelli, Francesco Palazzi Trivelli, Cristina Pedrana,
Rita Pellegrini, Giulio Perotti, Marco Petoletti, Rita Pezzola, Cristina
Quattrini, Cirillo Ruffoni, Maria Giuseppina Ruggiero, Marco Sampietro,
Giuseppe Scherini, Francesco Scilironi, Albertina Sem, Antonello Viganò,
Edoardo Villata, Giovanna Virgilio, Vito Zani, Diego Zoia
Credito Valtellinese
Fondazione
Gruppo Credito Valtellinese
Santa Maria della Sassella
Luigi Lovaglio
Presidente
Miro Fiordi
Presidente
Angela Dell’Oca
Ideazione
Mauro Selvetti
Amministratore Delegato
Valeria Caterina Duico
Direttore
Angela Dell’Oca
Alessandro Rovetta
Curatori
Saverio Xeres
Introduzione
Francesca Bormetti
Gian Luca Bovenzi
Stefano Bruzzese
Augusta Corbellini
Alessandra D’Alfonso
Angela Dell’Oca
Matteo Facchi
Silvia Papetti
Alessandro Rovetta
Andrea Straffi
Autori dei saggi
Francesca Bormetti
Ricerca archivistica preliminare
Francesca Bormetti
Augusta Corbellini
Redazione e indici
Aleph - Como
Fotografie
Leo Guerra
Progetto grafico e identità visiva
Abbreviazioni
Nessuna parte di questo libro potrà
essere riprodotta o trasmessa in
qualunque forma o con qualsiasi
mezzo elettronico, meccanico o altro
senza l’autorizzazione scritta dei
proprietari dei diritti e dell’Editore.
ISBN 978-88-97913-84-9
Archivio parrocchiale di Sondrio
APSo
Archivio storico della Diocesi di Como
ASDCo
Archivio di Stato di Sondrio
ASSo
Archivio comunale di Sondrio
ACSo
Archivio notarile di Sondrio
ANSo
Archivio Guicciardi Azzola
AGA
Archivio Guicciardi di Tresivio
AGT
Museo Valtellinese di Storia e Arte
MVSA
Grafiche Aurora, Verona
Stampa e distribuzione editoriale
SOMMARIO
12
Perché la Sassella
Angela Dell’Oca - Alessandro Rovetta
15
Seducente richiamo
Saverio Xeres
25
La chiesa di Santa Maria della Sassella. Un excursus storico documentario,
ovvero il racconto di un beneficio lungo un millennio
Augusta Corbellini
75
Indagini archeologiche alla Sassella
Alessandro D’Alfonso
93
Il Quattrocento. Frammenti di pittura devozionale
Silvia Papetti
109
La stagione rinascimentale
Alessandro Rovetta
177
In forma humana et magna. Iconografia degli affreschi del presbiterio
Andrea Straffi
193
Il portale rinascimentale
Alessandro Rovetta - Matteo Facchi
205
Gli arredi fissi. Una nuova veste barocca
Stefano Bruzzese
227
Sotto il segno della “grazia”
Angela Dell’Oca
251
Sul filo degli inventari. La dotazione della sagrestia
Angela Dell’Oca
275
Appunti sul patrimonio tessile
Gian Luca Bovenzi
289
Un Sacro Monte incompiuto in Valtellina
Stefano Bruzzese
305
Lo scenario della Sassella dall’età moderna ai giorni nostri
Francesca Bormetti
335 Appendice
353 Bibliografia
373 Indici dei nomi di persona e di luogo
11
INDAGINI ARCHEOLOGICHE
ALLA SASSELLA
Alessandro D’Alfonso
1. Residuo della preparazione
pavimentale us 50 relativo
all’impianto di fase III.
(Archivio Sabap)
74
ALESSANDRO D’ALFONSO
Premessa
La rupe su cui sorge la chiesa di Santa
Maria della Sassella si erge a una quota di
poche decine di metri dal fondovalle (a
circa m 300 s.l.m.) presso l’omonima località situata lungo il versante retico della
media Valtellina, all’ingresso occidentale
del territorio comunale di Sondrio.
La geomorfologia della zona è caratterizzata dalla presenza di rilievi rocciosi dai
ripidi versanti costituiti dalla Formazione degli Scisti di Edolo, formata principalmente da filladi, micascisti filladici e
filladi quarzifere, modellati dall’azione
erosiva dei ghiacciai durante l’ultima glaciazione1. L’impronta antropica che contraddistingue maggiormente il paesaggio
attuale è quella dei numerosissimi muri
di terrazzamento realizzati nel corso dei
secoli e finalizzati allo sfruttamento agricolo del territorio2, in particolare per la
coltivazione della vite. L’insediamento
umano dell’area è caratterizzato da piccoli nuclei sparsi collocati lungo i versanti occidentale (Grigioni, Piatta) e orientale (Sant’Anna, Moroni, Pradella) del
colle, mentre lungo il versante meridionale, quello più ripido, oltre al piccolo
nucleo abitativo caratterizzato dalla presenza dell’edificio di culto, vi è la località
Triasso, posta all’interno di un piccolo
pianoro a una quota di circa m 426 s.l.m.
La chiesa sorge lungo la cosiddetta via
Valeriana, l’antico percorso viario che
solcava a mezzacosta l’intero territorio
valtellinese3, in corrispondenza di una
sorta di passaggio obbligato della stessa
ben documentato a partire dalla prima
età moderna4.
Prima della chiesa:
protostoria ed epoca romana
Numerose testimonianze di arte rupestre mostrano come la frequentazione
antropica della rupe della Sassella e
delle aree a essa limitrofe possa essere
ricondotta perlomeno all’epoca protostorica. Piuttosto diffusi risultano infatti le superfici rocciose e i massi erratici
su cui sono presenti tracce di incisioni
coppelliformi5. Partendo da monte è
ben noto il masso-altare coppellato di
Triangia6 collocato in prossimità del ciglio del pianoro sommitale della rupe
della Sassella, in prossimità della strada
tra Triangia e Castione. Si tratta di un
grosso masso erratico orientato NE-SW
con circa cento coppelle e canalette
incise nella facciata superiore e in una
laterale. Altri massi coppellati sono presenti verso valle, in particolare a Triasso
presso la località Case Polatti7. Incisioni
più articolate con la presenza di alcune
figure antropomorfe raffiguranti oranti e
armati sono state rinvenute in località La
Ganda (comune di Castione Andevenno), lungo la strada che dalla frazione
Grigioni porta a Triasso8. Infine la manifestazione di arte rupestre più prossima
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
75
2. Posizionamento dei
rinvenimenti archeologici
nei pressi della chiesa della
Sassella su Carta Tecnica
Regionale (sistema di
riferimento WGS 84/32N):
in rosso sono indicate
le incisioni di epoca
protostorica, in azzurro i
ritrovamenti monetali di
epoca romana e in giallo
è evidenziato il sedime
dell’edificio ecclesiastico.
(Elaborazione grafica
Alessandro D’Alfonso)
3. La rupe incisa di Ganda.
(Foto Miro Fiordi)
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
77
5. Denaro in argento di Azzone
Visconti (1329-1339) proveniente
da us 10 (da Chiaravalle 2015,
p. 758)
4. La rupe incisa a monte delle
Case Bongiascia, poco distante
dalla Sassella.
(Foto Francesca Bormetti)
78
ALESSANDRO D’ALFONSO
6. Soldo in mistura di Galeazzo
Maria Sforza e Bianca Maria
Visconti (1466-1468) proveniente
da us 30 in associazione con
trillina di Uri e Unterwalden della
prima metà del XVI secolo (da
Chiaravalle 2015, p. 758)
7. La chiesa della Sassella.
alla chiesa interessa una superficie rocciosa situata nel mezzo dei vigneti della
località Cà Bongiascia, poche centinaia
di metri a NW dell’edificio ecclesiastico9.
Scoperto recentemente, in questo sito
sono rappresentati circa quarantuno
antropomorfi raffigurati principalmente
nella posa di orante e diciassette incisioni pediformi10. Proprio quest’ultime
rappresentano un ritrovamento al momento unico nel contesto delle incisioni su roccia valtellinesi e permettono di
collocare cronologicamente queste opere nell’età del Ferro, probabilmente tra
il VII e il IV sec. a.C.11.
Dunque la frequentazione antropica della rupe della Sassella risulta al momento
iniziare perlomeno dal VII secolo a.C.,
come testimoniano le incisioni pediformi, tuttavia non sono stati ancora individuati e indagati veri e propri contesti
insediativi anche se future ricerche in
questa direzione probabilmente porterebbero a colmare questo vuoto e forse
a offrire un contesto cronologico anche
più antico.
Al momento le tracce di una frequentazione della zona della Sassella in epoca
romana risultano scarse e piuttosto labili.
Sono noti infatti unicamente due rinvenimenti monetali relativi a quest’epoca:
si tratta di una moneta in bronzo di Faustina Minore (161-176) e di un’altra sempre in bronzo raffigurante Giulia Mamea
(225-235), quest’ultima rinvenuta durante gli scavi per la realizzazione della casa
Bonfadini, situata immediatamente a occidente del portico del santuario12. Questi esigui ritrovamenti non permettono
certamente di chiarire modalità e tempi
della frequentazione della zona in epoca
romana e tardoantica, tuttavia è auspicabile che future ricerche archeologiche
possano portare a definire meglio queste problematiche. Certo è che visto il
carattere di “passaggio obbligato” della
località e la valenza cultuale della stessa
emersa in epoca protostorica è certamente plausibile la frequentazione in epoca
romana anche se con tempi e declinazioni al momento sconosciute (fig. 2).
Indagini archeologiche presso la chiesa
Stando a notizie senza riscontri documentari la chiesa sarebbe stata edificata
attorno alla fine del X secolo. La tradizione narra come la Madonna stessa abbia
indicato all’arciprete di Sondrio il luogo
esatto dove erigere il tempio (CORBELLINI
e DELL’OCA in questo volume).
Tra il 1997 e il 1998 l’interno della
chiesa (fig. 7) è stato indagato archeologicamente nell’ambito del progetto di
restauro dell’edificio: il complesso è stato integralmente oggetto di scavi a eccezione dell’area absidale e di una piccola
cappella sita lungo il perimetrale sud
dell’edificio, compreso un piccolo ulteriore intervento che ha interessato parte
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
79
della strada che passa lungo il fianco meridionale della chiesa13. Lo scavo interno
ha esaurito tutto il deposito archeologico, cioè sono state raggiunte le quote del
terreno sterile o della roccia affiorante.
Solo una piccola parte dell’area indagata non è stata scavata allo sterile in quanto inserita in un progetto di musealizzazione, ossia la struttura semicircolare
presente lungo il fianco meridionale di
cui si tratterà in modo esaustivo all’interno del paragrafo dedicato alle fasi di
età moderna.
Lo scavo ha consentito di mettere in luce
i resti di edifici precedenti all’attuale impianto chiesastico, tuttavia non sempre
è stato possibile attribuire una funzione
né tantomeno comporre una completa
planimetria di questi. Infatti le caratteristiche geomorfologiche della zona14,
assieme ai numerosi interventi di costruzione/ricostruzione protrattisi per secoli,
hanno causato una sorta di “compressione” della stratigrafia archeologica, per
cui sono stati asportati numerosi elemen-
le, risulta composto da circa sette corsi,
mentre quello settentrionale solo da tre
corsi. L’affioramento roccioso “contenuto” da us 20 risulta essere lavorato,
sommariamente spianato e dotato di una
forte pendenza da N verso S (fig. 9): probabilmente però non servì mai da vero e
proprio piano di calpestio, in quanto si
è notata su di esso la presenza di spigoli
vivi delle scalpellature, privi di qualsiasi
traccia di usura15. Relativamente a questa
fase non sono stati rinvenuti piani d’uso,
tuttavia è possibile ipotizzare che la loro
totale scomparsa sia da imputare al fatto che essi si trovavano in origine a una
quota più elevata rispetto ai resti attuali,
inoltre probabilmente erano costituiti da
assiti lignei, per cui sarebbero scomparsi
in seguito alle successive opere di demolizione e (ri)costruzione.
Vista l’esiguità delle strutture rinvenute e
l’assenza di piani d’uso relativi, e dunque
in mancanza di materiale datante, non è
possibile al momento definire la cronologia di questa prima fase di frequentazione del sito né ipotizzare lo sviluppo
planimetrico e la funzione dell’edificio.
ti strutturali e abbondanti porzioni di
stratigrafia, lasciando gli elementi superstiti spesso in uno stato di conservazione
assolutamente precario e con rapporti
fisici tra gli stessi non sempre definibili.
Fase I:
prime tracce insediative (Tav. I)
Le prime tracce di attività insediative
antropiche individuate durante le attività di scavo sono relative alla presenza di
un piccolo corpo di fabbrica rinvenuto
nella porzione sud-orientale della navata
attuale e che si sviluppava probabilmente anche all’interno dell’area presbiteriale non indagata archeologicamente. Di
questo edificio si è conservato un solo
esiguo lacerto di muratura, orientato
E/E-W che prosegue verso E all’interno
dell’area presbiteriale, mentre presso il
limite occidentale piega verso N creando un angolo ben definito (us 20, fig. 8).
La parte della muratura orientata E-W
è lunga circa m 5, quella orientata N-S
Tav. I. Rilievo di fase I.
(Elaborazione di Priscilla Butta,
da D’Alfonso 2015b, p. 443)
Fase II:
il primo edificio di culto (Tav. II)
8. Struttura muraria orientata E-W
relativa all’edificio di fase I (us 20).
(Archivio Sabap)
9. Sub-strato roccioso scalpellato
con a Sud il muro us 21.
(Archivio Sabap)
80
ALESSANDRO D’ALFONSO
m 2 circa, per una larghezza di circa
m 0,70, ed entrambe risultano formate
da ciottoli e blocchetti litici di medie dimensioni legati da malta tenace di colore beige, disposti su un doppio filare in
corsi orizzontali paralleli. Questa struttura muraria contiene un affioramento
roccioso che si sviluppa a N della stessa
(us 21), quasi fosse una sorta di muretto
di terrazzamento, tant’è che il prospetto
meridionale di us 20, quello verso val-
In questa fase si assiste all’innalzamento di un edificio probabilmente orientato est-ovest, ben articolato, di cui sono
sopravvissuti alcuni lacerti di strutture
murarie e resti di piani pavimentali. Presumibilmente in questa fase doveva essere ancora visibile, anche se non è dato
sapere se fosse ancora in uso, l’edificio
di fase I in quanto a esso si appoggia il
perimetrale orientale del complesso di
fase II. Nonostante la stratigrafia associabile a questa fase sia tutto sommato
abbastanza consistente, non è tuttavia
possibile ricostruire con precisione ed
esattezza la planimetria dell’edificio,
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
81
in quanto le asportazioni successive ne
rendono oltremodo ardua la lettura. Di
seguito comunque si tenterà di tracciare una descrizione del complesso e delle
strutture che lo compongono, per quanto possibile chiara ed esaustiva.
Iniziando da ovest occorre segnalare che
non è stata trovata traccia del muro perimetrale occidentale, tuttavia presso la
sua presunta terminazione settentrionale doveva legarsi alla struttura muraria
us 80 orientata NW-SE (visibile per una
lunghezza di m 1,25, larga m 0,38), rinvenuta addossata al muro perimetrale N
della chiesa attuale. Questo muro risulta
conservato per un solo corso in fondazione, costituito da ciottoli e pietre di
medie e grosse dimensioni disposte in
modo irregolare e legati da abbondante
malta di colore grigiastro, mediamente
tenace. Il muro perimetrale us 80 si legava presumibilmente16 con il muro us
60, orientato E-W (lunghezza visibile m
2,40, larghezza m 0,58, altezza m 0,50)
e conservatosi per due corsi, realizzato
82
ALESSANDRO D’ALFONSO
con pietre di medie e grandi dimensioni disposte in modo piuttosto irregolare
e legate da malta di colore bianco grigiastro abbastanza tenace. La parte inferiore della fondazione nel prospetto
meridionale era realizzata con ciottoli
e pietre di medie e grosse dimensioni
disposte irregolarmente soprattutto di
piatto, prive di legante, mentre a nord
essa si basava direttamente al substrato
roccioso. La terminazione orientale di
us 60 si appoggiava alla roccia affiorante appositamente scalpellata seguendo
il filo dell’andamento del muro, proseguendo così idealmente l’andamento
della struttura stessa. Il corpo orientale
dell’edificio si è conservato solo parzialmente e tale lacunosità non consente di
comprendere esaustivamente l’impianto
dello stesso. Qui infatti è stata documentata solamente la presenza di due
strutture murarie (uuss 69, 70) orientate rispettivamente N-S e E-W a formare
un angolo retto, lacerti di murature che
alimentano dubbi sull’effettiva composi-
Tav. II. Rilievo di fase II.
(Elaborazione di Priscilla Butta,
da D’Alfonso 2015b, p. 444)
10. Residuo di due strutture
murarie orientate N-S (us 69) ed
E-W (us 70) riferibile alla porzione
orientale dell’edificio di fase II.
(Archivio Sabap)
11. Scala di accesso lungo il fianco
meridionale all’edificio di fase II
(us 73 ripresa da E).
(Archivio Sabap)
12. Scala di accesso us 73 ripresa
da W.
(Archivio Sabap)
zione della planimetria (fig. 10). Il muro
N-S us 69 è conservato per una lunghezza
di m 1,70 e una larghezza di m 0,50 circa
e risulta costruito da pietre di medie e
grosse dimensioni poste di piatto e legate da malta grigio-biancastra e tenace;
a nord, dove affiora il substrato roccioso, il muro non si è conservato se non
per una labile traccia, mentre verso sud
si sono conservati più corsi (colmatura
del dislivello). La lacuna nel tratto più
settentrionale di us 69 non permette di
definire come si raccordasse al muro pe-
rimetrale nord us 60, ossia se proseguisse verso N in modo rettilineo o se fosse
disposto obliquamente verso N-E a formare una sorta di piccola abside poligonale. A meridione us 69 si lega al muro
us 70, costituito da pietre di grandi dimensioni poste di piatto legate da malta
grigio-biancastra tenace, conservatosi
solo per un’esigua porzione, infatti esso
verso occidente risulta asportato da
strutture realizzate in epoche successive. Come già accennato in precedenza il
muro us 69 risulta costruito in appoggio
al muro us 20 di fase I, per cui non è da
escludere che l’edificio di fase I fosse ancora in uso in questo momento, magari
modificato e riutilizzato come locale di
servizio dell’edificio ecclesiastico di fase
II. A meridione il complesso appariva
delimitato dalla struttura muraria us 65
orientata E-W e visibile per una lunghezza di m 0,94 circa e per una larghezza
di m 0,50. Esso è stato rinvenuto alla
distanza di circa m 1,30 a SW di us 70,
manca il rapporto fisico diretto tra le
due murature, per cui è solo possibile
ipotizzare che il disallineamento tra le
due strutture fosse mediato da una sorta di spalletta. Il muro us 65 è realizzato
con pietre di medie e grandi dimensioni,
legate da malta di colore grigio-biancastro, abbastanza tenace e risulta quasi
del tutto asportato da interventi di epoche successive, per cui se ne è conservata solamente una esigua porzione. Si è
già discusso circa la terminazione orientale di us 65 e del suo rapporto con us
70, ma anche verso occidente la lettura
della muratura risulta compromessa dagli eventi posteriori, infatti qui us 65 si
conserva solo in alcuni lacerti di fondazione (us 87). In corrispondenza della
terminazione occidentale di us 65/87
si legava ortogonalmente una struttura
(us 73) collocata all’altezza dell’ingresso
dell’edificio, ossia una corta scalinata in
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
83
Relativamente a questa fase è stato rinvenuto un solo piano pavimentale all’interno dell’edificio, conservatosi solamente
nella parte nord-orientale, costituito da
un battuto di malta (us 49) di colore grigiastro (fig. 13).
Dunque in questa fase si assiste alla costruzione di un edificio dalla planimetria
piuttosto complessa e articolata, fortemente condizionata dalla geomorfologia
del luogo, in particolare dagli affioramenti del substrato roccioso. Il complesso,
orientato E-W con abside (poligonale?) a
Est, presenta un accesso lungo il lato meridionale, che presumibilmente si affacciava direttamente lungo il tracciato della
via Valeriana. Complessa risulta anche
l’articolazione degli spazi occidentali, che
si presentano disassati rispetto al resto
dell’edificio in quanto seguono un orientamento NW-SE, probabilmente per seguire l’andamento del substrato roccioso.
Al momento non sono stati rintracciati
confronti calzanti con l’edificio documentato in questa fase17, tuttavia forse è
ipotizzabile una cronologia di massima al
X secolo18, epoca in cui, secondo la tradizione, sarebbe sorta la prima chiesa (CORBELLINI e ROVETTA in questo volume).
13. Lacerto di pavimentazione in
malta us 49 relativo all’edificio di
fase II. (Archivio Sabap)
pietra che serviva a superare il dislivello creato dall’andamento del substrato
roccioso tra aree esterne e aree interne
ai perimetrali (figg. 11-12). La scala era
stata costruita con l’impiego di pietre
di litologia locale (scisti e gneis) appena sbozzate e spianate, legate fra loro da
terriccio limoso rossastro, a formare almeno quattro gradini sul lato E (pedata
massima m 0,30, alzata m 0,11). La scala
terminava in corrispondenza dell’ingresso dell’edificio con una soglia (us 51)
costituita da una grossa lastra di pietra
posta di piatto, sulla quale sono state
sistemate lastre di pietra di dimensioni
più piccole di piatto e accostate, legate
da malta di colore grigiastro, tenace. Da
associare all’uso della scala era anche la
buca di palo us 81, situata immediatamente a sud, probabile alloggiamento
per sostenere le travature verticali di
una balaustra lignea. Immediatamente
a nord di us 73 si legava a quest’ultima un’altra struttura muraria orientata
NW-SE (us 72), grossomodo parallela al
84
ALESSANDRO D’ALFONSO
perimetrale settentrionale us 80, e che
risulta costituire una parte del muro
perimetrale meridionale dell’edificio. Il
muro us 72 appariva come una struttura
costituita da pietre di spacco disposte su
un doppio filare per due corsi conservatesi in alzato e legate da malta di calce di
colore nocciola, tenace (lunghezza m 1,
larghezza m 0,61, altezza m 0,50) e risultava costruita in appoggio alla scalinata
us 73. Come già accennato in precedenza, nel corso degli scavi non sono state
trovate tracce relative al muro di chiusura occidentale del complesso, ossia il
muro di raccordo tra us 80 e us 72. All’esterno dell’edificio di questa fase, a sud
di uuss 72,73, era presente un’ulteriore
struttura muraria (us 82) probabilmente
in funzione di contenimento, formata da
materiale lapideo eterogeneo malamente lavorato, privo di legante e disposto
in modo ordinato nel filare esterno a regolarizzare la roccia affiorante, creando
così una sorta di terrazzo aggettante verso meridione.
Fase III:
la prima ricostruzione (Tav. III)
Come premessa a questa fase occorre
sottolineare come essa sia contraddistinta dalla presenza di elementi piuttosto
labili e che i profondi rimaneggiamenti
delle epoche successive non permettono una chiara lettura e interpretazione
della stratigrafia rinvenuta. Nella fase
III viene abbattuto l’edificio di fase II e
ne viene ricostruito un altro di maggiore
volumetria e lunghezza, di cui però non
sono stati individuati i limiti orientali,
forse collocati al di sotto del presbiterio attuale che non è stato indagato. La
costruzione del nuovo edificio inizia con
l’abbattimento del precedente e il livellamento dell’area mediante il riporto di
materiale eterogeneo nelle zone basse,
in particolare quella SW. Una volta ricavata la nuova area edificabile vengono innalzati i muri perimetrali (us 34 è
il muro perimetrale meridionale) che a
nord vengono costruiti riutilizzando us
60 relativo alla fase precedente. Oltre ai
muri perimetrali nord e sud sono stati
individuati buche e piani d’uso relativi al cantiere di costruzione dell’edi-
Tav. III. Rilievo di fase III.
(Elaborazione di Priscilla Butta,
da D’Alfonso 2015b, p. 446)
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
85
Tav. IV. Rilievo di fase IV-V.
(Elaborazione di Priscilla Butta,
da D’Alfonso 2015b, p. 447)
ficio stesso. L’edificio di fase III aveva
un piano pavimentale costituito da un
battuto di malta (us 44) caratterizzato
dalla presenza di diverse stesure di colore grigio chiaro, in alcuni punti rosato,
di consistenza molto compatta, la cui
superficie appare più omogenea nella
parte centrale, mentre verso occidente si presentava in parte compromesso
da eventi post-deposizionali (fig. 14).
Il pavimento us 44 si impostava su un
livello di preparazione (us 45 e us 50)
realizzato in ciottoli e blocchetti litici
legati da malta di calce (fig. 1). Relativamente a questa fase è stata rinvenuta
anche una struttura (us 64) posta a meridione, grossomodo nella parte centrale,
che in origine doveva avere una forma
rettangolare, ma di cui è sopravvissuta
la sola porzione settentrionale (fig. 15).
La struttura è costruita con ciottoli di
piccole e medie dimensioni legati da abbondante malta di colore grigiastro, tenace, nel suo prospetto esterno, mentre
il prospetto interno risulta costituito da
una lunga lastra di pietra posta di piatto.
La scarsità della porzione sopravvissuta
della struttura non permette di ipotiz86
ALESSANDRO D’ALFONSO
zare quale funzione essa potesse avere
all’interno dell’edificio.
In questa fase si assiste quindi alla ricostruzione dell’edificio di culto, caratterizzato da un’aula orientata E-W e
pavimentata con un battuto di malta di
calce, di cui purtroppo non si conosce
la terminazione orientale. Questo edificio era decorato da superfici affrescate, i
cui frammenti sono stati rinvenuti nelle
costipazioni realizzate per la costruzione dell’edificio di fase IV, realizzate per
l’appunto con il materiale proveniente
dalla distruzione dell’edificio di fase III.
Proprio lo studio degli affreschi condotto da Silvia Papetti19 ha permesso di
individuare un lacerto recante incisa la
data 1462 che dunque fornisce un termine ante quem per la realizzazione della
chiesa di fase III. Un altro elemento utile
per la collocazione cronologica di questa
fase è un ritrovamento numismatico, anch’esso effettuato all’interno dei riporti
realizzati per la costruzione dell’edificio
di fase IV e contenente le macerie del
distrutto complesso di fase III, ossia un
denaro in argento di Azzone Visconti
(1329-1339)20: questo ritrovamento per-
mette di ipotizzare l’esistenza dell’edificio di fase III quantomeno a partire dai
primi decenni del XIV secolo.
14. Pavimentazione in battuto
di malta us 44 relativa all’edificio
di fase III. (Archivio Sabap)
15. Lacerto di struttura
quadrangolare us 64 presente
all’interno dell’edificio di fase III.
(Archivio Sabap)
Fase IV:
la seconda ricostruzione (Tav. IV)
16. Residuo di pavimentazione us
31 dell’edificio di fase IV.
(Archivio Sabap)
Questa fase identifica un periodo di radicali rifacimenti dell’edificio di culto,
interventi che portano il complesso circa
all’attuale volumetria. L’edificio di fase III
viene abbattuto e ne viene costruito uno
a pianta longitudinale orientato E-W con
abside semicircolare a oriente (m 20,20 x
6,70) che corrisponde sostanzialmente a
quello odierno. Come precedentemente
accennato, all’interno dell’edificio viene
deposto un potente sottofondo pavimentale (us 11), contenente i frammenti della
decorazione pittorica della fase precedente, su cui viene realizzato un pavimento
in malta di calce di cui però sopravvivono
solo esigui lacerti, us 31 (fig. 16). In un
momento successivo in us 31 vengono
deposte due sepolture (us 13 e us 42).
La prima sepoltura, us 13 (m 2,2 x 0,55
x 0,5), è collocata all’interno della navata
in corrispondenza dell’ingresso alla cappella laterale dedicata alla Madonna del
Carmine e risulta costituita da spallette in
pietra parzialmente intonacate all’interno
e da una copertura in lastre di scisto: l’interno è apparso vuoto, privo dell’inumato, probabilmente rimosso nel corso dei
secoli. La seconda tomba, us 42 (fig. 17),
è collocata esattamente in corrispondenza dell’ingresso attuale sul lato ovest e risulta costruita con grosse pietre legate da
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
87
accadeva nell’edificio di fase III. La collocazione cronologica di questa fase può
essere ricondotta tra la fine del XV e gli
inizi del XVI secolo sulla scorta delle caratteristiche architettoniche e di alcuni
documenti scritti (CORBELLINI e ROVETTA
in questo volume), peraltro gli scarsi materiali rinvenuti in questa fase sembrano
suffragare tale cronologia24.
Fase V: l’edificio attuale
17. Particolare della tomba us 42
posta all’ingresso dell’edificio di
fase IV. (Archivio Sabap)
malta con il fondo formato da uno spesso
strato di malta lisciata (m 2 x 0,70 x 0,30).
All’interno di essa era presente un inumato deposto sul fianco destro con il capo
rivolto a N, arti superiori ripiegati sul costato e arti inferiori distesi, dell’età di 7-9
anni circa: le indagini antropologiche su
questo inumato hanno portato a stabilire
la presenza di anomalie di tipo genetico
frutto della endogamia praticata in queste aree rurali, nonché fratture risalenti al
parto che hanno probabilmente causato
danni cerebrali e fisici permanenti21. La
presenza di sepolture è anomala in una
chiesa come quella della Sassella22, occorre comunque sottolineare come la tomba
us 42 si trovi in un luogo considerato privilegiato23, per cui non è da escludere che
l’inumato in essa deposto facesse parte di
un ceppo familiare intimamente connesso alle vicende dell’edificio.
Il pavimento us 31 era anche solcato da
quattro canalette, uuss 14, 15, 16, 40,
funzionali alla deumidificazione dell’area, trasportando l’acqua proveniente dal
88
ALESSANDRO D’ALFONSO
lato settentrionale, quello a monte, verso
quello meridionale a valle. Lungo il perimetrale meridionale dell’edificio era presente una struttura di forma semicircolare, us 25 (m 2,30x0,85x0,60), costituita
nella parte inferiore da pietre di piccole
dimensioni, coperte da uno strato di malta biancastra a foderare le pareti interne
e probabilmente il fondo, mentre il limite
superiore è costituito da lastre in pietra di
grandi dimensioni (fig. 18). Nella parte
sud-ovest di us 25 vi sono due gradini che
scendono all’interno della struttura stessa,
quello superiore inoltre sembra seguire
l’intero perimetro della parete semicircolare. La struttura us 25 può essere interpretata come scala di accesso all’edificio
dal lato meridionale, successivamente
tamponata, infatti all’esterno si percepisce
ancora la sculturazione del substrato roccioso affiorante modellato a formare una
sorta di gradinata. Infine, sempre lungo il
muro perimetrale meridionale, più a ovest
di us 25 è stata rinvenuta una bussola per
la raccolta delle offerte (fig. 19).
18. Scalinata semicircolare us
25 lungo il fianco meridionale
dell’edificio di fase IV.
(Archivio Sabap)
19. Botola per la raccolta delle
offerte us 23 presente all’interno
dell’edificio di fase IV.
(Archivio Sabap)
In questa fase quindi si assiste all’edificazione del nucleo principale del complesso ancor oggi visibile, un edificio
orientato E-W con abside semicircolare
a est e dotato di un ingresso laterale sul
fianco meridionale che permetteva una
comunicazione diretta con il tracciato
della via Valeriana, similmente a quanto
La fase V è quella che ci mostra la chiesa nella sua forma attuale caratterizzata
dalla presenza della sagrestia perfezionata tra il 1709 e il 1712 a ridosso dell’abside e di una cappella laterale aperta lungo
il fianco meridionale nel 1716 e dedicata
alla Madonna del Carmine. Sempre in
questa fase, intorno al 1676 viene progettato il portico, mentre il piazzale antistante la chiesa viene realizzato nel 1731
(BORMETTI in questo volume). A livello
archeologico questa fase è stata individuata in alcune buche e piani di cantiere.
Le indagini all’esterno del santuario
Lungo il fianco meridionale dell’edificio
è stato condotto uno scavo archeologico che ha interessato un’area di circa
mq 400. Al di sotto della cotica erbosa è
emerso uno strato di limo sabbioso con
frequenti clasti di ghiaia, us 35, che copriva una strada, us 41. La struttura della
strada era caratterizzata da lastre litiche
poste di coltello e talvolta di piatto da
posatori esperti, come rivela l’osservazione della pregevole fattura del manufatto
e l’assenza di interstizi e fessure fra una
pietra e l’altra (fig. 20). In alcuni punti
si sono osservate tracce di usura lasciate
certamente da carri e da slitte, tracce purtuttavia prive di un andamento regolare
tale da far supporre una scarsa rigidità di
marcia rispetto alle eventuali carreggiate.
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
89
Questo manufatto dovrebbe essere riferito ai lavori di ampliamento del piazzale
effettuati tra il 1722 e il 174325. All’interno di us 41 è stato praticato un piccolo
saggio che ha mostrato l’esistenza di un
altro tracciato stradale, di fattura identica a quello più recente, testimonianza
dell’importanza della zona della Sassella
come passaggio obbligato lungo il tracciato della via Valeriana (fig. 21).
Conclusioni
L’area della Sassella, per la sua posizione
e le sue caratteristiche geomorfologiche,
risulta frequentata fin dall’epoca protostorica, le incisioni rinvenute sottolineano la valenza cultuale e sacra della località almeno a partire dalla prima età del
Ferro. Purtroppo al momento rimangono praticamente del tutto sconosciuti i
tempi e le modalità dalla frequentazione
di epoca romana. Per quanto riguarda i
periodi successivi sembra appurato che
la fondazione della chiesa non contribuì
certo ad attrarre popolazione, dunque
non mutò sostanzialmente l’assetto insediativo del luogo, caratterizzato probabilmente da piccoli nuclei di abitati
sparsi, funzionali presumibilmente alle
attività agricole effettuate nella zona26.
Le indagini archeologiche all’interno
dell’edificio hanno permesso di ricostruire, almeno parzialmente visto il pessimo
stato di conservazione delle strutture
rinvenute, le vicende edilizie del complesso dal medioevo all’età moderna. Le
numerose trasformazioni subite dall’edificio nel corso dei secoli sono indizio
dell’importanza del luogo di culto per la
comunità locale fin dalle origini: trasformazioni che hanno coinvolto il complesso per tutta l’età moderna, sia a livello
architettonico, sia a livello della decorazione interna, ma che hanno lasciato
sostanzialmente invariato negli assetti
principali l’impianto di fine XV-inizi
XVI secolo (ROVETTA in questo volume).
Le immagini e le planimetrie riprodotte in questo contributo sono state quasi tutte riprese da D’Alfonso 2015b e
Chiaravalle 2015, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Soprintendenza
Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, ed è
vietata ogni ulteriore riproduzione o duplicazione con qualsiasi mezzo.
Per brevità nelle didascalie è indicato “Archivio Sabap” che sta per “Archivio Soprintendenza Archeologia, Belle Arti
e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese”.
90
ALESSANDRO D’ALFONSO
20. Strada in pietra us 41 lungo il
fianco meridionale della chiesa di
fase V. (Archivio Sabap)
21. Saggio lungo us 41 che ha
rivelato la presenza di un tracciato
più antico. (Archivio Sabap)
1. Carta Geologica della Lombardia 1:250.000; vedi anche MERIZZI 2017, pp. 6-7.
2. Il versante retico valtellinese per la sua esposizione
soliva ben si presta allo sfruttamento agricolo.
3. Molto ampio il dibattito e la relativa bibliografia
sulla reale esistenza e sul tracciato della cosiddetta via
Valeriana, qui mi limito a segnalare BARUTA 2008-2009
(ringrazio Alessandra Baruta per avermi concesso di
leggere e citare la sua tesi di laurea) e BARUTA 2012,
pp. 46-49 e relativa bibliografia. Per un’approfondita
disamina sulla problematica dei tracciati stradali medievali e relativi precedenti di epoca romana vedi i saggi raccolti in PATITUCCI UGGERI 2002, e SETTIA 1996,
pp. 75-95.
4. DELLA MISERICORDIA 2015, p. 99.
5. Per una breve disamina generale sulla problematica
delle coppelle con riferimento alla situazione valtellinese (in particolare la Rupe Magna di Grosio) vedi
ARCÀ 1995, pp. 88-89.
6. PACE 2012, p. 41; SANSONI, GAVALDO, GASTALDI
1999, pp. 182-184. Nei dintorni del masso-altare
sono visibili altre superfici coppellate al momento
non individuabili con precisione, vedi TREMARI 2010,
TR 2-3.
7. SANSONI, GAVALDO, GASTALDI 1999, pp. 185-186;
alcune di queste incisioni non sono più individuabili,
vedi TREMARI 2010, TR 4-8.
8. SANSONI, GAVALDO, GASTALDI 1999, pp. 26-32.
9. MOTTARELLI 2012, p. 37.
10. Vedi PACE 2012, pp. 43-49; l’Autore riconosce
come uniche eccezioni allo stilema dell’orante due incisioni: in una la figura presenta un braccio lungo e
ricurvo con arti inferiori ortogonali (le altre figure presentano arti inferiori “triangolari”), in un’altra accanto
all’antropomorfo compare un’incisione a forma di 8,
forse interpretabile come scudo; per quanto riguarda
le incisioni pediformi vi sono rappresentati nove piedi
sinistri e otto piedi destri, due figure rappresentano
un piede nudo, le rimanenti sono “presumibilmente
riconducibili a suole o calzature”.
11. Ibi, p. 49; l’Autore ricava la cronologia dal confronto con incisioni simili esistenti in Val Camonica
dove peraltro sono presenti in numero cospicuo.
12. MUFFATTI MUSSELLI 1985, p. 52.
13. Lo scavo è stato diretto dalla dott.ssa Valeria Mariotti dell’allora Soprintendenza Archeologica della
Lombardia. Sul campo ha operato la SAP-Società Archeologica s.r.l. con Roberto Caimi, e Stefania Felisati in qualità di responsabili di scavo, Massimo Dadà,
Roberta Lavizzari, Ornella Magalini, Enzo Mantovani;
i rilievi sono di Stefania Felisati e Stefania Guiducci.
La documentazione dello scavo, redatta da Roberto
Caimi, è custodita presso l’Archivio Topografico della
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese. Una prima nota sullo scavo è
comparsa in CAIMI 1998a, mentre una più approfondita sintesi degli interventi è in D’ALFONSO 2015b.
14. Il fatto che la chiesa sorga su un dosso roccioso,
fondamentale per avere un solido piano di appoggio
su cui impostare le fondazioni degli edifici, non ha
consentito un cospicuo processo di sedimentazione
che potesse portare alla formazione di stratigrafia archeologica.
15. A causa della “compressione” della stratigrafia di
cui sopra, non è possibile nemmeno escludere che la
sculturazione di us 21 sia avvenuta durante i lavori di
costruzione dell’attuale chiesa: purtroppo i labili dati
raccolti in occasione degli scavi non permettono di dirimere la questione.
16. Gli eventi post-deposizionali hanno cancellato il
rapporto fisico diretto tra us 60 e us 80, ma è facilmente ipotizzabile che essi fossero legati.
17. Alcune caratteristiche dell’impianto di fase II sono
piuttosto comuni negli edifici ecclesiastici dell’arco alpino, in particolare l’abside quadrangolare (o poligonale?), tuttavia si tratta di un elemento non dirimente
per determinare una cronologia, a questo proposito
basta vedere i numerosissimi esempi riportati in SENNHAUSER 2003, che spaziano dal periodo paleocristiano a quello romanico. Anche per quanto riguarda il disassamento tra parte orientale e occidentale non sono
stati trovati confronti calzanti: una configurazione apparentemente simile è stata documentata nella chiesa
di San Martino al Monte San Martino nel comune di
Riva del Garda (TN), qui però il contesto risulta assai
più complesso di quello della Sassella, inoltre la cronologia proposta (VI secolo) risulta ben più alta rispetto
al complesso valtellinese, vedi BELLOSI, GRANATA, PISU
2013, pp. 215-217. Per l’architettura pre-romanica in
Lombardia, vedi SCIREA 2013.
18. Relativamente a questa fase i soli materiali rinvenuti sono due piccoli frammenti di vetro non attribuibili
a nessun oggetto, vedi UBOLDI 2015, p. 784.
19. PAPETTI 2015; vedi anche PAPETTI in questo volume.
20. CHIARAVALLE 2015, p. 751. Pertinenti alla fase III
sono anche alcuni frammenti di pietra ollare databili dal XII al XVIII secolo e provenienti dalle cave di
Chiesa in Valmalenco, vedi GUGLIELMETTI 2015, p.
613.
21. CATTANEO, GIBELLI, CARUSO 2015, pp. 895-896.
22. Si tratta di una chiesa non adibita alla cura d’anime (ossia né pieve, né cappella), né con funzione
cimiteriale, né tantomeno monasteriale. Per citare un
esempio “opposto” basti pensare alla vicina chiesa di
San Colombano a Postalesio, anch’essa prossima alla
via Valeriana e non adibita alla cura d’anime, ma probabilmente cappella privata e luogo di sepoltura di un
importante nucleo famigliare, vedi D’ALFONSO 2015a,
pp. 431-438, DELLA MISERICORDIA 2015, p. 94 SCIREA
2015, pp. 40-45.
23. CHAVARRÍA 2010, pp. 179-181.
24. Pertinente a questa fase è un frammento di boccale in ceramica ingobbiata e graffita di fine XV secolo,
vedi DI CIACCIO 2015, p. 828.
25. In effetti i materiali rinvenuti in us 35 sono frammenti di maiolica bianca databile tra XVII e XVIII
secolo, DI CIACCIO 2015, p. 828.
26. Il nucleo insediativo più prossimo alla Sassella
riportato nella documentazione medievale è Andevenno (992) vedi RAO 2015, pp. 199-200; per quanto riguarda la capacità di un edificio ecclesiastico di
fungere da polo aggregante per la popolazione vedi
SETTIA 1991, pp. 17-26.
INDAGINI ARCHEOLOGICHE ALLA SASSELLA
91
Una pianetta, due tonicelle, due stolle, e tre manipoli di
drappo con fondo bianco, a fiori a vari colori.
Altra pianetta con stolla, manipolo, borsa e velo di calice di
spolino con fondo bianco.
Altra di spolino morello con stolla, manipolo e borsa e velo.
Un velo e borsa di fondo bianco ricamata ad oro.
Una pianeta, stolla, manipolo, di drappo bianco a diversi
fiori.
Altro velo e borsa di spolino d’oro con fondo bianco.
Una pianetta di mocoiata stampata salia con passamano di
seta gialo, con due stolle, un manipolo, due borse e due veli
di calice.
Una pianeta di veluto cremesi rosso con guarnita d’argento
falso stola, manipolo, e borsa, e velo di seta fiorato a rosso
con fondo bianco.
Altra di seta pezzata rossa con stola, manipolo, velo e borsa,
ornata di bindelo d’oro falso assai frusta.
Altra di damasco morello guarnita d’oro fino con stola manipolo, velo di calice e borsa.
Altra di veluto cremesi tendente all’oscuro con guarnizione d’oro falso con stola, manipolo, borsa, e col velo di seta
morello.
Altra verde di droghetto di seta guarnita a fino con stolla,
manipolo, e borsa, e col velo di seta ricamato.
Altra di moela verde guarnita d’oro falso con stola, manipolo e borsa e velo di seta bianco e verde.
Un velo bianco di damasco con guarnizione di oro fina.
Altra di damasco nero, con stolla, manipolo, borsa, con
guarnizione d’oro fino.
Altra di damasco nero guarnita a falso d’argento con borsa,
manipolo, stolla, e velo.
Altra di damasco nero con guarnizione di seta bianca con
stola, manipolo, e borsa.
Un velo nero di damasco con guarnizione falsa.
Una borsa nera rotta vecchia guarnita a falso.
Una continenza di filosello bianco stampata guarnita a falso.
Altra di seta fiorata di drappo vecchio guarnita di oro fino.
Tre camicie con suo pizzo sopra tarliso rosso.
Altro solenne con pizzo alto sopra tarliso ut supra.
Altro ordinario con pizzo.
Altri tre feriali con pizzo.
Due cordoni di camice cremesi di seta.
Altri due simili giali.
Altro cremesi frusto con oro.
Altro di seta bianco color di perla.
Altro di reffo bianco con bandelini giali, e verdi.
Altro di reffo bianco feriale.
Altro cordone bianco di poco valore.
Altro cordone bianco con bindelini.
Una cotta di cambrato.
Sette tovaglie di altare con pizzo bianco.
Altra con tarliso rosso soto al pizzo.
Altra fatta a mantino con lustrino verde sotto al pizzo.
Altra con contorno de seta ricamato.
Una sovracoperta di crocefisso per li giorni di passione.
Due animete ricamate ad oro.
352
APPARATI
Sei altre animette con suo pizzo.
Purificatori numero 40.
Corporali numero 9.
Barette di prete numero 3.
Una borsa di damasco per la piscide piccola.
Altra di mocoiata.
Una veste del custode della chiesa bianca guarnita di turchino.
Due paia di abiti ricamati con bindelli di seta.
Due amiti, ed un fazoletto di testa ricamato ne cantoni, e
fiochetti rossi ne cantoni di cambrato, ossia turbante.
Dieci fazoletti di orzoli, ed altro simile.
Cinque serviette.
Due messali quasi nuovi da vivo coperti di marochino rosso.
Tre altri feriali.
Tre altri da morto.
Tre altri de santi nuovi.
Un breviario.
Un ornato frusto di ricamo a seta, ed oro per tovaglia d’altare.
Una scatola a bauletto di cartone per li purificatori.
Due sottotovaglie e un tovagliolo.
Altra sottotovaglia di tela grossa.
Una tovaglia per tavolino.
Gli assi per ornare l’altare maggiore in occasione di fonzioni.
Assi 43 di pescio, un uscio della cantoria.
Due bacchette di ferro, altre due, ed il copino longo per uso
dell’osteria.
Peso . . circa altri pezzi di ferro di varie sorti.
Un mortaro grande ed altro piccolo.
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