Salvatore Spina
Archivio Storico
del Comune di Riposto
Inventario
GIUSEPPE MAIMONE EDITORE
© 2013
Giuseppe Maimone Editore
Via Antonino di Sangiuliano 278, Catania
www.maimone.it
Tutti i diritti riservati
Archivio storico del comune di Riposto : inventario / [a cura di] Salvatore Spina. Catania : Maimone, 2013.
ISBN 978-88-7751-376-2
1. Archivio comunale <Riposto> - Inventari.
I. Spina, Salvatore.
016.3514581336 CDD-22
SBN Pal0260489
CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace”
Impaginazione: Simona Maimone
Progettazione grafica: Tangram Strategis Design
Prefazione
Una città e la sua memoria. Un nesso indissolubile che resiste a qualunque
offesa e incuria degli uomini e del tempo, in attesa di essere riportato alla
luce da un oblio talvolta consapevole. Un nesso presente nei manufatti
sparsi nel territorio e negli archivi che sono da sempre contenitori densi di
memorie antiche e moderne.
Tuttavia, talvolta accade che tale ricchezza emerga nella consistenza,
nella qualità e, soprattutto, nel suo divenire, riconsegnando, ad esempio,
agli archivi la loro giusta immagine di un luogo vivo dove è possibile ritrovare contezza degli eventi del passato e assistere alla costruzione della
memoria in divenire. Poiché è in questo intreccio tra passato e presente che
si fonda la reale funzione dei beni archivistici.
Si tratta però di eventi rari e fortunati. Ed è questo il caso di Riposto, un
traguardo raggiunto grazie all’intelligente lavoro di Salvatore Spina che,
andando oltre alla prospettiva offerta dagli studi tradizionali, ha elaborato
un innovativo e intuitivo strumento di conoscenza e analisi del patrimonio
documentario cittadino con un approccio scientifico che ha saputo riunire
rigore, metodo e padronanza dei cambiamenti in atto nella disciplina archivistica.
Uno strumento concepito dopo che lo stesso ha assunto piena conoscenza dell’assetto originario del patrimonio documentario e di quanto
apportato da un primo progetto di riordino diretto – qualche anno fa – da
Salvina Bosco. Tali fasi sono state puntualmente declinate da Spina come
passi importanti e propedeutici per l’elaborazione di un modello in cui le
sue indubbie competenze storico-archivistiche, sono state messe al servizio
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ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
delle necessità del vasto pubblico di accedere alla consultazione per assumere in tempi rapidi le informazioni richieste.
Un modello approntato per Riposto, ma che potrebbe essere – ed è questo l’augurio – esteso ad altri comuni, procedendo ad un riordino della
memoria che ricomponga il tessuto originario della storia del nostro territorio.
Lina Scalisi
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Introduzione
1. I luoghi della memoria
L’archivio è l’identità di un popolo. Sia esso privato o pubblico, di Stato,
comunale o di qualsivoglia tipologia ed ente, l’analisi delle carte che conserva, consente allo storico – e non solo – di rispondere all’esigenza di
conoscere le radici di una società. All’interno di un archivio confluiscono,
infatti, documenti e memorie di tutti gli attori che su di un territorio hanno
costruito la propria vita, la propria fortuna, finanche la loro fine.
Ogni azione è testimonianza di un tempo, di un processo, di un’esistenza la cui verità rimane indelebile solo se custodita negli archivi.
Necessaria, quindi, diventa l’analisi dettagliata di tutte le fonti presenti
in questi luoghi della memoria, ed è essenziale la loro corretta conservazione. Proprio su questo versante, da un ventennio a questa parte, la consapevolezza dell’importanza identitaria dei beni culturali (monumenti e documenti) ha aperto nuove prospettive d’intervento: biblioteche ed archivi
sono costituiti da un patrimonio inestimabile, la cui durata nel tempo è
condizionata dalle sue caratteristiche intrinseche – le componenti specifiche e fisiche delle fonti (carta, cellulosa, resina, ecc.) – e da quelle dell’ambiente in cui è conservato. Par evidente, quindi, che un’azione di tutela efficiente dovrebbe tener conto di aspetti diversi, che non possono essere sottovalutati.
Recenti direttive hanno evidenziato la necessità, nel campo della conservazione del patrimonio culturale, di un’azione interdisciplinare che coinvolga figure professionali diverse, mirante ad instaurare un dialogo aperto
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ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
tra scienze umanistiche e ambienti scientifici quali quelli della fisica, della
biologia, della chimica e dell’ingegneria.
Il deterioramento è frutto dell’azione – comunque naturale – di microrganismi che proliferano in determinate condizioni ambientali: umidità,
cambi repentini di temperatura, polvere, etc. La conoscenza adeguata di
questi meccanismi consentirebbe una sterilizzazione mirata e, quindi, risolutiva. È evidente, a questo punto, che l’esperienza della biologia vegetale –
oggi – costituisce un elemento nodale per il corretto approccio di chi si
occupa di conservazione e restauro1. Il punto di vista è, quindi, chiaro e specifico: diventa fondamentale la figura del biologo, il quale è in grado di riconoscere la popolazione organica presente, così da sviluppare modelli strutturali e funzionali di monitoraggio, per definire interventi gestionali adeguati.
Anche gli edifici devono strutturarsi in maniera adeguata. Nel 2001, con
l’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento
e sviluppo musei2, si prescrisse che la struttura delle stanze, dove dovrebbero
conservarsi e/o essere esposti i manufatti ed i documenti, deve essere fornita di adeguati impianti di climatizzazione o condizionamento (compresa la
deumidificazione); impianti di riscaldamento stagionale; sistemi per il filtraggio dell’aria; termoventilatori e altri sistemi di ventilazione, etc3.
Da specificare: il decreto disciplina e pone delle prescrizioni – in maniera specifica – per i musei, ma, sicuramente, esso rappresentò anche per gli
archivi e le biblioteche, un momento di progressione verso una normativa
adeguata.
L’interdisciplinarietà abbraccia anche gli ambiti delle tecnologie informatiche e della digitalizzazione.
“Digitalizzare” è il processo di conversione del dato analogico a quello
digitale. Questo processo permette di riprodurre, su supporti informatici,
oggetti reali, siano essi documenti cartacei, che monumenti e luoghi.
Grazie alle tecnologie digitali, infatti, è oggi possibile visitare spazi ed edi-
1 Cfr. G. CANEVA, M. P. NUGARI, O. SALVADORI, La biologia vegetale per i beni culturali,
Biodeterioramento e Conservazione, vol.1, Nardini editore, Firenze 2005.
2 Suppl. G.U. n.244 del 19 ottobre 2001.
3 Cfr. G. CANEVA, M. P. NUGARI, O. SALVADORI, Op. cit.
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INTRODUZIONE
fici attraverso un monitor, una tastiera, un mouse. Sono questi i Virtual
Tour.
Ma torniamo agli archivi. La digitalizzazione consente di trasformare un
documento in un’immagine, successivamente conservata su un supporto
digitale; CD, DVD, HD, SERVER. Ogni singolo foglio della fonte diventa un file (Jpeg, Tiff, Png, etc.) o – andando oltre nel processo di digitalizzazione – la pagina di un documento PDF (Portable Document Format);
un file facilmente ‘trasportabile’ (basta la masterizzazione su un supporto
quale, ad esempio, un CD) e, soprattutto, distribuibile su larga scala, attraverso la rete internet.
E proprio di distribuzione sul web si è occupata la Commissione
Europea, riunitasi a Lund (Svezia), nel 2001. Qui, i vari rappresentanti
hanno affrontato le problematiche della nascente prospettiva della digitalizzazione del patrimonio archivistico e bibliotecario, dando vita ad un
Piano d’azione per il coordinamento dei programmi e delle politiche di digitalizzazione, valorizzando tutti i progetti che puntano allo «sviluppo dell’industria europea dei contenuti digitali4», per favorire la diffusione del patrimonio culturale delle nostre nazioni5.
Nasce, su questa linea, il progetto Minerva (MInisterial NEtwoRk for
Valorising Activities in digitisation), una rete di Ministeri che collaborano e
coordinano le direttive nazionali per uno sviluppo maturo della digitalizzazione dei beni culturali presenti nei territori della comunità europea6.
Si costruisce, nel 2008, “Europeana” (European Digital Library, Museum,
Archive), una rete che mette in collegamento tutte le banche dati europee,
attraverso un unico punto d’accesso. In questo modo, si permette agli utenti di trovare il materiale ricercato, senza che questi interroghino i singoli
database, con guadagno in termini di tempo e velocità di consultazione7.
4 Versione italiana disponibile all’indirizzo ftp://ftp.cordis.lu/pub/ist/docs/digicult/
lund_principles-it.pdf
5 Cfr. M. SASO, Strumenti informatici, digitalizzazione e multimedialità per le fonti storiche
e la ricerca nell’area umanistica, Tesi di Dottorato di Ricerca, Dipartimento di Scienze della
Cultura, dell’Uomo e del Territorio, Università degli Studi di Catania, 2008-2011, p. 20.
6 Cfr. M. SASO, Cit., p. 22.
7 Cfr. M. SASO, Cit., p. 24.
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ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
Perché questo? Perché digitalizzare? La conservazione, prima di tutto –
evitando, così, la continua manipolazione della fonte originale –, ma non
solo: oggi, le tecnologie digitali creano un potente strumento per la ricerca
storica e scientifica; riformulando, infatti, il concetto di fonte, si avverte un
progressivo slancio nella ricerca. La possibilità di recuperare sulla rete una
fonte digitalizzata, fa sì che gli studiosi possano accelerare sui tempi dei
loro progetti, con evidenti guadagni dal punto di vista delle risorse economiche, favorendo, inoltre, scambi di idee, prospettive e collaborazioni.
I luoghi della memoria, da sempre strumenti-mezzo della storia, oggi si
aprono ad una prospettiva edificante, di coordinamento e scambio, che permette una riformulazione della coscienza storica, la quale non teme di percorrere le nuove vie aperte dalle tecnologie informatiche, da oggi strutture
fondamentali per la costruzione della grande storia, la quale – da sempre –
non può prescindere dall’esistenza di chi è conservatore della memoria.
2. Leggere gli Archivi: Storia dei Comuni
«Far storia» non è operazione di semplice realizzazione; le difficoltà in cui
incorrono gli storici sono tantissime, e l’idea di una “Storia dei Comuni
dell’Italia meridionale” trova sempre degli ostacoli e continue ‘falle’ che
hanno portato alla dispersione dei documenti necessari alla sua venuta in
essere. Da qualche anno, comunque, le speranze si riaccendono e attraverso difficili ricognizioni, la documentazione ritrovata consente di formulare
nuove ricerche ed originali scritture. Resta, comunque, vero il problema di
una debolezza strutturale della documentazione nelle universitas del Regno,
i cui archivi, talvolta disordinati e smembrati, altre volte totalmente inesistenti, non consentono una scrittura esaustiva.
In attesa costante di nuove, per i tempi dell’illuminismo, la certezza,
comunque, di una presente e documentata realtà archivistica per
l’Ottocento, offre ai ricercatori gli strumenti necessari alla scrittura della
Storia dei Comuni. Gli archivi ottocenteschi, infatti, presentano una documentazione più ricca e serie più omogenee, se non addirittura complete. Le
eventuali rotture cronologiche degli apparati documentari comunali, possono ricostituirsi facendo riferimento ai fondi archivistici di Magistrature o
altri Enti, facendo sì che, per il periodo post-unitario, si possa arrivare ad
una lettura – quasi – completa di fatti e procedure.
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INTRODUZIONE
È possibile iniziare una ricostruzione dell’attività amministrativa, facendo riferimento ai fondi dell’Intendenza borbonica. I loro archivi, infatti,
raccolgono e conservano la documentazione prodotta dai Comuni ed inviata, da questi, agli Intendenti, che per legge ne erano i tutori.
Le intendenze vennero istituite con il Decreto sull’amministrazione civile
dei domini oltre il faro8, dell’11 ottobre 1817, n. 932, entrato in vigore in
Sicilia nel 1818, col quale, «per rendere que’ domini a questi uniformi (si
riferisce a quelli della penisola, la cui amministrazione venne disciplinata e
riformata con legge 12 dicembre 1816, n.d.r.), […] per abolire gli usi feudali», le tre valli di «Mazara, di Noto, e di Demone de’ nostri reali
dominî», vennero divise in sette valli minori, ed amministrate dalle intendenze. Queste circoscrizioni amministrative – Palermo, Catania, Siracusa,
Messina, Girgenti, Caltanissetta, Trapani –, vennero, a loro volta, suddivise in distretti, dove «vi sono un sottintendente, una segreteria di sottintendenza, e un Consiglio distrettuale, che riseggono nel capoluogo».
«L’Intendente è la prima autorità in tutta l’intendenza». Egli è il diretto
rappresentante del governo, incaricato di gestire la res civile in tutti i suoi
rami, la «reclutazione dell’esercito, ed ogni altro militare», con compiti di
vigilanza sulla «pubblicazione delle […] leggi e de’ […] decreti» dando le
«analoghe istruzioni per accelerarne ed assicurarne l’esecuzione».
L’intendente deve, inoltre, «pubblicare per le stampe» e far sì che «tutti gli
atti e le operazioni del governo, e dell’amministrazione civile» vengano trascritte su un «giornale periodico». La corretta conservazione e registrazione di tutti gli atti, avrebbe facilitato, infatti, la gestione di tutti i processi ai
quali le carte facevano riferimento, evitando rallentamenti o, ancora peggio, la loro mancata.
Il principale collaboratore dell’Intendente è il Segretario generale, il
quale «sotto gli ordini immediati dell’intendente, è il direttore, il capo (ed
il responsabile n.d.r.) dell’archivio […] della segreteria, destinato al deposito delle carte di tutte le amministrazioni»9.
8 Cfr. F. DIAS (opera compilata per cura), Legislazione Positiva del Regno delle Due Sicilie,
dal 1806 a tutto il 1840, esposta metodicamente in tanti parziali trattati per quanti sono i diversi rami
della pubblica amministrazione, comprendendovi tutte le leggi, i decreti ed i regolamenti emessi all’oggetto e classificati secondo il piano del Cavalier De Thomasis, Napoli 1841, vol. 1.
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Ivi, p. 82.
ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
In ogni comune, vennero «stabiliti, per l’amministrazione civile, i
Sindaci», prima autorità incaricata dell’amministrazione civile, col compito di far «eseguire le leggi, i decreti, i regolamenti e gli ordini che gli vengono comunicati dal sottintendente»10.
Alle dirette «dipendenze e ordini del sindaco», ed a capo dell’apparato
amministrativo, vi è il Cancelliere archiviario – carica ad vitam –, al quale
vengono affidate le responsabilità sull’ufficio, sull’archivio e il «sugello del
comune». Egli ha il compito di conservare gli «originali a registro» di tutti
gli atti prodotti e ricevuto dal Comune, «[estraendone] copia minuta», in
caso di necessità11.
Il nuovo organo deliberativo è il Decurionato – che sostituisce il
Consiglio Civico – ed il Sindaco ne è il presidente.
La macchina amministrativa cercava di funzionare, ma per ciò che concerne la dimensione archivistica, le metodiche di conservazione erano inadeguate ed il disordine, negli archivi, divenne la regola. Il mutamento
amministrativo comportò, infatti, una riscrittura delle modalità di archiviazione, ma la direttiva ai sindaci, da parte degli intendenti, di «mettere in
ordine gli archivi12», non trovò facile attuazione.
Nuove disposizioni, nel 1834, stabilirono «l’importanza della registrazione di protocollo13», ma fu un nulla di fatto.
I tentavi, dall’alto, di disciplinare il lavoro degli archivisti erano un continuo fallimento. Persino Ferdinando stesso, chiamato all’attenzione dal
Consiglio Provinciale (1836) del II° Abruzzo Ultra – che lamentava il disordine delle carte in tutti gli archivi quale «causa dell’inconclusione dei processi pendenti» –, pur emanando nuove disposizione, non riuscì a ricostituire l’ordine delle carte negli archivi della propria amministrazione14.
Tra il 1842 e il ’43, gli intendenti cominciarono a fornire le prime indicazioni sulla tenuta degli archivi e sulla gestione dell’attività amministrati10 Ivi, p. 86.
11 Cfr. DIAS, Op. cit., p. 87.
12 ASCT, Giornale dell’Intendenza, 1819.
13 ASCT, cit., 1834.
14 Cfr. D. PORCARO MASSAFRA, Le vicende degli archivi comunali del mezzogiorno d’Italia nel
sec. XIX, in A. MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario, Economia, società e istituzioni,
Edizioni Dedalo, 1988.
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INTRODUZIONE
va, fissando dei termini entro i quali sistemare le carte: impresa titanica,
presto abbandonata da tutti i Comuni chiamati all’ordine.
Non mancarono, comunque, esempi di rettitudine e disciplina:
l’Intendente di Terra d’Otranto – Barone Sozy Carafa –, ad esempio, stabilì
esatti orari di apertura degli uffici, così da garantire una gestione costante
delle funzioni degli uffici15. Stabilì, inoltre, che le carte ricevute dagli uffici
dovevano essere raggruppate per oggetto e ben cucite per ordine cronologico – i questi termini venne istituito il fascicolo, l’unità archivistica minima,
cioè «quell’insieme di documenti che, raggruppati secondo un nesso di collegamento organico, costituiscono una unità indivisibile16».
All’archivio di deposito, ovvero l’insieme delle carte le cui procedure sono
chiuse, venne affiancandosi l’archivio corrente, costituito dai fascicoli dei
procedimenti in corso. Questo archivio necessitava di spazi e la continua
ricerca di luoghi adeguati – il più delle volte – fu alla base della dispersione
e distruzione degli incartamenti più antichi.
Questo apparato venne scosso e distrutto con l’Unità nazionale.
Un’ulteriore riforma rimodellò gli assetti amministrativi: vennero nominati 24 governatori che ristabilirono i Consigli civici; venne nominato un questore per ogni distretto comunale e venne istituita la Giunta comunale, che
avrebbe affiancato il Sindaco nel suo potere rappresentativo.
L’amministrazione comunale si strutturò in un Consiglio ed una Giunta,
quest’ultima composta dal Sindaco e dagli assessori.
Anche la funzionalità della struttura amministrativa subì alcune riforme:
tutti i verbali delle deliberazioni consigliari (o consiliari) e delle Giunte, ad
esempio, dovevano essere trasmessi al Prefetto – o al Sottoprefetto –, entro
8 giorni dalla data, per essere vistati. Questo meccanismo avrebbe dovuto
garantire il controllo di «metro e legittimità» di tutte le decisioni prese in
seno al Comune.
La svolta, nell’ambito della conservazione, finalizzando il tutto al corretto e rapido lavoro dei funzionari, arrivò con la Circolare ministeriale, a
firma di Carlo Astengo, del 1 marzo 1897, n. 17100-217, con la quale, vista
15 Cfr. D. PORCARO MASSAFRA, cit.
16 P. CARUCCI, Le fonti archivistiche: ordinamento e conservazione, Roma 1983, p. 230.
17 Ministero dell’Interno, Direzione generale dell’amministrazione civile, Divisione 2a
- Sezione 2a, Ordinamento degli Archivi dei Comuni, Roma 1897.
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ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
«la mancanza di ordine e di metodo nella tenuta e conservazione delle carte
ufficiali», il Ministero «è venuto nella determinazione di stabilire norme
semplici e precise per la tenuta degli Archivi Comunali, stabilendo la riorganizzazione del registro di protocollo, che si apre il 1 gennaio e si chiude
il 31 dicembre dell’anno, ogni anno. Sia le carte dell’archivio corrente che
di deposito devono essere organizzati in 15 categorie, suddivise in classi e
fascicoli».
Questa riforma rappresentò l’ultimo tentativo – forse quello più riuscito – di migliorare la tutela e la conservazione di documenti ufficiali, cercando, definitivamente, di ristrutturare il sempre confuso regolamento per
la gestione degli archivi d’Italia.
3. L’archivio Comunale ripostese
Le carte dell’Archivio Storico del Comune di Riposto (CT) abbracciano un
arco temporale che va dal 1800, fino al 1979. Esse sono suddivise in due
grandi serie, nate dai due riordinamenti che tennero conto dei titolari utilizzati dagli ufficiali del tempo per classificarli e registrarli, al momento del
loro ingresso in archivio.
Nel 1968, il Cav. Orazio Curcuruto compì una inventariazione delle
carte, suddividendole, alla fine del lavoro, in 4 grandi blocchi:
1) Atti dell’Archivio Storico (1828-1897);
2) Atti dell’Archivio di Deposito (1898-1964);
3) Atti dell’Archivio corrente (1965-1968);
4) Atti proposti per lo scarto.
Gli atti che confluirono nell’Archivio Storico vennero ordinati secondo
le 22 categorie dell’Intendenza, mentre per quelli del Deposito e
dell’Archivio corrente, vennero utilizzate le 15 categorie della Prefettura.
Dopo il riordinamento di Curcuruto, le carte continuarono a sovrapporsi senza un ordine specifico e non vennero applicate classificazioni
secondo categorie specifiche.
Nel 1992, si operò una nuova inventarizione, frutto di un progetto realizzato dalla Cooperativa Noemi, nell’ambito della realizzazione dei
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INTRODUZIONE
Progetti di pubblica utilità (L.R. 67/88 art. 23, Progetto n. 1276/90), sotto la
guida della dott.ssa Salvina Bosco.
Il lavoro di Bosco si svolse per fasi di schedatura ed eliminazione delle
carte superflue, raggruppando, da presso, tutte le altre in 3 blocchi:
1) Archivio Storico;
2) Archivio di deposito;
3) Archivio corrente.
L’ordine di Bosco mantenne la classificazione in 22 categorie per la parte
più antica dell’Archivio, composta da 171 faldoni (o corda).
La documentazione, per molte serie, è incompleta e la ricostituzione di
tutti gli atti, nei termini cronologici, è stata alquanto artificiosa.
Dal numero di corda 172, Bosco fa iniziare la Nuova serie dei documenti, suddivisi in 15 categorie. Al fine di ottenere una classificazione coerente
con la continuità degli atti, i registri di protocollo, inclusi da Curcuruto
nella I delle 22 categorie, sono inseriti nella I categoria della Nuova serie,
dal numero 173 al 342, per gli anni compresi dal 1841 al 1959.
Dal numero 1294 al 1368, troviamo gli atti dello Stato civile, le cui carte
vengono conservate presso l’Ufficio di Stato civile, per ragioni legate alle
sue funzioni.
Le carte relative al periodo 1939-1945, inoltre, vengono conservate
presso l’Archivio del Comune di Giarre, eletto sede amministrativa del
Comune di Ionia, istituito col Regio Decreto n. 1790, del 1 gennaio 1939,
che soppresse quelli di Giarre e Riposto. L’unione territoriale comportò,
ovviamente, quella amministrativa e il conseguente trasferimento delle sedi
degli uffici ripostesi in quelle di Giarre. Tutto quello che venne prodotto in
questo periodo fu archiviato, quindi, nei vari uffici dell’amministrazione
giarrese e confluì, poi, nell’Archivio Storico di questo comune.
Nel 2010, con Determinazione sindacale n. 51, del 18 aprile 2011, presi
l’incarico di inventariare e catalogare, in digitale, l’Archivio Storico del
Comune ripostese. Il progetto mi avrebbe consentito di restituire alla cittadinanza tutta, la possibilità di accedere a quei documenti che furono – e
sono – testimonianza dell’identità del paese, delle attività del suo popolo, e
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ARCHIVIO STORICO DEL COMUNE DI RIPOSTO
delle varie “arti” che ne disegnarono il volto architettonico, urbanistico,
politico ed economico.
Step finale dei lavori: lo sviluppo di ARCHIVIA. Il software, da me progettato e realizzato, consente la gestione e la consultazione delle carte
dell’Archivio, garantendo una rapida ricerca tra le fonti, e permettendo la
visualizzazione della documentazione digitalizzata durante i lavori. Il mio
progetto, infatti, ha guardato all’inventariazione come momento di ricognizione, ma – in special modo – ha voluto stimolare un processo di conservazione definitiva, favorendo la consultazione senza l’accesso diretto alle
carte, evitando la loro continua esposizione ad agenti che ne possano deteriorare – irrimediabilmente – la struttura.
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