Academia.eduAcademia.edu

Aida. Guida all'ascolto

2019, VeneziaMusica e dintorni, n. 85

Breve analisi dell'opera verdiana.

VENEZIAMUSICA e dintorni LIRICA E BALLETTO STAGIONE - Aida Teatro La Fenice sabato 18 maggio 2019 ore 19.00 turno A in diretta su mercoledì 22 maggio 2019 ore 19.00 giovedì 23 maggio 2019 ore 19.00 turno E domenica 26 maggio 2019 ore 15.30 turno B martedì 28 maggio 2019 ore 19.00 turno D giovedì 30 maggio 2019 ore 19.00 venerdì 31 maggio 2019 ore 19.00 sabato 1 giugno 2019 ore 15.30 turno C La recita di domenica 26 maggio 2019 sarà trasmessa in diretta su www.france.tv (France Télévisions) Fondazione Teatro La Fenice SOMMARIO La locandina 13 Aida in breve 15 Aida in short 18 Argomento Synopsis Argument Handlung 21 23 25 27 Il libretto 29 Un’opera da Grande Boutique 49 a cura di Gianni Ruffin di Marcello Conati Guida all’ascolto 75 di Emanuele d’Angelo Bepi Morassi: «Mauro Bolognini, un grande inventore di atmosfere» 79 Bepi Morassi: “Mauro Bolognini, the great inventor of atmosphere” 82 Riccardo Frizza: «Un’opera politica e proiettata nel futuro» Riccardo Frizza: “A political opera projected into the future” 85 88 Aida alla Fenice 91 a cura di Leonardo Mello a cura di Franco Rossi MATERIALI I costumi di Aida 105 Mauro Bolognini regista d’opera 106 CURIOSITÀ Antonietta Pozzoni, veneziana, è stata la prima Aida 109 Biografie 110 IMPRESA E CULTURA Giuseppe Pisi: «Italianità e innovazione come valori imprescindibili» 119 DINTORNI L’omaggio a Peter Maag, nel centenario della nascita La Fenice campione europeo di calcio per teatri 123 126 di Aldo Buti di Roberto Pugliese 75 Guida all’ascolto di Emanuele d’Angelo Snello grand opéra italiano in quattro atti, Aida, associata dai più alla marcia trionfale, alle fanfare e alla monumentalità di scenari e pagine corali, è invece un’opera dai colori spesso estremamente preziosi quanto evanescenti, racchiusa tra il pianissimo con cui si avvia il preludio, cogli archi in sordina, e il più che pianissimo finale. Fu per molti anni l’ultima opera di Verdi, che sembrava non voler più scrivere per il teatro musicale, e rappresenta, insieme a Don Carlos, il coerente punto d’arrivo di un lungo percorso di maturazione, prima degli inattesi capolavori shakespeariani, Otello e Falstaff: Aida sta a Verdi come Semiramide a Rossini. Nel dramma egiziano la continuità musicale, pur in presenza delle tradizionali forme chiuse, pazientemente rigenerate dall’interno, raggiunge esiti straordinari: i sedici numeri si susseguono nei quattro atti con ritmo vario e stringente, drammaticamente perfetti, intessuti di reminiscenze tematiche che fecero parlare, irritando Verdi, d’imitazione del sistema leitmotivico wagneriano. Sono indubbi, certo, gli influssi di tanta musica europea, soprattutto francese, tra sperimentazioni di linguaggio e ricercati esotismi (fino all’uso delle cosiddette «trombe egiziane»), ma il risultato è un capolavoro assolutamente originale, un prodigio di essenzialità, una tappa fondamentale della storia dell’opera italiana. Il preludio (n. 1), uno dei vertici della scrittura strumentale verdiana, è costruito su due temi: il primo, quasi un sogno di felicità malinconicamente ripiegato su sé stesso, è legato ad Aida, l’altro, che serpeggia sempre più opprimente, è l’inquietante voce dei sacerdoti. Dopo l’iniziale trasparenza timbrica, la vigorosa combinazione dei due temi a piena orchestra, in conflitto, due volte in fortissimo, cede al primo tema, diafanamente in pianissimo. Costruita sostanzialmente di duetti, di fondamentali luoghi di confronto e scontro, l’opera conta solo tre romanze, oasi di intima meditazione del tenore e del soprano. All’introduzione del primo atto, col breve dialogo tra Ramfis e Radamès su un tessuto contrappuntistico da quartetto d’archi (n. 2), segue «Se quel guerrier io fossi!… Celeste Aida, forma divina» (n. 3), in cui le due passioni dell’eroico personaggio, la patriottica gloria militare e l’amore per la schiava etiope, si fondono in un radioso ottimismo. Le altre due romanze sono entrambe di Aida. La prima, «Ritorna vincitor!… L’insana parola, o Numi, sperdete» (n. 6), è un ansioso alternarsi di fasi contrastanti coronato da una strug- 76 GUIDA ALL’ASCOLTO gente preghiera, in cui patria (e famiglia) e amore, all’opposto di Radamès, si rivelano una dicotomia irrisolvibile, anche musicalmente, tanto che il postludio, chiuso dai soli violoncelli «perdendosi», resta sospeso sulla dominante. La seconda, «Qui Radamès verrà!… O cieli azzurri, o dolci aure native» (n. 11), in cui la nostalgia della patria perduta s’intreccia al pensiero del perduto amore con incantevoli rarefatti accenti elegiaci, precede, all’atto terzo, il grande duetto con Amonasro (n. 12), il cui impeto travolge la donna, annichilendola con un impressionante esempio di «parola scenica» verdiana: «Non sei mia prole... / Dei faraoni tu sei la schiava!». Il primo duetto dell’opera, con Amneris che, dissimulando la propria gelosia (espressa da uno dei temi più impressivi della partitura, di irrequietezza ferina), indaga sui sentimenti di Radamès, diviene terzetto all’ingresso di Aida (n. 4), pure incalzata dalle pericolose blandizie della principessa. Alla schiava spetta, sul canto ritmicamente agitato dei due egiziani, uno degli interventi più emozionanti dell’opera, il liricissimo e amoroso «Ah! No, sulla mia patria». Amneris torna all’attacco nell’atto secondo, nel duetto con Aida che segue la vittoria dell’Egitto sugli etiopi, confronto decisivo introdotto da cori femminili e danze di raffinata fattura su cui si staglia incantante la lirica invocazione amorosa della principessa (n. 8): il duetto (n. 9) è un insidioso interrogatorio su un tessuto orchestrale sinistramente rassicurante ma sconvolto dalla notizia (falsa) della morte di Radamès e violentemente slogato dai successivi colpi di scena, fino al vigoroso confronto tra la sovrastante fierezza della crudele principessa e il remissivo dolore della schiava. Dopo aver subito anche la volontà paterna, Aida domina invece il duetto con Radamès nell’atto terzo (n. 13). Ora è l’etiope che, per il bene della patria, adesca l’amato, alternando immagini drammatiche e invito a fuggire nei luoghi natii, minacce e lusinghe, quest’ultime su un’orchestra delicatissima, colorata soprattutto dai legni. La disperata risoluzione del giovane dà vita a una simmetrica cabaletta («Sì, fuggiam da queste mura»), che tuttavia non chiude la scena: la subdola richiesta di Aida circa un fondamentale segreto militare e il conseguente intervento di Amonasro, aprono il drammaticissimo finale dell’atto, un vertiginoso precipizio in cui è impossibile riconoscere, per la varietà e la complessità degli interventi musicali, una qualsivoglia forma chiusa. All’atto quarto, il grande duetto Amneris-Radamès (n. 14) è introdotto da un plastico monologo del mezzosoprano, ricco di reminiscenze tematiche. In un crescendo di tensione e concitazione, le offerte della principessa, sempre più angosciose e tormentate, si scontrano coi fermi propositi del giovane eroe, pronto a morire per Aida, e lo scontro si chiude con un’esplosiva cabaletta («Chi ti salva, sciagurato») opposta al sereno sacrificio di Radamès («È la morte un ben supremo»). Rimasta sola, Amneris, in preda al rimorso, ascolta il solenne giudizio dell’amato (n. 15), la grave voce dei sacerdoti proveniente dal sotterraneo, ispirata al canto piano di tradizione cattolica. La scena si chiude col veemente anatema della donna, un tellurico scoppio anticlericale arroventato dagli ottoni. GUIDA ALL’ASCOLTO 77 A tanto fragore fa studiato contrasto il lieve e ombroso avvio della scena conclusiva dell’opera. Il melodicissimo duetto Aida-Radamès è l’ultimo e, di fatto, corona il dramma, trasformandosi, grazie al caratteristico scenario, in un finale a più livelli diversificati, cogli amanti nel sotterraneo, Amneris presso l’ingresso della fatale prigione e i sacerdoti e le sacerdotesse nel tempio (n. 16). Per questa «scena di canto puro e semplice» Verdi, cercando «forme non comuni» e ispirandosi ai francesi, chiese a Ghislanzoni versi eterometrici, una «forma sì strana» composta di endecasillabi, settenari e quinari: si tratta delle parole dell’estatico canto di Radamès («Morir! sì pura e bella!»), su un’orchestra quasi impalpabile, ancora una volta prodigiosamente essenziale. Di taglio essenziale, peraltro, sono anche le grandi scene corali, nonostante l’imponente spiegamento di masse. L’annuncio dell’invasione degli etiopi e la proclamazione di guerra (n. 5), introdotti da potenti fanfare, si concludono con un irresistibile inno guerresco («Su! del Nilo al sacro lido») su cui la voce della straniera Aida, angosciata, singhiozza e geme. L’atto primo termina coll’incantante rito della consacrazione, una maestosa cerimonia di variegato stile liturgico in cui, tra l’altro, risuona la mistica voce fuori scena della sacerdotessa (n. 7). Centro dell’opera è il Gran Finale II (n. 10), un imponente affresco musicale e drammatico di straordinaria efficacia, che ricorda l’analoga scena di Don Carlos, aperto da squilli e fanfare e da un vigoroso coro («Gloria all’Egitto e ad Iside») che poi si divide tra un cantabile di sole donne e un severo contrappunto dei sacerdoti. Seguono la celebre marcia trionfale, semplice quanto incisiva, e il ballabile (quella che regolarmente si esegue è la versione ampliata per Parigi nel 1880, ricca di maggiori finezze sia armoniche sia di strumentazione). Dopo la ripresa del coro e l’accoglienza di Radamès, l’ingresso di Amonasro, riconosciuto da Aida, destabilizza il momento di festa: il gagliardo intervento del baritono, un declamato severo di poche battute che sfocia nello scultoreo cantabile («Questa assisa ch’io vesto»), divide i presenti, e il complesso concertato s’avvia tra la richiesta di pietà di Aida, dei prigionieri, delle schiave e del popolo, il rigore punitivo dei sacerdoti, la gelosia di Amneris e i pensieri amorosi di Radamès. La clemenza imperfetta che vede ostaggi Aida e suo padre, unita alla concessione della mano della trionfante Amneris al giovane vittorioso, dà vita alla grandiosa conclusione dell’atto, in cui i materiali corali sono ripresi con variazioni e sovrapposti, un’elettrizzante esplosione in cui, peraltro, Verdi fa udire le consolanti (e minacciose) parole che l’indomito Amonasro, pronto alla vendetta, sussurra alla disperata figlia. VeneziaMusica e dintorni fondata da Luciano Pasotto nel 2004 n. 85 - maggio 2019 ISSN 1971-8241 Aida Edizioni a cura dell’Ufficio stampa della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Maria Rosaria Corchia, Leonardo Mello, Barbara Montagner Hanno collaborato a questo numero Emanuele d’Angelo, Marina Dorigo, Roberto Pugliese, Franco Rossi Traduzioni Tina Cawthra Realizzazione grafica Leonardo Mello Il saggio Un’opera da Grande Boutique di Marcello Conati è tratto da Aida, Fondazione Teatro La Fenice di Venezia, 1998. Il Teatro La Fenice è disponibile a regolare eventuali diritti di riproduzione per immagini e testi di cui non sia stato possibile reperire la fonte. Supplemento a La Fenice Notiziario di informazione musicale e avvenimenti culturali della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia dir. resp. Barbara Montagner aut. trib. di Ve 10.4.1997 - iscr. n. 1257, R.G. stampa finito di stampare nel mese di maggio 2019 da L’Artegrafica S.n.c. - Casale sul Sile (TV) IVA assolta dall’editore ex art. 74 DPR 633/1972 ¼