Ponendo il problema del soggetto: l’essenza di questo ente consiste nella sua esistenza; questo
termine viene presentato come Aver- Da –Essere; Appartiene alla costituzione di essere-nelmondo: il chi di questa relazione e la relazione stessa.
Mondo come ambiente > utilizzabile, l’incontro con l’ente che non ha una interpretazione di
percezione e sensazione; viene presentato come un commercio pratico e coinvolto > PREDERSI
CURA.
Cosa sarà il mondo?
Si arriva attraverso il complesso di enti che è un compresso di rimandi che viene visto come un
complesso dell’appagatività che si manifestano come significati.
Il mondo si mostra come una totalità di significati; rivela il suo correlato che è la
COMPRENSIONE.
Comprensione vista come familiarità cioè intimità con la totalità dei significati.
Tutto ciò è proposto come una originaria prerogativa dell’esserci: l’esserci è quell’ente in cui
sempre siamo comprendenti.
Il chi che è l’esserci è che trasformato in interrogativo : Chi è l’esserci?
Se questo chi non è dato dal modo più ovvio cioè l’io, ma dai suoi modi di essere.
Quando si parla del modo in cui innanzitutto e perlopiù siamo quell’ente che siamo, il nostro essere
si realizza in quel modo; vengono presentati due modi: IL-CON-ESSERCI-DEGLI-ALTRI e il
CON-ESSERE.
Il rapporto con il CON-ESSERCI (l’altro) : originariamente l’esserci è un CON.
Il rapporto con gli altri non ha mai una caratteristica con il dopo, la relazione che dobbiamo pensare
come originaria è l’AVER CURA.
La presentazione del chi passa attraverso il con essere e sviluppa in una sola relazione il con essere
> il modo di essere con gli altri > il modo quotidiano dell’esserci con l’altro.
Si fa riferimento alla medietà del mondo e dell’esserci quotidiano > forme deiettive; modo non
autentico dell’essere > contrapposizione del con essere. ( SI)
Il CI con le sue dimensioni:
L’IN-ESSERE è aperto nel suo essere gettato, l’affettività si apre nel suo essere gettato.
L’essere gettati nel mondo ha una sua forza: lo abbiamo in una situazione emotiva come la paura >
scelta che esalta l’essere dell’esserci.
La paura è presentata tematicamente perché l’essere è spaurito originariamente.
Lo stupore è un derivato ultimo della paura e altre sue varianti sono la timidezza, l’inquietudine.
Perché la paura è originaria? E come si collega all’essere gettato?
Presentazione del modo quotidiano del CI: sono ricavati dalla discussione a proposito
dell’asserzione.
Dedicata alla DEIEZIONE: chiacchiera, curiosità, equivoco > sono strutturalmente legati al con
essere, provengono da esso.
La chiacchera diserta l‘ incontro genuino con l’ente > l’essere assieme è la matrice.
Vi è un nesso con il con-essere che non può essere disfatto, possiamo constatare che l’analisi del
con essere appartiene sempre a un modo di essere dell’esserci non autentico.
I modi della con partecipazione sono sempre presentati dalla inautenticità.
La comprensione è il modo fondamentale dell’essere dell’esserci.
APERTURA > del mondo, al mondo , delle possibilità, della manifestività.
Apertura che senza esplicitarlo ci viene presentata come già sempre aperta; si presenta come una
sorta di fatto (capacità), struttura del modo d’essere.
Non vi può essere comprensione senza situazione emotiva > non è la sensibilità dei 5 sensi ma il
POTER-ESSERE colpito da ( AFFETTIVITA’).
Apertura dell’apertura?
Dopo la comprensione viene l’INTERPRETAZIONE > l’in quanto che emerge nell’attuazione del
comprendere. Per cogliere il significato dell’ente devo averlo già compreso ( la totalità dei
significati).
Tutto ciò ci conduce all’asserzione > tocca il rapporto tra la verità e il giudizio.
Si dà verità perché vi sono proposizioni, un discorso? O il giudizio trova la sua possibilità nella
verità?
DISCORSO e LINGUAGGIO : il discorso nel senso ontologico è pre-verbale non è per forza
collegato ad un linguaggio verbale, è il senso pre-compreso che sfociano in parole.
Il linguaggio è un espressione mondana del discorso.
CURA e ANGOSCIA: la cura cela in sé morte e colpa > emerge il problema del rapporto alla
morte e alla colpa > assunzione della propria possibilità incondizionata.
Questione relativa alla cura: è sempre presentata come un prendersi cura e aver cura.
L’apertura è già sempre aperta > H. sembra non mettere mai una connessione tra il con essere e
l’apertura.
Il con essere è una fonte del vedere appiattito che non coglie autenticamente e al tempo stesso
l’essere gettato ( la paura) nel mondo > ha il senso nel compito singolare, AVER DA ESSERE IL
PROPRIO ESSERE.
A confermare la caratterizzazione dell’essere gettato la paura fa da guida; non verrebbe scelta se
non fossimo gettati nel mondo e alla primari età della paura si connette anche la morte; l’uomo è il
sapere della morte che è già qui, anche quando essa non è sospettabile.
Parla della nascita solo nella trattazione della morte e si concepisce l’esistenza come un fra di due
estremi.
Perché la sua omissione è rilevante?
La nascita porta con sé un con essere che non può essere interpretato nei termini del chi; un con
essere che ha a che fare con un apertura dell’apertura.
Nella fenomenologia: l’esserci alla nascita > dovremmo completare l’espressione esser gettato;
perché non potrebbe realizzarsi la sopravvivenza dell’esserci.
[Acquisire il mondo, ancorarsi e radicarsi in esso è possibile attraverso l’intermediario degli altri. Il
semplice empirico fatto nell’età infantile non è un mero e rozzo fatto. In realtà quello che non può
essere interpretato come un mero e rozzo fatto ( impotenza infantile), è un nesso nell’uomo nel
quale non sono azioni istintivamente preparate bensì deve acquisire il proprio mondo ma in questo
caso è protetto dagli altri. Gli altri sono la dimora originaria e non una mera possibilità esteriore, gli
altri sono il nostro ancoraggio nell’esistenza, ciò che ci accoglie e che dobbiamo trovare per
compiere tutti gli altri movimenti della vita.
Dunque noi non siamo gettati nel mondo ma nella cura dell’altro.]
L’apertura non è già aperta, era già la, ma questo suo essere emerge soltanto nell’attuarsi, è
possibile soltanto l’intermediario degli altri.
Lo stupore può essere un total panico; introduce l’esserci nell’autenticità > lo raggiunge
nell’isolamento del’angoscia assumendo su di sé la possibilità più proprio > la morte
Che cosa dobbiamo comprendere da questa apertura > che l’autenticità si rivela solo nella
solitudine.
Se è nella visione anticipatrice della morte se ciascuno può essere il proprio se stesso vuol dire che
il con essere è spinto verso l’inautenticità; il con essere è il luogo del rifugio.
L’inautenticità è sempre stesa ad un legame > nonostante le dichiarazione di senso contrario il
rapporto con gli altri finisce sempre per giocare un ruolo di distrazione dell’uomo che viaggia
attraverso la sua autenticità.
Possiamo considerare la relazione interumana come l’analisi più insoddisfacente; non fornisce una
descrizione di questi rapporti > il con essere è necessario per la conoscenza del mondo (totalità dei
significati).
La dimensione autentica resta la solitudine. L’uomo è in ultima istanza auto tempo; assegnato a se
stesso e nel suo aver da essere.
Non bisogna considerare la relazione con l’altro come luogo dell’inautenticità.
Se le cose stessero come vuole H. in fatto di gettatezza non vi sarebbe affatto esistenza, l’essere
umano si è gettato nel mondo in quanto è più originariamente gettato nell’aver cura.
L’accettazione è una componente dell’essere gettato, senza accettazione non ci sarebbe l’esistenza
umana.
Patocia:
‘Il contatto con gli altri è la componente primaria e la più importante, è il vero centro del nostro
mondo, ciò che conferisce ad esso il contenuto più proprio e addirittura forse tutto il suo senso.
E’ soltanto con il rapporto con gli altri che si crea il vero e proprio ambiente.’
‘L’oggetto presso il quale propriamente noi siamo è il tu, un oggetto vicino, quello con il quale
parliamo, in questo contatto e nel rispecchiarsi nell’altro cogliamo per la prima volta noi stessi, ci
viviamo nelle reazione degli altri e nel suo comportarsi con noi.’
Se cura è il nome dell’essere dell’esserci, dobbiamo prendere questo aver cura dell’altro, l’altro è
primariamente colui che prende cura dei nostri bisogni, ancora prima che noi possiamo prenderci
cura di noi.
La cura lo sguardo e riconoscimento che viene dall’altro è il nostro radicamento nel mondo e
l’acquisizione del proprio se.
L’altro non è necessario solo all’inizio ma anche nello sviluppo dell’esistenza umana, è un continuo
divenire di noi stessi.
L’identità dovrebbe essere concepita come un movimento dell’identificazione; non cessa di
accompagnarlo in questo.
L’accettazione appartiene all’essere gettato ( evento della nascita) ma il rapporto con il tu è anche la
ripresa continua della vita, nel quale deve essere continuamente accettata e sentita nell’altro.
Non caratterizza solo la nostra prima volta ma ciò che deve continuamente svilupparsi prima dello
svuotamento de se.
Identificazione è sempre alterazione.
Non abbiamo un senso umanistico di queste analisi; ma coglie con fedeltà le strutture dell’esistenza
umana > cioè le condizione che servono all’uomo nel svilupparsi.
Elemento della comprensione > pensa ad una apertura del CI per indicare il modo di essere
fondamentale dell’esserci.
Distinzione tra il nostro esserci e tutti gli altri l’enti? La comprensione; permette di cogliere
l’essere, l’in quanto tale, non solo il suo significato.
I comportamenti di ogni vivente sono tutti significativi; un conto è incarnare i significati e un altro
conto è farne uso.
Questo comprendere è inteso come disporre dell’in quanto.
H. pensa ad una apertura strutturale costitutiva e accanto a ciò il con essere, le due dimensioni
sono senza un nesso: siamo comprendenti e con essere, senza che esso implichi un nesso
costituente e senza che ciò venga mostrato.
Noi diveniamo ciò che siamo, la comprensione viene adempiuta come promessa, possibilità solo
attraverso la relazione > luogo di gestazione dell’apertura.
L’accettazione dell’altro è la condizione dell’apertura comprendente, senza l’accettazione
dell’altro non vi sarebbe nessuna apertura della presenza e della manifestazione.
E’ un sorta di messa in ordine di con essere e apertura; che vede nel rapporto all’altro la condizione
del farsi mondo del mondo > diveniamo comprendenti interpretanti a partire dal con essere.
H. sembra ignorare la relazione con l’altro che si presenta asimmetrica > (rapporti non paritari)
Il mondo si schiude, vi è una apertura della presenza solo a condizione dello sguardo dell’altro,
altrimenti è una possibilità incompiuta.
L’essere accolti dall’altro sarebbe il momento inaugurale della genealogia della soggettività ( noi
veniamo dall’altro); il rapporto con l’altro è l’unico modo per avere sé e sviluppare la propria
identificazione: il con essere ha la sua produttività originaria a rispetto di ogni confinamento.