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QUESTO E-BOOK:
TITOLO: Il servitore di due padroni
AUTORE: Goldoni, Carlo
TRADUTTORE:
CURATORE: Folena, Gianfranco
NOTE:
CODICE ISBN E-BOOK: n. d.
DIRITTI D'AUTORE: no
LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza
specificata
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COPERTINA: [elaborazione da] "Harlequin and a Lady"
di Konstantin Somov (1869–1939). - Russian museum in
Saint Petersburg.
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Konstantin_S
omov_Harlequin_and_a_Lady_1921.jpg.
Pubblico
Dominio.
TRATTO DA: Il servitore di due padroni / Carlo
Goldoni. - Opere di Carlo Goldoni / a cura di
Gianfranco Folena. - Milano : U. Mursia, 1969. XXIX, 1618 ; 20 cm. (I classici italiani ; 7)
2
CODICE ISBN FONTE: n. d.
1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 1 novembre 1996
2a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 15 novembre 2016
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4
Indice generale
L'autore a chi legge.........................................................9
PERSONAGGI.............................................................13
ATTO PRIMO..............................................................14
SCENA PRIMA.............................................................. 15
SCENA SECONDA........................................................ 19
SCENA TERZA.............................................................. 24
SCENA QUARTA........................................................... 29
SCENA QUINTA............................................................ 31
SCENA SESTA............................................................... 33
SCENA SETTIMA.......................................................... 34
SCENA OTTAVA............................................................ 36
SCENA NONA............................................................... 39
SCENA DECIMA........................................................... 41
SCENA DODICESIMA.................................................. 45
SCENA TREDICESIMA................................................. 46
SCENA QUATTORDICESIMA..................................... 50
SCENA QUINDICESIMA.............................................. 52
SCENA SEDICESIMA................................................... 54
SCENA DICIASSETTESIMA........................................ 55
SCENA DICIOTTESIMA............................................... 57
SCENA DICIANNOVESIMA........................................ 59
SCENA VENTESIMA.................................................... 60
SCENA VENTUNESIMA.............................................. 64
SCENA VENTIDUESIMA............................................. 66
ATTO SECONDO........................................................67
SCENA PRIMA.............................................................. 68
5
SCENA SECONDA........................................................ 70
SCENA TERZA.............................................................. 73
SCENA QUARTA........................................................... 75
SCENA QUINTA............................................................ 76
SCENA SESTA............................................................... 77
SCENA SETTIMA.......................................................... 79
SCENA OTTAVA............................................................ 80
SCENA NONA............................................................... 81
SCENA DECIMA........................................................... 82
SCENA UNDICESIMA.................................................. 84
SCENA DODICESIMA.................................................. 86
SCENA TREDICESIMA................................................ 89
SCENA QUATTORDICESIMA..................................... 91
SCENA QUINDICESIMA.............................................. 93
SCENA SEDICESIMA................................................... 99
SCENA DICIASSETTESIMA...................................... 101
SCENA DICIOTTESIMA............................................. 106
SCENA DICIANNOVESIMA...................................... 108
SCENA VENTESIMA.................................................. 110
ATTO TERZO............................................................112
SCENA PRIMA............................................................ 113
SCENA SECONDA...................................................... 116
SCENA TERZA............................................................ 120
SCENA QUARTA......................................................... 124
SCENA QUINTA.......................................................... 126
SCENA SESTA............................................................. 128
SCENA SETTIMA........................................................ 130
SCENA OTTAVA.......................................................... 132
SCENA NONA............................................................. 134
SCENA DECIMA......................................................... 139
SCENA UNDICESIMA................................................ 140
6
SCENA DODICESIMA................................................ 142
SCENA TREDICESIMA.............................................. 144
SCENA QUATTORDICESIMA................................... 147
SCENA QUINDICESIMA............................................ 148
SCENA SEDICESIMA................................................. 150
SCENA ULTIMA.......................................................... 152
7
Il servitore di due padroni
di Carlo Goldoni
8
L'autore a chi legge
Troverai, Lettor carissimo, la presente Commedia
diversa moltissimo dall'altre mie, che lette avrai finora.
Ella non è di carattere, se non se carattere considerare si
voglia quello del Truffaldino, che un servitore sciocco
ed astuto nel medesimo tempo ci rappresenta: sciocco
cioè in quelle cose le quali impensatamente e senza
studio egli opera, ma accortissimo allora quando
l'interesse e la malizia l'addestrano, che è il vero
carattere del villano.
Ella può chiamarsi piuttosto Commedia giocosa,
perché di essa il gioco di Truffaldino forma la maggior
parte. Rassomiglia moltissimo alle commedie usuali
degl'Istrioni, se non che scevra mi pare di tutte quelle
improprietà grossolane, che nel mio Teatro Comico ho
condannate, e che dal Mondo sono oramai generalmente
aborrite.
Improprietà potrebbe parere agli scrupolosi, che
Truffaldino mantenga l'equivoco della sua doppia
servitù, anche in faccia dei due padroni medesimi
soltanto per questo, perché niuno di essi lo chiama mai
col suo nome; che se una volta sola, o Florindo, o
Beatrice, nell'Atto terzo, dicessero Truffaldino, in luogo
di dir sempre il mio Servitore, l'equivoco sarebbe sciolto
e la commedia sarebbe allora terminata. Ma di questi
equivoci, sostenuti dall'arte dell'Inventore, ne sono
9
piene le Commedie non solo, ma le Tragedie ancora; e
quantunque io m'ingegni d'essere osservante del
verisimile in una Commedia giocosa, credo che qualche
cosa, che non sia impossibile, si possa facilitare.
Sembrerà a taluno ancora, che troppa distanza
siavi dalla sciocchezza l'astuzia di Truffaldino; per
esempio: lacerare una cambiale per disegnare la
scalcherìa di una tavola, pare l'eccesso della goffaggine.
Servire a due padroni, in due camere, nello stesso
tempo, con tanta prontezza e celerità, pare l'eccesso
della furberia. Ma appunto quel ch'io dissi a principio
del carattere di Truffaldino: sciocco allor che opera
senza pensamento, come quando lacera la cambiale;
astutissimo quando opera con malizia, come nel servire
a due tavole comparisce.
Se poi considerar vogliamo la catastrofe della
Commedia, la peripezia, l'intreccio, Truffaldino non fa
figura da protagonista, anzi, se escludere vogliamo la
supposta vicendevole morte de' due amanti, creduta per
opera di questo servo, la Commedia si potrebbe fare
senza di lui; ma anche di ciò abbiamo infiniti esempi,
quali io non adduco per non empire soverchiamente i
fogli; e perché non mi credo in debito di provare ciò che
mi lusingo non potermi essere contraddetto; per altro il
celebre Molière istesso mi servirebbe di scorta a
giustificarmi.
Quando io composi la presente Commedia, che fu
nell'anno 1745, in Pisa, fra le cure legali, per
trattenimento e per genio, non la scrissi io già, come al
10
presente si vede. A riserva di tre o quattro scene per
atto, le più interessanti per le parti serie, tutto il resto
della Commedia era accennato soltanto, in quella
maniera che i commedianti sogliono denominare "a
soggetto"; cioè uno scenario disteso, in cui accennando
il proposito, le tracce, e la condotta e il fine de'
ragionamenti, che dagli Attori dovevano farsi, era poi in
libertà de' medesimi supplire all'improvviso, con
adattate parole e acconci lazzi, spiritosi concetti. In fatti
fu questa mia Commedia all'improvviso così bene
eseguita da' primi Attori che la rappresentarono, che io
me ne compiacqui moltissimo, e non ho dubbio a
credere che meglio essi non l’abbiano all’improvviso
adornata, di quello possa aver io fatto scrivendola. I sali
del Truffaldino, le facezie, le vivezze sono cose che
riescono più saporite, quando prodotte sono sul fatto
dalla prontezza di spirito, dall’occasione, dal brio. Quel
celebre eccellente comico, noto all’Italia tutta pel nome
appunto di Truffaldino, ha una prontezza tale di spirito,
una tale abbondanza di sali e naturalezza di termini, che
sorprende: e volendo io provvedermi per le parti di lui.
Questa Commedia l’ha disegnata espressamente per lui,
anzi mi ha egli medesimo l’argomento proposto,
argomento un po' difficile in vero, che ha posto in
cimento tutto il genio mio per la Comica artificiosa, e
tutto il talento suo per l’esecuzione.
L'ho poi veduta in altre parti da altri comici
rappresentare, e per mancanza forse non di merito, ma
di quelle notizie che dallo scenario soltanto aver non
11
poteano, parmi ch’ella decadesse moltissimo dal primo
aspetto. Mi sono per questa ragione indotto a scriverla
tutta, non già per obbligare quelli che sosterranno il
carattere del Truffaldino a dir per l’appunto le parole
mie, quando di meglio ne sappian dire, ma per
dichiarare la mia intenzione, e per una strada assai dritta
condurli al fine.
Affaticato mi sono a distendere tutti i lazzi più
necessari, tutte le più minute osservazioni, per renderla
facile quanto mai ho potuto, e se non ha essa il merito
della Critica, della Morale, della istruzione, abbia
almeno quello di una ragionevole condotta e di un
discreto ragionevole gioco.
Prego però que' tali, che la parte del Truffaldino
rappresenteranno, qualunque volta aggiungere del suo vi
volessero, astenersi dalle parole sconce, da' lazzi
sporchi; sicuri che di tali cose ridono soltanto quelli
della vil plebe, e se ne offendono le gentili persone.
12
PERSONAGGI
Pantalone de' Bisognosi
Clarice, sua figliuola
Il Dottore Lombardi
Silvio, di lui figliuolo
Beatrice, torinese, in abito da uomo sotto nome di
Federigo Rasponi
Florindo Aretusi, torinese di lei amante
Brighella, locandiere
Smeraldina, cameriera di Clarice
Truffaldino, servitore di Beatrice, poi di Florindo
Un cameriere della locanda, che parla
Un servitore di Pantalone, che parla
Due facchini, che parlano
Camerieri d'osteria, che non parlano
La scena si rappresenta in Venezia
13
ATTO PRIMO
14
SCENA PRIMA
Camera in casa di Pantalone
Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Brighella,
Smeraldina, un altro Servitore di Pantalone.
SILVIO Eccovi la mia destra, e con questa vi dono tutto
il mio cuore (a Clarice, porgendole la mano).
PANTALONE Via, no ve vergognè; dèghe la man anca
vu. Cusì sarè promessi, e presto presto sarè maridai (a
Clarice).
CLARICE Sì caro Silvio, eccovi la mia destra. Prometto
di essere vostra sposa.
SILVIO Ed io prometto esser vostro. (Si danno la
mano.)
DOTTORE Bravissimi, anche questa è fatta. Ora non si
torna più indietro.
SMERALDINA (Oh bella cosa! Propriamente anch'io
me ne struggo di voglia).
PANTALONE Vualtri sarè testimoni de sta promission,
seguida tra Clarice mia fia e el sior Silvio, fio
degnissimo del nostro sior dottor Lombardi (a Brighella
ed al Servitore).
BRIGHELLA Sior sì, sior compare, e la ringrazio de sto
onor che la se degna de farme (a Pantalone).
PANTALONE Vedeu? Mi son stà compare alle vostre
nozze, e vu se testimonio alle nozze de mia fia. Non ho
volesto chiamar compari, invidar parenti, perchè anca
15
sior Dottor el xè del mio temperamento; ne piase far le
cosse senza strepito, senza grandezze. Magneremo
insieme, se goderemo tra de nu, e nissun ne disturberà.
Cossa diseu, putti, faremio pulito? (a Clarice e Silvio).
SILVIO Io non desidero altro che essere vicino alla mia
cara sposa.
SMERALDINA (Certo che questa è la migliore
vivanda).
DOTTORE Mio figlio non è amante della vanità. Egli è
un giovane di buon cuore. Ama la vostra figliuola, e non
pensa ad altro.
PANTALONE Bisogna dir veramente che sto
matrimonio el sia stà destinà dal cielo, perché se a Turin
no moriva sior Federigo Rasponi, mio corrispondente,
savè che mia fia ghe l'aveva promessa a elo, e no la
podeva toccar al mio caro sior zenero (verso Silvio).
SILVIO Certamente io posso dire di essere fortunato.
Non so se dirà così la signora Clarice.
CLARICE Caro Silvio, mi fate torto. Sapete pur se vi
amo; per obbedire il signor padre avrei sposato quel
torinese, ma il mio cuore è sempre stato per voi.
DOTTORE Eppur è vero; il cielo, quando ha decretato
una cosa, la fa nascere per vie non prevedute. Come è
succeduta la morte di Federigo Rasponi? (a Pantalone).
PANTALONE Poverazzo! L'è stà mazzà de notte per
causa de una sorella... No so gnente. I gh'ha dà una ferìa
e el xè restà sulla botta.
BRIGHELLA Elo successo a Turin sto fatto? (a
Pantalone).
16
PANTALONE A Turin.
BRIGHELLA Oh, povero signor! Me despiase
infinitamente.
PANTALONE Lo conossevi sior Federigo Rasponi? (a
Brighella).
BRIGHELLA Siguro che lo conosseva. So stà a Turin
tre anni e ho conossudo anca so sorella. Una zovene de
spirito, de corazo; la se vestiva da omo, l'andava a
cavallo, e lu el giera innamorà de sta so sorella. Oh! chi
l'avesse mai dito!
PANTALONE Ma! Le disgrazie le xè sempre pronte.
Orsù, no parlemo de malinconie. Saveu cossa che v'ho
da dir, missier Brighella caro? So che ve diletè de laorar
ben in cusina. Vorave che ne fessi un per de piatti a
vostro gusto.
BRIGHELLA La servirò volentiera. No fazzo per dir,
ma alla mia locanda tutti se contenta. I dis cusì che in
nissun logo i magna, come che se magna da mi. La
sentirà qualcossa de gusto.
PANTALONE Bravo. Roba brodosa, vedè, che se possa
bagnarghe drento delle molene de pan. (Si sente
picchiare). Oh! i batte. Varda chi è, Smeraldina.
SMERALDINA Subito (parte, e poi ritorna).
CLARICE Signor padre, con vostra buona licenza.
PANTALONE Aspettè; vegnimo tutti. Sentimo chi xè.
SMERALDINA (torna) Signore, è un servitore di un
forestiere che vorrebbe farvi un'imbasciata. A me non ha
voluto dir nulla. Dice che vuol parlar col padrone.
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PANTALONE Diseghe che el vegna avanti. Sentiremo
cossa che el vol.
SMERALDINA Lo farò venire (parte).
CLARICE Ma io me ne anderei, signor padre.
PANTALONE Dove?
CLARICE Che so io? Nella mia camera.
PANTALONE Siora no, siora no; stè qua. (Sti novizzi
non vòi gnancora che i lassemo soli) (piano al Dottore).
DOTTORE (Saviamente, con prudenza) (piano a
Pantalone).
18
SCENA SECONDA
Truffaldino, Smeraldina e detti.
TRUFFALDINO Fazz umilissima reverenza a tutti lor
siori. Oh, che bella compagnia! Oh, che bella
conversazion!
PANTALONE Chi seu, amigo? Cossa comandeu? (a
Truffaldino).
TRUFFALDINO Chi èla sta garbata signora? (a
Pantalone, accennando Clarice).
PANTALONE La xè mia fia.
TRUFFALDINO Me ne ralegher.
SMERALDINA E di più è sposa (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Me ne consolo. E ella chi èla? (a
Smeraldina).
SMERALDINA Sono la sua cameriera, signore.
TRUFFALDINO Me ne congratulo.
PANTALONE Oh via, sior, a monte le cerimonie. Cossa
voleu da mi? Chi seu? Chi ve manda?
TRUFFALDINO Adasio, adasio, colle bone. Tre
interrogazion in t'una volta l'è troppo per un poveromo.
PANTALONE (Mi credo che el sia un sempio costù)
(piano al Dottore).
DOTTORE (Mi par piuttosto un uomo burlevole)
(piano a Pantalone).
TRUFFALDINO V. S. è la sposa? (a Smeraldina).
SMERALDINA Oh! (sospirando) Signor no.
19
PANTALONE Voleu dir chi sè, o voleu andar a far i
fatti vostri?
TRUFFALDINO Co no la vol altro che saver chi son, in
do parole me sbrigo. Son servitor del me padron (a
Pantalone). E cusì, tornando al nostro proposito...
(voltandosi a Smeraldina).
PANTALONE Mo chi xèlo el vostro padron?
TRUFFALDINO L'è un forestier che vorave vegnir a
farghe una visita (a Pantalone). Sul proposito dei sposi,
discorreremo (a Smeraldina, come sopra).
PANTALONE Sto forestier chi xèlo? Come se
chiamelo?
TRUFFALDINO Oh, l'è longa. L'è el sior Federigo
Rasponi torinese, el me padron, che la reverisse, che l'è
vegnù a posta, che l'è da basso, che el manda
l'ambassada, che el vorria passar, che el me aspetta colla
risposta. Èla contenta? Vorla saver altro? (a Pantalone.
Tutti fanno degli atti di ammirazione). Tornemo a nu...
(a Smeraldina, come sopra).
PANTALONE Mo vegni qua, parlè co mi. Cossa
diavolo diseu?
TRUFFALDINO E se la vol saver chi son mi, mi son
Truffaldin Batocchio, dalle vallade de Bergamo.
PANTALONE No m'importa de saver chi siè vu. Voria
che me tornessi a dir chi xè sto vostro padron. Ho paura
de aver strainteso.
TRUFFALDINO Povero vecchio! El sarà duro de
recchie. El me padron l'è el sior Federigo Rasponi da
Turin.
20
PANTALONE Andè via, che sè un pezzo de matto. Sior
Federigo Rasponi da Turin el xè morto.
TRUFFALDINO L'è morto?
PANTALONE L'è morto seguro. Pur troppo per elo.
TRUFFALDINO (Diavol! Che el me padron sia morto?
L'ho pur lassà vivo da basso!). Disì da bon, che l'è
morto?
PANTALONE Ve digo assolutamente che el xè morto.
DOTTORE Sì, è la verità; è morto; non occorre metterlo
in dubbio.
TRUFFALDINO (Oh, povero el me padron! Ghe sarà
vegnù un accidente). Con so bona grazia (si licenzia).
PANTALONE No volè altro da mi?
TRUFFALDINO Co l'è morto, no m'occorre altro. (Voi
ben andar a veder, se l'è la verità) (da sé, parte e poi
ritorna).
PANTALONE Cossa credemio che el sia costù? Un
furbo, o un matto?
DOTTORE Non saprei. Pare che abbia un poco dell'uno
e un poco dell'altro.
BRIGHELLA A mi el me par piuttosto un semplizotto.
L'è bergamasco, no crederia che el fuss un baron
SMERALDINA Anche l'idea l'ha buona. (Non mi
dispiace quel morettino).
PANTALONE Ma cossa se insonielo de sior Federigo?
CLARICE Se fosse vero ch'ei fosse qui, sarebbe per me
una nuova troppo cattiva.
PANTALONE Che spropositi! No aveu visto anca vu le
lettere? (a Clarice).
21
SILVIO Se anche fosse egli vivo e fosse qui, sarebbe
venuto tardi.
TRUFFALDINO (ritorna) Me maraveio de lor siori. No
se tratta cusì colla povera zente. No se inganna cusì i
forestieri. No le son azion da galantomeni. E me ne farò
render conto.
PANTALONE (Vardemose, che el xè matto). Coss'è stà?
Cossa v'ali fatto?
TRUFFALDINO Andarme a dir che sior Federigh
Rasponi l'è morto?
PANTALONE E cusì?
TRUFFALDINO E cusì l'è qua, vivo, san, spiritoso e
brillante, che el vol reverirla, se la se contenta.
PANTALONE Sior Federigo?
TRUFFALDINO Sior Federigo.
PANTALONE Rasponi?
TRUFFALDINO Rasponi.
PANTALONE Da Turin?
TRUFFALDINO Da Turin.
PANTALONE Fio mio, andè all'ospeal, che sè matto.
TRUFFALDINO Corpo del diavolo! Me farissi
bestemiar come un zogador. Mo se l'è qua, in casa, in
sala, che ve vegna el malanno.
PANTALONE Adessadesso ghe rompo el muso.
DOTTORE No, signor Pantalone, fate una cosa; ditegli
che faccia venire innanzi questo tale, ch'egli crede
essere Federigo Rasponi.
PANTALONE Via, felo vegnir avanti sto morto
ressuscità.
22
TRUFFALDINO Che el sia stà morto e che el sia
resuscità pol esser, mi no gh'ho niente in contrario. Ma
adesso l'è vivo, e el vederì coi vostri occhi. Vagh a
dirghe che el vegna. E da qua avanti imparè a trattar coi
forestieri, coi omeni della me sorte, coi bergamaschi
onorati (a Pantalone, con collera). Quella giovine, a so
tempo se parleremo (a Smeraldina, e parte).
CLARICE (Silvio mio, tremo tutta) (piano a Silvio).
SILVIO (Non dubitate; in qualunque evento sarete mia)
(piano a Clarice).
DOTTORE Ora ci chiariremo della verità.
PANTALONE Pol vegnir qualche baronato a darme da
intender delle fandonie.
BRIGHELLA Mi, come ghe diseva, sior compare, l'ho
conossudo el sior Federigo; se el sarà lu, vederemo.
SMERALDINA (Eppure quel morettino non ha una
fisonomia da bugiardo. Voglio veder se mi riesce...).
Con buona grazia di lor signori (parte).
23
SCENA TERZA
Beatrice in abito da uomo, sotto nome di Federigo, e
detti.
BEATRICE Signor Pantalone, la gentilezza che io ho
ammirato nelle vostre lettere, non corrisponde al
trattamento che voi mi fate in persona. Vi mando il
servo, vi fo passar l'ambasciata, e voi mi fate stare
all'aria aperta, senza degnarvi di farmi entrare che dopo
una mezz'ora?
PANTALONE La compatissa... Ma chi xèla ella,
patron?
BEATRICE Federigo Rasponi di Torino, per obbedirvi.
(Tutti fanno atti d'ammirazione).
BRIGHELLA (Cossa vedio? Coss'è sto negozio? Questo
no l'è Federigo, l'è la siora Beatrice so sorella. Voi
osservar dove tende sto inganno).
PANTALONE Mi resto attonito... Me consolo de
vederla san e vivo, quando avevimo avudo delle cattive
nove. (Ma gnancora no ghe credo, savè) (piano al
Dottore).
BEATRICE Lo so: fu detto che in una rissa rimasi
estinto. Grazie al cielo, fui solamente ferito; e appena
risanato, intrapresi il viaggio di Venezia, già da gran
tempo con voi concertato.
PANTALONE No so cossa dir. La so ciera xè da
galantomo: ma mi gh'ho riscontri certi e seguri, che sior
24
Federigo sia morto; onde la vede ben... se no la me dà
qualche prova in contrario...
BEATRICE È giustissimo il vostro dubbio; conosco la
necessità di giustificarmi. Eccovi quattro lettere dei
vostri amici corrispondenti, una delle quali è del
ministro della nostra banca. Riconoscerete le firme, e vi
accerterete dell'esser mio (dà quattro lettere a
Pantalone, il quale le legge da sé).
CLARICE (Ah Silvio, siamo perduti!) (piano a Silvio).
SILVIO (La vita perderò, ma non voi!) (piano a
Clarice).
BEATRICE (Oimè! Qui Brighella? Come diamine qui si
ritrova costui? Egli mi conoscerà certamente; non vorrei
che mi discoprisse) (da sé, avvedendosi di Brighella).
Amico, mi par di conoscervi (forte a Brighella).
BRIGHELLA Sì signor, no la s'arrecorda a Turin
Brighella Cavicchio?
BEATRICE Ah sì, ora vi riconosco (si va accostando a
Brighella) Bravo galantuomo, che fate in Venezia? (Per
amor del cielo, non mi scoprite) (piano a Brighella).
BRIGHELLA (Non gh'è dubbio) (piano a Beatrice).
Fazzo el locandier, per servirla (forte alla medesima).
BEATRICE Oh, per l'appunto; giacché ho il piacer di
conoscervi, verro ad alloggiare alla vostra locanda.
BRIGHELLA La me farà grazia. (Qualche contrabando,
siguro).
PANTALONE Ho sentio tutto. Certo che ste lettere le
me accompagna el sior Federigo Rasponi, e se ella me
25
le presenta, bisognerave creder che la fosse... come che
dise ste lettere.
BEATRICE Se qualche dubbio ancor vi restasse, ecco
qui messer Brighella; egli mi conosce, egli può
assicurarvi dell'esser mio.
BRIGHELLA Senz'altro, sior compare, lo assicuro mi.
PANTALONE Co la xè cusì, co me l'attesta, oltre le
lettere, anca mio compare Brighella, caro sior Federigo,
me ne consolo con ella, e ghe domando scusa se ho
dubita.
CLARICE Signor padre, quegli è dunque il signor
Federigo Rasponi?
PANTALONE Mo el xè elo lu.
CLARICE (Me infelice, che sarà di noi?) (piano a
Silvio).
SILVIO (Non dubitate, vi dico; siete mia e vi difenderò)
(piano a Clarice).
PANTALONE (Cossa diseu, dottor, xèlo vegnù a
tempo?) (piano al Dottore).
DOTTORE Accidit in puncto, quod non contingit in
anno.
BEATRICE Signor Pantalone, chi è quella signora
(accennando Clarice).
PANTALONE La xè Clarice mia fia.
BEATRICE Quella a me destinata in isposa?
PANTALONE Sior sì, giusto quella. (Adesso son in t'un
bell'intrigo).
BEATRICE Signora, permettetemi ch'io abbia l'onore di
riverirvi (a Clarice).
26
CLARICE Serva divota (sostenuta).
BEATRICE Molto freddamente m'accoglie (a
Pantalone).
PANTALONE Cossa vorla far? La xè timida de natura.
BEATRICE E quel signore è qualche vostro parente? (a
Pantalone, accennando Silvio).
PANTALONE Sior sì; el xè un mio nevodo.
SILVIO No signore, non sono suo nipote altrimenti,
sono lo sposo della signora Clarice (a Beatrice).
DOTTORE (Bravo! Non ti perdere. Di'la tua ragione,
ma senza precipitare) (piano a Silvio).
BEATRICE Come! Voi sposo della signora Clarice?
Non è ella a me destinata?
PANTALONE Via, via. Mi scoverzirò tutto. Caro sior
Federigo, se credeva che fosse vera la vostra disgrazia
che fussi morto, e cussi aveva dà mia fia a sior Silvio;
qua no ghe xè un mal al mondo. Finalmente sè arriva in
tempo. Clarice xè vostra, se la volè, e mi son qua a
mantegnirve la mia parola. Sior Silvio, no so cossa dir;
vedè coi vostri occhi la verità. Savè cossa che v'ho dito,
e de mi no ve podè lamentar.
SILVIO Ma il signor Federigo non si contenterà di
prendere una sposa, che porse ad altri la mano.
BEATRICE Io poi non sono si delicato. La prenderò
non ostante. (Voglio anche prendermi un poco di
divertimento).
DOTTORE (Che buon marito alla moda! Non mi
dispiace).
27
BEATRICE Spero che la signora Clarice non ricuserà la
mia mano.
SILVIO Orsù, signore, tardi siete arrivato. La signora
Clarice deve esser mia, né sperate che io ve la ceda. Se
il signor Pantalone mi farà torto, saprò vendicarmene; e
chi vorrà Clarice, dovrà contenderla con questa spada
(parte).
DOTTORE (Bravo, corpo di Bacco!).
BEATRICE (No, no, per questa via non voglio morire).
DOTTORE Padrone mio, V. S. è arrivato un po' tardi.
La signora Clarice l'ha da sposare mio figlio. La legge
parla chiaro. Prior in tempore, potior in iure (parte).
BEATRICE Ma voi, signora sposa, non dite nulla? (a
Clarice).
CLARICE Dico che siete venuto per tormentarmi
(parte).
28
SCENA QUARTA
Pantalone, Beatrice e Brighella, poi il Servitore di
Pantalone.
PANTALONE Come, pettegola? Cossa distu? (le vuol
correr dietro).
BEATRICE Fermatevi, signor Pantalone; la compatisco.
Non conviene prenderla con asprezza. Col tempo spero
di potermi meritare la di lei grazia. Intanto andremo
esaminando i nostri conti, che è uno dei due motivi per
cui, come vi è noto, mi son portato a Venezia.
PANTALONE Tutto xè all'ordine per el nostro
conteggio. Ghe farò veder el conto corrente; i so bezzi
xè parechiai, e faremo el saldo co la vorrà.
BEATRICE Verrò con più comodo a riverirvi; per ora,
se mi permettete, andrò con Brighella a spedire alcuni
piccioli affari che mi sono stati raccomandati. Egli è
pratico della città, potrà giovarmi nelle mie premure.
PANTALONE La se serva come che la vol; e se la gh'ha
bisogno de gnente, la comanda.
BEATRICE Se mi darete un poco di denaro, mi farete
piacere; non ho voluto prenderne meco per non
discapitare nelle monete.
PANTALONE Volentiera, la servirò. Adesso no gh'è el
cassier. Subito che el vien, ghe manderò i bezzi fina a
casa. No vala a star da mio compare Brighella?
29
BEATRICE Certamente, vado da lui; e poi manderò il
mio servitore; egli è fidatissimo, gli si può fidar ogni
cosa.
PANTALONE Benissimo; la servirò come la comanda,
e se la vol restar da mi a far penitenza, la xè parona.
BEATRICE Per oggi vi ringrazio. Un'altra volta sarò a
incomodarvi.
PANTALONE Donca starò attendendola.
SERVITORE Signore, è domandato (a Pantalone).
PANTALONE Da chi?
SERVITORE Di là... non saprei... (Vi sono
degl'imbrogli) (piano a Pantalone, e parte).
PANTALONE Vegno subito. Con so bona grazia. La
scusa, se no la compagno. Brighella, vu sè de casa;
servilo vu sior Federigo.
BEATRICE Non vi prendete pena per me.
PANTALONE Bisogna che vaga. A bon reverirla. (Non
voria che nascesse qualche diavolezzo) (parte).
30
SCENA QUINTA
Beatrice e Brighella.
BRIGHELLA Se pol saver, siora Beatrice?...
BEATRICE Chetatevi, per amor del cielo, non mi
scoprite. II povero mio fratello è morto, ed è rimasto
ucciso o dalle mani di Florindo Aretusi, o da alcun altro
per di lui cagione. Vi sovverrete che Florindo mi amava,
e mio fratello non voleva che io gli corrispondessi. Si
attaccarono non so come: Federigo morì, e Florindo, per
timore della giustizia, se n'è fuggito senza potermi dare
un addio. Sa il cielo se mi dispiace la morte del povero
mio fratello, e quanto ho pianto per sua cagione; ma
oramai non vi è più rimedio, e mi duole la perdita di
Florindo. So che a Venezia erasi egli addrizzato, ed io
ho fatto la risoluzione di seguitarlo. Cogli abiti e colle
lettere credenziali di mio fratello, eccomi qui arrivata
colla speranza di ritrovarvi l'amante. Il signor Pantalone,
in grazia di quelle lettere, e in grazia molto più della
vostra asserzione, mi crede già Federigo. Faremo il
saldo dei nostri conti, riscuoterò del denaro, e potrò
soccorrere anche Florindo, se ne avrà di bisogno.
Guardate dove conduce amore! Secondatemi, caro
Brighella, aiutatemi; sarete largamente ricompensato.
BRIGHELLA Tutto va bene, ma no vorave esser causa
mi che sior Pantalon, sotto bona fede, ghe pagasse el
contante e che po el restasse burlà.
31
BEATRICE Come burlato? Morto mio fratello, non
sono io l'erede?
BRIGHELLA L'è la verità. Ma perché no scovrirse?
BEATRICE Se mi scopro, non faccio nulla. Pantalone
principierà a volermi far da tutore, e tutti mi
seccheranno, che non istà bene, che non conviene, e che
so io? Voglio la mia libertà. Durerà poco, ma pazienza.
Frattanto qualche cosa sarà.
BRIGHELLA Veramente, signora, l'è sempre stada un
spiritin bizzarro. La lassa far a mi, la staga su la mia
fede. La se lassa servir.
BEATRICE Andiamo alla vostra locanda.
BRIGHELLA El so servitor dov'elo?
BEATRICE Ha detto che mi aspetterà sulla strada.
BRIGHELLA Dove l'ala tolto quel martuffo? Nol sa
gnanca parlar.
BEATRICE L'ho preso per viaggio. Pare sciocco
qualche volta, ma non lo è; e circa la fedeltà non me ne
posso dolere.
BRIGHELLA Ah, la fedeltà l'è una bella cossa.
Andemo, la resta servida, vardè amor cossa che el fa far.
BEATRICE Questo non è niente. Amor ne fa far di
peggio (parte).
BRIGHELLA Eh, avemo principià ben. Andando in là,
no se sa cossa possa succeder (parte).
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SCENA SESTA
Strada colla locanda di Brighella
Truffaldino solo.
TRUFFALDINO Son stuffo d'aspettar, che no posso
più. Co sto me patron se magna poco, e quel poco el me
lo fa suspirar. Mezzozorno della città l'è sonà che è
mezz'ora, e el mezzozorno delle mie budelle l'è sonà che
sarà do ore. Almanco savesse dove s'ha da andar a
alozar. I alter subit che i arriva in qualche città, la prima
cossa i va all'osteria. Lu, sior no, el lassa i bauli in barca
del corrier. el va a far visite, e nol se recorda del povero
servitor. Quand ch'i dis, bisogna servir i padroni con
amor! Bisogna dir ai padroni, ch'i abbia un poco de
carità per la servitù. Qua gh'è una locanda; quasi quasi
anderia a veder se ghe fuss da devertir el dente; ma se el
padron me cerca? So danno, che l'abbia un poco de
discrezion. Voi andar; ma adess che ghe penso, gh'è
un'altra piccola difficoltà, che no me l'arrecordava; non
ho gnanca un quattrin. Oh povero Truffaldin! Più tost
che far el servitor, corpo del diavol, me voi metter a
far... cossa mo? Per grazia del Cielo, mi no so far gnente
33
SCENA SETTIMA
Florindo da viaggio con un Facchino col baule in
spalla, e detto.
FACCHINO Ghe digo che no posso più; el pesa che el
mazza.
FLORINDO Ecco qui un'insegna d'osteria o di locanda.
Non puoi far questi quattro passi?
FACCHINO Aiuto; el baul va in terra.
FLORINDO L'ho detto che tu non saresti stato al caso:
sei troppo debole: non hai forza (regge il baule sulle
spalle del Facchino).
TRUFFALDINo (Se podess vadagnar diese soldi)
(osservando il Facchino). Signor, comandela niente da
mi? La possio servir? (a Florindo).
FLORINDO Caro galantuomo, aiutate a portare questo
baule in quell'albergo.
TRUFFALDINO Subito, la lassa far a mi. La varda
come se fa. Passa via (va colla spalla sotto il baule, lo
prende tutto sopra di sé, e caccia in terra il Facchino
con una spinta).
FLORINDO Bravissimo.
TRUFFALDINO Se nol pesa gnente! (entra nella
locanda col baule).
FLORINDO Vedete come si fa? (al Facchino).
FACCHINO Mi no so far de più. Fazzo el facchin per
desgrazia; ma son fiol de una persona civil.
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FLORINDO Che cosa faceva vostro padre?
FACCHINO Mio padre? El scortegava i agnelli per la
città.
FLORINDO (Costui è un pazzo; non occorr'altro) (vuol
andare nella locanda).
FACCHINO Lustrissimo, la favorissa.
FLORINDO Che cosa?
FACCHINO I bezzi della portadura.
FLORINDO Quanto ti ho da dare per dieci passi? Ecco
lì la corriera (accenna dentro alla scena).
FACCHINO Mi no conto i passi; la me paga (stende la
mano).
FLORINDO Eccoti cinque soldi (gli mette una moneta
in mano).
FACCHINO La me paga (tiene la mano stesa).
FLORINDO O che pazienza! Eccotene altri cinque (fa
come sopra).
FACCHINO La me paga (come sopra).
FLORINDO (gli dà un calcio) Sono annoiato.
FACCHINO Adesso son pagà (parte).
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SCENA OTTAVA
Florindo, poi Truffaldino.
FLORINDO Che razza di umori si danno! Aspettava
proprio che io lo maltrattassi. Oh, andiamo un po' a
vedere che albergo è questo...
TRUFFALDINO Signor, l'è restada servida.
FLORINDO Che alloggio è codesto?
TRUFFALDINO L'è una bona locanda, signor. Boni
letti, bei specchi, una cusina bellissima, con un odor che
consola. Ho parlà col camerier. La sarà servida da re.
FLORINDO Voi che mestiere fate?
TRUFFALDINO El servitor.
FLORINDO Siete veneziano?
TRUFFALDINO No son venezian, ma son qua del
Stato. Son bergamasco, per servirla.
FLORINDO Adesso avete padrone?
TRUFFALDINO Adesso... veramente non l'ho.
FLORINDO Siete senza padrone?
TRUFFALDINO Eccome qua; la vede, son senza
padron. (Qua nol gh'è el me padron, mi no digo busie).
FLORINDO Verreste voi a servirmi?
TRUFFALDINO A servirla? Perché no? (Se i patti fusse
meggio, me cambieria de camisa).
FLORINDO Almeno per il tempo ch'io sto in Venezia.
TRUFFALDINO Benissimo. Quanto me vorla dar?
FLORINDO Quanto pretendete?
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TRUFFALDINO Ghe dirò: un altro padron che aveva, e
che adesso qua nol gh'ho più, el me dava un felippo al
mese e le spese.
FLORINDO Bene, e tanto vi darò io.
TRUFFALDINO Bisognerave che la me dasse
qualcossetta de più.
FLORINDO Che cosa pretendereste di più?
TRUFFALDINO Un soldetto al zorno per el tabacco.
FLORINDO Sì, volentieri; ve lo darò.
TRUFFALDINO Co l'è cusì, stago con lu.
FLORINDO Ma vi vorrebbe un poco d'informazione dei
fatti vostri.
TRUFFALDINO Co no la vol altro che informazion dei
fatti mii, la vada a Bergamo, che tutti ghe dirà chi son.
FLORINDO Non avete nessuno in Venezia che vi
conosca?
TRUFFALDINO Son arrivà stamattina, signor.
FLORINDO Orsù; mi parete un uomo da bene. Vi
proverò.
TRUFFALDINO La me prova, e la vederà.
FLORINDO Prima d'ogni altra cosa, mi preme vedere
se alla Posta vi siano lettere per me. Eccovi mezzo
scudo; andate alla Posta di Torino, domandate se vi sono
lettere di Florindo Aretusi; se ve ne sono, prendetele e
portatele subito, che vi aspetto.
TRUFFALDINO Intanto la fazza parecchiar da disnar.
FLORINDO Sì, bravo, farò preparare. (È faceto: non mi
dispiace. A poco alla volta ne farò la prova) (entra nella
locanda).
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SCENA NONA
Truffaldino, poi Beatrice da uomo e Brighella.
TRUFFALDINO Un soldo al zorno de più, i è trenta
soldi al mese; no l'è gnanca vero che quell'alter me daga
un felippo; el me dà diese pauli, Pol esser che diese
pauli i fazza un felippo, ma mi nol so de seguro. E po
quel sior turinese nol vedo più. L'è un matto. L'è un
zovenotto che no gh'ha barba e no gh'ha giudizio.
Lassemolo andar; andemo alla Posta per sto sior... (vuol
partire ed incontra Beatrice).
BEATRICE Bravissimo. Così mi aspetti?
TRUFFALDINO Son qua, signor. V'aspetto ancora.
BEATRICE E perchè vieni a aspettarmi qui, e non nella
strada dove ti ho detto? È un accidente che ti abbia
ritrovato.
TRUFFALDINO Ho spasseggià un pochetto, perché me
passasse la fame.
BEATRICE Orsù, va in questo momento alla barca del
corriere. Fatti consegnare il mio baule e portalo alla
locanda di messer Brighella...
BRIGHELLA Eccola l'à la mia locanda; nol pol fallar.
BEATRICE Bene dunque, sbrigati, che ti aspetto.
TRUFFALDINO (Diavolo! In quella locanda!).
BEATRICE Tieni, nello stesso tempo anderai alla Posta
di Torino e domanderai se vi sono mie lettere. Anzi
domanda se vi sono lettere di Federigo Rasponi e di
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Beatrice Rasponi. Aveva da venir meco anche mia
sorella, e per un incomodo è restata in villa, qualche
amica le potrebbe scrivere; guarda se ci sono lettere o
per lei, o per me.
TRUFFALDINO (Mi no so quala far. Son l'omo più
imbroià de sto mondo).
BRIGHELLA (Come aspettela lettere al so nome vero e
al so nome finto, se l'è partida segretamente?) (piano a
Beatrice).
BEATRICE (Ho lasciato ordine che mi si scriva ad un
servitor mio fedele che amministra le cose della mia
casa; non so con qual nome egli mi possa scrivere. Ma
andiamo, che con comodo vi narrerò ogni cosa) (piano
a Brighella). Spicciati, va alla Posta e va alla corriera.
Prendi le lettere, fa portar il baule nella locanda, ti
aspetto (entra nella locanda).
TRUFFALDINO Sì vu el padron della locanda? (a
Brighella).
BRIGHELLA Si ben, son mi. Porteve ben, e no ve
dubitè, che ve farò magnar ben (entra nella locanda).
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SCENA DECIMA
Truffaldino, poi Silvio.
TRUFFALDINO Oh bella! Ghe n'è tanti che cerca un
padron, e mi ghe n'ho trovà do. Come diavol oia da far?
Tutti do no li posso servir. No? E perché no? No la saria
una bella cossa servirli tutti do, e guadagnar do salari, e
magnar el doppio? La saria bella, se no i se ne
accorzesse. E se i se ne accorze, cossa pèrdio? Gnente.
Se uno me manda via, resto con quell'altro. Da
galantomo, che me vai provar. Se la durasse anca un dì
solo, me vòi provar. Alla fin averò sempre fatto una
bella cossa. Animo; andemo alla Posta per tutti do
(incamminandosi).
SILVIO (Questi è il servo di Federigo Rasponi).
Galantuomo (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Signor.
SILVIO Dov'è il nostro padrone?
TRUFFALDINO El me padron? L'è là in quella
locanda.
SILVIO Andate subito dal vostro padrone, ditegli ch'io
gli voglio parlare; s'è uomo d'onore, venga giù, ch'io
l'attendo.
TRUFFALDINO Ma caro signor...
SILVIO Andate subito (con voce alta).
TRUFFALDINO Ma la sappia che el me padron...
SILVIO Meno repliche, giuro al cielo.
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TRUFFALDINO Ma qualo ha da vegnir?...
SILVIO Subito, o ti bastono.
TRUFFALDINO (No so gnente, manderò el primo che
troverò) (entra nella locanda).
SCENA UNDICESIMA
Silvio, poi Florindo e Truffaldino.
SILVIO No, non sarà mai vero ch'io soffra vedermi
innanzi agli occhi un rivale. Se Federigo scampò la vita
una volta, non gli succederà sempre la stessa sorte. O ha
da rinunziare ogni pretensione sopra Clarice, o l'avrà da
far meco... Esce altra gente dalla locanda. Non vorrei
essere disturbato (si ritira dalla parte opposta).
TRUFFALDINO Ecco là quel sior che butta fogo da
tutte le bande (accenna Silvio a Florindo).
FLORINDO Io non lo conosco. Che cosa vuole da me?
(a Truffaldino).
TRUFFALDINO Mi no so gnente. Vado a tor le lettere;
con so bona grazia. (No voggio impegni) (da sé, e
parte).
SILVIO (E Federigo non viene).
FLORINDO (Voglio chiarirmi della verità). Signore,
siete voi che mi avete domandato? (a Silvio)
SILVIO Io? Non ho nemmeno l'onor di conoscervi.
FLORINDO Eppure quel servitore, che ora di qui è
partito, mi ha detto che con voce imperiosa e con
minaccie avete preteso di provocarmi.
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SILVIO Colui m'intese male; dissi che parlar volevo al
di lui padrone.
FLORINDO Bene, io sono il di lui padrone.
SILVIO Voi, il suo padrone?
FLORINDO Senz'altro. Egli sta al mio servizio.
SILVIO Perdonate dunque, o il vostro servitore è simile
ad un altro che ho veduto stamane, o egli serve qualche
altra persona.
FLORINDO Egli serve me, non ci pensate.
SILVIO Quand'è così, torno a chiedervi scusa.
FLORINDO Non vi è male. Degli equivoci ne nascon
sempre.
SILVIO Siete voi forestiere, signore?
FLORINDO Turinese, a'vostri comandi.
SILVIO Turinese appunto era quello con cui desiderava
sfogarmi.
FLORINDO Se è mio paesano, può essere ch'io lo
conosca, e s'egli vi ha disgustato, m'impiegherò
volentieri per le vostre giuste soddisfazioni.
SILVIO Conoscete voi un certo Federigo Rasponi?
FLORINDO Ah! l'ho conosciuto pur troppo.
SILVIO Pretende egli per una parola avuta dal padre
togliere a me una sposa, che questa mane mi ha giurato
la fede.
FLORINDO Non dubitate, amico, Federigo Rasponi
non può involarvi la sposa. Egli è morto.
SILVIO Si, tutti credevano ch'ei fosse morto, ma
stamane giunse vivo e sano in Venezia, per mio
malanno, per mia disperazione.
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FLORINDO Signore, voi mi fate rimaner di sasso.
SILVIO Ma! ci sono rimasto anch'io.
FLORINDO Federigo Rasponi vi assicuro che è morto.
SILVIO Federigo Rasponi vi assicuro che è vivo.
FLORINDO Badate bene che v'ingannerete.
SILVIO Il signor Pantalone de' Bisognosi, padre della
ragazza, ha fatto tutte le possibili diligenze per
assicurarsene, ed ha certissime prove che sia egli
proprio in persona.
FLORINDO (Dunque non restò ucciso, come tutti
credettero, nella rissa!).
SILVIO O egli, o io, abbiamo da rinunziare agli amori
di Clarice, o alla vita.
FLORINDO (Qui Federigo? Fuggo dalla giustizia, e mi
trovo a fronte il nemico!).
SILVIO È molto che voi non lo abbiate veduto. Doveva
alloggiare in codesta locanda.
FLORINDO Non l'ho veduto; qui m'hanno detto che
non vi era forestiere nessuno.
SILVIO Avrà cambiato pensiere. Signore, scusate se vi
ho importunato Se lo vedete, ditegli che per suo meglio
abbandoni l'idea di cotali nozze. Silvio Lombardi è il
mio nome; avrò l'onore di riverirvi.
FLORINDO Gradirò sommamente la vostra amicizia.
(Resto pieno di confusione).
SILVIO Il vostro nome, in grazia, poss'io saperlo?
FLORINDO (Non vo' scoprirmi). Orazio Ardenti per
obbedirvi.
SILVIO Signor Orazio, sono a' vostri comandi (parte).
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SCENA DODICESIMA
Florindo solo.
FLORINDO Come può darsi che una stoccata, che lo
passò dal fianco alle reni, non l'abbia ucciso? Lo vidi
pure io stesso disteso al suolo, involto nel proprio
sangue. Intesi dire che spirato egli era sul colpo. Pure
potrebbe darsi che morto non fosse. Il ferro toccato non
lo avrà nelle parti vitali. La confusione fa travedere.
L'esser io fuggito da Torino subito dopo il fatto, che a
me per la inimicizia nostra venne imputato, non mi ha
lasciato luogo a rilevare la verità. Dunque, giacché non
è morto, sarà meglio ch'io ritorni a Torino, ch'io vada a
consolare la mia diletta Beatrice, che vive forse
penando, e piange per la mia lontananza.
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SCENA TREDICESIMA
Truffaldino con un altro Facchino che porta il baule di
Beatrice, e detto.
Truffaldino s'avanza alcuni passi col Facchino, poi
accorgendosi di Florindo e dubitando esser veduto, fa
ritirare il Facchino.
TRUFFALDINO Andemo con mi... Oh diavol! L è qua
quest'alter padron. Retirete, camerada, e aspetteme su
quel canton (il Facchino si ritira).
FLORINDO (Sì, senz'altro. Ritornerò a Torino).
TRUFFALDINO Son qua, signor...
FLORINDO Truffaldino, vuoi venir a Torino con me?
TRUFFALDINO Quando?
FLORINDO Ora, subito.
TRUFFALDINO Senza disnar?
FLORINDO No; si pranzerà, e poi ce n'andremo.
TRUFFALDINO Benissimo; disnando ghe penserò.
FLORINDO Sei stato alla Posta?
TRUFFALDINO Signor sì.
FLORINDO Hai trovato mie lettere?
TRUFFALDINO Ghe n'ho trovà.
FLORINDO Dove sono?
TRUFFALDINO Adesso le troverò (tira fuori di tasca
tre lettere). (Oh diavolo! Ho confuso quelle de un
padron con quelle dell'altro. Come faroio a trovar fora le
soe? Mi no so lezer).
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FLORINDO Animo, dà qui le mie lettere.
TRUFFALDINO Adesso, signor. (Son imbroiado). Ghe
dirò, signor. Ste tre lettere no le vien tutte a V. S. Ho
trovà un servitor che me cognosse, che semo stadi a
servir a Bergamo insieme; gh'ho dit che andava alla
Posta, e el m'ha pregà che veda se gh'era niente per el so
padron. Me par che ghe ne fusse una, ma no la conosso
più, no so quala che la sia.
FLORINDO Lascia vedere a me; prenderò le mie, e
l'altra te la renderò.
TRUFFALDINO Tolì pur. Me preme de servir l'amigo.
FLORINDO (Che vedo? Una lettera diretta a Beatrice
Rasponi? A Beatrice Rasponi in Venezia!).
TRUFFALDINO L'avì trovada quella del me camerada?
FLORINDO Chi è questo tuo camerata, che ti ha dato
una tale incombenza?
TRUFFALDINO L'è un servitor... che gh'ha nome
Pasqual.
FLORINDO Chi serve costui?
TRUFFALDINO Mi no lo so, signor.
FLORINDO Ma se ti ha detto di cercar le lettere del suo
padrone, ti avrà dato il nome.
TRUFFALDINO Naturalmente. (L'imbroio cresce).
FLORINDO Ebbene, che nome ti ha dato?
TRUFFALDINO No me l'arrecordo.
FLORINDO Come!...
TRUFFALDINO El me l'ha scritto su un pezzo de carta.
FLORINDO E dov'è la carta?
TRUFFALDINO L'ho lassada alla Posta.
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FLORINDO (Io sono in un mare di confusioni).
TRUFFALDINO (Me vado inzegnando alla meio).
FLORINDO Dove sta di casa questo Pasquale?
TRUFFALDINO Non lo so in verità.
FLORINDO Come potrai ricapitargli la lettera?
TRUFFALDINO El m'ha dito che se vederemo in
piazza.
FLORINDO (Io non so che pensare).
TRUFFALDINO (Se la porto fora netta, l'è un
miracolo). La me favorissa quella lettera, che vederò de
trovarlo.
FLORINDO No, questa lettera voglio aprirla.
TRUFFALDINO Ohibò; no la fazza sta cossa. La sa
pur, che pena gh'è a avrir le lettere.
FLORINDO Tant'è, questa lettera m'interessa troppo. È
diretta a persona, che mi appartiene per qualche titolo.
Senza scrupolo la posso aprire (l'apre).
TRUFFALDINO (Schiavo siori. El l'ha fatta).
FLORINDO (legge)
Illustrissima signora padrona.
La di lei partenza da questa città ha dato motivo di
discorrere a tutto il paese; e tutti capiscono ch'ella
abbia fatto tale risoluzione per seguitare il signor
Florindo. Lo Corte ha penetrato ch'ella sia fuggita in
abito da uomo, e non lascia di far diligenze per
rintracciarla e farla arrestare. Io non ho spedito la
presente da questa Posta di Torino per Venezia a
dirittura, per non iscoprire il paese dov'ella mi ha
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confidato che pensava portarsi; ma l'ho inviata ad un
amico di Genova, perché poi di la la trasmettesse a
Venezia. Se avrò novità di rimarco, non lascerò di
comunicargliele collo stesso metodo, e umilmente mi
rassegno.
Umilissimo e fedelissimo servitore
Tognin della Doira.
TRUFFALDINO (Che bell'azion! Lezer i fatti d'i altri).
FLORINDO (Che intesi mai? Che lessi? Beatrice partita
di casa sua? in abito d'uomo? per venire in traccia di
me? Ella mi ama davvero. Volesse il cielo che io la
ritrovassi in Venezia!). Va, caro Truffaldino, usa ogni
diligenza per ritrovare Pasquale; procura di ricavare da
lui chi sia il suo padrone, se uomo, se donna. Rileva
dove sia alloggiato, e se puoi, conducilo qui da me, che
a te e a lui darò una mancia assai generosa.
TRUFFALDINO Deme la lettera; procurerò de trovarlo.
FLORINDO Eccola, mi raccomando a te. Questa cosa
mi preme infinitamente.
TRUFFALDINO Ma ghe l'ho da dar cusì averta?
FLORINDO Digli che è stato un equivoco, un
accidente. Non mi trovare difficoltà.
TRUFFALDINO E a Turin se va più per adesso?
FLORINDO No, non si va più per ora. Non perder
tempo. Procura di ritrovar Pasquale. (Beatrice in
Venezia, Federigo in Venezia. Se la trova il fratello,
misera lei; farò io tutte le diligenze possibili per
rinvenirla) (parte).
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SCENA QUATTORDICESIMA
Truffaldino solo, poi il Facchino col baule.
TRUFFALDINO Ho gusto da galantomo, che no se
vada via. Ho volontà de veder come me riesce sti do
servizi. Vòi provar la me abilità. Sta lettera, che va a
st'alter me padron, me despias de averghela da portar
averta. M'inzegnerò de piegarla (fa varie piegature
cattive). Adess mo bisogneria bollarla. Se savess come
far! Ho vist la me siora nonna, che delle volte la bollava
le lettere col pan mastegà. Voio provar (tira fuori di
tasca un pezzetto di pane). Me despiase consumar sto
tantin de pan; ma ghe vol pazenzia (mastica un po'di
pane per sigillare la lettera, ma non volendo
l'inghiotte). Oh diavolo! L'è andà zo. Bisogna
mastegarghene un altro boccon (fa lo stesso e
l'inghiotte). No gh'è remedio, la natura repugna. Me
proverò un'altra volta (mastica, come sopra. Vorrebbe
inghiottir il pane, ma si trattiene, e con gran fatica se lo
leva di bocca). Oh, l'è vegnù. Bollerò la lettera (la
sigilla col pane). Me par che la staga ben. Gran mi per
far le cosse pulito! Oh, no m'arrecordava più del
facchin. Camerada, vegnì avanti, tolì su el baul (verso
la scena).
FACCHINO (col baule in spalla) Son qua, dove
l'avemio da portar?
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TRUFFALDINO Portel in quella locanda, che adess
vegno anca mi.
FACCHINO E chi pagherà?
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SCENA QUINDICESIMA
Beatrice, che esce dalla locanda, e detti.
BEATRICE È questo il mio baule? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Signor sì.
BEATRICE Portatelo nella mia camera (al Facchino).
FACCHINO Qual èla la so camera?
BEATRICE Domandatelo al cameriere.
FACCHINO Semo d'accordo trenta soldi.
BEATRICE Andate, che vi pagherò.
FACCHINO Che la fazza presto.
BEATRICE Non mi seccate.
FACCHINO Adessadesso ghe butto el baul in mezzo
alla strada (entra nella locanda).
TRUFFALDINO Gran persone gentili che son sti
facchini!
BEATRICE Sei stato alla Posta?
TRUFFALDINO Signor si.
BEATRICE Lettere mie ve ne sono?
TRUFFALDINO Ghe n'era una de vostra sorella.
BEATRICE Bene, dov'è?
TRUFFALDINO Eccola qua (le dà la lettera).
BEATRICE Questa lettera è stata aperta.
TRUFFALDINO Averta? Oh! no pol esser.
BEATRICE Aperta e sigillata ora col pane.
TRUFFALDINO Mi no saveria mai come che la fusse.
53
BEATRICE Non lo sapresti, eh? Briccone, indegno; chi
ha aperto questa lettera? Voglio saperlo.
TRUFFALDINO Ghe dirò, signor, ghe confesserò la
verità. Semo tutti capaci de fallar. Alla Posta gh'era una
lettera mia; so poco lezer; e in fallo, in vece de averzer
la mia, ho averto la soa. Ghe domando perdon.
BEATRICE Se la cosa fosse così, non vi sarebbe male.
TRUFFALDINO L'è così da povero fiol.
BEATRICE L'hai letta questa lettera? Sai che cosa
contiene?
TRUFFALDINO Niente affatto. L'è un carattere che no
capisso.
BEATRICE L'ha veduta nessuno?
TRUFFALDINO Oh! (maravigliandosi).
BEATRICE Bada bene, veh!
TRUFFALDINO Uh! (come sopra).
BEATRICE (Non vorrei che costui m'ingannasse)
(legge piano).
TRUFFALDINO (Anca questa l'è tacconada).
BEATRICE (Tognino è un servitore fedele. Gli ho
dell'obbligazione). Orsù, io vado per un interesse poco
lontano Tu va nella locanda, apri il baule, eccoti le
chiavi e da'un poco d'aria ai miei vestiti. Quando torno,
si pranzerà (Il signor Pantalone non si vede, ed a me
premono queste monete) (parte).
54
SCENA SEDICESIMA
Truffaldino, poi Pantalone.
TRUFFALDINO Mo l'è andada ben, che no la podeva
andar meio. Son un omo de garbo; me stimo cento scudi
de più de quel che no me stimava.
PANTALONE Disè, amigo, el vostro padron xèlo in
casa?
TRUFFALDINO Sior no, nol ghe xè.
PANTALONE Saveu dove che el sia?
TRUFFALDINO Gnanca.
PANTALONE Vienlo a casa a disnar?
TRUFFALDINO Mi crederave de sì.
PANTALONE Tolè, col vien a casa, deghe sta borsa co
sti cento ducati. No posso trattegnirme, perché gl'ho da
far. Ve reverisso (parte).
55
SCENA DICIASSETTESIMA
Truffaldino, poi Florindo.
TRUFFALDINO La diga, la senta. Bon viazo. Non m'ha
gnanca dito a qual dei mi padroni ghe l'ho da dar.
FLORINDO E bene, hai tu ritrovato Pasquale?
TRUFFALDINO Sior no, no l'ho trovà Pasqual, ma ho
trovà uno, che m'ha dà una borsa con cento ducati.
FLORINDO Cento ducati? Per farne che?
TRUFFALDINO Disim la verità, sior padron, aspetteu
denari da nissuna banda?
FLORINDO Sì ho presentata una lettera ad un
mercante.
TRUFFALDINO Donca sti quattrini i sarà vostri.
FLORINDO Che cosa ha detto chi te li ha dati?
TRUFFALDINO El m'ha dit, che li daga al me padron.
FLORINDO Dunque sono miei senz'altro. Non sono io
il tuo padrone? Che dubbio c'è?
TRUFFALDINO (Nol sa gnente de quell'alter padron).
FLORINDO E non sai chi te li abbia dati?
TRUFFALDINO Mi no so; me par quel viso averlo
visto un'altra volta, ma no me recordo.
FLORINDO Sarà un mercante, a cui sono
raccomandato.
TRUFFALDINO El sarà lu senz'altro.
FLORINDO Ricordati di Pasquale.
TRUFFALDINO Dopo disnar lo troverò.
56
FLORINDO Andiamo dunque a sollecitare il pranzo
(entra nella locanda).
TRUFFALDINO Andemo pur. Manco mal che sta volta
non ho fallà. La borsa l'ho dada a chi l'aveva d'aver
(entra nella locanda).
57
SCENA DICIOTTESIMA
Camera in casa di Pantalone Pantalone e Clarice, poi
Smeraldina.
PANTALONE Tant'è; sior Federigo ha da esser vostro
mario. Ho dà parola, e no son un bambozzo.
CLARICE Siete padrone di me, signor padre; ma
questa, compatitemi, è una tirannia.
PANTALONE Quando sior Federigo v'ha fatto
domandar, ve l'ho dito; vu non m'avè resposo de no
volerlo. Allora dovevi parlar; adesso no sè più a tempo.
CLARICE La soggezione, il rispetto, mi fecero
ammutolire.
PANTALONE Fè che el respetto e la suggizion fazza
l'istesso anca adesso.
CLARICE Non posso, signor padre.
PANTALONE No? per cossa?
CLARICE Federigo non lo sposerò certamente.
PANTALONE Ve despiaselo tanto?
CLARICE È odioso agli occhi miei.
PANTALONE Anca sì che mi ve insegno el modo de far
che el ve piasa?
CLARICE Come mai, signore?
PANTALONE Desmenteghève sior Silvio, e vederè che
el ve piaserà.
58
CLARICE Silvio è troppo fortemente impresso
nell'anima mia; e voi coll'approvazione vostra lo avete
ancora più radicato.
PANTALONE (Da una banda la compatisso). Bisogna
far de necessità vertù.
CLARICE Il mio cuore non è capace di uno sforzo sì
grande.
PANTALONE Feve animo, bisogna farlo...
SMERALDINA Signor padrone, è qui il signor
Federigo, che vuol riverirla.
PANTALONE Ch'el vegna, che el xè patron.
CLARICE Oimè! Che tormento! (piange).
SMERALDINA Che avete, signora padrona? Piangete?
In verità avete torto. Non avete veduto com'è bellino il
signor Federigo? Se toccasse a me una tal fortuna, non
vorrei piangere, no; vorrei ridere con tanto di bocca
(parte).
PANTALONE Via, fia mia, no te far veder a pianzer.
CLARICE Ma se mi sento scoppiar il cuore.
59
SCENA DICIANNOVESIMA
Beatrice da uomo, e detti.
BEATRICE Riverisco il signor Pantalone.
PANTALONE Padron reverito. Àla recevesto una borsa
con cento ducati?
BEATRICE Io no.
PANTALONE Ghe l'ho dada za un poco al so servitor.
La m'ha dito che el xè un omo fidà.
BEATRICE Sì, non vi è pericolo. Non l'ho veduto: me li
darà, quando torno a casa. (Che ha la signora Clarice
che piange?) (piano a Pantalone).
PANTALONE (Caro sior Federigo, bisogna compatirla.
La nova della so morte xè stada causa de sto mal. Col
tempo spero che la se scambierà) (piano a Beatrice).
BEATRICE (Fate una cosa, signor Pantalone, lasciatemi
un momento in libertà con lei, per vedere se mi riuscisse
d'aver una buona parola) (come sopra).
PANTALONE Sior Sì; vago e vegno. (Voggio provarle
tutte). Fia mia, aspetteme, che adesso torno. Tien un
poco de compagnia al to novizzo. (Via, abbi giudizio)
(piano a Clarice, e parte).
60
SCENA VENTESIMA
Beatrice e Clarice.
BEATRICE Deh, signora Clarice...
CLARICE Scostatevi, e non ardite d'importunarmi.
BEATRICE Così severa con chi vi è destinato in
consorte?
CLARICE Se sarò strascinata per forza alle vostre
nozze, avrete da me la mano, ma non il cuore.
BEATRICE Voi siete sdegnata meco, eppure io spero
placarvi.
CLARICE V'aborrirò in eterno.
BEATRICE Se mi conosceste, voi non direste così.
CLARICE Vi conosco abbastanza per lo sturbatore della
mia pace.
BEATRICE Ma io ho il modo di consolarvi.
CLARICE V'ingannate; altri che Silvio consolare non
mi potrebbe.
BEATRICE Certo che non posso darvi quella
consolazione, che dar vi potrebbe il vostro Silvio, ma
posso contribuire alla vostra felicità.
CLARICE Mi par assai, signore, che parlandovi io in
una maniera la più aspra del mondo, vogliate ancor
tormentarmi.
BEATRICE (Questa povera giovane mi fa pietà; non ho
cuore di vederla penare).
61
CLARICE (La passione mi fa diventare ardita,
temeraria, incivile).
BEATRICE Signora Clarice, vi ho da confidare un
segreto.
CLARICE Non vi prometto la segretezza. Tralasciate di
confidarmelo.
BEATRICE La vostra austerità mi toglie il modo di
potervi render felice.
CLARICE Voi non mi potete rendere che sventurata.
BEATRICE V'ingannate; e per convincervi vi parlerò
schiettamente. Se voi non volete me, io non saprei che
fare di voi. Se avete ad altri impegnata la destra, anch'io
con altri ho impegnato il cuore.
CLARICE Ora cominciate a piacermi.
BEATRICE Non vel dissi che aveva io il modo di
consolarvi?
CLARICE Ah, temo che mi deludiate.
BEATRICE No, signora, non fingo. Parlovi col cuore
sulle labbra; e se mi promettete quella segretezza che mi
negaste poc'anzi, vi confiderò un arcano, che metterà in
sicuro la vostra pace.
CLARICE Giuro di osservare il più rigoroso silenzio.
BEATRICE Io non sono Federigo Rasponi, ma Beatrice
di lui sorella.
CLARICE Oh! che mi dite mai! Voi donna?
BEATRICE Sì, tale io sono. Pensate, se aspiravo di
cuore alle vostre nozze.
CLARICE E di vostro fratello che nuova ci date?
62
BEATRICE Egli morì pur troppo d'un colpo di spada.
Fu creduto autore della di lui morte un amante mio, di
cui sotto di queste spoglie mi porto in traccia. Pregovi
per tutte le sacre leggi d'amicizia e d'amore di non
tradirmi. So che incauta sono io stata confidandovi un
tale arcano, ma l'ho fatto per più motivi; primieramente,
perché mi doleva vedervi afflitta; in secondo luogo,
perché mi pare conoscere in voi che siate una ragazza da
potersi compromettere di segretezza; per ultimo, perché
il vostro Silvio mi ha minacciato e non vorrei che,
sollecitato da voi, mi ponesse in qualche cimento.
CLARICE A Silvio mi permettete voi ch'io lo dica?
BEATRICE No, anzi ve lo proibisco assolutamente.
CLARICE Bene, non parlerò.
BEATRICE Badate che mi fido di voi.
CLARICE Ve lo giuro di nuovo, non parlerò.
BEATRICE Ora non mi guarderete più di mal occhio.
CLARICE Anzi vi sarò amica; e, se posso giovarvi,
disponete di me.
BEATRICE Anch'io vi giuro eterna la mia amicizia.
Datemi la vostra mano.
CLARICE Eh, non vorrei...
BEATRICE Avete paura ch'io non sia donna? Vi darò
evidenti prove della verità.
CLARICE Credetemi, ancora mi pare un sogno.
BEATRICE Infatti la cosa non è ordinaria.
CLARICE È stravagantissima.
BEATRICE Orsù, io me ne voglio andare. Tocchiamoci
la mano in segno di buona amicizia e di fedeltà.
63
CLARICE Ecco la mano; non ho nessun dubbio che
m'inganniate.
64
SCENA VENTUNESIMA
Pantalone e dette.
PANTALONE Bravi! Me ne rallegro infinitamente. (Fia
mia, ti t'ha giustà molto presto) (a Clarice).
BEATRICE Non vel dissi, signor Pantalone, ch'io l'avrei
placata?
PANTALONE Bravo! Avè fatto più vu in quattro
minuti, che no averave fatto mi in quattr'anni.
CLARICE (Ora sono in un laberinto maggiore).
PANTALONE Donca stabiliremo presto sto matrimonio
(a Clarice).
CLARICE Non abbiate tanta fretta, signore.
PANTALONE Come! Se se tocca le manine in scondon,
e non ho d'aver pressa? No, no, no voggio che me
succeda desgrazie. Doman se farà tutto.
BEATRICE Sarà necessario, signor Pantalone, che
prima accomodiamo le nostre partite, che vediamo il
nostro conteggio.
PANTALONE Faremo tutto. Queste le xè cosse che le
se fa in do ore. Doman daremo l'anello.
CLARICE Deh, signor padre...
PANTALONE Siora fia, vago in sto ponto a dir le
parole a sior Silvio.
CLARICE Non lo irritate, per amor del cielo.
PANTALONE Coss'è? Ghe ne vustu do?
CLARICE Non dico questo. Ma...
65
PANTALONE Ma e mo, la xè finia. Schiavo, siori (vuol
partire).
BEATRICE Udite... (a Pantalone).
PANTALONE Sè mario e muggier (partendo).
CLARICE Piuttosto... (a Pantalone).
PANTALONE Stassera la descorreremo (parte).
66
SCENA VENTIDUESIMA
Beatrice e Clarice.
CLARICE Ah, signora Beatrice, esco da un affanno per
entrare in un altro.
BEATRICE Abbiate pazienza. Tutto può succedere, fuor
ch'io vi sposi.
CLARICE E se Silvio mi crede infedele?
BEATRICE Durerà per poco l'inganno.
CLARICE Se gli potessi svelare la verità...
BEATRICE Io non vi disimpegno dal giuramento.
CLARICE Che devo fare dunque?
BEATRICE Soffrire un poco.
CLARICE Dubito che sia troppo penosa una tal
sofferenza.
BEATRICE Non dubitate, che dopo i timori, dopo gli
affanni, riescono più graditi gli amorosi contenti (parte).
CLARICE Non posso lusingarmi di provar i contenti,
finchè mi vedo circondata da pene. Ah, pur troppo egli è
vero: in questa vita per lo più o si pena, o si spera, e
poche volte si gode (parte).
67
ATTO SECONDO
68
SCENA PRIMA
Cortile in casa di Pantalone
Silvio e il Dottore.
SILVIO Signor padre, vi prego lasciarmi stare.
DOTTORE Fermati; rispondimi un poco.
SILVIO Sono fuori di me.
DOTTORE Per qual motivo sei tu venuto nel cortile del
signor Pantalone?
SILVIO Perché voglio, o che egli mi mantenga quella
parola che mi ha dato, o che mi renda conto del
gravissimo affronto.
DOTTORE Ma questa è una cosa che non conviene
farla nella propria casa di Pantalone. Tu sei un pazzo a
lasciarti trasportar dalla collera.
SILVIO Chi tratta male con noi, non merita alcun
rispetto.
DOTTORE È vero, ma non per questo si ha da
precipitare. Lascia fare a me, Silvio mio, lascia un po'
ch'io gli parli; può essere ch'io lo illumini e gli faccia
conoscere il suo dovere. Ritirati in qualche loco, e
aspettami; esci di questo cortile, non facciamo scene.
Aspetterò io il signor Pantalone.
SILVIO Ma io, signor padre...
DOTTORE Ma io, signor figliuolo, voglio poi esser
obbedito.
69
SILVIO Sì, v'obbedirò. Me n'anderò. Parlategli. Vi
aspetto dallo speziale. Ma se il signor Pantalone
persiste, avrà che fare con me (parte).
70
SCENA SECONDA
Il Dottore, poi Pantalone.
DOTTORE Povero figliuolo, lo compatisco. Non
doveva mai il signor Pantalone lusingarlo a tal segno,
prima di essere certo della morte del torinese. Vorrei
pure vederlo quieto, e non vorrei che la collera me lo
facesse precipitare.
PANTALONE (Cossa fa el Dottor in casa mia?).
DOTTORE Oh, signor Pantalone, vi riverisco.
PANTALONE Schiavo, sior Dottor. Giusto adesso
vegniva a cercar de vu e de vostro fio.
DOTTORE Sì? Bravo, m'immagino che dovevate venir
in traccia di noi, per assicurarci che la signora Clarice
sarà moglie di Silvio.
PANTALONE Anzi vegniva per dirve... (mostrando
difficoltà di parlare).
DOTTORE No, non c'è bisogno di altre giustificazioni.
Compatisco il caso in cui vi siete trovato. Tutto vi si
passa in grazia della buona amicizia.
PANTALONE Seguro, che considerando la promessa
fatta a sior Federigo... (titubando, come sopra).
DOTTORE E colto all'improvviso da lui, non avete
avuto tempo a riflettere; e non avete pensato all'affronto
che si faceva alla nostra casa.
PANTALONE No se pol dir affronto, quando con un
altro contratto...
71
DOTTORE So che cosa volete dire. Pareva a prima
vista che la promessa col turinese fosse indissolubile,
perché stipulata per via di contratto. Ma quello era un
contratto seguito fra voi e lui; e il nostro è confermato
dalla fanciulla.
PANTALONE Xè vero; ma...
DOTTORE E sapete bene che in materia di matrimoni:
Consensus et non concubitus facit virum.
PANTALONE Mi no so de latin; ma ve digo...
DOTTORE E le ragazze non bisogna sacrificarle.
PANTALONE Aveu altro da dir?
DOTTORE Per me ho detto.
PANTALONE Aveu fenio?
DOTTORE Ho finito.
PANTALONE Possio parlar?
DOTTORE Parlate.
PANTALONE Sior dottor caro, con tutta la vostra
dottrina...
DOTTORE Circa alla dote ci aggiusteremo. Poco più,
poco meno, non guarderò.
PANTALONE Semo da capo. Voleu lassarme parlar?
DOTTORE Parlate.
PANTALONE Ve digo che la vostra dottrina xè bella e
bona; ma in sto caso no la conclude.
DOTTORE E voi comporterete che segua un tal
matrimonio?
PANTALONE Per mi giera impegnà, che no me podeva
cavar. Mia fia xè contenta; che difficoltà possio aver?
Vegniva a posta a cercar de vu o de sior Silvio, per dirve
72
sta cossa. La me despiase assae, ma non ghe vedo
remedio.
DOTTORE Non mi maraviglio della vostra figliuola; mi
maraviglio di voi, che trattiate si malamente con me. Se
non eravate sicuro della morte del signor Federigo, non
avevate a impegnarvi col mio figliuolo; e se con lui vi
siete impegnato, avete a mantener la parola a costo di
tutto. La nuova della morte di Federigo giustificava
bastantemente, anche presso di lui, la vostra nuova
risoluzione, né poteva egli rimproverarvi, né aveva
luogo a pretendere veruna soddisfazione. Gli sponsali
contratti questa mattina fra la signora Clarice ed il mio
figliuolo coram testibus non potevano essere sciolti da
una semplice parola data da voi ad un altro. Mi darebbe
l'animo colle ragioni di mio figliuolo render nullo ogni
nuovo contratto, e obbligar vostra figlia a prenderlo per
marito; ma mi vergognerei d'avere in casa mia una
nuora di così poca riputazione, una figlia di un uomo
senza parola, come voi siete. Signor Pantalone,
ricordatevi che l'avete fatta a me, che l'avete fatta alla
casa Lombardi verrà il tempo che forse me la dovrete
pagare: sì, verrà il tempo: omnia tempus habent (parte).
73
SCENA TERZA
Pantalone, poi Silvio.
PANTALONE Andè, che ve mando. No me n'importa
un figo, e no gh'ho paura de vu. Stimo più la casa
Rasponi de cento case Lombardi. Un fio unico e ricco
de sta qualità se stenta a trovarlo. L'ha da esser cussì.
SILVIO (Ha bel dire mio padre. Chi si può tenere, si
tenga).
PANTALONE (Adesso, alla segonda de cambio)
(vedendo Silvio).
SILVIO Schiavo suo, signore (bruscamente).
PANTALONE Patron reverito. (La ghe fuma).
SILVIO Ho inteso da mio padre un certo non so che;
crediamo poi che sia la verità?
PANTALONE Co ghe l'ha dito so sior padre, sarà vero.
SILVIO Sono dunque stabiliti gli sponsali della signora
Clarice col signor Federigo?
PANTALONE Sior sì, stabiliti e conclusi.
SILVIO Mi maraviglio che me lo diciate con tanta
temerità. Uomo senza parola, senza riputazione.
PANTALONE Come parlela, padron? Co un omo
vecchio della mia sorte la tratta cussì?
SILVIO Non so chi mi tenga, che non vi passi da parte a
parte.
PANTALONE No son miga una rana, padron. In casa
mia se vien a far ste bulae?
74
SILVIO Venite fuori di questa casa.
PANTALONE Me maraveggio de ella, sior.
SILVIO Fuori, se siete un uomo d'onore.
PANTALONE Ai omeni della mia sorte se ghe porta
respetto.
SILVIO Siete un vile, un codardo, un plebeo.
PANTALONE Sè un tocco de temerario.
SILVIO Eh, giuro al Cielo... (mette mano alla spada).
PANTALONE Agiuto (mette mano al pistolese).
75
SCENA QUARTA
Beatrice colla spada alla mano, e detti.
BEATRICE Eccomi; sono io in vostra difesa (a
Pantalone, e rivolta la spada contro Silvio).
PANTALONE Sior zenero, me raccomando (a
Beatrice).
SILVIO Con te per l'appunto desideravo di battermi (a
Beatrice).
BEATRICE (Son nell'impegno).
SILVIO Rivolgi a me quella spada (a Beatrice).
PANTALONE Ah, sior zenero... (timoroso).
BEATRICE Non è la prima volta che io mi sia
cimentato. Son qui, non ho timore di voi (presenta la
spada a Silvio).
PANTALONE Aiuto. No gh'è nissun? (Parte correndo
verso la strada). Beatrice e Silvio si battono. Silvio cade
e lascia la spada in terra, e Beatrice gli presenta la punta
al petto.
76
SCENA QUINTA
Clarice e detti.
CLARICE Oimè! Fermate (a Beatrice).
BEATRICE Bella Clarice, in grazia vostra dono a Silvio
la vita; e voi, in ricompensa della mia pietà, ricordatevi
del giuramento (parte).
77
SCENA SESTA
Silvio e Clarice.
CLARICE Siete salvo o mio caro?
SILVIO Ah, perfida ingannatrice! Caro a Silvio? Caro
ad un amante schernito, ad uno sposo tradito?
CLARICE No, Silvio, non merito i vostri rimproveri.
V'amo, v'adoro, vi son fedele.
SILVIO Ah menzognera! Mi sei fedele, eh? Fedeltà
chiami prometter fede ad un altro amante?
CLARICE Ciò non feci, ne farò mai. Morirò, prima
d'abbandonarvi.
SILVIO Sento che vi ha impegnato con un giuramento.
CLARICE Il giuramento non mi obbliga ad isposarlo.
SILVIO Che cosa dunque giuraste?
CLARICE Caro Silvio, compatitemi, non posso dirlo.
SILVIO Per qual ragione?
CLARICE Perché giurai di tacere.
SILVIO Segno dunque che siete colpevole.
CLARICE No, sono innocente.
SILVIO Gl'innocenti non tacciono.
CLARICE Eppure questa volta rea mi farei parlando.
SILVIO Questo silenzio a chi l'avete giurato?
CLARICE A Federigo.
SILVIO E con tanto zelo l'osserverete?
CLARICE L'osserverò per non divenire spergiura.
78
SILVIO E dite di non amarlo? Semplice chi vi crede.
Non vi credo io già, barbara, ingannatrice! Toglietevi
dagli occhi miei.
CLARICE Se non vi amassi, non sarei corsa qui a
precipizio per difendere la vostra vita.
SILVIO Odio anche la vita, se ho da riconoscerla da
un'ingrata.
CLARICE Vi amo con tutto il cuore.
SILVIO Vi aborrisco con tutta l'anima.
CLARICE Morirò, se non vi placate.
SILVIO Vedrei il vostro sangue più volentieri della
infedeltà vostra.
CLARICE Saprò soddisfarvi (toglie la spada di terra).
SILVIO Sì, quella spada potrebbe vendicare i miei torti.
CLARICE Così barbaro colla vostra Clarice?
SILVIO Voi mi avete insegnata la crudeltà.
CLARICE Dunque bramate la morte mia?
SILVIO Io non so dire che cosa brami.
CLARICE Vi saprò compiacere (volta la punta al
proprio seno).
79
SCENA SETTIMA
Smeraldina e detti.
SMERALDINA Fermatevi; che diamine fate? (leva la
spada a Clarice). E voi, cane rinnegato, l'avreste
lasciata morire? (a Silvio). Che cuore avete di tigre, di
leone, di diavolo? Guardate lì il bel suggettino, per cui
le donne s'abbiano a sbudellare! Oh siete pur buona,
signora padrona. Non vi vuole più forse? Chi non vi
vuol, non vi merita. Vada all'inferno questo sicario, e voi
venite meco, che degli uomini non ne mancano;
m'impegno avanti sera trovarvene una dozzina (getta la
spada in terra, e Silvio la prende).
CLARICE (piangendo) Ingrato! Possibile che la mia
morte non vi costasse un sospiro? Sì, mi ucciderà il
dolore; morirò, sarete contento. Però vi sarà nota un
giorno la mia innocenza, e tardi allora, pentito di non
avermi creduto, piangerete la mia sventura e la vostra
barbara crudeltà (parte).
80
SCENA OTTAVA
Silvio e Smeraldina.
SMERALDINA Questa è una cosa che non so capire.
Veder una ragazza che si vuol ammazzare, e star lì a
guardarla, come se vedeste rappresentare una scena di
commedia.
SILVIO Pazza che sei! Credi tu ch'ella si volesse
uccider davvero?
SMERALDINA Non so altro io so che, se non arrivavo
a tempo, la poverina sarebbe ita.
SILVIO Vi voleva ancor tanto prima che la spada
giungesse al petto.
SMERALDINA Sentite che bugiardo! Se stava lì lì per
entrare.
SILVIO Tutte finzioni di voi altre donne.
SMERALDINA Sì, se fossimo come voi. Dirò, come
dice il proverbio: noi abbiamo le voci, e voi altri avete
le noci. Le donne hanno la fama di essere infedeli, e gli
uomini commettono le infedeltà a più non posso. Delle
donne si parla, e degli uomini non si dice nulla. Noi
siamo criticate, e a voi altri si passa tutto. Sapete
perché? Perché le leggi le hanno fatte gli uomini; che se
le avessero fatte le donne, si sentirebbe tutto il contrario.
S'io comandassi, vorrei che tutti gli uomini infedeli
portassero un ramo d'albero in mano, e so che tutte le
città diventerebbero boschi (parte).
81
SCENA NONA
Silvio solo.
SILVIO Sì, che Clarice è infedele, e col pretesto di un
giuramento affetta di voler celare la verità. Ella è una
perfida, e l'atto di volersi ferire fu un'invenzione per
ingannarmi, per muovermi a compassione di lei. Ma se
il destino mi fece cadere a fronte del mio rivale, non
lascierò mai il pensiero di vendicarmi. Morirà
quell'indegno, e Clarice ingrata vedrà nel di lui sangue il
frutto de'suoi amori (parte)
82
SCENA DECIMA
Sala della locanda con due porte in prospetto e due
laterali
Truffaldino, poi Florindo.
TRUFFALDINO Mo gran desgrazia che l'è la mia! De
do padroni nissun è vegnudo ancora a disnar. L'è do ore
che è sonà mezzozorno, e nissun se vede. I vegnirà po
tutti do in una volta, e mi sarò imbroiado; tutti do no li
poderò servir, e se scovrirà la fazenda. Zitto, zitto, che
ghe n'è qua un. Manco mal.
FLORINDO Ebbene, hai ritrovato codesto Pasquale?
TRUFFALDINO No avemio dito, signor, che el
cercherò dopo che averemo disnà?
FLORINDO Io sono impaziente.
TRUFFALDINO El doveva vegnir a disnar un poco più
presto.
FLORINDO (Non vi è modo ch'io possa assicurarmi se
qui si trovi Beatrice).
TRUFFALDINO El me dis, andemo a ordinar el pranzo,
e po el va fora de casa. La roba sarà andada de mal.
FLORINDO Per ora non ho volontà di mangiare. (Vo'
tornare alla Posta. Ci voglio andare da me; qualche cosa
forse rileverò).
TRUFFALDINO La sappia, signor, che in sto paese
bisogna magnar, e chi no magna, s'ammala.
83
FLORINDO Devo uscire per un affar di premura. Se
torno a pranzo, bene; quando no, mangerò questa sera.
Tu, se vuoi, fatti dar da mangiare.
TRUFFALDINO Oh, non occorr'altro. Co l'è cusì, che
el se comoda, che l'è padron.
FLORINDO Questi danari mi pesano; tieni, mettili nel
mio baule. Eccoti la chiave (dà a Truffaldino la borsa
dei cento ducati e la chiave).
TRUFFALDINO La servo, e ghe porto la chiave.
FLORINDO No, no, me la darai. Non mi vo'trattenere.
Se non torno a pranzo, vieni alla piazza; attenderò con
impazienza che tu abbia ritrovato Pasquale (parte).
84
SCENA UNDICESIMA
Truffaldino, poi Beatrice con un foglio in mano.
TRUFFALDINO Manco mal che l'ha dito che me fazza
dar da magnar; cusì andaremo d'accordo. Se nol vol
magnar lu, che el lassa star. La mia complession no l'è
fatta per dezunar. Voi metter via sta borsa, e po subito...
BEATRICE Ehi, Truffaldino!
TRUFFALDINO (Oh diavolo!).
BEATRICE Il signor Pantalone de' Bisognosi ti ha dato
una borsa con cento ducati?
TRUFFALDINO Sior sì, el me l'ha dada.
BEATRICE E perché dunque non me la dai?
TRUFFALDINO Mo vienla a vussioria?
BEATRICE Se viene a me? Che cosa ti ha detto, quando
ti ha dato la borsa?
TRUFFALDINO El m'ha dit che la daga al me padron.
BEATRICE Bene, il tuo padrone chi è?
TRUFFALDINO Vussioria.
BEATRICE E perché domandi dunque, se la borsa è
mia?
TRUFFALDINO Donca la sarà soa.
BEATRICE Dov'è la borsa?
TRUFFALDINO Eccola qua (gli dà la borsa).
BEATRICE Sono giusti?
TRUFFALDINO Mi no li ho toccadi, signor.
BEATRICE (Li conterò poi).
85
TRUFFALDINO (Aveva fallà mi colla borsa; ma ho
rimedià. Cossa dirà quell'altro? Se no i giera soi, nol
dirà niente).
BEATRICE Vi è il padrone della locanda?
TRUFFALDINO El gh'è è, signor si.
BEATRICE Digli che avrò un amico a pranzo con me,
che presto presto procuri di accrescer la tavola più che
può.
TRUFFALDINO Come vorla restar servida? Quanti
piatti comandela?
BEATRICE Il signor Pantalone de' Bisognosi non è
uomo di gran soggezione. Digli che faccia cinque o sei
piatti; qualche cosa di buono.
TRUFFALDINO Se remettela in mi?
BEATRICE Sì, ordina tu, fatti onore. Vado a prender
l'amico, che è qui poco lontano; e quando torno, fa che
sia preparato (in atto di partire).
TRUFFALDINO La vederà, come la sarà servida.
BEATRICE Tieni questo foglio, mettilo nel baule. Bada
bene veh, che è una lettera di cambio di quattromila
scudi.
TRUFFALDINO No la se dubita, la metterò via subito.
BEATRICE Fa' che sia tutto pronto. (Povero signor
Pantalone, ha avuto la gran paura. Ha bisogno di essere
divertito) (parte).
86
SCENA DODICESIMA
Truffaldino, poi Brighella.
TRUFFALDINO Qua bisogna veder de farse onor. La
prima volta che sto me padron me ordina un disnar, voi
farghe veder se son de bon gusto. Metterò via sta carta,
e po... La metterò via dopo, no vòi perder tempo. Oe de
là; gh'è nissun? Chiameme missier Brighella, diseghe
che ghe vòi parlar (verso la scena). No consiste tanto un
bel disnar in te le pietanze, ma in tel bon ordine; val più
una bella disposizion, che no val una montagna de
piatti.
BRIGHELLA Cossa gh'è, sior Truffaldin? Cossa
comandeu da mi?
TRUFFALDINO El me padron el gh'ha un amigo a
disnar con lu; el vol che radoppiè la tavola, ma presto,
subito. Aveu el bisogno in cusina?
BRIGHELLA Da mi gh'è sempre de tutto. In mezz'ora
posso metter all'ordine qualsesia disnar.
TRUFFALDINO Ben donca. Disìme cossa che ghe
darè.
BRIGHELLA Per do persone, faremo do portade de
quattro piatti l'una; anderà ben?
TRUFFALDINO (L'ha dito cinque o sie piatti; sie o
otto, no gh'è mal). Anderà ben. Cossa ghe sarà in sti
piatti?
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BRIGHELLA Nella prima portada ghe daremo la zuppa,
la frittura, el lesso e un fracandò.
TRUFFALDINO Tre piatti li cognosso; el quarto no so
cossa che el sia.
BRIGHELLA Un piatto alla franzese, un intingolo, una
bona vivanda.
TRUFFALDINO Benissimo, la prima portada va ben;
alla segonda.
BRIGHELLA La segonda ghe daremo l'arrosto,
l'insalata, un pezzo de carne pastizzada e un bodin.
TRUFFALDINO Anca qua gh'è un piatto che no
cognosso; coss'è sto budellin?
BRIGHELLA Ho dito un bodin, un piatto all'inglese,
una cossa bona.
TRUFFALDINO Ben, son contento; ma come
disponeremio le vivande in tavola?
BRIGHELLA L'è una cossa facile. El camerier farà lu.
TRUFFALDINO No, amigo, me preme la scalcaria;
tutto consiste in saver metter in tola ben.
BRIGHELLA Se metterà, per esempio, qua la soppa,
qua el fritto, qua l'alesso e qua el fracandò (accenna una
qualche distribuzione).
TRUFFALDINO No, no me piase; e in mezzo no ghe
mettè gnente?
BRIGHELLA Bisognerave che fessimo cinque piatti.
TRUFFALDINO Ben, far cinque piatti.
BRIGHELLA In mezzo ghe metteremo una salsa per el
lesso.
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TRUFFALDINO No, no savè gnente, caro amigo; la
salsa no va ben in mezzo; in mezzo ghe va la minestra.
BRIGHELLA E da una banda metteremo el lesso, e da
st'altra la salsa...
TRUFFALDINO Oibò, no faremo gnente. Voi altri
locandieri savì cusinar, ma no savi metter in tola. Ve
insegnerò mi. Fè conto che questa sia la tavola
(s'inginocchia con un ginocchio, e accenna il
pavimento). Osservè come se distribuisse sti cinque
piatti; per esempio: qua in mezzo la minestra (straccia
un pezzo della lettera di cambio, e figura di mettere per
esempio un piatto nel mezzo). Qua da sta parte el lesso
(fa lo stesso, stracciando un altro pezzo di lettera, e
mettendo il pezzo da un canto). Da st'altra parte el fritto
(fa lo stesso con un altro pezzo di lettera, ponendolo
all'incontro dell'altro). Qua la salsa, e qua el piatto che
no cognosso (con altri due pezzi della lettera compisce
la figura di cinque piatti). Cossa ve par? Cusì anderala
ben? (a Brighella).
BRIGHELLA Va ben; ma la salsa l'è troppo lontana dal
lesso.
TRUFFALDINO Adesso vederemo come se pol far a
tirarla più da visin.
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SCENA TREDICESIMA
Beatrice, Pantalone e detti.
BEATRICE Che cosa fai ginocchioni? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Stava qua disegnando la scalcaria
(s'alza).
BEATRICE Che foglio è quello?
TRUFFALDINO (Oh diavolo! la lettera che el m'ha
da!).
BEATRICE Quella è la mia cambiale.
TRUFFALDINO La compatissa. La torneremo a unir...
BEATRICE Briccone! Così tieni conto delle cose mie?
Di cose di tanta importanza? Tu meriteresti che io ti
bastonassi. Che dite, signor Pantalone? Si può vedere
una sciocchezza maggior di questa?
PANTALONE In verità che la xè da rider. Sarave mal se
no ghe fusse caso de remediarghe; ma co mi ghe ne
fazzo un'altra, la xè giustada.
BEATRICE Tant'era se la cambiale veniva di lontan
paese. Ignorantaccio!
TRUFFALDINO Tutto el mal l'è vegnù, perché
Brighella no sa metter i piatti in tola.
BRIGHELLA El trova difficoltà in tutto.
TRUFFALDINO Mi son un omo che sa...
BEATRICE Va via di qua (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Val più el bon ordine...
BEATRICE Va via, ti dico.
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TRUFFALDINO In materia de scalcheria no ghe la
cedo al primo marescalco del mondo (parte).
BRIGHELLA No lo capisso quell'omo: qualche volta l'è
furbo, e qualche volta l'è alocco.
BEATRICE Lo fa lo sciocco, il briccone. Ebbene, ci
darete voi da pranzo? (a Brighella).
BRIGHELLA Se la vol cinque piatti per portada, ghe
vol un poco de tempo.
PANTALONE Coss'è ste portade? Coss è sti cinque
piatti? Alla bona, alla bona. Quattro risi, un per de piatti,
e schiavo. Mi no son omo da suggizion.
BEATRICE Sentite? Regolatevi voi (a Brighella).
BRIGHELLA Benissimo; ma averia gusto, se qualcossa
ghe piasesse, che la me lo disesse.
PANTALONE Se ghe fusse delle polpette per mi, che
stago mal de denti, le magneria volentiera.
BEATRICE Sentite? Delle polpette (a Brighella).
BRIGHELLA La sarà servida. La se comoda in quella
camera, che adessadesso ghe mando in tola.
BEATRICE Dite a Truffaldino che venga a servire.
BRIGHELLA Ghe lo dirò, signor (parte).
91
SCENA QUATTORDICESIMA
Beatrice, Pantalone, poi Camerieri, poi Truffaldino.
BEATRICE Il signor Pantalone si contenterà di quel
poco che daranno.
PANTALONE Me maraveggio, cara ella, xè anca troppo
l'incomodo che la se tol; quel che averave da far mi con
elo, el fa elo con mi; ma la vede ben, gh'ho quella putta
in casa; fin che no xè fatto tutto, no xè lecito che la
staga insieme. Ho accettà le so grazie per devertirme un
pochetto; tremo ancora dalla paura. Se no gieri vu, fio
mio, quel cagadonao me sbasiva.
BEATRICE Ho piacere d'esser arrivato in tempo. (I
Camerieri portano nella camera indicata da Brighella
tutto l'occorrente per preparare la tavola, con bicchieri,
vino, pane ecc.)
PANTALONE In sta locanda i xè molto lesti.
BEATRICE Brighella è un uomo di garbo. In Torino
serviva un gran cavaliere, e porta ancora la sua livrea.
PANTALONE Ghe xè anca una certa locanda sora
Canal Grando, in fazza alle Fabbriche de Rialto, dove
che se magna molto ben; son stà diverse volte con certi
galantomeni, de quei della bona stampa, e son stà cusì
ben, che co me l'arrecordo, ancora me consolo. Tra le
altre cosse me recordo d'un certo vin de Borgogna che el
dava el becco alle stelle.
92
BEATRICE Non vi è maggior piacere al mondo, oltre
quello di essere in buona compagnia.
PANTALONE Oh se la savesse che compagnia che xè
quella! Se la savesse che cuori tanto fatti! Che sincerità!
Che schiettezza! Che belle conversazion, che s'ha fatto
anca alla Zuecca! Siei benedetti. Sette o otto
galantomeni, che no ghe xè i so compagni a sto mondo.
(I Camerieri escono dalla stanza e tornano verso la
cucina.)
BEATRICE Avete dunque goduto molto con questi?
PANTALONE L'è che spero de goder ancora.
TRUFFALDINO (col piatto in mano della minestra o
della zuppa) La resta servida in camera, che porto in
tola (a Beatrice).
BEATRICE Va innanzi tu; metti giù la zuppa.
TRUFFALDINO Eh, la resti servida (fa le cerimonie).
PANTALONE El xè curioso sto so servitor. Andemo
(entra in camera).
BEATRICE Io vorrei meno spirito, e più attenzione (a
Truffaldino, ed entra).
TRUFFALDINO Guardè che bei trattamenti! Un piatto
alla volta! I spende i so quattrini, e no i gh'ha niente de
bon gusto. Chi sa gnanca se sta minestra la sarà bona da
niente; voi sentir (assaggia la minestra, prendendone
con un cucchiaio che ha in tasca). Mi gh'ho sempre le
mie arme in scarsella. Eh! no gh'è mal; la poderave
esser pezo (entra in camera).
93
SCENA QUINDICESIMA
Un Cameriere con un piatto, poi Truffaldino, poi
Florindo, poi Beatrice ed altri Camerieri.
CAMERIERE Quanto sta costui a venir a prender le
vivande?
TRUFFALDINO (dalla camera) Son qua, camerada;
cossa me deu?
CAMERIERE Ecco il bollito. Vado a prender un altro
piatto (parte).
TRUFFALDINO Che el sia castrà, o che el sia vedèllo?
El me par castrà. Sentimolo un pochetin (ne assaggia un
poco). No l'è né castrà, né vedèllo: l'è pegora bella e
bona (s'incammina verso la camera di Beatrice).
FLORINDO Dove si va? (l'incontra).
TRUFFALDINO (Oh poveretto mi!).
FLORINDO Dove vai con quel piatto?
TRUFFALDINO Metteva in tavola, signor.
FLORINDO A chi?
TRUFFALDINO A vussioria.
FLORINDO Perché metti in tavola prima ch'io venga a
casa?
TRUFFALDINO V'ho visto a vegnir dalla finestra.
(Bisogna trovarla).
FLORINDO E dal bollito principi a metter in tavola, e
non dalla zuppa?
94
TRUFFALDINO Ghe dirò, signor, a Venezia la zuppa la
se magna in ultima.
FLORINDO Io costumo diversamente. Voglio la zuppa.
Riporta in cucina quel piatto.
TRUFFALDINO Signor sì la sarà servida.
FLORINDO E spicciati, che voglio poi riposare.
TRUFFALDINO Subito (mostra di ritornare in cucina).
FLORINDO (Beatrice non la ritroverò mai?) (entra
nell'altra camera in prospetto).
Truffaldino, entrato Florindo in camera, corre col piatto
e lo porta a Beatrice.
CAMERIERE (torna con una vivanda) E sempre
bisogna aspettarlo. Truffaldino (chiama).
TRUFFALDINO (esce di camera di Beatrice) Son qua.
Presto, andè a parecchiar in quell'altra camera, che l'è
arrivado quell'altro forestier, e portè la minestra subito.
CAMERIERE Subito (parte).
TRUFFALDINO Sta piatanza coss'èla mo? Bisogna che
el sia el fracastor (assaggia). Bona, bona, da galantomo
(la porta in camera di Beatrice. Camerieri passano e
portano l'occorrente per preparare la tavola in camera
di Florindo). Bravi. Pulito. I è lesti come gatti (verso i
Camerieri). Oh se me riuscisse de servir a tavola do
padroni; mo la saria la gran bella cossa. (Camerieri
escono dalla camera di Florindo e vanno verso la
cucina). Presto, fioi, la menestra.
CAMERIERE Pensate alla vostra tavola, e noi
penseremo a questa (parte).
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TRUFFALDINO Voria pensar a tutte do, se podesse.
(Cameriere torna colla minestra per Florindo). Dè qua
a mi, che ghe la porterò mi; andè a parecchiar la roba
per quell'altra camera. (Leva la minestra di mano al
Cameriere e la porta in camera di Florindo).
CAMERIERE Ê curioso costui. Vuol servire di qua e di
la. Io lascio fare: già la mia mancia bisognerà che me la
diano. Truffaldino esce di camera di Florindo.
BEATRICE Truffaldino (dalla camera lo chiama).
CAMERIERE Eh! servite il vostro padrone (a
Truffaldino).
TRUFFALDINO Son qua (entra in camera di Beatrice;
i Camerieri portano il bollito per Florindo).
CAMERIERE Date qui (lo prende). Camerieri partono.
Truffaldino esce di camera di Beatrice con i tondi
sporchi.
FLORINDO Truffaldino (dalla camera lo chiama
forte).
TRUFFALDINO De qua (vuol prendere il piatto del
bollito dal Cameriere).
CAMERIERE Questo lo porto io.
TRUFFALDINO No sentì che el me chiama mi? (gli
leva il bollito di mano e lo porta a Florindo).
CAMERIERE È bellissima. Vuol far tutto. (I Camerieri
portano un piatto di polpette, lo danno al Cameriere e
partono).
CAMERIERE Lo porterei io in camera, ma non voglio
aver che dire con costui. (Truffaldino esce di camera di
96
Florindo con i tondi sporchi). Tenete, signor
faccendiere; portate queste polpette al vostro padrone.
TRUFFALDINO Polpette? (prendendo il piatto in
mano).
CAMERIERE Sì, le polpette ch'egli ha ordinato (parte).
TRUFFALDINO Oh bella! A chi le òi da portar? Chi
diavol de sti padroni le averà ordinade? Se ghel vago a
domandar in cusina, no voria metterli in malizia; se fallo
e che no le porta a chi le ha ordenade, quell'altro le
domanderà e se scoverzirà l'imbroio. Farò cussi... Eh,
gran mi! Farò cusì; le spartirò in do tondi, le porterò
metà per un, e cusì chi le averà ordinade, le vederà
(prende un altro tondo di quelli che sono in sala, e
divide le polpette per metà). Quattro e quattro. Ma ghe
n'è una de più. A chi ghe l'òia da dar? No voi che nissun
se n'abbia per mal; me la magnerò mi (mangia la
polpetta). Adesso va ben. Portemo le polpette a questo
(mette in terra l'altro tondo, e ne porta uno da
Beatrice).
CAMERIERE (con un bodino all'inglese) Truffaldino
(chiama)
TRUFFALDINO Son qua (esce dalla camera di
Beatrice).
CAMERIERE Portate questo bodino...
TRUFFALDINO Aspettè che vegno (prende l'altro
tondino di polpette, e lo porta a Florindo).
CAMERIERE Sbagliate; le polpette vanno di la.
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TRUFFALDINO Sior si, lo so, le ho portade de là; e el
me padron manda ste quattro a regalar a sto forestier
(entra).
CAMERIERE Si conoscono dunque, sono amici.
Potevano desinar insieme.
TRUFFALDINO (torna in camera di Florindo) E cusì,
coss'elo sto negozio? (al Cameriere).
CAMERIERE Questo è un bodino all'inglese.
TRUFFALDINO A chi valo?
CAMERIERE Al vostro padrone (parte).
TRUFFALDINO Che diavolo è sto bodin? L'odor l'è
prezioso, el par polenta. Oh, se el fuss polenta, la saria
pur una bona cossa! Voi sentir (tira fuori di tasca una
forchetta). No l'è polenta, ma el ghe someia (mangia).
L'è meio della polenta (mangia).
BEATRICE Truffaldino (dalla camera lo chiama).
TRUFFALDINO Vegno (risponde colla bocca piena).
FLORINDO Truffaldino (lo chiama dalla sua camera).
TRUFFALDINO Son qua (risponde colla bocca piena,
come sopra). Oh che roba preziosa! Un altro bocconcin,
e vegno (segue a mangiare).
BEATRICE (esce dalla sua camera e vede Truffaldino
che mangia; gli dà un calcio e gli dice) Vieni a servire
(torna nella sua camera). Truffaldino mette il bodino in
terra, ed entra in camera di Beatrice.
FLORINDO (esce dalla sua camera) Truffaldino
(chiama). Dove diavolo è costui?
TRUFFALDINO (esce dalla camera di Beatrice) L'è
qua (vedendo Florindo).
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FLORINDO Dove sei? Dove ti perdi?
TRUFFALDINO Era andà a tor dei piatti, signor.
FLORINDO Vi è altro da mangiare?
TRUFFALDINO Anderò a veder.
FLORINDO Spicciati, ti dico, che ho bisogno di
riposare (torna nella sua camera).
TRUFFALDINO Subito. Camerieri, gh'è altro?
(chiama). Sto bodin me lo metto via per mi (lo
nasconde).
CAMERIERE Eccovi l'arrosto (porta un piatto con
l'arrosto).
TRUFFALDINO Presto i frutti (prende l'arrosto).
CAMERIERE Gran furie! Subito (parte).
TRUFFALDINO L'arrosto lo porterò a questo (entra da
Florindo).
CAMERIERE Ecco le frutta, dove siete? (con un piatto
di frutta).
TRUFFALDINO Son qua (di camera di Florindo).
CAMERIERE Tenete (gli dà le frutta). Volete altro?
TRUFFALDINO Aspettè (porta le frutta a Beatrice).
CAMERIERE Salta di qua, salta di là; è un diavolo
costui.
TRUFFALDINO Non occorr'altro. Nissun vol altro.
CAMERIERE Ho piacere.
TRUFFALDINO Parecchiè per mi.
CAMERIERE Subito (parte).
TRUFFALDINO Togo su el me bodin; evviva, l'ho
superada, tutti i è contenti, no i vol alter, i è stadi
servidi. Ho servido a tavola do padroni, e un non ha
99
savudo dell'altro. Ma se ho servido per do, adess voio
andar a magnar per quattro (parte).
100
SCENA SEDICESIMA
Strada con veduta della locanda
Smeraldina, poi il Cameriere della locanda.
SMERALDINA Oh, guardate che discretezza della mia
padrona! Mandarmi con un viglietto ad una locanda,
una giovane come me! Servire una donna innamorata è
una cosa molto cattiva. Fa mille stravaganze questa mia
padrona; e quel che non so capire si è, che è innamorata
del signor Silvio a segno di sbudellarsi per amor suo, e
pur manda i viglietti ad un altro. Quando non fosse che
ne volesse uno per la state e l'altro per l'inverno. Basta...
Io nella locanda non entro certo. Chiamerò;
qualcheduno uscirà. O di casa! o della locanda!
CAMERIERE Che cosa volete, quella giovine?
SMERALDINA (Mi vergogno davvero, davvero).
Ditemi.. Un certo signor Federigo Rasponi è alloggiato
in questa locanda?
CAMERIERE Sì, certo. Ha finito di pranzare che è
poco.
SMERALDINA Avrei da dargli una cosa.
CAMERIERE Qualche ambasciata? Potete passare.
SMERALDINA Ehi, chi vi credete ch'io sia? Sono la
cameriera della sua sposa.
CAMERIERE Bene, passate.
SMERALDINA Oh, non ci vengo io là dentro.
101
CAMERIERE Volete ch'io lo faccia venire sulla strada?
Non mi pare cosa ben fatta; tanto più ch'egli è in
compagnia col signor Pantalone de' Bisognosi.
SMERALDINA Il mio padrone? Peggio! Oh, non ci
vengo.
CAMERIERE Manderò il suo servitore, se volete.
SMERALDINA Quel moretto?
CAMERIERE Per l'appunto.
SMERALDINA Si, mandatelo.
CAMERIERE (Ho inteso. Il moretto le piace. Si
vergogna a venir dentro. Non si vergognerà a farsi
scorgere in mezzo alla strada) (entra).
102
SCENA DICIASSETTESIMA
Smeraldina, poi Truffaldino.
SMERALDINA Se il padrone mi vede, che cosa gli
dirò? Dirò che venivo in traccia di lui; eccola bella e
accomodata. Oh, non mi mancano ripieghi.
TRUFFALDINO (con un fiasco in mano, ed un
bicchiere, ed un tovagliolino) Chi è che me domanda?
SMERALDINA Sono io, signore. Mi dispiace avervi
incomodato.
TRUFFALDINO Niente; son qua a ricever i so
comandi.
SMERALDINA M'immagino che foste a tavola, per
quel ch'io vedo.
TRUFFALDINO Era a tavola, ma ghe tornerò.
SMERALDINA Davvero me ne dispiace.
TRUFFALDINO E mi gh'ho gusto. Per dirvela, ho la
panza piena, e quei bei occhietti i è giusto a proposito
per farme digerir.
SMERALDINA (Egli è pure grazioso!).
TRUFFALDINO Metto zo el fiaschetto e son qua da vu,
cara.
SMERALDINA (Mi ha detto cara). La mia padrona
manda questo viglietto al signor Federigo Rasponi; io
nella locanda non voglio entrare, onde ho pensato di dar
a voi quest'incomodo, che siete il suo servitore.
103
TRUFFALDINO Volentiera, ghe lo porterò; ma prima
sappiè che anca mi v'ho da far un'imbassada.
SMERALDINA Per parte di chi?
TRUFFALDINO Per parte de un galantomo. Disime,
conossive vu un certo Truffaldin Battocchio?
SMERALDINA Mi pare averlo sentito nominare una
volta, ma non me ne ricordo. (Avrebbe a esser lui
questo).
TRUFFALDINO L'è un bell'omo: bassotto,
traccagnotto, spiritoso, che parla ben. Maestro de
cerimonie...
SMERALDINA Io non lo conosco assolutamente.
TRUFFALDINO E pur lu el ve cognosse, e l'è
innamorado de vu.
SMERALDINA Oh! mi burlate.
TRUFFALDINO E se el podesse sperar un tantin de
corrispondenza, el se daria da cognosser.
SMERALDINA Dirò, signore; se lo vedessi e mi desse
nel genio, sarebbe facile ch'io gli corrispondessi.
TRUFFALDINO Vorla che ghe lo fazza veder?
SMERALDINA Lo vedrò volentieri.
TRUFFALDINO Adesso subito (entra nella locanda).
SMERALDINA Non è lui dunque. (Truffaldino esce
dalla locanda, fa delle riverenze a Smeraldina, le passa
vicino; poi sospira ed entra nella locanda). Quest'istoria
non la capisco.
TRUFFALDINO L'ala visto? (tornando a uscir fuori).
SMERALDINA Chi?
104
TRUFFALDINO Quello che è innamorato delle so
bellezze.
SMERALDINA Io non ho veduto altri che voi.
TRUFFALDINO Mah! (sospirando).
SMERALDINA Siete voi forse quello che dice di
volermi bene?
TRUFFALDINO Son mi (sospirando).
SMERALDINA Perché non me l'avete detto alla prima?
TRUFFALDINO Perché son un poco vergognosetto.
SMERALDINA (Farebbe innamorare i sassi).
TRUFFALDINO E cusì, cossa me disela?
SMERALDINA Dico che...
TRUFFALDINO Via, la diga.
SMERALDINA Oh, anch'io sono vergognosetta.
TRUFFALDINO Se se unissimo insieme, faressimo el
matrimonio de do persone vergognose.
SMERALDINA In verità, voi mi date nel genio.
TRUFFALDINO Èla putta ella?
SMERALDINA Oh, non si domanda nemmeno.
TRUFFALDINO Che vol dir, no certo.
SMERALDINA Anzi vuol dir, sì certissimo.
TRUFFALDINO Anca mi son putto.
SMERALDINA Io mi sarei maritata cinquanta volte, ma
non ho mai trovato una persona che mi dia nel genio.
TRUFFALDINO Mi possio sperar de urtarghe in tela
simpatia?
SMERALDINA In verità, bisogna che io lo dica, voi
avete un non so che... Basta, non dico altro.
105
TRUFFALDINO Uno che la volesse per muier, come
averielo da far?
SMERALDINA Io non ho né padre, né madre.
Bisognerebbe dirlo al mio padrone, o alla mia padrona.
TRUFFALDINO Benissimo, se ghel dirò, cossa dirali?
SMERALDINA Diranno, che se sono contenta io...
TRUFFALDINO E ella cossa dirala?
SMERALDINA Dirò... che se sono contenti loro...
TRUFFALDINO Non occorr'altro. Saremo tutti
contenti. Deme la lettera, e co ve porterò la risposta,
discorreremo.
SMERALDINA Ecco la lettera.
TRUFFALDINO Saviu mo cossa che la diga sta lettera?
SMERALDINA Non lo so, e se sapeste che curiosità
che avrei di saperlo!
TRUFFALDINO No voria che la fuss una qualche
lettera de sdegno, e che m'avess da far romper el muso.
SMERALDINA Chi sa? D'amore non dovrebbe essere.
TRUFFALDINO Mi no vòi impegni. Se no so cossa che
la diga, mi no ghe la porto.
SMERALDINA Si potrebbe aprirla... ma poi a serrarla
ti voglio.
TRUFFALDINO Eh, lassè far a mi; per serrar le lettere
son fatto a posta; no se cognosserà gnente affatto.
SMERALDINA Apriamola dunque.
TRUFFALDINO Saviu lezer vu?
SMERALDINA Un poco. Ma voi saprete legger bene.
TRUFFALDINO Anca mi un pochettin.
SMERALDINA Sentiamo dunque.
106
TRUFFALDINO Averzimola con pulizia (ne straccia
una parte).
SMERALDINA Oh! che avete fatto?
TRUFFALDINO Niente. Ho el segreto d'accomodarla.
Eccola qua, l'è averta.
SMERALDINA Via, leggetela.
TRUFFALDINO Lezila vu. El carattere della vostra
padrona l'intenderè meio de mi.
SMERALDINA Per dirla, io non capisco niente
(osservando la lettera).
TRUFFALDINO E mi gnanca una parola (fa lo stesso).
SMERALDINA Che serviva dunque aprirla?
TRUFFALDINO Aspettè; inzegnemose; qualcossa
capisso (tiene egli la lettera).
SMERALDINA Anch'io intendo qualche lettera.
TRUFFALDINO Provemose un po'per un. Questo non
elo un emme?
SMERALDINA Oibò; questo è un erre.
TRUFFALDINO Dall'erre all'emme gh'è poca
differenza.
SMERALDINA Ri, ri, a, ria. No, no, state cheto, che
credo sia un emme, mi, mi, a, mia.
TRUFFALDINO No dirà mia, dirà mio.
SMERALDINA No, che vi è la codetta.
TRUFFALDINO Giusto per questo: mio.
107
SCENA DICIOTTESIMA
Beatrice e Pantalone dalla locanda, e detti.
PANTALONE Cossa feu qua? (a Smeraldina).
SMERALDINA Niente, signore, venivo in traccia di voi
(intimorita).
PANTALONE Cossa voleu da mi? (a Smeraldina).
SMERALDINA La padrona vi cerca (come sopra).
BEATRICE Che foglio è quello? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Niente, l'è una carta... (intimorito).
BEATRICE Lascia vedere (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Signor sì (gli dà il foglio tremando).
BEATRICE Come! Questo è un viglietto che viene a
me. Indegno! Sempre si aprono le mie lettere?
TRUFFALDINO Mi no so niente, signor...
BEATRICE Osservate, signor Pantalone, un viglietto
della signora Clarice, in cui mi avvisa delle pazze
gelosie di Silvio; e questo briccone me l'apre.
PANTALONE E ti, ti ghe tien terzo? (a Smeraldina).
SMERALDINA Io non so niente, signore.
BEATRICE Chi l'ha aperto questo viglietto?
TRUFFALDINO Mi no.
SMERALDINA Nemmen io.
PANTALONE Mo chi l'ha portà?
SMERALDINA Truffaldino lo portava al suo padrone.
TRUFFALDINO E Smeraldina l'ha portà a Truffaldin.
108
SMERALDINA (Chiacchierone, non ti voglio più
bene).
PANTALONE Ti, pettegola desgraziada, ti ha fatto sta
bell'azion? Non so chi me tegna che no te daga una man
in tel muso.
SMERALDINA Le mani nel viso non me le ha date
nessuno; e mi maraviglio di voi.
PANTALONE Cusì ti me rispondi? (le va da vicino).
SMERALDINA Eh, non mi pigliate. Avete degli
impedimenti che non potete correre (parte correndo).
PANTALONE Desgraziada, te farò veder se posso
correr; te chiaperò (parte correndo dietro a
Smeraldina).
109
SCENA DICIANNOVESIMA
Beatrice, Truffaldino, poi Florindo alla finestra della
locanda.
TRUFFALDINO (Se savess come far a cavarme).
BEATRICE (Povera Clarice, ella è disperata per la
gelosia di Silvio; converrà ch'io mi scopra, e che la
consoli) (osservando il viglietto).
TRUFFALDINO (Par che nol me veda. Voi provar de
andar via) (pian piano se ne vorrebbe andare).
BEATRICE Dove vai?
TRUFFALDINO Son qua (si ferma).
BEATRICE Perché hai aperta questa lettera?
TRUFFALDINO L'è stada Smeraldina. Signor, mi no so
gnente.
BEATRICE Che Smeraldina? Tu sei stato, briccone.
Una, e una due. Due lettere mi hai aperte in un giorno.
Vieni qui.
TRUFFALDINO Per carità, signor (accostandosi con
paura).
BEATRICE Vien qui, dico.
TRUFFALDINO Per misericordia (s'accosta tremando).
Beatrice leva dal fianco di Truffaldino il bastone, e lo
bastona ben bene, essendo voltata colla schiena alla
locanda.
FLORINDO (alla finestra della locanda) Come! Si
bastona il mio servitore? (parte dalla finestra).
110
TRUFFALDINO No più, per carità.
BEATRICE Tieni, briccone. Imparerai a aprir le lettere
(getta il bastone per terra e parte).
111
SCENA VENTESIMA
Truffaldino, poi Florindo dalla locanda.
TRUFFALDINO (dopo partita Beatrice) Sangue de mi!
Corpo de mi! Cusì se tratta coi omeni della me sorte?
Bastonar un par mio? I servitori, co no i serve, i se
manda via, no i se bastona.
FLORINDO Che cosa dici? (uscito dalla locanda non
veduto da Truffaldino).
TRUFFALDINO (Oh!) (avvedendosi di Florindo). No
se bastona i servitori dei altri in sta maniera. Quest'l'è un
affronto, che ha ricevudo el me padron (verso la parte
per dove è andata Beatrice).
FLORINDO Sì, è un affronto che ricevo io. Chi è colui
che ti ha bastonato?
TRUFFALDINO Mi no lo so, signor: nol conosso.
FLORINDO Perché ti ha battuto?
TRUFFALDINO Perché... perché gh'ho spudà su una
scarpa.
FLORINDO E ti lasci bastonare così? E non ti muovi, e
non ti difendi nemmeno? Ed esponi il tuo padrone ad un
affronto, ad un precipizio? Asino, poltronaccio che sei
(prende il bastone di terra). Se hai piacere a essere
bastonato, ti darò gusto, ti bastonerò ancora io (lo
bastona, e poi entra nella locanda).
112
TRUFFALDINO Adesso posso dir che son servitor de
do padroni. Ho tirà el salario da tutti do (entra nella
locanda).
113
ATTO TERZO
114
SCENA PRIMA
Sala della locanda con varie porte
Truffaldino solo, poi due Camerieri.
TRUFFALDINO Con una scorladina ho mandà via tutto
el dolor delle bastonade; ma ho magnà ben, ho disnà
ben, e sta sera cenerò meio, e fin che posso vòi servir do
padroni, tanto almanco che podesse tirar do salari.
Adess mo coss'òia da far? El primo patron l'è fora de
casa, el segondo dorme; poderia giust adesso dar un
poco de aria ai abiti; tirarli fora dei bauli, e vardar se i
ha bisogno de gnente. Ho giusto le chiavi. Sta sala l'è
giusto a proposito. Tirerò fora i bauli, e farò pulito.
Bisogna che me fazza aiutar. Camerieri (chiama).
CAMERIERE (viene in compagnia d'un garzone) Che
volete?
TRUFFALDINO Voria che me dessi una man a tirar
fora certi bauli da quelle camere, per dar un poco de aria
ai vestidi.
CAMERIERE Andate: aiutategli (al garzone).
TRUFFALDINO Andemo, che ve darò de bona man
una porzion de quel regalo che m'ha fatto i me padroni
(entra in una camera col garzone).
CAMERIERE Costui pare sia un buon servitore. È
lesto, pronto, attentissimo; però qualche difetto anch'egli
avrà. Ho servito anch'io, e so come la va. Per amore non
115
si fa niente. Tutto si fa o per pelar il padrone, o per
fidarlo.
TRUFFALDINO (dalla suddetta camera col garzone,
portando fuori un baule) A pian; mettemolo qua (lo
posano in mezzo alla sala). Andemo a tor st'altro. Ma
femo a pian, che el padron l'è in quell'altra stanza, che el
dorme (entra col garzone nella camera di Florindo).
CAMERIERE Costui o è un grand'uomo di garbo, o è
un gran furbo: servir due persone in questa maniera non
ho più veduto. Davvero voglio stare un po'attento; non
vorrei che un giorno o l'altro, col pretesto di servir due
padroni, tutti due li spogliasse.
TRUFFALDINO (dalla suddetta camera col garzone
con l'altro baule) E questo mettemolo qua (lo posano in
poca distanza da quell'altro). Adesso, se volè andar,
andè, che no me occorre altro (al garzone).
CAMERIERE Via, andate in cucina (al garzone che se
ne va). Avete bisogno di nulla? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Gnente affatto. I fatti mii li fazzo da
per mi.
CAMERIERE Oh va, che sei un omone; se la duri, ti
stimo (parte).
TRUFFALDINO Adesso farò le cosse pulito, con
quiete, e senza che nissun me disturba (tira fuori di
tasca una chiave) Qual èla mo sta chiave? Qual averzela
de sti do bauli? Proverò (apre un baule). L'ho
indovinada subito. Son el primo omo del mondo. E
st'altra averzirà quell'altro (tira fuori di tasca l'altra
chiave, e apre l'altro baule). Eccoli averti tutti do.
116
Tiremo fora ogni cossa (leva gli abiti da tutti due i bauli
e li posa sul tavolino, avvertendo che in ciaschedun
baule vi sia un abito di panno nero, dei libri e delle
scritture, e altre cose a piacere). Voio un po veder, se
gh'è niente in te le scarselle. Delle volte i ghe mette dei
buzzolai, dei confetti (visita le tasche del vestito nero di
Beatrice, e vi trova un ritratto). Oh bello! Che bel
ritratto! Che bell'omo! De chi saral sto ritratto? L'è
un'idea, che me par de cognosser, e no me l'arrecordo.
El ghe someia un tantinin all'alter me padron; ma no,
nol gh'ha né sto abito, nè sta perrucca.
117
SCENA SECONDA
Florindo nella sua camera, e detto.
FLORINDO Truffaldino (chiamandolo dalla camera).
TRUFFALDINO O sia maledetto! El s'ha sveià. Se el
diavol fa che el vegna fora, e el veda st'alter baul, el
vorrà saver... Presto, presto, lo serrerò, e dirò che no so
de chi el sia (va riponendo le robe).
FLORINDO Truffaldino (come sopra).
TRUFFALDINO La servo (risponde forte). Che metta
via la roba. Ma! No me recordo ben sto abito dove che
el vada. E ste carte no me recordo dove che le fusse.
FLORINDO Vieni, o vengo a prenderti con un bastone?
(come sopra).
TRUFFALDINO Vengo subito (forte, come sopra).
Presto, avanti che el vegna. Co l'anderà fora de casa,
giusterò tutto (mette le robe a caso nei due bauli, e li
serra).
FLORINDO (esce dalla sua stanza in veste da camera)
Che cosa diavolo fai? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Caro signor, no m'ala dito che
repulissa i panni? Era qua che fava l'obbligo mio.
FLORINDO E quell'altro baule di chi è?
TRUFFALDINO No so gnente; el sarà d'un altro
forestier.
FLORINDO Dammi il vestito nero.
118
TRUFFALDINO La servo (apre il baule di Florindo, e
gli dà il suo vestito nero). Florindo si fa levare la veste
da camera, e si pone il vestito; poi, mettendo le mani in
tasca, trova il ritratto.
FLORINDO Che è questo? (maravigliandosi del
ritratto).
TRUFFALDINO (Oh diavolo! Ho fallà. In vece de
metterlo in tel vestido de quel alter, l'ho mess in questo.
El color m'ha fatto fallar).
FLORINDO (Oh cieli! Non m'inganno io già. Questo è
il mio ritratto; il mio ritratto che donai io medesimo alla
mia cara Beatrice). Dimmi, tu, come è entrato nelle
tasche del mio vestito questo ritratto, che non vi era?
TRUFFALDINO (Adesso mo no so come covrirla. Me
inzegnerò).
FLORINDO Animo, dico; parla, rispondi. Questo
ritratto, come nelle mie tasche?
TRUFFALDINO Caro sior padron, la compatissa la
confidenza che me son tolto. Quel ritratt l'è roba mia;
per no perderlo, l'aveva nascosto là drento. Per amor del
ciel, la me compatissa.
FLORINDO Dove hai avuto questo ritratto?
TRUFFALDINO L'ho eredità dal me padron.
FLORINDO Ereditato?
TRUFFALDINO Sior Sì, ho servido un padron, l'è
morto, el m'ha lassa delle bagattelle che le ho vendude,
e m'è resta sto ritratt.
FLORINDO Oimè! Quanto tempo è che è morto questo
tuo padrone?
119
TRUFFALDINO Sarà una settimana. (Digo quel che me
vien alla bocca).
FLORINDO Come chiamavasi questo tuo padrone?
TRUFFALDINO Nol so, signor; el viveva incognito.
FLORINDO Incognito? Quanto tempo lo hai tu servito?
TRUFFALDINO Poco: diese o dodese zorni.
FLORINDO (Oh cieli! Sempre più tremo, che non sia
stata Beatrice! Fuggi in abito d'uomo... viveva
incognita... Oh me infelice, se fosse vero!).
TRUFFALDINO (Col crede tutto, ghe ne racconterò
delle belle).
FLORINDO Dimmi, era giovine il tuo padrone? (con
affanno).
TRUFFALDINO Sior si, zovene.
FLORINDO Senza barba?
TRUFFALDINO Senza barba.
FLORINDO (Era ella senz'altro) (sospirando).
TRUFFALDINO (Bastonade spereria de no ghe n'aver).
FLORINDO Sai la patria almeno del tuo defonto
padrone?
TRUFFALDINO La patria la saveva, e no me
l'arrecordo.
FLORINDO Turinese forse?
TRUFFALDINO Sior si, turinese.
FLORINDO (Ogni accento di costui è una stoccata al
mio cuore). Ma dimmi: è egli veramente morto questo
giovine torinese?
TRUFFALDINO L'è morto siguro.
FLORINDO Di qual male è egli morto?
120
TRUFFALDINO Gh'è vegnù un accidente, e l'è andà.
(Cusì me destrigo).
FLORINDO Dove è stato sepolto?
TRUFFALDINO (Un altro imbroio). No l'è stà sepolto,
signor; perché un alter servitor, so patrioto, l'ha avù la
licenza de metterlo in t'una cassa, e mandarlo al so
paese.
FLORINDO Questo servitore era forse quello che ti
fece stamane ritirar dalla Posta quella lettera?
TRUFFALDINO Sior sì, giusto Pasqual.
FLORINDO (Non vi è più speranza. Beatrice è morta.
Misera Beatrice! i disagi del viaggio, i tormenti del
cuore l'avranno uccisa. Oimè! non posso reggere
all'eccesso del mio dolore (entra nella sua camera).
121
SCENA TERZA
Truffaldino, poi Beatrice e Pantalone.
TRUFFALDINO Coss'è st'imbroio? L'è addolorà, el
pianze, el se despera. No voria mi co sta favola averghe
sveià l'ippocondria. Mi l'ho fatto per schivar el
complimento delle bastonade, e per no scovrir l'imbroio
dei do bauli. Quel ritratto gh'ha fatto mover i vermi.
Bisogna che el lo conossa. Orsù, l'è mei che torna a
portar sti bauli in camera, e che me libera da un'altra
seccatura compagna. Ecco qua quell'alter padron. Sta
volta se divide la servitù, e se me fa el ben servido
(accennando le bastonate).
BEATRICE Credetemi, signor Pantalone, che l'ultima
partita di specchi e cere è duplicata.
PANTALONE Poderia esser che i zoveni avesse fallà.
Faremo passar i conti un'altra volta col scrittural;
incontreremo e vederemo la verità.
BEATRICE Ho fatto anch'io un estratto di diverse
partite cavate dai nostri libri. Ora lo riscontreremo. Può
darsi che si dilucidi o per voi, o per me. Truffaldino?
TRUFFALDINO Signor.
BEATRICE Hai tu le chiavi del mio baule?
TRUFFALDINO Sior sì; eccole qua.
BEATRICE Perché l'hai portato in sala il mio baule?
TRUFFALDINO Per dar un poco de aria ai vestidi.
BEATRICE Hai fatto?
122
TRUFFALDINO Ho fatto.
BEATRICE Apri e dammi... Quell'altro baule di chi è?
TRUFFALDINO L'è d'un altro forestier, che è arrivado.
BEATRICE Dammi un libro di memorie, che troverai
nel baule.
TRUFFALDINO Sior sì. (El ciel me la manda bona)
(apre e cerca il libro).
PANTALONE Pol esser, come ghe digo, che i abbia
fallà. In sto caso, error no fa pagamento.
BEATRICE E può essere che così vada bene; lo
riscontreremo.
TRUFFALDINO Elo questo? (presenta un libro di
scritture a Beatrice).
BEATRICE Sarà questo (lo prende senza molto
osservarlo, e lo apre). No, non è questo... Di chi è
questo libro?
TRUFFALDINO (L'ho fatta).
BEATRICE (Queste sono due lettere da me scritte a
Florindo. Oimè! Queste memorie, questi conti
appartengono a lui. Sudo, tremo, non so in che mondo
mi sia).
PANTALONE Cossa gh'è, sior Federigo? Se sentelo
gnente
BEATRICE Niente. (Truffaldino, come nel mio baule
evvi questo libro che non è mio?) (piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO Mi no saveria..
BEATRICE Presto, non ti confondere, dimmi la verità.
TRUFFALDINO Ghe domando scusa dell'ardir che ho
avudo de metter quel libro in tel so baul. L'è roba mia, e
123
per non perderlo, l'ho messo là. (L'è andada ben con
quell'alter, pol esser che la vada ben anca con questo).
BEATRICE Questo libro è tuo, e non lo conosci, e me
lo dai in vece del mio?
TRUFFALDINO (Oh, questo l'è ancora più fin). Ghe
dirò: l'è poc tempo che l'è mio, e cusì subito no lo
conosso.
BEATRICE E dove hai avuto tu questo libro?
TRUFFALDINO Ho servido un padron a Venezia, che
l'è morto, e ho eredità sto libro.
BEATRICE Quanto tempo è?
TRUFFALDINO Che soia mi? Dies o dodese zorni.
BEATRICE Come può darsi, se io ti ho ritrovato a
Verona?
TRUFFALDINO Giust allora vegniva via da Venezia
per la morte del me padron.
BEATRICE (Misera me!). Questo tuo padrone aveva
nome Florindo?
TRUFFALDINO Sior sì, Florindo.
BEATRICE Di famiglia Aretusi?
TRUFFALDINO Giusto, Aretusi.
BEATRICE Ed è morto sicuramente?
TRUFFALDINO Sicurissimamente.
BEATRICE Di che male è egli morto? Dove è stato
sepolto?
TRUFFALDINO L'è cascà in canal, el s'ha negà, e nol
s'ha più visto.
BEATRICE Oh me infelice! Morto è Florindo, morto è
il mio bene, morta è l'unica mia speranza. A che ora mi
124
serve questa inutile vita, se morto è quello per cui
unicamente viveva? Oh vane lusinghe! Oh cure gettate
al vento! Infelici strattagemmi d'amore! Lascio la patria,
abbandono i parenti, vesto spoglie virili, mi avventuro ai
pericoli, azzardo la vita istessa, tutto fo per Florindo e il
mio Florindo è morto. Sventurata Beatrice! Era poco la
perdita del fratello, se non ti si aggiungeva quella ancor
dello sposo? Alla morte di Federigo volle il cielo che
succedesse quella ancor di Florindo. Ma se io fui la
cagione delle morti loro, se io sono la rea, perchè contro
di me non s'arma il Cielo a vendetta? Inutile è il pianto,
vane son le querele, Florindo è morto. Oimè! Il dolore
mi opprime. Più non veggo la luce. Idolo mio, caro
sposo, ti seguirò disperata (parte smaniosa, ed entra
nella sua camera).
PANTALONE (inteso con ammirazione tutto il
discorso, e la disperazione di Beatrice) Truffaldino!
TRUFFALDINO Sior Pantalon!
PANTALONE Donna!
TRUFFALDINO Femmena!
PANTALONE Oh che caso!
TRUFFALDINO Oh che maraveia!
PANTALONE Mi resto confuso.
TRUFFALDINO Mi son incanta.
PANTALONE Ghe lo vago a dir a mia fia (parte).
TRUFFALDINO No so più servitor de do padroni, ma
de un padron e de una padrona (parte).
125
SCENA QUARTA
Strada colla locanda
Dottore, poi Pantalone dalla locanda.
DOTTORE Non mi posso dar pace di questo
vecchiaccio di Pantalone. Più che ci penso, più mi salta
la bile.
PANTALONE Dottor caro, ve reverisso (con allegria).
DOTTORE Mi maraviglio che abbiate anche tanto
ardire di salutarmi.
PANTALONE V'ho da dar una nova. Sappiè...
DOTTORE Volete forse dirmi che avete fatto le nozze?
Non me n'importa un fico.
PANTALONE No xè vero gnente. Lassème parlar, in
vostra malora.
DOTTORE Parlate, che il canchero vi mangi.
PANTALONE (Adessadesso me vien voggia de
dottorarlo a pugni). Mia fia, se volè, la sarà muggier de
vostro fio.
DOTTORE Obbligatissimo, non v'incomodate. Mio
figlio non è di sì buono stomaco. Datela al signor
turinese.
PANTALONE Co saverè chi xè quel turinese, no dirè
cusì.
DOTTORE Sia chi esser si voglia. Vostra figlia è stata
veduta con lui, et hoc sufficit.
PANTALONE Ma no xè vero che el sia...
126
DOTTORE Non voglio sentir altro.
PANTALONE Se no me ascolterè, sarà pezo per vu.
DOTTORE Lo vedremo per chi sarà peggio.
PANTALONE Mia fia la xè una putta onorata; e
quella...
DOTTORE Il diavolo che vi porti.
PANTALONE Che ve strascina.
DOTTORE Vecchio senza parola e senza riputazione
(parte).
127
SCENA QUINTA
Pantalone e poi Silvio.
PANTALONE Siestu maledetto. El xè una bestia vestio
da omo costù. Gh'oggio mai podesto dir che quella xè
una donna? Mo, sior no, nol vol lassar parlar. Ma xè qua
quel spuzzetta de so fio; m'aspetto qualche altra
insolenza.
SILVIO (Ecco Pantalone. Mi sento tentato di cacciargli
la spada nel petto).
PANTALONE Sior Silvio, con so bona grazia, averave
da darghe una bona niova, se la se degnasse de lassarme
parlar, e che no la fusse come quella masena de molin
de so sior pare.
SILVIO Che avete a dirmi? Parlate.
PANTALONE La sappia che el matrimonio de mia fia
co sior Federigo xè andà a monte.
SILVIO È vero? Non m'ingannate?
PANTALONE Ghe digo la verità, e se la xè più de
quell'umor, mia fia xè pronta a darghe la man.
SILVIO Oh cielo! Voi mi ritornate da morte a vita.
PANTALONE (Via, via, nol xè tanto bestia, come so
pare).
SILVIO Ma! oh cieli! Come potrò stringere al seno colei
che con un altro sposo ha lungamente parlato?
PANTALONE Alle curte. Federigo Rasponi xè deventà
Beatrice, so sorella.
128
SILVIO Come! Io non vi capisco.
PANTALONE S'è ben duro de legname. Quel che se
credeva Federigo, s'ha scoverto per Beatrice.
SILVIO Vestita da uomo?
PANTALONE Vestia da omo.
SILVIO Ora la capisco.
PANTALONE Alle tante.
SILVIO Come andò? Raccontatemi.
PANTALONE Andemo in casa. Mia fia non sa gnente.
Con un racconto solo soddisfarò tutti do.
SILVIO Vi seguo, e vi domando umilmente perdono, se
trasportato dalla passione...
PANTALONE A monte; ve compatisso. So cossa che xè
amor. Andemo, fio mio, vengì con mi (parte).
SILVIO Chi più felice è di me? Qual cuore può essere
più contento del mio? (parte con Pantalone).
129
SCENA SESTA
Sala della locanda con varie porte
Beatrice e Florindo escono ambidue dalle loro camere
con un ferro alla mano, in atto di volersi uccidere:
trattenuti quella da Brighella, e questi dal Cameriere
della locanda; e s'avanzano in modo che i due amanti
non si vedono fra di loro.
BRIGHELLA La se fermi (afferrando la mano a
Beatrice).
BEATRICE Lasciatemi per carità (si sforza per
liberarsi da Brighella).
CAMERIERE Questa è una disperazione (a Florindo,
trattenendolo).
FLORINDO Andate al diavolo (si scioglie dal
Cameriere).
BEATRICE Non vi riuscirà d'impedirmi (si allontana
da Brighella).
Tutti due s'avanzano, determinati di volersi uccidere, e
vedendosi e riconoscendosi, rimangono istupiditi.
FLORINDO Che vedo!
BEATRICE Florindo!
FLORINDO Beatrice!
BEATRICE Siete in vita?
FLORINDO Voi pur vivete?
BEATRICE Oh sorte!
FLORINDO Oh anima mia!
130
Si lasciano cadere i ferri, e si abbracciano.
BRIGHELLA Tolè su quel sangue, che nol vada de mal
(al Cameriere scherzando, e parte).
CAMERIERE (Almeno voglio avanzare questi coltelli.
Non glieli do più) (prende i coltelli da terra, e parte).
131
SCENA SETTIMA
Beatrice, Florindo, poi Brighella.
FLORINDO Qual motivo vi aveva ridotta a tale
disperazione?
BEATRICE Una falsa novella della vostra morte.
FLORINDO Chi fu che vi fece credere la mia morte?
BEATRICE Il mio servitore.
FLORINDO Ed il mio parimente mi fece credere voi
estinta, e trasportato da egual dolore volea privarmi di
vita.
BEATRICE Questo libro fu cagion ch'io gli prestai fede.
FLORINDO Questo libro era nel mio baule. Come
passò nelle vostre mani? Ah si, vi sarà pervenuto, come
nelle tasche del mio vestito ritrovai il mio ritratto; ecco
il mio ritratto, ch'io diedi a voi in Torino.
BEATRICE Quei ribaldi dei nostri servi, sa il cielo che
cosa avranno fatto. Essi sono stati la causa del nostro
dolore e della nostra disperazione.
FLORINDO Cento favole il mio mi ha raccontato di
voi.
BEATRICE Ed altrettante ne ho io di voi dal servo mio
tollerate.
FLORINDO E dove sono costoro?
BEATRICE Più non si vedono.
FLORINDO Cerchiamo di loro e confrontiamo la verità.
Chi è di là? Non vi è nessuno? (chiama).
132
BRIGHELLA La comandi.
FLORINDO I nostri servidori dove son eglino?
BRIGHELLA Mi no lo so, signor. I se pol cercar.
FLORINDO Procurate di ritrovarli, e mandateli qui da
noi.
BRIGHELLA Mi no ghe ne conosso altro che uno; lo
dirò ai camerieri; lori li cognosserà tutti do. Me rallegro
con lori che i abbia fatt una morte cussi dolce; se i se
volesse far seppelir, che i vada in un altro logo, che qua
no i stà ben. Servitor de lor signori (parte).
133
SCENA OTTAVA
Florindo e Beatrice.
FLORINDO Voi pure siete in questa locanda alloggiata?
BEATRICE Ci sono giunta stamane.
FLORINDO Ed io stamane ancora. E non ci siamo
prima veduti?
BEATRICE La fortuna ci ha voluto un po'tormentare.
FLORINDO Ditemi: Federigo, vostro fratello, è egli
morto?
BEATRICE Ne dubitate? Spirò sul colpo.
FLORINDO Eppure mi veniva fatto credere ch'ei fosse
vivo, e in Venezia.
BEATRICE Quest'è un inganno di chi sinora mi ha
preso per Federigo. Partii di Turino con questi abiti e
questo nome sol per seguire...
FLORINDO Lo so, per seguir me, o cara; una lettera,
scrittavi dal vostro servitor di Turino, mi assicurò di un
tal fatto.
BEATRICE Come giunse nelle vostre mani?
FLORINDO Un servitore, che credo sia stato il vostro,
pregò il mio che ne ricercasse alla Posta. La vidi, e
trovandola a voi diretta, non potei a meno di non aprirla.
BEATRICE Giustissima curiosità di un amante.
FLORINDO Che dirà mai Turino della vostra partenza?
BEATRICE Se tornerò colà vostra sposa, ogni discorso
sarà finito.
134
FLORINDO Come posso io lusingarmi di ritornarvi sì
presto, se della morte di vostro fratello sono io caricato?
BEATRICE I capitali ch'io porterò di Venezia, vi
potranno liberare dal bando.
FLORINDO Ma questi servi ancor non si vedono.
BEATRICE Che mai li ha indotti a darci sì gran dolore?
FLORINDO Per saper tutto non conviene usar con essi
il rigore. Convien prenderli colle buone.
BEATRICE Mi sforzerò di dissimulare.
FLORINDO Eccone uno (vedendo venir Truffaldino).
BEATRICE Ha cera di essere il più briccone.
FLORINDO Credo che non diciate male.
135
SCENA NONA
Truffaldino, condotto per forza da Brighella e dal
Cameriere, e detti.
FLORINDO Vieni, vieni, non aver paura.
BEATRICE Non ti vogliamo fare alcun male.
TRUFFALDINO (Eh! me recordo ancora delle
bastonade) (parte).
BRIGHELLA Questo l'avemo trovà; se troveremo
quell'altro, lo faremo vegnir.
FLORINDO Sì, è necessario che ci sieno tutti due in
una volta.
BRIGHELLA (Lo conosseu vu quell'altro?) (piano al
Cameriere).
CAMERIERE (Io no) (a Brighella).
BRIGHELLA (Domanderemo in cusina. Qualchedun lo
cognosserà) (al Cameriere, e parte).
CAMERIERE (Se ci fosse, l'avrei da conoscere ancora
io) (parte).
FLORINDO Orsù, narraci un poco come andò la
faccenda del cambio del ritratto e del libro, e perché
tanto tu che quell'altro briccone vi uniste a farci
disperare.
TRUFFALDINO (fa cenno col dito a tutti due che
stiano cheti) Zitto (a tutti due). La favorissa, una parola
in disparte (a Florindo, allontanandolo da Beatrice).
(Adessadesso ghe racconterò tutto) (a Beatrice, nell'atto
136
che si scosta per parlare a Florindo). (La sappia, signor
(parla a Florindo) che mi de tutt sto negozi no ghe n'ho
colpa, ma chi è stà causa l'è stà Pasqual, servitor de
quella signora ch'è là (accennando cautamente
Beatrice). Lu l'è sta quello che ha confuso la roba, e
quel che andava in t'un baul el l'ha mess in quell'alter,
senza che mi me ne accorza. El poveromo s'ha
raccomandà a mi che lo tegna coverto, acciò che el so
padron no lo cazza via, e mi che son de bon cor, che per
i amici me faria sbudellar, ho trovà tutte quelle belle
invenzion per veder d'accomodarla. No me saria mo mai
stimà, che quel ritratt fosse voster, e che tant v'avess da
despiaser che fusse morto quel che l'aveva. Eccove
contà l'istoria come che l'è, da quell'omo sincero, da
quel servitor fedel che ve ne son).
BEATRICE (Gran discorso lungo gli fa colui. Son
curiosa di saperne il mistero).
FLORINDO (Dunque colui che ti fece pigliar alla Posta
la nota lettera, era servitore della signora Beatrice?)
(piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO (Sior Sì, el giera Pasqual) (piano a
Florindo).
FLORINDO (Perché tenermi nascosta una cosa, di cui
con tanta premura ti aveva ricercato?) (piano a
Truffaldino).
TRUFFALDINO (El m'aveva pregà che no lo disesse)
(piano a Florindo).
FLORINDO (Chi?) (come sopra).
TRUFFALDINO (Pasqual) (come sopra).
137
FLORINDO (Perché non obbedire al tuo padrone?)
(come sopra).
TRUFFALDINO (Per amor de Pasqual) (come sopra).
FLORINDO (Converrebbe che io bastonassi Pasquale e
te nello stesso tempo) (come sopra).
TRUFFALDINO (In quel caso me toccherave a mi le
mie e anca quelle de Pasqual).
BEATRICE Ê ancor finito questo lungo esame?
FLORINDO Costui mi va dicendo...
TRUFFALDINO (Per amor del cielo, sior padron, no la
descoverza Pasqual. Piuttosto la diga che son stà mi, la
me bastona anca, se la vol, ma no la me ruvina Pasqual)
(piano a Florindo).
FLORINDO (Sei così amoroso per il tuo Pasquale?)
(piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO (Ghe voi ben, come s el fuss me fradel
Adess voi andar da quella signora, voi dirghe che son
sta mi, che ho fallà; vai che i me grida, che i me
strapazza, ma che se salva Pasqual) (come sopra, e si
scosta da Florindo).
FLORINDO (Costui è di un carattere molto amoroso).
TRUFFALDINO Son qua da ella (accostandosi a
Beatrice).
BEATRICE (Che lungo discorso hai tenuto col signor
Florindo?) (piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO (La sappia che quel signor el gh'ha un
servidor che gh'ha nome Pasqual; l'è el più gran
mamalucco del mondo; l'è stà lu che ha fatt quei zavai
della roba, e perchè el poveromo l'aveva paura che el so
138
patron lo cazzasse via, ho trovà mi quella scusa del
libro, del padron morto, nega, etecetera. E anca adess a
sior Florindo gh'ho ditt che mi son stà causa de tutto)
(piano sempre a Beatrice).
BEATRICE (Perchè accusarti di una colpa che asserisci
di non avere?) (a Truffaldino, come sopra).
TRUFFALDINO (Per l'amor che porto a Pasqual)
(come sopra).
FLORINDO (La cosa va un poco in lungo).
TRUFFALDINO (Cara ella, la prego, no la lo precipita)
(piano a Beatrice).
BEATRICE (Chi?) (come sopra).
TRUFFALDINO (Pasqual) (come sopra).
BEATRICE (Pasquale e voi siete due bricconi) (come
sopra).
TRUFFALDINO (Eh, sarò mi solo).
FLORINDO Non cerchiamo altro, signora Beatrice, i
nostri servitori non l'hanno fatto a malizia; meritano
essere corretti, ma in grazia delle nostre consolazioni, si
può loro perdonare il trascorso.
BEATRICE È vero, ma il vostro servitore...
TRUFFALDINO (Per amor del cielo, no la nomina
Pasqual) (piano a Beatrice).
BEATRICE Orsù, io andar dovrei dal signor Pantalone
de'Bisognosi; vi sentireste voi di venir con me? (a
Florindo).
FLORINDO Ci verrei volentieri, ma devo attendere un
banchiere a casa. Ci verrò più tardi, se avete premura.
139
BEATRICE Si, voglio andarvi subito. Vi aspetterò dal
signor Pantalone; di là non parto, se non venite.
FLORINDO Io non so dove stia di casa.
TRUFFALDINO Lo so mi, signor, lo compagnerò mi.
BEATRICE Bene, vado in camera a terminar di
vestirmi.
TRUFFALDINO (La vada, che la servo subito) (piano a
Beatrice).
BEATRICE Caro Florindo, gran pene che ho provate
per voi (entra in camera).
140
SCENA DECIMA
Florindo e Truffaldino.
FLORINDO Le mie non sono state minori (dietro a
Beatrice).
TRUFFALDINO La diga, sior patron, no gh'è Pasqual;
siora Beatrice no gh'ha nissun che l'aiuta a vestir; se
contentelo che vada mi a servirla in vece de Pasqual?
FLORINDO Si, vanne pure; servila con attenzione, avrò
piacere.
TRUFFALDINO (A invenzion, a prontezza, a cabale,
sfido el primo sollicitador de Palazzo) (entra nella
camera di Beatrice).
141
SCENA UNDICESIMA
Florindo, poi Beatrice e Truffaldino.
FLORINDO Grandi accidenti accaduti sono in questa
giornata! Pianti, lamenti, disperazioni, e all'ultimo
consolazione e allegrezza. Passar dal pianto al riso è un
dolce salto che fa scordare gli affanni, ma quando dal
piacere si passa al duolo, è più sensibile la mutazione.
BEATRICE Eccomi lesta.
FLORINDO Quando cambierete voi quelle vesti?
BEATRICE Non istò bene vestita così?
FLORINDO Non vedo l'ora di vedervi colla gonnella e
col busto. La vostra bellezza non ha da essere
soverchiamente coperta.
BEATRICE Orsù, vi aspetto dal signor Pantalone; fatevi
accompagnare da Truffaldino.
FLORINDO L'attendo ancora un poco; e se il banchiere
non viene, ritornerà un'altra volta.
BEATRICE Mostratemi l'amor vostro nella vostra
sollecitudine (s'avvia per partire).
TRUFFALDINO (Comandela che resta a servir sto
signor?) (piano a Beatrice, accennando Florindo).
BEATRICE (Si, lo accompagnerai dal signor Pantalone)
(a Truffaldino).
TRUFFALDINO (E da quella strada lo servirò, perché
no gh'è Pasqual) (come sopra).
142
BEATRICE Servilo, mi farai cosa grata. (Lo amo più di
me stessa) (parte).
143
SCENA DODICESIMA
Florindo e Truffaldino.
TRUFFALDINO Tolì, nol se vede. El padron se veste,
el va fora de casa, e nol se vede.
FLORINDO Di chi parli?
TRUFFALDINO De Pasqual. Ghe voio ben, l'è me
amigo, ma l'è un poltron. Mi son un servitor che valo
per do.
FLORINDO Vienmi a vestire. Frattanto verrà il
banchiere.
TRUFFALDINO Sior padron, sento che vussioria ha
d'andar in casa de sior Pantalon.
FLORINDO Ebbene, che vorresti tu dire?
TRUFFALDINO Vorria pregarlo de una grazia.
FLORINDO Sì, te lo meriti davvero per i tuoi buoni
portamenti.
TRUFFALDINO Se è nato qualcossa, la sa che l'è stà
Pasqual.
FLORINDO Ma dov'è questo maledetto Pasquale? Non
si può vedere?
TRUFFALDINO El vegnirà sto baron. E cusì, sior
padron, voria domandarghe sta grazia.
FLORINDO Che cosa vuoi?
TRUFFALDINO Anca mi, poverin, son innamorado.
FLORINDO Sei innamorato?
144
TRUFFALDINO Signor sì; e la me morosa l'è la serva
de sior Pantalon; e voria mo che vussioria...
FLORINDO Come c entro io?
TRUFFALDINO Oh, no digo che la ghe intra; ma
essendo mi el so servitor, che la disess una parola per mi
al sior Pantalon.
FLORINDO Bisogna vedere se la ragazza ti vuole.
TRUFFALDINO La ragazza me vol. Basta una parola al
sior Pantalon; la prego de sta carità.
FLORINDO Si, lo farò; ma come la manterrai la
moglie?
TRUFFALDINO Farò quel che poderò. Me
raccomanderò a Pasqual.
FLORINDO Raccomandati a un poco più di giudizio
(entra in camera).
TRUFFALDINO Se non fazzo giudizio sta volta, no lo
fazzo mai più (entra in camera, dietro a Florindo).
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SCENA TREDICESIMA
Camera in casa di Pantalone
Pantalone, il Dottore, Clarice, Silvio, Smeraldina.
PANTALONE Via, Clarice, non esser cusì ustinada. Ti
vedi che l'è pentio sior Silvio, che el te domanda
perdon; se l'ha dà in qualche debolezza, el l'ha fatto per
amor; anca mi gh'ho perdonà i strambezzi, ti ghe li ha da
perdonar anca ti.
SILVIO Misurate dalla vostra pena la mia, signora
Clarice, e tanto più assicuratevi che vi amo davvero,
quanto più il timore di perdervi mi aveva reso furioso. Il
Cielo ci vuol felici, non vi rendete ingrata alle
beneficenze del Cielo. Coll'immagine della vendetta non
funestate il più bel giorno di nostra vita.
DOTTORE Alle preghiere di mio figliuolo aggiungo le
mie. Signora Clarice, mia cara nuora, compatitelo il
poverino; è stato lì lì per diventar pazzo.
SMERALDINA Via, signora padrona, che cosa volete
fare? Gli uomini, poco più, poco meno, con noi sono
tutti crudeli. Pretendono un'esattissima fedeltà, e per
ogni leggiero sospetto ci strapazzano, ci maltrattano, ci
vorrebbero veder morire. Già con uno o con l'altro avete
da maritarvi; dirò, come si dice agli ammalati, giacché
avete da prender la medicina, prendetela.
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PANTALONE Via, sentistu? Smeraldina al matrimonio
la ghe dise medicamento. No far che el te para tossego.
(Bisogna veder de devertirla) (piano al Dottore).
DOTTORE Non è ne veleno, né medicamento, no. Il
matrimonio è una confezione, un giulebbe, un candito.
SILVIO Ma, cara Clarice mia, possibile che un accento
non abbia a uscire dalle vostre labbra? So che merito da
voi essere punito, ma per pietà, punitemi colle vostre
parole, non con il vostro silenzio. Eccomi ai vostri
piedi; movetevi a compassione di me (s'inginocchia).
CLARICE Crudele! (sospirando verso Silvio).
PANTALONE (Aveu sentio quella sospiradina? Bon
segno) (piano al Dottore).
DOTTORE (Incalza l'argomento) (piano a Silvio).
SMERALDINA (Il sospiro è come il lampo: foriero di
pioggia).
SILVIO Se credessi che pretendeste il mio sangue in
vendetta della supposta mia crudeltà, ve lo esibisco di
buon animo. Ma oh Dio! in luogo del sangue delle mie
vene, prendetevi quello che mi sgorga dagli occhi
(piange).
PANTALONE (Bravo!).
CLARICE Crudele! (come sopra, e con maggior
tenerezza).
DOTTORE (È cotta) (piano a Pantalone).
PANTALONE Animo, leveve su (a Silvio, alzandolo).
Vegni qua (al medesimo, prendendolo per la mano).
Vegni qua anca vu, siora (prende la mano di Clarice).
Animo, torneve a toccar la man; fe pase, no pianzè più,
147
consoleve, fenila, tolè; el cielo ve benediga (unisce le
mani d'ambidue).
DOTTORE Via, è fatta.
SMERALDINA Fatta, fatta.
SILVIO Deh, signora Clarice, per carità (tenendola per
la mano).
CLARICE Ingrato!
SILVIO Cara.
CLARICE Inumano!
SILVIO Anima mia.
CLARICE Cane!
SILVIO Viscere mie.
CLARICE Ah! (sospira).
PANTALONE (La va).
SILVIO Perdonatemi, per amor del cielo.
CLARICE Ah! vi ho perdonato (sospirando).
PANTALONE (La xè andada).
DOTTORE Via, Silvio, ti ha perdonato.
SMERALDINA L'ammalato è disposto, dategli il
medicamento.
148
SCENA QUATTORDICESIMA
Brighella e detti.
BRIGHELLA Con bona grazia, se pol vegnir? (entra).
PANTALONE Vegni qua mo, sior compare Brighella.
Vu sè quello che m'ha dà da intender ste belle fandonie,
che m'ha assicurà che sior Federigo gera quello, ah?
BRIGHELLA Caro signor, chi non s'averave ingannà? I
era do fradelli che se somegiava come un pomo
spartido. Con quei abiti averia zogà la testa che el giera
lu.
PANTALONE Basta; la xè passada. Cossa gh'è da
niovo?
BRIGHELLA La signora Beatrice l'è qua, che la li
vorria reverir.
PANTALONE Che la vegna pur, che la xè parona.
CLARICE Povera signora Beatrice, mi consolo che sia
in buono stato.
SILVIO Avete compassione di lei?
CLARICE Si, moltissima.
SILVIO E di me?
CLARICE Ah crudele!
PANTALONE Sentiu che parole amorose? (al Dottore).
DOTTORE Mio figliuolo poi ha maniera (a Pantalone).
PANTALONE Mia fia, poverazza, la xè de bon cuor (al
Dottore).
SMERALDINA (Eh, tutti due sanno fare la loro parte).
149
150
SCENA QUINDICESIMA
Beatrice e detti.
BEATRICE Signori, eccomi qui a chiedervi scusa, a
domandarvi perdono, se per cagione mia aveste dei
disturbi...
CLARICE Niente, amica, venite qui (l'abbraccia).
SILVIO Ehi? (mostrando dispiacere di quell'abbraccio).
BEATRICE Come! Nemmeno una donna? (verso
Silvio).
SILVIO (Quegli abiti ancora mi fanno specie).
PANTALONE Andè là, siora Beatrice, che per esser
donna e per esser zovene, gh'avè un bel coraggio.
DOTTORE Troppo spirito, padrona mia (a Beatrice).
BEATRICE Amore fa fare delle gran cose.
PANTALONE I s'ha trovà, né vero, col so moroso? Me
xè stà conta.
BEATRICE Si, il cielo mi ha consolata.
DOTTORE Bella riputazione! (a Beatrice).
BEATRICE Signore, voi non c'entrate nei fatti miei (al
Dottore).
SILVIO Caro signor padre, lasciate che tutti facciano il
fatto loro non vi prendete di tai fastidi. Ora che sono
contento io, vorrei che tutto il mondo godesse. Vi sono
altri matrimoni da fare? Si facciano.
SMERALDINA Ehi, signore, vi sarebbe il mio (a
Silvio).
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SILVIO Con chi?
SMERALDINA Col primo che viene.
SILVIO Trovalo, e son qua io.
CLARICE Voi? Per far che? (a Silvio).
SILVIO Per un poco di dote.
CLARICE Non vi è bisogno di voi.
SMERALDINA (Ha paura che glielo mangino. Ci ha
preso gusto).
152
SCENA SEDICESIMA
Truffaldino e detti.
TRUFFALDINO Fazz reverenza a sti signori.
BEATRICE Il signor Florindo dov'è? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO L'è qua, che el voria vegnir avanti, se i
se contenta.
BEATRICE Vi contentate, signor Pantalone, che passi il
signor Florindo?
PANTALONE Xèlo l'amigo sì fatto? (a Beatrice).
BEATRICE Sì, il mio sposo.
PANTALONE Che el resta servido.
BEATRICE Fa che passi (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Zovenotta, ve reverisso (a
Smeraldina, piano).
SMERALDINA Addio, morettino (piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO Parleremo (come sopra).
SMERALDINA Di che? (come sopra).
TRUFFALDINO Se volessi (fa cenno di darle l'anello,
come sopra).
SMERALDINA Perchè no? (come sopra).
TRUFFALDINO Parleremo (come sopra, e parte).
SMERALDINA Signora padrona, con licenza di questi
signori, vorrei pregarla di una carità (a Clarice).
CLARICE Che cosa vuoi? (tirandosi in disparte per
ascoltarla).
153
SMERALDINA (Anch'io sono una povera giovine, che
cerco di collocarmi: vi è il servitore della signora
Beatrice che mi vorrebbe; s'ella dicesse una parola alla
sua padrona, che si contentasse ch'ei mi prendesse,
spererei di fare la mia fortuna) (piano a Clarice).
CLARICE (Sì, cara Smeraldina, lo farò volentieri:
subito che potrò parlare a Beatrice con libertà, lo farò
certamente) (torna al suo posto).
PANTALONE Cossa xè sti gran secreti (a Clarice).
CLARICE Niente, signore. Mi diceva una cosa.
SILVIO (Posso saperla io?) (piano a Clarice).
CLARICE (Gran curiosità! E poi diranno di noi altre
donne).
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SCENA ULTIMA
Florindo, Truffaldino e detti.
FLORINDO Servitor umilissimo di lor signori. (Tutti lo
salutano). È ella il padrone di casa? (a Pantalone).
PANTALONE Per servirla.
FLORINDO Permetta ch'io abbia l'onore di dedicarle la
mia servitù, scortato a farlo dalla signora Beatrice di
cui, siccome di me, note gli saranno le vicende passate.
PANTALONE Me consolo de conoscerla e de reverirla,
e me consolo de cuor delle so contentezze.
FLORINDO La signora Beatrice deve esser mia sposa,
e se voi non isdegnate onorarci, sarete pronubo delle
nostre nozze.
PANTALONE Quel che s'ha da far, che el se fazza
subito. Le se daga la man.
FLORINDO Son pronto, signora Beatrice.
BEATRICE Eccola, signor Florindo.
SMERALDINA (Eh, non si fanno pregare).
PANTALONE Faremo po el saldo dei nostri conti. Le
giusta le so partie, che po giusteremo le nostre.
CLARICE Amica, me ne consolo (a Beatrice).
BEATRICE Ed io di cuore con voi (a Clarice).
SILVIO Signore, mi riconoscete voi? (a Florindo).
FLORINDO Si, Vi riconosco; siete quello che voleva
fare un duello.
155
SILVIO Anzi l'ho fatto per mio malanno. Ecco chi mi ha
disarmato e poco meno che ucciso (accennando
Beatrice).
BEATRICE Potete dire chi vi ha donato la vita (a
Silvio).
SILVIO Si, è vero.
CLARICE In grazia mia però (a Silvio).
SILVIO È verissimo.
PANTALONE Tutto xè giustà, tutto xè fenio.
TRUFFALDINO Manca el meggio, signori.
PANTALONE Cossa manca?
TRUFFALDINO Con so bona grazia, una parola (a
Florindo, tirandolo in disparte).
FLORINDO (Che cosa vuoi?) (piano a Truffaldino).
TRUFFALDINO (S'arrecordel cossa ch'el m'ha
promesso?) (piano a Florindo).
FLORINDO (Che cosa? Io non me ne ricordo) (piano a
Truffaldino).
TRUFFALDINO (De domandar a sior Pantalon
Smeraldina per me muier?) (come sopra).
FLORINDO (Sì, ora me ne sovviene. Lo faccio subito)
(come sopra).
TRUFFALDINO (Anca mi, poveromo, che me metta
all'onor del mondo).
FLORINDO Signor Pantalone, benché sia questa la
prima volta sola ch'io abbia l'onore di conoscervi, mi fo
ardito di domandarvi una grazia.
PANTALONE La comandi pur. In quel che posso, la
servirò.
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FLORINDO Il mio servitore bramerebbe per moglie la
vostra cameriera; avreste voi difficoltà di
accordargliela?
SMERALDINA (Oh bella! Un altro che mi vuole. Chi
diavolo è? Almeno che lo conoscessi).
PANTALONE Per mi son contento. Cossa disela ella,
patrona? (a Smeraldina).
SMERALDINA Se potessi credere d'avere a star bene...
PANTALONE Xèlo omo da qualcossa sto so servitor?
(a Florindo).
FLORINDO Per quel poco tempo ch'io l'ho meco, è
fidato certo, e mi pare di abilita.
CLARICE Signor Florindo, voi mi avete prevenuta in
una cosa che dovevo far io. Dovevo io proporre le nozze
della mia cameriera per il servitore della signora
Beatrice. Voi l'avete chiesta per il vostro; non
occorr'altro.
FLORINDO No, no; quando voi avete questa premura,
mi ritiro affatto e vi lascio in pienissima libertà.
CLARICE Non sarà mai vero che voglia io permettere
che le mie premure sieno preferite alle vostre. E poi non
ho, per dirvela, certo impegno. Proseguite pure nel
vostro.
FLORINDO Voi lo fate per complimento. Signor
Pantalone, quel che ho detto, sia per non detto. Per il
mio servitore non vi parlo più, anzi non voglio che la
sposi assolutamente.
157
CLARICE Se non la sposa il vostro, non l'ha da sposare
nemmeno quell'altro. La cosa ha da essere per lo meno
del pari.
TRUFFALDINO (Oh bella! Lori fa i complimenti, e mi
resto senza muier).
SMERALDINA (Sto a vedere che di due non ne avrò
nessuno).
PANTALONE Eh via, che i se giusta; sta povera putta
gh'ha voggia de maridarse, dèmola o all'uno, o all'altro.
FLORINDO Al mio no. Non voglio certo far torto alla
signora Clarice.
CLARICE Né io permetterò mai che sia fatto al signor
Florindo.
TRUFFALDINO Siori, sta faccenda l'aggiusterò mi.
Sior Florindo, non ala domandà Smeraldina per el so
servitor?
FLORINDO Sì, non l'hai sentito tu stesso?
TRUFFALDINO E ella, siora Clarice, non àla destinà
Smeraldina per el servidor de siora Beatrice?
CLARICE Dovevo parlarne sicuramente.
TRUFFALDINO Ben, co l'è cusì, Smeraldina, deme la
man.
PANTALONE Mo per cossa voleu che a vu la ve daga
la man? (a Truffaldino).
TRUFFALDINO Perché mi, mi son servitor de sior
Florindo e de siora Beatrice.
FLORINDO Come?
BEATRICE Che dici?
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TRUFFALDINO Un pochetto de flemma. Sior Florindo,
chi v'ha pregado de domandar Smeraldina al sior
Pantalon?
FLORINDO Tu mi hai pregato.
TRUFFALDINO E ella, siora Clarice, de chi
intendevela che l'avesse da esser Smeraldina?
CLARICE Di te.
TRUFFALDINO Ergo Smeraldina l'è mia.
FLORINDO Signora Beatrice, il vostro servitore dov'è?
BEATRICE Eccolo qui. Non è Truffaldino?
FLORINDO Truffaldino? Questi è il mio servitore.
BEATRICE Il vostro non è Pasquale?
FLORINDO Pasquale? Doveva essere il vostro.
BEATRICE Come va la faccenda? (verso Truffaldino).
(Truffaldino con lazzi muti domanda scusa).
FLORINDO Ah briccone!
BEATRICE Ah galeotto!
FLORINDO Tu hai servito due padroni nel medesimo
tempo?
TRUFFALDINO Sior si, mi ho fatto sta bravura. Son
intrà in sto impegno senza pensarghe; m'ho volesto
provar. Ho durà poco, è vero, ma almanco ho la gloria
che nissun m'aveva ancora scoverto, se da per mi no me
descovriva per l'amor de quella ragazza. Ho fatto una
gran fadiga, ho fatto anca dei mancamenti, ma spero
che, per rason della stravaganza, tutti sti siori me
perdonerà.
Fine della commedia.
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