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Sui crespi marosi Eureka Edizioni

Giorgio Moio Sui crespi marosi Associazione Culturale EUREKA EUREKA Edizioni CentodAutore a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi EUREKA EDIZIONI Associazione Culturale Eureka Via T. Tasso, 30 – 70033 Corato (BA) e-mail: [email protected] [email protected] [email protected] tel. 080.8984258 cell. 349.8684908 – 320.4229046 In copertina: Sui crespi marosi, tecnica mista su carta di Giorgio Moio, con interventi manuali dell’autore su ogni singolo esemplare. Giorgio Moio Sui crespi marosi Nota introduttiva di Francesco Muzzioli EUREKA Edizioni LA PAROLA COME MATERIA E COME GESTO Conoscendo Giorgio Moio e la sua linea tendenziosa e coerente di de-strutturazione dei significanti, da vero “viaggio al termine della parola”, si può rimanere in un primo tempo sorpresi da un titolo come Sui crespi marosi. Che si sia dato ad una avventurosa ed epica poesia di mare? Che guardi nostalgicamente all’indietro al lessico poetico-aulico (alle “acque crespe” attestate in d’annunzio)? Senonché, già il titolo semina qualche perplessità: i marosi, infatti, non si dovrebbero contentarsi di semplici increspature. Il “crespo” poi suscita contrastanti suggestioni: da un lato il rimando a quelli che con tali capelli solcano il mare in precarie imbarcazioni migranti – promettendo allora qui una poesia politico-etica; dall’altro lato, tutt’al contrario, la “carta crespa” farebbe della tempesta un effetto artificiale di ornamento festevole – come a dire che la poesia non può contenere che tempeste di carta. Sia come sia, se stiamo ai “marosi” ci si può aspettare che qualcosa si agiti: e a movimentarsi – conoscendo l’autore – sarà per l’appunto il linguaggio. Ma, avanti, apriamo il testo. E ci scontriamo subito con il verso monoverbale: sarà che la poesia si distingue dalla prosa per l’andare a capo, ma non è davvero un eccesso andare a capo ad ogni parola? È quello che fa Moio, senza imbarazzo per lo spreco di spazio, ma con un gusto spiccato per il bianco della pagina e per una scrittura che tende a incolonnarsi in verticale. Fino al punto che in alcuni casi nemmeno i limiti della parola sono sufficienti, e si va a capo nel suo bel mezzo con il taglio della tmesi. Ecco un discepolo di Ungaretti, dirà qualcuno: e però lo distingue dall’illustre precedente non solo l’oltranza e la pervicacia del procedimento, ma anche l’assoluta assenza di effetti di suggestione, di alonature esaltanti l’unità verbale (anche perché il procedimento è applicato democraticamente a qualsiasi parola che s’incontri nel testo). Se, quindi, si arriva ad inceppare la fluenza della poesia, pervenendo fino al grado minimo del verso monosillabico (sebbene, per le leggi della metrica, risulti pur sempre un bisillabo tronco), tuttavia appare in primo piano una vocazione visiva – come dimostrano anche i versi scalati al termine di ciascuna sezione, quasi a voler offrire un piede alle colonne – quella vocazione visiva che dal colpo di dadi mallarmeano passa poi, prima di arrivare fin qui, nelle avanguardie storiche e successive, e nella sperimentazione che appunto verbovisiva è detta. La cosa sarà da intendere qui non nel senso di una qualsiasi esaltazione creativa, bensì di un’invenzione accompagnata dall’intenzione di interrompere il linguaggio e di costringere il lettore a una pausa, per domandarsi cosa vogliono dire le parole, ma non solo, cosa possono dire, e cosa vogliono tout court. Andando avanti, passo passo, ci rendiamo conto che questi “crespi marosi”, i quali ad ogni sezione ripartono come si addice a un moto ondoso che si rispetti, non stanno lì a fare da mero paesaggio e nemmeno da fondale romantico, insomma non sono poi così innocui ed innocenti. Infatti, rimescolano niente meno che le parole stesse. Il procedimento fondante del testo di Moio, lo si scopre procedendo, non è semplicemente il verso monoverbale, quanto piuttosto il lavoro anagrammatico. Con esso la stessa unità lessicale viene ripresa per essere manipolata e stravolta, come passata attraverso le scosse di un bussolotto da dadi, dal quale esce rimescolata al punto da finire fuori della significazione. Non solo les mots sous les mots di saussuriana memoria, ma in qualche modo, per così dire, “le parole fuori della parola”, ossia fuori del codice. Scomposte e ricomposte a piacere le parole vanno a costituire i cascami, i rimasugli di una lingua che non corrisponde più alle conoscenze condivise nel dizionario. Sicché la poesia, surfando sulla “cresposità del maroso”, ci invita a considerare la lingua non all’interno del dato della comunicazione prefabbricata, ma come un tentativo (esperimento) di comunicazione fondato sulla plasticità della materia verbale e sulla vitalità (idest libertà) del gesto comunicativo. E l’ironia verso la parola piena di pretese, eretta a slogan magico, compresa in questo la parola della Poesia con la maiuscola, gonfia di senso fino a soffocare, l’ironia dicevo connessa alla provvisorietà e instabilità del corpo della parola che il gioco rivela, contiene una punta polemica che a volte viene “a galla”, per continuare a usare l’isotopia dei “crespi marosi”. A un certo punto, di fronte al ritorno di tante forme e formule che si speravano superate, allora, sbotta Moio, «tutto / ritorna / parte // – solo / – la / – pazienza». Ed è vero, la situazione di degrado è tale che il gioco della poesia non può che essere cupo e sarcastico. A questo punto, di solito ci sentiamo rivolgere una prevedibile obiezione: ma se la situazione è tale e la poesia deve prenderne atto per opporsi, perché allora non abbandonare gli sperimentalismi e dare fiato alle parole comuni a scopo mobilitante? Ecco, la solita obiezione dimentica una cosa: che anche le parole comuni sono coinvolte nel degrado e il loro uso non-critico porterebbe a una retorica dell’impegno consolatoria e priva di autentica efficacia. Se si vuole davvero fare «res- / istentia», occorre che, nello stesso tempo, la polemica verso le cose sia accompagnata dalla chiamata al coraggio inventivo e alla trasformazione nell’ambito delle parole. Solo attraverso «capriole / ultrasegnum», come le chiama Moio, potremo acquisire l’“accrescimento della vitalità” che ci serve per aprire spiragli nella fantasmagoria virtuale dell’immaginario collettivo. Certo, un piccolo libro da solo non cambierà il mondo, ma leggere le sue fuoriuscite dal codice darà la sensazione che – sia pure nell’istante di un gesto – un’apertura si presenti. Sarà comunque un esercizio di libertà, intanto, in attesa di una nuova prassi. Francesco Muzzioli 1. sui crespi marosi le idee fanno il surf ideando ideoline alla naftalina – alla – carta – velina 2. sui crespi marosi colori divertenti ridono a zampillo e zampillando zampillando si bagna- no scolano gnano gnabano lasco nolasco – sco’ – là –nellindifferenza 3. sui crespi marosi un urlo di protesta è un dolore di pròstate conati di vomito fèditi dellantico mito del richiamo – tra – ferite – nodose 4. sui crespi marosi crocianesimo di ritorno idiozia di ritorno corruttele di ritorno politichese di ritorno poetese di ritorno tutto ritorna parte – solo – la – pazienza 5. sui crespi marosi i versi sanno di ruggine rugigne al girugne lartificio è solo un ricordo un-ricordo lontano un corrido lonnato la pigrizia – invece – gripizia – veceni 6. sui crespi marosi un topo di lino vorrebbe diventare un leone di nèole uno di quelli che ruggi scono a-nosco però uno che sa il fatto del giorno per vivere almeno un giorno da leone provare il brivido vibrido del del blues del rock-blues del jazz-blues la potenza tenpoza del pozante del zaponte ma non gli resta che – consolarsi – col – gorgonzola 7. sui crespi marosi alita una poesia alata aleggiando liata a tala sparge parole nuove come il vento sparge le foglie negli interstizi della memoria sfranjechea sfravechea sfravecatura vummechea vummecatura sciaccuatura ’e pisielli sarrecrea friccichea cua cuntrora sarrizza sestizza fa una giravolta un improvviso ultraverbum capriole ultrasegnum e-un carosello ma-è solo un sogno o la speranza di una realtà – ancora – prigioniera – dellinconcludente 8. sui crespi marosi sajìte el saggittario fende frecce come spari a paris appasir del paparis parispa pasirpà qua et là liolì liolà non ccè bersaglio che tenga non ccè sarbeglio che rende-nelle congetture dellinerzia non ccè ariete che sfondi che sfidi lignoto il cerebroleso cerebro del vuoto allora si fende lidea come la parola nelle fenditure del tempo affidandosi – alla – buena – sorte 9. sui crespi marosi crispe di scerpi di siroma scripe arsomi scepri ai sorami ramiso la mirosa perpendicolare dellidea che zampilla conati di camomilla ca mi molla e come se mi molla la pazienza lazzardo e la resistentia tra ombrule brumole al piano-bar neutroniche – dalle – crepule – ipnotoniche Giorgio Moio, poeta, con incursioni nella critica letteraria, nasce a Quarto (NA) il 25.5.1959. Già redattore di «Altri Termini», «Oltranza» (di quest’ultima è anche tra i fondatori) e direttore editoriale delle Edizioni Riccardi, nel ‘98, anno in cui inizia a partecipare a mostre collettive di poesia visuale (una sessantina fino ad oggi), fonda e dirige, per la suddetta Casa Editrice, la rivista «Risvolti», giunta al suo 21° numero. Pubblica le seguenti raccolte di poesia: Scritture d’attesa (1989); Sabbie mobili (1996); Work in progress (1997); Oltre la soglia del dolore (1999); L’uomo dagli occhi rosa, con C. Bugli (2000); Un vibrato continuo (2002) e Libro d’artista n. 33, (2002), con L. Caruso; Parodie marine (2003); Con occhio allegorico (comprende anche Parodie marine, 2005 - finalista Premio Feronia-Città di Fiano 2006); La fiera degl’inganni (2008); Elaborando il tempo (aforismi - 2011); Per mutazioni (e-book –, 2014); Dove la terra trema, con P. Della Ragione (prosa - 2015); Tra impegno e fuga (saggistica – id.). Con le Ed. Riccardi ha anche pubblicato una specie di romanzo, La finestra (2004). Presente in volumi collettanei, antologie e cataloghi d’arte, ha curato e partecipato ad eventi culturali, letture di poesia, mostre. Giorgio Moio Sui crespi marosi 100 esemplari numerati con interventi manuali dell’autore a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi per EUREKA Edizioni (Corato, febbraio 2016) Esemplare n. ______________ CentodAutore a cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi 1. Alfonso Lentini, Illegali vene (2014) 2. Eugenio Lucrezi, Nimbus (2015) 3. Rossana Bucci – Oronzo Liuzzi, DNA (2015) 4. Antonino Contiliano – OnDevaStar (2015) 5. Giorgio Moio – Sui crespi marosi (2016)