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Il 22 settembre 1946, nel giro di una giornata o anche meno 1 , Croce scrisse una famosa lettera a Cesare Merzagora, che l'amico gli aveva richiesto come prefazione al suo libro I pavidi 2 . Si tratta di un testo notevole, non solo per la freschezza e spontaneità della prosa, ma perché Croce riuscì, in poche pagine, a stringervi tutti i fili che, fin lì, avevano segnato la sua riflessione sull'ebraismo: sottolineando con forza l'infamia della persecuzione, che gli aveva procurato «un brivido di orrore» e rivelato «la sostanziale delinquenza che era nel fascismo», rivendicando tutto quanto aveva fatto («mi misi di lancio dalla parte loro con tutto l'esser mio»), ribadì senza esitazioni la sua posizione «assimilazionista». Quasi ripetendo le parole della Storia d'Europa, ricordò lo splendore dell'unità nazionale, «quando non ci furono più siciliani e napoletani, ma solo italiani», e quindi auspicò che gli ebrei, usciti dalla stretta della persecuzione, rinunciassero a «chiedere privilegi o preferenze» e si industriassero a «fondersi sempre meglio con gli altri italiani, procurando di cancellare quella distinzione e divisione nella quale hanno persistito nei secoli e che, come ha dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni, è da temere che ne dia ancora in avvenire». E aggiunse, riprendendo anche qui un vecchio motivo, che «l'idea del "popolo eletto" […] è tanto poco saggia che la fece sua Hitler, il quale, purtroppo aveva a suo uso i mezzi che lo resero ardito a tentarne la folle attuazione» 3 . Parole che non mancarono di sollevare reazioni e proteste, tanto che, l'anno successivo, ripubblicando per la prima volta il testo nella raccolta Due anni di vita politica, ritenne opportuno mettere fine alla discussione: «io non alimenterò questo dibattito -scrisse nella nota -, come non alimento alcun dissidio tra italiani, sebbene non possa cangiare il mio giudizio, o il mio sentimento» 4 . E
This paper proposes an overview of the philological activity of Francesco Robortello with particular attention to his modus operandi applied to Aeschylus’ Persians: despite the inheritance of the Utinense has been taken into consideration weakly by the modern philologists, his activity must be reconsidered and revalued, since he reveals a strong personality of researcher and therefore he deserves to be considered a capable representative of the philological studies in Italy in the second half of the sixteenth century. This essay comprises three chapters: the first one introduces the figure of Robortello as researcher and Aeschylean philologist ante litteram; the second one illustrates the intrinsic characteristics of his edition of Aeschylus (comprehensive of tragedies and scholia), pointing out its main newness, that is the publication of seven Aeschylean tragedies: Robortello has the worth to have discovered that big gap among Agamemnon and Coephori, which has conducted him to the agnitio Coephororum. The third chapter introduces the examination of a small sampling of passages taken from his edition of the Persians, in which the choices operated by the Utinense appear particularly meaningful insofar as they unveil his wish to emend a text conforming to his own conception of Aeschylus.
Spoletium, 2009
A heavily repainted wooden Crucifix in the parish church of Ussita (near Visso, Macerata) is here published and attributed to a 14th-century Umbrian sculptor, known as the Maestro della Madonna del Duomo di Spoleto (Master of the Spoleto Cathedral Madonna). The three figures painted on the wooden cross are assigned to a painter also from Spoleto, the Fossa Master.
V. STRUKELJ - L. CRUSVAR - MASAU DAN, M. (a cura di), Trieste-Suez. Storia e modernità nel "Voyage en Egypte" di Pasquale Revoltella, p. 294-311, 2015
The paper deals with the travels in Egypt of Carlo de Marchesetti, a botanist from Trieste who was Director of the Natural History Museum of the city between the end of 19th and the beginning of 20th century, as they can be perceived through his own diaries and publications.
Esemplari umani. I personaggi nell'opera di Primo Levi, 2023
In If This Is a Man, Kraus the Hungarian is the only character whose name gives its title to a chapter, one of the most ancient, brief and less studied chapters in Primo Levi’s first book – its most mysterious chapter, in fact. “Kraus” is also a unique piece of writing and a peculiar choice, on Levi’s part, of a point of view and a tone of voice. A single glance of the storyteller-protagonist Levi at “the eyes of the man Kraus” is a human discovery followed by a fictional performance. There are rare moments when Levi behaves and speaks, in Auschwitz, as a “saved”, not as a “drowned”, and “Kraus” is one of them. Such moments are to be looked at as if it was the first time that we look at Levi and read his debut book. L’ungherese Kraus è l’unico personaggio il cui nome abbia dato il titolo a un capitolo di Se questo è un uomo: un capitolo fra i più antichi, fra i più brevi e fra i meno studiati; forse, il capitolo più misterioso nell’opera prima di Levi. «Kraus» è un episodio prezioso per qualità di scrittura e unico per impostazione di voce e di sguardo: lo sguardo del narratore-protagonista che in Auschwitz, durante una marcia di rientro dal lavoro, vede come una scoperta «gli occhi dell’uomo Kraus», e nell’ispirazione di un attimo si inventa un sogno dove Kraus e lui sono protagonisti. In Auschwitz «Primo ha sofferto il freddo, la fame, le botte e la paura; si è spersonalizzato e si è riempito d’odio come tutti. Solo al ritorno, quando si è messo a scrivere, è stato capace di prendere il distacco dalla sua esperienza». Lo ha detto la sua compagna di deportazione Luciana Nissim, ed è un dato essenziale che pure si tende a trascurare: perché Levi è un «salvato» del Lager, ed esistono occasioni in cui parla, guarda e si comporta da salvato, come appunto nel capitolo «Kraus». Intitolato agli occhi di Kraus, questo studio indaga, provando a osservarli come se fosse la prima volta, lo sguardo e la voce di Primo Levi fatti scrittura.
This paper deals with the studies devoted by Schiassi to ancient Greek comedy, and in particular with his dissertation, ›De Eupolidis comici poetae fragmentis‹, published in 1944, in the attempt to situate his work within the broader context of the studies on Greek comedy published in Italy in the first half of the twentieth century, from the young Romagnoli to Coppola's ›Il teatro di Aristofane‹, and to evaluate his contribution to the study of Eupolis in the light of more recent research.
The unity of the mythical narration, ensured by the tragic trilogy of the fifth century BC (a masterful example is Aeschylus' Oresteia) is broken by Sophocles, for which every tragedy seems a monad in itself This fracture is not exceeded by Euripides, but as the present study seeks to demonstrate, the playwright weaves a plot that even after a long time reconnects the mythic events, in some sort of "trilogy enlarged"-
The aim of this thesis is to give a picture, even if partial due to the inaccessibility of some documents, of what constituted the collection belonging to the Verospi family. In particular it concerns with the collection that decorated the family home in Via del Corso.
Saberes y prácticas. Revista de filosofía y educación, 2023
Journal of Archaeological Science: Reports, 2018
Elsa Verlag, 2024
REMS-Revista de Estudios Marítimos y Sociales, 2016
Nel cantiere degli umanisti. Per Mariangela Regoliosi, a cura di L. Bertolini – D. Coppini – C. Marsico, Firenze, Polistampa, II, pp. 573-616, 2014
Inventaria Archaeologica Pologne 63, 1990
3C TIC: Cuadernos de desarrollo aplicados a las TIC, 2021
European Journal of Sport Science, 2019
Journal of Hepatology, 2014
Mathematics and Computers in Simulation, 2016
PROCEEDINGS OF CIVIL ENGINEERING IN THE OCEAN, 2004