1
2
3
Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Agrigento. Via U. La Malfa,5 Agrigento.
[email protected] . R.P. Salvatore Donato.
Don
ProgettoValentina Caminneci
URP Adriana
[email protected]
sicilia.it
tel.0922-552516 fax 0922401587
376523.
Progetto Scuola Museo Es. Fin. 2011 Cap.3765
Coordinamento Assessorato BB.CC. e I.S.Dipa
Dipartimento BB.CC. e I.S.
Servizio Promozione eValorizzazione. UO28..
In copertina, particolare del cratere a calice attico a figure rosse,
rosse dalla necropoli di contrada Pezzino di Agrigento, con la
deposizione di Patroclo, attribuito al Pittore di Kleophrades, 500-490 a.C., Agrigento, Museo Archeologico Regionale
(Archivio Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento).
Sul frontespizio, sepoltura della necropoli Mosè di Agrigento (Archivio
(Ar
Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento).
Copyright Soprintendenza di Agrigento 2012
a
della Soprintendenza BB.CC.AA.di
E’ fatto divieto di riproduzione e utilizzazione senza autorizzazione
Agrigento
Copia omaggio.Vietata la vendita
Parce sepulto : il rito e la morte tra pas
passato e presente / a cura di Valentina
Caminneci. -Palermo : Regione siciliana,
sicilian Assessorato dei beni culturali e
dell’identità siciliana, Dipartimento
nto dei beni culturali e dell’identità
siciliana, 2012. – e-book
ISBN 978-88-6164-204-1
1. Riti funebri.
I. Caminneci,, Valentina.
393 CDD-22 SBN Pal0250564
CIP – Biblioteca centrale della Regione
egione siciliana “Alberto Bombace”
Indice
Presentazione
Assunta Lupo
U.O. 28. Dip.to Beni Culturali
Cultu
e Identità Siciliana
Pietro Meli
Soprintendente
dente BB.CC.AA. Agrigento
Introduzione
Sit tibi terra levis
Valentina Caminneci, Soprintendenza Agrigento
Prepararsi a morire
Ne sub silentio spiritus relicto corpore exhalaret:: lasciti
las
e testamenti nella
Sicilia medievale (XIV-XV secolo)
Maria Antonietta Russo, Università degli Studi dii Pale
Palermo
3
Le volontà testamentarie dei vescovi Gioeni e Lucchesi
Lu
Palli: contributo
illuminato alla cultura agrigentina della seconda
onda metà del '700
Paola Giarratana, Maria Carmelina Mecca, Soprintend
intendenza di Agrigento
21
Il rispetto per i morti
Antigone: diritto dei morti e conflittualità irrisol
rrisolta del ghenos
Francesca Patti, Liceo Classico Empedocle, Agrig
Agrigento
37
Gli spazi della morte
Complessità sociale e l'uso degli spazi della mort
morte nella Sicilia del V e IV
millennio a.C.
Enrico Giannitrapani, Arkeos-Servizi integrati per
er i B
Beni Culturali, Enna
57
Un esempio di necropoli “monumentale” in territorio
terri
nebroideo
Maura Arizi, Piero Coppolino, Parco archeologico
co de
delle Isole Eolie e delle aree
archeologiche di Milazzo, Patti e dei Comuni limitrofi
itrofi
79
Enchytrismos. Seppellire
ellire in vaso nell’antica Agrigento
Valentina Caminneci, Soprintendenza
Sopr
di Agrigento
111
Il sistema simbolico
olico della morte
Il motivo del “defunto
to a b
banchetto” nella Sicilia ellenistica:
immagini, pratiche e valori
valo
Elisa Chiara Portale, Unive
Università degli Studi di Palermo
135
Vivere la morte nell’Impero
mpero romano. La tomba di Valerio Herma
nella necropoli vaticana
Luigi Caliò, Politecnico di Bari
B
165
Un racconto. Il cantiere
tiere d
del Trionfo della Morte, un affresco
per l’ospedale grande
de e nuovo
n
di Palermo
Maria Antonietta Spadaro,, Anisa, Palermo
189
Il lutto e l’iconograf
ografia
I gesti del compianto
o fun
funebre nella ceramica greca
Filippo Sciacca, Psicologo,
ogo, A
Agrigento
215
Dal gesto allo sguardo:
do: ap
appunti sull’iconografia del lutto
nell’arte medievale
Licia Buttà, Universitat Rovira
Rov i Virgili, Tarragona
225
Percorsi didattici
Valentina Caminneci
247
/ Agr£
Agr£ pta nÒmima:
nÒmima : per una conclusione
Valentina Caminneci
267
E n chytri smos.
Seppellire in vaso nell’antica Agrigento
Valentina Caminneci
Ci sembrava interessante esaminare le testimonianze di questo
uesto particolare tipo di sepoltura
nell’antica Agrigento, considerato che i contesti funerari agrigentini
agrige
attestano la presenza di
enchytrismoi sia in età greca che in età protobizantina .
In questo contributo ci occuperemo del fenomeno del riuso dei vasi per la sepoltura,
sebbene, nella letteratura scientifica, il termine enchytrismos si riferisca, generalmente, solo
al rito dell’inumazione.
Gli enchytrismoi nelle necropoli di Akragas.
Nel 1988 una grande mostra archeologica ad Agrigento esponeva
espone i corredi delle necropoli
1- Agrigento. Necropoli Pezzino
(da De Miro 1988)
della città greca. Il titolo, Veder greco, rimarcava la “grecità” dei magnifici reperti, offerti
per la prima volta alla fruizione del grande pubblico, guidato attraverso
at
la cultura materiale
e i beni dei morti, alla conoscenza della più bella città dei mortali,
mor
nota dalle fonti antiche
per lo sfarzo dei suoi sepolcri, destinati anche ai cavalli e agli
agl uccellini (Diodoro Siculo,
Biblioteca Storica XIII, 82,6; 86,1-4; Plinio il Vecchio, Naturalis
Natura Historia VIII,64; Solino,
Collectanea rerum memorabilium 45,11).
Le aree cimiteriali di Akragas si trovavano al di fuori delle mura
mur (fig.3), a cominciare dalla
più antica, quella di contrada Montelusa, giusto alle spalle della
del foce del fiume omonimo
della città, che ha restituito corredi databili nella prima metà del VI secolo a.C., coevi alla
fondazione della polis (fig.7). La necropoli più estesa, cosiddetta
cosidd
di contrada Pezzino, si
trovava ad Ovest, servita da due assi stradali, di cui uno collegato con Porta VII, e
2- Agrigento. Necropoli Mosé
(da De Miro 1988)
caratterizzata da tombe rettangolari costruite in blocchi di arenaria locale, disposte
raggru
su base familiare,
fittamente l’una accanto all’altra e, talvolta, con evidenti raggruppamenti
databili tra il VI ed il III secolo a.C. (fig.1). Non mancano le sepolture
se
monumentali, come
nell’ area cimiteriale individuata in contrada Mosè, ad Est della città, della fine del V secolo
(De Miro 1988).
Ad Akragas la sepoltura in vaso risulta discretamente documentata
doc
sia
nel caso di
inumazione che di cremazione, riservata la prima agli infanti, la seconda agli adulti.
111
Purtroppo i dati editi non sono
son sufficienti ed esaustivi per formulare valutazioni di tipo
statistico, che sostengano considerazioni
consid
sull’incidenza percentuale della scelte rituali, e, di
conseguenza conclusioni di carattere
car
socio-culturale circa la comunità dei vivi autrice di tali
scelte. Possiamo, pertanto, limitarci
lim
solo ad esaminare i casi noti, comunque interessanti ed
utili alla ricostruzione di un quadro,
quad seppure preliminare, delle testimonianze.
Nel caso del rito crematorio sono
son documentati esempi di deposizioni secondarie in vaso, sia
di terracotta, che di bronzo, come
c
lo splendido cratere a volute, con traforo di spirali e
palmette e attacchi configurati
gurati a testa di cigno, deposto con il suo corredo in un pozzetto
della necropoli Mosé (fig.2), davanti
dav
al quale era una lastra per le deposizioni votive.
Tra l’età arcaica e il pieno V secolo sono documentati come vasi cinerari gli stamnoi,
(acromo, tomba 954, o decorato
decor
a bande, tomba 1316), l’hydria (tomba 681) e l’askos
(tomba 904) acromi, e, inoltre,
oltre, i crateri a figure rosse, utilizzati come urne deposte insieme
al corredo in pozzetti scavati nella
ne roccia della necropoli Pezzino, talora entro cassa (tombe
1225, 1239, 1701, 842, 685).. Una tomba a fossa, divisa in due parti, ciascuna occupata da
un “anforone” (sic!) usato come cinerario, apparteneva probabilmente ad uno stesso nucleo
familiare (De Miro 1989, 12, fig.8, tomba 1176). Sempre a Pezzino l’inumazione in vaso è
documentata da alcune sepolture,
sepoltu con l’uso di anfore (tombe 134 bis, 91, 173, 461, 425,
1065, 217), di uno stamnos acromo
acro (tomba 1260) e di una hydria, (tomba103). Purtroppo
non disponiamo di dati precisi
precis circa la tipologia delle anfore reimpiegate, indicata solo
talvolta e genericamente (di tipo
tip corinzio, tombe 134 bis, 173; di tipo attico, tomba 91);
solo nel caso della tomba 1065 disponiamo dell’immagine dell’anfora punica, utilizzata come
19 (figg.5-6). Gli enchytrismoi, quasi sempre orientati ad Est e
contenitore (De Miro 1989, 19)
chiusi da una lastra di tufo o, nel
ne caso della tomba 1065, da una pietra, destinati agli infanti,
appartengono alla fase più antica
antic della necropoli, riferibile alla prima metà del VI secolo. In
particolare la sepoltura nell’anf
ell’anfora punica (1065) per la presenza di un aryballos dell’antico
112
mesocorinzio, sembra risalire ad un momento molto vicino alla fondazione della polis.
3-Topografia delle necropoli di Akragas
113
Allo stesso periodo, probabilme
abilmente, appartengono le sepolture in anfore sepolte nella duna
sabbiosa, che ancora resiste sul
su lato destro della foce del fiume Akragas, portate alla luce
periodicamente dalle mareggiat
reggiate (figg. 8-9). L’ultimo intervento, nel 2010, ha portato al
recupero di un’anfora corinzia di tipo B in frammenti (fig. 9).
E’ probabile che le tombe appartengano
appar
alla necropoli più vasta, già citata, individuata nella
contrada Montelusa, poco distante,
dista
legata al quartiere dell’antico emporion, il porto della
città , di cui, grazie a saggi recenti,
recen si comincia ad intravedere la fisionomia archeologica.
Gli enchytrismoi nelle necrop
ecropoli di Agrigentum
Non sappiamo a quale periodo
eriodo potessero riferirsi le tombe in anfora di rozza terracotta
segnalate dal Marconi negli anni
ann Venti del secolo scorso nei pressi del Tempio di Ercole,
dall’area, cioè, proprio sotto le mura meridionali, occupata da una vasta necropoli di età
imperiale, con sepolture a cassa,
ca
sarcofago e monumenti funerari importanti come la
cosiddetta Tomba di Terone. A partire dalla fine del III sec.d.C., le aree cimiteriali, sub divo
e ipogeiche, si spostano all’inter
l’interno delle mura, nelle quali vengono ricavati arcosoli e camere
sepolcrali. Presso la foce dell’Akragas,
dell’
sulla sponda sinistra, nell’area dell’antico emporion
della città, è stato portato alla luce
lu un piccolo lembo di necropoli ad enchytrismos, con cinque
sepolture in anfore di produzio
oduzione africana, databili tra il V e il VII secolo d.C., rinvenute
sotto uno spesso strato di accumulo
acc
sabbioso di origine alluvionale (fig.10) (Caminneci
2012). La tomba I (fig.11) utilizzava
ut
almeno quattro contenitori cilindrici di grandi
dimensioni, di cui due, assemblati,
assem
erano stati tagliati all’altezza della spalla e segati
longitudinalmente per accoglier
ogliere le ossa, deposte all’interno e coperte dai frammenti, anche
di altre due anfore, posti gli uni
un sugli altri; cocci erano sistemati a chiudere una delle due
estremità, mentre dall’altro capo
cap il contenitore utilizzato, conservava il puntale. Dalle prime
analisi osteologiche, sembrere
brerebbe trattarsi di una sepoltura polisoma, almeno quattro
individui, in giacitura seconda
econdaria, come dimostra la deposizione, non in connessione
114
anatomica e la selezione che ha conservato un solo teschio e le ossa lunghe. I pochi resti ossei
4-Tomba 1260 in stamnos . Corredo: lekythoi samie (da De Miro 1988)
5-6-Tomba 1065 in anfora punica. Corredo: aryballos
ballos mesocorinzio. (da De Miro 1988)
115
della tomba II erano in un’anfor
’anfora africana di forma simile alla Keay VIII b: la parte superiore
era stata segata all’altezza dello spicco della spalla e appoggiata al resto del corpo (fig.12). A
chiusura dell’imboccatura era sistemata una brocchetta acroma anch’essa di produzione
africana; brocchette simili sono una costante dei corredi funerari siciliani di età tardoantica e
bizantina. Nella sepoltura III una
un pietra era incastrata a sostenere il collo dell’anfora, ancora
probabilmente una Keay LXII R, conservata solo nella metà che in origine accoglieva il
defunto (fig.13). Per la tomba
tomb IV, sfortunatamente sconvolta da uno scasso moderno,
furono utilizzate almeno tre anfore, tra cui una Keay LXII var. Infine la sepoltura V
presentava innestata verticalmen
calmente sul corpo disteso dell’anfora, l’imboccatura pertinente ad
una Keay LXI (fig.14). Le sepolture
sepo
seguono, grosso modo, un orientamento Est-Ovest, ad
eccezione della tomba III, posta nel senso inverso. Circa il rituale funerario, va sottolineata la
natura di ossario della tomba I, il che testimonia l’esistenza di pratiche di esumazione e di
selezione delle ossa, evidenti anche nel caso dell’enchytrismos di un adulto in giacitura
secondaria rinvenuto nella necropoli
ne
tardoantica di Milano. Ad un dispositivo per
l’introduzione di offerte nel sepolcro può far pensare il collo di anfora innestato
verticalmente sulla tomba V:: esempi identici, riscontrati nella necropoli dell’area del
Policlinico di Milano, nei cimiteri
cimite dell’Isola Sacra (fig.15), di Nave, di Lugone e di Aquileia,
documentano come anche le singole parti del contenitore potessero essere riutilizzate in
modo avulso dalla forma originaria
origina (Spalla 2005, ivi bibliografia). Il collo dell’anfora, infatti,
si prestava ad essere valido sostituto
sos
di una fistula per le libagioni, ovvero ad essere usato
come segnacolo, pratica a cui allude, già nel I secolo a.C., il noto verso di Properzio: sit
amphor collo (Prop. Carm.4,5,75). Quanto al corredo funebre,
tumulus lenae curto vetus amphora
soltanto dalla tomba III proven
rovengono una moneta illeggibile, probabilmente un minimo, un
tintinnabulum di bronzo e un frammento
fr
di un pendaglio (?) in oro. La presenza di pochi
oggetti, tra cui l’obolo, è coerente
coere con il costume funerario che si va affermando in questi
116
tempi e che determinerà pian piano
pi
la sparizione della pratica in favore della donazione ad enti
7- Agrigento. Necropoli di Montelusa. Piatti rodi e frammenti
ti di ceramica
c
mesocorinzia (De Miro 1988)
8- Agrigento. Maddalusa. Enchytrismόs della necropoli arcaica
ca (Ar
(Archivio Soprintendenza di Agrigento, 1950)
117
ecclesiatici (Giuntella 1998).
Se dai flussi commerciali dipende
dipend la reperibilità in loco delle anfore, non è senza significato
che i contenitori del contesto
ntesto agrigentino siano riconducibili alle fabbriche sul golfo di
Hammamet, in particolare agli
agl ateliers di Sidi Zahruni e di Henchir ek Chekaf. La Sicilia
occidentale si trova a soli due giorni di navigazione lungo la rotta, nota ancora ai tempi di
Edrisi, che partiva dal porto di Nabeul. Anche le fonti agiografiche provano il collegamento
tra l’emporion agrigentino e
l’Africa: dalla Vita di Gregorio, Vescovo di Agrigento,
apprendiamo che il santo, recatosi
rec
alla foce dell’Akragas, trovò una nave, guidata dal
naukleros Varo, diretta a Cartagine,
Cartag
in sosta nel porto agrigentino per rifornirsi di acqua
potabile (Vita Gregorii, col.560
560). La nave giungerà a destinazione dopo tre giorni: gli eventi
narrati si collocano sul declinar
eclinare del VI o all’inizio del VII secolo, in un momento, cioè,
assai vicino al periodo della nostra
no
necropoli. Più o meno allo stesso periodo risalgono le
tombe a cassa coperte da lastroni,
lastro rinvenute nelle immediate vicinanze verso la metà del
secolo scorso, da cui provengo
vengono brocchette acrome e fibule bronzee tipo Balgota e tipo
Siracusa, della metà del VII d..C. (Bonacasa Carra 1987, 34-35, tav.VI, 1-6). Saggi recenti,
condotti sempre sulla sponda sinistra della foce, testimoniano un’intensa frequentazione
dell’area in età tardoantica e bizantina,
bi
segno di quella vitalità del porto agrigentino, di cui
troviamo eco nella Vita di Gregorio.
Grego
L’enchytrismos : caratteri del
de rito attraverso i secoli
Dai contesti funerari del mondo
mond antico emerge che la sepoltura in vaso è preferibilmente
riservata agli individui morti in età preadulta, sebbene non manchino esempi di adulti
rannicchiati entro grandi vasi, come, a mero titolo di esempio, le sepolture del Medio
Bronzo di Milazzo (Tigano 2006).
2006
Il riuso del vaso nel rito funerario
funera riservato agli infanti riflette quella cura della comunità,
comune a tutte le culture, di “segnare” la tomba infantile in modo inequivocabile previe
118
specifiche modalità di trattamen
tamento del cadavere.
9- Agrigento. Maddalusa, lato destro della foce. Duna sabbiosa ed en
enchytrismos
119
Da qui la scelta dell’inumazion
mazione e dell’enchytrismos, in particolare, e quasi mai della
cremazione, insieme alla dedica di corredi chiaramente volti a connotare ed a distinguere il
seppellimento di chi ha subito una mors inmatura. Esempio eclatante è il tophet, tipico della
cultura fenicio-punica, o anche, nel mondo romano, i suggrundaria, posti sotto il pavimento
della casa o sub grunda (Gaio 2004). Può avere influito sulla scelta della sepoltura in
contenitori di terracotta, anche
anch l’indubbia praticità della soluzione, come quella, per i
neonati, dell’uso di due coppi
cop sovrapposti, che perdura in età altomedievale, fino
all’esempio assolutamente singolare
singo
delle sepolture di pieno XVI secolo, rinvenute sotto i
pavimenti della Chiesa di San Pietro
Pie all’Olmo (Zopfi et al.2011).
Tornando al fenomeno del riuso del vaso nelle necropoli acragantine, è di un certo interesse
l’esame dei contesti funerari siciliani
si
coevi, sebbene solo raramente sia possibile attingere
dati precisi dall’edito, limitato
itato spesso ad informazioni assai generiche. Gli studi recenti si
sono soffermati sullo studio
tudio dei contesti funerari in quanto indicatori archeologici di
interrelazioni tra diverse etnie, ovvero come segnali di trapasso da un modello culturale
ad un modello dominante. Si è osservato da più parti, ad esempio, che nei contesti della
Sicilia centrosettentrionale le attestazioni
at
di enchytrismoi e di incinerazioni sembrano essere
espressione della comunità greca,
gre che si distacca dalla tipologia sepolcrale della tomba a
camera in uso presso gli indigen
ndigeni (Shepherd 2005, Hofmann 2008, Spatafora 2010 b, 2012).
Il fenomeno è particolarmente
mente evidente a Butera, Monte Bubbonia e Sabucina, dove il
passaggio avverrebbe tra la metà del VII e la metà del VI secolo a.C. I numerosi recipienti di
produzione indigena utilizzati come
co contenitori nelle tombe ad enchytrismos nelle necropoli di
Himera, confermano il ruolo cardine
ca
giocato dalla polis nei rapporti con le comunità sicane
tra i fiumi Torto, San Leonard
onardo, Imera Settentrionale e le alte vallate dei Fiumi Platani e
Salso Imera. In particolare, nella
ne necropoli di Pestavecchia (Fabbri, Schettino, Vassallo
2006) si registra la coesistenza di inumazione ed incinerazione, con assoluta predominanza
120
delle inumazioni, 90% (2088 rispetto
ris
alle 241 incinerazioni, su un campione di 2329).
10- Agrgento. Maddalusa. Necropoli ad enchytrism
ytrismόs
121
Tra le inumazioni il tipo più ricorrente
rico
sarebbe proprio quello ad enchytrismos, riservato quasi
esclusivamente a neonati o a bambini
bam
nei primissimi anni di vita, ben 1199, più del 50% di
tutte le tombe, indizio palese di un elevatissima mortalità neonatale e infantile. Tra i
contenitori reimpiegati, più numerose
nu
le anfore da trasporto (ca. 650), quindi le chytrai
(254), i pithoi (150), le hydriai
ydriai (86), gli stamnoi (26) e, con numeri più esigui, altre forme.
Tranne rare eccezioni, il contenitore
conten
è orientato Est-Ovest, e all’interno il cranio è ad Est,
anche nei casi in cui il vaso ha diverso
di
orientamento.
Inoltre, potrebbe essere effetto di una commistione culturale il fatto che nella necropoli
punica di Palermo le tombe ad enchytrismos siano sparse senza un ordine preciso anche
all’interno delle camere o lungo i dromoi a testimoniare, a partire dalla fine del VI secolo a.C.
e soprattutto nel V, la mancanz
ancanza di uno spazio definito per le sepolture infantili, attestato,
invece, in alcune necropoli della Sardegna (Spatafora 2010 a).
Il dato che emerge dalle necropoli
necro
del centro ellenizzato di Monte Saraceno di Ravanusa
(Denti 1996, 91 ss.), databili tra
tr l’ultimo quarto del VI ed il V secolo a.C., è la prevalenza
della tomba a cappuccina per adulti
ad e per infanti, mentre il 38% delle deposizioni infantili è
in sepolture non protette. Pochi
Poch in percentuale gli enchytrismoi, in anfore corinzie A e B, o
puniche, segate all’altezza della spalla per l’introduzione del piccolo defunto e sigillate da
embrici. In un caso, la tomba
omba 43, il contenitore era stato assemblato utilizzando parti di
anfore corinzie A e di un’anfor
n’anfora chiota. Va segnalato il caso della necropoli arcaica del
Borgo di Gela, che documenta sepolture infantili in un singolare contenitore di terracotta, di
cui esistono poche altre attestazi
ttestazioni, una sorta di grosso “otre” configurato a testuggine (Orsi
1906, 102 ss.). Dallo studio delle
del anfore reimpiegate nei contesti funerari possono emergere
anche informazioni in merito ai flussi commerciali, come nel caso delle anfore massaliote
riutilizzate per gli enchytrismoi delle necropoli arcaiche di Palermo e soprattutto di Camarina
(Di Sandro 1990). Qui, la necropoli
ne
del Rifriscolaro, dove sono attestate anche anfore
122
corinzie A, SOS, samie, chiote,, etrusche, e puniche, restituisce il quadro dei contatti della
11- Agrigento. Maddalusa. La Tomba 1.
123
polis, sebbene si tratti sempre di un campione, selezionato dalla logica del reimpiego, non
sempre perciò statisticamente
mente attendibile per valutazioni di carattere generale, ma
comunque dato indiscutibile della
del presenza e della disponibilità dei contenitori in loco.
Il riuso di anfore nelle sepolture
polture nel mondo romano è abbastanza diffuso specie nei contesti
dell’Italia settentrionale già a partire dal I sec. d.C., che documentano il rito della
cremazione con le ceneri, in deposizione
de
secondaria, all’interno di rozzi vasi di terracotta,
protetti dalla parte inferiore
riore di un’anfora segata allo scopo (Buora 1991) (fig..16).
L’inumazione in anfora è presente
presen in età romana, specie in Occidente, a partire dal III sec.
d.C., estesa anche ad individui
ividui adulti, per i quali si utilizzano i grandi contenitori anforari
della tarda antichità opportunam
rtunamente modificati per la nuova funzione. Una o più anfore,
anche mutile di collo o di puntale,
pun
segate longitudinalmente con uno strumento affilato,
accoglievano il defunto nella parte
pa inferiore come in una valva, mentre la parte superiore
fungeva da coperchio. Questi sepolcri di terracotta denotano, in questa preoccupazione di
proteggere il corpo, un’accura
’accuratezza che non può non essere rituale: le spoglie mortali
vengono ricoperte da una “coltre”
“coltr di frammenti adagiati anche su più strati, segando le parti
in eccesso, rappezzando con schegge
sc
le falle, chiudendo le imboccature, quasi a creare un
guscio. L’anfora talvolta veniva tagliata, rimuovendo il collo o il fondo, da ricollocare poi
nella posizione originaria, accostando
acco
nuovamente le parti al corpo del contenitore, una
volta effettuata la sepoltura. Così a Poggio Gramignano nella tomba I B 19, un’anfora
africana I, la parte del puntale
ntale è stata segata e poi riaccostata al corpo del contenitore con
uno strato di gesso (Soren, Soren
S
1991, 490-491). Talora per sigillare le sepolture si
trovano utilizzate anche pietre, come a Milano, o frammenti di tegole, come nella tomba
ricavata in una Keay XXVII della
d
necropoli di Messina (Sannazaro 2001; Tigano 19971999a, 494, tav.CXXV, fig.2).. Se si trattava di un infante bastava praticare una apertura nel
corpo dell’anfora, da richiuder
hiudere con lo stesso frammento asportato, una volta deposto il
124
cadavere.
12- Agrigento. Maddalusa. Tomba 2 e brocchetta
13- Agrigento. Maddalusa. Tomba 3 e corredo
125
Talvolta si può trattare di sepolture ricoperte semplicemente da cocci, anche non
ricomponibili, utilizzati per coprire
cop
il defunto, come avviene a Poggio Gramignano (Soren,
Soren 1991, 490-491).
Le sepolture in anfora, sebben
ebbene possa prevalere l’impressione di necropoli “povere”, non
sembrano avere alcuna connotaz
nnotazione religiosa o etnica, né, necessariamente, sociale, ma si
trovano spesso attestate significa
ignificativamente, in prossimità di strutture portuali, dove era facile
reperire i contenitori per l’ultimo,
l’ultim pietoso, reimpiego, come attestano gli esempi di Puteoli
(Pagano 2009), di Classe (Ferreri
(Ferr 2009), e, in zona subcostiera, le tombe liguri e pisane
(Varaldo, Lavagna 1998; Costantini2010).
Costan
Necropoli ad enchytrimos sono ben note nell’Italia
settentrionale e centrale, a partire
part dal III fino al VI secolo d.C: si tratta di contesti funerari
compositi dove le sepolture in anfora si affiancano alle tombe a cassa, in coppi o a
cappuccina. Sono gli esempi citati
cita di Poggio Gramignano, del Palatino e di Porta Maggiore a
Roma (Augenti 1998), il suggrundarium
suggru
di Loppio S.Andrea. Sono state censite anche le
sepolture presenti in Gallia (Pio
Piot 2001). Invece, manca per la Sicilia uno studio di insieme
dei cimiteri tardoromani ad enchytrismos.
ench
Dall’edito, ma non si tratta di un campione valido,
emerge il divario percentuale tra le diverse tipologie di inumazione, con una apparente
preferenza assegnata alla sepoltura
sepol
in ipogeo o in arcosolio. Ciò sembrerebbe in netto
contrasto, ad esempio, con quanto
qua
avviene nell’isola vicina, la Sardegna, dove enchytrismoi
sono attestati in tutto il territori
rritorio (Deiana 1996-1997, 20 ss.).
I pochi esempi siciliani noti si trovano
tr
in aree costiere o, comunque, poco lontane dal mare,
il che conferma l’impressione di una scelta dettata principalmente dall’opportunità offerta
tenitori da reimpiegare. Sono le necropoli di Milazzo e di Messina,
dalla disponibilità dei contenitor
città sulla costa settentrionale,
nale, direttamente coinvolte dai flussi commerciali dello Stretto,
come dimostra, a Milazzo, il reimpiego
re
di un’anfora Keay LII, legata al commercio del vino
calabro (Tigano 1997-1998b, 533-534). Nella fascia subcostiera della Sicilia sudorientale
126
sono note le sepolture ad enchytrismos di Priolo e della Favorita presso Noto, aree,
14- Agrigento. Maddalusa. Tomba V
15- Ostia. Necropoli dell’Isola Sacra
cra (d
(da Zanker 2002)
127
comunque coinvolte nei flussi commerciali tra Siracusa e Capo Pachino (Picone 1994;
Trapani 2008). Unica eccezion
cezione nota a questo criterio di distribuzione delle necropoli, il
cimitero di Sofiana, nel cuore della Sicilia, nei pressi, però, di un importante snodo della
viabilità terrestre di servizio all’attività
all’a
produttiva delle massa, e, di conseguenza, alla rete di
distribuzione delle merci tra costa
cost ed entroterra (Bonomi 1964, 199, 201).
I dati in nostro possesso per la Sicilia non ci consentono, comunque, di valutare l’incidenza
delle diverse produzioni nell’ambito
nell’a
del riuso, riflessione che, invece, ha condotto a
conclusioni interessanti nei contesti
cont dell’Italia settentrionale, dove è stato possibile osservare
l’uso ricorrente di anfore Late Roman
Ro
4 e di africane Keay XXV nelle necropoli sull’Adriatico
(Gaio 2004, 68, tav.X). Tali testimonianze chiariscono quindi un altro aspetto non
secondario del fenomeno del reimpiego
re
di anfore in ambito funerario, la possibilità, cioè, di
lucrare informazioni di tipo economico
ec
dai contenitori di trasporto utilizzati, indicatori
attendibili non solo dei contatti
ontatti diretti con i luoghi di produzione, nel caso di emporia, ma
anche, nell’entroterra, della circolazione
circ
dei prodotti.
128
16- Riuso delle anfore nei contesti funerari di età ro
romana (da Toniolo 1995)
129
Bibliografia
130
Augenti A. 1998, Iacere in Palatio.
Palat Le sepolture altomedievali nel Palatino, in Brogiolo G.P.,
Wataghin Cantino G., Sepolture
Sepoltu tra IV e VIII secolo. Struttura, topografia, processi di
acculturazione, VII Seminario sul tardoantico e l’alto Medioevo in Italia centrosettentrionale,
Gardone Riviera 1996, Mantova
antova, 115-121.
Bonacasa Carra R.M. 1987, Agrigento paleocristiana. Guida archeologica ed Antiquarium,
Palermo.
Bonomi L. 1964, Cimiteri paleocristiani
paleoc
di Sofiana, «Rivista Archeologia Cristiana » XL, 3-4,
199-201.
Buora M. 1991, Una sepoltura femminile pressoAlnicco (comune di Morezzo, Udine), «Quaderni
Società friulana di Archeologia»,
logia», 1.
Caminneci V. 2012, «Animam
Animam sepulcro condimus»: sepolcreto tardoantico in anfore presso
l’Emporion di Agrigento (Sicilia,
Sicilia, Italia), «Rei Cretariae Romanae Fautorum Acta», Belgrado
2010, Bonn, 259-266.
Costantini A 2010, Pisa (Italia)
Italia). Via Marche: le anfore della necropoli tardoantica, in Menchelli
S., Santoro S., Pasquinucci G.., Guiducci G. (a cura di), LRCW 3, Late Roman Coarse Wares,
Cooking Wares and Amphorae in the Mediterranean, Archaeology and archaeometry, Comparison
between western and eastern Mediterranean,
Medit
volume I, British Archaeological Reports Intern.
Ser., 2185 (I) , Oxford, 329-33
336.
Deiana M.I. 1996-1997, Incinerazione
Incine
e inumazione: il caso della Sardegna, Annali Facoltà
Lettere e Filosofia Università di Cagliari XV, 20 ss.
De Miro E. 1988, Akragas. La città e le necropoli, in Veder greco. Le necropoli di Agrigento,
Catalogo della mostra, Agrigent
rigento 2 maggio-31 luglio 1988, Roma.
De Miro E. 1989, la necropoli Pezzino
Pe
di Agrigento, Messina.
Denti A. 1996, Le necropoli, in Calderone
C
A., Caccamo Caltabiano M., De Miro E., Denti A,
Siracusano A., Monte Saraceno di Ravanusa.Un ventennio di ricerche e studi, Messina, 91-175.
Di Sandro N. 1990, Aspetti quantitativi
qua
e tipologici delle anfore marsigliesi in Magna Grecia e
Sicilia, in «Etudes Massalietes» 2, 235-239.
Fabbri P.F., Schettino R., Vassallo
Vass
S. 2006, Lo scavo delle sepolture delle necropoli di Himera
Pestavecchia (Palermo), in C.Amp
Ampolo (a cura di), Guerra e pace in Sicilia e nel Mediterraneo antico
(VIII-III sec. a.C.).Arte, prassi e teoria
teor della pace e della guerra, vol. II, Pisa, 613-620.
Ferreri D. 2009, Sepolture e riti funerari a Classe: una lunga prospettiva diacronica, Favia G.,
Volpe G. (a cura di), V Congresso
Congr
Nazionale Archeologia Medievale, Foggia-Manfredonia
2009, Borgo S.Lorenzo, 459-46
464.
Gaio S. 2004, «Quid sint suggrundaria».
suggrun
La sepoltura infantile ad enchytrismòs di Loppio s.Andrea
(TN), «Annali Museo Civico Rovereto
Rov
», 20, 53-90.
Giuntella A.M. 1998, Note su alcuni aspetti della ritualità funeraria nell’alto Medioevo.
Consuetudini e innovazioni, in Brogiolo
Br
G.P., Wataghin Cantino G., Sepolture tra IV ed VIII
secolo. Struttura, topografia, processi di acculturazione, VII Seminario
Semin
sul tardoantico e l’alto
Medioevo in Italia centrosettentrionale, Gardone Riviera 1996,
1996 Mantova, 61-74.
Hofmann K.P. 2008, Rituali funerari e acculturazione: la trasformazione
tras
culturale in Sicilia
sudorientale sotto l’influenza greca nell’VIII–V sec. a.C. sull’esempio
sull’e
di Morgantina, XVII
International Congress of Classical Archaeology, Roma 22-226 Sept. 2008, «Bollettino di
Archeologia on line », 1-14.
Orsi P. 1906, Gela. Scavi del 1900-1905, «Monumenti Antichi
ntichi Lincei», XVII.
Pagano M. 2009, Continuità insediativa delle ville nella Campania
Campa tra tarda antichità e alto
Medioevo, in Ebanista C., Rotili M. (a cura di), La Campania tra tarda antichità e alto Medioevo.
Ricerche di archeologia nel territorio, Atti della Giornata di Studio, Cimitile
Cimit 10 giugno 2008, Cimitile.
Picone E. 1994, L’ipogeo Manomozza III presso Priolo Gargallo, «Quaderni
«Q
di studi della Facoltà
di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina », 141-167.
Piot C. 2001, La reutilisation des amphores: contribution à l’histoire
histoire éeconomique dans le Sud Ouest
de la Gaule, «Munibe» 53, 101-133.
Sannazaro M. 2001, La necropoli tardoantica. Ricerche
icerche archeologiche nei cortili
dell’Università Cattolica, Milano.
Shepherd G. 2005, Dead men tell no tales: ethnic diversity in sicilian colonies and the evidence of the
cemeteries, «Oxford Journal of Archaeology » 24(2), 115–136.
Soren D., Soren N. 1999, A roman villa and a late roman infant
fant cem
cemetery: evcavation at Poggio
Gramignano, Roma.
Spalla E. 2005, Strutture per libagioni nella ritualità funerariaa roman
romana: i dati archeologici, in
Rossignani M.P., M.Sannazaro M., Le Grottaglie G. (a cura
ura di)
di), La Signora del sarcofago,
una sepoltura di rango nella necropoli dell’Università cattolica,
tolica, Milano, 47-54.
Spatafora F. 2010 a, Ritualità e simbolismo nella necropoli punica di Palermo, in Dolce R. (a cura
di), Atti della Giornata di Studi in onore di Antonella Spanò, Palermo
Palerm 30/05/3008, Palermo, 2339.
Spatafora F. 2010 b, Le necropoli indigene della Sicilia centro-occidentale,
centro
in Spatafora F.,
Vassallo S. (a cura di), L’ultima città. Rituali e spazi funerari nella
nel Sicilia nordoccidentale di età
arcaica e classica, Palermo, 20-21.
Spatafora F. 2012, Interrelazioni e commistioni nella Sicilia nord-occ
occidentale di età arcaica: i contesti
funerari come indicatori archeologici, in Convivenze etniche, scontri e contatti di culture in Sicilia e
Magna Grecia, ARISTONOTHOS, Scritti per il Mediterraneo antico,
antico 7, 59-90.
Tigano G. 1997-1998 a, Messina. Interventi di scavo lungo la via C. Battisti, «Kokalos » XLIIIXLIV, II.1, 487-506.
Tigano G. 1997-1998 b, Milazzo. Scavi e ricerche tra il 1994 e il 1997, «Kokalos » XLIIIXLIV, II.1, 513-545.
Tigano G. 2006 (a cura di), Le necropoli di Mylai (VIII-I sec. a.C
C.), Milazzo.
Toniolo A. 1995, Anfore in area padana come riconoscerle, Stanghe
tanghella.
Trapani F. 2008, La «Favorita» presso l’Asinaro. A proposito della cristianizzazione
cri
del Mediterraneo
131
Occidentale. Alcune considerazioni,
razioni, in Bonanno A., Militello P. (a cura di), Malta negli Iblei,
gli Iblei a Malta, Atti del Conveg
onvegno Internazionale Catania-Sliema 2006, Palermo, 217-229.
Varaldo C., Lavagna R. 1988, La necropoli del Priamàr, in Sepolture e necropoli tra Tardo-Antico
ed Alto Medioevo nell'Italia nord-oc
occidentale, «Rivista Studi Liguri» LIV, 1-4, 179-198.
Zanker P. 2002, Un’arte per l’Impero.
l’Im
Funzione e intenzione delle immagini nel mondo romano,
Milano.
Zopfi L.S., Mella Pariani R., Sguazza
Sg
E., Porta D., Cattaneo C., Chiesa vecchia di San Pietro
all’Olmo (Cornaredo-MI) – livelli del XVI secolo. Un singolare rito funerario con neonati entro coppi e
analisi antropologica e paleopatolog
patologica dei resti scheletrici, «Folder» 2011-219, 1-10.
132
Finito di stampare
pare n
nel Novembre 2012
Progetto grafic
grafico e redazione
Valentina
tina Caminneci
Parce sepulto
Il rito e la morte
m
tra passato e presente