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Razzi, Girolamo (Silvano), in DBI (2016)

Della produzione di questo autore (1527-1611) si segnala, oltre a varie commedie, trattati, biografie e agiografie, l'abbozzo inedito di una Vita di Pietro Bembo.

RAZZI, Girolamo (in religione Silvano). – Nacque a Marradi nel 1527 da Populano, appartenente a una famiglia di notai (Bramanti, 1999, p. 326). Suo fratello Serafino (1531-1613), teologo e predicatore domenicano nel convento di San Marco a Firenze, fu autore di svariate opere teologiche e agiografiche. Nel novembre del 1559 entrò nell’Ordine di Camaldoli, vivendo poi a lungo nel monastero fiorentino di Santa Maria degli Angeli, di cui divenne anche abate. Per un breve periodo fu anche maggiore dell’Eremo di Camaldoli (di cui scrisse una Descrizione edita a Firenze nel 1572), dove collezionò diversi codici manoscritti e opere d’arte di pregio. Operò quasi esclusivamente a Firenze, dove strinse legami di amicizia con i maggiori scrittori in circolazione, entrando a far parte dal 1565 dell’Accademia Fiorentina. Risulta emblematica, per rilievo e intensità, l’amicizia con Benedetto Varchi, del quale scrisse una biografia, edita in apertura delle Lezioni (nell’edizione del 1590 delle Lezioni varchiane, curata dallo stesso Razzi, la Vita è alle cc. †1v†7v), e del quale curò la stampa di alcune opere. Di Varchi divenne anche esecutore testamentario insieme a Pietro della Stufa, con il quale allestì l’edizione postuma della commedia varchiana La suocera (Firenze 1569). Quale estremo tributo all’amico, Varchi compose tra il 1563 e il 1564 quaranta epigrammi dedicati a Razzi. Allacciò stretti rapporti anche con Giorgio Vasari, il quale richiese probabilmente la collaborazione del camaldolese per la stesura delle Vite dei più eccellenti architetti pittori et scultori italiani, in particolar modo per la vita di Giotto; in questo quadro andrà però respinta la testimonianza di Serafino Razzi, che in un passaggio delle Vite dei santi e beati del sacro ordine dei frati predicatori (Firenze 1587, p. 26) attribuiva la paternità dell’intera opera di Vasari al fratello Silvano. A detta di Vasari, Razzi era un raffinato collezionista d’arte (possedeva un bassorilievo di Giovan Francesco Rustici e un «bellissimo disegno» di Francesco Salviati) ed era dotato di un’intraprendente attitudine mecenatesca che lo portò a commissionare un quadro su Santa Caterina al Bronzino (Giorgio Vasari, 1981, pp. 193 s.). In età giovanile Razzi si distinse prevalentemente come autore di testi teatrali: il trittico di commedie, La Cecca (1563), La Balia (1564) e La Gostanza (1565), quest’ultima revisionata per la stampa da Leonardo Salviati, manifesta un’adesione originale a formule e intrecci tipici della commedia di derivazione latina, divisa in cinque atti e un prologo, con alle spalle i modelli coevi, dichiarati dallo stesso Razzi nel prologo della Cecca, di Ludovico Ariosto (Lena e Cassaria), Niccolò Machiavelli (Mandragola e Clizia) e Giovan Battista Gelli (La sporta). In queste prove è possibile tuttavia notare una spiccata sensibilità morale, ben in luce nel prologo della Balia, dove il «diletto» viene severamente subordinato al «giovamento», che colloca il teatro di Razzi nell’ambito di una comicità disciplinata, priva di punte aggressive, ma comunque imbevuta di spunti di marca novellistica. Nel 1569 è la volta invece della tragedia La Gismonda (Firenze, Sermartelli), che riprende il tema dalla prima novella della quarta giornata del Decameron, all’insegna di una dialettica tra dolorosa esperienza d’amore ed elevazione morale; sul fronte stilistico, lo sforzo di drammatizzare l’ipotesto boccacciano colloca la tragedia in una dimensione di complessiva staticità, avvertibile anche dall’uso di un linguaggio alto e troppo meccanicamente purificato. La tragedia di Razzi fu uno dei modelli principali del Tancredi di Federico Asinari (Bergamo 1588), tragedia falsamente attribuita da Bernardino Lombardi a Torquato Tasso in un’edizione parigina del 1587 (Chevillot) nella quale compariva con il titolo mutato in Gismonda. In questi stessi anni, nel 1568, usciva a Firenze Dell’economica christiana e civile, un trattato incentrato sulla «cura e governo» della famiglia, tema di lunga durata affrontato all’interno di una topica cornice narrativa, una «brigata» di gentiluomini e nobildonne fiorentine capitanata da Varchi (tra cui Lelio Bonsi, Leonardo Salviati, Baccio Valori, Bronzino, Laura Battiferri Ammannati) che, riunitasi nel palazzo di Cosimo il Vecchio a Fiesole, affronta l’ampia questione dell’etica familiare. Mentre il primo libro, di natura dottrinale, è dedicato alla virtù del cristiano, il secondo è incentrato specificamente sulla gestione dell’ambiente domestico. Verve e agilità narrative rendono l’opera di Razzi una delle più interessanti espressioni cinquecentesche del genere ‘economico’, degna di figurare accanto al dialogo Della cura familiare di Sperone Speroni o alla più ambiziosa e onnicomprensiva Insitution morale di Alessandro Piccolomini. Fortemente connesso a quest’opera è anche il Trattato delle virtù cristiane di Razzi, edito vent’anni dopo, nel 1588. Nel 1568 uscì anche una Scelta di orazioni devotissime al Signore et alla Vergine, raccolta che si lega strettamente ai coevi volgarizzamenti delle «pie e divote orazioni» di Ludolph von Saxen, edite a Venezia nel 1569. L’attività di volgarizzatore di Razzi proseguiva negli anni a seguire con le traduzioni dell’Evangelistarium di Marko Marulić (Firenze 1571), dell’Historia sacrae dominicae passionis di Johann Wild (Firenze 1573) e della Summa sacramentorum Ecclesiae di Thomaz Chaves (Firenze 1575). Nel 1575, a testimonianza di un’amicizia di lungo corso, Razzi curò l’edizione del Primo libro delle orazioni di Lionardo Salviati (Firenze, Giunti), il quale, qualche anno più tardi, lo inserì nell’orbita culturale dell’Accademia della Crusca definendolo, nel secondo libro degli Avvertimenti della lingua sopra il Decamerone, «nostro dolcissimo amico, religioso di singular bontà, e virtuoso e scienziato, e studiosissimo della toscana lingua» (ed. Venezia 1584, p. 118). In veste religiosa le opere che lo resero maggiormente celebre furono quelle di stampo agiografico: nel 1577 uscirono per Giunti la Vita di Maria Vergine e di San Giovanni Batista, nella quale Razzi dichiarò, nella premessa Al lettore, di aver fatto «uffizio d’interprete, o vero espositore, che di persona la quale scriva vite di santi». Al culto mariano sono connessi i tre libri dei Miracoli di Nostra Donna […] cavati da diversi autori cattolici et approvati, editi a Firenze sempre da Giunti nel 1576, che dell’opera biografica sono un perfetto corollario. Nel 1589 uscì presso Sermartelli la Vita, miracoli e traslazione di s. Antonino arcivescovo di Firenze (1389-1459), noto autore della Summa theologiae; si tratta di un testo che rielabora e amplifica l’agiografia del fratello Serafino (Firenze 1577), tratteggiando la figura di un domenicano austero, dalla corporatura minuta, e offrendo altresì alcune informazioni sulla sua formazione culturale e teologica. Questa, come altre agiografie, «raccolte e parte ancora scritte o volgarizzate» da Razzi, confluì nella monumentale raccolta di Vite de’ Santi e Beati toscani, edita da Giunti nel 1593. Speculare a questo progetto sono i sei volumi delle Vite delle donne illustri per santità, pubblicate tra il 1595 e il 1606, e le più esili Vite de’ santi e beati dell’ordine di Camaldoli (Firenze 1600). Razzi fu anche autore di prediche in un Quadragesimale edito a Firenze nel 1607. Sul versante laico della produzione biografica si segnala la Vita o vero azzioni della contessa Matelda, edita a Firenze nel 1587, nella quale il mito di Matilda è ripercorso attraverso le maggiori auctoritates pronunciatesi su di esso, da Dante a Giovanni Villani, da Cristoforo Landino al Carlo Sigonio del De Regno Italiae (Paoli, 2001, pp. 184-194). Di rilievo anche una silloge di Vite di quattro uomini illustri, stampata a Firenze per Giunti nel 1580, nella quale sono ricostruite le vicende biografiche di Farinata degli Uberti, Gualtieri duca d’Atene, Salvestro de’ Medici e Cosimo de’ Medici il Vecchio. Molto note e apprezzate furono le biografie di Francesco Valori e Piero Soderini, la prima edita nel 1602 nella ristampa fiorentina delle Vite di quattro uomini illustri, la seconda postuma nel 1737 (Padova), della quale sopravvivono due manoscritti autografi conservati nella Biblioteca nazionale centrale di Firenze (II.II.325, cc. 252r-278v e XXV.433, quest’ultima recante postille e una dedica, assente nella stampa, a Baccio Valori). La biografia di Soderini si distingue non tanto per la qualità dei dati biografici che propone, largamente convenzionali e desunti massicciamente dai precedenti di Francesco Guicciardini e Jacopo Nardi, quanto per il suo impianto ideologico teso alla consacrazione politica e morale del gonfaloniere fiorentino, difeso tenacemente dall’accusa di tirannide (Bramanti, 1999, pp. 327 s.). Morì a Firenze nel 1611 all’età di ottantaquattro anni. Fonti e Bibl.: Numerosi i manoscritti di Razzi sparsi in biblioteche e archivi italiani, soprattutto d’area fiorentina; per un inziale inquadramento si veda P.O. Kristeller, Iter italicum, ad ind.; si vedano in particolare i mss. della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, Conventi soppressi Angeli B.4.926 e C.6.925 per alcune biografie inedite (soprattutto di imperatori, da Giulio Cesare a Carlo V), tra cui l’abbozzo incipitario di una vita di Pietro Bembo, modellata, per stessa ammissione di Razzi, sulla Petri Bembi vita di Giovanni Della Casa. G.B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, Venezia 1775, pp. 148 s.; A. Pagnani, Storia dei benedettini camaldolesi, Sassoferrato 1949, pp. 177 s.; M.E. Magheri Cataluccio - A.U. Fossa, Biblioteca e cultura a Camaldoli, Roma 1979, pp. 484 s.; Giorgio Vasari: principi, letterati e artisti nelle carte di Giorgio Vasari, Firenze 1981, pp. 193 s.; D. Frigo, Il padre di famiglia. Governo della casa e governo civile nella tradizione dell’‘economica’ tra Cinque e Seicento, Roma 1985, ad ind.; O. Redon, Hagiographies croisées dans la Toscane de la fin du XVIe siècle, in Raccolte di vite di santi dal XIII al XVIII secolo. Strutture, messaggi, fruizioni, a cura di S. Boesch Gajano, Fasano di Brindisi 1990, pp. 143-157; M. Firpo, Gli affreschi di Pontormo a San Lorenzo. Eresia, politica e cultura nella Firenze di Cosimo I, Torino 1997, p. 259 e passim; V. Bramanti, Biografie in tempo di pace, in I ceti dirigenti in Firenze dal gonfalonierato di giustizia a vita all’avvento del ducato, a cura di E. Insabato, introduzione di R. Fubini, Lecce 1999, pp. 305-329 (in partic. pp. 326-329); M.P. Paoli, La donna e il melograno: biografie di Matilde di Canossa (secoli XVI-XVII), in Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée, CXIII (2001), 1, pp. 173-215; B. Varchi, Epigrammi a S. R., introduzione, edizione critica con commento e traduzione a cura di S. Ferrone, Fiesole 2003; B. Varchi, Lettere (1535-1565), a cura di V. Bramanti, Roma 2008, ad ind.; Lettere a Benedetto Varchi (1530-1563), a cura di V. Bramanti, Manziana 2012, ad indicem. Pietro Giulio Riga