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La Cedu in Parlamento

What does the Italian Parliament after a decision of the European Court of Human Rights? The article focuses on the parliamentary procedures regarding the application of the Court's decisions and especially of Torreggiani decision (2013), on prison overcrowding in Italy.

–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– N O T E E C O M M E N T I –––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––– MARIO MIDIRI LA CEDU IN PARLAMENTO Sommario: 1. Violazione della CEDU e rimedi strutturali: premessa. – 2. La CEDU nel sistema. – 3. Il vincolo conformativo come obbligo costituzionale. – 4. Violazione della CEDU e responsabilità del Parlamento. – 5. L’impatto della giurisprudenza di Strasburgo tra l’art. 41 e l’art. 46 della Convenzione. – 6. L’attuazione della legge n. 12/2006 e il ruolo d’impulso del Governo. – 7. La divaricazione con il diritto UE. – 8. La riforma della legge comunitaria nel 2012: un’occasione persa? – 9. La ricaduta finanziaria delle pronunce CEDU. – 10. Interessi in gioco, bilanciamenti, trasparenza istituzionale. 1. Violazione della CEDU e rimedi strutturali: premessa. – L’uso giudiziario dei principi della Convenzione europea e la disapplicazione della norma interna incompatibile: sono questi i temi che hanno monopolizzato il dibattito recente(1). Minore attenzione si è prestata al monitoraggio parlamentare della giurisprudenza di Strasburgo e all’adozione delle misure atte a rimuovere le cause strutturali della violazione della CEDU. Eppure i rimedi ‘preventivi’ e quelli di natura ‘compensativa’ devono coesistere, integrandosi gli uni con gli altri(2). Il punto merita dunque di essere approfondito nella prospettiva della conformazione –––––––––– ( 1) Dietro il dilemma disapplicazione o questione di legittimità costituzionale affiorano tensioni sul ruolo del giudice comune nel sistema: la disapplicazione della legge, in ambiti ulteriori rispetto a quelli su cui incide il diritto UE, modifica i rapporti tra la sfera della giurisdizione comune e la Corte costituzionale. La tutela multilivello dei diritti porta a valorizzare l’effettività delle misure adottate e il ruolo del giudice comune; ma vi è il timore che la Convenzione sia esposta, nella sua applicazione, ad eccessive oscillazioni giurisprudenziali: su questo, non potendo richiamarsi l’ampia letteratura, v. almeno V. ZAGREBELSKY, La Corte europea dei diritti dell’uomo e i diritti nazionali, in S.P. PANUNZIO (a cura di), I costituzionalisti e la tutela dei diritti nelle Corti europee, Padova, Cedam, 2007, pp. 718 ss. ( 2) Come ha rilevato la Corte di Strasburgo, «la migliore riparazione possibile è la rapida cessazione della violazione del diritto»; a questa primaria tutela si accompagna la riparazione per la violazione subita (v., di recente, la sent. 8 gennaio 2013, Torreggiani e al. c. Italia, ric. n. 43517/09, §§ 83-85, e le altre citate infra, alla nota 10). Sul nodo delle misure normative e amministrative atte a superare la situazione di vulnus alla Convenzione pone l’accento anche Corte cost., sentt. nn. 210 e 279 del 2013. DIRITTO PUBBLICO, 1/2015 86 DIRITTO PUBBLICO dell’ordinamento (art. 46 Convenzione), che ha valore di obbligo costituzionale alla luce dell’art. 117, co. 1, Cost. 2. La CEDU nel sistema. – Nella ricostruzione delineata dalla Corte costituzionale nelle note sentt. nn. 348 e 349 del 2007, la Convenzione non dà vita ad un ordinamento sopranazionale, né è in grado di generare norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Le limitazioni di sovranità sono assentite soltanto per un ordinamento costituitosi in funzione dei valori richiamati nell’art. 11 Cost. e che sia capace di generare norme immediatamente efficaci in ambito interno. La Corte riconosce però che l’art. 117, co. 1, Cost. realizza un rinvio mobile alla norma convenzionale: questa dà contenuto agli obblighi internazionali e, con essi, al parametro costituzionale, fungendo da norma interposta. L’asserita incompatibilità tra la norma CEDU e la norma di legge si presenta come una questione di legittimità, di esclusiva competenza del giudice delle leggi. Viene così avversata la disapplicazione della norma interna in nome dei principi convenzionali, che era stata sperimentata da qualche giudice di merito(3). Allarme aveva già espresso la Consulta anni prima, nella sent. n. 285/1990, per la compromissione dello spazio del legislatore (e delle sue stesse attribuzioni) che deriverebbe da un allargamento dei casi di disapplicazione al di là del diritto comunitario. E qui viene in mente la formula del Tribunale tedesco sul giudice costituzionale accentrato come privilegio del legislatore, meccanismo di garanzia che salvaguarda l’equi–––––––––– ( 3) V., ad es., Trib. Genova, 4 giugno 2001, su cui v. A. SPADARO - C. SALAZAR (a cura di), Riflessioni sulle sentenze 348/349 del 2007 della Corte costituzionale, Milano, Giuffrè, 2009, pp. 277 ss. Nella giurisprudenza del g.o. antecedente a Corte cost. nn. 348 e 349/2007, v. Cass., sez. un. civ., 23 dicembre 2005, n. 28507 (sul diritto all’equa riparazione per omessa osservanza del termine di ragionevole durata del processo ai sensi della legge n. 89/2001), con richiamo di Cass., 19 luglio 2002, n. 10542; v. pure Cass., 26 marzo 2002, n. 4297. Cass., sez. I pen., n. 2800/2007 impone al giudice dell’esecuzione di dichiarare ineseguibile il giudicato ai sensi dell’art. 670 c.p.p., quando la condanna risulti pronunciata in violazione delle regole sul giusto processo ex art. 6 CEDU (nella specie, del diritto dell’imputato di interrogare o fare interrogare i testimoni a carico), riconoscendo il diritto del condannato alla rinnovazione del giudizio. L’indirizzo favorevole alla disapplicazione non risulta condiviso dalla Corte di cassazione nelle ordinanze che sollevano le questioni di legittimità decise dalle sentt. nn. 348, 349 del 2007. NOTE E COMMENTI 87 librio dei poteri(4). Quando i giudici riaprono la questione della disapplicazione invocando l’art. 6 del Trattato dell’Unione europea(5), la Corte costituzionale tiene fermi i principi affermati dalle sentt. n. 348 e 349 del 2007 e ribaditi anche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (sentt. nn. 1/2011; 196, 187 e 138/2010, 93/2010), ritenendo non fondata (sent. n. 80/2011) la tesi della ‘trattatizzazione indiretta’ della CEDU che deriverebbe dalla ‘clausola di equivalenza’ dell’art. 52, § 3, della Carta dei diritti fondamentali (6). La stessa Corte del Lussemburgo esclude l’assimilazione delle norme CEDU a quelle del diritto UE quanto a effetto diretto e disapplicazione della norma nazionale in caso di conflitto, smentendo gli argomenti costruiti sul citato art. 6(7). –––––––––– ( 4) BVerfG, I Senato, 20 marzo1952, in BVerfGE 1952, pp. 195 ss.: il «pericolo per la potestà legislativa che deriva dall’allargamento del potere dei giudici di controllare la validità delle leggi fu una delle principali preoccupazioni contro l’introduzione di un potere generalizzato di controllo dei giudici»; da qui l’attribuzione del controllo di costituzionalità «ad organi speciali, ‘partecipati’ dallo stesso potere legislativo». È noto, su questo, l’ampio dibattito in Assemblea costituente: v., in part., l’intervento di Laconi, Commissione per la Costituzione, ad. plen., 1 febbraio 1947, Atti a cura della Camera dei deputati, Roma 1971, VI, pp. 292 s. Si tralasciano i richiami della letteratura sul tema, ma v. almeno la sintesi di G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite, Torino, Einaudi, 1992, pp. 78 ss. ( 5) V., ad es., in tema di risarcimento del danno da occupazione illegittima, T.a.r. Lazio, n. 11984/2010, sulla applicazione delle norme convenzionali non soltanto per l’interpretazione conformativa, ma anche al fine di disapplicare le norme statali o regionali in contrasto con la Convenzione, a maggior ragione quando la Corte di Strasburgo si sia pronunciata sulla questione. L’art. 6, co. 2 e 3, TUE, prevede che l’Unione aderisca alla Convenzione secondo le procedure del protocollo n. 8 annesso al Trattato. La procedura di adesione ha avuto inizio il 7 luglio 2010. Il 17 marzo la Commissione ha proposto le direttive di negoziato (IP/10/291). Al termine del processo, l’accordo di adesione sarà concluso dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e, all’unanimità, dal Consiglio dell’UE. Anche il Parlamento europeo darà il proprio consenso. L’accordo sarà ratificato da tutte le 47 parti contraenti della CEDU, comprese quelle che sono anche Stati membri dell’UE. ( 6) Considerato in diritto, nn. 5.5 e 5.6, ed ivi richiamata la giurisprudenza della Corte di giustizia UE formatasi sia prima – ord. 17 marzo 2009, C-217/08, Mariano – che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (sent. 5 ottobre 2010, C-400/10 PPU, McB; ord. 12 novembre 2010, C-399/10, Krasimir), la quale esclude che la Carta sia uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dell’Unione. ( 7) Corte giust. UE, 24 aprile 2012, C-571/10, Kamberaj, §§ 59 ss.: «Ai sensi dell’art. 6, § 3, TUE, i diritti fondamentali, così come garantiti dalla CEDU e quali risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali» (sent. 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C-521/09 P, § 112). Tuttavia, l’art. 6, § 3, TUE non disciplina il rapporto tra la CEDU e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e nemmeno determina le conseguenze che un giudice nazionale deve trarre nell’ipotesi di conflitto tra i diritti garantiti da tale convenzio- 88 DIRITTO PUBBLICO Ove concorrano più parametri, la nostra Corte tende a privilegiare principi ‘forti’ come l’art. 2 e l’art. 3 (declinato come principio di ragionevolezza) rispetto all’art. 117, co. 1, Cost.(8). E soprattutto essa Corte insiste sul suo ruolo di garante ultimo del sistema, opponendo il limite della Costituzione all’ingresso del diritto convenzionale nell’ordinamento italiano, in vicende dove è in gioco l’equilibrio del bilancio(9). Spia di una diffusa preoccupazione sul costo delle sentenze su cui torneremo. 3. Il vincolo conformativo come obbligo costituzionale. – La giurisprudenza costituzionale riconosce il valore dell’obbligo di conformazione posto dall’art. 46 della Convenzione, perno del sistema di cooperazione ordinamentale da essa instaurato. L’obbligo conformativo può richiedere l’adozione, da parte dello Stato, di misure strutturali che rimuovano i fattori generativi della violazione. Tale obbligo assume rilievo peculiare nelle sentenze pilota: pronunce in cui la Corte EDU – investita da una pluralità di ricorsi, relativi alla stessa situazione giuridica interna – individua il problema di carattere ordinamentale posto in evidenza dai ricorsi e può delineare le misure idonee per risolverlo, allo scopo «di facilitare la risoluzione più rapida ed effettiva di un malfunzionamento sistemico che colpisce la tutela del diritto convenzionale nell’ordinamento giuridico interno»(10). –––––––––– ne ed una norma di diritto nazionale (...) Il rinvio operato dall’art. 6, § 3, TUE alla CEDU non impone al giudice nazionale, in caso di conflitto tra una norma di diritto nazionale e detta convenzione, di applicare direttamente le disposizioni di quest’ultima, disapplicando la norma di diritto nazionale in contrasto con essa». ( 8) V., sull’irreversibilità dell’anonimato della madre dopo la sentenza Godelli della Corte EDU, Corte cost., n. 278/2013. La giurisprudenza di Strasburgo ha però stimolato a ripensare i precedenti: P. CARNEVALE - G. PISTORIO, Il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino dinanzi alla legge fra garanzia costituzionale e salvaguardia convenzionale, in costituzionalismo.it, 2014 (1); E. FRONTONI, Il diritto del figlio a conoscere le proprie origini tra Corte EDU e Corte costituzionale, in osservatorioaic.it, dicembre 2013. ( 9) Corte cost., n. 264/2012: v. infra, alla nota (40). ( 10) Corte EDU, 8 gennaio 2013, Torreggiani, cit., spec. ai nn. 83-85: l’azione dello Stato convenuto «deve tendere principalmente alla risoluzione di tali malfunzionamenti e all’attuazione, se necessario, di ricorsi interni effettivi che consentano di denunciare le violazioni commesse» (corsivo ns.); v. anche Scozzari et Giunta c. Italie [GC], ric. n. 39221/98 e 41963/98, § 249, CEDU 2000-VIII; S. and Marper v. United Kingdom [GC], ric. n. 30562/04 e 30566/04, sent. 4 dicembre 2008, § 134. Sui caratteri della ‘sentenza pilota’, Corte EDU, Hutten-Czapska c. Pologne [GC], ric. n. 35014/97, §§ 231-239, e il suo NOTE E COMMENTI 89 Anche quando non vi è un’indicazione esplicita, l’adozione di misure generali – discrezionalmente configurabili – consegue all’accertamento della violazione strutturale della Convenzione: quello che importa è il contenuto rilevante della sentenza(11). Questi tratti del sistema convenzionale sono richiamati dalla Corte costituzionale, che enuncia il principio secondo cui è fatto obbligo ai poteri dello Stato, ciascuno nel rispetto delle proprie attribuzioni, di adoperarsi affinché abbiano a cessare gli effetti normativi, lesivi della CEDU(12). L’art. 46 della Convenzione va dunque considerato quale fonte di un obbligo positivo che ricade, in primo luogo, sugli organi costituzionali titolari della potestà normativa. La Corte costituzionale, investita dal giudice comune, rimuoverà la violazione attraverso la dichiarazione d’incostituzionalità(13) e, ove occorra, mediante sentenze additive. Ma dinanzi a questioni con notevoli implicazioni normative e organizzative, un rimedio adeguato di tipo strutturale non può che venire dall’intervento del legislatore(14). –––––––––– dispositivo, CEDU 2006-VIII, e Broniowski c. Pologne [GC], ric. n. 31443/96, §§ 189-194 e il suo dispositivo, CEDU 2004-V. La procedura della sentenza pilota induce lo Stato convenuto a trovare, a livello nazionale, una soluzione alle numerose cause individuali originate dallo stesso problema strutturale, dando così effetto al principio di sussidiarietà che è alla base del sistema della Convenzione; possono essere adottate soluzioni ad hoc quali composizioni amichevoli con i ricorrenti o offerte unilaterali d’indennizzo, ma sempre in conformità con le esigenze della Convenzione: Bourdov c. Russie (n. 2), ric. n. 33509/04, sent. 15 gennaio 2009, § 127. Sul superamento dei fattori di malfunzionamento sistemico, v. anche la decisione Wolkenberg et autres c. Pologne, ric. n. 50003/99 e a., § 34, CEDU 2007. Sulle sentenze pilota v., altresì, Corte cost., n. 210/2013, caso Scoppola. ( 11) Il contenuto rilevante della sentenza della Corte EDU – vale a dire la parte di essa rispetto alla quale si forma l’obbligo posto dall’art. 46, § 1, CEDU – può risultare più ampio di quanto emerge dal dispositivo: Corte cost., n. 210/2013, considerato in diritto, n. 7.2. ( 12) Corte cost., n. 210/2013, loc. cit. ( 13) Corte cost., n. 210/2013: essendo l’art. 7 Convenzione norma interposta rispetto all’art. 117, co. 1, Cost., la sua violazione, riscontrata dalla Corte EDU con la sentenza della Grande Camera del 17 settembre 2009, Scoppola c. Italia, comporta l’illegittimità costituzionale della norma denunciata, e cioè l’art. 7, co. 1, d.l. 24 novembre 2000, n. 341, conv. in legge 19 gennaio 2001, n. 4. Su tale sentenza e sulla ord. 235/2013, A. PUGIOTTO, Scoppola e i suoi fratelli, in rivistaaic.it, 2013 (4); F. VIGANÒ - E. LAMARQUE , Sulle ricadute interne della sentenza Scoppola, in Giur. it., 2014, pp. 393 ss. ( 14) Una difficoltà all’adozione della sentenza additiva viene dall’esistenza di una pluralità di soluzioni perseguibili e, dunque, dall’assenza delle ‘rime obbligate’, come nella sentenza (di inammissibilità) in tema di differimento dell’esecuzione della pena, n. 279/2013: 90 DIRITTO PUBBLICO 4. Violazione della CEDU e responsabilità costituzionale del Parlamento. – Siamo giunti così al ruolo del Parlamento nell’opera di adeguamento ordinamentale che discende dall’art. 46 Conv., e a quello del Governo, titolare privilegiato dell’iniziativa legislativa(15). Al Governo competono il monitoraggio del contenzioso innanzi la Corte di Strasburgo (è il Governo a stare in giudizio, rappresentato dal suo agente) e l’attività informativa e di proposta nei confronti delle Camere. In coerenza con il vincolo sovranazionale enunciato dall’art. 117, co. 1, Cost., la legge 9 gennaio 2006, n. 12 (Disposizioni in materia di esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo) ha integrato la legge 23 agosto 1988, n. 400, inserendo nell’art. 5, co. 3, la lett. a-bis). Formalizzando una prassi già in atto, si prevede che il Presidente del Consiglio, direttamente o conferendone delega ad un ministro, promuova gli adempimenti di competenza governativa conseguenti alle pronunce della Corte EDU, comunicando le sentenze alle Camere ai fini dell’esame in commissione e presentando una relazione annuale sulla loro esecuzione. Il d.P.C.M. 1 febbraio 2007 individua quale struttura servente il Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio attribuendogli funzioni informative e di raccordo(16). –––––––––– «la pluralità di possibili configurazioni dello strumento normativo occorrente per impedire che si protragga un trattamento detentivo contrario al senso di umanità» fa sì che occorra rispettare «la priorità di valutazione da parte del legislatore sulla congruità dei mezzi per raggiungere un fine costituzionalmente necessario» (sent. n. 23/2013)». Nel dichiarare l’inammissibilità, la Corte avverte che «non sarebbe tollerabile l’eccessivo protrarsi dell’inerzia legislativa» (corsivo ns.). Sul senso – e sui limiti – della judicial deference così prestata dalla Corte, v. G. SILVESTRI, La dignità umana dentro le mura del carcere, in M. RUOTOLO (a cura di), Il senso della pena. A un anno dalla sentenza Torreggiani della Corte EDU, Napoli, ES, 2014, pp. 177 ss. ( 15) Ad entrambi si è rivolto il Presidente della Repubblica nel messaggio del 7 ottobre 2013 sulla situazione carceraria, dopo la sentenza pilota Torreggiani. Il messaggio, ex art. 87, co. 2, Cost., è indirizzato alle Camere, ma chiede un impegno straordinario anche al Governo. La Corte EDU ha accertato la violazione dell’art. 3 (proibizione della tortura) che pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti. «La violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano». Per quanto riguarda i rimedi, la Corte richiama la raccomandazione del Consiglio d’Europa a consentire il più possibile le misure alternative alla detenzione. ( 16) V. gli artt. 2 e 3, d.P.C.M. 1 febbraio 2007, pubblicato nella G.U. 10 aprile 2007, n. 83: il Dipartimento, previo raccordo con la Rappresentanza d’Italia presso il Consiglio d’Europa, comunica alle amministrazioni interessate le sentenze di condanna al fine di avviare le procedure di esecuzione, suggerendo l’adozione delle misure individuali o generali NOTE E COMMENTI 91 Emergono tre punti di rilievo: – la Presidenza del Consiglio è la sede naturale per promuovere l’adeguamento ordinamentale richiesto dalle sentenze di Strasburgo; viene qui in gioco la responsabilità del Presidente del Consiglio sia sul versante del coordinamento delle iniziative ministeriali, sia su quello della politica generale del Governo (art. 95, co. 1, Cost.); – il Governo deve in ogni caso informare le Camere, tanto più nei casi in cui la sentenza riscontri un malfunzionamento sistemico quale causa della violazione della Convenzione; – le commissioni parlamentari hanno pieno titolo per seguire, settore per settore, l’evoluzione della giurisprudenza di Strasburgo e il suo impatto sull’assetto normativo nazionale. 5. L’impatto della giurisprudenza di Strasburgo tra l’art. 41 e l’art. 46 della Convenzione. – La legge n. 12 del 2006 è un primo segno di consapevolezza dell’impatto ordinamentale della giurisprudenza di Strasburgo. Al momento della sua approvazione, si delinea, invero, un problema di equilibrio istituzionale: l’originaria ‘centralità’ dell’art. 46 della Convenzione (adeguamento dell’ordinamento interno con misure strutturali e controllo politico del Comitato dei ministri) è oscurata dal crescente ricorso all’equo indennizzo, accordato dalla Corte ai sensi dell’art. 41. E per altro verso, il ricorso alla Corte di Strasburgo rischia di diventare un mezzo improprio di gravame avverso le sentenze del giudice nazionale o uno strumento volto a condizionare lo sviluppo giurisprudenziale e legislativo. Questi temi sono affrontati nelle Conferenze di Interlaken del 2010(17), di Smirne (2011) e di Brighton (2012)(18): si pone l’accento sul –––––––––– ritenute necessarie. Favorisce la definizione delle controversie nelle forme dell’offerta unilaterale finalizzata alla radiazione della causa dal ruolo ai sensi dell’art. 37, § 1, lett. c, Conv. o del regolamento amichevole previsto dagli artt. 38 e 39. Il Dipartimento trasmette alle Camere le comunicazioni della Corte inerenti al passaggio in giudicato delle pronunce e predispone la relazione annuale prevista dall’art. 5, co. 3, lett. a-bis, legge 23 agosto 1988, n. 400. ( 17) All’esito della Conferenza di Interlaken (18-19 febbraio 2010) v. la dichiarazione congiunta sul miglioramento del sistema di controllo dell’esecuzione delle sentenze di condanna e sulla supervisione del Comitato dei Ministri, che sottolinea la natura sussidiaria del meccanismo di controllo istituito dalla Convenzione e il ruolo delle autorità nazionali. 92 DIRITTO PUBBLICO principio di sussidiarietà, riconoscendo il ruolo primario della giurisprudenza nazionale nell’interpretazione del diritto interno, e sui piani d’azione, i quali individuano le misure che lo Stato intende adottare per dare esecuzione al giudicato. I piani d’azione si muovono nella prospettiva della risoluzione delle questioni strutturali che hanno determinato la condanna. Più è efficace il rimedio ‘a regime’, minore peso assumerà la tutela attraverso equo indennizzo. Per migliorare poi il raccordo tra i tribunali nazionali di ultima istanza e la Corte di Strasburgo – ed evitare l’applicazione ‘diffusa’ della Convenzione in assenza di precedenti della Corte – il Protocollo n. 16 del 3 ottobre 2013 (aperto alla firma) consente ai primi di chiedere un parere consultivo, non vincolante, alla Corte EDU sull’interpretazione della Convenzione in modo da limitare il rischio di indirizzi applicativi contraddittori(19). –––––––––– Nella riunione del Comitato dei Ministri del 14 e 15 settembre 2010, i delegati hanno aderito al principio del monitoraggio continuo a ‘doppio binario’ (à deux axes): il monitoraggio ‘standard’ e quello ‘soutenue’. Gli affari sono esaminati di norma secondo la procedura ‘standard’. Sono sottoposti alla procedura ‘soutenue’ gli affari che necessitano di un’attenzione prioritaria da parte del Comitato dei Ministri: gli affari implicanti misure individuali urgenti; le sentenze pilota; le sentenze che sollevano problemi strutturali e/o complessi individuati dalla Corte o dal Comitato dei Ministri; gli affari interstatali. Tutti gli affari possono essere esaminati nell’ambito della procedura ‘soutenue’ su domanda di uno Stato membro o del Segretariato. ( 18) V. la Relazione al Parlamento per il 2011, in www.governo.it, sull’esigenza – emesa nelle Conferenze di Izmir e, prima, di Interlaken – di fronteggiare l’aumento del contenzioso su questioni bagattellari e le spinte alla revisione, attraverso i ricorsi alla Corte, della giurisprudenza nazionale. Ha formato oggetto di attenzione il criterio di ricevibilità adottato nel Protocollo n. 14, il quale – esaltando la ‘significatività’ della violazione lamentata – non ha ancora sortito l’effetto voluto; il Comitato dei Ministri è stato invitato ad elaborare criteri di ammissibilità più efficaci, ribadendosi l’essenzialità del principio de minimis non curat praetor e riconoscendo, secondo il principio di sussidiarietà, il ruolo primario della giurisprudenza nazionale nell’interpretazione del diritto interno. Nella Conferenza di Smirne è stata avanzata la proposta del parere consultivo della Corte EDU sull’interpretazione della Convenzione, richiesto dalle giurisdizioni nazionali di ultima istanza; meccanismo simile a quella del rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, ma non vincolante. Questa proposta è recepita dalla Dichiarazione finale della Conferenza di Brighton sul futuro della Corte (2012): F. TULKENS, La Cour européenne des droits de l’homme et la Déclaration de Brighton. Oublier la réforme et penser l’avenir, in Cahiers de droit européen, 2012 (2), pp. 342 ss. V. ora il Protocollo n. 16, aperto alla firma il 3 ottobre 2013, su cui v. anche infra alla nota (19). ( 19) Il parere (art. 1, co. 2 e 3, Protocollo n. 16) può essere richiesto «solo nell’ambito di una causa pendente»; la giurisdizione che presenta la domanda deve motivare la richiesta di parere e produrre gli elementi pertinenti inerenti al contesto giuridico e fattuale della causa pendente. Per un commento, si veda A. RUGGERI, Ragionando sui possibili sviluppi NOTE E COMMENTI 93 L’obbligo di adeguamento ordinamentale, in caso di sentenza di condanna, postula il coinvolgimento delle Camere nel monitoraggio della giurisprudenza di Strasburgo, nell’analisi dei nodi strutturali da essa messi in evidenza, nella definizione dei piani d’azione. È questa la prospettiva che ispira il messaggio alle Camere del presidente Napolitano del 7 ottobre 2013, che nella prima parte si concentra sui profili istituzionali generali(20). L’insistenza del Capo dello Stato su questi punti è la spia di un disagio: nonostante il disegno lungimirante della legge n. 12/2006, la prassi rivela l’esistenza di difficoltà che occorre mettere in luce. 6. L’attuazione della legge n. 12/2006 e il ruolo d’impulso del Governo. – Risale al 2006 la prima relazione annuale del Governo sullo stato di esecuzione delle pronunce della Corte, che si apre sottolineando la responsabilità del Presidente del Consiglio, nell’ambito dei poteri di direzione della politica generale del Governo. Anche prima della legge n. 12/2006 il Presidente del Consiglio disponeva di strutture preposte agli adempimenti attuativi, in raccordo con la Rappresentanza permanente d’Italia presso il Consiglio d’Europa. Sebbene non possa parlarsi di uno statuto condiviso, il regime degli adempimenti delle sentenze della Corte di Strasburgo è assimilato a quello delle sentenze della Corte costituzionale e della Corte di giustizia UE (art. 5, legge n. 400/1988, rispettivamente co. 1, lett. f, e co. 3, lett. a). Per tutti e tre i tipi di sentenza spetta al Presidente del Consiglio il compito di promuovere gli «adempimenti di competenza governativa». Nel caso delle sentenze della Corte di Strasburgo vi è l’onere del –––––––––– dei rapporti tra le Corti europee e i giudici nazionali (con specifico riguardo all’adesione dell’Unione alla Cedu e all’entrata in vigore del prot. 16), in rivistaaic.it, 2014 (1), che affronta alcuni nodi applicativi del Protocollo n. 16, ad es., se l’autorità remittente debba o no sospendere il processo in attesa del parere richiesto al giudice di Strasburgo. ( 20) Il Presidente ricorda la sua ritrosia a inviare messaggi alle Camere ex art. 87, co. 2, Cost., e ciò per la «non felice esperienza di formali messaggi al Parlamento senza che ad essi seguissero, testimoniandone l’efficacia, dibattiti e iniziative, anche legislative, di adeguato e incisivo impegno». Se il Presidente ha fatto ricorso alla facoltà di cui al secondo comma dell’art. 87 Cost., «è per porre con la massima determinazione e concretezza una questione scottante, da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza» (corsivo nostro). Sull’esame ‘in via mediata’ del messaggio presidenziale v. infra, alla nota (27). 94 DIRITTO PUBBLICO Governo di comunicare alle Camere dette pronunce ai fini dell’esame da parte delle commissioni permanenti (il che sottende anche il potere del Governo di sollecitarne il vaglio, ove opportuno) e di presentare al Parlamento la relazione annuale di carattere generale(21). La relazione era stata pensata come base informativa su tutti i settori normativi incisi dalla giurisprudenza di Strasburgo, documento riepilogativo delle iniziative assunte (o da intraprendere), base di azione per incrementare la conformazione alla giurisprudenza europea, in adesione agli inviti formulati dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa(22). L’idea sottostante è quella del monitoraggio continuo e coordinato per individuare le questioni controverse che tardano ad esser risolte, con il rischio di nuove condanne. Il fatto che la legge n. 12/2006 non preveda un atto normativo ad hoc per l’esecuzione delle sentenze di condanna si spiega anche con la possibilità di dar luogo, in molti casi, ad una esecuzione in via amministrativa. Quando la sentenza pone esigenze di innovazione normativa, spetta innanzitutto al Governo di promuovere l’iniziativa legislativa. È del tutto fisiologico che le sentenze di Strasburgo entrino come materiale normativo rilevante nel processo legislativo e costituiscano la premessa di proposte di legge, del Governo o di singoli parlamentari, pur in assenza di uno specifico seguito parlamentare, inteso come occasione dedicata all’esame del loro impatto ordinamentale, come è invece previsto (in astratto) per le sentenze della Corte di giustizia UE e per quelle della Corte costituzionale(23). Per questa ragione non è, di per sé, un segnale allarmante la mancata discussione – in commissione o in Assemblea – della relazione annuale del Governo. –––––––––– ( 21) Oneri di comunicazione sono previsti anche per le sentenze della Corte costituzionale (v. art. 5, co. 1, lett. f ), legge n. 400/1988: informativa sullo ‘stato del contenzioso costituzionale’). L’esame parlamentare è assicurato anche per le sentenze della giurisdizione UE: v. artt. 127-bis reg. Cam. dep., e 144-ter Reg. Sen. ( 22) Relazione al Parlamento sull’anno 2006, cit., pp. 61 ss. ( 23) V., per le prime, i già citati artt. 127-bis reg. Cam. dep., e 144-ter Reg. Sen.; per le seconde, gli artt. 108 reg. Cam. dep., e 139 Reg. Sen. Nella prassi, queste procedure ‘dedicate’ sono poco usate, mentre è frequente la considerazione delle sentenze della Corte del Lussemburgo e della Corte costituzionale in occasione della trattazione di disegni di legge e in procedure informative o di indirizzo, e soprattutto nella sessione dedicata alla legge europea e alla legge di delegazione europea (v. legge 24 dicembre 2012, n. 234). NOTE E COMMENTI 95 Non sono dunque contemplate corsie preferenziali per i disegni di legge consequenziali alle sentenze di condanna della Corte EDU, né vi sono norme regolamentari che assicurano spazi procedurali ad hoc per l’esame delle sentenze, che invero non sono previsti neppure altrove. In Francia, Germania e Regno Unito le commissioni parlamentari sono attive nel richiedere l’assegnazione delle sentenze più rilevanti anche in assenza di un progetto di legge già presentato in materia(24). Anche le nostre le acquisiscono per le vie brevi, nella fase preparatoria dei testi legislativi. Possono anche chiederne il formale deferimento alla Presidenza in applicazione analogica delle norme regolamentari sull’esame delle sentenze della Corte di giustizia UE(25). In questo modo si rimedia a quella che è in effetti una lacuna, consentendo alle commissioni – una volta assegnata la sentenza come documento di competenza – di compiere ogni utile attività informativa e di indirizzo(26). Non vi è dubbio, però, che nel caso delle ‘sentenze pilota’ appaia opportuno uno specifico esame parlamentare, e ciò per i caratteri di questo tipo di pronunzie (che individuano, come si è visto, problemi di malfunzionamento sistemico). Un precedente si rinviene in tema di sovraffollamento carcerario: il messaggio presidenziale trasmesso alle Camere dopo la sentenza Torreggiani – pur non essendo esaminato come documento a sé stante(27) – ha –––––––––– ( 24) Da un riscontro effettuato per le vie brevi (per cui ringrazio il consigliere parlamentare B. Gianani, rappresentante permanente del Senato presso l’Unione europea) risulta che in questi tre Paesi sono le commissioni parlamentari a prendere di volta in volta l’iniziativa per esaminare le sentenze di Strasburgo di maggior rilevanza istituzionale. È escluso l’esame nel plenum assembleare. ( 25) Gli artt. 127-bis reg. Cam. dep. e 147-ter reg. Sen., con formulazione leggermente diversa, prevedono la trasmissione di tutte le sentenze della Corte di giustizia UE. Tuttavia nella prassi le commissioni sono destinatarie di un documento riassuntivo elaborato dal Ministro (o sottosegretario) per gli affari europei che dà conto anche dei rinvii pregiudiziali e delle procedure d’indagine in tema di aiuti di Stato. Le commissioni possono chiedere alla Presidenza il deferimento come affare assegnato di uno o più atti analizzati nel documento di sintesi del Governo. Analogamente si procede anche per le sentenze CEDU. ( 26) Sul che v., se si vuole, M. MIDIRI, Commissioni parlamentari e processo di decisione politica, in Riv. trim. dir. pubbl., 2007, pp. 1035 ss. ( 27) Il messaggio presidenziale del 7 ottobre 2013 è stato stampato e classificato, come da prassi (atti XVII leg., doc. I, n. 1). Mesi dopo, è stata discussa in Assemblea, alla Camera dei deputati, nella seduta del 4 marzo 2014, la relazione presentata della Commissione giustizia sulle tematiche oggetto del messaggio (v. atti Cam. dep., XVII leg., doc. XVI, n. 1). 96 DIRITTO PUBBLICO dato un forte impulso all’adozione di misure da tempo in gestazione, alcune delle quali sono state introdotte mediante decreto-legge(28). 7. La divaricazione procedurale con il diritto UE. – Balza dunque agli occhi una differenza importante di trattamento procedurale rispetto al diritto di derivazione UE: la ‘sessione europea’ dei lavori parlamentari consente l’esame contestuale delle principali direttive UE da recepire, affrontando eventuali questioni di esecuzione delle sentenze della Corte di giustizia. Questa sessione si è rivelata utile per avere una sede procedurale concentrata e con tempi certi, ed è testimonianza eloquente dell’impegno di Governo e Parlamento per adeguare l’ordinamento interno nei termini fissati dalla direttiva e chiudere tempestivamente le procedure di infrazione, rimediando così a prassi risalenti che avevano esposto l’Italia a condanna da parte della Corte del Lussemburgo. Tutto questo non avviene per le sentenze di condanna della Corte di Strasburgo anche quando esse pongano un problema di misure strutturali da adottare per rimuovere la causa della violazione della Convenzione. Non è da escludere che tra le ragioni sottostanti a questo diverso trattamento procedurale vi sia anche l’idea – avvalorata dalla giurispru–––––––––– Sull’esame in via mediata del messaggio di Napolitano (e soltanto presso la Camera dei deputati) v. i rilievi di A. PUGIOTTO, Il volto costituzionale della pena (e i suoi sfregi), in RUO TOLO (a cura di), Il senso della pena, cit., pp. 15, 42 s. (l’A. lamenta la mancata apertura, in entrambe le Camere, di una specifica sessione dedicata alle questioni poste dal messaggio e tale da stabilire un ‘cronoprogramma’ delle riforme). Questo esame ‘mediato’ ha stemperato i contrasti sul punto – espressamente affrontato nel messaggio – dei ‘rimedi straordinari’ (indulto seguito da eventuale amnistia), su cui non vi era sufficiente consenso presso le forze politiche. ( 28) Sul complesso degli interventi normativi e amministrativi volti a dare attuazione alla sentenza Torreggiani, e sul lavoro istruttorio svolto dalle commissioni ministeriali e dalla commissione mista del CSM, v. I. NICOTRA , Pena e reinserimento sociale, e M. PALMA, Un’assunzione di responsabilità, in RUOTOLO (a cura di), Il senso della pena, cit., rispett. pp. 59 ss., 129 ss. Va segnalato sopratt. il d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. nella legge 21 febbraio 2014, n. 10, che interviene sui flussi d’ingresso negli istituti di pena (con un intervento ‘chirurgico’ in materia di piccolo spaccio di stupefacenti) e su quelli in uscita, ampliando la possibilità di accesso all’affidamento in prova al servizio sociale, estendendo in via sperimentale a 75 giorni per ciascun semestre la liberazione anticipata e stabilizzando l’istituto dell’esecuzione della pena presso il domicilio prevista dalla legge n. 199/2010. È rafforzata la tutela delle persone detenute davanti al magistrato di sorveglianza: il procedimento di reclamo diventa un vero e proprio procedimento giurisdizionale. V. altresì la legge delega sulle pene detentive non carcerarie (legge 28 aprile 2014, n. 67), e i dd.ll. n. 36/2014, conv. in legge n. 79/2014, e n. 92/2014, conv. in legge n. 117/2014. NOTE E COMMENTI 97 denza costituzionale – della ‘differenza qualitativa’ tra la sfera del diritto dell’Unione europea e quella del diritto convenzionale, che giustificherebbe la maggiore e specifica attenzione dedicata al diritto UE e alla produzione giurisprudenziale della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado. Lo si è visto in occasione della riforma della c.d. legge europea: si è tentato di allargare il suo contenuto, includendovi le disposizioni necessarie per conformarsi alle sentenze definitive della Corte di Strasburgo. Vediamo perché questo tentativo non ha avuto successo. 8. La riforma della legge comunitaria nel 2012: un’occasione persa? – La fase di elaborazione di un testo di legge è un’occasione interessante di confronto istituzionale: tra Governo e Parlamento, tra gruppi di maggioranza e di opposizione e tra le tecnostrutture che collaborano alla fase di redazione(29). Sul ‘trattamento parlamentare’ delle sentenze CEDU si è discusso al Senato durante l’esame del progetto poi divenuto legge n. 234/2012(30). Era stata elaborata una interessante proposta emendativa, sorretta dalla seguente motivazione. Tenuto conto che la Corte costituzionale censura per violazione dell’art. 117, co. 1, Cost. la legislazione interna non conforme alla CEDU, così come interpretata dalla Corte di Strasburgo, l’ampliamento dell’oggetto della legge europea per conformare l’ordinamento nazionale alle sentenze della Corte EDU si muoverebbe nel segno dell’attuazione costituzionale. L’innovazione sarebbe coerente con la previsione dell’azione di rivalsa dello Stato nei confronti degli enti territoriali che, violando le disposizioni della CEDU, abbiano costretto lo Stato al pagamento degli oneri finanziari conseguenti alle violazioni. –––––––––– ( 29) Il peso delle tecnostrutture (burocratiche e non) nel concreto funzionamento delle istituzioni è stato messo in luce già da M. DUVERGER, Janus: les deux faces de l’Occident (1972), trad. ital., Giano: i due volti dell’Occidente, Milano, Edizioni Comunità, 1973. ( 30) La legge 24 dicembre 2012, n. 234, modifica la legge n. 11/ 2005 per adeguarla alle innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona, anche con riferimento al controllo parlamentare sul rispetto del principio di sussidiarietà nell’attività legislativa dell’UE. La ‘legge comunitaria’, fin qui strumento di attuazione della normativa UE, si sdoppia: la legge di delegazione europea contiene le deleghe al Governo per l’attuazione delle direttive europee e delle decisioni quadro da recepire; la ‘legge europea’ dà attuazione agli atti europei e ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione. 98 DIRITTO PUBBLICO Nella nota di accompagnamento dell’emendamento predisposto dal relatore, si fa presente che sul piano sistematico «l’ingresso delle tematiche della Convenzione EDU nell’ambito del diritto dell’Unione europea è reso attuale dalla formulazione dell’art. 6, §§ 2 e 3, del trattato sull’Unione europea; senza dimenticare l’art. 6, § 1, che giuridicizza il contenuto della Carta di Nizza, largamente tributaria della Convenzione EDU». Da qui la proposta volta ad ampliare l’oggetto della legge europea: quest’ultima – oltre a recare «disposizioni modificative o abrogative di disposizioni statali vigenti oggetto di procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti della Repubblica italiana o di sentenze della Corte di giustizia dell’Unione europea» – avrebbe introdotto anche le disposizioni necessarie per conformarsi alle sentenze definitive della Corte di Strasburgo(31). La proposta emendativa era nel solco dell’obbligo di conformazione posto dall’art. 46, § 1, della Convenzione e dell’auspicio emerso nella Conferenza di Brighton di un rafforzamento degli strumenti a disposizione degli organi parlamentari per controllare la compatibilità della legislazione interna con la Convenzione(32). Ma i tempi non sono apparsi maturi: è prevalsa la tesi del Governo secondo cui le misure strutturali di adeguamento alle sentenze CEDU possono essere adottate di volta in volta, senza appesantire l’iter parlamentare della legge europea. Va però rilevato che l’eventuale accoglimento dell’emendamento sopra illustrato non avrebbe vincolato il Governo a inserire nella legge europea tutte le disposizioni necessarie per conformarsi alle sentenze definitive della Corte, restando intatta la discrezionalità del Governo nella individuazione delle sentenze ‘meritevoli’ della corsia preferenziale della legge europea. La mancata approvazione dell’emendamento determina, inoltre, –––––––––– ( 31) L’emendamento aggiuntivo del relatore si riferiva al co. 3 dell’art. 28 del d.d.l. atto Senato n. 2646, già atto Cam. dep. n. 2854, d’iniziativa del dep. Buttiglione. L’art. 28 è divenuto l’art. 30, legge n. 234 del 2012. ( 32) V. ZAGREBELSKY, Note sulle conclusioni della conferenza di Brighton ‘per assicurare l’avvenire della Corte europea dei diritti dell’uomo’, in rivistaaic.it, 2012 (4), osserva – richiamando il documento conclusivo della conferenza di Brighton – che detto documento individua «il punto nodale del sistema e della sue sofferenza, quando ricorda che la realizzazione della Convenzione suppone ch’essa sia effettivamente applicata a livello nazionale», innanzitutto con la prevenzione delle violazioni e poi con la riparazione quando queste si verifichino. NOTE E COMMENTI 99 una evidente asimmetria – emersa nel confronto parlamentare sull’emendamento – con quanto disposto in tema di rivalsa dello Stato nei confronti di regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea ed anche del diritto convenzionale(33). 9. La ricaduta finanziaria delle pronunce CEDU. – Dietro la prudenza del Governo e del Parlamento (emersa nella definizione in senso restrittivo del contenuto della legge europea) vi è forse l’eco della distanza tra diritto UE e diritto convenzionale marcata dalla giurisprudenza costituzionale. Ancor di più ha influito la preoccupazione sulla ricaduta finanziaria delle sentenze di Strasburgo. Ciò risulta dalle relazioni governative. Si richiama la sentenza 30 ottobre 2012 sul caso Grossi. In una vicenda di espropriazione indiretta, la Corte europea ha preso in considerazione, ai fini della liquidazione del risarcimento, le dimensioni del terreno espropriato quali erano state dichiarate dai ricorrenti e che sono successivamente risultate essere circa dieci volte superiori a quelle reali. Il Governo, venuto a conoscenza della circostanza solo dopo la sentenza, ha formulato richiesta di revisione che è stata rigettata dalla Corte in quanto tardiva(34). La somma liquidata dalla Corte è stata infine pagata dal Ministero dell’economia e finanze. Anche in altri casi(35), indennizzi rilevanti – già riconosciuti dai giudici nazionali – sono stati taciuti dai ricorrenti innanzi alla Corte EDU ovvero non presi in considerazione dalla Corte, che ha liquidato somme a titolo di equa soddisfazione prescindendo da quelle corrisposte a livello interno per il medesimo evento espropriativo. Non sempre la giurisprudenza è d’aiuto. Si conviene che i ricorrenti non possono ottenere un doppio indennizzo in base allo stesso titolo: le autorità nazionali, in fase di decisione od esecuzione, terranno dunque –––––––––– ( 33) V. il co. 10 dell’art. 43, legge n. 234/2012. ( 34) Relazione sull’anno 2012, cit., pp. 103 ss. e alla nota 55. Osserva il Governo che «per gli indennizzi liquidati dalla Corte, sempre più consistenti e non impugnabili (tranne alcuni casi tipizzati di rinvio alla Grande Camera), non vi è alcuna previsione di copertura finanziaria, con conseguente dubbia compatibilità con il principio dell’equilibrio strutturale delle entrate e delle spese di bilancio». ( 35) Corte EDU, 5 giugno 2012, Colazzo; 19 giugno 2012, Prenna; 15 novembre 2012, Lombardi; 4 dicembre 2012, Medici. 100 DIRITTO PUBBLICO conto di ogni eventuale somma accordata dalla Corte europea(36). Ma non vi è precedente sull’ipotesi inversa, in cui è la Corte europea a non considerare le somme già liquidate o gli accordi transattivi conclusi a livello nazionale. Il Governo ammette (ed è un larvato mea culpa) che occorre migliorare la circolazione delle informazioni e la loro trasmissione all’Agente incaricato della difesa dinanzi alla Corte, anche al fine di evitare problemi nella fase dell’esecuzione. Ma esprime allarme per una torsione del sistema di protezione dei diritti umani verso una tutela di natura economica (obbligo del pagamento della somma di denaro, sancito direttamente in sentenza), che mette in ombra i poteri di controllo del Comitato dei Ministri e l’adozione delle misure individuali e/o generali idonee a conformarsi alle statuizioni della sentenza. In altre parole, verrebbe ad espandersi l’area applicativa dell’art. 41 Conv. (che prevede la liquidazione dell’equa soddisfazione «se del caso», nell’ipotesi in cui il diritto interno «non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze della violazione»), a scapito del principio di conformazione posto dall’art. 46. Questa sottolineatura è segno dei tempi: nell’agenda politica il tema dominante è quello dell’emergenza finanziaria(37). Tensioni (e polemiche) sulle c.d. sentenze di spesa erano sorte, d’altronde, già in occasione delle sentenze additive della Corte costituzionale ed anche in relazione a pronunce della Corte di giustizia UE, come nella vicenda della detraibilità dell’IVA su autoveicoli, a seguito di Corte di giustizia sent. 14 settembre 2006, C-228/05(38). –––––––––– ( 36) Corte EDU, 12 giugno 2003, Serghides et Christoforou c. Cipro, § 29; 17 gennaio 2008, Serrilli c. Italia, § 17; 19 giugno 2012, Prenna c. Italia, § 10. ( 37) Un riferimento al ‘costo’ delle sentenze CEDU – in funzione di stimolo al Parlamento e al Governo per agire dopo la sentenza Torreggiani – è presente anche nel citato messaggio presidenziale del 7 ottobre 2013, dove si pone l’accento – in caso di violazione del dovere di far cessare la situazione di sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea – sulle «ingenti spese derivanti dalle condanne dello Stato italiano al pagamento degli equi indennizzi previsti dall’art. 41 della Convenzione» (corsivo nostro). ( 38) Dopo che la Corte di giustizia UE ha dichiarato incompatibile con la normativa comunitaria sulla detrazione Iva (art. 17, §§ 2 e 7, direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977) la limitazione posta al diritto a detrazione dall’art. 19-bis, co. 1, lett. c e d, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il Governo ha adottato il d.l. 15 settembre 2006, n. 258, conv. in leg- NOTE E COMMENTI 101 Fin qui si è detto dell’allarme del Governo sul ‘costo’ delle sentenze di Strasburgo. È interessante anche quanto emerge nella giurisprudenza costituzionale sul bilanciamento tra la ‘maggior tutela’ convenzionale e il principio dell’equilibrio di bilancio. La norma CEDU, nel momento in cui integra, come norma interposta, il primo comma dell’art. 117 Cost., diviene oggetto di bilanciamento (sent. n. 317/2009). Tra i beni oggetto del bilanciamento vi è l’equilibrio finanziario: sent. n. 264/2012(39). Spetta alla Corte costituzionale verificare se la norma convenzionale, nell’interpretazione data dalla Corte europea, non si ponga in conflitto con altre norme conferenti della nostra Costituzione (sent. n. 311/2009). Ove pure la Convenzione assicurasse al diritto una protezione più elevata rispetto a quella nazionale, ciò non basterebbe di per sé a concludere per l’accoglimento della questione proposta dal giudice a quo, poiché siffatta espansione potrebbe riverberarsi negativamente sul sistema costituzionale. La tutela più intensa offerta dalla fonte sovranazionale deve superare il vaglio di costituzionalità, con riferimento alla possibile incisione del principio dell’equilibrio finanziario: nel giudizio –––––––––– ge 10 novembre 2006, n. 278. Il d.l. n. 258/2006 si limita alla disciplina delle procedure di rimborso dell’Iva; la relazione del d.d.l. di conversione in legge (Sen. XV leg., n. 953) glissa sul problema dell’impatto sui saldi di finanza pubblica affermando che «il provvedimento non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato». Ci si fa carico della quantificazione dei rimborsi appostando risorse a titolo di regolazione debitoria nella tabella B – fondo speciale di conto capitale – della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), nella specie 8,7 miliardi di euro per il 2007, 5,7 per i due anni successivi. Viene così ‘bypassato’ il problema della copertura (art. 81, co. 4, Cost.). La regolazione debitoria si fonda sulla ricognizione del debito pregresso e cioè di posizioni creditorie che non sorgono a seguito di innovazione normativa , ma sono meramente accertate in sede di corretta interpretazione del diritto vigente, quale risulta dalle pronunce giurisdizionali. Poco dopo un decreto-legge recupera per il futuro il minor gettito IVA a regime (derivante dalla detraibilità delle spese per autoveicoli) mediante una ‘stretta’ sulla deducibilità ai fini dell’imposta sui redditi delle spese stesse (art. 2, co. 71 e 72, d.l. n. 262/2006, conv. in legge 24 novembre 2006, n. 286). Intervento che non ha effetti retroattivi e non incide sui rimborsi dell’Iva. Vi è la ‘clausola di chiusura’ dell’appostazione di risorse in legge finanziaria a titolo di regolazione debitoria. Questo meccanismo si è prestato ad abusi: cfr. Corte dei conti, sez. un., delib. 11/2001, Relazione sulla tipologia delle coperture e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, leggi sett.-dic. 2001, che denuncia la «proliferazione di regolazioni contabili e debitorie della più varia natura» secondo una prassi fondata sul presupposto che le spese per regolazioni debitorie corrispondano ad obblighi già formatisi sulla base della legislazione vigente; il relativo importo non è quindi compreso negli oneri da coprire ai sensi dell’art. 81, co. 4, Cost.» (corsivo nostro). ( 39) C. SALAZAR, Crisi economica e diritti fondamentali, in rivistaaic.it., 2013 (4). 102 DIRITTO PUBBLICO di legittimità costituzionale pesa l’art. 81 Cost., come riformulato dalla legge cost. n. 1/2012(40). 10. Interessi in gioco, bilanciamenti, trasparenza istituzionale. – L’interazione tra le giurisdizioni nazionali e le corti europee è un processo con risonanze profonde. Non tocca la sola sfera giudiziaria. Passo dopo passo, incide sull’azione dei poteri pubblici e sulle situazioni giuridiche soggettive(41). Questi sviluppi fanno pensare all’unità europea come ad un ‘ideale regolativo’ che non si esaurisce nei meccanismi istituzionali delineati dal diritto positivo. Contro l’idea di un nucleo essenziale dei diritti come anima comune dell’Europa vi è però la spinta potente che porta alla differenziazione degli standard di tutela secondo il livello di sviluppo economico e le disponibilità di finanza pubblica dei singoli Stati: vera ‘spada di Damocle’ per –––––––––– ( 40) Posto che la norma CEDU diviene anch’essa oggetto di bilanciamento, nel caso deciso dalla sent. n. 264/2012 la Corte cost. ritiene prevalente rispetto al principio del giusto processo l’interesse antagonista della corrispondenza tra le risorse disponibili e le prestazioni erogate nel comparto previdenziale, «anche in ossequio al vincolo imposto dall’art. 81, co., Cost.» (sent. n. 172/2008), impedendo alterazioni della disponibilità economica a svantaggio di alcuni contribuenti ed a vantaggio di altri. (La Corte di Strasburgo nella sentenza Maggio del 31 maggio 2011, cit., ha ritenuto contrastante con l’art. 6 CEDU la legge italiana che modificava retroattivamente la disciplina dei contributi previdenziali versati in Svizzera da lavoratori italiani, incidendo sul contenzioso pensionistico). Cfr. anche la Relazione sulla giustizia costituzionale nel 2012, in www.cortecostituzionale.it: la Corte costituzionale ha accolto le interpretazioni della Corte di Strasburgo che assicuravano un più ampio livello di tutela nei seguenti casi: risarcimento del danno derivante da appropriazione acquisitiva della p.a.: sent. n. 349/2007; confisca per equivalente del profitto in materia tributaria: ordd. nn. 97 e 301/2009; computo del giusto indennizzo espropriativo: sent. n. 338/2011; revisione del processo penale per l’ipotesi in cui la sentenza di condanna sia stata resa in un giudizio che la Corte europea abbia considerato non equo, per violazione dell’art. 6 CEDU: sent. n. 113/2011. Nella sent. n. 264/2012 la Corte cost. oppone il limite della Costituzione all’ingresso del diritto convenzionale; «questa diversità nell’operare i bilanciamenti non deve sorprendere»; la Corte EDU pronuncia «con effetti limitati al caso concreto e con approccio puntiforme»; la Corte costituzionale assicura «una tutela dei diritti sistemica e non frazionata» (ivi, corsivo ns.). ( 41) Sul ruolo fondativo dei principi, v. almeno R. ALEXY, Teoria dell’argomentazione giuridica (1978), Milano, Giuffrè. 1998, pp. 193 ss., e, con riguardo al diritto UE, A. VON BOGDANDY, J. BAST, Principles of European Constitutional Law, II ediz., Oxford-München, Hart Publishing, Verlag C.H. Beck, 2010, pp. 11 ss. L’opera del giudice nazionale nella messa in opera del diritto europeo è il segno della integrazione funzionale delle giurisdizioni (art. 19 Trattato UE): M.P. CHITI, L’architettura del sistema giudiziario europeo dopo il trattato di Nizza , in Dir. pubbl., 2001, pp. 953 ss.; D. DE PRETIS, La tutela giurisdizionale nei confronti della p.a., in G. FALCON (a cura di), Il diritto amministrativo dei Paesi europei, Padova, Cedam, 2005, pp. 303, 322. NOTE E COMMENTI 103 i diritti sociali e per l’intero novero delle situazioni soggettive azionabili nei confronti dei poteri pubblici(42). Anche la tutela in melius dei diritti assicurata dalla giurisprudenza sovranazionale è subordinata ad un bilanciamento – in sede di vaglio di costituzionalità – dove entrano in gioco l’equilibrio di bilancio e la solidarietà intergenerazionale. In questo scenario contrastato, vi è un bisogno di piena trasparenza nei processi pubblici di decisione(43). La mancata integrazione della legge europea va considerata come una ‘occasione persa’ perché avrebbe consentito di mettere a fuoco, in una cornice parlamentare unitaria, la ricaduta sistemica della giurisprudenza europea anche sotto il profilo degli oneri sulla finanza pubblica. Non è troppo tardi per rimediare. –––––––––– ( 42) Sulla partecipazione alle prestazioni dello Stato quale presupposto per la realizzazione dei diritti fondamentali v., limpidamente, Tribunale cost. tedesco, I Senat, 18 luglio 1972, BVerfGE, 33, 303 (330-332). L’incidenza della crisi finanziaria sui diritti alle prestazioni pubbliche ha suscitato una giustificata attenzione: v. G. CERRINA FERONI - G.F. FERRARI (a cura di), Crisi economico-finanziaria e intervento dello Stato. Modelli comparati e prospettive, Torino, Giappichelli, 2012; X. CONTIADES (ed.), Constitutions in the Global Financial Crisis: A Comparative Analysis, Farnham, Ashgate, 2013. ( 43) Più sono limitate le risorse, più si avverte l’esigenza di sottoporre a valutazione di utilità ogni voce della spesa pubblica: A. SEN, Scelta, benessere ed equità, Bologna, Il Mulino,1984; ID., Risorse, valori e sviluppo, Torino, Bollati Boringhieri, 1992.