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La diffusione del primo Aurignaziano a sud
dell'arco alpino
Article · January 2013
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8 authors, including:
Alberto Broglio
Emanuela Cristiani
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University of Ferrara
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Sapienza University of Rome
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Fabio Negrino
Matteo Romandini
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Università degli Studi di Genova
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Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
© Museo delle Scienze, Trento 2013
ISSN 0393-0157
123
La diffusione del primo Aurignaziano a sud dell’arco alpino
Stefano BERTOLA1*, Alberto BROGLIO2, Emanuela CRISTIANI3, Mirco DE STEFANI2, Fabio GURIOLI2,
Fabio NEGRINO4, Matteo ROMANDINI2 & Marian VANHAEREN5
Institut für Geologie und Paläontologie, Universität Innsbruck, Innrain 52, 6020 Innsbruck, Austria
Dipartimento di Studi Umanistici, Sezione di Scienze Preistoriche e Antropologiche, Università di Ferrara, Corso Ercole I
d´Este 32, 44100 Ferrara, Italia
3
McDonald Institute for Archaeological Research, University of Cambridge, Downing Street, UK-CB1 3ER Cambridge,
Gran Bretagna.
4
Istituto di Storia della Cultura Materiale, Piazza Sarzano 35R, 16128 Genova, Italia
5
CNRS UMR 5199 PACEA PPP, Univ. Bordeaux, Avenue des Facultés, 33405 Talence, Francia
*
E-mail dell’Autore per la corrispondenza:
[email protected]
1
2
RIASSUNTO - La diffusione del primo Aurignaziano a sud dell’arco alpino - I siti protoaurignaziani del Riparo Mochi e del Riparo
Bombrini (Balzi Rossi, Alpi Marittime) e della Grotta di Fumane (Prealpi Venete) vengono confrontati sulla base dei seguenti aspetti:
cronologia, aree di approvvigionamento dei materiali litici, lavorazione della selce (catene operative, prodotti, tipologia), manufatti in materie dure animali e provenienza delle conchiglie marine usate come parures. La comparsa del Protoaurignaziano nelle serie stratigraiche
dei tre siti avviene nel medesimo intervallo cronologico. Le industrie ricadono nella tradizione tecnologica del Protoaurignaziano, ma si
differenziano per quanto riguarda aree di approvvigionamento della selce e tipologia delle armature. Le ricerche sinora condotte su scala
europea attribuiscono al medesimo gruppo “italo-greco” le conchiglie marine dei tre siti; per la collezione di Fumane non vi sono dati suficienti per stabilire la provenienza adriatica o tirrenica, anche se quest’ultima pare più probabile. Rapporti tra Fumane e spiagge liguri sono
suggeriti anche da alcuni ciottoli utilizzati nel sito veneto. In conclusione: allo stato delle ricerche non pare possibile indicare, per l’Italia
settentrionale, un modello di diffusione del Protoaurignaziano da est verso ovest o viceversa. I siti dei Balzi Rossi e di Fumane potrebbero
essere espressione della migrazione di due gruppi di Uomini Moderni diversi, anche se legati da una medesima tradizione culturale.
SUMMARY - The diffusion of the earliest Aurignacian south of the Alpine mountain range - The protoaurignacian assemblages of Mochi
and Bombrini Shelters (Balzi Rossi, Maritime Alps) and Fumane Cave (Venetian Prealps) are compared on the basis of the following aspects: chronology, provenance of lithic raw material, techno-typological features of both lithic and bone industries and provenance of the
marine shells used as personal ornaments. The Protoaurignacian is dated to the same chronological interval in the stratigraphic sequence
of the three sites. The lithic industries belong to the technological tradition of the Protoaurignacian, but a difference between sites is observed in the provisioning areas of lithic raw material and in the typology of armatures. Analysis of aurignacian bead-types across Europe,
attributes the marine shells of the three sites to an “italian-greek” group. Present data do not allow establishing the Adriatic or Tyrrhenian
provenance of the Fumane marine shell-bead collection, although the latter seems more probable. A link between Fumane and the ligurian shores is also suggested by some pebbles used in the former site. The current state of knowledge does not favour a Protoaurignacian
spreading model from east to west or vice versa. The Balzi Rossi and Fumane sites could have been the expressions of the migrations of
different human groups, even if linked by a common cultural tradition..
Parole chiave: Italia Settentrionale, Protoaurignaziano, Diffusione, Fumane, Balzi Rossi
Key words: Northern Italy, Protoaurignacian, Spread, Fumane, Balzi Rossi
PREMESSA
In questo articolo hanno curato particolarmente: S.
Bertola e F. Negrino il capitolo che riguarda la provenienza
dei materiali litici; M. De Stefani A. Broglio e F. Negrino il
capitolo che riguarda l’industria litica; E. Cristiani, F. Gurioli, M. Romandini e F. Negrino il capitolo che riguarda
l’industria su materia dura animale; M. Vanhaeren, F. Gurioli e F. Negrino il capitolo che riguarda la provenienza
delle conchiglie marine.
1.
INTRODUZIONE
Nelle serie stratigraiche d’Europa (Fig. 1) il Protoaurignaziano si sovrappone costantemente al Musteriano o
ai complessi impropriamente chiamati “industrie di transizione”, che in alcune serie si interpongono tra Musteriano
e Aurignaziano. Anche nei giacimenti paleolitici posti a
sud dell’arco alpino (Riparo Mochi e Riparo Bombrini ai
Balzi Rossi di Grimaldi al margine delle Alpi Marittime;
Grotta di Fumane nei Monti Lessini) la sequenza si ripete.
In questi siti la comparsa del Protoaurignaziano corrisponde a cambiamenti signiicativi dell’insieme delle evidenze
124
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 1 - Distribuzione
dei siti protoaurignaziani d’Europa (da
Onoratini & Simon
2006, modiicato).
Fig. 1 - Distribution of
the protoaurignacian
sites in Europe (from
Onoratini & Simon
2006, modiied).
archeologiche: la produzione litica è inalizzata alla produzione di supporti laminari e lamellari, coi quali vengono confezionati grattatoi, bulini, piccole punte e lamelle a
ritocco marginale; le materie dure animali, palco e osso,
sono lavorate in modo sistematico per ottenere punte per
armi da getto e strumenti; da denti di mammiferi e da conchiglie marine si ricavano oggetti ornamentali; compaiono
i primi oggetti decorati e la più antica produzione di arte igurativa. Questi cambiamenti sembrano corrispondere alla
diffusione di gruppi di Uomini Moderni nei territori prima
controllati dai Neandertaliani.
La comparsa del Protoaurignaziano si colloca cronologicamente nello stadio isotopico 3. Durante i picchi glaciali degli stadi 4 e 2 la catena alpina costituì una
barriera che separava i territori dell’Europa occidentale,
dell’Europa media e della Penisola Balcanica dai territori
della Pianura Padana e della Penisola Italiana. Soltanto alle
due estremità dell’arco alpino rimasero sempre aperti due
varchi: verso occidente, il corridoio tra la costa tirrenica e
le Alpi Marittime consentiva contatti e scambi con le regioni provenzali; verso oriente, il Carso e l’area alto-adriatica
emersa nel corso delle regressioni marine rendevano possibili rapporti con le regioni balcaniche. Nello stadio 3 l’attenuazione delle condizioni climatiche glaciali determinò
modiicazioni territoriali che resero più facili i rapporti con
le regioni balcaniche attraverso il territorio alto adriatico, il
Carso e le Alpi Giulie: benché non vi siano dati precisi, si
ritiene che la linea di costa sia notevolmente risalita rispetto
alla posizione che aveva nello stadio isotopico 4. Non vi
sono dati precisi nemmeno relativamente al ritiro dei ghiacciai alpini; tuttavia la presenza di industrie aurignaziane in
aree glacializzate durante gli stadi 4 e 2 è signiicativa:
un’industria litica è segnalata sul Monte Avena (Dolomiti Bellunesi) a 1450 m di quota (Lanzinger & Cremaschi
1988); varie frequentazioni sono note nelle grotte Potočka
e Mokriška (Caravanche) rispettivamente a 1500 e 1700 m
(Brodar & Brodar 1983).
Possiamo dunque avanzare alcune ipotesi relative
alle direttrici di diffusione del Protoaurignaziano a sud
dell’arco alpino. In termini di popolamento umano, questa
diffusione è interpretabile come il risultato di migrazioni
di gruppi di Uomini Moderni nella Pianura Padana e nella Penisola Italiana. Le serie stratigraiche dei Balzi Rossi
(Riparo Mochi e Riparo Bombrini) in Liguria e della Grotta
di Fumane nel Veneto suggeriscono le prime conclusioni.
2.
IL PROTOAURIGNAZIANO DELLA GROTTA
DI FUMANE
La Grotta di Fumane (scavata a partire dal 1998 da
ricercatori e studenti delle Università di Ferrara e di Milano,
sotto la guida di A. Broglio, M. Cremaschi e M. Peresani)
si trova nel settore occidentale dei Lessini (Prealpi Venete)
lungo il versante meridionale, a 350 m di quota. Un’ampia
volta arcuata, rivolta a sud, proteggeva l’area atriale, con circa 100 metri quadrati sfruttabili ai ini insediativi; poco sotto
scorreva un ruscello. La posizione della grotta era favorevole alla caccia in ambienti diversi: il versante meridionale dei Lessini, degradante dalle cime alte attorno a 2000 m
ino alla pianura, nello stadio 3 abbracciava la prateria alpina
e i versanti scoscesi, dove venivano cacciati stambecchi e
camosci, i boschi popolati da cervi e caprioli, gli ambienti
umidi dell’alta pianura. Formazioni rocciose ricche di selce
consentivano l’approvvigionamento di materiali con varie
caratteristiche negli afioramenti, nei detriti, nei depositi di
torrente e nei suoli. I depositi di riempimento (Bartolomei
et al. 1992 ) comprendono sequenze musteriane, uluzziane
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
125
Fig. 2 - Grotta di Fumane. Sezione stratigraica (Ril. M. Cremaschi).
Sono evidenziati in
rosso i livelli protoaurignaziani.
Fig. 2 - Fumane Cave.
Stratigraphic
section (Drawing by M.
Cremaschi). The protoaurignacian layers are
highlighted in red.
e protoaurignaziane (Fig. 2). Le datazioni radiometriche (14C
AMS) realizzate su campioni trattati con la tecnica ABOx
indicano età (non calibrate) tra 36.000 e 35.000 anni dal
presente per le prime frequentazioni protoaurignaziane, di
34.000 - 33.000 per le frequentazioni protoaurignaziane più
recenti (Higham et al. 2009): in età reale, la comparsa del
Protoaurignaziano si collocherebbe quindi attorno a 41.000
anni dal presente. Lo studio della fauna suggerisce che il sito
fosse occupato tra la ine della primavera e la ine dell’autunno (Facciolo & Tagliacozzo 2005).
Le evidenze archeologiche delle prime frequentazioni protoaurignaziane sono costituite dai resti di un
riparo costruito all’imboccatura della cavità, da strutture
di combustione e da cumuli di riiuti (Broglio et al. 2003,
2005); da numerosi manufatti di selce corrispondenti a tutte le fasi di lavorazione (Bartolomei et al. 1992; Broglio
et al. 2005); da strumenti in palco e osso, tra i quali alcune punte di zagaglia à base fendue (Broglio et al. 2006);
da oggetti ornamentali ricavati da incisivi di cervo con
solcatura alla base della radice e da numerose conchiglie
(quasi tutte marine) (Fiocchi 1997; Gurioli et al. 2005); da
coloranti, da oggetti decorati e da una produzione artistica
rappresentata da pitture monocrome (Balter 2000; Broglio
& Dalmeri 2005; Broglio et al. 2006, 2009). I resti faunistici indicano come le risorse alimentari fossero date dalla
caccia a mammiferi e uccelli presenti nell’area circostante
il sito, tra l’ambiente steppico della prateria alpina, i boschi della fascia collinare e la zona umida dell’alta pianura (Cassoli & Tagliacozzo 1991; Malerba & Giacobini
1995; Gala & Tagliacozzo 2005).
3.
IL PROTOAURIGNAZIANO DEI BALZI
ROSSI
Evidenze protoaurignaziane sono note al Riparo
Mochi e al Riparo Bombrini, ai Balzi Rossi di Grimaldi
(Imperia), e nella Grotta dell’Osservatorio, nel vicino Principato di Monaco (Porraz et al. 2010). I tre siti sono accomunati da un aspetto culturale unitario, caratterizzato da
forti analogie tecno-economiche. Labili evidenze protoaurignaziane sono inoltre venute in luce anche nella Grotta
delle Manie (Cauche 2002) e nella Grotta degli Zerbi (Vicino, com. pers.), nel Finalese.
Il Riparo Bombrini (Fig. 3) fu scoperto da L. Cardini (Cardini 1938); un sondaggio, realizzato in un’area
prossima alla falesia, portò alla scoperta di focolari e di
industria lamellare. Nonostante questo primo e fruttuoso
intervento, solo nel 1976, e poi nuovamente tra il 2002 e il
2005, si è proceduto a una serie di scavi regolari che hanno
messo in luce tre macro-unità, la prima caratterizzata da
evidenze culturali protoaurignaziane (unità A1-A2), le altre
da evidenze musteriane (unità MS 1-2 e M 1-7) (Bietti &
Negrino 2008; Del Lucchese et al. 2004; Del Lucchese &
Negrino 2008; Mussi et al. 2006; Negrino 2005; Negrino &
Tozzi 2008; Vicino 1984).
Ben più nota in letteratura è la sequenza pluristratiicata del Riparo Mochi (Fig. 4), contenente industrie e faune riferibili al Pleistocene superiore. Si tratta di un esteso
riparo, completamente occultato dai depositi, che tende a
ingrottarsi a livello degli strati più profondi. Anche la scoperta di questo riparo risale al 1938 e furono sempre L. Car-
126
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 3 - Riparo Bombrini. Sezione stratigraica (Ril. F. Negrino). I livelli A1 e A2, evidenziati in rosso, hanno restituito industria protoaurignaziana. Nelle unità MS ed M è stata raccolta industria musteriana.
Fig. 3 - Bombrini Shelter. Stratigraphic section (Drawing by F. Negrino). The layers A1 and A2, highlighted in red, yeld Protoaurignacian
industries. The layers MS and M yeld Mousterian.
dini, G. A. e A. C. Blanc a identiicarne il deposito (Blanc
1938; Laplace 1977). Seguirono una serie di campagne di
scavo (1938 -1959) che indagarono il riempimento per una
profondità di circa 10 m, senza tuttavia raggiungerne la
base. Solo dopo oltre trent’anni, nel 1995, le ricerche furono riprese, prima sotto la direzione di A. Bietti e poi, dal
2007, di S. Grimaldi (Alhaique et al. 2000; Del Lucchese et
al. 2001; Douka et al. 2012).
Gli scavi hanno permesso di evidenziare importanti
livelli di occupazione umana riferibili al Paleolitico medio e
superiore. Le unità che hanno restituito industria protoaurignaziana sono la H e la G, soggiacenti all’unità F, contenente
invece industria dell’Aurignaziano tipico. Il passaggio tra
Musteriano e Protoaurignaziano è netto, distinto chiaramente da una lente di argilla rossastra di origine colluviale (US
I1 degli scavi di A. Bietti), ben visibile nei quadrati contro
la sezione Est. Inoltre, negli scavi più recenti, non si sono
rilevati livelli misti, a industria sia protoaurignaziana sia musteriana, né livelli sterili, come invece segnalato da Blanc
e da Cardini. Alle lamelle giacenti alla base del H, segue,
in profondità, dopo una chiara discontinuità deposizionale,
marcata appunto dalla lente sopraindicata, un’unità detritica
a matrice argillosa (tetto del I) contenente scarsa, ma indiscutibile, industria musteriana. Non si può comunque escludere
che in altre aree del riparo, durante i vecchi scavi, il passaggio tra Musteriano e Protoaurignaziano non fosse risultato
altrettanto chiaro e che attività antropiche o tane di animali
possano aver portato alla commistione di materiali più antichi con materiali più recenti.
4.
CONSIDERAZIONI
Al ine di cercare di ricostruire le direttrici di diffusione dei gruppi protoaurignaziani insediati a sud dell’arco
alpino e di valutare eventuali contatti o rapporti reciproci, sono stati presi in considerazione una serie di elementi
signiicativi presenti nei siti di Fumane e dei Balzi Rossi,
relativi a:
1.
Cronologia della comparsa del Protoaurignaziano;
2.
Areali di approvvigionamento dei materiali litici;
3.
Evidenze tecno-tipologiche delle industrie litiche, e
in particolare le catene operative adottate nella produzione dei supporti, la morfologia dei supporti e la
tipologia di strumenti e armature;
4.
Evidenze tecno-tipologiche delle industrie su materie dure animali;
5.
Provenienza delle conchiglie marine utilizzate a
scopo ornamentale.
4. 1.
Cronologia della comparsa del Protoaurignaziano
Le datazioni radiometriche realizzate col metodo del
Radiocarbonio hanno consentito di costruire un quadro cronologico della preistoria europea che copre l’intervallo che
va dalla ine del Paleolitico medio alle età storiche. Tuttavia
l’esperienza mostra che per età superiori a 25.000 anni, cioè
per il Musteriano inale, per i complessi “intermedi”, per
l’Aurignaziano e per i complessi gravettiani più antichi anche le datazioni ottenute con la tecnica AMS, che consente
la misurazione diretta del carbonio radioattivo, presentano
un grado considerevole d’incertezza dovuto in gran parte
alla piccola quantità di carbonio radioattivo rispetto al carbonio totale e conseguentemente al maggior rilievo assunto dall’inquinamento dei campioni. Attualmente campioni
pretrattati con un nuovo procedimento (ABOx) sembrano
dare risultati più convincenti rispetto a quelli pretrattati col
procedimento standard (ABA). Perciò faremo riferimento
anzitutto ai risultati ottenuti da campioni pretrattati col procedimento ABOx per Fumane e per il Riparo Mochi. Nella
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
127
Oxford, sembrano confermare quanto osservato (K. Douka
e T. F.G. Higham, com. pers.).
Ben più articolata la sequenza di datazioni riguardanti il Riparo Mochi, eseguita sia su carboni sia su conchiglia (Hedges et al. 1994; Douka et al. 2012). La serie
di datazioni più recenti, realizzate a Oxford con la tecnica
ABOx, colloca le più antiche evidenze protoaurignaziane
in una fase compresa tra 42.700 e 41.600 anni calibrati dal
presente. Tali datazioni sembrano indicare una maggiore
antichità della comparsa delle prime evidenze protoaurignaziane liguri rispetto a quelle venete.
4. 2.
Provenienza dei materiali litici
4. 2. 1.
Grotta di Fumane
4. 2. 1. 1. Selce e radiolarite
Fig. 4 - Riparo Mochi - Sezione stratigraica (Ril. A. G. Segre,
modiicato). I livelli G e H, evidenziati in rosso, hanno restituito
industria protoaurignaziana. I livelli sottostanti contengono industria musteriana, mentre nella soprastante unità F è stata raccolta
industria dell’Aurignaziano tipico.
Fig. 4 - Mochi Shelter. Stratigraphic section (Drawing by A. G.
Segre, modiied). The layers G and H, highlighted in red, yield
Protoaurignacian industries, the underlying layers Mousterian
industries, and the overlying unit F typical Aurignacian.
serie di Fumane le datazioni radiometriche hanno interessato campioni di carboni di legna provenienti dalle unità stratigraiche riferite al Musteriano inale, all’Uluzziano e alla
sequenza protoaurignaziana; la comparsa del Protoaurignaziano si colloca attorno a 41.000 anni calibrati dal presente,
mentre la sequenza protoaurignaziana occupa un intervallo
dell’ordine di 3000 anni (Higham et al. 2009).
Al Riparo Bombrini è stata ottenuta una serie di
otto datazioni radiocarboniche che hanno permesso di
collocare le evidenze del Paleolitico superiore antico tra
32.000 e 35.000 anni non calibrati dal presente. Una data
di 34.200±500 (Beta 204028), per un livello basale del
Protoaurignaziano, situerebbe queste evidenze di occupazione attorno a 39-40.000 anni calibrati dal presente, mentre due date dal livello musteriano M4, rispettivamente di
38.180±650 (Beta 214667) e di 38.400±800 (Beta 204029),
collocherebbero invece queste più antiche occupazioni attorno a 42-43.000 anni calibrati da oggi. È dunque presumibile che i livelli soprastanti M1-3, che hanno restituito
ancora abbondante industria musteriana, e i livelli ancora
superiori MS 1-2, con scarsissima industria, ma sempre
musteriana, si siano formati attorno a 41.000 anni calibrati dal presente, restringendo dunque la fase di transizione
Musteriano - Protoaurignaziano, per l’area dei Balzi Rossi,
a un arco cronologico di circa un migliaio di anni, compreso tra 40.000 e 41.000 anni calibrati da oggi. Nuove datazioni, eseguite su alcune conchiglie presso il laboratorio di
I gruppi aurignaziani che s’insediarono nella Grotta
di Fumane utilizzarono un’ampia gamma delle selci presenti nei Lessini, tutte reperibili entro un raggio di circa
15 km dal sito (Fig. 5). Il substrato roccioso dei Lessini
occidentali è ricco di selci di buona qualità. Noduli e strati
silicei si trovano inclusi all’interno di rocce calcaree stratiicate mesozoiche (Calcari Grigi, Rosso Ammonitico,
Biancone (o Maiolica), Scaglia Variegata, Scaglia Rossa)
ed eoceniche (Pietra Gallina). Tali formazioni afiorano
prevalentemente nelle medie e basse colline che arrivano
ino alla pianura veneta, in aree poco disturbate dalla tettonica. Gli afioramenti migliori si trovano lungo le vallate principali (Fumane, Negrar, Valpantena) e sulle dorsali
che le separano. Le selci differiscono per colore, tessitura,
mineralogia, contenuto fossilifero e proprietà meccaniche.
Esse si possono raggruppare in due gruppi dalla diversa risposta alla scheggiatura: 1. Selci vetrose, a tessitura ine
(pelagiti silicizzate); 2. Selci a tessitura arenitica (calcareniti silicizzate). La scelta dei litotipi era condizionata dalla loro idoneità a produrre supporti utili per la confezione
di strumenti e di armature. I noduli e i blocchi venivano
raccolti presso gli afioramenti o nel detrito sottostante
(68,9%), nei depositi torrentizi (20,8%) e nei suoli residuali
(5,7%) (Bertola 2001).
La gran parte del materiale acquisito fu trasportata
nella grotta, dove furono realizzate intere catene operative
rivolte alla produzione di supporti lamellari e laminari; solo
un piccolo numero di supporti prevalentemente laminari, ricavati da calcareniti silicizzate fu prodotto in altra località,
non identiicata. Per la produzione lamellare erano preferibilmente utilizzate le selci a tessitura ine e vetrosa; i prodotti lamellari furono utilizzati per la fabbricazione delle
armature. Alcuni sottoprodotti della scheggiatura lamellare
come schegge corticate, schegge generiche, lame laterali
ed eccezionalmente tablettes, venivano elaborati per confezionare grattatoi, bulini, raschiatoi, becchi, incavi e pièces
écaillées. Le calcareniti silicizzate (selce oolitica giurassica
tipo CG e selce eocenica tipo EOC2), reperibili nei Lessini
sottoforma di grandi noduli sovente integri, erano lavorate
in località ignote per la produzione complementare di supporti laminari che venivano trasportati nel sito e utilizzati
per la confezione di lame ritoccate, grattatoi, raschiatoi e
bulini. L’incidenza dei diversi litotipi sull’insieme dei materiali elaborati nel sito può essere valutata sulla base dei
dati seguenti.
128
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 5 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano: in evidenza
l’area di approvvigionamento
delle selci nei Monti Lessini occidentali.
Fig. 5 - Fumane Cave. Protoaurignacian. The cherts provisioning area in the western Lessini
mountains is highlighted in red.
sono stati largamente usati per la loro abbondanza e qualità. La percentuale relativamente elevata (SV3 circa 10%;
EOC1 circa 4%) di alcuni litotipi piuttosto rari è frutto di
una ricerca mirata (Bertola 2001).
Produzione laminare: le selci del Biancone si confermano quelle maggiormente utilizzate anche per la produzione laminare (valutata su un totale di 629 strumenti, vedi
tabella 2). Lo spettro delle materie prime utilizzate è lo stesso
Produzione lamellare: le selci scelte per la produzione lamellare, valutate su un insieme di 106 nuclei e prenuclei a lamelle e di 1619 armature lamellari provenienti dagli scavi 1988-1996 (Tab. 1), sono esclusivamente quelle a
grana ine. Le determinazioni effettuate sul totale dei nuclei
concordano con quelle effettuate sul totale delle armature.
Le varietà del Biancone sono presenti con frequenze che
superano abbondantemente il 50% del totale; questi litotipi
Tab.1 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Composizione litologica delle armature e dei nuclei a lamelle (scavi 1988 - 1996).
Tab. 1 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Lithologic composition of the armatures and bladelet cores (excavations 1988-1996).
ARMATURE
NUCLEI A LAMELLE
LEGENDA
n.
litologia
%
n.
litologia
%
7
CG
0,4
0
CG
0,0
CG
Calcari Grigi: selce oolitica
236
B1
14,6
16
B1
15,1
B1
Biancone: selci gialle - rosate
607
B2-B4
37,5
49
B2-B4
46,2
B2-B4
111
SV1
6,9
8
SV1
7,5
SV1
13
SV2
0,8
3
SV2
2,8
SV2
Biancone: selci grigie
Scaglia Variegata: selci grigie - brune verdi
Scaglia Variegata: selci nerastre
145
SV3
9,0
11
SV3
10,4
SV3
Scaglia Variegata: selci gialle
161
SR
9,9
10
SR
9,4
SR
Scaglia Rossa: selci bruno rossastre
61
EOC1
3,8
3
EOC1
2,8
EOC1
Selce eocenica a tessitura ine
22
EOC2
1,4
1
EOC2
0,9
EOC2
Selce eocenica a tessitura grossa
16
RAD
1,0
0
RAD
0,0
RAD
Radiolarite lombarda
240
N.D.
14,8
5
N.D.
4,7
N.D.
Non determinata
1619
totale
100
106
totale
100
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
129
che per la produzione lamellare, ma si osserva un impiego
selettivo e probabilmente forzato di alcuni litotipi rispetto
ad altri; certamente i requisiti dimensionali e d’integrità dei
blocchi naturali erano maggiori che per la produzione lamellare. Per quest’ultima la gamma delle risorse idonee era
più ampia, comprendendo anche selci reperibili in blocchi
di piccole dimensioni (SV3) o parzialmente sfruttabili per
diaclasi e inclusioni calcaree (SR). Tra le varietà del Biancone si osserva un deciso incremento di utilizzo delle tonalità
grigie rispetto a quelle giallo-rosate. Essendo la selce grigia
del Biancone il litotipo più abbondante nei dintorni del sito è
presumibile che fosse più facile trovare blocchi relativamente integri e idonei alla produzione di lame rispetto alle tonalità giallo-rosate afioranti a distanza di qualche chilometro.
Oltre a quelle descritte in precedenza, sono state utilizzate,
seppur limitatamente, anche la selce oolitica giurassica (varietà CG) e la selce eocenica (varietà EOC2), entrambe a grana grossa e reperibili nei Lessini sottoforma di grandi noduli
raramente diaclasati. I supporti laminari erano destinati alla
confezione di grattatoi, di lame ritoccate e secondariamente
di raschiatoi e di bulini.
Nei livelli inferiori della serie aurignaziana (86% da
A2, 14% da A1) è stato messo in luce un gruppo di manufatti scheggiati (136 pezzi) che non trova confronto con le
risorse litiche dei Monti Lessini. Si tratta di una radiolarite (più esattamente: una micrite scarsamente calcarea a
radiolari) attribuibile alla formazione degli Scisti ad Aptici
(Giurassico superiore), che afiora a partire dalla sponda
occidentale del Lago di Garda (Gragnano - Limone) verso
ovest, nelle Prealpi Lombarde, e che si è deposto in tutto
il Bacino Lombardo. Lo stato di conservazione delle superici naturali visibili sui manufatti corticati fa escludere
che il blocco raccolto abbia subito un importante trasporto
idrico o glaciale. La scheggiatura della radiolarite, inaliz-
zata alla produzione di lamelle, fu realizzata nel sito, ove
è rappresentata l’intera catena operativa. Otto frammenti
di armature lamellari (tre frammenti mesiali di punte ottenute con ritocco erto marginale alterno; due frammenti
mesiali di lamelle a ritocco erto marginale alterno in una,
inverso nell’altra; tre frammenti indeterminabili con ritocco erto marginale, diretto in uno, alterno in due) rientrano
a pieno titolo nel quadro tipologico protoaurignaziano del
sito. Il numero esiguo di manufatti di una materia prima
alloctona indica chiaramente uno sfruttamento occasionale
di tale risorsa. Non si può escludere che i manufatti derivino dalla scheggiatura di un unico blocco di radiolarite, data
la notevole omogeneità del materiale e la presenza di tutte
le categorie di prodotti e sottoprodotti della scheggiatura
inalizzata alla produzione di lamelle.
4. 2. 1. 2. Ciottoli e placchette in calcare
Nei livelli protoaurignaziani di Fumane sono stati
rinvenuti otto ciottoli e tre placchette in calcare, raccolti
nei dintorni del sito rispettivamente nei torrenti e nel detrito
presso afioramenti e trasportati in grotta. Tutti recano più o
meno evidenti tracce di utilizzo. Da un punto di vista morfologico e litologico si possono raggruppare in tre categorie. I parametri morfometrici sono riportati nella tabella 3.
1. Ciottoli sub-arrotondati in calcare oolitico dolomitizzato, lo stesso tipo di roccia su cui si apre la grotta.
In questa categoria rientrano: un grande e pesante ciottolo
(Tab. 3, n. 1.1; Fig. 6) con superici lisce e tracce di percussioni alle estremità; un frammento di ciottolo più appiattito,
usato anch’esso come percussore a un’estremità; un frammento di ciottolo, con superici sub-arrotondate e smussate,
con tracce di percussioni isolate periferiche. Questi ciottoli
provengono dalle immediate vicinanze della grotta e sono
Tab. 2 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Composizione litologica degli strumenti (scavi 1988 - 2001).
Tab. 2 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Lithic composition of the domestic tools (excavations 1988 - 2001).
LAME RITOCCATE
GRATTATOI
BULINI
TOTALE
STRUMENTI
RASCHIATOI
n.
lit.
%
n.
lit.
%
n.
lit.
%
n.
lit.
%
n.
lit.
%
6
CG
4,3
10
CG
4,4
1
CG
1,3
2
CG
2,2
20
CG
3,2
14
B1
10,1
7
B1
3,1
9
B1
11,4
9
B1
10,1
46
B1
7,3
77
B2B4
55,8
154
B2B4
67,8
48
B2B4
60,8
54
B2B4
60,7
394
B2B4
62,6
14
SV1
10,1
17
SV1
7,5
13
SV1
16,5
6
SV1
6,7
60
SV1
9,5
3
SV2
2,2
0
SV2
0,0
0
SV2
0,0
0
SV2
0,0
3
SV2
0,5
4
SV3
2,9
3
SV3
1,3
0
SV3
0,0
3
SV3
3,4
14
SV3
2,2
9
SR
6,5
16
SR
7,0
5
SR
6,3
8
SR
9,0
41
SR
6,5
6
EOC1
4,3
7
EOC1
3,1
1
EOC1
1,3
3
EOC1
3,4
18
EOC1
2,9
2
EOC2
1,4
6
EOC2
2,6
0
EOC2
0,0
3
EOC2
3,4
13
EOC2
2,1
3
N.D.
2,2
7
N.D.
3,1
2
N.D.
2,5
1
N.D.
1,1
20
N.D.
3,2
138
totale
100
227
totale
100
totale
100
totale
100
629
totale
100
79
89
130
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 6 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Ciottoli e placchette in calcare con tracce di utilizzo. La numerazione corrisponde a quella
della tabella 3. (Foto M. De Stefani e S. Bertola).
Fig. 6 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Limestone pebbles and slabs with traces of use. The numbers correspond to those in table 3.
(Photos by M. De Stefani and S. Bertola).
stati con ogni probabilità raccolti nel vicino torrente.
2. Ciottoli calcarei con elevato grado di arrotondamento, raccolti sul greto di torrenti a elevata energia come
Tab. 3 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Ciottoli e placchette in calcare con tracce di utilizzo. Misure espresse in mm.
Tab. 3 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Limestone pebbles and
slabs with traces of use from the protoaurignacian layers. Measures in mm.
US
a
b
c
b/a
c/b
1.1
D3+D6
112
79.0
54.0
0.705
0.683
1.2
A2
>70.0
69.0
33.0
N.D.
0.478
1.3
A2
73.0
71.0
26.0
0.972
0.366
2.1
D6
44.0
35.0
18.0
0.795
0.514
2.2
D3 a+b
37.0
36.0
15.0
0.973
0.416
2.3
D6
53.0
46.0
21.0
0.867
0.456
2.4
D3+D6
98.0
56.0
25.0
0.571
0.446
2.5
D3I
88.0
51.0
29.0
0.580
0.568
3.1
A2
85.0
29.0
18.0
0.341
0.620
3.2
A2
75.0
43.0
15.0
0.573
0.348
3.3
A2
73.0
51.0
19.0
0.698
0.372
l’Adige: cinque esemplari, tutti dalle unità D. Tre piuttosto piccoli, piatti e sferoidali (Tab. 3, n. 2.1, 2.2, 2.3; Fig.
6); due più grandi ellissoidali (Tab. 3, n. 2.4, 2.5; Fig. 6).
Alcuni sono stati utilizzati come percussori, altri mostrano
delle incisioni o delle picchettature. Le litologie sono varie,
attribuibili a diversi orizzonti del gruppo dei Calcari Grigi
giurassici. Non ci sono confronti con le rocce afioranti nelle vicinanze della grotta.
3. Placchette in calcari marnosi pelagici a radiolari
e foraminiferi planctonici, poco cementati, di età eocenica
e cretacea, estranei al contesto della grotta. Si tratta di tre
placchette calcaree con margini smussati o sub-arrotondati,
in calcari pelagici a grana ine eocenici (Tab. 3, n. 3.1, 3.2,
3.3; Fig. 6) e di un piccolo frammento di placchetta in calcare pelagico a grana ine cretaceo, raccolte dal detrito roccioso presso gli afioramenti. Le placchette in calcare eocenico mostrano sia serie di incisioni con diverse orientazioni
sia tracce di percussione; il frammento in calcare cretaceo
non mostra tracce di utilizzo.
4. 2. 1. 3. Ciottoli in serpentinite
Si tratta di tre ciottoli interi e di tre frammenti. Di
questi un ciottolo e due frammenti hanno provenienza stratigraica certamente attribuibile ai livelli aurignaziani superiori (unità D), mentre gli altri reperti hanno provenienza
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
131
Fig. 7 - Grotta di Fumane. Confronto tra un ciottolo in serpentinite trovato in sito e un ciottolo in serpentinite raccolto da depositi luvioglaciali dell’Adige. La numerazione corrisponde a quella delle tabelle 4 e 5. (Foto M. De Stefani e S. Bertola).
Fig. 7 - Fumane Cave. Comparison between a serpentinite pebble found at the site and a serpentinite pebble gathered from luvioglacial
deposits of the Adige river. The numbers correspond to those in tables 4 and 5. (Photos by M. De Stefani and S. Bertola).
incerta. I ciottoli interi hanno una forma ellissoidica e sono
estremamente appiattiti (vedasi i parametri morfometrici
riportati nella tabella 4). Le determinazioni petrograiche
dei campioni sono state fatte dal Prof. Gp. De Vecchi (De
Vecchi 2009) mediante analisi ottiche su sezioni sottili a
luce polarizzata e analisi diffrattometriche ai raggi X. Le
analisi hanno evidenziato la natura metamorica e scistosa
dei campioni. Le osservazioni effettuate hanno permesso di
stabilire che questi ciottoli sono costituiti essenzialmente
da antigorite, illosilicato del gruppo del serpentino, cui si
associano granuli dispersi di magnetite e, a volte, piccole quantità di dolomite. Serpentiniti sono presenti in tutto
l’arco alpino per lo più associate ai complessi oiolitiferi
pennidici e derivano dall’originaria trasformazione di rocce peridotitiche per effetti metamorici e metasomatici. In
zone prossime alla Grotta di Fumane e in particolare nella
conoide luvioglaciale dell’Adige, allo sbocco in pianura,
si trovano rari ciottoli di serpentinite trasportati con meccanismi luviali e/o luvioglaciali dalle Valli di Vizze e Fundres e dalla Val d’Ultimo (Dal Piaz et al. 1977; De Vecchi
1989). I ciottoli che qui si rinvengono hanno forme per lo
più sferoidali e non presentano mai caratteri morfometrici
confrontabili con quelli dei ciottoli presi in esame.
A seguito di queste segnalazioni sono state fatte delle ricerche speciiche sui depositi luvioglaciali nei pressi di
Rivoli Veronese. Sono state campionate diverse centinaia
di ciottoli, tra cui alcuni ciottoli in serpentinite, che sono
presenti ma molto rari. I ciottoli mostrano morfologie prevalentemente irregolari, asimmetriche e un grado di appiattimento minore, come si può notare nella tabella 5, dove
sono stati selezionati i ciottoli in serpentinite morfologicamente più confrontabili con quelli di Fumane. Il ciottolo n.
6 per morfologia e dimensioni è quello che maggiormente
si avvicina ai ciottoli di Fumane (Fig. 7).
I ciottoli di serpentiniti, rinvenuti nella Grotta di
Fumane, hanno dimensioni tali da suggerire che il loro
trasporto è stato modesto; è improbabile pertanto che
questi siano stati raccolti in Val d’Adige. Le forme elissoidiche particolarmente appiattite indicano che questi
ciottoli sono stati elaborati prevalentemente dal moto
ondoso di battigia e il loro particolare appiattimento è
dovuto al fatto che, trattandosi di rocce scistose, le anisotropie planari ne condizionano nettamente la forma durante il trasporto. Una delle regioni più prossime all’area
Tab. 4 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Ciottoli in serpentinite. Misure espresse in mm.
Tab. 4 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Serpentinite pebbles.
Measures in mm.
Tab. 5 - Ciottoli in serpentinite dai depositi luvioglaciali della Val
d’Adige, presso Rivoli (VR). Misure espresse in mm.
Tab. 5 - Serpentinite pebbles from the luvioglacial deposits of the
Adige valley, near Rivoli (VR). Measures in mm.
Numero
US
a
b
c
b/a
c/b
Numero
Località
a
b
c
b/a
c/b
1
RIM
80.0
54.8
10.3
0.685
0.187
1
Rivoli
105.0
58.0
33.0
0.552
0.568
2
A3÷A8
81.0
47.4
10.2
0.585
0.215
2
Rivoli
92.0
65.0
30.0
0.706
0.461
3
D3+D6
82.0
52.7
11.1
0.642
0.210
Frammento 1
D6
3
Rivoli
72.0
67.0
36.0
0.930
0.537
4
Rivoli
90.0
53.0
28.0
0.588
0.528
Frammento 2
A3I
5
Rivoli
95.0
76.0
26.0
0.800
0.342
Frammento 3
A6÷A9
6
Rivoli
82.0
71.0
21.0
0.865
0.295
132
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
quarziti della Provenza occidentale) ed esotiche (selci
della Provenza orientale, selci e diaspri della Liguria
orientale e dell’Emilia, e selci della Scaglia marchigiana), queste ultime provenienti da afioramenti primari distanti anche 200-400 km dai Balzi Rossi (Bertola
2012). Le selci esotiche rappresentano circa il 5-10% di
tutti i manufatti, mentre tra i soli manufatti ritoccati raggiungono anche il 30% del totale. I litotipi provenienti
da oltre 80-100 chilometri di distanza sono attestati non
solo come prodotti initi (grattatoi, bulini) ma anche sotto forma di nuclei inalizzati alla produzione di lamelle
(Negrino 2002, 2006; Negrino & Starnini 2003, 2006,
2010; Riel-Salvatore & Negrino 2009).
4. 2. 2. 2. Steatite e belemniti fossili
Fig. 8 - Riparo Bombrini. Protoaurignaziano. 1-6: steatiti lavorate,
tra cui un pendaglio, frammentario, a perforazione biconica (n. 6);
7: frammento di osso lungo d’uccello recante tacche e incisioni
trasversali (Foto F. Negrino).
Fig. 8 - Bombrini Shelter. Protoaurignacian. 1-6: worked steatites, among them a fragment of a pendant, with biconical drillings (n. 6); 7: fragment of a long bone of bird with notches and
transverse incisions (Photos by F. Negrino).
Da segnalare, al solo Riparo Bombrini, sei piccoli
frammenti di steatite recanti tracce di lavorazione (Fig.
8). Questa lavorazione è stata inalizzata alla creazione
di elementi dalla morfologia regolare e dalle dimensioni
ridotte; si tratta per lo più di scarti di lavorazione. Tre di
questi sono appiattiti e di forma vagamente trapezoidale;
degno di nota è un pendaglio, frammentario, a perforazione biconica effettuata a mano, secondo un movimento
alterno di 180 gradi. Tra le tecniche di lavorazione sono
documentati il raschiamento con strumento litico, inalizzato alla regolarizzazione delle superici, e il taglio bifacciale seguito da frattura. Anche al Riparo Mochi sono
state trovate tre piccole perle perforate in steatite, che richiamano nella forma i canini atroici di cervo (Kuhn &
Stiner 1998). Questa varietà di steatite proviene, come i
diaspri, dalle formazioni oiolitiche dell’Appennino ligure orientale ed emiliano; è dunque da escludere una sua
provenienza alpina o francese (Mussi 1991). Rostri fossili
di belemnite, reperiti nelle locali formazioni del Cretaceo inferiore, tra Monte Grammondo e Col du Berceau
(Patrick Simon, com. pers.), sono stati inine impiegati
per produrre due pendagli, uno dei quali caratterizzato,
a un’estremità, da un’incisione circolare inalizzata alla
sospensione (Fig. 9, n. 1, 2).
4. 3.
veneta che meglio soddisfa sia l’esistenza di complessi
oiolitici ricchi in serpentiniti sia la prossimità di un litorale potrebbe essere quella ligure a valle del Gruppo di
Voltri (Carta Geologica d’Italia, F. 82 Genova; Venturino Gambari 1996).
4. 2. 2.
Riparo Bombrini e Riparo Mochi
4. 2. 2. 1. Selce
Sono migliaia i manufatti raccolti nei livelli protoaurignaziani del Riparo Bombrini e del Riparo Mochi.
La materia prima più usata è quella locale, proveniente
dall’afioramento conglomeratico della località “I Ciotti”, localizzato poche decine di metri sopra alla falesia
dei Balzi Rossi, ma i cui ciottoli si trovano anche nei
detriti colluviali che scendono a mare (Del Lucchese et
al. 2002; Negrino et al. 2006). È comunque sensibile la
presenza di materie prime circum-locali (selci, rioliti e
Industrie litiche: catene operative adottate
nella produzione dei supporti e morfologia
dei supporti; strumenti e armature
4. 3. 1. Grotta di Fumane.
L’analisi tecnologica della selce proveniente dalle
formazioni della Scaglia Rossa e del Biancone (afioranti nei dintorni della grotta) e della Pietra Gallina inferiore
(afiorante a 10 km dal sito), ha permesso di ricostruire le
catene operative dirette alla produzione di strumenti e armature. Per la selce grigia del Biancone (varietà B2-B4) e
per la selce della Scaglia Rossa (varietà SR) dell’unità A2,
sono state identiicate due distinte catene operative dirette
rispettivamente alla produzione in serie di lame e lamelle
e alla sola produzione lamellare (Broglio et al. 2005); per
le selci della Pietra Gallina inferiore (varietà EOC1) sono
state identiicate catene operative dirette all’esclusiva produzione lamellare. Tra le strutture abitative dell’unità A2
sono state identiicate tutte le categorie tecnologiche di manufatti provenienti da tutte le fasi di lavorazione (blocchi
testati; schegge d’entame, di messa in forma e di gestione;
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
133
Fig. 9 - Riparo Bombrini. Protoaurignaziano. 1-2: belemniti fossili, una delle quali presenta un’incisione circolare inalizzata alla sospensione; 3-5: frammenti di ossa lunghe d’uccello recanti tacche e incisioni trasversali; 6-12: lamelle Dufour in selci varie; 13: bulino su
ritocco opposto a bulino su frattura in selce provenzale; 14: punta a ritocco inverso in selce della Vaucluse (Provenza); 15: nucleo a lamelle
in selce locale de “I Ciotti”; 16: nucleo a lamelle in selce provenzale. (Dis. F. Negrino).
Fig. 9 - Bombrini Shelter. Protoaurignacian. 1-2: Belemnite fossils, one of them (n. 2) has a circular grove for suspension; 3-5: fragments
of long bones of birds with notches and transverse incisions; 6-12: Dufour bladelets in different chert types; 13: burin on retouch opposed
to burin on fracture, Provencal chert; 14: inverse retouched point, Vaucluse chert (Provence); 15: bladelet core, “I Ciotti” chert (local);
16: bladelet core, Provencal chert. (Drawing by F. Negrino).
prodotti e sottoprodotti laminari e lamellari; prenuclei e nuclei). Il materiale veniva introdotto nel sito sotto forma di
noduli, blocchi o placchette, scelti sulla base delle dimensioni, della morfologia e dell’idoneità alla scheggiatura.
La messa in forma avveniva mediante la costruzione di un
piano di percussione in modo da poter sfruttare come supericie di scheggiatura quella dotata di carénage naturale,
opportunamente ottimizzato o corretto mediante la creazione di crêtes parziali; raramente veniva utilizzata la tecnica
di Corbiac. Il cintrage era regolato dallo stacco di schegge
e schegge laminari (s.l.) laterali sorpassanti, spesso utilizzate per la costruzione di strumenti (soprattutto grattatoi)
o come nuclei per la produzione lamellare (c.d. grattatoi
carenati circolari). In due casi sono stati ricavati nuclei a
lamelle da schegge corticali. Poche lame di prima intenzione sono state abbandonate integre all’interno del sito,
il che porta a pensare a una bassa produttività o a una loro
radicale trasformazione o a una asportazione dal sito. Più frequenti sono i prodotti di seconda e terza scelta, spesso inseriti
nella categoria tipologica delle lame ritoccate. La gestione del
nucleo a lamelle, diretta al controllo e ripristino degli angoli e delle convessità, è la fase più rappresentata in termini di
numero di pezzi (55,3% della selce B2-B4 dell’unità A2); si
compone principalmente di schegge e lame di ripristino e di
ripreparazione delle superici di scheggiatura e dei lati del nucleo, di tablettes e débris (Fig. 10). L’abbandono dei nuclei è
avvenuto in seguito al loro completo sfruttamento, ma anche
durante il plein débitage lamellare. Soltanto un nucleo in selce grigia del Biancone è stato abbandonato in seguito ad una
produzione di schegge (Fig. 11, n. 5). Tutti i nuclei rinvenuti
nell’unità A2 sono unipolari a lamelle, rari i nuclei che recano
negativi di stacchi con lunghezza superiore a 5 cm.
La produzione lamellare è prevalentemente realizzata con il metodo unidirezionale convergente alterno, mediante percussione organica (probabilmente con un percussore in palco di cervo). A ogni ciclo produttivo si afiancano
operazioni di gestione delle superici, come ad esempio il
mantenimento di un valore ottimale dell’angolo di scheggiatura (tra 65° e 75°) tramite l’asportazione di una tablette
totale o di più tablettes parziali, con conseguente riduzione
134
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 10 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Residui, sottoprodotti e prodotti di catene operative laminari e lamellari
dall’unità A2. 1: placchetta testata; 2: prenucleo a lame; 3-5: tablettes; 6: lama; 7: prenucleo a lamelle; 8-12: microlamelle di arretramento
del punto d’impatto e/o di elaborazione della fronte dei grattatoi; 13 scheggia laminare laterale; 14: scheggia laminare sorpassata; 15-17:
lamelle tipo B; 18-20: lamelle tipo A; 21-23: lamelle sorpassanti. (Dis. G. Almerigogna; 1-3, 6, 7 e 13: 2/3 della gr. nat.; 4-5, 8-12 e 14-23:
gr. nat.).
Fig. 10 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Residuals, by-products and products of blade and bladelet production sequences
from the US A2. 1: tested plaquette; 2: blade pre-core; 3-5: tablettes; 6: blade; 7: bladelet pre-core; 8-12: micro bladelets removed in
order to prepare the impact point and/or deriving from the elaboration of the front of the endscrapers; 13: side laminar lake; 14: plunged
laminar lake; 15-17: type B bladelets; 18-20: type A bladelets; 21-23: plunging bladelets. (Drawing by G. Almerigogna; 1-3, 6, 7 and
13: 2/3 size; 4-5, 8-12 and 14-23: full size).
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
135
Fig. 11 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Nuclei dalle unità A1 e A2. 1: nucleo a lamelle a due piani di percussione e
due superici di scheggiatura; 2: “grattatoio carenato” circolare; 3, 7 e 8: nuclei a lamelle UCA-SSDD; 4 e 6 nuclei a lamelle su scheggia
a due piani di percussione e due superici di scheggiatura; 5: nucleo a schegge. (Dis. G. Almerigogna; gr. nat.).
Fig. 11 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Cores from the units A1 and A2. 1: bladelet core with two stricking platforms
and two laking surfaces; 2: round “carinated scraper”; 3, 7 and 8: UCA-SSDD bladelet cores; 4 and 6: bladelet cores on lakes, with two
striking platforms and two laking surfaces; 5: lake core. (Drawing by G. Almerigogna; full size).
136
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 12 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Catene operative lamellari relative all’industria litica dell’unità A2. 1: produzione di lamelle tipo A e B su nucleo a due superici di scheggiatura distinte. 2: produzione di una scheggia laminare laterale. 3: sequenze produttive di una lamella tipo B e di una scheggia laminare sorpassata e successiva elaborazione dei due supporti per la confezione di
una punta a ritocco erto e di un grattatoio frontale. 4: stacco di una scheggia laminare sorpassata da un nucleo a lamelle tipo UCA-SSDD.
5: schema riassuntivo della produzione lamellare UCA su nucleo a lamelle a SSDD. (Dis. M. De Stefani).
Fig. 12 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Bladelet operational sequences, unit A2. 1: production of type A and type B
bladelets from a core with two distinct laking surfaces. 2: production of a side laminar lake. 3: production sequences of a type B bladelet
and of a plunged laminar lake and subsequent retouching of the two supports to get a point and a frontal endscraper. 4: detachment of
an plunged laminar lake from a UCA-SSDD bladelet core type. 5: summary diagram of the UCA bladelet production on a SSDD bladelet
core type (Drawing by M. De Stefani).
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
137
Fig. 13 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Armature dalle unità A1, A2 e A2R. 1-14: punte a ritocco diretto; 15-16:
punte a ritocco alterno; 17-18 punte-troncatura; 19-22: lamelle a ritocco diretto; 23-28: lamelle a ritocco inverso; 29-34: lamelle a ritocco
alterno. (Dis. G. Almerigogna; gr. nat.).
Fig. 13 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Armatures from the units A1, A2 and A2R. 1-14: points; direct retouch; 15-16:
points, alternate retouch; 17-18 truncation-points; 19-22: bladelets, direct retouch; 23-28: bladelets, inverse retouch; 29-34: bladelets,
alternate retouch. (Drawing by G. Almerigogna; full size).
138
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 14 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Armature provenienti dall’unità A2: tre punte, una punta-troncatura e una
lamella a ritocco marginale alterno. In basso, rimontaggio di un nucleo a lamelle realizzato da S. Bertola, proveniente dall’unità D3. (Foto
M. De Stefani).
Fig. 14 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Armatures from unit A2. Three points, one truncation-point and one bladelet
with marginal alternate retouch. Bottom, reitting of a bladelet core (by S. Bertola), from stratigraphic unit D3. (Photos by M. De Stefani).
della lunghezza della supericie di scheggiatura e quindi
progressiva diminuzione della lunghezza dei prodotti. Mediante l’asportazione di schegge e schegge laminari laterali
sorpassanti venivano ripristinate le convessità longitudinali
e trasversali. Anche in questo caso ne conseguiva una progressiva diminuzione delle dimensioni del nucleo e quindi
dei prodotti. Il controllo del carénage era effettuato anche
attraverso la creazione di un piano di percussione accessorio opposto, dal quale venivano effettuati stacchi con direzione contraria al senso di produzione. Sono presenti anche
casi di re-orientazione dei nuclei (Fig. 12, n. 1).
I nuclei (Fig. 11) sono in maggioranza rappresentati
da poliedri a cinque facce (pentaedri) concepiti come pira-
midi a base quadrata o come prismi triangolari, più raramente sono concepiti come tetraedri (piramide a base triangolare) o come esaedri (prisma quadrato). Le cinque facce
dei nuclei pentaedrici assumono regolarmente la funzione
di piano di percussione, supericie di scheggiatura e superici latero - posteriori.
Nella produzione unidirezionale convergente alterna
(UCA) (Fig. 12, n. 5) i nuclei pentaedrici sono dotati di supericie di scheggiatura doppia a diedro (SSDD), costituita
da due facce adiacenti del poliedro sulle quali gli assi degli
stacchi lamellari formano tra di loro un angolo compreso tra
15° e 25°. I negativi degli stacchi delle due facce concorrono a formare un angolo diedro che le separa. Con il metodo
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
139
Fig. 15 - Grotta di Fumane. Industria litica protoaurignaziana. Strumenti dalle unità stratigraiche A1, A2 e A2R. 1-4: bulini; 5-10: grattatoi; 11-14 e 18-19: raschiatoi su lame e su schegge laminari; 15-17: denticolati; 20-21: pièces écaillées; 22-23: raschiatoi su tablette e su
scheggia. (Dis. G. Almerigogna; 2/3 della gr. nat.).
Fig. 15 - Fumane Cave. Protoaurignacian lithic industry. Tools from the units A1, A2 and A2R. 1-4: burins; 5-10: endscrapers; 11-14 and
18-19: scrapers on blades and on laminar lakes; 15-17: denticulates; 20-21: pièces écaillées; 22-23: scrapers on tablettes and lakes.
(Drawing by G. Almerigogna; 2/3 size).
140
Bertola et al.
UCA-SSDD venivano staccati in sequenza dei sottoprodotti
(lamelle e schegge lamellari sorpassanti), lamelle di prima
intenzione “tipo A” e, lungo la nervatura centrale, lamelle
“tipo B”. Possiamo in deinitiva parlare di una produzione
intercalare di due tipi di supporti lamellari: tipo A e tipo B.
Come è evidente dallo studio delle armature (Broglio et al. 2005), nelle catene operative lamellari sussiste la
ricerca di due obiettivi:
lamelle sottili a supericie ventrale piatta (o leggermente concava) e bordi paralleli utilizzati per la
confezione delle lamelle a ritocco erto marginale;
lamelle piatte (o leggermente concave) a bordi convergenti, utilizzate per la confezione delle punte a
ritocco erto.
Le lamelle a ritocco marginale (Figg. 13, 14) prevalentemente alterno (60,5%) presentano una notevole varietà, già descritta. Tra le punte su supporto lamellare (Figg.
13, 14) il tipo più frequente (61,0%) mostra un’estremità
appuntita ricavata lungo l’asse nella porzione distale del
supporto mediante ritocco erto prevalentemente diretto,
che varia da marginale a profondo; la lunghezza dell’armatura varia tra 14 e 40 mm.
Nella fase antica della sequenza protoaurignaziana i
supporti utilizzati per la confezione degli strumenti provengono per lo più dalla fase di gestione di catene operative lamellari, e dalla produzione laminare (Fig. 15). I grattatoi (33,3%)
sono ottenuti quasi esclusivamente su sottoprodotti laminari,
mentre i bulini (20,4%) su prodotti laminari e schegge di gestione. Alla categoria delle lame ritoccate (23,0%) appartengono strumenti a ritocco semplice ricavati da prodotti e sottoprodotti laminari. Il restante 23,3% degli strumenti è rappresentato da raschiatoi, denticolati, pezzi scagliati e troncature
marginali ottenuti su sottoprodotti e scarti di lavorazione. Tra
gli strumenti i tipi caratteristici dell’Aurignaziano “classico”
sono rari, anche se presenti. I grattatoi prevalgono su bulini e
lame ritoccate e sono prevalentemente frontali piatti. I bulini
sono di solito ricavati da supporti laminari piatti, su ritocco,
a stacco laterale; eccezionalmente presentano un biseau carenoide. Tra le lame ritoccate le “lame aurignaziane” sono rare.
Vi è inine qualche pezzo scagliato.
4. 3. 2. Riparo Bombrini e Riparo Mochi
Poiché quanto emerso dallo studio preliminare dei
manufatti del Riparo Bombrini non sembra dissimile da
quanto osservato al Riparo Mochi, la descrizione dei caratteri dell’industria e delle relative catene operative viene
fatta in modo unitario e sintetico.
Da un punto di vista tipologico i manufatti meglio
rappresentati sono sicuramente le lamelle a ritocco erto
marginale, sia diretto sia inverso o alterno (Fig. 9). Più rare
le altre tipologie di manufatti, tra cui prevalgono i bulini e
i grattatoi, rarissimi i carenati (Bietti & Negrino 2008; Del
Lucchese et al. 2004; Kuhn & Stiner 1992, 1998; Negrino
2005; Negrino & Tozzi 2008).
Il débitage è caratterizzato, oltre che da numerose
schegge e débris, da un’elevata presenza di prodotti laminari, sopratutto lamellari.
Al ine di evidenziare alcuni aspetti della produzione lamellare è stato analizzato un campione di 480 esemplari, interi e frammentari, provenienti dal Riparo Mochi
(Negrino 2002). Contro solo 46 lamelle intere sono presenti
197 frammenti prossimali, 162 mesiali e 75 distali; la for-
La diffusione del primo aurignaziano
te discrepanza tra prossimali e distali potrebbe suggerire
un’asportazione dal sito di manufatti, trasformati o no, per
i quali è stata preferita la porzione medio-distale della lamella, di spessore e forma più regolare. Si tratta di lamelle
a proilo longitudinale leggermente curvo; le lamelle torses
sono rare e del tutto occasionali. I talloni sono quasi esclusivamente stretti e sottili, inclinati verso la faccia ventrale
e segnati da una piccola cornice. L’estremità prossimale
si presenta spesso rastremata e caratterizzata da numerosi
micro-stacchi che testimoniano un’accurata preparazione
e regolarizzazione della cornice del nucleo. La lunghezza,
misurata ovviamente sul solo campione degli interi, si concentra tra i 15 e i 25 millimetri, e rientra quindi nell’ambito
delle microlamelle, mentre la larghezza, misurata sul campione complessivo, vede un forte addensamento attorno ai
7-9 millimetri. La materia prima con cui sono confezionate
è in prevalenza la selce locale (70,25%), seguita da quella
provenzale (18,8%), dai diaspri liguri - emiliani (4,13%) e
dalla Scaglia marchigiana (2,07%). Come già indicato da
Kuhn e Stiner (Kuhn & Stiner 1998) sono prodotti che ben
si accordano con i nuclei prismatici e piramidali reperiti
nello stesso livello; non sembrano infatti caratteristici di
una scheggiatura attuata su forme carenoidi.
Dalle lamelle venivano ottenute con un ritocco marginale erto inverso, diretto o alterno, le caratteristiche lamelle Dufour. Le loro dimensioni medie si concentrano attorno
ai 23 mm di lunghezza e i 7 mm di larghezza (Kuhn & Stiner
1998), indicando una selezione di supporti: infatti la lunghezza media delle lamelle non ritoccate è leggermente superiore
a quella delle lamelle ritoccate. Quanto alla larghezza, essa è
stata verosimilmente ridotta dal ritocco che ne ha regolarizzato i margini e ristretto la sezione. Nessun esemplare è riferibile al sottotipo Roc de Combe (Demars & Laurent 1992);
non sono presenti punte a ritocco erto marginale.
La produzione in loco delle lamelle è testimoniata
dalla presenza di tablettes, lamelle a cresta e nuclei (Blanc
1953; Laplace 1977; Kuhn & Stiner 1998), questi ultimi
quasi sempre in selce locale, ad eccezione di rari esemplari
in selce importata. I nuclei a lamelle presentano distacchi
unidirezionali; solo un esemplare, in selce della Vaucluse, e
proveniente dal Riparo Mochi, si caratterizza per un débitage bidirezionale contrapposto (Fig. 16).
Accanto alla locale produzione di lamelle, sono attestati anche elementi laminari, spesso trasformati in strumenti, di più grandi dimensioni. Si tratta di lame in selce
provenzale e in diaspro (Fig. 16). Come alcuni manufatti ritoccati, talvolta in selce alloctona, anche le lame di mediograndi dimensioni erano quasi di certo importate sul sito
già confezionate; quest’ aspetto comportamentale mette in
evidenza una varietà di catene operative, mirate all’ottenimento di prodotti differenziati e svolte su di un territorio relativamente esteso, verosimilmente non dallo stesso gruppo
umano ma da un sistema relazionale di gruppi in contatto
tra loro. La presenza di Scaglia umbro - marchigiana, anche
in forma di nuclei, evidenzia l’elevata capacità previsionale
e organizzativa degli Aurignaziani (Kuhn & Stiner 1998).
Da un punto di vista tecnologico si evidenziano
dunque almeno tre catene operative. La prima era inalizzata alla produzione di supporti microlamellari, realizzata in
loco a partire da nuclei prismatici o buliniformi, a distacchi
unipolari; non si segnala la presenza di nuclei carenoidi. Le
microlamelle venivano per lo più trasformate mediante ritocco erto marginale unilaterale o bilaterale alterno, in dorsi
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
141
Fig. 16 - Riparo Mochi. Industria litica protoaurignaziana. 1: nucleo prismatico a lamelle in selce della Vaucluse (Provenza); 2: nucleo
piramidale a lamelle in selce locale de “I Ciotti”; 3, 4 e 5: grandi lame ritoccate, frammentarie, in diaspro rosso ligure-emiliano. (Dis. F.
Negrino).
Fig. 16 - Mochi Shelter. Protoaurignacian lithic industry. 1: prismatic bladelet core, Vaucluse chert (Provence); 2: pyramidal bladelet
core, “I Ciotti” chert (local); 3, 4 and 5: fragments of big retouched blades, ligurian-emilian red jasper. (Drawing by F. Negrino).
marginali a ritocco unilaterale o bilaterale alterno (Dufour),
mentre non sono state sinora segnalate punte a dorso marginale del tipo Fumane - Krems. La seconda era inalizzata
alla produzione laminare; è attestata sul sito a partire da
litotipi locali (selce de “I Ciotti”). Frammenti di lame in
diaspro e in selce provenzale documentano anche un’importazione di prodotti laminari già initi. Sono attestate
lame ritoccate e trasformate in strumenti. Più problematica
la produzione di schegge, alcune delle quali trasformate in
strumenti ritoccati o in nuclei per microlamelle. Sebbene
non sia ancora stato fatto uno studio approfondito, è probabile che la loro presenza sia in parte un sottoprodotto
della produzione laminare. Rare e di ridotte dimensioni le
schegge in litotipi alloctoni, talvolta presenti sottoforma di
strumenti ritoccati, quali grattatoi, raschiatoi, punte e buli-
ni e abbondanti pezzi scagliati. La presenza di questi ultimi
non sembra giustiicata dall’ipersfruttamento della materia
prima silicea, localmente assai abbondante, anche se non
mancano comunque pezzi scagliati su litotipi importati; è
dunque probabile che gli scagliati siano il prodotto di una
particolare attività praticata sul sito.
4. 4.
Industrie su materie dure animali
4. 4. 1. Grotta di Fumane
Sono 77 gli oggetti ricavati da materia dura animale
identiicati nelle unità protoaurignaziane (Cilli 2002; Broglio et al. 2006); osso e palco di cervide sono i materiali
più usati per la loro realizzazione. Di questi fanno parte
142
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
tre pendenti ricavati da denti di cervo incisi e una costa
di ungulato di media taglia (Fig. 17, n. 12) accompagnata
da tacche equidistanti e regolari sui due margini diaisari
(craniale ventrale).
4. 4. 1. 1. Zagaglie
Nella serie protoaurignaziana di Fumane sono venute in luce sei zagaglie, delle quali cinque ricavate da
palco di cervide (Cervus elaphus, anche se non si può
escludere il megacero, in considerazione della sua presenza nella fauna del sito e delle dimensioni di alcune:
Cassoli & Tagliacozzo 1992) e una da osso (porzione
diaisaria) (Fig. 17). Esse sono state realizzate seguendo
lo stesso schema operativo. Infatti, benché il loro stato
inale non permetta di identiicare le prime tappe del processo di lavorazione, la presenza di ini strie ravvicinate
e parallele tra di loro, riferibili all’azione di un tranciante litico perpendicolare alla direzione del movimento
(raschiatura), e la presenza, ad esclusione del manufatto
in osso, di chatter-marks (Olsen 1988) sulla loro supericie, suggeriscono le stesse modalità di realizzazione.
La zagaglia in osso presenta morfologia, esiguo
spessore e una leggera curvatura che sembrano compatibili con un frammento distale di costola o spina vertebrale,
seppure l’assenza di una trama trabecolare in sezione e nella base fendue non esclude che possa trattarsi di un frammento diaisario laterale mesiale di un osso lungo. I bordi e
solo una delle due facce del manufatto fratturato nella parte
distale riportano tracce di raschiatura a dimostrazione della
predisposizione morfologica della porzione anatomica lavorata (Jéquier, com. pers.).
Le due zagaglie à base fendue in palco risultano simili non solo per le dimensioni, ma anche per la morfologia
pressoché identica. Dal punto di vista spaziale sono state
rinvenute in due quadrati di scavo contigui, nella stessa
unità stratigraica (D3). Questi dati suggeriscono la loro
contemporaneità e probabilmente la loro realizzazione per
mano dello stesso uomo. L’estremità prossimale di entrambi i manufatti non presenta tracce imputabili all’ottenimento della base fendue. L’osservazione allo stereomicroscopio
della supericie sui due lati delle linguette non ha messo
in evidenza tracce imputabili a strumento litico. Inoltre, la
frattura di una delle due linguette di una zagaglia ha permesso di sovrapporne una alla supericie interna della sua
opposta: si è dedotto che le due superici coincidono perfettamente; la base è stata semplicemente divisa in due parti
senza prelievo di una linguetta centrale. Non è da escludere
che per ottenere la fenditura sia stato praticato un “invito”
alla base, che permetteva di guidare l’impatto inalizzato
all’apertura dell’intaglio.
La zagaglia probabilmente à base fendue, proveniente dall’unità D6, ha dimensioni superiori alle altre (Fig.
17, n. 1) e presenta sui margini laterali delle parti mesiali
chatter-marks. Un’analisi di dettaglio della base fratturata farebbe supporre che una delle due linguette si sia rotta
in tempi antichi. Inoltre è stato portato un confronto tra la
morfologia della base di questo esemplare e quella della
base delle zagaglie a biseau semplice unilaterale presenti
in letteratura (Delporte & Mons 1988). Non si è riscontrata
alcuna analogia morfologica perché mentre la zagaglia a
biseau semplice unilaterale mostra una base con taglio netto che attraversa obliquamente tutta la sezione dello strumento, quella del manufatto in questione presenta invece
una parte obliqua e una parte rettilinea, parallela all’asse
maggiore del manufatto.
Altri due frammenti di zagaglia in palco rappresentati solo dal tratto mesiale e provenienti dalle unità A1T
e D3b hanno aspetto diverso rispetto alle zagaglie à base
fendue (la loro sezione è ellittica e appiattita), ma non è
stato possibile assegnarle a un tipo preciso (Fig. 17, n. 4,
5). Il cattivo stato di conservazione delle loro superici non
ha permesso la conservazione di tracce utili per uno studio
tecnologico. Non è da escludere, inoltre, che alcuni frammenti di parti distali di punte in palco possano appartenere
a zagaglie.
La tabella 6 riporta, per ciascuna zagaglia, provenienza stratigraica, stato d’integrità, morfologia della base
e dimensioni massime.
Dal punto di vista tecnologico le zagaglie della
Grotta di Fumane risultano realizzate con la stessa catena operativa. Sebbene lo stato inale delle zagaglie non
permetta di stabilire le prime tappe del processo di realizzazione, la presenza di ini tracce di raschiatura e di
chatter-marks sulla loro supericie denotano uniformità
e convergenze nelle modalità di realizzazione. Le nostre
osservazioni, che trovano conferma in letteratura anche
da studi sperimentali (Olsen 1988), permettono di affermare che i chatter-marks non sono imputabili alla legatura della zagaglia a un supporto in legno, come sostenuto
Tab. 6 - Grotta di Fumane. Protoaurignaziano. Caratteristiche delle zagaglie. Nei frammenti la lunghezza tra parentesi si riferisce alla
dimensione del frammento. Misure espresse in cm.
Tab. 6 - Fumane Cave. Protoaurignacian. Features of the split-based points. Measures in brackets correspond to lenght of fragments.
Measures in cm.
unità
materiale
stato
lunghezza
larghezza
spessore
ig. 17
à base fendue
D3
palco
integra
14,5
1,4
0,7
n° 2
à base fendue
D3
palco
integra
14
1,2
0,9
n° 3
zagaglia
D3
palco
fram.
(8)
2,5
0,7
n° 5
à base fendue
D3
osso
fram.
(6)
1,2
0,4
n° 6
à base fendue
D6
palco
fram.
(20,4)
1,9
0,9
n° 1
cfr à base fendue
A1T
palco
fram.
(12,7)
2
0,6
n° 4
zagaglie
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
143
Fig. 17 - Grotta di Fumane. Industria protoaurignaziana in palco e in osso. 1: zagaglia à base fendue in palco di cervide, dalla unità D6;
2-3: zagaglie à base fendue in palco di cervide, da D3; 4: zagaglia fratturata in palco di cervide, da A1T; 5: zagaglia fratturata cfr à base
fendue in palco di cervide, da D3; 6: zagaglia fratturata à base fendue in osso, da D3; 7-9: punteruoli ricavati da diaisi di ossa lunghe, dalle
unità A1T, D3+D6 base, A2R; 10: estremità distale di ago o punteruolo in osso, da A2; 11: spatola o tranciante in palco di grande cervide,
da D3+D6 base; 12: costola di ungulato di media taglia con tacche, da A2. (Foto M. Romandini).
Fig. 17 - Fumane Cave. Protoaurignacian antler and bone industry. 1: split-based point made of antler, unit D6; 2-3: split-based point
made of antler, unit D3; 4: broken point made of antler, unit A1T; 5: broken point made of antler, unit D3; 6: broken split-based point
made of bone, unit D3; 7-9: awls made on long bone diaphysis, units A1T, D3+D6 base, A2R; 10: distal tip of a needle or awl made of
bone, unit A2; 11: spatula or biseau made on antler, unit D3+D6 base; 12: notched rib from a medium-sized ungulate, unit A2. (Photos
by M. Romandini).
144
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 18 - Riparo Bombrini. Protoaurignaziano. Industria in palco e in osso. 1 e 2: punteruoli; 3: manufatto a biseau distale in palco di
cervide; 4-8: aghi e punteruoli. Foto di F. Negrino
Fig. 18 - Bombrini Shelter. Protoaurignacian. Antler and bone industry. 1 and 2: awls; 3: tool with a distal bevel, deer antler; 4-8: needles
and awls. Photos by F. Negrino
da A.C. Blanc (1939, 1953) per le zagaglie aurignaziane
della Grotta del Fossellone, ma alla riinitura delle stesse.
Essi sono la manifestazione morfologica della vibrazione
che si percepisce asportando materiale con un’azione di
raschiatura effettuata con forza.
Le due zagaglie à base fendue su palco risultano
molto simili non solo per le dimensioni, ma anche per la
forma pressoché identica (Fig. 17, n. 2, 3). In generale
le zagaglie rinvenute alla Grotta di Fumane sono la testimonianza di una tecnologia ben consolidata, di una lunga
esperienza acquisita dagli Aurignaziani nella caccia, della
perfetta conoscenza della materia prima utilizzata. Il palco di cervide, rispetto all’osso, presenta caratteristiche di
maggiore elasticità e resistenza alla compressione e alla
lessione. Si deduce dunque il perché della prevalenza
nella scelta di questa materia dura animale per la realizzazione delle zagaglie, utilizzate dagli Aurignaziani come
armi da getto.
Va precisato che nella sequenza protoaurignaziana
di Fumane le zagaglie non compaiono nell’unità stratigraica più profonda (A2), ma soltanto al tetto dell’unità soprastante (A1); il maggior numero è venuto in luce nelle unità
ancora soprastanti D3 e D6, nelle quali peraltro l’industria
litica (sempre protoaurignaziana) è meno abbondante. Inoltre il frammento proveniente da A1 costituisce la forma
più appiattita (s/l=0.3), mentre la forma più spessa si trova
all’apice della sequenza (s/l=0.5).
4. 4. 1. 2. Altri manufatti in materia dura animale
In generale per quanto riguarda gli altri manufatti in
materia dura animale, numerosi sono i punteruoli, la maggior parte ricavati da schegge diaisarie anche di costole
(Fig. 17, n. 7, 9); appartengono al tipo più semplice, i cosiddetti poinçons d’économie (Camps-Fabrer 1990), dove
solo la parte distale risulta modiicata. All’interno di questa
categoria sono state riscontrate forme diverse. Sono molti i
frammenti distali di punte e di punteruoli ritrovati, ma non
sempre è stato possibile attribuirli all’una o all’altra categoria (Fig. 17, n. 10). Alcuni presentano tracce di utilizzo
che inducono a pensare che si siano fratturati durante l’uso.
Sono identiicabili anche tracce di rotazione che suggeriscono un impiego in azioni di perforazione.
E’ stata riscontrata la presenza anche di frammenti distali di piccoli perforatori. La loro forma acuminata e
allungata e il loro diametro ridotto (mai superiore a 5 mm)
possono far supporre il loro impiego in un’azione di cucitura, come nel caso delle lesine.
Due spatole massicce, ricavate da palco di cervide,
sono state rinvenute complete (Fig. 17, n. 11) mentre una
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
145
terza, di dimensioni più modeste rispetto alle prime, è ricavata da un supporto osseo (scheggia diaisaria). Tutti i loro
margini appaiono smussati e presentano un aspetto lucente
da utilizzo e in alcuni casi tracce di ocra rossa (Fig. 17, n.
8). Altri due reperti, inine, corrispondono a parti distali di
spatole.
4. 4. 2. Riparo Bombrini e Riparo Mochi.
L’industria su materia dura animale del Riparo
Bombrini comprende nove manufatti (Fig. 18) ovvero un
frammento meso-prossimale di punta su bacchetta ossea,
due frammenti distali di ago su bacchetta ossea diaisaria,
tre frammenti distali di punteruoli su scheggia diaisaria,
due frammenti mesiali di strumento e un manufatto a biseau distale in palco di cervide molto simile a esemplari analoghi provenienti da livelli coevi della Grotta dei Fanciulli
(Onoratini 2008), ai Balzi Rossi, e della Grotta di Fumane
(Fig. 17, n.11, Broglio et al. 2006). Inoltre sono venuti in
luce tre oggetti ornamentali lavorati su ossa lunghe di uccello recanti profonde tacche e incisioni trasversali (Figg.
8, 9). Lo studio tecnologico ha evidenziato differenti sequenze operative per la produzione dei punteruoli, degli
aghi e delle punte in osso. I supporti delle punte su scheggia
diaisaria sono stati prodotti mediante percussione indiretta
e in seguito riiniti per raschiamento. Tale tecnica ha permesso di ottenere supporti piuttosto regolari e lunghi. Arrotondamenti, appiattimenti e strie trasversali nelle estremità
mesiali e prossimali delle punte indicano che tali strumenti
sono stati immanicati. I punteruoli sono stati ricavati da
schegge diaisarie lunghe ma irregolari, estratte mediante percussione diretta da ossa lunghe di grande ungulato.
Sebbene siano presenti tracce di alterazione tafonomica
(esfoliazione supericiale, residui di manganese, tracce di
radici), è evidente che, al contrario delle punte, i punteruoli
sono stati riiniti nella sola parte distale. La sequenza operativa legata alla produzione degli aghi è stata inalizzata
all’estrazione di supporti allungati e regolari, in seguito riiniti mediante raschiamento su tutte le superici. Le tracce
d’uso osservabili sui frammenti distali di ago indicano un
utilizzo di tali strumenti su pelle. Lo strumento in palco di
cervide documenta la tecnica dell’incisione longitudinale,
impiegata per estrarre il tessuto compatto, e raschiamento
con strumento litico per riinire la parte distale del manufatto. Appiattimenti e compressioni funzionali visibili sull’estremità distale del biseau ne suggeriscono un utilizzo su
materiale duro (forse legno).
Anche dal Riparo Mochi provengono diversi manufatti in osso e in corno cervide (Kuhn & Stiner 1992, 1998).
Si tratta di punteruoli e aghi, spesso frammentari, e di un
incisivo perforato di piccolo carnivoro; il reperimento di
scarti di lavorazione suggerisce una produzione in loco di
questi strumenti. Degno di nota è il ritrovamento di una
punta à base fendue, frammentata in due pezzi, e reperita
durante gli scavi di L. Cardini nel 1959, nei livelli posti tra
il tetto dello strato G, Protoaurignaziano, e il soprastante
strato F, con industria dell’Aurignaziano tipico. E’ signiicativa la presenza di un simile manufatto, caratteristico
dell’Aurignaziano I, solo al passaggio tra le due unità. Punte à base fendue provengono anche dai livelli aurignaziani
della Grotta dell’Osservatorio (Porraz et al. 2010), ma non
dai livelli del Protoaurignaziano; altre punte simili sono
state reperite nei depositi dei Balzi Rossi nel corso degli
Fig. 19 - Grotta di Fumane. Oggetti ornamentali in conchiglia dagli strati protoaurignaziani. (Foto M. Vanhaeren).
Fig. 19 - Fumane Cave. Shell beads from the Protoaurignacian
layers. Numbers correspond to those given in Tab. 7. (Photo by
M. Vanhaeren).
scavi ottocenteschi (Mussi et al. 2006).
4. 5.
Provenienza delle conchiglie marine
4. 5. 1. Grotta di Fumane
Il Protoaurignaziano di Fumane ha dato una collezione molto ricca e varia di oggetti ornamentali, composta
da oltre 700 conchiglie per la maggior parte forate, appartenenti a una sessantina di taxa (Fig. 19), e da tre incisivi di cervo con tacche per la sospensione. In questa sede
esponiamo i dati che possono interessare l’identiicazione
dei territori attraversati dagli Aurignaziani di Fumane e/o i
146
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Tab. 7 - Identiicazione delle specie di oggetti di parure in conchiglia scoperti negli strati aurignaziani della Grotta di Fumane, del Riparo
Bombrini, della Grotta dei Fanciulli, del Riparo Mochi e della Grotta della Cala in Italia, e di Klisoura in Grecia (dati ripresi da: Barge
1983; Fiocchi 2000; Gurioli et al. 2005; Stiner 1999; Koumouzelis et al. 2001; questo studio).
Tab. 7 - Identiied species among the shell beads elements found in the aurignacian layers of Italian and Greek sites (data from Barge
1983; Fiocchi 2000; Gurioli et al. 2005; Stiner 1999; Koumouzelis et al. 2001; this work).
Classe
Famiglia
Specie
Fig. 19
Fumane
Gastropoda
Patellidae
Patella caerulea
1
•
“
Fissurellidae
Diodora graeca
2
•
Bombrini
Fanciulli
Mochi
“
“
Fissurella sp.
•
“
Haliotidae
Haliotis tuberculata lamellosa
•
“
Buccinidae
Pollia dorbignyi
“
“
Pollia viverratoides
“
“
Pollia sp.
3
•
“
Indeterminata
Turbinidae
Tricolia pullus
“
“
Tricolia speciosa
“
Rissoidae
Rissoa variabilis
5
“
“
Cerithium vulgatum
6
“
“
Bittium latreillii
“
Bittium reticulatum
“
Cerithium sp.
“
Epitoniidae
Epitonium commune
4
•
•
•
7
Mangelia vauquelini
8
•
9
•
Mitrella scripta
“
Turbinidae
Homalopoma sanguineum
“
“
Bolma rugosa
“
Trochidae
Clanculus corallinus
“
“
Clanculus cruciatus
“
“
Clanculus jussieui
•
•
•
Mitrella gervillii
Columbella rustica
•
•
Turridae
“
•
•
Columbellidae
“
•
•
“
“
•
•
“
“
•
•
•
“
“
Klisoura
•
“
“
Cala
•
•
•
10
•
11
•
•
•
•
•
•
•
12
•
•
•
•
•
•
•
“
“
Gibbula adonsonii
“
“
Gibbula albida
“
“
Gibbula ardens
“
“
Gibbula cineraria
“
“
Gibbula pennanti
13
•
“
“
Gibbula richardi
14
•
“
“
Osilinus articulates
15
•
“
“
Osilinus turbinatus
“
“
Jujubinus striatus
16
•
“
“
Clanculus sp.
“
“
Jujubinus sp.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
“
“
Calliostoma sp.
•
“
“
Gibbula sp.
•
“
“
Osilinus sp.
“
“
Indeterminata
“
Turritellidae
Turritella communis
“
“
Turritella sp.
“
Littorinidae
“
“
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
17
•
•
Littorina obtusata
18
•
“
Littorina saxatilis
19
•
“
Littorina sp.
•
•
•
•
•
•
“
Aporrhaiidae
Aporrhais pespelecani
20
•
“
Cypraeidae
Luria lurida
21
•
“
“
Luria sp.
•
“
Triviidae
Trivia arctica
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
147
Tab. 7 - Continua.
Tab. 7 - Continued.
*
Classe
Famiglia
Specie
“
“
Trivia pulex
“
“
Trivia sp.
“
Naticidae
Euspira macilenta
“
“
Euspira nitida
“
“
Natica hebraea
“
“
Euspira sp.
Fig. 19
Fumane
22
•
23
•
Bombrini
Fanciulli
Mochi
Cala
•
•
•
•
•
“
“
Natica sp.
•
“
“
Indeterminata
•
“
Muricidae
Ocinebrina edwardsii
•
“
“
Ocinebrina aciculata
“
“
Ocenebra erinaceus
“
“
Nucella lapillus
24
•
•
•
•
•
•
•
“
“
Indeterminata
Nassaridae
Nassarius circumcinctus
25
•
“
“
Nassarius corniculus
26
•
“
“
Nassarius costerlotus
27
•
•
“
“
Nassarius incrassatus
28
•
•
“
“
Nassarius mutabilis
29
•
“
“
Nassarius reticulatus
30
•
•
•
31
•
•
•
“
“
Cyclope sp.
“
Nassarius sp.
“
Cassidae
Semicassis saburon
“
Mitridae
Mitra cornicula
“
“
Indeterminata
“
Cancellariidae
Cancellaria cancellata
“
Conidae
Conus mediterraneus
“
Neritidae
Theodoxus sp.*
“
Indeterminata
-
Scafopoda
Dentaliidae
Antalis inaequicostatum
“
“
Fustiaria rubescens
“
“
Antalis sp.
Bivalvia
Glycymerididae
Glycymeris insubrica
“
“
Glycymeris violacescens
“
“
Glycymeris sp.
“
Mytilidae
Mytilus galloprovencialis
“
“
Mytilus sp.
“
Cardiidae
Cerastoderma glaucum
“
“
Cerastoderma sp.
“
“
Acanthocardia tuberculata
“
“
Indeterminata
“
Noetidae
Striarca lactea
“
Pectinidae
Pecten maximus
“
“
Pected jacobeus
“
“
Chlamys sp.
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
32
•
•
•
•
•
•
33
•
•
34
•
•
•
•
•
•
•
•
35
•
•
•
•
•
36
•
37
•
•
38
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
“
“
Indeterminata
•
“
Veneridae
Callista chione
•
“
Indeterminata
-
•
Gasteropode di acqua dolce
•
•
“
“
Klisoura
•
•
148
Bertola et al.
La diffusione del primo aurignaziano
Fig. 20 - Localizzazione delle aree di approvvigionamento delle risorse litiche utilizzate dai gruppi protoaurignaziani liguri e veneti.
Fig. 20 - Location of the lithic raw material sources exploited by the ligurian and venetian Protoaurignacian groups.
contatti che essi hanno avuto con uno o più gruppi vicini.
La classiicazione tassonomica delle conchiglie permette di ottenere informazioni sull’habitat naturale delle
specie riconosciute e di inferire le possibili aree di raccolta. A questo scopo è necessario prendere in considerazione
la conigurazione delle coste mediterranee e delle nicchie
ecologiche marine contemporanee della formazione del deposito di Fumane, cioè tra 36.000 e 34.000 14C anni dal
presente. Secondo gli studi disponibili (Waelbroeck et al.
2002; Sidall et al. 2008; Antonioli 2012), si stima che le
coste mediterranee del tempo fossero tra 80 e 90 m più basse delle coste attuali. In questo caso le spiagge più vicine a
Fumane si troverebbero a circa 200 km a sud-ovest e a 400
km a sud-est del sito, rispettivamente lungo il Mar Ligure
e il Mar Adriatico.
Purtroppo non disponiamo di informazioni suficienti sulle caratteristiche degli habitat naturali presenti
lungo queste antiche coste (temperature delle acque di supericie, salinità, densità, ampiezza delle maree, sostrato…)
per poter arrivare a discriminare le specie verosimilmente
provenienti dal Mar Ligure da quelle del Mare Adriatico.
Anche se due specie identiicate a Fumane (Littorina obtusata e Nassarius circumcinctus) sono attualmente assenti
dai due mari, non si può escludere che esse non fossero
presenti in età aurignaziana (Cataliotti-Valdina 1984; Taborin 1993; Sami & Taviani 1997; Fiocchi 1998, 2000;
Gurioli et al. 2005). Un’altra specie riconosciuta tra le
conchiglie di Fumane, Littorina saxatilis, è presenta attualmente soltanto nel Golfo di Venezia (Reid 1996; Crocetta
2011), dove tuttavia pare introdotta recentemente (Panova
et al. 2011). In assenza di dati più precisi relativi alle coste di età aurignaziana, è dificile concludere sul signiicato
della presenza/assenza di Littorina saxatilis nei mari adria-
tici e liguri nella stessa età. Dal momento che la classiicazione tassonomica non consente attualmente di identiicare
le aree di raccolta, possiamo cercare di vedere se lo spettro
delle conchiglie riconosciute a Fumane presenta elementi
comuni cogli spettri riferiti al Protoaurignaziano di altre
regioni vicine. Il confronto tra tipi di parure dovrebbe permettere di riconoscere afinità o differenze che potrebbero
essere interpretate come espressione del grado di contatto
tra i gruppi umani che occupavano i siti. L’assenza di tipi
comuni di parure tra due territori rilette probabilmente
l’assenza di contatti, mentre la condivisione dell’insieme
dei tipi di parure suggerisce piuttosto che si tratti di una
medesima popolazione che segue le stesse regole quanto
ai tipi di parure. Il confronto mostra delle rassomiglianze
tra le parures di conchiglie dei siti aurignaziani dell’Italia
e della Grecia (Tab. 7; Fig. 19). Tutti questi siti hanno dato
un certo numero di specie relativamente importanti e alcune specie che non sono state trovate in altri siti (Vanhaeren
& d’Errico 2006). Essi condividono l’utilizzo di Cyclope
sp. e di altri Nassaridae, di Dentalium sp., di Homalopoma sanguineum e di molte specie di Trochidae. Inoltre
Fumane condivide con i siti liguri l’utilizzo di Aporrhais
pespelecani, Turritella sp., Littorine e Cipree. Tuttavia le
coste adriatiche sono prive di siti con parure, nonostante la
presenza di siti aurignaziani (Palma di Cesnola 1993; Mussi 2000). Questa situazione potrebbe essere spiegata sia da
un’effettiva assenza di tali siti, sia dalla loro scomparsa in
conseguenza della risalita della linea di costa nell’Olocene.
In conclusione, i dati disponibili suggeriscono che
le parures di Fumane abbiano dei rapporti con quelle della
costa ligure. Comunque, anche se appare meno probabile, tenendo conto della lontananza di Fumane dall’antica
linea di costa adriatica, un approvvigionamento diretto o
Preistoria Alpina, 47 (2013): 123-152
attraverso una rete di scambi col Mare Adriatico non può
essere esclusa. La ricostruzione delle caratteristiche ecologiche delle coste mediterranee tra 36.000 e 34.000 anni
dal presente permetterebbe forse in futuro di identiicare
delle differenze signiicative tra la malacofauna della costa
ligure e quella delle coste adriatiche. L’analisi degli abitati
naturali delle conchiglie trovate a Fumane e/o l’analisi delle loro composizioni isotopiche legate a fattori ambientali
potrebbe allora di identiicare con maggior certezza le aree
di raccolta.
4. 5. 2. Riparo Bombrini e Riparo Mochi
Consistente è la raccolta di conchiglie, in gran parte
perforate e utilizzate quali oggetti ornamentali, provenienti
dal Riparo Bombrini e dal Riparo Mochi. Una prima determinazione delle specie presenti sembra indicarne una
provenienza esclusivamente mediterranea (Kuhn & Stiner
1998; Carnieri com. pers.).
5.
CONCLUSIONI
Quanto esposto giustiica alcune considerazioni. Per
quanto riguarda la cronologia, il Protoaurignaziano di Fumane
e il Protoaurignaziano dei Ripari Mochi e Bombrini compaiono
in un intervallo di tempo ristretto (se si vogliono semplicemente
accettare i risultati delle datazioni radiometriche, a Fumane in
un momento un po’ più recente, qualche centinaio d’anni, rispetto ai siti dei Balzi Rossi). Comunque pare molto probabile,
sulla base dell’insieme dei dati cronostratigraici, la sostanziale
contemporaneità delle due sequenze protoaurignaziane.
L’insieme dei siti liguri concorre a deinire un’area
comportamentale e culturale caratterizzata da sensibili analogie tecno-tipologiche e tecno-economiche, nonché da frequenti spostamenti di materie prime su lunghe distanze. La presenza di selci provenienti dall’area umbro-marchigiana e dalla
Provenza suggerisce l’esistenza di scambi che hanno coinvolto gruppi umani distribuiti su di un areale decisamente vasto,
dalla Francia meridionale all’Italia centrale, confermando la
facile percorribilità di un “corridoio appenninico” attraverso
il quale può essere avvenuta la penetrazione dell’Uomo anatomicamente moderno dai Balcani verso le regioni meridionali
della Francia o dalla Francia verso le regioni centrali dell’Italia. E’ evidente una differenza fondamentale tra i siti liguri e
Fumane riguardo l’approvvigionamento della selce. A Fumane l’area sfruttata è piccola, in quanto riguarda essenzialmente
i Lessini occidentali; anche i pochi pezzi alloctoni hanno una
provenienza abbastanza vicina. Ai Balzi Rossi invece l’area
è vastissima, come del resto in altri siti protoaurignaziani
prossimi al Mediterraneo nord-occidentale (Fig. 20). Questa
diversità di comportamento può trovare una spiegazione solo
parziale nella varietà e nella qualità della selce disponibile nei
Lessini: ai Balzi Rossi sorprendono soprattutto il numero dei
giacimenti e la loro distribuzione tra Appennino centrale e
Provenza. E sorprende anche che tra tante provenienze, non vi
sia nemmeno un manufatto di selce dei Lessini, nonostante la
comune tradizione culturale, la sovrapposizione cronologica
e i rapporti tra Fumane e l’area ligure-provenzale suggeriti da
altri materiali litici. Alcuni ciottoli in serpentinite utilizzati a
Fumane sembrerebbero provenire da spiagge del Mar Ligure,
dove potrebbero anche essere state raccolte almeno una parte
delle conchiglie marine.
149
La produzione dei supporti utilizzati nella confezione di strumenti e armature non pare presentare differenze
di rilievo, che non possano essere spiegate con la varietà
dei materiali litici. Tale produzione rientra nelle caratteristiche proprie del Protoaurignaziano, contrapponendolo
alla litotecnica dell’Aurignaziano classico antico. Altrettanto caratteristiche del Protoaurignaziano sono la varietà
e la numerosità delle lamelle a ritocco marginale. Ma per
quanto riguarda le armature, dobbiamo rimarcare che soltanto a Fumane, a differenza dei siti dei Balzi Rossi, sono
presenti le piccole punte, ricavate da supporti selezionati, di morfologia idonea alla loro confezione. Com’è stato già sottolineato, le punte protoaurignaziane di Fumane
sono comparabili per tipologia e dimensioni alle punte di
Krems-Hundssteig.
Dell’industria su materia dura animale, nel Protoaurignaziano di Fumane sono particolarmente interessanti le punte
à base fendue. Esse non sono presenti nello strato più antico
(A2), ma compaiono in un secondo tempo, com’è stato riscontrato in alcuni siti provenzali (Onoratini & Simon 2006), dove
sono presenti anche se sempre in numero modesto.
Le conchiglie marine, usate come oggetti ornamentali, suggeriscono un rapporto tra Fumane e le spiagge (o i
siti protoaurignaziani) liguri, anche se non si può escludere
la provenienza adriatica per Fumane.
Allo stato attuale delle ricerche non pare quindi possibile proporre un modello unitario relativo alla comparsa
del Protoaurignaziano in Liguria e nel Veneto. D’altra parte
non crediamo che la diffusione del Protoaurignaziano in
Europa sia interpretabile come migrazioni di gruppi umani
lungo poche determinate direttrici. Fumane e i Balzi Rossi
potrebbero rappresentare due gruppi distinti, che avevano
in comune una tradizione tecnologica che li portò a sviluppare industrie simili ma differenziate soprattutto nella tipologia delle armature, risultato di adattamenti ad ambienti
diversi. Resta l’interrogativo su quali siano i percorsi di
questi e probabilmente di altri gruppi che non conosciamo,
legati alla medesima tradizione culturale.
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