European Journal of Education Studies
ISSN: 2501 - 1111
ISSN-L: 2501 - 1111
Available on-line at: www.oapub.org/edu
10.5281/zenodo.62072
Volume 2│Issue 4│2016
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI IN MATEMATICAi
Paolo Martena1ii, Luca Mazzara2
Istituto Comprensivo Serra , Crescentino, Vercelli, Italy
1
Istituto Comprensivo Val Varatella , ”orghetto Santo Spirito, Savona, Italy
2
Abstract:
The study of Mathematics is difficult for most of the pupils, especially for students with
special needs. However, learning of this subject is easy for everyone if it is connected to
reality. In this article, the authors discuss this important issue, which is essential for the
contemporary school of the inclusion.
Lo studio della matematica risulta difficile per la maggior parte degli alunni e, in
particolare
per
coloro
che
presentano
bisogni
educative
speciali.
Tuttavia,
l’apprendimento di questa disciplina può risultare spontaneo e semplice per chiunque
se essa è connessa al mondo reale. In questo articolo gli autori discutono questa
importante tematica che è essenziale per la scuola inclusiva contemporanea.
Keywords: bisogni educative speciali, matematica, percezione della numerosità,
cardinalità, ordinalità
1.
La matematica come capacità innata
Oggi sappiamo che la percezione della numerosità non è una prerogativa solo umana e
che lo sviluppo del numero e del calcolo, intese come pratiche sociali condivise, si fonda
sulla capacità innata (nei neonati e negli animali) di percepire e riconoscere la
numerosità.
Semplici operazioni di addizione e sottrazione, oltre che il riconoscimento di
piccole quantità è individuabile in bambini di 5/6 mesi e che già a poche ore di vita i
bambini percepiscono la numerosità e la rappresentano internamente (esperimento di
Wynn, 1992).
i
ii
Special Needs in Mathematics
Correspondence: Paolo Martena, email:
[email protected]
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55
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A scuola, subitizing e stima che, lo ricordiamo, hanno radici biologiche, evolvono
in capacità di calcolo e di discriminazione numerica.
La capacità di contare richiede lo sviluppo di funzioni simboliche e linguistiche.
Nella nostra società, infatti,
i numeri assumono molte funzioni, alle quali
corrispondono cinque significati:
cardinalità
etichetta
ordinalità
misura
valore
Tuttavia come ci sono persone che nascono cieche ai colori, così ci sono anche individui
che nascono con una sorta di cecità alla quantità
”utterworth,
.
Nel momento in cui occorre stabilire obiettivi minimi per un alunno con
disabilità intellettiva, occorre quindi valutare attentamente, assieme all’equipe medica e
all’insegnante di sostegno, come e quanto sviluppare questi significati del concetto di
numero.
2.
Esempi di azioni educative
E’ importante comprendere come si possano insegnare ai bambini e ai ragazzi le diverse
funzioni dei numeri che sono state citate.
Alcune delle attività che sono suggerite potrebbero apparire scontante, e quindi
essere omesse durante i percorsi di formazione degli alunni. Questo sarebbe un grave
errore di valutazione da parte degli insegnanti e potrebbe segnare irrimediabilmente il
futuro scolastico degli alunni, specialmente di quelli con bisogni educativi speciali
Le attività che seguono sono adatte agli alunni che intraprendono il primo ciclo
di istruzione e possono essere proposte, sia durante la scuola dell’infanzia che durante
la scuola primaria. Nel pieno rispetto dei tempi di sviluppo cognitivo di ognuno, non è
escluso che sia opportuno proporle o riproporle anche durante la scuola secondaria di
primo grado.
Esse potrebbero essere programmate dall’insegnate di classe insieme al collega di
sostegno e proposte, a diversi livelli, a gruppi omogenei di alunni. La discussione
matematica successiva sarebbe, poi, il momento giusto, per condividere, integrare e
standardizzare i saperi.
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2.1
Acquisizione della cardinalità
Per far assimilare ai bambini il concetto di cardinalità, per esempio, bisognerebbe far
contare gli elementi appartenenti a un insieme, contare i compagni di classe potrebbe
essere un buon modo per iniziare nella scuola dell’infanzia o anche negli ordini di
scuola successivi per alunni con disabilità. Questa potrebbe essere anche un’occasione
per comprendere che non si è soli e l’importanza del gruppo per la crescita degli
individui.
Il successivo conteggio degli insegnanti potrebbe aiutare i bambini ad entrare in
relazione con i loro educatori e a capire che essi sono condivisi da tutti gli alunni della
classe e non sono, quindi una personale proprietà.
Da qui, si potrebbe passare a contare una serie di oggetti, come la cancelleria in
dotazione nell’astuccio, e a dare loro un nome. Se il percorso di studi prevede
l’acquisizione di una o più lingue straniere, sarebbe proficuo tradurre il nome degli
oggetti che si sono enumerati anche nelle altre lingue. Questo sarebbe anche un modo
per comprendere che le materie sono tutte correlate, oltre che per ampliare il lessico
degli allievi.
Contare i libri nello zaino potrebbe essere un utile pretesto per riflettere
sull’articolazione della giornata scolastica e sulla scansione oraria, così come dopo aver
contato le sedie, sarebbe fruttuoso avviare una discussione matematica riguardante la
loro disposizione nello spazio e la loro utilità pratica.
Per quanto riguarda la scuola secondaria di primo grado, l’insiemistica, che per
anni è stata messa al centro dell’attenzione didattica, sembra aver perso la propria
efficacia, forse perché il suo studio richiederebbe capacità di astrazione che gli alunni di
questa fascia non hanno ancora acquisito.
Sarebbe bene, però, proseguire il discorso iniziato negli anni precedenti, mentre
si acquisiva il concetto di cardinalità, facendo notare agli studenti che solo elementi
accomunati da una caratteristica oggettiva comune costituiscono un insieme
matematico. D’amore, Pinilla,
2.2
4
Acquisizione dell’ordinalità
Oltre a alla funzione di contare il numero ha anche quella di mettere in ordine. I
ragazzi spesso sono invitati dai genitori o dagli insegnanti a fare ordine ed è giusto che
comprendano la connessione che esiste tra questa azione, che sembra spontanea e
naturale, e i numeri.
Si può chiedere ai bambini di ordinare gli oggetti in base alla loro posizione nello
spazio e successivamente, gli anni, i mesi, i giorni, le ore. Anche le lettere possono
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essere ordinate, in base a uno schema che è stato precedentemente fornito e l’ordine
alfabetico ne è un esempio. Ordinare in ordine alfabetico gli studenti della propria
classe, non permette solo di acquisire il senso dell’ordinalità, ma anche di familiarizzare
con l’alfabeto.
Allo stesso modo, mettere in ordine i compagni in base alla data di nascita è un
modo di familiarizzare con il tempo e il suo scorrere. Da questa semplice azione logica
l’insegnate potrebbe condurre a una riflessione più profonda riguardo alla ritualità e
alla ciclicità di alcuni momenti di feste, come il compleanno.
2.3
Il numero come etichetta
Il bambino viene, già nei primi anni di vita, a contatto con questo concetto di numero.
Le classi della scuola sono, infatti, indicate mediante codici numerici semplici.
Successivamente, i numeri permetteranno ai bambini di individuare il numero di
cellulare dei genitori che è consegnato loro per motivi di sicurezza e di prendere i mezzi
pubblici più adatti ai programmi di viaggio, in base al codice che si riferisce alla tratta
percorsa.
Si potrebbe, inoltre, chiedere agli alunni di individuare in quale classe si trovano
i loro amici e la correlazione fra la classe e l’età anagrafica degli alunni e tra la classe e il
corpo docenti ad essa assegnato. Relativamente agli studenti della scuola secondaria di I
grado, potrebbe risultare molto efficace programmare ed organizzare viaggi cercando
su internet i tabelloni orari e le mappe degli itinerari percorsi dai mezzi pubblici.
Questo tipo di consegna potrebbe essere correlata allo studio della previsione di
spesa e alla sua conformità al budget prestabilito. Altro motivo di riflessione potrebbe
essere lo studio di un itinerario alternativo, con lo scopo di ottimizzare la spesa.
Queste attività sono molto importanti anche per i ragazzi con bisogni speciali, e
soprattutto, per gli studenti con disabilità. In particolare, il percorso educativo di questi
ultimi non può prescindere dall’acquisizione dell’autonomia per una vera e profonda
inclusione sociale.
2.4
Il numero come misura
Questo significato di numero è strettamente correlato allo studio della geometria.
Questa branca della matematica è considerata molto ostica per gli studenti della scuola
primaria e secondaria di primo grado. Tale difficoltà potrebbe dipendere dal fatto che
gli insegnanti presentino questa disciplina in modo troppo astratto, riducendo la
materia a una serie di formule da imparare a memoria.
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I problemi geometrici, poi devono essere prima compresi perché scritti nel loro lessico
specifico, successivamente immaginati sul piano e nello spazio e solo, nell’ultima fase,
compresi e risolti.
Si è già sottolineata l’inopportunità di iniziare la geometria euclidea mediante lo
studio teorico degli enti geometrici fondamentali e degli assiomi. Ciò scoraggerebbe gli
alunni, soprattutto pre-adolescenti, perché richiederebbe loro processi mentali che non
hanno ancora acquisito. Sarebbe interessante partire, invece dall’osservazione del
mondo, delle sue forme e delle sue misure. (Castelnuovo, 2007).
Nella scuola dell’infanzia sarebbe utile far misurare le distanze fra i luoghi
frequentati dai bambini, come l’aula e il bagno, mediante i passi, o il righello o altri
oggetti di uso comune.
Successivamente, gli stessi bambini potrebbero rilevare, dopo averne discusso
con l’insegnante, che queste misure non sono oggettive poiché variano da bambino a
bambino e in base agli strumenti utilizzati.
Questo rappresenta un buon pretesto per inserire, anche negli ordini di scuola
successivi, il concetto di unità di misura.
Nella scuola media, la graduale acquisizione della capacità di generalizzare e di
argomentare permette anche l’introduzione delle unità di misura derivate, collegate allo
studio dei numeri razionali, dei rapporti e delle proporzioni.
Per i ragazzi con disabilità cognitiva o con bisogni educativi speciali, la misura
può essere collegata all’acquisizione dei concetti di ciclicità e prevedibilità e a quelli di
valutazione dei bisogni: ci vorranno pochi secondi per raggiungere il bagno, ci
vorranno trenta minuti per raggiungere casa, se la mia temperatura corporea aumenterà
due gradi avvertirò uno stato di malessere.
2.5
Il numero come valore
Il significato di numero come valore è strettamente connesso con l’uso del denaro. La
capacità di usare la moneta e di comprenderne il valore è fondamentale
nell’acquisizione dell’autonomia sociale.
Per la scuola dell’infanzia sarebbe importante far comprendere ai bambini la
differenza di valore tra monete e banconote della stessa taglia: due euro permettono di
acquistare due ghiaccioli, un euro solo uno, per esempio.
Nella scuola sarebbe importante fare in modo che gli alunni acquisiscano la
competenza di usare il denaro, di dare banconote della giusta taglia, di calcolare la
spesa il ricavo e il guadagno, il resto.
Infine, nella scuola media, si possono introdurre i concetti di percentuale e
interesse e si potrebbe pensare di creare una sorta di impresa simulata o un mercatino
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di beneficienza. Questo sarebbe in pieno accordo con le tendenze didattiche
contemporanee che mirano all’acquisizione delle competenze chiave. Le politiche
europee mirano, infatti, a sanare la frattura esistente tra mondo scolastico e mondo reale
che rendono la scuola meno motivante e distante dal mondo del lavoro (Resnick 1987,
Raccomandazioni chiave 2006)
3.
Assistenza alla prestazione
Durante le attività per l’acquisizione delle competenze matematiche gli alunni,
specialmente quelli con bisogni speciali, hanno bisogno di essere guidati, recuperando
le eventuali lacune accumulate nel corso degli anni a causa delle difficoltà e/o di una
didattica poco efficace.
L’assistenza alla prestazione comprende sei azioni fondamentali (Tharp e
Gallimor, 1988):
1. modellizzare: agli alunni devono essere forniti comportamenti da imitare. Gli
l’insegnante e gli educatori in generale si offrono come modello per gli alunni.
Ciò li agevola nell’interiorizzazione delle procedure risolutive e getta le basi per
il loro utilizzo in autonomia.
2. gestire la contingenza: l’imitazione del modello non è sempre sufficiente per
gestire gli eventi contingenti. Per questo è bene lavorare su due principali aspetti:
- l’analisi e la discussione degli errori
- la meta cognizione: cioè la capacità di auto valutare il proprio lavoro, di
analizzarne i punti di forza e di debolezza, di predisporsi a eventuali azioni
migliorative.
Tale forma di assistenza è fondamentale perché permette di lavorare sugli stili
attributivi, sulla motivazione e sugli aspetti metacognitivi che stanno alla base
dell’esperienza scolastica dell’alunno. Essa prevede la capacità di valorizzare gli
sforzi dello studente e gli aspetti positivi della sua prestazione o, viceversa, di
sottolineare quelli errati. Se lo studente riesce a gestire le contingenze scolastiche,
verosimilmente egli riuscirà anche a far fronte, con maggior disinvoltura, alle
situazioni sfidanti della vita quotidiana.
3. fornire retroazioni: lo studente viene invitato a confrontare la sua prestazione con
quella dei compagni, o di un livello standard. Il gruppo, infatti, non solo
sostiene, ma fa da specchio, amplifica la conoscenze personali, aiuta a correggere
gli errori.
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4. istruire: l’insegnante si assume la responsabilità per l’azione che lo studente
dovrà compiere, egli dirige e segue l’azione dell’educando con lo scopo di
guidare, osservare e sostenere il soggetto in formazione. (Le Boterf, 1994)
5. mettere in discussione: questa forma di assistenza ha a che fare con la
partecipazione consapevole e lo sviluppo del pensiero dell’alunno. L’insegnante,
soprattutto attraverso la discussione di classe da lui diretta, guida gli alunni
all’osservazione critica, alla formalizzazione e alla generalizzazione dei
contenuti, permettendo lo sviluppo di un pensiero astratto a partire
dall’osservazione della realtà.
6. strutturare cognitivamente: consiste nel fornire una struttura di riferimento che
aiuta il soggetto a pensare e ad agire. Si tratta, ovviamente di una forma di
assistenza che richiede un certo livello di consapevolezza nell’alunno. Dopo aver
agito più volte attuando un protocollo flessibile, lo studente si sente sicuro e
agisce autonomamente e consapevolmente nella sua azione di formazione
permanente.
4.
Ruolo dell’insegnante
Per accompagnare un alunno con bisogni educativi speciali nello studio della
matematica l’insegnante deve operare in ottica inclusiva e partire da un’attenta
disamina degli ostacoli che impediscono all’alunno di apprendere la disciplina. Gli
ostacoli infatti possono essere di vari tipi: didattici, cognitivi, epistemologici, o dovuti
alle difficoltà personali.
Rispetto alla didattica, appare interessante il metodo CRA Concrete-toRepresentational-to-Abstract (CRA), in cui si invitano gli allievi a passare dal concreto,
alla sua rappresentazione, all’astrazione Sousa,
.
Sembra utile analizzare un’applicazione di tale metodo nello sviluppo del calcolo
mentale, descrivendo un’attività che potrebbe essere proposta nella scuola primaria.
L’insegnante mostra agli alunni molte cannucce sparse e si chiede quante sono. Dopo
vari tentativi è molto probabile che gli alunni inizino a mettere in atto abilità nel campo
della cardinalità come il raggruppamento delle cannucce in gruppi da 10. Con mazzetti
di cannucce a portata di mano gli alunni riusciranno a gestire facilmente semplici
operazioni di somma e sottrazione grazie all’apporto concreto di un oggetto di uso
comune.
Nella fase figurativa grazie al supporto informatico, l’applicazione GimmeFive
per esempio, l’alunno è sostenuto e rinforzato nel passaggio alla fase astratta. Le
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strategie tipiche del calcolo mentale, infatti, vengono evocate e utilizzare con semplicità
e in modo massivo grazie all’interesse verso la tecnologia.
La fase astratta presuppone l’acquisizione dei principi del calcolo mentale in
generale e il loro utilizzo all’interno di specifiche unità didattiche. Da quanto descritto,
si può tracciare la figura di un insegnante inclusivo come di un mediatore di contenuti,
di un ponte tra mondo scolastico e mondo reale, di un garante della correttezza dei
contenuti e della forma.
Un docente con queste caratteristiche si oppone a quegli insegnanti che fanno
lezione a se stessi, si rivolgono alla lavagna
(Stella, 2014) e si preoccupa affinché
l’apprendimento dei suoi allievi sia realmente significativo perché ha dato spazio non
solo all’esperienza, ma anche alla rielaborazione personale e di gruppo.
5.
Conclusioni
In questo articolo sono elencate strategie didattiche che potrebbero essere adatte sia a
ragazzi neurotipici che a ragazzi con bisogni educativi particolari, in un’ottica altamente
inclusiva.
Se lo sviluppo delle competenze e il ricorso a compiti di realtà è fondamentale
per tutti gli alunni, infatti, si può sostenere che esso è imprescindibile per alunni con
disabilità intellettiva.
È totalmente inutile proporre, soprattutto a chi presenta difficoltà oggettive,
attività astratte e sganciate dalla quotidianità.
Un alunno con autismo, ad esempio, potrà anche trarre sicurezza contando e
ordinando tessere o numeri oggetto ma non svilupperà nessuna competenza, se non
riuscirà a collegare il concetto di numero alle sue necessità.
L’orizzonte a cui fare riferimento appare essere quello della speciale normalità
Ianes,
6 che assume come riferimento due aspetti dell’esperienza scolastica: le
normali pratiche didattiche arricchite dalle migliori strategie per rendere inclusive ed
efficaci le lezioni.
Rispetto al pensiero matematico, i dati ci mostrano che non sono in difficoltà solo
gli studenti con bisogni educativi speciali, ma anche i neurotipici. Sarà quindi utile far
riferimento alla Policy Guidelines on Inclusion in Education, 2009, proposta per una
didattica inclusiva dell’Unesco. In essa, si parla di educazione per tutti e non di bisogni
educativi speciali .
Il cambiamento di prospettiva è notevole, perché le cause della difficoltà non
vanno ricercate in qualcosa che manca nello studente, ma nella didattica attuata in
classe.
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Una buona didattica quindi, dovrebbe essere improntata all’universal design for
learning, inteso come l’insieme dei principi e linee guida elaborate per ridurre le
barriere nell’apprendimento e per incrementare l’accesso al curriculum per tutti gli
studenti, compresi quelli con disabilità
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