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FORME E CAUSE DELLA CRISI DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA.

Relazione finale del seminario "Crisi della democrazia rappresentativa e della forma di partito" coordinato dal Prof. Massimo Vogliotti.

Andrea Bancher,10032610. Università degli Studi del Piemonte Orientale, Dipartimento di Giurisprudenza, A.A 2013/2014 Seminario “Crisi della democrazia rappresentativa e della forma di partito”. FORME E CAUSE DELLA CRISI DELLA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA. Il seminario coordinato e curato dal Prof. Massimo Vogliotti ha trattato, analizzato e discusso tramite una serie di appuntamenti settimanali un fenomeno culturale, politico e sociale che ha recentemente colpito e inglobato le istituzioni contemporanee. Gli interventi dei docenti del nostro dipartimento Prof. Giorgio Barberis, Prof. Marco Revelli e Prof. Noemi Podestà, assieme alla partecipazione di autorevoli insegnanti esterni, Prof. Luigi Bobbio, Prof Pietro Costa e Prof. Ugo Mattei, hanno evidenziato come la società odierna sia stata inglobata nell’ancora attuale recessione economica, i cui effetti hanno determinato indirettamente il collasso della principale forma di governo occidentale e il crac del suo principale strumento di azione comunicativa, la Democrazia rappresentativa e il Partito politico. LA DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA La democrazia non è un concetto definito e stabile ma piuttosto un processo sempre in via di formazione. La storia insegna come ogni epoca avesse una propria visione e idea di democrazia. La sua definizione non è cristallizzata in una sola versione o in un'unica concreta traduzione ma ha trovato la sua espressione storica in diverse applicazioni, tutte caratterizzate dal tentativo di trovare una formulazione capace di dare al popolo il potere effettivo di governare. Fino alla metà del XIX secolo, la democrazia era vista come un obsoleto e antico sistema politico, pericoloso e instabile per le sorti delle comunità. Secondo i filosofi moderni la democrazia aveva funzionato solo ad Atene e nelle città-stato del mondo antico ritenendo che non potesse funzionare nel mondo moderno Noberto Bobbio in Democrazia afferma: "Nella disputa intorno alla miglior forma di governo i classici del pensiero politico moderno, che accompagnano con le loro riflessioni il sorgere e il consolidarsi dei grandi stati territoriali prevalentemente monarchici, sono, almeno sino alla rivoluzione francese, ad eccezione di Spinoza, favorevoli alla monarchia e contrari alla democrazia. Così Bodin, Hobbes, Locke, Vico, Montesquieu, Kant, Hegel". I filosofi moderni concependo il diritto come prodotto del sapere giuridico umano appartenente al metodo matematico, descrittivo e oggettivante delle scienze teoretiche Aristotele divideva le scienze in teoretiche (sapere matematico, fisico, metafisico), pratiche (sapere giuridico ed etico) e poietiche (sapere tecnico e delle belle arti). Il fine delle scienze teoretiche è la verità, quello delle scienze pratiche è la giustizia, e infine delle scienze poietiche è la produzione dell’opera., sostengono erroneamente che la democrazia abbia la certezza di poter giungere alla verità assoluta della legge. In realtà il concetto democratico elaborato dai giuristi moderni secondo cui il diritto può ottenere risultati certi e obiettivi, è valido solamente all’interno di un modello ideale e ipotetico, perché essi sottovalutarono l’assidua sete di certezza propria delle scienze teoretiche scaturente l’indebolimento della democrazia e l’annichilimento del diritto. Viceversa gli studiosi contemporanei appoggiando la nuova e rinata appartenenza del diritto al paradigma delle scienze pratiche, affermano che la democrazia, perché frutto della scienza giuridica, abbia come fine ultimo la ricerca di giustizia ed equità ovvero formulare norme in rapporto ai risultati certi della scienza, e la sua funzione pratica consista nel rendere attuabili quelle norme garanti l'interesse comune dei cittadini in continuo divenire. La vita democratica è una continua ricerca e un ininterrotto confronto su ciò che, per il consenso comune che viene a determinarsi modificandosi nel tempo, può essere ritenuto prossimo al bene sociale. Il fardello delle guerre mondiali alimentato dall’apatia del positivismo giuridico Una tipica formula del diritto positivo è “Dura Lex sed Lex”, Il diritto è legge in quanto è legge., ha indotto lo spirito della coscienza umana a comprendere unanimemente la vera importanza delle potenziali garanzie sociali offerte da una corretta attuazione dei classici principi democratici, in particolare la desiderata convivenza pacifica “Vi sono soltanto due tipi fondamentali di istituzioni: quelle che consentono un mutamento senza spargimento di sangue, e quelle che non lo consentono. […] Personalmente, preferisco chiamare democrazia il tipo di reggimento politico che può essere sostituito senza l'uso della violenza, e tirannide l'altro” Karl Popper. assieme al ricercato sviluppo sociale “La democrazia, come la concepiamo e la desideriamo, in breve, è il regime delle possibilità sempre aperte. Non basandosi su certezze definitive, essa è sempre disposta a correggersi perché tutto può sempre essere rimesso in discussione. Il dogma, le affermazioni definitive e le decisioni di fatto irreversibili, cioè quelle che per loro natura non possono essere ripensate e modificate (come mettere a morte qualcuno), sono incompatibili con la democrazia.” (Gustavo Zagrebelsky).. L’aumento della prosperità economica percepita nell’età contemporanea ha persuaso l’opinione pubblica occidentale a concepire la democrazia come l’amministrazione del benessere Nei primi anni del dopoguerra si diffonde in Europa il concetto attuale di Welfare (Stato sociale) attraverso il quale i principali stati occidentali si impegnano a ridurre le disuguaglianza sociale intervenendo e offrendo servizi, gravanti sui conti pubblici, nel campo dell’assistenza sanitaria, pubblica istruzione, indennità di disoccupazione, accesso alle risorse culturali, difesa dell’ambiente culturale. e il partito come il canale di comunicazione sociale per eccellenza che fin dalle sue origini si è prefissato lo scopo di tutelare e dar voce all’interno delle assemblee legislative nazionali gli interessi comuni dei singoli cittadini. I tradizionali modelli storici di democrazia sono due, democrazia diretta e democrazia indiretta (delegata o rappresentativa), cui s’è inizialmente giunto un altro, la democrazia partecipata. Il primo è il sistema governativo degli antichi, nel quale i cittadini, perché popolo sovrano, sono direttamente legislatori e amministratori del bene pubblico La democrazia diretta è stata tra le prime forme di governo democratico; nasce ad Atena nel 508 a.C. con la riforma promossa da Clistene e conclusa successivamente da Efialte e Pericle. Secondo Jean-Jacques Rousseau la democrazia diretta è la sola forma di governo con la quale il popolo sovrano esprime la volontà generale in quanto critica l'infedeltà dei rappresentanti eletti ed il carattere "degradante" della delega politica ("..nel quale la specie umana è degradata e il nome di uomo è disonorato...)(Contratto Sociale,1762).. Oggi questo sistema non è più possibile se non in piccole società o città Un notevole esempio di democrazia diretta è la brevissima esperienza della Comune di Parigi (1871).. Il secondo è l’ordinamento politico nato in epoca moderna consistente nell’eleggere attraverso elezioni persone che rappresentino il voto popolare. La democrazia rappresentativa è il modello principale del costituzionalismo liberale. La dottrina liberale nasce dalle concezioni giusnaturaliste di Hobbes e Locke come forma di autodifesa nei confronti delle ingerenze provenienti dall’assolutismo dei primi stati nazionali, ed è il frutto di una crescita culturale e antropologica della società moderna. Nella democrazia liberale tutto il potere degli individui è concesso a un unico soggetto, il sovrano, il quale potere è comunque limitato dalla trascrizione dei diritti fondamentali e dalla previsione di strumenti di tutela ai diritti divenuti costituzionali (in primis, riserva di legge e di risoluzione). Per uscire dallo “Stato di natura” ogni cittadino cede la propria sfera personale di libertà a un terzo soggetto, lo Stato, attribuendo a esso il compito di difendere la libertà di tutti i consociati dalle possibili aggressioni e violenze altrui. Il monopolio legittimo dell’uso della forza è concesso dunque dai cittadini allo Stato. Malgrado democrazia diretta e rappresentativa siano due concetti antitetici, le democrazie nazionali odierne presentano nella propria Carta costituzionale un sistema misto di democrazia diretta e rappresentativa. L'Italia, ad esempio, è una repubblica parlamentare (ovvero a democrazia indiretta) che usa come unici strumenti di democrazia diretta l'iniziativa popolare, la petizione e il referendum e offre ai cittadini la libertà di candidarsi per diventare rappresentanti, qualunque sia il loro stato sociale Ex art 1, art 75, art 71, art 50, art 51 Costituzione Italiana.. I due sistemi democratici presenti armonicamente nel nostro ordinamento nazionale evidenziano entrambi una serie di limiti partecipativi relativi alla presenza politica dei cittadini. Il potere decisionale del cittadino è stato fortemente indebolito riducendosi oggi a dare la propria legittimazione, tramite le elezioni, a una classe politica ristretta interessata alla propria autoconservazione e sempre meno rappresentativa. Al fine di colmare questo deficit partecipativo, da qualche anno, studiosi, movimenti e singoli cittadini stanno riflettendo sulle possibilità di far compiere alle nostre forme di democrazia un passo avanti attraverso l’elaborazione di un prototipo intermedio che tenga conto degli aspetti positivi dei due sistemi tradizionali. Il nuovo modello della “democrazia partecipata” propone di far collaborare attivamente allo sviluppo e all’elaborazione della vita politica e sociale della propria comunità, piccola o grande, le associazioni dei cittadini riconosciute e non La democrazia partecipata nasce a Porto Allegre, la capitale dello Stato di Rio Grande du Sol (Brasile) nel 1989 e si realizza attraverso l’attivazione di nuovi istituti di decisione(nel caso di specie, il più importante è il bilancio partecipativo; ossia la gestione diretta da parte dei cittadini di una quota del bilancio dell’Ente Locale) che affiancano gli istituti di democrazia delegata. In Italia, il Bilancio partecipato ha visto una decisa diffusione, soprattutto nei comuni dell'Italia centrale (Arezzo, Massa, Modena, Parma, Pescara, Reggio Emilia) dalla fine degli anni '90. In molte realtà locali, però, il Bilancio partecipato è stato spesso anticipato o sostituito dal Bilancio sociale, che pur favorendo il contributo dei cittadini, ne limita la concreta incisività poiché spesso è presentato a consuntivo.. I cittadini dunque secondo le concezioni teoriche della partecipazione popolare diretta, contribuiscono in modo incisivo alle decisioni dell’amministrazione pubblica e la comunità all’interno di questo sistema prende parte per mezzo di assemblee e incontri pubblici esprimendo osservazioni esortanti e pareri vincolanti. Prescindendo dai recenti interventi legislativi a favore dell’introduzione di meccanismi democratici diretti, il principio di rappresentanza è da sempre il motore della moderna democrazia parlamentare. Il parlamentarismo è la principale forma pratica della democrazia rappresentativa nella quale la delegazione della volontà popolare è affidata tramite elezioni politiche al Parlamento e ai suoi membri che eleggono con differenti procedure Governo e Presidente. La democrazia contemporanea si manifesta similmente alla moderna, ereditando dai suoi meccanismi la piena affermazione del principio maggioritario, secondo il quale le decisioni parlamentari devono essere prese dalla maggioranza e la minoranza deve conformarsi alle decisioni della prima. Il potere Legislativo sovrastando quello Esecutivo fa si che il Governo nasca o muoia in Parlamento grazie al voto di fiducia o sfiducia. La sovranità popolare è presentata come un potere collettivo e inviolabile e non supporta l'esistenza di un interesse collettivo prestabilito, raggiungendo tale considerazione soltanto quegli interessi che lo stesso popolo decide come tale. “Crisi della rappresentanza” significa il crollo di quel modello che presuppone la possibilità di costituire la volontà comune di tutti i membri tramite una delega bianca conferita dagli associati a un unico individuo. IL PARTITO POLITICO Il termine partito nell’uso politico compare la prima volta all’epoca dei comuni tardomedievali, quando nel Trecento la lotta per il potere generava continue divisioni in gruppi o parti A Firenze e molte altre città durante l’età dei comuni, il termine partito faceva riferimento alle parti politiche caratterizzate dalla divisione tra fazione Ghibellina e Guelfa.. Il concetto moderno di partito quale forma istituzionale legata a una base ideologica, si afferma con l’avvento della seconda rivoluzione industriale scaturente il processo di massificazione. Il movimento socialista tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX giocò un ruolo fondamentale nella formazione dei moderni partiti di massa. I partiti di massa sono complesse organizzazioni burocratizzate che adottando il modello centralistico e gerarchico dello Stato e della fabbrica fordista Secondo la concezione dei partiti Kelseniani di Kelsen., si erano dotati di tecnici abilitati e determinati a rappresentare vaste fasce della società e di collegarle con le istituzioni. Pertanto si propongono di farsi concretamente portatori della volontà, degli interessi e delle prospettive di una classe sociale o comunque di quote della popolazione, i cui bisogni cercheranno di soddisfare attraverso proposte di leggi. Con la burocratizzazione dei partiti di massa il personale politico, realizzando un ceto professionale autonomo di politici, è diventato un gruppo sociale identificabile sempre più separato dai simpatizzanti elettori in grado di limitare la facoltà di scelta cittadina. Il partito è diventato parte costitutiva dello Stato dimenticandosi la libera, originaria e sincera vocazione comunicativa tra Stato e cittadini. Le democrazie europee recentemente sono entrate in una condizione d’epoca molto ambigua e pericolosa, una condizione d’epoca in cui i connotati principali della democrazia di massa dei decenni centrali nel 900’ sono stati stravolti e annichiliti Entrata in politica di Grillo e Farage.. I partiti politici hanno fagocitato il sistema democratico al punto di parlare di partitocrazia alimentando una crisi di fiducia tra cittadini ed eletti favorente la diffusione dell’idea iconografica “casta politica”. I filosofi tedeschi Cartel party, Katz e Mair, 1996. elaborando il concetto “partito cartello”, rivendicano come esso ormai sia composto dalle stesse entità fisiche che operano in una situazione di semi monopolio e si muovono sul mercato politico con la capacità di creare barriere all’ingresso. La tendenza oligarchica del partito non è un carattere acquisito, non è il punto di arrivo di un percorso svolto, ma si tratta di una caratteristica intrinseca che sta all’origine del partito politico moderno. La formula elaborata da Roberto Michels, “legge ferrea dell’oligarchia”, vuol dimostrare che la dimensione oligarchica è ineliminabile dal destino del partito politico perché essa è imprescindibile dall’assetto organizzativo del partito. Il partito ha bisogno di una struttura organizzativa per adempiere la sua attività di raccogliere la decisione della gente. La massa senza la possibilità di organizzarsi all’interno dei partiti secondo tipiche strutture (milizia, cellula, sezione, comitato), non conoscerebbe altre procedure democratiche idonee a prendere decisioni comuni. Caratteristica essenziale di un qualsiasi assetto organizzativo è la sua matrice oligarchica poiché non è possibile organizzare un modello sociale senza che si gerarchizzi, si stabiliscano dei compiti e si deleghino certe funzioni con vincoli di mandato. Dietro alla necessità di doversi organizzare per aver democrazia sembra nascondersi il profilo mediocre del politico italiano che poggiando la propria attenzione solo agli interessi personali, ha contribuito in maniera netta all’avvento di un piccolo gruppo gerarchicamente sovrapposto che prende decisioni impegnative per gli altri. La fase dei partiti novecenteschi è finita e la nuova linea predominante nella società definita e vista nella “Counter-Democracy” di Pierre Rosavallon è la sfiducia, cioè un sentimento generalizzato segno di diffidenza, disprezzo e ostilità. Il deterioramento del principio rappresentativo si manifesta in ogni aspetto economico, politico e sociale della nostra comunità attraverso un andamento non più prevedibile dei mercati internazionali e una perdita del sentimento di fiducia conseguente a questa sensazione comune d’imprevedibilità. Contro-democrazia non significa negazione di essa e non si tratta di una manifestazione antidemocratica. Rosavallon si riferisce alla nuova forma di democrazia assunta dal popolo quando, finita l’illusione di poter esercitare il potere direttamente influenzando i propri rappresentanti, ripiega sull’esigenza di controllare il potere e difendersi da esso. Contro-democrazia è una tipologia di sorveglianza democratica nella quale la vigilanza del popolo controllore cresce in misura proporzionale al senso di diffidenza. La democrazia positiva, caratterizzata dalla partecipazione dei cittadini al potere, cede il passo a una democrazia negativa di difesa dei cittadini dal potere Si parla di democrazia dell’imputazione e dell’interdizione facendo riferimento alle magistrature che controllano il potere come ad esempio la procura di Savona che nel maggio 2014 ha stabilito il sequestro della centrale elettrica a carbone di Vado Ligure (Tirreno Power) e la procura di Taranto che da anni svolge diverse indagini contro lo stabilimento dell’Ilva.. CAUSE DELLA CRISI L’indecorosa caduta del principio rappresentativo è scaturita da una serie di ragioni: Il parlamento, di fronte al contrasto tra carattere statale degli ordinamenti democratici e dimensione globale dei mercati, della finanza e dei flussi tecnologici, non è più il centro del potere reale riducendosi soltanto in una camera di registrazione di decisioni prese altrove «Fra i due poli si sta consolidando un’asimmetria di poteri – poteri democratici localizzati, di fronte a poteri tecnofinanziari globali – che si risolve in un permanente scacco della democrazia, incapace di assolvere il suo compito primario: mettere in trasparenza e sotto controllo forze e soggetti in grado di condizionare il destino di interi popoli» (p. 23). Non ti Delego, Aldo Schiavone.. Oggi non è vero che lo Stato sovrano sia più forte delle internazionali entità organizzative private. Dietro ai mercati e alle agenzie di rating siedono istituzioni del calibro BCE, FMI, WTO; ossia tecnocrazie non elettive. La politica subordinandosi all’economia delle “corporations” dimostra come oggi esse sono i detentori del potere. Lo Stato spesso è costretto a scendere a patti con i consigli amministrativi delle multinazionali, a fronte di un nuovo rapporto tra pubblico e privato in cui gli elementi di soggettività private sono più forti di quelli di soggettività politica pubblica. Coin Crouch ha coniato la formulazione “postdemocrazia” riferendosi all’attuale sistema presente negli ordinamenti europei che formalmente è ancora democratico, ma in sostanza poggia su processi decisionali che sono stati soppiantati da nuove forme oligarchiche e autoritarie. L’oligarchia si instaura nei regimi democratici mascherandosi e senza mai presentarsi apertamente come un’entità usurpatrice. Non si manifesta ma esiste e si fonda sul denaro, sul potere e sul loro collegamento reciproco: nel sistema finanziario globale il danaro alimenta il potere e il potere alimenta il danaro. Le recenti vicende politiche ed economiche che hanno riguardato il nostro Paese e l’Unione Europea, dimostrano la stretta interconnessione che esiste tra mondo politico-finanziario e la tendenziale predominanza di quest’ultimo sul primo Ne sono un triste esempio le continue pressioni inviate dal governatore uscente della BCE Jean Claude Trichet al governo italiano il 5 agosto 2011 che invitano più volte il Premier Silvio Berlusconi a prendere una serie di misure urgenti per uscire dal crollo economico. La mancanza di autonomia e di potere di scelta sofferta dalla politica italiana, strozzata sempre più dalle incessanti richieste d’interventi legislativi a svantaggio degli interessi dei cittadini da parte delle istituzioni bancarie europee e internazionali hanno comportato nel nostro Paese una crisi politica iniziata nel Novembre 2011 con le dimissioni di Silvio Berlusconi dalla carica di Presidente del Consiglio e sfociata nell’avvento del ‘governo dei tecnici’ con a capo l’economista ed accademico bocconiano Mario Monti.. L’oligarchia finanziaria sa trasformarsi in pressione politica svuotando di senso la democrazia nazionale; non a caso le misure politiche richieste dalle entità internazionali sarebbero possibili solo tramite l’emanazione di decreti legge da parte del Consiglio dei Ministri e successivamente la deliberazione del Parlamento che, in casi come questi agirebbe non più in nome degli interessi nazionali politici quanto piuttosto in nome di quelli internazionali fiscali facendo svanire nel dubbio la valenza del concetto di Sovranità Popolare dello Stato italiano. Negli ultimi vent’anni la politica italiana ha dimenticato il ruolo fondamentale che la discussione ha nella formazione di una decisione. Il parlamento non è più un luogo di predominanza della democrazia deliberativa la cui chiave per arrivare alle decisioni collettive è la discussione argomentata, ma paradossalmente è diventato un luogo di recente affermazione della democrazia aggregativa, la cui esclusiva maggioranza di numero dei deputati alle sedute fa le decisioni. Per i deliberalisti le opinioni dei partecipanti non sono un dato già costituito ma si formano nel corso di oratorie e discussioni argomentative allo scopo che i deputati, durante il lungo iter di formazione di una norma, possano in tempo cambiare idea rendendosi conto delle ragioni altrui. Qui attraverso la tecnica dialettico-contraddittoria, superando ciò che divide a favore di ciò che unisce, si può giungere al "compromesso" che per Kelsen significa reciproca tolleranza e approssimazione all'ideale dell'autodeterminazione R. De Capua, Hans Kelsen e il problema della democrazia, Roma, Carocci, 2003, pp.. La pratica politica odierna consiste diversamente nell’esprimere opinioni e mai le ragioni di queste opinioni. La Globalizzazione è l’epoca dei flussi e la politica a fronte della progressiva uniformazione del commercio, delle culture, dei costumi e del pensiero, non riesce più a gestire gli internazionali traffici economici di capitali e merci, i flussi d’informazione e la circolazione migratoria delle persone. La politica perde il suo carattere indistinguibile di assolutezza e come qualsiasi altro bene è stato risucchiato nel gioco vorticoso del mercato globale. Il processo di globalizzazione iniziato dalla metà del XX secolo ha trasformato il cittadino attivo in un mero consumatore del mercato della politica, che assiste del tutto passivamente a dibattiti politici a lui del tutto esterni, nel quale il suo unico ruolo è comprare al momento del voto l’offerta più allettante proposta dai partiti. I partiti oggi costituiscono mere agenzie elettorali all’interno delle quali il ruolo degli iscritti si limita a celebrare l’acclamazione del leader di turno. Le procedure di elaborazione mediatica sono dirette protagoniste nella creazione dei partiti “pigliatutto I partiti pigliatutto sono denominati nella formulazione originale “Catch all party” da Otto Kirchheimer.”, la cui nuova e caratteristica linea guida operativa consiste nella consapevole riduzione di ruolo alla tradizionale spina dorsale del partito di massa, ossia l’ideologia e l’identità , e nel viscido tentativo dei propri dirigenti di espandere al massimo il seguito elettorale con il più alto consenso possibile attraverso la diminuzione del ruolo del singolo iscritto e l'apertura a nuovi gruppi di interesse. Anche nel ristretto ambito di un'elezione, la partecipazione politica dei cittadini tramite il voto è distorta o manipolata dalla propaganda televisiva agevolando consciamente la formazione di un’opinione pubblica che è sempre meno espressione dell’influenza degli intellettuali e della libera stampa. Nell’era della rivoluzione informatica l’informazione è sempre più un prodotto pianificato e confezionato con le tecniche della pubblicità commerciale. Il politologo Giovanni Sartori creando il concetto “Politica video-plasmata” ha evidenziato quanto oggi il popolo sovrano ragiona soprattutto in funzione di come la televisione lo induce a ragionare. La televisione influenza e condiziona pesantemente il processo elettorale, sia nella scelta dei candidati, sia nel loro modo di combattere la contesa elettorale, sia, infine nel far vincere chi vince Giovanni Sartori nel suo scritto Homo videns, afferma che l’introduzione della comunicazione per immagini attraverso la televisione ha provocato un cambiamento genetico nell’essere umano occidentale che sta stravolgendo il modo stesso di pensare dell’uomo trasformandolo sostanzionalmente in peggio. Secondo Sartori “Un essere che non è più razionale non è più capace di mandare avanti il mondo che ha fino ad ora costruito l’ “homo sapiens”.. Nell’involuzione dei partiti politici i mezzi si sono confusi con i fini: oggi i partiti sono interessati soltanto a vincere le elezioni, quando la vittoria sui “rivali” dovrebbe essere un tramite e non può costituire l’ultimo proposito. A favore della tesi di Sartori interviene il pensiero dell’intellettuale francese Bernard Manin secondo cui la nostra società si è addentrata nella fase della “democrazia del pubblico”, caratterizzata dalla stretta correlazione tra media e politica in quanto i primi hanno il potere di influenzare molto spesso le opinioni e le simpatie politiche dei cittadini cambiando l’immagine morale e umana del singolo politico. Pubblico non vuol dire diritto pubblico, sfera pubblica e non è contrapposto al privato. A fronte della nuova metamorfosi politica, il pubblico sono gli spettatori appartenenti alla democrazia del teatro che applaudono o fischiano l’operato politico attraverso una partecipazione fortemente passiva. In questo contesto i partiti sono elitè che galleggiano su un elettorato mobile non più stabile e con legami effimeri cercano non di fidelizzare il proprio pubblico ma tentano di intercettarne gli umori. Dal sommarsi di queste ragioni nasce l’effetto più grave provocato dal crollo del sistema partitico, cioè l'apatia politica. Il sociologo Ilvo Diamanti fotografando il grado di fiducia provato dai cittadini italiani verso le istituzioni nazionali, analizza lo stato attuale della crisi di rappresentanza il cui baricentro si trova nel disfacimento della forma di partito. Secondo lo studio le strutture pubbliche che godono di più fiducia sono il Volontariato, gli Alpini, i Carabinieri, la Polizia, la Chiesa, la Magistratura(39%), il Comune, le Regioni, lo Stato(18%), le Banche(12%) e il Parlamento(7%). I partiti sono a fondo della classifica, la cui speranza percepita nel 2006 all’11 è scesa nel 2012 al 5,6% e definitivamente nel 2013 al 5% minimo storico. In termini pratici per rendersi conto della situazione attuale in cui viviamo, se dovessimo chiedere a venti cittadini italiani chi di questi fa affidamento alla forma del partito politico solo una risponderà in senso affermativo. A fronte di un processo d’ involuzione ideologico, morale, umano, delle elitè politiche, si assiste alla creazione di una leadership istituzionale mediocre La leadership attuale è obiettivamente inferiore rispetto a gente della prima Repubblica come Togliatti, Nenni, De Gasperi, Berlinguer. che determina la pigra presa di coscienza delle comunità di vivere in un complesso mondo transitivo dominato da incertezza e preoccupazione. C’è un sentimento di sfiducia dei cittadini nei confronti del mondo politico, manifestante il fenomeno dell’astensionismo alimentato dalla percezione comune che i politici vivono in un altro pianeta lontano e migliore rispetto al nostro creando cosi un solco tra rappresentati e rappresentanti. I cittadini si sentono traditi e non tutelati da coloro che hanno contribuito ad eleggere quando gli eletti reagiscono in modo diverso da quanto acclamato in campagna elettorale tradendo le loro promesse e la loro stessa posizione in parlamento (Scilipotismo). Fino a quando il parlamentare o il governante eletto avrà piena libertà morale, autonomia di condotta e nessun obbligo giuridico verso l'elettorato, il trasformismo non è considerato reato. La fattispecie di corruzione esiste fra privato e pubblico ufficiale viceversa non fra due o più parlamentari che sono pubblici ufficiali mentre il reato di voto di scambio sussiste per chi riceve denaro in cambio di un voto, ma non per chi cambiando partito ottiene nuovi incarichi politici. Resta impossibile per la legge valutare le intenzioni, e stabilire se il cambio di appartenenza sia dovuto alla ricerca di una contropartita personale oppure a un percorso che ha portato a un legittimo mutamento di convinzioni politiche. Come disse il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Festival della Politica di Mestre Il Festival è risalente in data 7 settembre 2012, dedicato al futuro dell’Europa e alla crisi del partito., il canale dei partiti sebbene sia stato inglobato nella profonda crisi esistenziale, fiduciaria e morale della politica, è ancora la conditio sine qua non degli ordinamenti giuridici occidentali perché senza esso non può esserci democrazia funzionante e nessuna nuova più vitale democrazia potrebbe nascere dalla demonizzazione dei partiti. Il nucleo del partito è ancora considerato il vaccino per il superamento della depressione rappresentativa e la pietra miliare per la ricostruzione sociale poiché nel deserto dei partiti non possono esservi istituzioni rappresentative operanti che siano in grado di garantire in modo continuo la sopravvivenza del gruppo dalla minaccia esterna e la convivenza all’interno della comunità Questi sono gli scopi del politico attribuiti da Platone nel Sofista, il politico secondo il filosofo greco deve essere un’ abile stratega e tessitore.. Napolitano ha ragione nell’affermare che ciò che in questo momento è assolutamente indispensabile in Italia e in Europa è che i partiti si rinnovino e a tale rinnovamento possono certamente contribuire nuove forme di comunicazione e di partecipazione politica se vi si fa ricorso in modo responsabile e trasparente senza restringere l'attenzione ai partiti già in campo ignorando quindi nuovi movimenti capaci di cogliere sul terreno elettorale delusioni e aspirazioni specie delle più giovani generazioni. BIBLIOGRAFIA BOBBIO L., Appunti tratti dal seminario “Crisi della democrazia rappresentativa e della forma di paritito”, Alessandria, 2014 BOBBIO N., Il futuro della democrazia. Una difesa delle regole del gioco, Einaudi, Torino, 1984 CANFORA L., ZAGREBELSKY.G, La maschera democratica dell’oligarchia, La Terza, Roma, 2014 COSTA P., Appunti tratti dal seminario “Crisi della democrazia rappresentativa e della forma di paritito”, Alessandria, 2014 CROUCH C,. 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