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Christopher Nolan, Un Nuovo Sguardo

2015

Pochissimi registi hanno creato una narrazione così potente e originale da caratterizzare un’intera generazione, ancor meno quelli che si sono imposti nel mercato. Christopher Nolan è con tutta probabilità l’autore più rappresentativo del nuovo secolo. Passato nel giro di pochissimo tempo dalle produzioni indipendenti del cinema inglese ai blockbuster americani con incassi da milioni di dollari. Le sue opere hanno raccolto gli apprezzamenti trasversali di tutta la critica. L’arditezza e la forza dei suoi racconti sono stati tali da farli entrare di diritto nella Storia del cinema. La filmografia di Nolan può essere assunta ad esempio della pro- duzione del nuovo millennio con film che hanno saputo anticipare temi e reinventare generi, a partire da Memento fino ad arrivare Interstellar, passando dalla trilogia del Cavaliere oscuro, The Prestige e Inception. Leonard Shelby, il detective Dormer, Bruce Wayne, Borden e Angier, i due Cobb, Cooper, sono personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nell’anima dello spettatore.

Dipartimento dei Beni Culturali: Archeologia, Storia dell’Arte, del Cinema e della Musica Corso di Laurea Triennale in Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo Christopher Nolan Un nuovo sguardo Relatore Prof. Alessandro Laureando Faccioli Raffaele Morini Matricola 1053463 Anno Accademico 2014-2015 Agli audaci, ai pionieri, ai precursori dei tempi, a tutti coloro che sono andati oltre l’orizzonte, senza di loro non avremmo visto il futuro. L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi. Marcel Proust Indice Introduzione Prima parte Prestigiatore di storie - Vita e opere di Christopher Nolan - Primi anni - Following - Memento - Insomnia - The Dark Knight Trilogy - The Prestige - Inception e oltre Seconda parte Stile, temi e motivi - Rompere e creare regole - Rompere gli schemi - Family - Blockbuster d’autore - Labirinti - Creare nuove regole Terza parte Interstellar - A Brave New World - Origini - La materia narrativa - Un approccio realistico - Influenze culturali - Densità narrativa - Macchine del tempo - Ambizioni - Essere genitori - Solitudine - Il male - La fede nell’uomo - Pionieri Analisi della sequenza: Alfa e Omega "5 Appendici - Filmografia di Christopher Nolan - Scritti e interviste di Christopher Nolan - Tavole Bibliografia Sitografia Filmografia generale "6 Introduzione Nel 2015 Christopher Nolan è stato inserito nella lista delle 100 persone più influenti del mondo stilata ogni anno dal «Time». Michael Caine presenta Nolan con queste parole: From Batman Begins to Interstellar, I did six blockbusters in a row with Christopher Nolan. I don’t think I’ve done two blockbusters in a row with anyone else. I used to call him the new David Lean, but he’s not. He’s the Christopher Nolan. Aside from being a brilliant director, he’s a brilliant screenwriter with an element of surprise and an intelligence that’s quite extraordinary. Just when you think that’s where we’re going, he says, «Let’s go over there». Christopher is very secretive, and each film has a code title. He had us call Inception by the name Oliver’s Arrow. On the set, no matter how hot it is, he wears an overcoat and sips tea all day. You wouldn’t be able to pick him out as the director. There’s no shouting and screaming—he’s a very quiet gentleman. If you get it wrong, you just do it again. It’s like working with a philosopher.1 Pochissimi registi hanno creato una narrazione così potente e originale da caratterizzare un’intera generazione, ancor meno quelli che si sono imposti nel mercato. Christopher Nolan è con tutta probabilità l’autore più rappresentativo del nuovo secolo. Passato nel giro di pochissimo tempo dalle produzioni indipendenti del cinema inglese ai blockbuster americani con incassi da milioni di dollari. Le sue opere hanno raccolto gli apprezzamenti trasversali di tutta la critica. L’arditezza e la forza dei suoi racconti sono stati tali da farli entrare di diritto nella Storia del cinema. La filmografia di Nolan può essere assunta ad esempio della produzione del nuovo millennio con film che hanno saputo anticipare temi e reinventare generi, a partire da Memento fino ad arrivare Interstellar, passando dalla trilogia del Cavaliere oscuro, The Prestige e Inception. Leonard Shelby, il detective Dormer, Bruce Wayne, Borden e Angier, i due Cobb,2 Cooper, sono personaggi che hanno lasciato un segno indelebile nell’anima dello spettatore. Accostandosi, anche per la prima volta, a un’opera di Christopher Nolan si percepisce subito di avere di fronte uno sguardo nuovo, profondamente diverso da quello di qualsiasi altro autore contemporaneo. Con i suoi film ha coniugato con successo cinema d’autore e blockbuster, ardite riflessioni sulla realtà e puro intrattenimento, mostrando a tutti che una 1 Michael Caine, Christopher Nolan, «Time», 16 aprile 2015 http://time.com/3822892/christopher-nolan-2015-time-100/ 2 Sia in Following che in Inception abbiamo un personaggio con lo stesso nome, ed entrambi fanno i ladri. "7 terza via non solo è possibile ma desiderabile ed estremamente funzionale. Oggi Nolan, grazie ai suoi lavori, è uno degli autori con più indipendenza dell’intero mercato hollywoodiano, l’unico a potersi permettere budget da centinaia di milioni di dollari senza dover scendere a compromessi con una casa di produzione. Il cinema di Nolan parla del nostro tempo ma il suo è uno sguardo così profondo da prescindere dalla nostra epoca. Quegli elementi, che consideriamo a noi peculiari, vengono analizzati così minuziosamente da mostrarci gli universali che sottendono. Il suo è un lavoro che vuole andare oltre i confini del cinema, della produzione e del racconto tradizionali. Nolan esplora, immagina, prova continuamente nuovi approcci senza dimenticare il punto di arrivo del suo lavoro: il pubblico in sala. La maestria e la naturalezza con cui riesce a dominare il suo mezzo lascia senza parole. Porsi di fronte all’opera di Christopher Nolan può essere disarmante. A guidare la mia analisi è stato il profondo e sincero desiderio di trasmettere ad altri la bellezza, la bontà e sincerità che ho trovato nel suo lavoro. Le pagine che seguono sono divise in tre parti. La prima è una veloce panoramica sulla carriera e le opere del regista. La seconda, invece, cerca di individuare i caratteri peculiari del suo stile, i temi ricorrenti e i motivi con cui li rappresenta. Particolare attenzione è stata dedicata anche al modo con cui Nolan realizza i sui film dato la forte discontinuità rispetto al panorama produttivo hollywoodiano. La terza, e ultima parte, è un’attenta e dettagliata analisi di Interstellar, un’opera che è punto di arrivo di molte delle riflessioni iniziate nei film precedenti. Al contempo questo film è l’iniziatore di un nuovo corso che esplora argomenti e situazioni fin ora sconosciute a Nolan.3 3 Nelle appendici sono presenti tre documenti che ho ritenuto fondamentale riportare per intero essendo fonti dirette, essenziali per un qualsiasi approccio al pensiero di Nolan, in particolare riguardo ad Interstellar. "8 PRIMA PARTE Prestigiatore di storie Vita e opere di Christopher Nolan I film sono soggettivi, alcuni ti piacciono, altri no. Ma la cosa che per me è assolutamente fondamentale è che quando vado al cinema, pago e mi siedo a guardare un film, voglio sentire che le persone che hanno fatto il film pensino che sia il miglior film del mondo, che vi abbiano riversato tutto e lo amino realmente. Anche se io non sono d’accordo con quello che hanno fatto, voglio sentire la sincerità. E quando non succede, è come se stessi sprecando il mio tempo.4 Christopher Nolan Primi anni Christopher Jonathan James Nolan nasce il 30 luglio 1970 a Londra da padre inglese e madre americana. Secondo di tre fratelli trascorre l’infanzia spostandosi tra Londra e Chicago dove passa interi pomeriggi al cinema a vedere le grandi produzioni hollywoodiane per poi raccontare i film agli amici oltreoceano. Dimostra fin da subito un interesse per le immagini in movimento girando all’età di sette anni piccoli cortometraggi con la Super 8 del padre, a undici sapeva già di voler intraprendere la carriera di regista. Si forma prima al Haileybury and Imperial Service College poi si iscrive all’University College di Londra, che all’epoca offriva ai suoi alunni una Steenbeck per montare i film e telecamere 16 mm. Contrariamente alle aspettative non frequenta un corso impostato sull’immagine, ma preferisce studiare la letteratura che «gli sembrava allora ben più capace di innovare le strutture narrative, superando certe rigidità delle sceneggiature classiche».5 Durante gli anni del college muove i primi passi verso il grande schermo. Diventa presidente dell’Union’s Film Society, gira tre cortometraggi e conosce Emma Thomas, sua futura moglie e produttrice. Il primo lavoro, Tarantella (1989), è un racconto surreale che viene trasmesso anche dalla PBS (Public Broadcasting Service), un’emittente indipendente americana. Il secondo 4 Personal Quotes, «IMDb», 2015 http://www.imdb.com/name/nm0634240/bio?ref_=nm_ql_dyk_1#quotes 5 Matteo Treleani, Christopher Nolan, in «Mymovies», 2015 http://www.mymovies.it/biografia/?r=17035 "9 è Larceny (1995) con cui inizia il sodalizio con l’attore Jeremy Theobald che durerà fino al suo primo lungometraggio. Terzo e più importante lavoro è Doodlebug (1997) il corto in cui Nolan inizia a giocare con i doppi. Siamo in una stanza dove un uomo cerca di uccidere un insetto, per poi scoprire che quell’insetto non è altro che se stesso. Oltre ai chiarissimi rimandi a Kafka, in questi 3 minuti possiamo già cogliere la volontà di giocare con le strutture che governano la storia, in questo caso quelle spaziali. Questo percorso porterà il regista a creare metastrutture narrative in continuo dialogo con il loro contenuto. Following Following è l’esordio al lungometraggio di Nolan. Il budget di 6000 dollari viene speso quasi esclusivamente per la pellicola 16 mm in bianco e nero. Attori e collaboratori sono amici e colleghi del regista che lo aiutano durante il tempo libero. Potendo girare solo nel fine settimana la lavorazione dura più di un anno. Il film esce nel 1998, partecipa a vari festival dove viene accolto con entusiasmo vincendo tra gli altri il Tiger Award al Rotterdam International Film Festival e il Black and White Award al Slamdance Film Festival.6 La storia ruota attorno a Bill, un aspirante scrittore in cerca di idee che passa le giornate a pedinare casualmente delle persone fino a quando non si imbatte in un elegante ladro di appartamenti di nome Cobb che lo coinvolge nel suoi affari. A segnare la storia, un classico quanto efficace noir con tanto di sorpresa finale, è il montaggio non lineare della vicenda. Nolan ci racconta i fatti principali tralasciando i dettagli, che ci rivelano cosa sta accadendo veramente, mostrandoli solo nello scioglimento finale, un assaggio di quello che farà in The Prestige qualche anno più tardi. Qui Nolan inizia a costruire il suo cinema, non ha ancora acquisito la sicurezza narrativa dei suoi film più maturi ma inizia già quell’incessante opera di decostruzione narrativa che arriva fino a Interstellar. Le novità sono già tutte qui, pronte a crescere ed esplodere nei film successivi. Quello che manca è l’intelaiatura, uno schema nella struttura narrativa in grado di mettere ordine alle varie parti, altrimenti slegate tra loro. Basterà aspettare solo due anni per avere un film come Memento, che fa della struttura il suo elemento più significativo. 6Nolan ha inoltre vinto il premio alla miglior regia al Newport Film Festival e il Best Film Feature al San Francisco Film Festival. Following viene proiettato anche ad Hong Kong dove il regista arriva persino a chiedere dei finanziamenti per il suo prossimo film. "10 Memento Raggiunta una certa fama nel circuito festivaliero, Nolan riesce a uscire dall’autoproduzione entrando nel mercato professionale. Memento (2000) è tratto da un racconto breve del fratello Jonathan, Memento Mori, che successivamente collaborerà alla stesura di molti dei suoi film. Il protagonista è Leonard Shelby (Guy Pearce), un uomo che in seguito a un incidente è incapace di assimilare nuovi ricordi. La sua esistenza è vissuta in un eterno presente il cui unico scopo è trovare l’assassino di sua moglie, un certo John G. Per aggirare il suo handicap Leonard escogita un complesso sistema di appunti, foto e tatuaggi con cui ricorda a se stesso chi è e cosa deve fare. A spiazzare lo spettatore non è tanto la condizione del protagonista ma, ancora una volta, l’intreccio della storia. Memento è raccontato al contrario: ogni scena che vediamo è sempre successiva a quelle che vedremo dopo. In questo modo lo spettatore, non sapendo cosa sia accaduto prima, prova la stessa sensazione di smarrimento del protagonista. Il film è un’indagine sulla mente, la memoria e il corpo di Leonard, in pratica su tutto ciò che lo identifica come persona. Dopo qualche scena iniziamo a capire quanto sia facile manipolare Leonard, la pellicola stessa si rivela inaffidabile quanto i tatuaggi e i post-it del protagonista. Lo spettatore è spinto a interrogarsi sui meccanismi della propria mente fino a sollevare dubbi sul testo filmico come mezzo di riproduzione del reale. In Memento i tradizionali schemi narrativi vengono infranti. Il regista proseguirà queste sperimentazioni sul linguaggio in tutti i suoi lavori, anche se non arriverà mai all’arditezza di questo film preferendo soluzioni ibride e più accessibili al grande pubblico. Memento viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia dove diventa fin da subito un caso. All’uscita nelle sale, grazie al passaparola degli spettatori, ottiene un discreto successo commerciale trasformandosi in un cult. Riceve due candidature ai premi Oscar, per la miglior sceneggiatura originale e il miglior montaggio, senza riuscire a vincerne nessuno. Con quest’opera Nolan esce dal cinema indipendente imponendosi all’attenzione del grande pubblico e di Hollywood. Sono i primi passi verso un percorso che nel giro di pochi anni lo porterà al centro del sistema produttivo americano. Insomnia Dopo il successo di Memento, Nolan viene salutato come una rivelazione e tutti sono ansiosi di vedere la sua nuova opera. In molti si aspettano un film originale che ricalchi i temi e motivi che l’hanno portato alla ribalta della scena internazionale. Nolan spiazza tutti e accetta di dirigere per la Warner Bros. il remake di un thriller svedese.7 Insomnia (2002) è solo il suo 7 Insomnia (1997) di Erik Skjoldbjærg "11 terzo lungometraggio e ha già la possibilità di lavorare con attori del calibro di Al Pacino, Robbie Williams, Hilary Swank. Il rischio di trasformarsi in un mero esecutore incapace di imporre la propria visione è dietro l’angolo. Nolan tuttavia ha idee molto chiare su quello che vuole ottenere da questo progetto. Prende fin da subito in mano la sceneggiatura facendo sua la storia, creando piccole sfumature, lavorando sui dettagli, complicando e ampliando il materiale di partenza. Il film che ne esce è molto più intenso, incisivo e complesso dell’omonimo svedese. Will Dormer (Al Pacino) è un famoso e rispettato detective che viene chiamato in Alaska per risolvere l’omicidio di una giovane ragazza. In un agguato teso all’assassino, Will uccide il suo collega Hap, non capendo se accidentalmente o meno. Walter Finch (Robin Williams), il colpevole, assiste a tutta la scena e ricatta Dormer facendo emergere gli scheletri dall’armadio del detective. Da questo momento inizia per Will un tormento interminabile aggravato dal sole di mezzanotte che gli impedisce di dormire. Nolan trasforma le sicurezze del film originale nelle insicurezze e nei dubbi che affliggono i suoi personaggi . L’immagine fredda e cristallina del cinema nordico si trasforma in una luce plumbea, ampliata ulteriormente da una leggera sovraesposizione della pellicola. Il sole di mezzanotte e la nebbia impenetrabile dell’Alaska diventano veri e propri personaggi, perfetti controcampi visivi del tormento (la luce) e dei dubbi (la nebbia) del detective Dormer. A dominare l’interesse del regista sono i paesaggi della mente con cui Nolan porta avanti alcuni dei sui temi più cari come la vendetta, l’angoscia, il confine tra illusione e realtà, andando nelle zone d’ombra dove la semplice divisione tra bene e male perde di significato. Nolan ci consegna un sottile thriller psicologico combattuto con arguzia tra due menti e attori superbi. The Dark Knight Trilogy Appena saputo che la Warner Bros. voleva rilanciare il franchising di Batman Nolan si mette subito al lavoro per ottenere il progetto. I primi materiali che presenta alla Warner fanno subito capire la diversità del suo approccio. Nolan vuole allontanarsi dalle atmosfere pop e gotiche di Tim Burton e Joel Schumacher a favore di una rappresentazione più realistica, cupa e drammatica. Proprio per prendere le distanze dai film precedenti Nolan propone un reboot dell’intera saga azzerando completamente la narrazione e facendola partire dall’inizio. Batman Begins esce nel 2005 e sarà il primo capitolo di una fortunatissima trilogia. La sceneggiatura, come in tutti capitoli successivi, si basa sulla tradizione apocrifa dei fumetti ad opera "12 di autori come Frank Miller, Alan Moore, Dennis O’Neil e Jeph Loeb.8 Il racconto del primo capitolo si concentra sugli anni giovanili di Bruce Wayne dove vengono esplorati i traumi e i fatti che lo portano a diventare Batman. Nolan compie scelte coraggiose che lo distanziano molto dal genere: riduce al minimo gli effetti in CGI preferendo la live action, si preoccupa di creare un universo credibile, introducendo tematiche rimaste finora sconosciute che fanno assomigliare Batman più ad un vigilante che ad un supereroe. Infine, cosa mai vista in un cinecomic, Batman compare solo dopo un’ora di proiezione. Ad interessare Nolan non è tanto la figura del supereroe ma sopratutto quella di Bruce Wayne, l’uomo dietro la maschera. Bruce è il vero perno su cui ruota e avanza tutta la saga nolaniana, Batman non ha nessun potere se non la sua ricchezza. Cristian Bale interpreta un uomo insicuro, incapace di trovare la sua strada e affrontare le sue paure. Batman Begins raccoglie un ottimo successo di critica e di pubblico portando Nolan per la prima volta in testa al botteghino con un incasso di 370 milioni di dollari. Nel 2008 esce il secondo capitolo The Dark Knight. Nolan porta avanti il percorso intrapreso con Bruce Wayne, questa volta ad attenderlo non ci saranno solo le sue paure ma il caos fatto persona. Il Joker porta Batman sull’orlo della sua dissoluzione trasformandolo in un Cavaliere oscuro costretto a scendere a patti con i propri principi. Il viaggio che Nolan ci propone va ancora più in profondità del capitolo precedente creando una narrazione corale dove i vari personaggi si contrappongono in modo sempre nuovo. Il tema del doppio assume qui un’importanza centrale, alla maschera di Batman vengono contrapposte quelle del Joker e di Due Facce. I travestimenti sono innumerevoli da quelli dello stesso Joker che diventa infermiera, poliziotto e clown a quelli di Bruce, Alfred, Gordon e Rachel che indossano maschere di menzogne davanti ai loro cari per proteggerli dal dolore. Joker destabilizza l’intera narrazione, sorprendendo lo spettatore con la sua inventiva e brutalità. Bruce dovrà dare fondo a tutte le sue capacità per sgominarlo, il prezzo che pagherà per farlo sarà pesantissimo. A costruire la storia intervengono tanti altri temi come quello dell’inganno, la pazzia, il caso, l’anarchia. Un labirinto di personaggi, fatti e situazioni tenuto insieme da un sapiente montaggio parallelo. La narrazione potente e densa, il ritmo sincopato, la magistrale interpretazione di Heath Ledger nei panni del Joker fanno di quest’opera il più importante film supereroistico di tutti i tempi. «La regia di Nolan è un’infinita, vertiginosa sorgente d’invenzioni filmiche e formali, capace di scandire un mondo rigidamente codificato con il grimaldel8 Tra le opere a cui Nolan si è ispirato per la sua saga ricordiamo: Batman: Anno uno di Frank Miller, Batman: Il lungo Halloween di Jeph Loeb, Batman: The Killing Joke di Alan Moore, Batman: La vendetta di Bane e Batman: Sfida al demone entrambi di Chuck Dixon, Il ritorno del cavaliere oscuro di Frank Miller e infine la saga di Batman: Knightfall. "13 lo del linguaggio». 9 Questa pellicola ha saputo andare oltre il confine del genere creando un’opera senza tempo e nel tempo, il nostro, raccontandone i mali, le paure e le speranze. Al botteghino The Dark Knight supera il miliardo di dollari e viene osannato dalla critica. Dopo tanto successo sembra davvero difficile poter creare una continuazione all’altezza. La trilogia si chiude nel 2012 con The Dark Knight Rises che, sebbene non raggiunga gli apprezzamenti del capitolo precedente, ne è una degna conclusione. Nolan, reduce dalla regia di Inception, crea una narrazione altrettanto sofisticata dove i salti spazio-temporali a cui ci sottopone il montaggio sono davvero ardui. Di fronte a noi abbiamo uno scenario molto diverso da quello dei capitoli precedenti. Sono passati otto anni dalla morte di Harvey Dent, Bruce Wayne non si fa più vedere in città, tutti i criminali sono rinchiusi ad Arkham: Gotham sembra non avere più bisogno di Batman. Sullo sfondo però si addensano nubi scure, è in arrivo una tempesta che riporterà alla luce fantasmi sepolti nel passato. Il nemico questa volta è Bane, nuovo volto della Setta delle Ombre, che dopo appena un’ora di film mette fuori gioco Batman e getta Gotham nell’anarchia più totale. Il resto della pellicola è una faticosa risalita dagli abissi, la storia di una città e un uomo che perdono tutto, persino la loro identità per poi poterla ritrovare. Una perfetta chiusura, densissima di collegamenti ai film precedenti, che porta a compimento il percorso di Bruce Wayne, ora finalmente libero dalle sue paure e capace di iniziare una nuova vita lontano da Gotham e dal suo passato. The Dark Knight Trilogy ha ridefinito le regole del genere imponendo uno sguardo realista nel cinecomic. Gli effetti speciali live action, come le ricostruzioni dal vero, i modelli in scala e i trucchi ottici, prendono il posto del green screen per creare immagini più coinvolgenti e realistiche. Acquista nuova importanza la psicologia dell’eroe, non più cavaliere incorruttibile ma un uomo nel cui animo si celano mostri più spaventosi di quelli che deve combattere. Il Batman di Nolan ha dato l’inizio ad un revival dell’intero genere, fagocitando una grossa fetta del cinema mainstream e non. Al di là di alcune prove interessanti (Chronicle, Watchmen), all’orizzonte non si è visto ancora nessuna opera in grado di raggiungere la stessa profondità e potenza della trilogia nolaniana. The Prestige Dopo il successo di Batman Begins Nolan propone un suo progetto alla Warner: la trasposizione di The Prestige dall’omonimo romanzo di Christopher Priest. Spesso trascurato nella sua filmografia, The Prestige (2006) è forse il film più personale di Nolan. La vicenda ruota at9 Massimo Zanichelli, Christopher Nolan, Il tempo, la maschera, il labirinto, Edizioni Bietti, Milano, 2015 pag. 138 "14 torno alla sfida di due illusionisti, Robert Angier e Alfred Borden. Entrambi desiderosi di raggiungere l’immortalità attraverso la fama, applicano anima e corpo in questo intento, fino a sacrificare la loro stessa vita. Come ha ben sottolineato Leonardo Gandini, con The Prestige Nolan mette a fuoco «il DNA del cinema […]: l’esorcismo della morte e la duplicazione».10 Attraverso la lotta tra i due illusionisti Nolan instaura una profonda riflessione sulle origini del cinema e sulle sue peculiarità più profonde. Gli spettacoli di magia, insieme a decine di altre attrattive come la lanterna magica, il Mondo nuovo, lo zootropio, il teatro ottico e quello delle ombre, affollavano le fiere di fine ottocento e sono i diretti antenati delle proiezioni cinematografiche. Per parlare del cinema Nolan non ne racconta l’origine ma la sua preistoria, il mondo da cui ha preso forma. L’intero film, diviso in tre atti come un numero di magia (la promessa, la svolta e il prestigio), è un inganno adoperato ai danni dello spettatore costretto a scorrere la pellicola alla ricerca di quegli indizi in grado di dargli la soluzione del puzzle. A stupire non sono i fatti in sé, quanto il modo in cui vengono raccontati: la narrazione è la più grande arma che un regista abbia a disposizione. Con The Prestige Nolan si dimostra ancora una volta un ‘prestigiatore di storie’ in grado di dominare ogni aspetto del suo mezzo, consegnandoci una narrazione densa, ingegnosa ed elegante. Inception e oltre Dieci anni dopo Memento Nolan torna al cinema con un soggetto totalmente originale. Un film meditato ed elaborato da tempo, che non ha voluto girare prima di aver raggiunto l’autonomia e le capacità produttive necessarie. Dopo l’enorme successo di The Dark Knight, riceve dalla Warner un budget di 160 milioni per realizzarlo. Inception (2010) ha per protagonista un altro ladro di nome Cobb, lo stesso nome del personaggio di Following. Cobb tuttavia è un ladro molto particolare: estrae informazioni dal subconscio entrando nei sogni delle persone. Nolan mette in scena un racconto sull’onirico dandogli la profondità di un libro di Borges e l’azione di un film di 007. La costruzione della pellicola, per quanto complessa, è impeccabile. In Inception motivi più cari al regista prendono dimensioni esponenziali. I labirinti, l’incertezza del reale, l’identità, formano un’intricatissima rete di incastri e scatole cinesi. Come The Prestige anche Inception può essere letto in chiave metacinematografica. La squadra di Cobb è organizzata come produzione cinematografica: Cobb è il regista, Arthur è il produttore esecutivo, Arianna è lo scenografo, Eames è l’attore, Saito è lo studio e Fischer è il 10 Leonardo Gandini, Il DNA del cinema in Roy Menarini (a cura di), Cinema senza fine, Un viaggio cinefilo attraverso 25 film, Mimesis, Milano, 2014, pag. 93 "15 pubblico. 11 L’intero film è un tentativo di innesto allo spettatore al quale viene instillata l’idea che la realtà che lo circonda non è reale, una cosa molto simile a quello che accade nel film. Ecco dispiegata in tutta la sua grandezza la potenza del cinema, capace di intrattenere e far sognare ma, più di ogni altra cosa, cambiare il nostro sguardo sulla realtà. Inception è probabilmente il film più riuscito di Nolan in grado di creare una narrazione perfettamente chiusa in se stessa e al contempo ricchissima di rimandi. Lo sguardo di Nolan è sempre critico, multiforme, perfettamente conscio del mezzo con cui lo veicola. Il regista vuole farci riflettere sulla natura stessa del cinema, dei sogni, della nostra realtà, mostrandoci come queste tre componenti siano talmente simili da poter essere confuse. Inception vende biglietti per più di 800 milioni di dollari, un’impresa ragguardevole visto il tema inusuale. La conquista e il distacco da Hollywood può dirsi finalmente compiuto. Dopo aver chiuso la saga del Cavaliere oscuro nel 2012, Nolan continua il percorso iniziato con The Prestige e Inception. Non dovremmo aspettare molto prima che la manipolazione dello spazio-tempo narrativo si traduca in un tentativo che rispetti la fisica del nostro universo. Per spingersi ai limiti delle nostre quattro dimensioni la destinazione non poteva che essere lo sconfinato spazio interstellare. Interstellar è l’ultimo capitolo di un ideale trilogia che Massimo Zanichelli ha chiamato «dell’eterno ritorno».12 Nolan indaga il tempo nelle sue varie forme come metro narrativo (The Prestige), percettivo (Inception) e umano (Interstellar). Tuttavia la quarta dimensione rimane per il regista soprattutto uno strumento fondamentale per l’arte cinematografica. Con questi racconti Nolan ci mostra che il tempo, se ben utilizzato, è in grado di ingannare non solo lo spettatore ma la morte stessa. Oggi Nolan è un punto imprescindibile nel panorama cinematografico mondiale, ogni suo film è atteso da milioni di persone. La Warner ha trasformato il regista stesso in un franchising cinematografico. Con solo nove film all’attivo è stato in grado di imporsi con racconti e immagini fuori dall'ordinario riscrivendo generi (The Dark Knight Trilogy) e inventandone di nuovi (Inception, Memento). Il suo è un modo di intendere e fare il cinema diverso da ogni altro. 11 Jeff Jensen, 'Inception': Behind the scenes of a movie about movies and the mind of its maker, «Entertainment Weekly», 24 luglio 2010 http://www.ew.com/article/2010/07/24/behind-the-scenes-of-inception-a-movie-about-movies %25e2%2580%2594and-the-mind-of-its-maker 12 Massimo Zanichelli, Christopher Nolan, Il tempo, la maschera, il labirinto, Edizioni Bietti, Milano, 2015 pag. 231 "16 SECONDA PARTE Stile, temi e motivi Rompere e creare regole Dunque lo stile è una forma, ma una forma quasi naturale, organica, che partecipa dello Zeitgeist e riflette lo spirito della collettività concentrato in un individuo.13 Vincenzo Buccheri, Lo stile cinematografico Jameson nella sua Logica culturale del tardo capitalismo individua nell’oggetto artistico postmoderno quattro caratteristiche:14 - mancanza di profondità a favore di un’estetica della pura superficie; - lo stile è assente mancando una soggettività forte; - nell’indebolimento della prospettiva storica, tutto è schiacciato nel presente; - all’arte è negato qualsiasi orizzonte interpretativo, relegandola a pura sensazione. Questi quattro punti ci consentono di vedere per antitesi quanto il lavoro di Nolan si discosti dal panorama cinematografico contemporaneo: - I racconti e i personaggi che Nolan ci mostra sullo schermo vengono da molto lontano. Essere profondi significa andare all’origine delle dinamiche e delle questioni per poter poi tornare indietro e dire qualcosa di nuovo che nessun altro ha ancora detto. Ciò non vuol dire che l’aspetto visivo venga ignorato, anzi. Al contrario di altri che concentrano l’attenzione solo sulle immagini, Nolan tocca questo aspetto solo dopo un lungo processo che parte dai nodi profondi della vicenda. Nei suoi lavori ogni elemento che vediamo sottende sempre un’idea e una riflessione. - The Prestige, The Dark Knight Trilogy, Inception, Interstellar prima di essere dei blockbuster con incassi da milioni di dollari sono film di Christopher Nolan, con tutta la forza di un autore che è in grado di imporre la propria visione nel mercato. Le sue opere sono un’autentica espressione dalla sua personalità, del suo io, in altre parole del suo stile. 13 Vincenzo Buccheri, Lo stile cinematografico, Carocci, Roma, 2010, pag. 18 14 Fredric Jameson, Postmodernismo, ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, Fazi, Roma, 2007 (ed. orig. Postmodernism, or, the Cultural Logic of Late Capitalism, Duke University Press, Durham,1991) "17 - Se scorriamo rapidamente la filmografia di Nolan potremmo pensare che la sua poetica si occupi solo dell’oggi e non saremmo molto lontani dal vero. La contemporaneità è sempre stata una sua cifra caratteristica, tuttavia il presente che ci racconta non è mai a se stante, slegato dal passato o incurante del futuro. Basterebbe citare The Prestige o parlare di come la trilogia del Cavaliere oscuro getti continuamente ponti sul passato, in Interstellar poi vedremo quanto è importane e decisivo per Nolan il confronto con la Storia. In fondo se si vuole davvero raccontare cosa succede oggi è indispensabile sapere cosa è successo ieri. - Le sensazioni e le emozioni che lo spettatore prova di fronte alla pellicola sono sempre veicolo verso i contenuti del film e mai fine a se stesse. Nolan riempie continuamente le immagini di significato, interpreta e fa sua la realtà che lo circonda, così come deve fare lo spettatore quando si pone di fronte a una sua opera. Interpretare dopotutto significa tradurre in termini intelligibili qualcosa di oscuro e complesso, il che sembra essere proprio la sua missione. Quello di Nolan è uno sguardo nuovo che si traduce in una continua invenzione visiva e narrativa. Vediamo allora quali sono gli elementi che costruiscono il suo stile, quali i temi che affronta e i motivi con cui li rappresenta. Rompere gli schemi Nolan ha sempre avuto una naturale predisposizione a infrangere le regole. Fin dai suoi primi film ha sempre disatteso le aspettative del pubblico tanto da costruire su questo parte del proprio successo. Nel fare un remake di un film o il reboot di una saga sono i punti di discontinuità a dare valore e forza alla nuova opera. Non rispettare le regole tuttavia non significa non conoscerle. Ogni allontanamento dalla norma, che sia dentro il film o nella sua produzione, è una scelta consapevole e ragionata che punta a portare lo spettatore là dove il regista vuole che sia. Facciamo un esempio: si sono scritti fiumi di inchiostro su Memento, ma in pochi sono stati in grado di sottolineare l’elemento più significativo, tanto era semplice e naturale. La fabula raccontata al contrario permette a Nolan l’impossibile: immedesimare lo spettatore in un protagonista senza memoria. Sebbene sia una rottura del piano narrativo, non appare come tale allo spettatore, completamente irretito nel giogo del regista. Rompere gli schemi implica un impegno: creare qualcosa di migliore di ciò che si è distrutto. Una sfida costantemente ricercata e fin ora quasi sempre vinta. "18 Family Scorrendo velocemente la filmografia del regista anche l’occhio più distratto noterà che molti nomi sono una presenza costante. Emma Thomas, che ha prodotto tutti i suoi film dai tempi di Doodlebug, è diventata sua moglie. Suo fratello Jonathan collabora costantemente nella stesura delle sceneggiature. I legami familiari tuttavia non finiscono qui. Lo zio John Nolan compare in alcuni ma non trascurabili ruoli,15 i cugini Miranda Nolan e Tom Nolan hanno delle piccole comparse. Anche i figli fanno la loro parte: Oliver Nolan è la neonata figlia di Alfred Borden in The Prestige, Magnus Nolan è il piccolo James Cobb in Inception e la sorella, Rory Nolan è la bambina che guarda l’esplosione atomica in The Dark Knight Rises, Flora Nolan invece veste i panni di una migrante in Interstellar.16 Uscendo dalla ristretta cerchia dei familiari, la collaborazione più lunga e proficua è sicuramente quella con Michael Caine, presente in ben sei dei nove lungometraggi diretti dal regista. A volte si ha l’impressione che i ruoli e la storia siano state appositamente elaborate per far entrare Caine nel cast. Altro attore che ritorna nella filmografia nolaniana è Christian Bale, interprete di Bruce Wayne nella trilogia del Cavaliere oscuro e Alfred Borden in The Prestige. Lo stesso si può dire per molti altri interpreti come Marion Cotillard, Joseph Gordon-Levitt e Anne Hathaway. Passando al comparto tecnico le cose si fanno, se possibile, ancora più drastiche. Famosa è ormai la collaborazione tra il direttore della fotografia Wally Pfister che ha girato tutti i film di Nolan ad eccezione di Interstellar.17 La sua fotografia è uno dei tratti più distintivi del cinema nolaniano: immagine nitida, colori ricchi, ombre profonde. «Nolan ha un uomo dietro la macchina da presa che sa esattamente come catturare le immagini che descrive, e Pfister ha un regista appassionato come lui di uno specifico modo di fare cinema».18 Film dopo film, Pfister e Nolan sono cresciuti insieme, artisticamente e tecnicamente. Da una fotografia modesta come quella di Memento alle sfida di Inception, con sequenze entrate a pieno 15 In Following è il detective che conduce l’interrogatorio, nella trilogia del Cavaliere oscuro è un membro del consiglio di amministrazione della Wayne Enterprise. 16 Nolan gira i sui film sotto falsi titoli di produzione che includono i nomi dei figli: ‘Flora’s Wedding’ (Batman begins), ‘Rory’s First Kiss’ (The Dark Knight), ‘Oliver’s Arrow’ (Inception), ‘Magnus Rex’ (The Dark Knight Rises), ‘Flora’s Letter’ (Interstellar). 17 Collabora con Nolan dai tempi di Memento mentre prima la fotografia era curata dallo stesso regista. Per Interstellar Nolan ha dovuto affidarsi a Hoyte Van Hoytema visto che Pfister ha preferito debuttare come regista in Trascendence. 18 Ian Buckwalter, The Reason Christopher Nolan Films Look Like Christopher Nolan Films, «The Atlantic», 23 luglio 2012 http://www.theatlantic.com/entertainment/archive/2012/07/the-reason-christopher-nolan-films-look-likechristopher-nolan-films/260087/ "19 titolo nella storia del cinema. Quello del direttore della fotografia è un lavoro importante, anche se spesso relegato ai margini e fuori dai riflettori dei red carpet. È grazie a questi professionisti che registi e correnti artistiche hanno trovato gli strumenti per esprimere le loro poetiche.19 Se Pfister cura l’immagine del film, a comporre la colonna musicale troviamo prima David Julyan (Doodlebug, Following, Memento, Insomnia, The Prestige) e poi Hans Zimmer (The Dark Knight Trilogy, Inception, Interstellar), con il quale il regista ha stretto una profonda e proficua collaborazione. Anche qui la sperimentazione musicale, il sound pastoso e profondo, attraversato da linee melodiche semplici, hanno creato il ‘marchio di fabbrica’ della loro collaborazione.20 Il primo lavoro su Batman Begins, al quale a partecipato anche James Newton Howard, ha influenzato molta musica del decennio. I toni cupi, la commistione tra orchestra classica e strumenti elettronici, sono oggi ampiamente usati nel panorama hollywoodiano. Zimmer e Nolan non hanno creato niente di nuovo, piuttosto portano al grande pubblico una tendenza che era ai margini del panorama musicale. I lavori successivi sulla colonna sonora proseguono queste sperimentazioni formali. Per realizzare il tema del Joker in The Dark Knight sono state utilizzate solamente due note che si sovrappongono l’una sull’altra creando una tensione interminabile. Il suono, stridulo e sgradevole, è stato ottenuto con un’unica e tesissima corda di violoncello. In Interstellar Zimmer porta dentro lo spartito musicale rumori ambientali. Usa il vento legandolo alle canne di un organo, un’ottima soluzione formale per un film che vuole coniugare epica e intimismo. Infine il tema di Inception è forse una delle intuizioni più geniali della loro collaborazione. Il regista, per ragioni estetiche e di contenuto, vuole inserire Non, Je Ne Regrette Rien di Edith Piaf nel film. La canzone, utilizzata come ‘calcio’ nei vari livelli del sogno, viene rallentata del 70% e fatta risuonare da un’intera orchestra da Hans Zimmer creando il movimento di apertura del film (Half Remembered Dream). Il testo della canzone, «No, non rimpiango niente! Né il bene che mi hai fatto né il male, tutto questo mi è indifferente», esprime perfettamente il rapporto tra Cobb e la sua ex moglie Mal. 21 Nel sogno inoltre il tempo scorre molto più lentamente che nella realtà, esattamente come la musica che ascolti19 A tal proposito può vedere Vision of Light di Arnold Glassman, Todd McCarthy e Stuart Samuels dove attraverso interviste ai più famosi e influenti direttori della fotografia del 900 si ripercorrono le orme di un lavoro tanto nascosto quanto importante. 20 Matt Patches, Brothers in BRONG: How Hans Zimmer and Christopher Nolan Make the Boldest Scores in Hollywood, «Grantland», 7 novembre 2014 http://grantland.com/hollywood-prospectus/brothers-in-brong-how-hans-zimmer-and-christopher-nolanmake-the-boldest-scores-in-hollywood/ 21 Per ironia della sorte Marion Cotillard, che interpreta Mal in Inception, appena quattro anni prima aveva interpretato ne Le vien en rose proprio Edith Piaf, la cantante del brano. "20 amo. Nolan e Zimmer con questa intuizione formale agiscono in profondità nel testo filmico, creando una perfetta coerenza tra forma e contenuto. Altro nome significativo è il montatore Lee Smith chiamato per la prima volta in Batman begins, da cui Nolan non si è più separato. I montaggi serrati che lo hanno reso famoso nascono anche da questa collaborazione. L’elenco potrebbe proseguire ancora molto, dal direttore degli effetti visivi Paul Franklin, il primo a visualizzare un buco nero scientificamente accurato, allo scenografo Nathan Crowley che ha creato le architetture, gli ambienti e gli oggetti di scena di molti suoi film. La scelta di lavorare con un gruppo omogeneo e costante ha permesso a Nolan di confezionare prodotti molto ben riconoscibili. È il suo stile, ma anche quello della crew che ha messo assieme. Questo approccio mette sia il regista che i suoi collaboratori in una posizione privilegiata. Da una parte Nolan conosce i pregi e difetti della troupe, permettendogli di accentuare o attenuare aspetti specifici, dall’altra gli artisti e i tecnici sanno molto bene cosa il regista si aspetta da loro. In tutto questo si crea un generale clima di fiducia che mette ogni persona nelle migliori condizioni per lavorare. È davvero difficile nelle grandi produzioni mantenere il controllo su ogni aspetto del film, lasciando al contempo che ogni componente del team possa dare il suo originale contributo al progetto.22 La scelta di Nolan di affidarsi alle stesse persone, riducendo al minimo il numero dei collaboratori, permette di andare incontro a entrambe le esigenze creando una sorta di famiglia allargata. Ritorna al centro l’idea di cinema inteso come un prodotto artigianale collettivo ideato e guidato dal regista. Un altro punto fermo per Nolan è il suo totale rifiuto a girare in digitale: per lui un film deve essere girato in pellicola. L’immagine granulosa e ricca di dettagli della superficie fotografica è una parte imprescindibile della sua estetica.23 Una scelta che è in profonda controtendenza rispetto al mercato. Oggi la maggior parte dei film è girata in digitale, non solo per l’abbattimento dei costi e le facilità nella lavorazione, ma perché girare in digitale permette di inserire gli effetti in CGI, ormai onnipresenti, direttamente nel file master. Qui andiamo a toccare un altro punto importante. Nolan gira ogni ripresa dal vero, riducendo al minimo l’uso della computer graphics. Questa scelta parte da un assunto molto chiaro: se si vuole coinvolgere lo spettatore bisogna immergerlo il più possibile nel mondo del racconto. Il digi- 22 Nolan non gira mai con una seconda unità me segue personalmente ogni ripresa del film. 23 A tal proposito si guardi il documentario di Christopher Kenneally Side by Side dove attraverso una serie di interviste ai maggiori cineasti contemporanei si indaga l’incontro/scontro tra il cinema analogico e quello digitale. Tra gli intervistati troviamo: Cameron, Lynch, Rodriguez, Scorsese, Boyle, Fincher, Soderbergh, e lo stesso Nolan. "21 tale, da una parte ci avvicina alla realtà dandoci immagini molto definite, dall’altra ce ne allontana con la CGI creando figure piatte e artificiose. Scegliere di affidarsi agli effetti in live action permette sia all’attore che allo spettatore di immergersi in uno scenario reale e di maggior impatto emozionale. Nolan persegue questo realismo della rappresentazione privilegiato il formato IMAX al tradizionale 35mm anamorfico.24 Questo formato offre una qualità dell’immagine di gran lunga superiore allo standard 4k digitale. L’IMAX viene proiettato in apposite sale con schermi molto grandi e impianti audio di qualità superiore. Una scelta opposta rispetto al mercato che invece preferisce affidarsi al 3D. Nolan ha sempre rifiutato di girare in stereoscopia criticando la bassa qualità e luminosità dell’immagine, aspetti che lui invece ritiene essenziali per una buona visione del film. Vediamo quindi che la scelta di affidarsi alla pellicola, non solo è coerente con il suo modo di lavorare, ma risponde a precise esigenze estetiche. Per difendere la propria visione ha dovuto combattere non poco. La Warner ha fatto parecchie pressioni perché The Dark Knight Rises fosse distribuito anche in 3D per aumentare i profitti sul singolo biglietto. Il rifiuto di Nolan è stato categorico, addirittura per Interstellar la Paramount ha posticipato la sua conversione al digitale per poter produrre il film. Dobbiamo dire che, grazie anche all’opera di Nolan, la foga della terza dimensione ora si è notevolmente affievolita. Molti registi che prima si erano buttati su questa tecnologia ora preferiscono girare in IMAX. Nel giro di qualche anno, sulla scia del successo di The Dark Knight e Inception, il 70mm è passato da ricercato e costoso formato per documentari e parchi di divertimento a punta di diamante delle produzioni di hollywoodiane. Mission: Impossible - Ghost Protocol, Star Trek Into Darkness, The Hunger Games: Catching Fire, fino al prossimo Star Wars: The Force Awakes sono solo alcuni dei film che hanno scelto di girare alcune sequenze in IMAX. Sarà interessante vedere cosa accadrà in futuro. La capacità di imporre le proprie scelte, come quella del formato con cui girare e distribuire la propria pellicola, ci dimostrano come Nolan abbia un invidiabile controllo sui suoi lavori. La grandissima maggioranza dei registi, anche quelli più affermati, fanno fatica a 24 IMAX, da Image MAXimum, è un sistema di ripresa e proiezione cinematografico che utilizza come supporto una pellicola con fotogrammi a 15 forature grandi 70mm e disposti orizzontalmente. L’obiettivo di questa tecnologia è quello di aumentare considerevolmente la risoluzione che passa da un equivalente digitale di circa ≈6K della pellicola 35mm ai ≈18K dell’IMAX 70mm. Questo formato di ripresa è estremamente costoso, difficile da lavorare e distribuzione avendo bisogno di strutture appositamente dedicate. Le sale IMAX hanno schermi alti almeno 16 metri e il pubblico grazie alla maggiore risoluzione può stare molto più vicino allo schermo. Le poltrone sono solitamente disposto in una sala con forte pendenza creando un muro di fronte allo schermo. In questi modo, complice anche l’aspect ratio molto basso, l’angolo di visione dello spettatore va praticamente a coincidere con quello dello schermo. L’immersione nel film è totale. Sito ufficiale: imax.com. "22 difendere le proprie idee. Per realizzare i suoi progetti Nolan ha fin da subito avuto bisogno di grandi quantità di denaro e un apparato produttivo in grado di sostenerlo. Per ora ha sempre avuto l’ultima parola, il final cut, su ogni suo progetto. Questa indipendenza è stata coltivata nel tempo, essenzialmente attraverso tre strategie. Per prima cosa Nolan, insieme alla moglie Emma Thomas, ha creato una società di produzione, la Syncopy Films,25 per co-produrre tutte le sue pellicole e avere il controllo diretto dei finanziamenti. La Syncopy, inoltre, è proprietaria di tutti i diritti cinematografici delle opere originali di Nolan. Questo ha permesso ai Nolan di porsi di fronte alle mayor in una posizione privilegiata e di avere sotto controllo ogni fase della produzione del film. Il suo è un percorso intrapreso da molti altri registi come Spielberg, Lucas, Scott che hanno la loro società di produzione. La seconda strategia che Nolan mette in atto grazie all’aiuto della moglie è un intelligente gestione dei finanziamenti. Emma Thomas ha capito molto presto, come ha dichiarato in un’intervista su «Rolling Stone», che «Se dai una scusa alla casa di produzione per mettere le mani sul progetto lo hai perso. L’abbiamo visto accadere. Nel momento in cui superi il budget, perdi il controllo creativo che un regista ossessivo come Chris ha bisogno. Lui è sempre molto strategico su questo». Per realizzare sia Inception che Interstellar è stato utilizzato meno denaro di quanto ottenuto a inizio produzione. Nolan ha così restituito alla Warner una sostanziosa somma di denaro, permettendogli di avere un’ulteriore arma se quest’ultima lo spingesse ad apportare qualche modifica al film.26 Infine Nolan, da quando è stato chiamato per dirigere Insomnia, ha sempre lavorato con la Warner Bros. Tra il regista e la casa di produzione si è formato un rapporto saldissimo, che non è stato scalfito nemmeno dalla tragedia di Aurora dove la Warner ha fatto quadrato intorno al regista e al film.27 Quando poi Nolan ha manifestato l’intenzione di dirigere la sceneggiatura di Interstellar, scritta dal fratello per la Paramount, ha fatto in modo che la Warner entrasse a far parte del progetto. Quest'ultima per ottenere i diritti di distribuzione internazionali ha ceduto alla Paramount i diritti di due franchising, Friday the 13th e South Park, andando contro molti suoi interessi. La rinuncia ai ricavi sicuri, consistenti e duraturi di due saghe già avviate per un film originale di Nolan, ci mostra quanto sia impor25 Il nome Syncopy deriva da sincope termine medico per indicare una perdita di coscienza transitoria. Il logo è un vero labirinto in cui dalla prima lettera, attraversando tutta la parola, è possibile uscire nell’ultima. 26 Alcuni no che Nolan ha imposto alla Warner hanno fatto il giro della rete come il rifiuto di pulire il suono in alcune sequenze di The Dark Knight Rises e Interstellar dove nelle proiezioni di prova alcuni spettatori lamentavano di non comprendere bene i dialoghi nelle sequenze d’azione. Il suo no più duro è sicuramente il rifiuto di dirigere un sequel della trilogia del Cavaliere oscuro. 27 'Dark Knight' Director Christopher Nolan Calls Aurora Shooting 'Unbearably Savage’, «Rolling Stone», 21 luglio 2012 http://www.rollingstone.com/movies/news/dark-knight-director-christopher-nolan-calls-aurora-shooting-unbearably-savage-20120721 "23 tante per la Warner averlo con sé. L’insieme di queste tre cose, avere una propria casa di produzione, il controllo dei costi e la fiducia della Warner, fa di Nolan uno dei pochi registi ad entrare in uno studio con un’idea e uscirne con 200 milioni per realizzarla.28 Blockbuster d’autore È davvero sorprendente la quantità e la qualità del materiale che Nolan mette assieme nei suoi lavori. Riesce a maneggiare materiale estremamente complesso e ottenere al contempo una narrazione chiarissima. La facilità con cui inserisce in un singolo racconto una gran quantità di riflessioni e rende questi contenuti accessibili al grande pubblico, è qualcosa che non si era mai visto al cinema, non a questi livelli almeno. Il lavoro su Batman ne è un esempio paradigmatico. Nolan prende un’icona della cultura pop per trasformarla in un Cavaliere Oscuro, quello di Miller e Moore, ma anche il suo Bruce Wayne, l’uomo dietro la maschera tormentato dai fantasmi della mente. Un’icona perfettamente aggiornata allo stato dei tempi, che esorcizza e mette in scena i timori e le speranze del nuovo millennio. Riuscire a mettere assieme il meglio del cinema mainstream con quello d’autore è possibile solo se si ha una grande consapevolezza del proprio mezzo. Il cinema è un’arte ma anche un prodotto inserito all’interno di un mercato e che, pertanto, per incassare deve soddisfare le esigenze del pubblico. Profondamente conscio dei destinatari della sua opera e del sistema economico che lo sostiene Nolan sente continuamente la necessità di confrontarsi con lo spettatore, come nel cinema classico, dove quest’ultimo è sempre al centro della narrazione. Questo è forse uno dei motivi per cui i sui film ottengono sempre una buona risposta dal pubblico. Nolan fa entrare lo spettatore in un universo complesso ma si preoccupa di prenderlo per mano, senza lasciare nulla al caso. Quello di Nolan è un cinema molto personale, ma che non dimentica il sistema produttivo e i destinatari della sua opera. La più grande attrazione del cinema nolaniano sono sempre i suoi racconti. La storia è il fulcro centrale da cui si irradiano tutte le decisioni successive, l’adesione delle immagini ai loro contenuti è costante. Basti prendere un suo qualsiasi film per vedere come tutto sia finalizzato al racconto: è quasi impossibile trovare sequenze o immagini fine a loro stesse. Il suo non è un cinema che trova la forza nella superficie dell’immagine, ad attrarre e sedurre è quello che accade dentro. Nel sottotesto dei suoi film si nasconde sempre un universo di temi e motivi, il rischio di questa ricchezza è quello di portare lontano il pubblico. Eppure in ogni 28 Tom Shone, Christopher Nolan: the man who rebooted the blockbuster, «The Guardian», 4 novembre 2014 http://www.theguardian.com/film/2014/nov/04/-sp-christopher-nolan-interstellar-rebooted-blockbuster "24 sequenza ci troviamo di fronte a un punto, delimitato nello spazio e nel tempo, intimo e personale, dove tutte le spinte narrative trovano una sintesi quasi miracolosa. Pensiamo al momento in cui in Interstellar Murph capisce che il fantasma della sua stanza era suo padre. I libri che cadono, il codice morse, le coordinate della NASA, le mietitrebbie impazzite, il drone fuori controllo, l’orologio, tutto trova il suo posto. Tuttavia non è il semplice incastro di un film poliziesco, a creare quel momento e quell’intuizione concorrono moltissimi altri elementi: le parole di Cooper sull'essere padri, «Quando diventi genitore sei il fantasma del futuro dei tuoi figli», la testardaggine di Tom di rimanere alla fattoria, il legame profondo che lega Murph a suo padre, impossibile se Cooper non avesse lasciato la NASA, infine il viaggio dell’Endurance, maledetto da Cooper e da sua figlia, con tutti quegli incidenti senza i quali non avremmo avuto un lieto fine. Intorno a questo momento orbita l’intero film ma non ne sentiamo la pesantezza o la presunzione, è tutto perfettamente logico e naturale. Per quanto possa essere complesso l’universo narrativo che abbiamo di fronte in Nolan, al centro di tutto rimane ben saldo lo spettatore. Labirinti Ogni regista ha un suo modo di girare, una sua estetica dell’inquadratura. Nolan non sfugge a questa regola. Sicuramente uno degli elementi che lo ha distinto fin da subito è il montaggio. Una narrazione sostenuta che gli permette di trattare storie complesse e ricche di contenuti. Temi, idee e personaggi tuttavia non rimangono schiacciati e trovano il tempo e lo spazio per aprirsi e svilupparsi. Le vittime di questo processo sono i tempi morti e i passaggi di scena, quasi sempre immediati, costringono lo spettatore a salti notevoli: un momento prima la scena è in India, quella successiva a Gotham. Nolan non mostra mai più di quanto sia necessario. Il montaggio non è solo veloce ma si articola in modi sempre nuovi: Memento è una storia montata al contrario, Inception il racconto in parallelo di cinque livelli di realtà, in The Prestige e Following flashback e flashforward si rincorrono tra loro, Interstellar gioca con spaziotempo del nostro universo, il montaggio non fa altro che inseguire il registra. All’inizio può essere disorientante ma si percepisce subito la tensione generata sul piano narrativo. La grande mole di informazioni che lo spettatore deve gestire in Nolan è il motivo per cui, appena si finisce un suo film, si sente subito la necessità di guardarlo di nuovo, per andare a cercare quello che prima ci era sfuggito. Lo spazio e il tempo sono elementi centrali in Nolan, anche se la sua tendenza è sempre quella di farli esplodere. La narrazione lineare è superata da un complesso intreccio che non "25 risponde più alle leggi della fisica ma a quelle della mente. Le distanze sono annullate da un taglio di montaggio. Parigi, Los Angeles, Hong Kong, Mombasa, Londra, Tokyo sono tutte raggiungibili in un attimo. È lo spazio virtuale della rete che abbatte ogni distanza e confine. Nolan rappresenta la nostra contemporaneità dove siamo allo stesso tempo ovunque e da nessuna parte. Lo sfondo dove si sviluppa la storia è una parte essenziale per accedere ai contenuti della pellicola, in particolare le architetture intese come spazio artificiale costruito dall’uomo che ordina il mondo in base alle sue idee. Pensiamo ad Inception dove l’ambiente del sogno è generato dalla nostra mente, i palazzi e le città che vediamo sono diretta emanazione del nostro subconscio. La natura è spesso fuggita, combattuta e Nolan trova nella città, spazio antropocentrico per eccellenza, lo scenario ideale. L’ambiente urbano costituisce lo fondo di tutti i suoi film ad eccezione di Interstellar, dove la terra, lo spazio, i pianeti che incontriamo sono luoghi inospitali che mettono a dura prova l’esistenza dell’uomo. A fare da contraltare allo spazio c’è la quarta dimensione della nostra realtà. Il tempo è, forse, l’elemento più misterioso e inseguito dal regista. Per lui è tutto: la chiave del suo cinema, delle sue storie, lo strumento attraverso cui ingannare e stupire lo spettatore. «Il tempo» come ci ricorda Amelia in Interstellar «è relativo, può allungarsi e restringersi ma non può scorrere all’indietro». Nolan, per liberarsi da queste catene, lo percorre come una dimensione spaziale, saltando avanti e indietro nella storia. I suoi intrecci fatti di anticipazioni, cammini a ritroso, ellissi, ci consegnano uno spazio e un tempo esplosi, decostruiti, che lo spettatore deve riassemblare come un puzzle. Quello che abbiamo di fronte tuttavia non è un’immagine caotica e dominata dal disordine. Nolan fornisce allo spettatore tutte le coordinate di cui ha bisogno per muoversi in questa nuova realtà. Memento, The Prestige, Inception, Interstellar sono tutti attraversati da schemi e strutture che non solo sorreggono i temi e la narrazione, ma diventano essi stessi elemento imprescindibile per accedere ai contenuti più profondi della pellicola. Il percorso a ritroso di Leonard Shelby in Memento è tanto nel tempo quanto nella sua memoria. John Cutter all’inizio di The Prestige ci spiega che un numero di magia si divide in tre atti, la promessa, la svolta, il prestigio. Il film si dividerà esattamente allo stesso modo, seguendo le stesse logiche e trucchi del numero di magia. In Inception Cobb e il suo team cercano di inserire un’idea nella mente del loro obiettivo. Nell’inquadratura finale è il regista stesso a instillare nello spettatore il dubbio che il mondo che lo circonda non sia reale, la stessa cosa che Cobb aveva fatto alla moglie portandola al suicidio. Infine Interstellar dove la storia si chiude su se stessa come un cerchio,29 lo stesso che ricongiunge padre e figlia. Memento, The Prestige, In29 A tal proposito si legga l’analisi della sequenza Alfa e Omega. "26 ception, Interstellar sono metanarrazioni che trovano in se stesse la loro giustificazione e dimostrazione. Se spazio e tempo sono i muri con cui Nolan costruisce i suoi labirinti, vediamo ora quali sono i temi che li popolano. Il suo sguardo inquieto è sempre alla ricerca di immagini insolite: città che prendono forma sotto i nostri occhi, onde alte come montagne, wormhole, buchi neri, campi di lampadine. Quella di Nolan è una ricerca di paradossi visivi come mise en abyme, labirinti dove l’occhio dello spettatore si può perdere alla ricerca dei trucchi e delle citazioni che Nolan nasconde nella suo opere, racconti pieni di scatole cinesi pronte per essere aperte. Lo spettatore è libero di scegliere quali elementi mettere assieme, a quali delle tante possibilità credere. La vendetta, l'ossessione, l'inganno, rimorsi, le maschere, i doppi, il confine tra sogno e realtà, sono tutti temi che tornano continuamente. Leonard, il detective Dormer, Bruce Wayne, Cobb, Cooper hanno molto in comune.30 Ognuno di loro è ossessionato da qualcosa, che sia la vita di uno sconosciuto, l’assassino della propria moglie, creare il numero di magia più spettacolare di tutti i tempi, assicurare alla giustizia i criminali, o il desiderio di esplorare l’ignoto. Irrimediabilmente chiusi in loro stessi, i protagonisti di Nolan sono incapaci di dialogare con altre persone, avvolti in uno strato di apatia che li trasforma in reietti della società nonostante ne intreccino le fila. Vivono in una loro personale realtà, quella della loro mente, popolata dai rimorsi e dalle paure. Le circostanze però li costringono ad agire. L’uomo di Nolan è sempre in una posizione estrema, dettata dalle contingenze o volutamente cercata. La sua è una crisi, messa in scena dalle maschere che indossa o dai doppi che rappresenta, una crisi che dal protagonista si estende fino a pervadere l’intero universo narrativo e oltre, arrivando ad intaccarne la struttura. I suoi narratori sono inaffidabili, non capiamo se quello che vedono sia reale o frutto della loro mente. La realtà cede volentieri il posto all’onirico, alla finzione, a dimensioni altre e lontane. Questo rapporto tra sogno e realtà è usato da Nolan per analizzare, ampliare e ridefinire i confini del suo mezzo. The Prestige, Inception e Interstellar sono tutti racconti che indagano il confine del visibile e del narrabile, in altre parole del cinema stesso. Nolan porta alle estreme conseguenze la manipolazione del suo dispositivo chiedendosi cosa sia il cinema e cosa possa fare. Infine eccoci al labirinto, metafora del mondo e immagine della contemporaneità, dentro il quale ogni altro tema si sviluppa. L’idea del labirinto ha sedotto artisti, scrittori e ar30 In molti hanno tra Nolan e suoi personaggi cercando di rintracciarvi parte della sua biografia. Ad eccezione di un furto in appartamento di cui è stato vittima ai tempi del college Nolan, per quanto ci è dato sapere, vive felicemente in compagnia della moglie dei figli. I suoi protagonisti al contrario sono quasi sempre vedovi e alla ricerca dei propri figli. Su questi elementi il massimo che possiamo rintracciare è la paura di Nolan di poter perdere i suoi affetti. Tuttavia nessuno di noi può mai dire cosa si nasconde nell’animo di uomo. "27 chitetti di ogni epoca, un oggetto perfetto su cui cimentare la propria inventiva. Per Nolan il labirinto è insieme un luogo da esplorare e popolare. A formare il dedalo di vie delle opere nolaniane troviamo paradossi visivi e narrativi come la scala di Penrose o il loop del viaggio nel tempo. Le prove più dure rimangono le scelte: come nel labirinto dove dobbiamo decidere quale svolta seguire, nelle vicende dei film i personaggi devono scegliere quale decisione prendere e farsi carico delle conseguenze che questa comporta. I suoi protagonisti sono sempre vittime di questi dedali, che siano quelli della mente (Memento, Inception), della magia e della fama (The Prestige) o dello spazio (Interstellar). Tutti combattono contro il labirinto in cui sono entrati. Cercano la via d’uscita, quella che permetta loro di trovare ordine nel caos e dare senso alle loro azioni. Questo è per Nolan il labirinto: un quesito a cui cercare una risposta. La soluzione è proprio davanti ai nostri occhi, dobbiamo solo avere l’intelligenza di seguire gli indizi sparsi lungo la pellicola. Creare nuove regole In questo capitolo abbiamo visto come Nolan costruisca le sue storie, come le popoli e le racconti. Con il passare del tempo e dei film emerge sempre più chiaramente una sua precisa idea del cinema. Per realizzare questa idea ha dovuto superare convenzioni e abbattere molti muri, sia nel modo di realizzare un film, che in quello di raccontarlo. Al loro posto ha creato nuovi e più funzionali approcci, agili sovrastrutture in grado di piegarsi in base alle esigenze del racconto e della produzione. Ora è possibile rintracciarne uno schema ricorrente in grado di fornirci una più ampia comprensione dell’artista e del suo cinema. Il desiderio di stupire, la volontà di dare al pubblico un racconto che vada più in là del testo filmico, l’ambizione degli intenti, l’inventiva della forma, la forza dei contenuti, l’abilità del racconto e la determinazione nel realizzarlo, sono tutti elementi a cui Nolan ci ha abituato nel corso della sua carriera e dei quali ora non sapremmo fare a meno. Il tempo ci dirà cosa e quanto della sua opera verrà portato avanti nel cinema. I primi e più acerbi frutti si sono già mostrati e aspettano solo di essere raccolti. "28 TERZA PARTE Interstellar A Brave New World Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me. Kant, Critica alla ragion pratica Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango. Cooper in Interstellar Un anno prima prima dell’uscita nelle sale di Interstellar viene distribuito il teaser trailer del film. Su una suite di Hans Zimmer31 ci vengono mostrate alcune immagini della storia degli Stati Uniti: le tempeste di sabbia che negli anni trenta tormentavano le grandi pianure centrali, i primi aerei a superare la barriera del suono, l’uomo che mette piede sulla luna, fino allo Space shuttle che rientra per l’ultima volta sulla Terra. Un trailer molto diverso dal solito, senza quasi materiale originale, dove si vede pochissimo ma si dice molto. Il testo letto da McConaughey è una lettera aperta allo spettatore, una dichiarazione d’intenti in piena regola. Ci siamo sempre contraddistinti per la capacità di superare l’impossibile. E consideriamo quei momenti, quei momenti in cui osiamo puntare in alto, infrangere barriere, raggiungere le stelle, conoscere l’ignoto. Consideriamo questi momenti come le nostre più gloriose conquiste. Ma abbiamo perso tutto questo, o forse abbiamo solo dimenticato che siamo ancora pionieri e abbiamo appena iniziato e che le nostre maggiori conquiste non possono essere alle nostre spalle, che il nostro destino è sopra di noi. 31 Questo pezzo intitolato Day One è stato scritto ancor prima che la produzione del film fosse iniziata. Nolan, che considera la colonna sonora una parte fondamentale del suo cinema, desiderava poter lavorare al film facendosi guidare dalla musica. Chiede dunque a Zimmer una giornata del suo tempo lasciandogli un foglio spiegandogli quello che per lui era il centro emotivo del film: il rapporto padre/figlia. Nessun accenno sul genere o dettagli della trama. La sera Zimmer presenta a Nolan un semplice pezzo al pianoforte che diventerà poi uno dei temi principali della colonna sonora e una sorta di bussola artistica nella lavorazione del film. A tal proposito si legga il testo in appendice sulla colonna sonora di Interstellar. "29 Se Inception è stato un punto di svolta della cinematografia nolaniana, Interstellar è il primo grande salto verso una nuova direzione. Fantasmi, strani fenomeni naturali, fattorie e campi di mais, un futuro distopico, fino ad arrivare ai remoti vuoti dello spazio interstellare, qualcosa di davvero mai visto nel cinema di Christopher Nolan. Origini Il primo decennio del nuovo millennio è segnato dal drastico ridimensionamento del cinema di fantascienza. Gli attacchi dell’11 settembre hanno reso inappropriato questo genere in un momento in cui la realtà aveva superato di gran lunga l’immaginazione.32 Il vuoto, questo abbiamo sentito l’11 settembre, ed è un vuoto durato un intero decennio, un colpo che abbiamo elaborato, esorcizzato, affrontato e infine superato, ma mai dimenticato. Con l’eccezione della nuova trilogia di Star Wars programmata da tempo, non abbiamo significativi film genuinamente inscritti a questo genere. Questo non significa che la fantascienza sia sparita, piuttosto ha cambiato forma. Lasciati da parte astronavi e viaggi nello spazio, pellicole come Minority Report, Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Déjà Vu, Children of Men, Next, Source Code, e lo stesso Inception di Nolan ci mostrano temi e motivi propri della science fiction declinati in modo nuovo, inseriti nella realtà come parte inestricabile di essa. Strumenti e scenari ipertecnologici vengono lasciati da parte per fare spazio alle idee, ai dubbi e alle paure di questo periodo. È una fantascienza che preferisce i meandri della mente a quelli dello spazio. Bisognerà aspettare il 2008 con Wall•E per ridare linfa nuova alle avventure spaziali. L’anno successivo esce Avatar che con 2,7 miliardi sbanca al botteghino spalancando le porte a una nuova stagione per la fantascienza. Escono District 9, Elysium, Oblivion, Moon, ma dovremmo aspettare Alfonso Cuarón, già regista di Children of Men, per avere un film come Gravity, capace di incassare 600 milioni di dollari e vincere sette Oscar. Era dai tempi di The Lord of the Rings che non si assisteva ad un simile trionfo di critica e pubblico. Questo breve excursus ci permette di capire meglio come e con quale forza si inserisce nel panorama cinematografico un film come Interstellar, non solo per il revival artistico e commerciale del genere, ma anche perché diretto da uno dei registi più rappresentativi degli anni Zero. Si ripensi solo alla trilogia del Cavaliere Oscuro per capire quanto Nolan ha innovato e anticipato, non solo il genere, ma il cinema tout court. È riuscito Interstellar ad essere all’altezza di simili aspettative? Molto probabilmente è troppo presto per dirlo. Partiamo quindi dalla 32 Roy Menarini, Il cinema dopo il cinema, Le Mani, Genova, 2010 Leonardo Gandini e Andrea Bellavita (a cura di), Ventuno per undici, Fare cinema dopo l’11 settembre, Le Mani, Genova, 2008 "30 storia, vero cuore pulsante del film, da dove si irradiano i temi, i personaggi e i motivi che lo muovono. L’umanità è sull’orlo dell’estinzione, una misteriosa piaga impedisce ogni coltivazione ad eccezione del mais. Cooper,33 un ex pilota della NASA, si ritrova a fare l’agricoltore insieme a suo cognato e i figli Tom e Murph, che crede di avere un fantasma dietro la sua libreria. Nella fattoria cominciano a succedere cose strane e seguendo segni lasciati dalla gravità, Cooper e Murph scoprono l’ultima base della NASA ancora attiva. Il professor Brand, vecchio amico di Cooper, rivela loro che presto la piaga ucciderà anche il mais. L’unica speranza di sopravvivenza per l’uomo è lo spazio. Brand inviata Cooper a seguire sua figlia Amelia34 in una missione interstellare a bordo dell’Endurance per trovare un nuovo pianeta per l’umanità. Cooper, anche se tormentato dalle sue responsabilità di genitore, alla fine accetta. La missione si rivela un fallimento, i pianeti potenzialmente abitabili sono in realtà trappole mortali. Il penultimo pianeta è quello dove è stato mandato in avanscoperta il dr. Mann che, compreso il proprio destino di morte, cerca di impossessarsi dell’Endurance e scappare, finisce invece per morire e distruggere metà della navicella spaziale.35 Cooper, dopo aver ripreso il controllo dell’astronave, è costretto a staccare il proprio modulo finendo così inghiottito in un buco nero per permette ad Amelia di raggiungere l’ultimo pianeta. Nel frattempo nella terra Murph, diventata assistente del professor Brand, cerca di risolvere l’equazione dei campi gravitazionali che potrebbe permettere all’umanità rimasta sulla terra di salvarsi. Cooper entrato nel buco nero non muore ma finisce in una realtà pentadimensionale attraverso cui può comunicare con la stanza di Murph (era lui il suo fantasma). Scorrendo i vari momenti nel tempo trova il modo di trasmette a sua figlia i dati quantistici del buco nero permettendole così di risolvere l’equazione. Cooper si risveglia in una stazione spaziale dove, lui ancora giovane, incontra Murph ormai prossima alla morte. Padre e figlia si salutano e Cooper riprende il suo viaggio per raggiungere Amelia, rimasta sola in un pianeta sconosciuto.36 33 I nomi sono sempre un fattore importante per Nolan. Cooper in inglese significa riparare. Tra tutti i rimandi possibili, dallo ‘scienziato’ Sheldon Cooper di The Bing Bang Theory al brillante detective Dale Cooper di Twin Peaks passando per l’anziana Rachel Cooper di The Night of the Hunter, il nome del protagonista sembra essere soprattutto omaggio a Gleen Cooper (1953). Autore della fortunata serie di Will Piper, Gleen Cooper mette al centro dei suoi racconti una libreria i cui libri gettano ponti tra passato e futuro, la stessa cosa che accade nel film. 34 Anche qui non un nome qualunque ma quello di Amelia Earhart, l’aviatrice statunitense che dopo vari record morì tentando di attraversare il pacifico sulla rotta più lunga. Una sorta di anticipazione di quello che accade ad Amelia Brand, l’unica ad aver raggiunto il pianeta più lontano nel quale si prepara ad un lungo sonno di ibernazione. 35 In Absulte Zero, un graphic novel che fa da prequel al film, Nolan racconta gli anni di solitudine del dr. Mann. Christopher Nolan & Sean Gordon Murphy, Revealed: The Lost Chapter of Interstellar, «Wired», 18 novembre 2014 http://www.wired.com/2014/11/absolute-zero/ 36 Per orientarsi nei vari segmenti temporali e spaziali che Nolan intreccia nel film si faccia riferimento alla Timeline della Tavola 9 dove attraverso un’opportuna rappresentazione grafica si può cogliere la complessità e l’ambizione della narrazione. "31 La materia narrativa Per me l’esplorazione spaziale è sempre stata l’ultima frontiera. È l’estremità dell’esperienza umana e ci porta a definire il nostro posto nell’universo.37 Christopher Nolan Il progetto di Interstellar, come per Inception, arriva da molto lontano. Scritto inizialmente per Steven Spielberg dal fratello Jonathan Nolan, la storia racconta di una spedizione spaziale per raggiungere un altro pianeta e salvare l’umanità sull’orlo dell’estinzione. L’impressione, leggendo la prima sceneggiatura, è di trovarsi di fronte a un blockbuster ripieno di tutti i cliché del genere: robot fuori controllo, una storia d’amore impossibile, viaggi indietro nel tempo fino a una scena di sesso a gravità zero.38 Un racconto decisamente lontano da quello che ci siamo trovati di fronte al cinema. Nolan riscrive quasi tutta la sceneggiatura trasformando il progetto in qualcosa di più ambizioso e complesso. Alcuni elementi che fanno intravvedere la destinazione iniziale sono rimasti, ma a destare interesse sono le differenze. È su questi punti che possiamo misurare le intenzioni del regista. Il cambiamento più importante riguarda il centro emotivo del film: nella prima sceneggiatura ruotava interamente intorno a Cooper. Nolan decide invece di esplorare il rapporto padre-figlia. È la prima volta che in un suo film il protagonista non è irrimediabilmente chiuso nel proprio io, incapace di comunicare con gli altri e di costruire un rapporto duraturo e sincero, in cui l’unico punto di confronto non sia se stesso o il proprio antagonista. Se prima a muovere la storia erano le spinte interiori, ora Nolan esce allo scoperto per dare forma e profondità ai rapporti umani, mai così importanti come in questo film. Un percorso iniziato con The Prestige e Inception, in cui a muovere la vicenda è il desiderio di un padre di rivedere i suoi figli, lo stesso motore di Interstellar. In Inception non c’è un vero e proprio antagonista, il pericolo più grande è rappresentato dai fantasmi nella mente di Cobb, ombre che prendono la forma della sua ex moglie Mal. Vediamo dunque come la dinamica interiore del protagonista si trasformi in un’analisi del rapporto con la moglie. Il successivo The Dark Knight Rises continua questo percorso, a minare l’azione di Bruce Wayne è la sua incapacità di relazionarsi con gli altri e fidarsi di loro. Alla fine Wayne abbandona il ruolo del vigilante e lascia la città nelle mani dei cittadini per cominciare una nuova vita. Murph e Cooper proseguono questo percorso, si fideranno di una promessa, per quanto impossibile possa essere. 37 Dichiarazione fatta nel documentario The science of Interstellar (2014) di Gail Willumsen 38 La sceneggiatura originale di Jonathan Nolan è disponibile su «Scribd» http://www.scribd.com/doc/186682938/Interstellar-Script "32 Un approccio realistico Se volessimo leggere Interstellar alla luce dell’11 settembre39 le tempeste di polvere non sarebbero altro che l’onda lunga del crollo delle torri. Non è solo la polvere ad averci colpito quel giorno, è stata la forza delle immagini registrate da chi era presente e poi moltiplicate all’infinito dai canali televisivi. Questa immagine in presa diretta, sporca, dichiaratamente vera ha catturato il cinema, compresa la science fiction. Cronicle, Cloverfield, Apollo 18, fino ad arrivare a Europa Report ne sono un chiaro esempio. Interstellar ha un inizio davvero inusuale, nessuno si sarebbe aspettato che un film costato 160 milioni di dollari sarebbe partito con delle interviste ad anziani signori. Ecco la fame di realtà: quella che ha mosso gli anni Zero ed è passata per Gravity fino a ridefinire l’immagine della fantascienza rendendola molto simile a un documentario, una finzione che pretende di essere presa per vera. Di Interstellar colpisce proprio la sua estrema verosimiglianza visiva, scientifica e narrativa, anche se queste ultime due richiedono tempo per essere colte. Nolan lo dichiara fin dall’inizio: «Perché non esaminiamo le possibilità reali? Perché non guardiamo alla scienza ufficiale?».40 Un desiderio che lo ha spinto a volere Kip Thorne41 come produttore esecutivo. Si lavora per creare uno scenario e una storia più vicini possibili alla realtà fisica, spingendo le teorie relativistiche fino a un punto di non ritorno e poi ancora più in là. Tutto questo a un patto: se la materia narrativa fosse diventata troppo complicata per lo spettatore si doveva manipolarla per renderla più intelligibile. Alla fine, anche grazie alle numerose spiegazioni sparse nel film, non è stato necessario. Il design, aspetto decisivo in questo genere, si adegua a questo approccio realistico, rinunciando a scenari e tecnologie invasive per confondersi nello sfondo degli eventi. La storia e la tecnologia che vi compaiono sono inseriti in un periodo storico difficilmente inquadrabile. La fattoria, il pick-up, persino i vestiti e i computer vengono ‘spenti’ dall’interno e sembrano provenire più dal passato che dal futuro. Ogni orpello tecnologico viene accuratamente normalizzato e depotenziato. Si perde nell’immediato il fascino delle nuove tecnologie, ma allo stesso tempo si creano icone, incuranti del passare del tempo. A riprova di questo basti guardare le locandine del film costruite sul profilo di una fattoria, un pick-up e un padre che 39 Roy Menarini, Il cinema dopo il cinema, Le Mani, Genova, 2010 40 Dichiarazione fatta nel making of del film e nella clip Costruire un buco nero disponibile du «YouTube» https://www.youtube.com/watch?v=MfGfZwQ_qaY 41 Kip Thorne è un fisico teorico statunitense specializzato in astrofisica, uno dei massimi esperti della relatività generale e in particolare della gravità. Secondo le sue teorie sarebbe possibile viaggiare nel tempo attraverso wormhole, piegature dello spazio-tempo che permettono di passare da una parte all’altra dell’universo. "33 abbraccia sua figlia (Tavole 1, 2 e 4). Dopo l’uscita del film i fan sulla rete si sono dilettati nel creare poster e materiale originale per celebrare il film (Tavole 3, 5, 6, 7 e 8). Qui ad emergere non sono tanto le sequenze spettacolari del film ma le idee che ne sono alla base come la libreria, il legame tra la terra e spazio, il tempo. Chi guarderà il film fra dieci anni non sarà costretto ad accettare strani oggetti che noi oggi consideriamo futuribili, ma ne coglierà la funzione e il significato in termini narrativi. L’astronave ne è un chiaro esempio. Costruita su linee dure e funzionali, ogni parte dell’Endurance, dalla cabina di pilotaggio ai moduli che la compongono fino ad arrivare alle tute degli astronauti, è un’intelligente commistione tra un’astronave dei nostri giorni e una nave militare.42 Guardando le sequenze nello spazio realizzate attraverso la combinazione di riprese in live action, miniature e computer graphics, insieme ad accorgimenti stilistici, come legare la cinepresa IMAX all’astronave e farla sembrare una GoPro, si ha davvero la sensazione che siano andati là fuori a girare. Nonostante sia un film di fantascienza non c’è nulla che sa di artificioso, sarà davvero interessante vedere fra 20 anni quanto poco saranno invecchiate queste immagini. Un discorso a parte invece meritano i robot: nessuna forma umanoide ma un rettangolo grigio con due schermi altrettanto anonimi e quadrati che trasmettono codici di programmazione. Il monolite nero di 2001 si trasforma in un Marine con uno spiccato senso dell’humour. TARS, acronimo di star (stella), si pone in diretta contrapposizione all’occhio rosso di Hal 9000, ribaltando l’immagine che da allora in poi ha sempre caratterizzato i robot: la possibilità che possano sopraffarci e un giorno sostituirci. La tecnologia in Interstellar non ha nessuna connotazione negativa, il male è annidato in ben altri luoghi. Torniamo invece alle immagini. Quando l’azione si sposta negli spazi interstellari Nolan ci regala immagini difficili da dimenticare: l’attraversamento del wormhole è una delle sequenze più riuscite del film. L’IMAX ci offre una sensazione immersiva davvero stupefacente. Qui Nolan si dimostra ancora una volta un abile compositore di immagini trasformando una sequenza che poteva facilmente diventare un puro spettacolo pirotecnico in un momento topico del film legandolo indissolubilmente alla storia. Nonostante le ricostruzioni grafiche possano sembrare il frutto della genialità del comparto visivo, la realizzazione di queste immagini ha richiesto un impegno e un approccio più ampi. Nel making of del film possiamo vedere come il modello digitale per la rappresentazione del wormhole e dei buchi neri sia ricavato dalle equazioni matematiche di Kip Thorne, il supervisore scientifico e produttore esecutivo 42 L’influenza di film come The Right Stuff e Alien è evidente. "34 della pellicola.43 Paul Franklin, il supervisore degli effetti visivi, ha dovuto inventare nuovi sistemi di rappresentazione e dopo un lunghissimo lavoro di programmazione e rendering il risultato ha lasciato stupefatto lo stesso Thorne, che per la prima volta ha potuto ‘vedere’ un buco nero. Questo risultato ha permesso di far passi avanti anche nella ricerca scientifica, fino alla scrittura di due relazioni sulle lenti gravitazionali: una per la comunità degli astrofisici e l’altra per quella della computer graphics. 44 È ancora fantascienza? Non potevamo essere più lontani dagli effetti caleidoscopi di 2001 fatti di sgargianti linee colorate. Ora abbiamo davanti la rappresentazione della realtà fisica più verosimile che siamo riusciti a produrre. Questo non ci dice solo che la tecnica ha fatto passi da gigante, è cambiato anche il nostro approccio alla realtà, insieme alle aspettative del pubblico. Influenze culturali Sono cresciuto in un’epoca di grande fantascienza, nella quale il sogno di ogni bambino era diventare astronauta, per cui mi hanno sempre attratto le questioni scientifiche e filosofiche riguardanti i viaggi nello spazio. Blade Runner, Star Wars, 2001: A Space Odyssey sono pietre miliari non solo dello sci-fi, ma del cinema stesso. Se oggi il termine ‘film di genere’ è diventato riduttivo è perché spesso ci si riferisce a filoni così codificati da aver perso la forza dirompente che avevano un tempo. Ciò che cerco di fare è creare dei moderni equivalenti che parlino con la stessa potenza di allora.45 Christopher Nolan Per Nolan «la fantascienza non è una fattispecie [del cinema] ma l’essenza stessa».46 Il vero cuore del cinema è la capacità di creare nuovi mondi in cui l’unico limite è la fantasia. La science fiction è il genere che meglio ha saputo interpretare questa vocazione. Fin dai tempi de Le Voyage dans la Lune di Méliès per passare da Frau in Mond di Lang, 2001: A Space Odyssey di Kubrick, Blade Runner di Scott e arrivare a Gravity di Cuarón la fantascienza ha fornito al cinema un terreno fertile e libero per ampliare gli orizzonti narrativi e visivi della pellicola. Nolan per poter portare avanti questo percorso torna indietro e pesca a piene mani dal passato. Interstellar è costruito come un orologio, una macchina di precisione con centinaia di meccanismi collegati fra loro, le commistioni sono talmente tante e il materiale così ricco che 43 Interstellar, Warner Home Video, Blu-ray Disc, 1 aprile 2015 44 Oliver James, Eugénie von Tunzelmann, Paul Franklin and Kip Thorne, Visualizing Interstellar's Wormhole, «American Journal of Physics», 24 marzo 2015 http://dx.doi.org/10.1119/1.4916949 45 Cit. in Angela Bosetto, Il cielo stellato sopra di noi, «Rivista del cinematografo», n° 11 novembre 2014, pag. 30 46 Anton Giulio Mancino, Il fantasma della scienza, «Cineforum», n°540, novembre 2014, pag. 34 "35 non si può dire di aver visto veramente Interstellar se non lo si è rivisto almeno una volta, tra i vari ingranaggi un’infinità di rimandi, influenze, citazioni. Ci concentreremo su quelle principali e più utili ad ampliare le nostre prospettive di analisi. In un’intervista a «Empire» Christopher Nolan cita cinque film che lo hanno profondamente influenzato nella realizzazione di Interstellar. 47 Il primo è 2001: A Space Odyssey. Il capolavoro di Kubrick è un punto di confronto imprescindibile per chiunque si cimenti con il genere, una pellicola che ha saputo capitalizzare il clima culturale di un’epoca, emblematica ne è la data d’uscita, 1968. L’odissea di Kubrick ci riempie di meraviglia ma è un’emozione fredda, non c’è nessun evento che ci scaldi il cuore, è un gioco intellettuale che lascia fuori le emozioni. Qualcuno può giustamente obbiettare che Kubrick non ha bisogno si simili trucchi e ha ragione, qui misuriamo piuttosto una profonda differenza: Kubrick riempie lo spazio di immagini lontane ed eteree, Nolan lo avvicina riempiendolo di umanità, passione e sentimento. Al contrario di chi ha cercato di scimmiottare lo stile di 2001 qui il desiderio di Nolan è riportarne in vita lo spirito esplorando nuovi orizzonti, narrativi e visivi. E se Kubrick poneva domande, Nolan cerca risposte.48 Ecco perché 2001 sarà sempre irraggiungibile: una domanda è perfetta, assoluta, eterna, una risposta invece è un qui e ora, parziale e suscettibile di critica. Il secondo film è The Right Stuff di Philip Kaufman che racconta, con un’attenzione documentaristica, le vicende che portarono un gruppo di piloti americani dall’infrangere la barriera del suono a partecipare alle prime missioni nello spazio. Un film che mostra un desiderio inscindibile dall’essere umano: superare i propri limiti. L’arco narrativo attraversa generazioni perché qui quello che interessa al regista è raccontare la sfida senza tempo che questi uomini incarnano, un elemento profondamente radicato nel sogno americano. Tutto questo filtra in Interstellar andando a connettersi a un universo molto più ampio di temi. È questo film di Kaufman a dare al regista l’azione di cui ha bisogno. Nolan lega ogni sua riflessione alla dinamica emotiva dei personaggi che si traduce in azione narrativa, le parole non sono semplicemente pensate e dette ma agite nella struttura filmica. Prendiamo in considerazione questa frase pronunciata dal dr. Mann prima di svelare le sue vere intenzioni a Cooper: Lei sa perché non potevamo mandare delle macchine nelle nostre missioni, vero Cooper? Una macchina non improvvisa bene. Perché non si può programmare la paura della morte. Il nostro istinto di sopravvivenza è la nostra più grande fonte 47 Dan Jolin, Five Films You Should See Before Interstellar, «Empire», Novembre 2014 http://www.empireonline.com/features/five-films-to-watch-before-interstellar 48 Silvio Danese, Ecce Spazio, «Rivista del Cinematografo», gen.-feb. 2014, pag. 46 "36 di ispirazione. Prendiamo lei come esempio: un padre con un istinto di sopravvivenza che si estende ai propri figli. Per la ricerca sa quale sarà l'ultima cosa che lei vedrà prima di morire? I suoi figli. I loro volti. In punto di morte la sua mente spingerà ancora un po' di più per sopravvivere. Per loro, Cooper. Quella che può apparire una suggestiva riflessione fine a se stessa non è altro che una velata anticipazione del finale. Nolan qui non si limita a descriverlo: lo carica ulteriormente di significato. Questo metodo di lavoro gli permette di affrontare temi complessi rendendoli più accessibili a un pubblico abituato all’azione più che alla riflessione. Il terzo film è Alien. Dei cinque che Nolan cita è quello che più può apparirci fuori posto: non ci sono alieni in Interstellar. Ridley Scott con il suo film ha fatto molto di più che un semplice fanta-horror, ha dato anche una nuova immagine delle navicelle spaziali. Ritorniamo a quelle idee di funzionalità di cui parlavamo, un set sporco, usurato, che ricorda vagamente una base militare più che un’astronave. Anche la luce di Interstellar ne risente distaccandosi fortemente dai film precedenti dovuta anche al cambio del direttore della fotografia. Per la prima volta manca Wally Pfister, con Nolan dai tempi di Memento, che ha preferito dirigere Transcendence. Al suo posto viene chiamato Hoyte Van Hoytema (The Fighter, Tinker Tailor Soldier Spy, Her). La pulizia visiva rimane ma perde quella levigatezza distaccata per diventare più materica e pastosa. I colori si fanno caldi e tendenti all’ocra. Anche le immagini dello spazio ci regalano sfumature inaspettate. Ai toni saturati e bluastri a cui il digitale ci ha abituato viene preferita un’immagine più naturale e sfumata. A colpire di più lo spettatore che ritorna a vedere un film in pellicola è la ricchezza della texture, una superficie pulsante e in continuo cambiamento dove i sali d’argento che la compongono spostano la loro disposizione ad ogni frame. Al contrario, in un proiettore digitale i pixel rimangono fermi creando un’immagine più definita ma anche molto più statica. Ci sono cose che un computer non è in grado di ricreare, e torniamo così ad Alien, dove alla CGI viene preferito un pupazzo in carne ed ossa. Il quarto film che Nolan prende in causa è Close Encounters of the Third Kind, una pellicola che ha segnato profondamente l’immaginario cinematografico. L’America rurale, la piccola comunità cittadina, i fatti strani e inspiegabili che cominciano ad accadere, la curiosità del protagonista che finisce per incappare in un progetto top secret del governo: tutti elementi che sono stati ripresi e rielaborati dal cinema americano49 fino ad arrivare intatti ad Interstellar, pronti per essere utilizzati ancora una volta. A Spielberg si deve il merito di aver preso un genere allora di nicchia come la fantascienza e averlo fatto diventare materia da blockbuster 49 Spielberg con Close Encounters of the Third Kind dà il via a una prolifica serie di film sul sovra naturale che arriva fino a Super 8 di J.J. Abrams. "37 come ha fatto nello stesso anno George Lucas con Star Wars. Entrambi i film si fanno carico di atteggiamenti irrazionali nei confronti della realtà, ma lo fanno in modo diverso. Lucas attraverso la Forza rimanda al misticismo orientale, Spielberg invece lavora sulle emozioni inserendole in una dimensione trascendente che proietta nell’altro il divino.50 Nolan sceglie questo secondo approccio. In lui però l’elemento trascendente non sottende nessuna divinità se non l’uomo stesso. Un cambio di prospettiva che ci mostra come «il film non rimanda solo a se stesso, al suo linguaggio, in rapporto con il passato della sua grammatica, ma rimanda anche a una serie di problematiche attuali di cui la pellicola si fa, consciamente o inconsciamente, portatrice.»51 Il quinto e ultimo film che Nolan cita è Contact. A questa pellicola di Robert Zemeckis Interstellar è legato a doppio filo, non solo perché ritroviamo Matthew McConaughey sul set e Lynda Obst alla produzione. Sembra che Nolan riprenda il personaggio interpretato da McConaughey lì dove lo aveva lasciato Zemeckis per fargli continuare il viaggio come protagonista. Interessanti sono i punti di contatto tra McConaughey e Cooper, entrambi condividono alcune esperienze: hanno superato i 40 anni, crescono dei figli, si sentono inappropriati nel proprio lavoro e vogliono dare una forte sterzata alla loro vita, elementi che del resto li accomunano in parte allo stesso Nolan. Questa ricerca di affinità tra l’attore e il personaggio che interpreta è dettata dalla consapevolezza che l’intera storia funziona solo se il rapporto padre e figlia è credibile. In Contact ritroviamo parte della storia, ad essere ripreso è sopratutto il tema della fede. Zemeckis lo affronta con un afflato religioso tipicamente americano, un film sentito ma che già allora appariva forzato e fuori tempo massimo: se mai dovessimo incontrare una civiltà extra terrestre la religione sarebbe l’ultima cosa a cui penseremmo oggi. Nolan affronta questo tema ma va a pescare nel profondo dello spirito statunitense: la fede come capacità dell’uomo nel determinare il proprio destino. In quest’ottica la preoccupazione per la vita nell’aldilà lascia il posto al futuro delle giovani generazioni. A influenzare e ispirare Interstellar concorrono moltissimi altri film che hanno segnato la storia di questo genere e il nostro immaginario, per esempio non abbiamo parlato di Star Wars, E.T. the Extra-Terrestrial, Solaris, For all Mankind, Blade Runner, The Black Hole. 50 Si legga a tal proposito l’illuminante saggio di Paola Dalla Torre, Sognando il futuro, da 2001: Odissea nello Spazio a Inception, Rubbettino, Soveria Mannelli 2012 51 Ivi, pag. 11 "38 Densità narrativa Durante Interstellar viene più volte citata una poesia di Dylan Thomas che vale la pena di riportare. Non andartene docile in quella buona notte, I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno; Infuria, infuria, contro il morire della luce. Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta. Perché dalle loro parole non diramarono fulmini. Non andartene docile in quella buona notte, Infuriati, infuriati, contro il morire della luce. 52 Dylan Thomas, In Country Sleep, And Other Poems Pronunciato prima dal professor Brand e poi ripresa dal dr. Mann possiamo leggere questi versi in almeno tre modi diversi. Primo. Con questa poesia il professor Brand accompagna la partenza di Cooper, come aveva fatto dieci anni prima per le missioni Lazarus, cercando di infondere una spinta che potesse dar forza e consolazione in un viaggio senza ritorno. Per il professor Brand è una sorta di confessione che cela le sue reali intenzioni. «Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta» è un chiaro rimando al bugia racconta perché Cooper e sua figlia Amelia possano partire. Alla fine diventerà la sua ossessione: «I vecchi dovrebbero bruciare e delirare al serrarsi del giorno». Secondo. Il testo pronunciato dal dr. Mann assume un altro significato. «Non andartene docile in quella buona notte» diventa il grido disperato del suo istinto di sopravvivenza che non vuole rassegnarsi alla morte, sacrificando il futuro dell’umanità per aver salva la vita. Le intenzioni iniziali del professor Brand sono completamente ribaltate: il sacrificio per il bene di tutti si trasforma nell’immolazione dell’intero genere umano. «Infuria, infuria contro il morire della luce» anticipa la sua dipartita e l’estremo tentativo di Cooper di salvare la missione. In quel momento Amelia e Cooper sono consapevoli che la fine non solo della loro vita ma quella dell’intera umanità è a un passo. 52 Dylan Thomas, In Country Sleep, And Other Poems, James Laughlin, Dent, 1952 [Do not go gentle into that good night,/Old age should burn and rave at close of day;/Rage, rage against the dying of the light./Though wise men at their end know dark is right,/Because their words had forked no lightning they/Do not go gentle into that good night.//Good men, the last wave by, crying how bright/Their frail deeds might have danced in a green bay,/Rage, rage against the dying of the light.//Wild men who caught and sang the sun in flight,/And learn, too late, they grieved it on its way,/Do not go gentle into that good night.// Grave men, near death, who see with blinding sight/Blind eyes could blaze like meteors and be gay,/Rage, rage against the dying of the light.//And you, my father, there on the sad height,/Curse, bless, me now with your fierce tears, I pray./Do not go gentle into that good night./Rage, rage against the dying of the light.] "39 Terzo. Cooper farà tutto ciò che è umanamente possibile tornare da sua figlia e salvare non solo lei ma tutti quelli rimasti sulla terra. «Non andartene docile in quella buona notte/ Infuriati, infuriati, contro il morire della luce». Ecco che quella spinta al sacrificio iniziale ritorna, ma è una sacrificio completamente nuovo, consapevole, prima combattuto e infine accettato. Cooper sopravvive ma è dovuto morire come Lazzaro per poter tornare in vita e come per Lazzaro sarà una vita nuova, in un nuovo mondo. La morte per Thomas è un ossessione continua. È fuggita, poi affrontata e combattuta con le armi della sua arte. Interstellar, oltre alla morte, dà adito a molti altri temi cari a Thomas come la sacralità della natura, il ciclo della vita, l’infanzia. Queste poche righe ci mostrano la capacità del regista nel manipolare temi e fonti complesse per poi riportarli a nuova vita all’interno del film. Macchine del tempo Le citazioni letterarie hanno una parte fondamentale in questo film. Ciò che sembra aver più affascinato Nolan nei suoi studi letterari è il superamento della linearità del romanzo a favore di soluzioni più ardite che meglio rappresentano la contemporaneità. Scrittori come Marquez, Woolf, Proust e Joyce fino ad arrivare a DeLillo e Palahniuk hanno ampliato il raggio d’azione del romanzo indagandone la struttura e sperimentando nuovi approcci. Nolan vuole tradurre nel linguaggio cinematografico le loro innovazioni. Il cinema in fondo è rimasto sostanzialmente legato alla struttura classica del racconto con un intreccio che corrisponde in buona parte alla fabula. Opere come Memento o The Prestige pongono lo spettatore davanti a soluzioni narrative inedite e che lo costringono a porsi domande sul dispositivo cinematografico. In Interstellar questo profondo retroterra letterario che prima era rimasto ai margini emerge con forza. La libreria di Murph ha una posizione centrale, non solo per lo scioglimento della vicenda quale mezzo di comunicazione tra Cooper e la figlia, ma anche come elemento simbolico. Quando Nolan deve scegliere come mettere in contatto la terra e gli astronauti dell’Endurance opta per un’immagine video sbiadita e disturbata che sembra provenire da un vecchio televisore a tubo catodico.53 Quando invece deve creare un collegamento tra Cooper chiuso nel tesseratto e la figlia Murph preferisce usare dei libri e un orologio. Se l’orologio è un chiaro rimando alla riflessione sul tempo, l’idea di usare una libreria per comunicare è una brillante metafora sui libri porte di accesso ad altri mondi. Di come, insomma, gli autori si 53 Evidente è la citazione a 2001: A Space Odyssey in cui il protagonista entra in una futuristica cabina telefonica per chiamare la famiglia rimasta sulla terra. "40 fanno inconsapevolmente carico di messaggi che vanno ben al di là della loro opera. Jonathan Nolan in un’intervista a «IGN» spiega perché lui e il fratello hanno scelto una libreria come metafora nel tesseratto. La cosa bella dei buchi neri è che nessuno in realtà sa cosa c’è oltre l’orizzonte degli eventi. Così ci sembrava giusto che la connessione tra esseri umani - il vero tema centrale del film - doveva avere un luogo e una sequenza che gioca con questa metafora. È il rapporto tra noi e i nostri figli, tra noi e i nostri genitori, la fragilità di tutto questo. Non è un caso che sia una libreria il simbolo di questa sequenza del film, perché non c’è simbolo migliore per la trasmissione delle informazioni tra una generazione e quella successiva. Guardate a una qualsiasi libreria di casa, non importa quanto sia modesta, troverete un libro che contiene il sapere o le idee o una lingua che è vecchia di almeno un migliaio d’anni. È l’idea che gli esseri umani hanno creato un meccanismo per il viaggio nel tempo, per lanciare idee nel futuro, il che è un po’ il loro fine. I libri sono una macchina del tempo.54 Evidente è l’intento del regista di trasformare un semplice mezzo in un elemento altamente significante che concorre alla definizione di se stesso.55 Qui i libri che formano e cadono dalla libreria nascondono un sottotesto ricco di significati e rimandi. Quali sono dunque gli autori della libreria di Murph? Nolan in un’intervista a «Wired» 56 cita nove easter egg nascosti nel film, esponendo brevemente il perché della loro scelta: - Ian Banks, The Wasp Factory, «Una volta letto, questo testo è qualcosa di indimenticabile, di stranamente commovente, un terribile racconto di un ragazzino e suo padre in una sorta di isolamento» - T.S. Eliot, Selected Poems, «I concetti di spazio e tempo nella loro massima complessità sono espressi meglio nelle arti che nelle scienze in senso stretto. Per esempio, i Quattro quartetti di Eliot riescono a stimolare interesse e dibattiti al pari di un qualunque testo scientifico» - Stephen King, The Stand, «Uno scenario desolante che però ci ricorda che il nostro punto di vista sugli eventi epocali sarà sempre intimo» - Thomas Pynchon, Gravity’s Rainbow, «Il titolo più elegante. Di sempre» 54 Roth Cornet, Interstellar Writer Jonathan Nolan Gives Us The Scoop On Deep Spoilers!, «IGN», 8 novembre 2014 http://www.ign.com/articles/2014/11/08/jonathan-nolan-interstellar-spoilers 55 Non è certo la prima volta che Nolan compie un’operazione di questo genere, spesso nei suoi film il mezzo è il contenuto. In Inception ad esempio trasforma l’intero film, inteso come mezzo di comunicazione del significato, in una metafora sul sogno. Lo stesso discorso si potrebbe fare per Memento o The Prestige. 56 Jon J. Eilenberg, 9 Easter Eggs From the Bookshelf in Interstellar, «Wired», 2015 http://www.wired.com/2014/11/interstellar-murphs-library/ "41 - Jane Austen, Emma, «Un bellissimo nome per un bellissimo libro (o una bellissima produttrice)»57 - Madeleine L’Engle, A Wrinkle in Time, «La mia introduzione all’idea di più dimensioni, inclusa quella del tesseratto» - Jorge Luis Borges, Labyrinths, «Il nome dice tutto» - L.P. Hartley, The Go Between, «Le esperienze dell’infanzia echeggiano nella vita adulta. Commovente, con una delle più belle frasi di apertura di sempre»58 - Edwin Abbot, Flatland: A Romance of Many Dimension, «Un tentativo molto leggibile e rimarchevole per farci cambiare il modo con cui ora guardiamo il mondo attorno a noi» Basterebbero questi pochi libri per dare spazio a un’ampia analisi sulle influenze, le suggestioni, i richiami che questi testi riverberano sul film. Prendiamo ad esempio il titolo di Hartley, il racconto su un anziano, Leo Colston, che rileggendo il proprio diario ricompone la sua adolescenza. Ci parla dell’estate dei suoi tredici anni passata in una villa di campagna dove suo malgrado è costretto a diventare intermediario (il go-between del titolo) tra due amanti, una ragazza dell’alta borghesia e un bracciante, coinvolti in una relazione impossibile per l’epoca. Quando la storia viene alla luce il giovane amante si suicida. Questo fatto segnerà profondamente Leo per tutta la vita. Il libro si chiude con il ritorno del protagonista, ormai vecchio, alla villa dove scoprirà che c’è ancora qualcuno ad aspettarlo per consegnare una missiva d’amore. Già in questo breve riassunto si possono toccare con mano i punti in comune con Interstellar, ma le suggestioni vanno ben al di là della trama. Ad essere ripresa qui non è solo l’idea di un rapporto a distanza. Il racconto indaga le spinte profonde che concorrono a creare il nostro io. Il rapporto tra infanzia e maturità richiamato nel titolo è il vero cuore pulsante del testo. Esattamente come Leo non è in grado di instaurare una relazione intima sentendosi responsabile per la morte del giovane, Murph interiorizza il senso di colpa per la partenza del padre e solo il superamento di questo blocco permetterà alla storia di procedere e arrivare a una soluzione. Lo straniamento delle emozioni, il rifiuto di costruire un rapporto stabile e significativo con l’altro abbiamo visto essere una delle costanti del cinema nolaniano ad essere state superate in Interstellar. «Ero straniero del mondo delle emozioni» racconta Leo e Nolan nel suo film non fa altro che esplorare questo mondo. 57 Sua moglie, nonché la produttrice di tutti i suoi film, è Emma Thomas. 58 Il libro si apre con questa frase: «Il passato è un paese straniero. Lì, tutto si svolge in modo diverso» nell’origi nale inglese «The past is a foreign country: they do things differently there». "42 A essere significativi in Interstellar non sono solo i libri in se stessi ma anche il luogo dove vengono messi. Quando Cooper colpisce disperato la libreria incapace di fermare la sua partenza da casa, il libro che cade sul pavimento è Flatland. 59 Quale miglior racconto se non questo per rappresentare il tentativo di Cooper di comunicare tra il tesseratto pentadimensionale in cui è rinchiuso e la realtà tridimensionale della camera di Murph? Oltre al contenuto, la posizione e il momento in cui vengono mostrati i testi sono elementi essenziali per comprendere il significato nel panorama del film. La prima inquadratura di Interstellar è una carrellata sulla libreria. I testi sono come una citazione all’inizio di un libro dove possiamo leggere i seguenti titoli: - … Mark Helprin, Winter's Tale (1983) Martin Amis, Time’s Arrow (1991) Ted Morgan, Maugham: A Biography (1980) Isabel Wolff, Out of the blue (2012) Curtis e Dianne Nelson Oberhansley, Downwinders: An Atomic Tale (2001) Gabriel Garcia Marquez, One hundred years of solitude (1967) David Wroblewski, The story of Edgar Sawtelle (2008) Jeannette Walls, The Glass Castle (2005) Peace Corps, A life inspired: Tales of Peace Corps Service (2005) Libro anonimo dal dorso nero J.B. Priestley, The Doomsday Men (1937) T.S. Eliot, Selected Poems (2009) Richard Hooper Pough, Audubon bird guide, Eastern land birds (1949) H.G. Wells,Time Machine (1895) José Saramago, Seeing (2004) Greg Mortenson, David Oliver Relin, Three Cups of Tea (2006) William Shore (a cura di), Louder than words (1989) Janet Fitch, White Oleander (1999) … Già i titoli parlano con immediata chiarezza e possono essere presi anche solo nel loro significato letterale (Seeing, Out of the Blue, Time’s Arrow, The Time Machine) altri invece appaiono decisamente più criptici (Audubon Bird Guide: Eastern Land Birds, Maugham: A Biography). Centrale è anche il tema del tempo (Winter, Time, Biography, One Hundred Years, Life, Doomsday) che non si ferma solo alle parole del titolo ma viene esportato in modi diversi nelle singole opere. Da 59 Flatland è la storia di un quadrato che dopo aver incontrato una sfera cerca di convincere gli altri abitanti del suo mondo bidimensionale dell’esistenza di una terza dimensione. "43 segnalare poi come i libri siano esattamente dodici, un numero carico di significati, divisi in due gruppi da un libro anonimo dal dorso nero. Se dovessimo cercare un elemento che accomuna tutti questi libri probabilmente lo potremmo individuare nella capacità degli autori di cogliere alcuni elementi profondamente umani e perciò senza tempo inserendoli in una forma nuova e audace, perfetta espressione del proprio Zeitgeist. Niente di nuovo, queste sono le caratteristiche di ogni buon libro. Qui ad emergere è il desiderio di Nolan nel legare la sua opera a un universo più ampio, spingere lo spettatore oltre il testo filmico. I libri presenti nel film sono molti di più di quelli che abbiamo citato fin ora. Di seguito una lista60 di tutti i libri a cui è stato possibile risalire partendo dal titolo, autore o a volte persino dall’immagine della copertina.61 Alcuni di questi vengono solo intravisti nel fondo della scena altri invece sono messi in una posizione privilegiata e su questi vale la pena soffermarsi. - Britannica Junior Enciclopedia (ed.1975) - Unabridged Dictionary of the English Language - Laura Ingalls Wilder, Little House in the Big Woods - John Boyne, The Boy in the Striped Pyjamas - Armistead Maupin, The Night Listener - E.B. White, Charlotte’s Web - Sir Arthut Conan Doyle, ? - A. Scoot Berg, Lindbergh - Chad Harbach, The Art of Fielding - Brian Selznick, Wonderstruck - Diana Gabaldon, Drums of Autumn - Lois Lowry, The Willoughbys - James Ellroy, The Big Nowhere - Robert Hughes, The Fatal Shore - Charlotte Armstrong, The Ballon Man - Ayn Rand, The Fountainhead - Frederick Forsythe, The Devil’s Alternative - Herman Melville, Moby Dick - T.S. Elliot, The Waste Land - Carol Gilligan, In a Different Voice: Psychological Theory and Women’s Development 60 Vale la pena qui ricordare il testo che Eco dedica alle liste dove ci racconta la vertigine degli autori e degli artisti di ogni epoca che, nello spazio apparentemente finito di una lista o di un quadro, desiderano raccogliere l’infinito che li circonda. Umberto Eco, Vertigine della lista, Bompiani, Milano, 2009 61 Qui devo ringraziare la comunità di nolanfans.com per l’insostituibile aiuto nella ricerca dei testi. "44 - Tom Perrotta, Little Children - Pearl S. Buck, The Good Earth - Joyce Carol Oates, Gravedigger’s Daughter - Dave Eggers, Zeitoun - John Connolly, The Reapers - Joyce Carol Oates, We Were the Mulvaneys - Louisa May Alcott, Little Women - John Green, The Fault in Our Stars - Peter Jennings, Todd Brewster, The Century - Katherine Dunn, Geek Love - Eva Hoffman, Exit into History: A Journey Through the New Eastern Europe - Gail Goodwin, Flora - Josceline Dimbleby, May and Amy - Kate Mosse, Labyrinth - Redmond O’Hanlon, Trawler: A Journey Through the North Atlantic - Betsy Streeter, Silverwood Due di questi testi, The Willoughbys e The Big Nowhere, vengono messi in una posizione di rilievo. Sono gli unici due titoli che si possono vedere dal retro della libreria. Il primo compare nella sequenza in cui Cooper guarda se stesso abbandonare la figlia. Ricompare poi quando Murph, molti anni più tardi, si chiede chi sia il fantasma nella sua libreria e capisce che è suo padre. The Willoughbys non a caso racconta di quattro bambini che cercano il lieto fine dopo essere stati, forse, abbandonati dai genitori. The Big Nowhere, invece, lo vediamo nel punto di svolta, quando Cooper trova un modo per comunicare con Murph e inizia a trasmettere in codice morse attraverso le lancette dell’orologio. Il libro di Ellroy è un thriller poliziesco a tinte fosche ambientato a Hollywood. Apparentemente, se vogliamo tralasciare il titolo, ha poco a che fare con il film, tuttavia la testardaggine del detective nel perseguire i suoi obbiettivi andando oltre ogni apparente logica ricorda molto quello che Murph dovrà fare. Sempre nella seconda parte del film un altro testo appare chiaramente in più di un inquadratura. È The Stand, romanzo post-apocalittico scritto da Stephen King. La fine della nostra civiltà e della nostra specie risveglia in ogni scrittore il desiderio di esportare i meccanismi che fondano e regolano il nostro vivere comune. The Stand racconta di un virus creato in laboratorio e andato fuori controllo. In meno di venti giorni la quasi totalità del genere umano si estingue, i pochissimi superstiti formano due comunità distinte che presto iniziano a fronteggiarsi. I due gruppi sono ben consapevoli che questo scontro li può rendere i padroni in- "45 contrastati del pianeta o portarli al completo annientamento. Nella storia, come in Interstellar, entrano in gioco forze misteriose pronte a proteggere l’uomo da se stesso. Gli scenari postapocalittici e distopici come questo hanno conosciuto sempre più fortuna nell’ultimo decennio, sia nella carta stampata che al cinema. Interstellar raccoglie molto di questo retroterra culturale e risponde alla domanda che il libro nel finale pone al lettore: può l’umanità imparare dai propri errori? King risponde con un laconico «Non lo so». Nolan sembra essere più ottimista. Le citazioni letterarie prendono anche altre forme. Ad esempio il buco nero di Interstellar è chiamato Gargantua un riferimento ai libri di François Rabelais La vie de Gargantua et de Pantagruel, una satira della società del tempo scritta sotto forma di racconto fantastico. Dai nomi dei due protagonisti Gargantua e Pantagruel derivano due aggettivi. Il primo, gargantuesco, significa insaziabile e smisurato, un nome perfetto per un buco nero capace di inghiotte persino la luce. Il secondo, pantagruelico, riferito a un banchetto ne sottolinea la grandezza e varietà. Bruce Wayne in The Dark Knight Rises usa proprio questo aggettivo per definire il buffet di Miranda Tate. Ambizioni Ho sempre pensato che se vuoi veramente provare a fare un grande film, non un buon film, ma un grande film, devi prenderti un bel po’ di rischi. Inevitabilmente, se si chiama Interstellar e hai a che fare con la vastità dell’universo, dovrà essere il film più grande e ambizioso che tu abbia mai fatto.62 Christopher Nolan Il peccato mortale di Interstellar è sopra ogni cosa la sua spaventosa ambizione, il suo voler raccontare qualcosa e al contempo tutto. Eppure in questo desiderio di superare se stessi è racchiuso l’animo stesso del film, senza questa aspirazione non ci sarebbe stata nessuna pellicola. È così rischioso, produttivamente parlando, creare un’opera originale che Hollywood, soprattutto in momenti di crisi, preferisce partire da opere esistenti e con un fandom già consolidato. Interstellar è stato il più grande incasso del 2014 di un’ opera originale, cioè pensata e realizzata appositamente per il grande schermo, davanti ci sono 9 film tutti sequel, reboot o adattamenti di altre opere. L’ambizione del racconto, del protagonista e del regista si espande fino a comprendere l’intero mercato cinematografico. Interstellar è un invito al cinema americano a ritrovare coraggio e tentare nuove vie. Anche Nolan ha girato un remake (Insomnia) e 62 Dichiarazione del regista nel making of Plotting an Interstellar Journey Interstellar, Warner Home Video, Blu-ray Disc, 1 aprile 2015 "46 con la trilogia del Cavaliere Oscuro ha creato uno dei reboot più amati e riusciti della storia del cinema. Tuttavia il suo rifiuto di continuare il franchising di Batman e tornare a dirigere un’opera originale ci dice molto sulla sua idea di cinema. Essere genitori L’esplorazione delle relazioni umane, come abbiamo visto all’inizio, sono uno dei grandi passi avanti di Interstellar. Prima di proseguire é però necessaria una parentesi biografica. Christopher Nolan ha avuto quattro figli, fatto che lo ha profondamente segnato. Sia in Inception che in Interstellar i figli dei due protagonisti hanno pressappoco l’età di quelli del regista. In Interstellar una delle scene dell’esodo dalle campagne la ragazza inquadrata sopra il pick-up è proprio la figlia del regista Flora Nolan. È un ritorno alla sua infanzia quando il padre, grafico pubblicitario, lavorava diviso tra Londra e Chicago o rimaneva lontano per mesi per qualche viaggio di lavoro in Africa o Asia, mentre lui e il fratello aspettavano il suo ritorno a casa. In questo lavoro al cesello fatto di cammei e ricordi d’infanzia Nolan sottolinea ulteriormente il suo coinvolgimento emotivo nella vicenda. Ecco quindi composto l’elemento centrale del film, il rapporto genitori/figli che prende forma attraverso i due protagonisti ma si espande fino a diventare una riflessione che coinvolge l’intera umanità. Quando Cooper deve lasciare sua figlia Murph le dice: «Dopo che siete nati voi tua mamma mi ha detto una cosa che non avevo mai capito. Mi ha detto: "Ora siamo qui solo come ricordi per i nostri figli". Credo di aver capito che cosa voleva dire. Quando diventi genitore sei il fantasma del futuro dei tuoi figli». Questa frase, attraverso i mille giochi di specchi, rimandi e citazioni che Nolan crea, racchiude l’intero film. Il fantasma della libreria, il viaggio di Cooper per salvare l’umanità, il suo sacrificio e infine il ritorno a casa raccontati in una frase. Cosa significa dunque essere genitori? «Ricordi per i nostri figli, fantasmi del loro futuro», frase evocativa e ambigua ma che mostra tutto il limite delle parole. Nolan affida la risposta alla storia e alle immagini con cui la racconta, il suo è un testo agito. Murph vive la partenza del padre come un abbandono, una elemento che sembra tradurre la situazione attuale dove i genitori non hanno più la certezza che i loro figli avranno un futuro migliore del loro. Le nuove generazioni si sentono tradite e abbandonate a loro stesse. «Quando diventi genitore una cosa ti è molto chiara. Vuoi che i tuoi figli si sentano al sicuro. Non puoi dire a una bambina di dieci anni che il mondo sta per finire» confessa Cooper ad Amelia. Come fare a dare sicurezza se nemmeno tu ne hai? Dietro questa frase si nasconde la responsabilità e il senso di inadeguatezza che ogni genitore sente per la vita dei "47 propri figli. La stessa inadeguatezza dell’equipaggio dell’Endurance nei confronti dell’Umanità. Cooper dovrà scegliere se tornare dai suoi figli o salvare il futuro del genere umano creando una nuova colonia. Solitudine «Non sentirai mai questi messaggi, lo so... Tutti questi messaggi staranno fluttuando lassù, nell'oscurità... Lois dice che devo lasciarti andare e allora forse ti sto lasciando andare. Non so dove sei papà, ma spero che tu sia in pace e... Addio» Tom Cooper in Interstellar Kubrick con 2001 voleva dimostrare scientificamente l’esistenza di una civiltà extraterrestre, Lucas non fa altro che crearne un’epopea e Spielberg con Close Encounters of the Third Kind ne racconta l’incontro. Nolan non fa nulla di tutto questo. Nel suo universo non c’è niente là fuori che ci aspetta con le risposte in mano e non poteva che essere così. Troppe cose sono successe nel nuovo millennio per poter ancora credere alle favole così come le raccontava il secolo scorso. Questa solitudine non è estranea al genere umano ma nuovo è il modo in cui la viviamo. Al nichilismo ereditato dalla postmodernità si unisce l’instabilità sociale, politica ed economica di questi anni, la società liquida di Bauman ci ha finalmente consegnato la libertà che a lungo abbiamo cercato, il prezzo che abbiamo pagato è la mancanza di punti di riferimento. Tutti i personaggi di Nolan vivono questa precarietà, in Interstellar questo viene portato all’estremo: la specie umana è sull’orlo dell’estinzione, e la nuova generazione sarà l’ultima a sopravvivere sulla terra: chiunque si sentirebbe disarmato. L’assenza di qualcosa a cui aggrapparsi può buttarci nello sconforto, farci vacillare, perire.63 Cooper non fa nulla di tutto questo, non può permetterselo, ha promesso a sua figlia che sarebbe tornato e sa di essere l’unica speranza dell’umanità. Non ha scelta e forse nemmeno noi l’abbiamo. Mancanza, assenza, vuoto. A spingere e tormentare i personaggi di Nolan è questo. Interstellar può essere visto come un’enorme elaborazione del lutto, la morte è il personaggio invisibile di questo film, fuggita, accettata e infine sconfitta. Qui ritorniamo all’inizio, quando abbiamo parlato di Interstellar come a un film sulle relazioni umane. Il lutto è il modo attraverso cui Nolan introduce queste relazioni, con la loro estrema mancanza. A sciogliere la trama non è altro che la ricomposizione di queste relazioni. Ecco che ritorna anche la fede, ma è una fede tutta laica, terrena e profondamente umana: la fiducia nel prossimo. 63 Interstellar traduce questa instabilità attraverso l’assoluto silenzio delle sequenze nello spazio, che più di ogni nota ci ricorda quanto siamo spaventosamente in pericolo e lontani da casa. Nemmeno Gravity è arrivato a tanto. "48 Il male Tu [Natura] sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c'insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti; e che, per costume e per instituto, sei carnefice della tua propria famiglia, de' tuoi figliuoli e, per dir così, del tuo sangue e delle tue viscere. Giacomo Leopardi, Dialogo della Natura e di un Islandese Amelia Brand: Scienziati, esploratori...è questo che amo. Sai, nello spazio affrontiamo grandi sfide: la morte, ma... non il male. Cooper: Non credi che la natura sia anche maligna? Amelia Brand: No. Tremenda, spaventosa, ma no, maligna no. Be', un leone è maligno perché fa a pezzi una gazzella? Cooper: C'è solo quello che ci portiamo. Nolan, per la prima volta, esplora uno scenario dominato dalla natura, abbandonando la città che aveva fatto da sfondo a tutti i suoi film precedenti. È una natura terribile quella di Interstellar: inospitale e spietata sulla terra, selvaggia e desolata sullo spazio. Quando Nolan decide di raccontare un’ipotetica fine del genere umano non sceglie la catastrofe nucleare o una causa generata dall’uomo, sceglie una misteriosa piaga che si nutre di azoto. È un’ipotesi irrealistica che va contro a quanto tutti noi ci aspetteremmo da un disastro planetario. L’uomo è posto di fronte a una natura che lo ha tradito e ora deve ingegnarsi per trovare una soluzione. Questa scelta non può non sottendere una qualche fiducia nell’essere umano. Il pensiero comune va invece in tutt'altra direzione, la stragrande maggioranza dei film o racconti apocalittici incolpa l’uomo della sua fine. Dov’é allora il male in Interstellar? Dove è sempre stato: dentro di noi. Il dr. Mann lo abbiamo portato noi nello spazio, la sua è una scelta lucida: mandare in frantumi ogni speranza di sopravvivenza dell’umanità per salvarsi la vita. Possiamo definire il suo istinto di sopravvivenza maligno? Stando alla parole di Amelia la natura non è malvagia e non può esserlo nemmeno l’istinto primordiale e universale di sopravvivere. Qui non ci sono cattivi o nemici da abbattere e nemmeno il dr. Mann lo è, non è altro che la rappresentazione dell’egoismo umano. Il professor Brand nasconde a tutti la verità, Cooper lascia i suoi figli, Murph non vuole perdonare suo padre, Tom lascia la fattoria mettendo a rischio la vita dei suoi figli, Amelia non è all’altezza del proprio ruolo: ogni personaggio di Interstellar ha fatto delle scelte, ma Nolan non le giudica né giuste né sbagliate, le scelte hanno solo delle conseguenze, alcune saranno del tutto inaspettate e non tutto il male verrà per nuocere. Siamo in una zona grigia dove la dicotomia manichea ha perso ogni significato. "49 Gli anni Zero ci consegnano una nuova immagine del reale che ha come unico punto di partenza e arrivo l’Uomo con i suoi sentimenti, percezioni e desideri. Il cinema più autentico di questi anni non desidera rimandare a nulla, non dimostra niente se non se stesso. Quando raccontiamo la nostra fine in film come The Road, Children of Men, A.I. Artificial Intelligence, l’unico valore a sopravvivere è la propria umanità, intesa come l’insieme dei caratteri essenziali e distintivi della nostra specie. La fede nell’uomo «Dobbiamo arrivare molto al di là della nostra personale esistenza. Dobbiamo pensare non come individui, ma come specie.» prof. Brand in Interstellar Interstellar è un film sui limiti dell’uomo: la morte, il tempo, il sacrificio. Eccoci infine al cuore di tutto il nostro ragionamento: l’uomo. L’unico altro punto di confronto del protagonista nolaniano è sempre stato se stesso, anche quando viaggia ai confini dello spazio e del tempo l’unica cosa che trova è l’umanità del futuro. Nel tesseratto Cooper realizza che non è stata una civiltà aliena a guidarlo fin lì. TARS: Gli esseri dell'iperspazio stanno chiudendo il tesseratto. Cooper: Ancora non ti è chiaro? Non sono esseri, siamo noi! Quello che io ho fatto per Murph loro lo fanno per me. Per tutti noi. TARS: Le persone non sanno costruire questo. Cooper: No, non ancora. Ma un giorno sì. Non io e te. Ma altre persone. Una civiltà che si è evoluta al di là delle quattro dimensioni che conosciamo. Non c’è nessun altro, ci siamo solo noi. La soluzione è a portata di mano ma dobbiamo avere fiducia in noi stessi non in una civiltà aliena o in qualche fantomatico salvatore. L’uomo deve tornare a credere in sé e nelle proprie capacità. Per quanto buio possa essere il futuro che abbiamo dinnanzi, Nolan ci ricorda che la più grande risorsa che abbiamo a disposizione saremo sempre noi stessi. In una società apatica e individualista come la nostra, Interstellar è un monito a chi aspetta ogni volta che siano altri a trovare una soluzione. Ogni buon film di fantascienza ha posto l’uomo di fronte alle grandi domande dell’esistenza. Sembra che il grande silenzioso vuoto degli spazi interstellari ci spinga a guardarci nel profondo. Per quanto possano essere improbabili o dolorose le risposte che vi troviamo, per quanto possiamo essere intelligenti e consapevoli della nostra condizione, abbiamo bisogno di credere in qualcosa che sia un dio, una persona o un'idea. Perché allora non credere "50 nell’uomo, non è forse quello che ha fatto Dio? Interstellar è la risposta di Nolan a questa domanda. Superando l’eterna dualità tra scienza e religione Nolan ci propone una sintesi attraverso quella che possiamo definire una ‘nuova religione laica’ fondata sull’uomo. Pionieri È come se ci fossimo dimenticati chi siamo, Donald: esploratori, pionieri. Non dei guardiani. Non mi piace questo far finta di essere tornati dove abbiamo cominciato, io voglio sapere dove siamo, dove stiamo andando. Cooper in Interstellar Una delle peculiarità di Christopher Nolan è l’indiscussa capacità di anticipare i tempi, precorrere nuovi stili e ampliare gli orizzonti cinematografici. Lo abbiamo visto con Inception che ha aperto la strada a film come In Time, Source Code, Looper, Limitless, Edge of Tomorrow, Lucy. Con la trilogia del Cavaliere oscuro ha preso un genere fortemente decodificato caricandolo dello spirito di un intero decennio. Paure, speranze e ossessioni opportunamente filtrate e messe in scena. È ancora troppo presto per dire quali effetti causerà Interstellar ma è indubbio che abbia alzato l’asticella. Se prima era impossibile non confrontarsi con 2001, oggi chi vorrà confrontarsi seriamente con la fantascienza non potrà che partire da qui. Pensando agli sterminati vuoti dello spazio, le condizioni estreme, la precarietà e la solitudine di un ipotetico viaggio interstellare tornano alla mente gli argonauti del pacifico che a bordo delle loro piroghe hanno affrontato l’oceano, colonizzando isole distanti migliaia di chilometri guidati solo da qualche uccello e dal loro istinto. Oggi tutto questo ci sembra impossibile eppure è già successo e succederà ancora. In un futuro in cui l’orizzonte è coperto da una tempesta di sabbia, Nolan racconta un uomo che ritrova la volontà, il coraggio e quel desiderio che lo spinge a superare i propri limiti. Essere pionieri significa esplorare, trovare nuove soluzioni, guardare le cose da un’altra prospettiva, anticipare tempi, stili, tendenze. Quello di Nolan è uno sguardo nuovo carico di attesa, fiducia e speranza verso il futuro. Lo stesso sguardo di Cooper mentre si lancia nel vuoto, senza sapere cosa lo aspetta, ma certo della sua decisione. È un nuovo e coraggioso mondo che abbiamo appena iniziato ad esplorare. "51 Cosa ne verrà fuori non ne ho idea. E dopo tanto correre di qua e di là, eccoci qui: nel cuore del nulla e della notte. E forse saperlo serve a poco. Qui, in mezzo alle rovine e al buio, quello che stiamo costruendo poterebbe essere qualsiasi cosa. Chuck Palahniuk, Soffocare "52 Analisi della sequenza: Alfa e Omega L’inizio e la fine di un film, come in un libro, sono le parti più importanti. Proprio come nel parlare le pause sono fondamentali per caricare le parole di significato, allo stesso modo nel running time non avremo mai una pausa così lunga come quella che precede il film o così carica di significato come quella che lo chiude. Interstellar non fa eccezione. Come tutti i film di Christopher Nolan inizio e fine si parlano, dialogano tra loro. Prima ancora di vedere un’inquadratura il film è già iniziato. Durante le sigle della produzione siamo introdotti alle immagini attraverso la colonna sonora di Hans Zimmer, poche e semplici note composte dal rumore del vento e suoni indistinti attraverso cui si fanno strada le canne di un organo. La prima inquadratura è una carrellata su una libreria, davanti ai testi ci sono dei modelli di astronavi e, mentre compare il titolo del film, della sabbia cade dall’alto ricoprendo tutto (figura 1). Dissolvenza verso il nero, stacco. Esattamente 15 secondi in cui sembra che non venga detto nulla, a parte il titolo del film. Facendo più attenzione si possono leggere i titoli di alcuni libri che compaiono in questo ordine: - … Mark Helprin, Winter's Tale (1983) Martin Amis, Time’s Arrow (1991) Ted Morgan, Maugham: A Biography (1980) Isabel Wolff, Out of the blue (2012) Curtis e Dianne Nelson Oberhansley, Downwinders: An Atomic Tale (2001) Gabriel Garcia Marquez, One hundred years of solitude (1967) David Wroblewski, The story of Edgar Sawtelle (2008) Jeannette Walls, The Glass Castle (2005) Peace Corps, A life inspired: Tales of Peace Corps Service (2005) Libro anonimo dal dorso nero J.B. Priestley, The Doomsday Men (1937) T.S. Eliot, Selected Poems (2009) Richard Hooper Pough, Audubon bird guide, Eastern land birds (1949) H.G. Wells,Time Machine (1895) José Saramago, Seeing (2004) Greg Mortenson, David Oliver Relin, Three Cups of Tea (2006) William Shore (a cura di), Louder than words (1989) Janet Fitch, White Oleander (1999) … "53 Come all’inizio di un libro troviamo una citazione, qui Nolan usa i libri per introdurre il film. Un’epifania narrativa e visiva, dove ai contenuti di quei testi fanno da contro altare le immagini del film. Dopo il titolo dal nero emerge una voce, femminile, roca, consumata dal tempo. È un’anziana, Ellen Burstyn, ripresa come in un documentario (figura 2): primo piano, focale lunga, luce laterale, sfondo scuro.64 «Mio padre era un agricoltore, come tutti a quell’epoca. Certo non ha cominciato così». Stacco su un campo di grano (figura 3). L’inquadratura è molto aperta, eppure l’immagine risulta quasi soffocante. L’orizzonte è schiacciato ai limiti dell’inquadratura, il resto è occupato da un’immensa distesa di mais sferzata dalla sabbia e dal vento. Un altro stacco, siamo tra le nuvole, la cinepresa è legata a un veicolo, come una GoPro (figura 4). Vediamo Cooper intendo a pilotare (figura 5). Casco, bocchettone per l’aria e la barra di comando sembrano quelli di un qualsiasi caccia, poi la voce di quello che intuiamo essere un computer disattiva il fly-by-wire. Cooper perde il controllo (figura 6), un colpo fortissimo e di nuovo stacco. Era solo un sogno (figura 7). Ora siamo nella camera di Cooper, la figlia Murph si è svegliata pensando di aver sentito il suo fantasma e chiede al padre se ha sognato l’incidente. Un movimento di macchina, sottolineato dalla colonna sonora, ci porta dalla semi oscurità della stanza (figura 8) all’alba fuori dalla finestra (figura 9) dove i campi di mais si perdono all’orizzonte. L’interno, indistinto e buio, è spazio della nostra mente abitata da incubi e fantasmi, l’esterno è bellissimo e spaventoso. Là fuori potremmo trovare la nostra salvezza come la nostra fine. La scena cambia di nuovo, torna la signora anziana e ci racconta della piaga, del mais e della polvere (figure 10,11,12). Alla sua voce si aggiungono pian piano quelle di altri coetanei (figure 13,14,15). Anziana 1: Il grano era morto. Dopo la piaga abbiamo dovuto bruciarlo. C’era ancora il mais, ettari di mais. Ma c’era soprattutto sabbia. Anziana 2: Non so se riesco a descriverla, era costante. C’era questa continua tempesta di sabbia. Anziana 3: Tagliavamo delle strisce di lenzuola e le mettevamo certe volte sul naso, sulla bocca per respirarne un po’ meno. Anziano 4: Beh, quando apparecchiavamo mettevamo sempre il piatto al contrario. Tazze, bicchieri, mettevamo tutto la contrario. Queste interviste, ad eccezione di quella fatta a Ellen Burstyn, sono prese direttamente dal documentario di The Dust Bowl di Ken Burns. 65 Negli anni Trenta l’America centrale è 64 Dietro a quella che scopriremo solo alla fine essere Murph da anziana, è possibile intravedere la libreria dell’inquadratura precedente. 65 The Dust Bowl, «IMDb», 2012 http://www.imdb.com/title/tt2357472/?ref_=ttmc_mc_tt "54 attraversata da continue tempeste di sabbia causate dallo sfruttamento del suolo. Il terreno agricolo veniva arato in profondità e, senza un’adeguata rotazione delle colture, il suolo non era più in grado di trattenere l’umidità. L’erba non fu più in grado di crescere. Alla prima siccità il suolo diventò una distesa di sabbia, il vento dell’est fece il resto. Enormi nuvole di polvere nera si alzavano in cielo fino ad oscurare il sole, raggiungevano le città della costa per poi disperdersi in mare. Nel 1934 nel New England cadde neve rossa. Fu il più grande disastro ecologico causato dall’uomo nella storia del paese. Interstellar è una riproposizione di questo scenario, aggravato da una piaga che impedisce alla coltivazioni di crescere. C’è una sola eccezione: questa volta la natura ha fatto tutto da sola. È incredibile vedere in un film di fantascienza un panorama così desolante ed estremo per poi scoprire che tutto questo è già accaduto non più di qualche decennio fa. 66 Il film gioca continuamente con questa dialettica tra passato e futuro. La riflessione che Nolan instaura sul tempo inizia già da queste prime immagini e continua fino ad affrontane la sua dimensione più ampia: lo spazio che separa le generazioni. Nolan pesca a piene mani dalla storia americana e come molti registi europei prima di lui riesce a coglierne gli elementi più peculiari.67 La fattoria di Cooper circondata dai campi di mais è un’immagine che viene da lontano, ma che in pochi sono riusciti a rendere con tanta forza. Il sogno americano qui trova la sua dimensione più atavica. 68 Il desiderio di milioni di migranti che arrivano in America cercando una possibilità di riscatto, affrontando sacrifici e difficoltà immani per vivere in un paese dove tutto può diventare possibile, trova in Interstellar una piena rappresentazione. Qui la frontiera non è più quella dell’Ovest ma quella dello spazio. Vengono in mente le parole di John F. Kennedy: «Siamo sul bordo di una Nuova Frontiera, la frontiera delle speranze incompiute e dei sogni. Al di là di questa frontiera ci sono le zone inesplorate della scienza e dello spazio». Nolan riparte da un sogno che sembra essersi perso, eclissato dai problemi e dai timori di oggi. Il film di Ken Burns non si ferma solo alle devastazioni, racconta la lotta dei contadini per la sopravvivenza delle loro famiglie. Sono gli anni della Grande depressione ma anche quelli del New Deal, il nuovo corso, quelli che ridanno slancio e forza a un intero paese. 66 A tal proposito si veda il confronto a fine capitolo tra le inquadrature di Interstellar e The Dust Bowl per capire, anche visivamente, quanto profonda sia stata l’influenza di questo film. 67 Alcuni tra i più grandi registi del cinema hollywoodiano che hanno rappresentato e raccontato gli States sono stranieri. Chaplin, Lang, Winder, Murnau, Lubitsch, Hitchcock, il loro sguardo esterno ha saputo dare al cinema statunitense un’immagine più lucida e chiara di quanto non fosse in grado di fare da solo. 68 Franco La Polla, Sogno e realtà americana ne cinema di Hollywood, Il Castoro, 2004 "55 Cooper è il frutto più maturo di questo spirito, il desiderio di rialzarsi e superare l’impossibile. I contadini degli anni Trenta sono gli stessi che rivivono in Interstellar. Quando Donald, il nonno di Murph, pulisce dalla polvere la veranda e poi la cucina compie gli stessi gesti: Nolan ricalca le stesse immagini. Quella che vediamo è una lotta impari. Cosa può l’uomo di fronte al vento e alla polvere? Visivamente a destare attenzione in questa prima sequenza è l’uso di aspect ratio diversi che vanno del più largo e immersivo 1.44:1 delle inquadrature in IMAX (figura 4) al più classico 2.32:1 del cinemascope (figura 1). 69 Qui inoltre abbiamo anche il taglio in 16:9 delle interviste (figura 3), rimpicciolito e con bande nere in tutti i lati, in modo da staccarsi fortemente da tutte le altre inquadrature. Anche la fotografia, ereditata da Burns, è diversa: in queste inquadrature la luce è più calda, la superficie più granulosa e increspata. Nel corso della pellicola il passaggio tra le riprese in 35 mm e quelle in 70 avviene in modo più fluido, essendo spesso le singole sequenze girate con una sola cinepresa. Dopo questo prologo, dove il regista ci presenta gli elementi principe della storia, inizia il primo capitolo del film che come sempre in Nolan si traduce in una scena d’azione, costruita appositamente per catapultare lo spettatore fin da subito nel mezzo della narrazione. Portando i figli a scuola, Cooper ingaggerà un inseguimento tra i campi con un drone di sorveglianza indiano, nella speranza di recuperare le sue celle solari (figura 16). L’immagine del velivolo senza pilota, braccato e infine preso al laccio per essere riutilizzato per altri scopi, è una chiara metafora del destino di Cooper: prima pilota costretto a diventare agricoltore, poi astronauta, infine fantasma della figlia. «Deve imparare ad adattarsi Murph, come tutti noi» dice Cooper alla figlia dispiaciuta nel non vederlo più volare. Adattarsi, volare, andare oltre, qui c’è già tutto il film. Passano due ore e mezza di corse, lanci e acrobazie prima di arrivare all’epilogo. Dopo essere caduto nel buco nero ed essere collassato insieme al tesseratto, Cooper è solo, fluttuante nello spazio, presumibilmente morto (figura 17). L’ultimo capitolo si apre con con un primissimo piano di Cooper miracolosamente vivo che si risveglia in una stanza di ospedale (figura 18). Aggiornato dal medico sul suo ritrovamento, non domanda nulla. Solo dopo che ha scostato le tende della finestra e aver visto un quartiere arrotolato su se stesso, chiede dov’è (figura 19). Impossibile non ricordare Inception, dove Nolan piega e incastra tra loro gli isolati di un intero quartiere parigino (figura 20). Dopo wormhole, onde alte come 69 Interstellar - Technical specifications, «IMDb», 2014 http://www.imdb.com/title/tt0816692/technical "56 montagne, nubi ghiacciate, buchi neri e realtà penta dimensionali, Nolan riprende il panorama rurale che abbiamo visto all’inizio e lo inserisce in uno spazio circolare. Spazio e tempo vengono stirati fino ad ottenere uno scenario davvero surreale, anche se realistico e possibile. Cooper ha 124 anni e sua figlia Murph è ancora viva. Lo spettatore è travolto da questa inaspettata svolta narrativa. Cooper si trova su una stazione spaziale che porta il suo nome, o per meglio dire quello della figlia. Appena dimesso viene accompagnato in un museo a cielo aperto, luoghi del ricordo per eccellenza. Monumenti che il più delle volte ci appaiono lontani e freddi prendono vita sotto i nostri occhi. I nomi dei personaggi che abbiamo seguito per tutto il film sono scolpiti nella pietra (figura 21), ricordati con rispetto e gratitudine. Capiamo che le grandi figure della nostra storia sono persone come noi. Quello che sembra essere uno studente universitario guarda Cooper come un pezzo di storia vivente, qualcosa che fino al giorno prima era solo nelle pagine della tesina del liceo. Come il protagonista ci sentiamo spaesati da questo repentino cambio di prospettiva, ed è proprio qui che Nolan prende per mano lo spettatore per riportarlo a casa, letteralmente. Nolan carica questa questa sequenza dosando attentamente i campi lunghi. La grandezza scenografica è solo suggerita, quello che davvero conta è ciò che succede. Dopo un’infilata della stazione spaziale (figura 22), la cinepresa si volta e ci troviamo di fronte alla fattoria di Cooper (figura 23). Dietro un campo verde che sale in verticale, davanti, in un monitor, ritroviamo le interviste tratte dal documentario di Ken Burns. Rivediamo i volti che hanno aperto il film e che non riuscivamo a collocare all’interno dell’universo narrativo: ora tutto torna ad avere un senso. Le parole, che in The Dust Bowl ci parlavano delle tempeste di sabbia degli anni trenta, acquistano un nuovo significato. Nolan prende un evento relegato nella memoria, proiettandolo nel nostro futuro per poi superarlo di nuovo. Queste immagini suonano come un messaggio di speranza: se l’umanità è riuscita a superare momenti terribili, senza quasi nessun mezzo, dovrà trovare il modo di farlo anche in futuro, per quanto immani saranno le sfide che dovrà affrontare. «Troveremo una soluzione. Lo abbiamo sempre fatto» ci ricorda Cooper. Sono davvero pochi i film che fanno chiaramente percepire allo spettatore la sua partecipazione a quella vasta entità che chiamiamo Umanità. Dopo aver ricongiunto i fili del racconto, eccoci arrivare al momento più atteso. Cooper può finalmente riabbracciare Murph e mantenere fede alla sua promessa. Settant’anni prima un padre ha lasciato sua figlia in lacrime nel letto della sua camera, ora la ritrova di nuovo in lacrime in un letto di ospedale (figura 24). Il dialogo che segue è un’ideale continuazione di quello interrotto 92 anni prima. "57 Cooper: Ero io, Murph... ero io il tuo fantasma. Murph: Sì, lo so. Ma non mi volevano credere, pensavano che avessi fatto tutto da sola. Ma... io sapevo chi era. Nessuno voleva credermi, ma sapevo che saresti tornato. Cooper: Come? Murph: Perché il mio papà me l'aveva promesso. Improvvisamente ci rendiamo conto che l’intero viaggio interstellare per salvare l’Umanità non era altro che il tentativo di un padre di tornare da sua figlia. Di fronte a noi non abbiamo più Murphy Cooper, la geniale scienziata che ha salvato l’uomo dall’estinzione, ma una bambina che ha creduto in una promessa. «Ora sono qui Murph, sono qui» le sussurra suo padre e Murph, dopo aver atteso questo momento per una vita intera, trova il coraggio di lasciarlo andare. Gli ricorda che quello non è il suo posto: «Nessun genitore dovrebbe veder morire il propri figli. Tu devi andare». Ecco che il viaggio continua, c’è ancora qualcosa là fuori pronto ad aspettarlo. Brand. È rimasta lassù. Attiva la base. Sola, in una galassia sconosciuta. Forse adesso si prepara per un lungo sonno. Alla luce del nostro nuovo Sole. Nella nostra nuova casa. Con queste parole di Murph vediamo Amelia in una landa deserta seppellire Edmunds (figura 25). Mentre guarda l’orizzonte si toglie il casco e capiamo che in quel mondo la vita è possibile (figura 26). Prende un respiro, lungo, profondo, liberatorio. Dall’atra parte Cooper sale su un ranger e si lancia solo verso l’ignoto, negli occhi un fuoco che arde pieno di desiderio e meraviglia (figura 27). Il cerchio si è chiuso. Siamo alla fine eppure siamo tornati all’inizio, e al contempo il viaggio continua. È il tempo eterno, né dell’uomo né di Dio, è quello dell’umanità, di tutti noi che perpetriamo questo miracolo attraverso le generazioni. È un uomo che ha saputo conquistare lo spazio, che pensa come specie ma non dimentica la propria umanità. "58 1 3 2 "59 4 5 6 "60 7 8 9 "61 10 11 12 "62 13 14 15 "63 16 17 18 "64 19 20 21 "65 22 23 24 "66 25 26 27 "67 Interstellar The Dust Bowl "68 Appendici Filmografia di Christopher Nolan TARANTELLA cortometraggio (1989) Regia Christopher Nolan; soggetto Christopher Nolan. LARCENY cortometraggio (1995) Regia Christopher Nolan; soggetto Christopher Nolan. DOODLEBUG cortometraggio (1997) Regia Christopher Nolan (come Chris Nolan); sceneggiatura Christopher Nolan (come Chris Nolan); fotografia Christopher Nolan (come Chris Nolan); scenografia Alberto Mattiussi, Christopher Nolan (come Chris Nolan); montaggio Christopher Nolan (Chris Nolan); musiche David Julyan; interpreti Jeremy Theobald; produttori Steve Street, Emma Thomas; origine Regno Unito; durata 3’. Un uomo, chiuso nella sua camera, cerca di uccidere un insetto. Quando finalmente riesce a vederlo, scopre un se stesso più piccolo intento a colpire qualcosa. Confuso dalla scena lo schiaccia con una scarpa, ma appena si gira verso l’alto vediamo un altro, e questa volta enorme, uomo che a sua volta lo uccide. FOLLOWING (1998) Regia Christopher Nolan; sceneggiatura Christopher Nolan; fotografia Christopher Nolan; scenografia Tristan Martin; montaggio Gareth Heal, Christopher Nolan; musiche David Julyan; interpreti Jeremy Theobald (Bill), Alex Haw (Cobb), Lucy Russell (la bionda), John Nolan (il poliziotto), Dick Bradsell (lo stempiato), Gillian El-Kadi (proprietario della casa), Jennifer Angel (cameriera), Nicolas Carlotti (barman); Rebecca James (donna del bar); produttori Christopher Nolan, Jeremy Theobald, Emma Thomas; produttore esecutivo Peter Broderick; produzione Next Wave Films, Syncopy (non accreditato); origine Regno Unito; durata 69’. Bill è un aspirante scrittore in cerca di idee. Per raccogliere materiale inizia a pedinare a caso le persone fino a quando non si imbatte in Cobb, un ladro di appartamenti, che lo prende con se insegnandoli i rudimenti del mestiere. Con il passare del tempo Cobb plasma Bill a sua immagine. In uno dei loro colpi Bill conosce una giovane donna chiamata la Bionda della quale si innamora. Frequentandola scopre che è ricattata da un malavitoso detto lo Stempiato. Bill si offre di aiutarla svaligiando la cassaforte dello Stempiato. Le cose vanno male e Bill uccide un uomo. Tornato dalla Bionda scopre che in realtà questa è in combutta con Cobb che ha architettato tutta la storia per sviare i sospetti di un barbaro omicidio verso Bill. Cobb, che segretamente lavora per lo stempiato, uccide la Bionda perché ricattava il suo capo dopo aver assistito ad un omicidio. Bill disperato con- "69 fessa tutto alla polizia dove gli viene detto che non c’è nessun brutale omicidio, se non quello della donna e le prove ricadono tutte su di lui. MEMENTO (2000) Regia Christopher Nolan; soggetto Jonathan Nolan; sceneggiatura Christopher Nolan; fotografia Wally Pfister; scenografia Patti Podesta; montaggio Dody Dorn; costumi Cindy Evans; musiche: David Julyan; interpreti Guy Pearce (Leonard Shelby), Joe Pantoliano (Teddy Gammell), Carrie-Anne Moss (Natalie), Mark Boone Jr (Burt Hadley), Jorja Fox (Catherine Shelby), Stephen Tobolowsky (Sammy Jankis), Harriet Sansom Harris (signora Jankis), Callum Keith Rennie (Dodd); produttori Jennifer Todd, Suzanne Todd, Elaine Dysinger; produttori esecutivi Aaron Ryder, Christopher Ball, William Tyrer; produttore associato Emma Thomas; produzione Newmarket Capital Group, Team Todd, I Remember Productions, Summit Entertainment; origine USA; durata 113’. Leonard Shelby, dopo un incidente nel quale muore la moglie, ha perso la capacità di memorizzare nuovi ricordi. Deciso a trovare il colpevole della morte di sua moglie, per ovviare al suo problema, tatua sul suo corpo tutte le informazioni che riesce a trovare sull’assassino. Teddy, un poliziotto suo amico, e Natalie, una barista, lo aiutano nella ricerca del colpevole. Con il passare del tempo scopriamo che sia Teddy che Natalie usano Leonard: Teddy per uccidere i criminali che lui considera colpevoli e Natalie per vendicarsi della morte di suo marito ucciso dallo stesso Leonard. Nell’epilogo del film scopriamo che in realtà non c’è nessun assassino da trovare. È tutta un invenzione di Leonard che non riusciva a sopportare l’idea di essere stato lui ad aver ucciso la moglie. Dopo che Teddy gli rivela per l’ennesima volta la verità, lo uccide preferendo credere a una bugia piuttosto che alla realtà. Passati alcuni minuti Leonard ha dimenticato tutto e riprende la sua ricerca. INSOMNIA (2002) Regia Christopher Nolan; soggetto Nikolaj Frobenius, Erik Skjoldbjærg; sceneggiatura Hillary Seitz; fotografia Wally Pfister; scenografia Nathan Crowley; montaggio Dody Dorn; costumi Tish Monaghan; musiche David Julyan; interpreti Al Pacino (detective Will Dormer), Martin Donovan (detective Hap Eckhart), Hilary Swank (detective Ellen Burr), Robin Williams (Walter Finch), Maura Tierney (Rachel Clement), Nicky Katt (Fred Duggar), Paul Dooley (capitano Charlie Nyback), Crystal Lowe (Kay Connell), Kerry Sandomirsky (Trish Eckhart); produttori Broderick Johnson, Paul Junger Witt, Andrew A. Kosove, Edward McDonnell, Emma Thomas; produttori esecutivi George Clooney, Kim Roth, Charles J.D. Schlissel, Steven Soderbergh, Tony Thomas; produttori associati Ben Cosgrove, Steven P. Wegner; produzione Alcon Entertainment, Witt/Thomas Productions, Section Eight, Insomnia Productions, Summit Entertainment; origine USA/Canada; durata 118’. Will Dormer è un famoso detective di Los Angeles ora indagato, insieme al suo collega Hap Eckhart, per aver inquinato le prove di un caso. I due vengono mandati in Alaska per risolvere l’omicidio di una giovane ragazza. Appena arrivato Will conosce il detective Ellen Burr, una sua ammiratrice che coordina le indagini. In un agguato teso all’assassino Will uccide, non si capisce se accidentalmente o meno, il suo collega Hap. Temendo ritorsioni incolpa l’assassino il quale però ha visto tutto e in una telefonata promette di dire tutto alla polizia se non interrompe le indagini. Dormer nel frattempo scopre che il colpevole è Walter Finch, un mediocre scrittore di "70 gialli. Inizia così un crescendo di fatti che portano Dormer a uccidere Finch in uno scontro a fuoco. Colpito a morte Dormer convince il detective Burr, che nel frattempo aveva scoperto tutto, a non insabbiare il caso ammonendola di non farsi corrompere dal crimine come aveva fatto lui. BATMAN BEGINS (2005) Regia Christopher Nolan; sceneggiatura Christopher Nolan, David S. Goyer (dai personaggi creati da Bob Kane); fotografia Wally Pfister; scenografia Nathan Crowley; montaggio Lee Smith; costumi Lindy Hamming; musiche James Newton Howard, Hans Zimmer; interpreti Christian Bane (Bruce Wayne/Batman), Michael Caine (Alfred Pennyworth), Liam Neeson (Henri Ducard/Rā’s al Ghūl), Katie Holmes (Rachel Dawes), Gary Oldman (James Gordon), Cillian Murphy (dr. Jonathan Crane/Spaventapasseri), Morgan Freeman (Lucius Fox), Tom Wilkinson (Carmine Falcone), Rutger Hauer (William Earle), Ken Watanabe (falso Rā’s al Ghūl), Larry Holden (Carl Finch), Gus Lewis (Bruce Wayne bambino), Colin McFarlane (Gillian B. Loeb), Richard Brake (Joe Chill), Mark Boone Jr (Arnold Flass); produttori Larry J. Franco, Charles Roven, Emma Thomas; produttori esecutivi Benjamin Melniker, Michael Uslan; produttore associato Cheryl A. Tkach; produzione Warner Bros., Syncopy, DC Comics, Patalex III Productions Limited, Legendary Pictures (non accreditato); origine USA/Regno Unito; durata 140’. Bruce Wayne, per mano di un criminale, perde giovanissimo entrambi i genitori. Tormentato dai sensi di colpa e dalle paure, viaggia per il mondo cercando di capire il crimine diventando lui stesso un ladro. Rinchiuso in una prigione del Bhutan viene liberato da un personaggio misterioso, Henri Ducard adepto della misteriosa Setta delle Ombre. Ducard inizia Bruce all’arte del combattimento facendogli affrontare le sue peggiori paure. Terminato l’addestramento Rā’s al Ghūl, guida della setta, gli chiede di uccidere un criminale. Bruce si rifiuta, brucia il castello e fugge salvando solo il suo mentore, Ducard. Wayne torna a Gotham dove prende il comando dell’azienda fondata del padre, la Wayne Enterprises. Con l’aiuto del suo fedele maggiordomo Alfred e di Lucius Fox prende i panni di Batman, un vigilante mascherato da pipistrello che dà la caccia ai criminali della città. Si allea al sergente Gordon e con l’assistente del procuratore, Rachel Dawes, della quale Bruce è innamorato. Dopo aver incastrato Carmine Falcone, il boss mafioso della città, scopre che il dr Crane, direttore del manicomio di Arkham, sta importando in città una sostanza che una volta inalata scatena il panico. Dietro a questo traffico si nasconde Henri Ducard, il vero Rā’s al Ghūl, arrivato a Gotham per distruggere la città. Dopo aver bruciato la Wayne Manor e portato il disordine nelle strade, Batman lo affronta. Nello scontro Ducard cade dalla sopraelevata e muore. Ritornata la calma, Bruce confessa la sua doppia identità a Rachel che però lo respinge. Nelle strade si mostra un nuovo criminale, Gotham ha ancora bisogno di Batman. THE PRESTIGE (2006) Regia Christopher Nolan; soggetto Christopher Priest; sceneggiatura Jonathan Nolan, Christopher Nolan; fotografia Wally Pfister; scenografia Nathan Crowley; montaggio Lee Smith; costumi Joan Bergin; musiche David Julyan; interpreti Hugh Jackman (Robert Angier/Gerald Root), Christian Bale (Alfred Borden/Bernard Fallon), Michael Caine (John Cutter), Scarlett Johansson (Olivia Wenscombe), Rebecca Hall (Sarah Borden), Piper Perabo (Julia McCullough), David Bowie (Nikola Tesla), Andy Serkis (Alley), Ricky Jay (Milton), Roger Rees (Owens), W. Morgan Sheppard (Merrit), Daniel Davis (giudice), Samantha Mahurin (Jess Borden), Jamie Harris (Sullen Warder); produttori Christopher Nolan, Aaron Ryder, Emma Thomas; produttori esecu- "71 tivi Christopher Ball, Valerie Dean, Charles J.D. Schlissel, William Tyrer; produttore associato: Jordan Goldberg; produzione: Touchstone Pictures, Warner Bros., Newmarket Productions, Syncopy; origine USA/Regno Unito; durata 130’. Alfred Borden e Robert Angier sono due giovani e ambiziosi illusionisti londinesi decisi a diventare famosi con la loro arte. Durante uno spettacolo la compagna di Angier perde la vita a causa di un nodo troppo stretto fatto da Borden. I due si separano. Angier per vendicarsi cerca di uccidere Borden in uno spettacolo, fallisce ma riesce comunque a ferirgli una mano. I due continuano a sfidarsi a colpi di magia. Angier è meno talentoso di Borden, ma riesce a vendere meglio i suoi spettacoli. Tutto cambia quando Borden presenta un numero sul teletrasporto. Angier è sbalordito e non riesce a capire quale sia il trucco. Ossessionato dal numero del rivale, prima spinge la sua donna tra le sue braccia per spiarlo, poi arriva a sequestrare Fallon, l’inseparabile aiutante di Borden. L’unica cosa che riesce a ottenere è un nome: Tesla. Angier parte così per gli Stati Uniti, dove paga Tesla perché gli costruisca una macchina per il trasporto umano. Dopo vari tentativi Tesla riesce ad ottenere una macchina che produce cloni. Angier torna a Londra e mette in scena uno spettacolare numero di magia, il migliore che la città avesse mai visto. Borden per scoprire il trucco, si introduce nel sottopalco dove vede Angier cadere in una vasca e morire soffocato. Borden viene arrestato con l’accusa di omicidio. Disperato nel lasciare la figlia in un orfanotrofio, accetta di rivelare i suoi trucchi al misterioso lord Caldlow. Quando scopre che in realtà si tratta di Angier, cerca di convincere i secondini della sua innocenza ma viene impiccato ugualmente. Mentre Angier si trova nel suo teatro dalle quinte spunta Borden che gli spara al ventre uccidendolo. Mostrandosi, Borden svela il suo segreto: un fratello gemello (Fallon) con il quale condivideva tutto, scambiandosi le parti ogni giorno. Il teatro brucia insieme alla vasche con tutti i corpi che Angier aveva prodotto nei vari spettacoli. THE DARK KNIGHT (2008) Regia Christopher Nolan; soggetto Christopher nolan, David S. Goyer (dai personaggi di Bob Kane); sceneggiatura Jonathan Nolan, Christopher Nolan; fotografia Wally Pfister; scenografia Nathan Crowley; montaggio Lee Smith; costumi Lindy Hemming; musiche James Newton Howard, Hans Zimmer; interpreti Cristian Bale (Bruce Wayne/Batman), Michael Caine (Alfred Pennyworth), Hearth Ledger (Joker), Gary Oldman (James Gordon), Aaron Eckhart (Harvey Dent/Due facce), Maggie Gyllenhaal (Rachel Dawes), Morgan Freeman (Lucius Fox), Eric Roberts (Salvatore Maroni), Chin Han (Lau), Colin McFarlane (Gillian b. Loeb), Cillian Murphy (dr. Jonathan Crane/Spaventapasseri), Anthony Michael Hall (Mike Engel), Melinda McGraw (Barbara Eileen Gordon), Nathan Gamble (Jimmy Gordon), Nestor Carbonell (Antony Garcia); produttori Christopher Nolan, Charles Roven, Emma Thomas; produttori esecutivi Kevin De La Noy, Benjamin Melniker, Thomas Tull, Michael Uslan; produttore associato Jordan Golberg; produzione Warner Bros., Legendary Pictures, Syncopy, DC Comics; origine USA, Regno Unito; durata 152’. Bruce Wayne si trova ad affrontare il suo nemico più pericoloso: il Joker, un diabolico sociopatico il cui unico scopo sembra essere l’anarchia più assoluta. Ad aiutare Batman saranno il neo commissario Gordon e il nuovo procuratore distrettuale Harvey Dent, fidanzato con Rachel Dawes. Dopo aver rapinato una banca della mafia, Joker convince i criminali della città ad assoldarlo per uccidere Batman. Deciso a seminare disordine Joker uccide il giudice del processo contro la mafia, attenta alla vita del commissario Loeb e di Dent, salvato all’ultimo da Batman. Gordon inscena la propria morte e con l’aiuto di Batman cattura il Joker. Rachel e Dent vengono "72 sequestrati dalla mafia e il Joker, dopo aver rivelato l’ubicazione degli ostaggi, scappa. Rachel muore in un esplosione e Dent rimane gravemente ferito perdendo metà della faccia. Dent, furioso per la morte dell’amata, perde il senno diventando a sua volta un criminale. Sequestra e cerca di uccidere la famiglia di Gordon e Batman interviene cercando di salvare gli ostaggi. Dent muore e Batman ne esce zoppicante. Per non infangare la reputazione di Dent e far uscire di prigione i criminali che aveva processato, Gordon incolpa Batman della sua morte, trasformandolo in un Cavaliere oscuro. INCEPTION (2010) Regia Christopher Nolan; sceneggiatura Christopher Nolan; fotografia Wally Pfister; scenografia Guy Hendrix Dyas; montaggio Lee Smith; costumi Jeffrey Kurland; musiche Hans Zimmer; interpreti Leonardo DiCaprio (Dominic Cobb), Joseph Gordon-Levitt (Arthur), Ellen Page (Arianna), Tom Hardy (Eames), Ken Watanabe (Mr. Saito), Dileep Rao (Yusuf), Cillian Murphy (Robert Michael Ficher), Tom Berenger (Peter Browning), Marion Cotillard (Mal Cobb), Pete Postlethwaite (Maurice Ficher), Michael Caine (Miles), Lukas Haas (Nash); produttori Christopher Nolan, Emma Thomas; produttori esecutivi Chris Brigham, Thomas Tull; produttore associato Thomas Hayslip; produzione Warner Bros. Legendary Pictures, Syncopy; origine USA/Regno Unito; durata 148’. Cobb è un ladro di sogni, si introduce nella mente dei soggetti per conto di ricche multinazionali al fine di estrarre informazioni ai concorrenti. Mr. Saito, un potente uomo d’affari giapponese, lo assume. Vuole che Cobb innesti nella mente del suo rivale, Robert Ficher, l’idea di smembrare l’impero del padre con il quale non può più competere. In cambio Saito offre a Cobb la possibilità di tornare negli Stati Uniti, dove è ricercato per l’omicidio della moglie. Cobb prepara una squadra con la quale progetta un sogno su tre livelli con i quali introdursi sempre più in profondità nella mente di Ficher. La conoscenza di Ficher si rivela militarizzata e il sogno condiviso da tutta la squadra, si trasforma in una trappola mortale. L’unico modo per uscire è continuare il lavoro. Dopo scontri, trucchi e inseguimenti l’operazione ha successo. Cobb può finalmente tornare dai suoi figli. THE DARK KNIGHT RISES (2012) Regia Christopher Nolan; soggetto Christopher Nolan, David S. Goyer (dai personaggi creati da bob Kane); sceneggiatura Jonathan Nolan, Christopher Nolan; fotografia Wally Pfister; scenografia Nathan Crowley, Kevin Kavanaugh; montaggio Lee Smith; costumi Roberto Craciunica, Lindy Hemming; musiche Hans Zimmer; interpreti Cristian Bale (Bruce Wayne/Barman), Michael Caine (Alfred Pennyworth), Gary Oldman (James Gordon), Anne Hathaway (Selina Kyle), Tom Hardy (Bane), Marion Cotillard (Miranda Tate/Talia al Ghūl), Joseph Gordon-Levitt (Robin John Blake), Morgan Freeman (Lucius Fox), Nestor Carbonell (Anthony Garcia), Matthew Modine (Peter Foley), Cillian Murphy (dr. Jonathan Crane/Spaventapasseri), Liam Neeson (Rā’s al Ghūl), Josh Pence (Rā’s al Ghūl giovane), Juno Temple (Jen), John Nolan (Douglas Fredricks), William Devane (presidente), Alon Aboutboul (Leonid Pavel); produttori Christopher Nolan, Charles Roven, Emma Thomas; produttori escutivi Kevin De La Noy, Benjamin Melniker, Thomas Tull, Michael Uslan; produzione Warne Bros., Legendary Pictures, DC Entertainment, Syncopy; origine USA/Regno Unito; durata 165’. Sono passati otto anni dalla morte di Harvey Dent e Gotham è libera dal crimine organizzato. Bruce Wayne non esce più dal suo castello e Batman viene ricordato con disprezzo per aver ucciso Dent. Selina Kyle, una "73 giovane ladra, ruba le impronte di Wayne che vengono usate in un’attacco alla borsa della città dove Bruce perde tutti i suoi averi. Dietro l’attacco si nasconde Bane, nuovo volto della Setta delle Ombre, che fa uscire allo scoperto Batman affrontandolo e spezzandogli la schiena. Bruce viene rinchiuso in una prigione in India dove è costretto a guardare la fine della sua città. Gotham viene attaccata, il sindaco ucciso, il commissario Gordon messo in fuga e la polizia bloccata nei sotterranei della città. Bane minaccia di far esplodere un ordigno nucleare se qualcuno cerca di intervenire. Isolata del resto del paese, Gotham si trasforma presto in una città dominata dall’anarchia e dalla sopraffazione. Bruce, deciso a vendicarsi, si allena per poter uscire di prigione. Una volta scappato, con l’aiuto del giovane detective John Blake, Lucius Fox, James Gordon e Miranda Tate scatena un attacco totale a Bane per impedirgli di far detonare l’ordigno a orologeria. Nello scontro finale Miranda Tate si scopre in realtà figlia di Henri Ducard e in combutta fin dall’inizio con Bane. Dopo aver ucciso sia Miranda che Bane, Batman porta la bomba in mare aperto appena prima della detonazione sacrificandosi per la città. Alfred scoprirà poi che Bruce è riuscito a sopravvivere e vive felicemente insieme a Selina Kyle. INTERSTELLAR (2014) Regia Christopher Nolan; soggetto Kip Thorne; sceneggiatura Jonathan Nolan, Christopher Nolan; fotografia Hoyte Van Hoytema; scenografie Nathan Crowley; montaggio Lee Smith; costumi Mary Zophres; musiche Hans Zimmer; interpreti Matthew McConaughey (Cooper), Anne Hathaway (Amelia Brand), Jessica Castani (Murphy Cooper), Michael Caine (professor John Brand), John Lithgow (Donald), Casey Affleck (Tom Cooper), Matt Damon (dr. Mann), Topher Grace (Getty), Wes Bentley (Doyle), Ellen Burstyn (Murphy Cooper anziana), Mackenzie Foy (Murphy Cooper bambina), William Devane (Williams), David Gyasi (Romilly), Wes Bentley (Doyle), Timothée Chalamet (Tom Cooper giovane), Leah Cairns (Lois Cooper); produttori Christopher Nolan, Lynda Obst, Emma Thomas; produttori esecutivi Jordan Goldberg, Jake Myers, Kip Thorne, Thomas Tull; produzione Paramount Pictures, Warner Bros., Legendary Pictures, Lynda Obst productions, Syncopy; origine USA/Regno Unito/Canada; durata 169’. "74 Scritti e interviste di Christopher Nolan Films of the Future Will Still Draw People to Theaters by Christopher Nolan, Wall Street Journal, 7 Luglio 201470 In the '90s, newly accessible video technology gave adventurous filmmakers (such as Lars von Trier and his colleagues in the filmmaking movement Dogme 95) an unprecedented wedge for questioning the form of motion pictures. The resulting 20-year process of radical technical and aesthetic change has now been co-opted by the very establishment it sought to challenge. Hungry for savings, studios are ditching film prints (under $600 each), while already bridling at the mere $80 per screen for digital drives. They want satellite distribution up and running within 10 years. Quentin Tarantino's recent observation that digital projection is the "death of cinema" identifies this fork in the road: For a century, movies have been defined by the physical medium (even Dogme 95 insisted on 35mm film as the presentation format). Savings will be trivial. The real prize the corporations see is the flexibility of a nonphysical medium. Movies as Content As streams of data, movies would be thrown in with other endeavors under the reductive term "content," jargon that pretends to elevate the creative, but actually trivializes differences of form that have been important to creators and audiences alike. "Content" can be ported across phones, watches, gasstation pumps or any other screen, and the idea would be that movie theaters should acknowledge their place as just another of these "platforms," albeit with bigger screens and cupholders. This is a future in which the theater becomes what Tarantino pinpointed as "television in public." The channel-changing part is key. The distributor or theater owner (depending on the vital question of who controls the remote) would be able to change the content being played, instantly. A movie's Friday matinees would determine whether it even gets an evening screening, or whether the projector switches back to last week's blockbuster. This process could even be automated based on ticket sales in the interests of "fairness." Instant reactivity always favors the familiar. New approaches need time to gather support from audiences. Smaller, more unusual films would be shut out. Innovation would shift entirely to home-based entertainment, with the remaining theaters serving exclusively as gathering places for fan-based or branded-event titles. This bleak future is the direction the industry is pointed in, but even if it arrives it will not last. Once movies can no longer be defined by technology, you unmask powerful fundamentals—the timelessness, the otherworldliness, the shared experience of these narratives. We moan about intrusive moviegoers, but most of us feel a pang of disappointment when we find ourselves in an empty theater. 70 L’editoriale può essere consultato anche nel sito al seguente indirizzo http://www.wsj.com/articles/christopher-nolan-films-of-the-future-will-still-draw-people-totheaters-1404762696 "75 The audience experience is distinct from home entertainment, but not so much that people seek it out for its own sake. The experience must distinguish itself in other ways. And it will. The public will lay down their money to those studios, theaters and filmmakers who value the theatrical experience and create a new distinction from home entertainment that will enthrall—just as movies fought back with widescreen and multitrack sound when television first nipped at its heels. These developments will require innovation, experimentation and expense, not cost-cutting exercises disguised as digital "upgrades" or gimmickry aimed at justifying variable ticket pricing. The theatrical window is to the movie business what live concerts are to the music business—and no one goes to a concert to be played an MP3 on a bare stage. Back to the Future The theaters of the future will be bigger and more beautiful than ever before. They will employ expensive presentation formats that cannot be accessed or reproduced in the home (such as, ironically, film prints). And they will still enjoy exclusivity, as studios relearn the tremendous economic value of the staggered release of their products. The projects that most obviously lend themselves to such distinctions are spectacles. But if history is any guide, all genres, all budgets will follow. Because the cinema of the future will depend not just on grander presentation, but on the emergence of filmmakers inventive enough to command the focused attention of a crowd for hours. These new voices will emerge just as we despair that there is nothing left to be discovered. As in the early '90s, when years of bad multiplexing had soured the public on movies, and a young director named Quentin Tarantino ripped through theaters with a profound sense of cinema's past and an instinct for reclaiming cinema's rightful place at the head of popular culture. Never before has a system so willingly embraced the radical teardown of its own formal standards. But no standards means no rules. Whether photochemical or video-based, a film can now look or sound like anything. It's unthinkable that extraordinary new work won't emerge from such an open structure. That's the part I can't wait for. Day One by Christopher Nolan, Interstellar: Original Motion Picture Soundtrack, WaterTower Music, October 2014 Each successive film I’ve done with Hans, I’ve tried to involve him at an earlier and earlier stage. Adding music to a film doesn’t work for me - it’s the reason I can’t temp a movie (edit using some other movie’s music to be replaced later). To me the music has to be a fundamental ingredient, not a condiment to be sprinkled on the finished meal. To this end, I called Hans before I’d even started work on Interstellar and proposed a radical new approach to our collaboration. I asked him to give me one day of his time. I’d give him an envelope with one page - a page explaining the fable at the heart of my next project. The page would contain no information as to genre or specifics of plot, merely lay out the heart of the movie-to-be. Hans would open the envelope, read it, start writing and at the end of the day he’d play me whatever he’d accomplished. That would be the basis of our score. Hans agreed. I think he shared my frustration with trying to wrangle the mechanics of a massive film right at the tail end of a years-long process of construction - the sheer difficulty of trying to see past what you’ve all built and get back to the beating heart of the story, as a great score must. He understood that what I wanted to do was turn his usual process inside out, giving his musical and emotional instincts free reign, so that the seed from which the score would eventually grow would be fused with the narrative at its earliest stage. Such experiments rarely get beyond the chatting phase, but Hans took me at my word, and several months later, he gave me my day, forcing me to start my own creative journey by sitting down to write out my page. I handed it over, and left Hans to his work, trying not to count the hours. At about nine "76 p.m. he called. The drive to his studio was pure anticipation. As I sat down on his couch a glance at his screen told me there was a track there, at least three or four minutes of music. He hit play, and I smiled as I heard a deceptively simple piano melody tell me the emotional story I was already struggling with on the page. Our peculiar experiment had worked better than either of us could have hoped. Then I had the unique thrill of revealing to a collaborator who had already spoken to the heart of the story that the project was, in fact, a massive science fiction project - the biggest film we’d yet undertaken. Hans was delighted with the disparity between the human intimacy of my one page and the otherworldly thrills of the overall film for which the music would serve as emotional guide. He gave me a CD with the track on it. He’d called it “Day One”. We toyed with the idea of a day two or day three, but somehow we knew that the seed was already planted, and that I and my other collaborators needed to do our part before Hans could go further. I listened to Day One countless times as I worked on the script, and as we shot. It served as my emotional anchor, just as it serves as the emotional anchor for the entire complex and thrilling score that Hans went on to create almost two years later. Few artists would so cheerfully have embraced such a direct challenge to their usual working methods- but the productive use of process to inform inspiration is one of the many things that I have learned from Hans himself. He is a creator who embraces the thrill and mess of reality’s disregard for abstract intentions - the making of the thing is the thing itself. For Interstellar Hans pulled off the ultimate version of his desire to “sneak up” on his work. It might be this that has made it one of his most intimate and individual scores, even as it takes us across the vastness of space and time. Jonathan Nolan And Christopher Nolan Interviewed By Jordan Goldberg from Interstellar: The Complete Screenplay, Faber & Faber, Londra, 2014 JG Walter Donohue [Editor at Faber & Faber] wanted me to start off with a question about the term science fiction. He’s never liked the term science fiction; he prefers the term speculative fiction. He believes speculating about the future is a way of revealing the way we live now and providing some kind of order in the way of understanding the chaos of contemporary life. JN For me, that was the whole jumping off point. Originally, Steven Spielberg wanted to do a contemporary space adventure. I pitched him instead something set fifty years into the future. The reason was that – in the tradition of M.A.S.H. being set in the Korean War but really being about the Vietnam War – I wanted to do something that reflected what I thought was the current state of human ambition. Which it is to say we congratulate ourselves every day on living in this spectacular moment of technological advancement and progress; we’ve invented the inter net and a variety of ways we can buy stuff online, but we’re not going into space. Measured purely by altitude, the human race peaked fifty years ago. CN But Walter’s question is about the value of speculative fiction – he’s not asking about futurism per se. Science fiction can be contemporary, speculative fiction can be contemporary as well. You set the story in the future so you could address the underlining problems and ideas that are going on in society right now the way the best speculative fiction does. And this project has always been in that tradition. What’s interesting is that when we came to shoot the film, we went exactly in the opposite direction. So we didn’t allow for any kind of futurism or any kind of difference from contemporary technology and contemporary society. The reason for that is it is more speculative fiction than science fiction. You choose what your speculations are about. And I didn’t want to speculate about the color of people’s trousers in the future or what kind of computer screens they’d be using. I think that speaks to the difference between science fiction and speculative fiction just as terminology. JG Where did the specific speculations in Interstellar come from? Like the dust situation? CN For me, the whole dust situation came from looking at Jonah’s original draft and focusing in on the idea of a return to an agrarian society. An agrarian society has a utopian aspect – there’s a simplicity and a kind of wholesomeness associated with it – and I think Jonah’s goal was to stop it from feeling "77 dystopian. I really liked that. But what I found interesting was the idea that when you research the kind of farming community that existed in the past, they’re very subject to the elements, they’re subject to the natural disasters. And whilst I think the blight idea was always extremely compelling as a device, it was inherently not very visual because you’re talking about things not growing or dying. We found ways to dramatize it by setting fire to the fields and the like. But I really wanted to get across two ideas with the dust situation. One was a simple way of visualizing the decay of a farming community or the ability to be able to farm. And the other key point is from watching Ken Burns’s documentary The Dust Bowl, which is incredible if you haven’t seen it because it is science fiction. It seems like science fiction. You cannot believe the images you’re seeing, the real images. The descriptions are heartbreaking and amazing, but you’re looking at pictures and film of things that if you put them in a movie, directly, people wouldn’t believe it. When we do the dust clouds and the dust storms in the film they are toned down from the real imagery because the real imagery would never be believed. And that really happened. JN That’s amazing. CN And I really like the idea of trying to dramatize your inherent blight situation in a sort of disaster movie mode and make it bit more visceral. But do it in a way that has already happened on our planet, for real, that has been documented. And that eventually led us to actually incorporate some of Ken’s footage in the film as the real voices talking about the dust with the older Murph. I really like the idea of saying that the most threatening and outlandish visual idea of the first act has already happened in real life. It’s not even under question. JN We’re sort of in this moment in which humans are obsessed that we’ll prove our own undoing – that we’ll poison the planet, we’ll destroy ourselves, and all these things. But I thought it would be more interesting to find a slightly less personal Armageddon, or the idea that the universe obliterates you or the planet turns itself toxic because it doesn’t care about you and me because we’re an accident in outer space. The blight and the dust provided what I thought was a great, impersonal way for the planet to sort of gently suggest that our time here was over. That it was the moment to move on, rather than being something that we had brought on ourselves which, in its own way, feels anthropocentric. JG Jonah, in a story like this, there needs to be a certain amount of scientific research. In the beginning when you were talking to Kip Thorne, you were in immersed in a slew of complex concepts and ideas. Where did the science end and the imagination begin? JN Well, Kip is simultaneously a brilliant, brilliant scientist, but also a very kindly and patient explainer of science. He’s of the philosophy that all these grand discoveries that he and his mates have come up with, if they can’t be articulated back to regular people – people like me – then of what use are they? If you can’t share them with the rest of humanity, then have you really discovered anything at all? And so Kip has devoted an enormous amount of his career and his time to trying to make these ideas accessible as his great friend Stephen Hawking has – and to a degree as Albert Einstein did trying to make sure that these things are things you can hang onto. And in the manner of Einstein – you know, Einstein’s thought experiments ultimately always involved two people on a train, or twin brothers with one headed into space – any attempt to understand general relativity seems to come back to this personal scale because it’s how we see the universe. We are our own instrument for measuring the universe – ourselves, our life spans, our senses, and our relationships. And our understanding of our mortality is built through those relationships. So Kip – in his books, in his work – has concentrated on finding ways to relate these things on a human scale. And that inevitably brings you to this view of natural events as they relate to us and our families and our relationships. In terms of principles guiding us, there are a number of ideas that are common to lots and lots of speculative fiction. Wormholes being one of them. But the main thing here was to try to get all the way underneath the rule-set sufficiently that the experience becomes kind of a tactile one that you feel. I mean, a wormhole is kind of an inherently alien concept, right? We know nothing in the universe that would allow one to develop naturally. The idea of a wormhole presupposes the idea of a higher order of intelligence, so there’s a certain amount of speculation just in that. "78 CN There are several key narrative ideas that I put into the script based on passages that Kip had led me to in his book. Those then turned out to be the things that he argued with me the most about whether they would really happen. Laughter. But I found that fascinating because it meant to me that even though he’d written it in a book ten years ago, he was still completely prepared to take it as a fresh story element, and argue about whether or not it could really be. JN Sure. CN And I found that surprising and a little frustrating at first, and then the more I talked to him I realized that he approaches these things from a very pure point of view. So it’s not about whether he said it ten years ago or not, it’s about what does he believe now. What does the science tell him. And very often it was about whether he could make the numbers work. Literally. So I would say, ‘Can this happen?’ And he’d say, ‘Well, I’ll do some calculations.’ And when he did the calculations it allowed him to understand that mathematically it was possible, which I guess is kind of the genesis of the whole idea of wormholes because he doesn’t believe they can be naturally occurring, but he believes them as a mathematical possibility based on Einstein’s equations. But I did find that when I came to the project, there was a very, very dense amount of science that he was quite keen on that I had to (laughs) gently pry him away from. JN (laughs) Yeah, sure. CN And we were able to address some very sophisticated scientific concepts in the movie by just simplifying – just having fewer elements. I think there were so many things crammed into the original, so many scientific ideas that Kip wanted or that you wanted – JN Yeah, there was an awful lot of stuff that we were trying to cover. Kind of everything … Well, the film’s called Interstellar! Laughter. CN Relative to the original question, though, I definitely tried to not go too far and try to understand the complexities of science because I felt that the audience won’t be able to. I have to understand it a little bit better than the audience does, but you have to be one of them … JN You and I are not terribly keen on research. You do just enough so that you see the possibilities and not the constraints. This was a very different experience for me because I spent so long talking with Kip and reading books. Sometimes these projects go quickly, sometimes they drag on, but this one lasted a bit. I became friends with Kip – we sort of kept talking – and I think all of that helps. There was about a two-month period in 2008 in which I felt confident to say that I felt like I truly understood both special relativity and the theory of general relativity, right? And then the writers’ strike happened and I’ve never understood it since. (Laughs.) Some of these things you can understand on an intellectual level, and then hanging out with Kip long enough there are some of these things that you just start to feel are more instinctual. CN And the instinctual ones are the worthwhile ones because the actual ones don’t play for an audience at all, unless they can be summarized as a simple rule that you oppose – like you can’t go faster than the speed of light, or whatever. JG Explain the significance of Murphy’s Law. JN Murphy’s Law is not quite as scientific as – (To CN.) I can’t remember if you and I ever talked about it … CN Well, the way you explain it in the draft – it actually is pretty scientific, funnily enough. JN Yeah, it’s kind of a lot of my speculative bullshit. What was interesting about Murphy’s Law was that I thought it was a fascinating jumping-off point for a theme – CN Well, it’s not speculative bullshit! You mean in terms of it meaning whatever can happen, will happen? "79 JN No, that’s not speculative bullshit. CN The other end of it is complete bullshit, and Kip has explained that to me. I left it in the film because I thought it was really good. JN What’s that? CN The scientific idea that Brand expounds that because Miller’s and Mann’s planets orbit a black hole that not enough elements are able to reach them. Kip went with it at first, but then he talked to some of his colleagues, and he’s fairly confident that, in fact, the opposite would be true. But he was okay with me leaving it there because I’m like, ‘Well, first off, she could be wrong.’ And I think, interestingly for Kip, that was a major breakthrough because of his understanding of the science – JN (laughing) That the scientist could be wrong! Yeah, totally. CN Yeah, that you can have a character who spouts bullshit, or speculation, or whatever – that that’s okay. Once he got his head around it, he was very comfortable with it. Where we got into a certain amount of trouble and where we really tried to skirt the truth is with the gravitational pull of the black hole, because this orbital angular momentum stuff that it gets into, the way that a black hole would really attract a body, and the way that you wouldn’t fall into it, you would orbit it – they’re just not things that the audience is ever going to be able to understand. That was one of those early things that we said, ‘The way this story is going to work, we’re going to have to view gravity as a stronger force than it really is.’ Or, stronger in its early stages. JN But in turn, when you’d talk to Kip you’d realize that relativity is such an odd thing. The shape of our universe is so bizarre that at certain speeds and locations, time and space do become very unusual. The idea that I was really trying to get to with Murphy’s Law was just that we live in a space in which things are permitted to happen, right? And those are good things or bad things. Death, destruction, but also life. The idea that we’re here on this ball of mud hurtling through space seems to have something to do with our interactions with extra-planetary bodies and cosmic rings – CN I think biologically and historically it’s a very interesting idea, and I do think it’s scientific because it actually relates to osmosis, as simply as that; it’s like, a body in motion with particles going through a membrane because they just will. JN Right. They’ll find a way. CN Exactly. JG Talk about making abstract, complex concepts understandable by finding a way to make them emotional. CN You do have to personalize it. Even if the audience understands it, they aren’t going to care about it. There were two things that really hooked me on the project after reading the early drafts. I mean, I loved the characters. I loved the setting of the first act. But I really loved the moment where Cooper catches up with the messages he’s missed. And I always felt that if you could make that the center piece of everything that happens in the second act – it just is such a powerful thing that anyone could relate to. And there is science behind it, but you’re not thinking about the science at all. You’re actually thinking about your own mortality. You’re thinking about living life as a human being. And that was attractive to me. If you look at what I did with the draft, mostly what I did was take out all of the other stuff in the second act and just have that scene. I always found that moment to be the most ambitious thing in the project, and the most sort of … extraordinary. JG Walter brought up an interesting point. He said that Flannery O’Connor always said that the most important word when writing is concrete. And for him the concrete thing in this script was the emotional core between the parent and the children. CN Yeah. Well, I always felt that was at the heart of the project. My feeling on the development process – which you (JN) were engaged in for many years – is that it doesn’t necessarily allow for choices; that is to say, the stripping down of choices. The development process inherently adds things – adds potential choices – but it’s not a very good process for making the ultimate choices you have to "80 make in terms of what to take out. And ultimately, in any moviemaking process, at some stage somebody has to come along – usually it winds up being a director, if somebody’s a writer-director they’ve got a better chance of doing it – and going, ‘Okay, yes you could make this whole other movie. You could make ten other movies, but you can’t make those movies. You’ve got to choose one and follow that line very strongly.’ So what I found in your drafts was this family. And to me, that’s the thing that you follow the whole way. And ultimately what I wound up doing – and I told you after I’d done it because I did not do it on purpose – but I wound up eliminating any kind of alien life from the project. For me, that happened for two reasons. I mean, one was just me following my natural instinct about what I loved about the characters, and the story that I thought was important. The other reason has to do with the problems I have with a lot of popular science fiction films over the years, which is that they don’t necessarily focus in on a momentous event to the degree that they should, and the only way to do that is with the exclusion of other momentous events. JN Sure. CN So, to me the idea that you could find a planet that you could walk around on and talk about living on is so extreme, that to then also have a scene where somebody encounters alien life – that to me is the next momentous event … JN A whole other movie! CN It’s the difference between screenplays and then the screenplay that you go, ‘Okay now we turn the cameras over on Monday.’ It’s not about taking out things that you think are good – it’s just about a choice of going, ‘You could make any movie out of this. What is it?’ And I talked to you a lot, I remember, about genre very inarticulately for a very long period of time. Like years. Because I would say I don’t want it to be an adventure story, but it was very difficult to figure out. I think ultimately it was about moving away from it being an action film and going more to – I don’t even know what genre you call, like, Treasure of the Sierra Madre or Greed, or these films that are very much about human beings, and they tend to be quite simple stories. JN A disaster morality tale, or something. Something in that space. CN Yeah, I suppose you do call them adventure movies, but it’s different. It’s different from actionadventure. JN Absolutely. Because Interstellar isn’t about an antagonist. The antagonist is the universe. CN Exactly. JN The antagonist is the void of the vacuum that we live in. CN Yeah. Which is about focus. I mean, one of the things that we did very early on – well, we really did it in the shooting, but when we came to edit, we do the first docking scene on the Endurance, which in all the scripts had been fairly much a throwaway. In my draft, it was one line. But the action takes up a lot of screen time. And I think, without even really talking about it with Lee (Lee Smith, Editor), we realized that if you make that moment important, and difficult, and dangerous, you’re setting the tone in terms of just how difficult space is. If you turn the volume down you can put the focus on the mechanics of ‘how do you live in space?’ One of the things we talked a lot about in the sound design is not having sound effects in space. We thought that was going to be this very risky and daring thing to do, but what we discovered was that as soon as you just did it and looked at the film that way, you realized that silence is extremely threatening. It really reminds you at every stage that you just shouldn’t be there. JN You’re automatically reminded of the uninhabitable aspect of that environment. It’s very powerful. JG By no means is this a message film, but it does emphasize the importance of the human impulse to explore, and it hits it pretty hard, particularly in the first act. CN Well, I think that’s a very positive message to have in the first act because it keeps an optimism to things, even though there’s a negative view of ‘where are we now?’ But there’s a real optimism to exploration. It’s like in Star Wars, Luke Skywalker sitting there on Tatooine trying to see what’s out there and eventually he gets his chance. So, it’s an incredibly optimistic thing at the beginning of the film. "81 What I brought to it, which actually wasn’t even that fresh an idea because it was something which you talked about years before trying to get it in yourself, was the idea of looping it back in on itself. So the journey returns to where it starts. Because that always seemed the appropriate journey, and I think I tried very hard to make that very literal – very mechanical almost. We loop it back in on itself, and we see the dangers of that kind of exploration. I don’t just mean physic ally, but emotionally. I mean, you go all the way out there, and then you have to come back. JN But you return to find the world has changed. That was the most important thing for me. I think where I began my journey with this film was really with the end. The idea of a man out of his own time. Sort of a time traveller. On some instinctual level we feel that time travel is not possible backwards. The universe forbids it. You feel that once events move from right to left and we progress forwards in time, there’s no going back. And there’s something very tragic and sad about that. You can move only in the tragic direction – tragic in the sense that you have to leave people behind, optimistic in the sense that you can glimpse the future. CN Right. JN And as you get older, and certainly as I’ve become a parent, which is this transformative moment and somewhat meaningful for me with this project, because when I started it the relationships between what was then father and son were purely speculative – Chris then changed Murph to a little girl, and then in the interim I had a little girl of my own. So now the emotional wallop of the film is completely different. But even in the short few months since I’ve become a parent, you begin to realize that, as you get older, you become a bit of a passenger in the universe. And I imagine I will probably get to a moment in my life shortly towards the end of it where you just want to keep living because you want to see what happens. What do our children become? What is my little girl going to be doing in forty or fifty years? I mean, the possibilities of that are staggering. And the idea – a very provocative one – that you’d be able to glimpse that on some level, that you’d be able to glimpse where all that is going, is very sad and very alluring all at once. CN It is, but there’s another factor that really feeds into that, which is that pop culture relentlessly speculates about the negative aspects of the continuing human story. So there are all these ideas of apocalyptic thinking. Every generation believes they’re the last generation on Earth. Maybe one generation will eventually be right. I certainly hope it’s not ours. But everyone has always believed that, so there has always been this apocalyptic mode to storytelling. What I really loved about what you’d done with the central concept is that it transcends that. It’s about the way in which human beings adapt and transcend natural movements – apocalyptic-type movements. And that is where the optimism comes in. That’s also where the excitement comes in. Yes, the sadness of leaving Earth is very analogous to the sadness of leaving home. But then you go somewhere and that’s exciting and fascinating. I was just struck by how it had been a long time since I saw movies like the ones that Spielberg was making in the early eighties, late seventies, where you presented a sort of inevitability in life or human evolution or whatever – something that the filmmakers really believed in. Like, if you look at Close Encounters or E.T., or whatever – stuff where you go, ‘Okay, these things are going to happen. What if it happened now? Or what if we could see it happening now? What if we knew it?’ And I just thought that original concept you had that the Earth is the nest and you leave the nest – I’d never seen that presented as positive. I’d never seen that presented as a simple, evolutionary sort of inevitability. Which, to me, the best science fiction films do, or the best speculative fiction films do – they present it as, ‘Yes, this is going to happen. Isn’t it interesting to think about what that would be like?’ It’s actually a lot harder to imagine something positive – a lot harder to imagine what if we have to go beyond where we are? JN That’s the fascinating question of why is it that humans are so obsessed with not just the idea of their own Armageddon, but their own culpability in it. CN Well, I think it’s actually easier to imagine hell than it is to imagine heaven, and I think if you look at paintings or anything else, the descriptions of hell are always more convincing and relatable because they’re exaggerations of human suffering, which is quite tactile. But there’s also massive importance to a generation that is the last human generation. I think every generation has that sort of ego to "82 them – if you could ascribe an ego to an entire species. But there’s that idea that we might be the last, and therefore we are the most important. JN The film might be guilty of that, but ultimately not. CN I don’t think it is at all because there’s nobody sitting there going, ‘Yeah, we messed up; this is the end of things.’ They’re all sitting there kind of going, ‘Yeah, we’ll figure it out.’ Part of the problem of where the negativity comes from has happened in the last twenty years with people trying to look in a more cynical way under the surface about motivations for why things happen. So, there’s a very, very powerful belief that innovation comes from war, or human conflict. You know, we only went into space to mess with the Russians or whatever it is. And you go, ‘Okay. There are interesting theories behind that. There are interesting undercurrents that, yes, in the past, might have been overlooked.’ But now people aren’t seeing the wood for the trees. We went to space because it was a cool thing to do. Kennedy sat there and said, ‘Yeah. We should go to the moon.’ I had a very interesting conversation with my friend David Lloyd years ago. We were talking about, in human history who of our times will be remembered? And who will be the most prominent person to be remembered for the last hundred years in the way that historical figures are? And if you ask people that question, you know, they’ll say things like Steve Jobs, or whatever. And then you go, no, it’s Neil Armstrong! JN Right. CN And how can it not be Neil Armstrong? If you look five hundred years in the future, it’s like, the first guy who left the earth and landed somewhere else. JN He’s Christopher Columbus minus all the slavery. CN Yes. And whatever things sort of hover around, that stop us from being able to see, will fall away over time, the same way they did for Columbus. JN And that’s how I got the job in the first place. At that moment it absolutely felt – this was my pitch – that the safe bet was in a million years that alien anthropologists would come to Earth and they would find a stick with a piece of polyester on the moon, and they would say, ‘Wow, they almost made it. They got that far.’ So, you wash away all the day-to-day stuff that we get caught up in – this invention or that invention. And it’s like, ‘No.’ That drive to get out, to explore the universe, will be the residue that’s left behind. Armstrong will be the person that people talk about. This is what connects it back, for me, to Murphy’s Law. Murphy’s Law popularly is: if something could go wrong, it will go wrong. The eponymous Murphy was one of a group of rocket engineers working for the Air Force. And he was a grumpy guy, and the rest of the people on the team didn’t like him very much because he was constantly ragging on people. And one day he came back and said, ‘You know, if there was a way for these guys to mess this up, they would.’ And that has been how we remember Murphy’s Law, right? If there’s a way for human beings to mess things up, they will. But another guy there – an engineer by the name of Nichols – had a different take on it. And by his accounting, the sentiment – as it was expressed as they were distilling this wisdom of the things going wrong in their testing – was that ‘If something can happen, it will happen.’ It doesn’t have to be a bad thing; it doesn’t have to be a good thing. Humans are capable of both. We’re lucky enough to live in a universe in which both things can happen. And it’s interesting to see how many films and books tend to concentrate on all the terrible things that we can do. The parasitic relationship between innovation and violence and all those sorts of things. And there’s something under it, certainly. But they do tend to ignore the self-evident part too. CN Yeah, exactly. JN We exist. We survived. Hopefully, we will continue to survive, and that is probably a good thing. "83 Tavole Interstellar - Teaser Poster 1 Interstellar - Official Poster 2 Interstellar - Official IMAX Poster by Kevin Dart 4 Interstellar - Fan Art Poster 3 "84 5 7 6 Interstellar - Fan Art Poster "85 8 Interstellar Timeline da NolanFans.com "86 9 Bibliografia Monografie BUCCHERI Vincenzo Lo stile cinematografico, Carocci, Roma, 2010 CANOVA Gianni L’alieno e il pipistrello, Bompiani, Milano, 2000 DALLA TORRE Paola Sognando il futuro, Da 2001: Odissea nello spazio a Inception, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2012 FADDA Michele Il cinema contemporaneo, caratteri e fenomenologia, Archetipo libri, Bologna, 2009 FADDA Michele Corto circuito: il cinema nell’era della convergenza, Archetipo libri, Bologna, 2011 FONTANA Andrea Il cinema americano dopo l’11 settembre, Morpheo, Piacenza, 2008 GANDINI Leonardo (a cura di) Il cinema americano attraverso i film, Carocci, Roma, 2011 GANDINI Leonardo Il DNA del cinema in Roy Menarini (a cura di), Cinema senza fine, Un viaggio cinefilo attraverso 25 film, Mimesis, Milano, 2014 GANDINI Leonardo BELLAVITA Andrea (a cura di) Ventuno per undici, Fare cinema dopo l’11 settembre, Le Mani, Genova, 2008 HUTCHINSON Phil READ Rupert Memento: A Philosophical Investigation in Rupert Read, Jerry Goodenough, Film and Philosophy: Essay on Cinema After Wittgenstein and Cavell, Palgrave Macmillan, New York, 2005 JAMESON Fredric Postmodernismo, ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, trad. it. 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Abrams Tinker Tailor Soldier Spy (2011) di Tomas Alfredson Chronicle (2012) di Josh Trank Looper (2012) di Rian Johnson Side by Side (2012) di Christopher Kenneally The Dust Bowl (2012) di Ken Burns Elysium (2013) di Neill Blomkamp Europa Report (2013) di Sebastián Cordero Gravity (2013) di Alfonso Cuarón Her (2013) di Spike Jonze Oblivion (2013) di Joseph Kosinski Star Trek Into Darkness (2013) di J.J. Abrams The Hunger Games: Catching Fire (2013) di Francis Lawrence Edge of Tomorrow (2014) di Doug Liman Lucy (2014) di Luc Besson The Science of Interstellar (2014) di Gail Willumsen Transcendence (2014) di Wally Pfister Star Wars: The Force Awakes (2015) di J.J. Abrams "92