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ARTICOLO CHIRCO PER 29

Adriana Chirco Del palazzo che c’era, non ci fu e non c’è più Ovvero, che fine ha fatto palazzo Monteleone? Può una città, e soprattutto la sua “intelighenthia”, dimenticare fatti e luoghi nel giro di pochi decenni? Certamente si, se la città è Palermo ed ha vissuto eventi 1 - In A. Leanti, Lo stato presente della Sicilia o sia disastrosi; solo negli ultimi cento anni si breve e distinta sono succeduti sventramenti, tagli, scomdescrizione di essa, parsa di interi quartieri, bombardamenti Palermo 1761. protratti, ricostruzioni casuali, piani rego2 - N. Basile, Palermo Felicissima, terza serie, latori scriteriati e sacchi edilizi, ma soprat1938, p. 315. tutto una insana assuefazione a convivere 3 - Le vicende dei due con le macerie. palazzi sono ben più Palazzo Monteleone, particolare, cartolina postale (coll. privata) complesse: il primo, ex palazzo Montalbano, fu completamente demolito per l’apertura di via Roma nel 1906; parte della superficie residua fu inglobata nella proprietà del principe Moncada di Paternò che vi fece costruire l’attuale palazzo Paternò. Il secondo era una semplice facciata settecentesca, divenuta poi parte del palazzo Traetta, poi inglobato nella proprietà Bonomolo, oggi Rinascente. Cfr.: A. Chirco, M. Di Liberto, Via Roma la strada nuova del ‘900, Dario Flaccovio editore, Palermo 2008, pp. 143 e 154 e segg. 4 - Cfr.: A. Chirco, M. Di Liberto,Via Roma... cit., p. 158. 5 - Confesso ai lettori che questo dilemma ha suscitato in me molta curiosità fin dai primi anni dell’università, ma che ho sempre ritenute assolutamente degne di fede le affermazioni degli storici più recenti ed io stessa sono incorsa nell’errore nei miei scritti. 10 Tra i tanti palazzi scomparsi a causa di tali misfatti aleggia il fantasma di un importante palazzo di origini cinquecentesche, palazzo Monteleone, che per molto tempo si diceva essersi trovato al posto del palazzo Paternò, in via Roma, e del quale si erano perse le tracce. Alla base dell’equivoco, che tuttora permane nell’identificazione del palazzo, sta la descrizione dell’incisione di Antonino Bova “Prospetto della Piazza di San Domenico” che fa Nino Basile, in Palermo Felicissima (1938)1. Il brano così recita: «A tramontana e ad occidente vi sono due palazzi di disegno conforme, di pietre d’intaglio; il primo apparteneva ai Duchi di Monteleone, il secondo ai Baroni di Montalbano. Il primo è stato completamente distrutto, dell’altro è rimasta l’ala sinistra su cui si vede una parte balaustrata di coronamento intramezzata da pilastri, sui quali sono collocati dei vasotti di pietra intagliata...»2. L’autore, forse sulla scorta di personali ricordi, identifica dunque come palazzo Monteleone quello che si trovava lungo il fronte occidentale della piazza, nel luogo in cui oggi sorge palazzo Paternò, e sostiene che il palazzo sul fronte settentrionale, che ha conservato uno scampolo di facciata settecentesca, sia palazzo Montalbano3. La realtà è molto diversa: palazzo Paternò, magnifico stile documenti la memoria barocchetto d’inizio del ‘900, elegante e pomposo, allineato sulla via Roma, è quello che chiude piazza San Domenico ad occidente, facendo da bella cornice alla piazza. Il committente, il principe di Paternò, lo fece costruire, su progetto di Antonio Zanca noto architetto eclettico palermitano, sull’area residua di un altro palazzo, limitrofo alla sua proprietà4. Perché dunque palazzo Monteleone è stato confuso con un palazzo costruito su piazza San Domenico? Perché se n’è perduta ogni traccia, al contrario di altri edifici storici della città? Perché non ne rimane alcuna immagine? Palazzo Monteleone, infatti, era separato dagli altri edifici di piazza San Domenico da una tortuosa strada che portava il nome del palazzo stesso, via Monteleone; questo rafforzava la convinzione che palazzo Monteleone potesse realmente trovarsi dove tutti gli storici ed appassionati lo indicavano, cioè al posto dell’odierno palazzo Paternò5; ma, secondo racconti ormai lontanissimi degli storici della città, al palazzo Monteleone, era collegato un giardino, un parco privato chiuso da muri, il più vasto della città murata ed era noto che al posto del giardino negli anni Venti era stato costruito il palazzo delle Poste. Rimaneva quindi il dubbio: dato che il palazzo delle Poste si trova a qualche centinaio di metri da piazza San Domenico, come avveniva il collegamento tra il palazzo ed il giardino? Un soprapasso su via Monteleone era del tutto improbabile e mai documentato. Inoltre, il giardino di palazzo Monteleone, stando alle descrizioni che ne facevano gli Pianta dei locali di Palazzo Monteleone sede dell'Istituto "Vittorino da Feltre", 1907 (da A. Chirco, M. Di Liberto, Via Roma la strada nuova del 900, Dario Flaccovio editore, Palermo 2008) storici, doveva essere un giardino molto ampio e ben conservato fino al momento della sua scomparsa. Anche il palazzo, del resto, doveva avere una grande mole ed una ricchezza storica tutt’altro che irrilevante. All’epoca in cui scrive Vincenzo Di Giovanni (1615) apparteneva a Giovanni di Aragona Tagliavia e Pignatelli erede del secondo duca Carlo D’Aragona e possedeva «un giardino il più bello e grande di tutta la città di Palermo»6. Nel XVI secolo era stato la casa di Don Carlo Aragona7 duca di Terranova, principe di Castelvetrano e marchese di Avola, presidente del regno per nomina regia e vicerè di Catalogna. Alla fine del secolo seguente, quando il marchese di Villabianca scrive Il Palermo d’oggigiorno (1788), apparteneva al principe Ettore Pignatelli, Tagliavia, Aragona, dei duchi di Monteleone8, ed aveva già inglobato l’antico palazzo dei Lanza principi di Trabia e conti di Mussameli, confinante dal lato meridionale: «La casa Ventimiglia in tutto o in parte anticamente lo possedette9. Fu celebrato talvolta in esso il parlamento generale del regno, trovandosi presidente o sia vicerè di Sicilia un duca di Terranova… Un bel verziere che segue i piani di sotto de’ suoi cortili, vi accresce magnificenza… L’aggregazione finalmente, che vi si è fatta, GENNAIO APRILE 2011 PER 29 non è gran tempo, del palazzo del conte di Mussumele Lanza, che vi confinava, lo ha arricchito in ampiezza; e in conseguenza oggi detto palazzo Terranova si può dire composto di due gran palazzi. In questo secondo palazzo Lanza è rispettabile in antichità una torre, coronata di merli e balestriere, che sta nel mezzo delle sue fabbriche»10. Fin qui, i dati riportati dagli storici. Che fine ha fatto, dunque, palazzo Monteleone con il suo magnifico giardino? Palermo è una strana città, vergognosamente legata al suo passato, ma non ai suoi monumenti; i palermitani amano definire la città una sontuosa capitale barocca, ma non mancano di accatastare sacchetti d’immondizia davanti alle sue facciate; considerano Palermo una città Liberty ed hanno distrutto quasi tutte le testimonianze di quell’epoca; sono convinti di avere il più grande centro storico d’Europa, ma continuano a lasciarne gran parte in macerie e lo attraversano spavaldamente in automobile senza cercare soluzioni alternative. In una città così, quindi, è più che naturale che un evento avvenuto sotto gli occhi di tutti, come la demolizione di un palazzo nobiliare di antica ed importante valenza, passi del tutto inosservato anche per i contemporanei e venga archiviato senza 6 - V. Di Giovanni, Il Palermo restaurato, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di Gioacchino Di Marzo, rist. anast., Arnaldo Forni ed., Sala Bolognese, 1974, vol. 20°, p. 262. 7 - V. Di Giovanni, cit. p. 339. 8 - Nobile famiglia ritenuta da molti autori di origine longobarda, discesa dai duchi di Benevento; si hanno memorie documentate dal 1102 con Lucio Pignatelli, connestabile di Napoli. www.pignatelli.org. 9 - La famiglia d’Aragona è conosciuta in Sicilia dall’epoca del regno di Pietro d’Aragona. Don Carlo d’Aragona fu suocero di don Giovanni Ventimiglia marchese di Geraci e principe di Castelbuono; successe al suocero nel titolo di presidente del regno. Il palazzo dell’Olivella viene indicato anche come Casa Ventimiglia. 10 - F. M. Emanuele e Gaetani marchese di Villabianca, Il Palermo d’oggigiorno, in Biblioteca storica e letteraria di Sicilia, a cura di Gioacchino Di Marzo, rist. anast., Arnaldo Forni ed., Sala Bolognese, 1974, vol. 14°, p. 120. 11 Giardino di Palazzo Monteleone, a sinistra, la via Gagini, in fondo al centro, gli edifici su via Torre di Gotto Foto E. Giannone (serie oro) discussione alcuna. Quando poi anche i contemporanei a quei fatti sono scomparsi, la memoria è del tutto sparita. Innanzitutto il palazzo esisteva già quando fu aperta piazza San Domenico nel 1724; infatti, il giardino del palazzo è visibile nella pianta di D. Caetanus Lazzara, Plano de la Ciudad de Palermo, del 170311. Confrontando quest’ultima con il piano d’insieme della nuova via Roma (1897) risulta evidente che lo stesso isolato verrà attraversato dalla nuova strada. C. Lazzara, Plano de la ciudad de Palermo, 1703, particolare; in: M. R. Nobile, Palermo 1703: ritratto di una città, edizioni Salvare Palermo, 2003 11 - In: M. R. Nobile, Palermo 1703: ritratto di una città, Edizioni Salvare Palermo, Palermo 2003. 12 - I dati qui riportati sono frutto delle ricerche condotte sui palazzi della via Roma insieme a Mario Di Liberto accanito divoratore di notizie in biblioteche ed archivi, pubblicate in: A. Chirco M. Di Liberto, Via Roma ... cit. (Dario Flaccovio editore, Palermo 2008) 12 documenti la memoria Primo indizio. Rivedendo con attenzione le parole degli storici si legge: «La casa del Duca (don Carlo D’Aragona duca di Terranova e principe di Castelvetrano) è cognita in Palermo presso la chiesa di Santa Caterina l’Olivella…» (Vincenzo Di Giovanni, 1615) e ancora, così scriveva il marchese di Villabianca un secolo e mezzo dopo: «il palazzo… é contiguo alla casa de’ padri dell’Oratorio» (padri Filippini di Sant’Ignazio all’Olivella n.d.a.). Quindi, palazzo Monteleone si trovava lungo via Monteleone e non in piazza San Domenico. Secondo indizio. Inoltre era noto che nei primi decenni del XX secolo era stato la sede di un glorioso collegio privato, il “Terenzio Mamiani”. Terzo indizio. L’unico dato certo era dunque che palazzo Monteleone era stato intercettato dall’asse dell’attuale via Roma. La storia che segue è quella della certosina, e non sempre facile, ricerca d’archivio che ha portato Mario Di Liberto e chi scrive ad identificare con certezza il palazzo e le ultime fasi della sua storia12. Fu il ritrovamento casuale, in un contratto d’affitto, di una pianta di alcuni locali ad innescare le ricerche: si trattava del contratto con cui nel 1892 il principe Giuseppe Pignatelli Aragona Cortes13 diede in affitto al cav. Giuseppe Lo Bianco alcuni magazzini nel giardino, il portico sotto la grande terrazza del palazzo, posto tra il cortile centrale ed il giardino, la rimessa delle carrozze ed i locali della cucina del palazzo prospicienti il giardino14. Lo Bianco ne fece la sede dell’istituto “Epicarmo”, da lui stesso fondato come giardino d’infanzia maschile e femminile. Nella pianta l’immobile era ubicato tra le vie Monteleone, Torre di Gotto e Gagini e vi compariva il tracciato della futura via Roma che attraversava il giardino. Tra questo e le costruzioni, un terreno libero a forma di trapezio allungato era indicato come proprietà comunale. Fu GENNAIO APRILE 2011 PER 29 facile allora verificare la corrispondenza tra quest’area ed il terreno promesso al Banco di Sicilia15 per la costruzione della sua sede su progetto di Francesco Paolo Palazzotto. Quarto indizio Assodato ciò, e riviste con occhio diverso le piante di Palermo dei secoli XVIII e XIX secoli e le carte di progetto della via Roma, palazzo Monteleone risultava perfettamente ubicato lungo via Monteleone, tra via Torre di Gotto e la chiesa di Sant’Ignazio all’Olivella, circa 150 metri ad nord-ovest di piazza San Domenico e non aveva nessun affaccio su quest’ultima; il vasto giardino, perfettamente identificabile nelle carte topografiche, si estendeva fino alla via Gagini ad oriente del palazzo dal lato interno ed era chiuso da costruzioni sul lato sud ed est, mentre a settentrione confinava con l’ex convento dei Padri Filippini. Ma in quel terreno non fu mai costruita la sede del Banco; inoltre, quel terreno era occupato dal giardino, quindi era libero da costruzioni. Quindi il dilemma rimaneva: che ne è stato del palazzo tra la fine dell’800 e l’epoca di costruzione del Palazzo delle Poste? Solo scoprendo le esatte vicende relative agli espropri, avvenuti per il taglio di via Roma, si sarebbe potuto individuare il bandolo della matassa. [•] (fine prima parte - continua) Prospetto della nuova sede del Banco di Sicilia, 1913, arch. F. P. Palazzotto (da A. Chirco M. Di Liberto, Via Roma, Dario Flaccovio editore, Palermo, 2008). 13 - Il cognome Cortès si deve al matrimonio, avvenuto nel XVII secolo, tra Diego Aragona Tagliavia, principe di Castelvetrano, marchese di Avola e duca di Terranova, con Stefania Carrillo Cortès Mendoza; la figlia di questi Giovanna nel 1637 divenne moglie di Ettore Pignatelli, principe di Noja e del Sacro Romano impero e VI duca di Monteleone, iniziando la dinastia dei Pignatelli Aragona Cortès. Si veda la sezione Genealogia in: A. Chirco, M. Di Liberto, Via Roma... , cit. pp. 271. 14 - Atti 2.11.1892 e 22.7.1893 notar Antonio Noto Galati. 15 - Atto 4.1.1912 notar Ferdinando Lionti con il quale il Comune cede al Banco di Sicilia un terreno di 1.815 mq, con un fronte su via Roma di m 96,24. 13