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I Soperchi Ornamenti Indice Illustrato

ELISABETTA GNIGNERA I SOPERCHI ORNAMENTI Copricapi e acconciature femminili nell Italia del Quattrocento, Protagon 2010 INDICE ILLUSTRATO Capitolo I IL BALZO Italianissimo a detta della Pisetzky, di probabile derivazione estremo-orientale invece, secondo recenti studi qui accolti, il balzo è un copricapo maschile e femminile apprezzato dalle donne di buona famiglia che lo indossavano alto sulla testa, con i capelli nascosti in modo da dare il più ampio risalto possibile alla fronte alta e convessa ottenuta grazie a diffusi quanto drastici procedimenti depilatori Il balzo ebbe grande risonanza soprattutto nei primi decenni del quattrocento quando le fogge indugiano ancora nel linearismo verticale trecentesco delle ogive e delle guglie del gotico flamboyant . L artificio dell abbigliamento è adesso l ultima espressione di quella civiltà medievale che sta evolvendosi alla luce dell umanesimo e già ne risente l influsso.... La brunettina mia […] Non porta che la copra, balzi, scuffie e gorgere, come voi donne altiere e superbe I Capitolo II LE GHIRLANDE Vidi quel dì migliaia di reine […] Sopra le bionde trecce avien corone E grillande ricche e preziose Con la loro esplosione di forme e colori, le ghirlande rappresentano forse una delle istanze più autentiche del Rinascimento; esse rimandano a quella creatività individuale che, secondo il Burckhardt, nel Rinascimento prende corpo e si estende in maniera uniforme a tutti i campi dell attività umana. Fin dal primo rinascimento a ghirlanda si acconciano i capelli (maschili e femminili ) i quali, veri, posticci o di seta, vengono disposti in grossa fascia intorno alla testa e solo ad una più attenta analisi della iconografia che li raffigura, è possibile distinguerle dai copricapi a cercini e bande vergate girate intorno alla testa Originari simboli di purezza, acconciature virginali per eccellenza, le ghirlande perdono nel quattrocento questa semplicità d uso e diventano emblemi di ricchezza ma anche di sapienza artigiana, magnificando l estro e la creatività individuale. Ghirlande di smalto, di penne di pavone, di metalli preziosi vengono indossate dalle élites della società ma non mancano neppure ingegnose alternative messe in atto dai ceti popolari che non disdegnavano più economiche ghirlande in carta dipinta, stagno o corallo : non appetisce contadina corona di perle si legge nei documenti dell epoca. . Capitolo III LA CAPIGLIARA Notabile inventione attribuita ad Isabella d Este, la capigliara consiste originariamente in un elaborata acconciatura di capelli veri o posticci fittamente crespati, disposti a raggiera intorno al capo, o raccolti in una grossa rete come una gabbia preziosa a forma di ghirlanda. Dopo una fase intorno al 1520 in cui sembra divenire più stretta e scoprire le orecchie, intorno al 1530 questa acconciatura si assesta su forme rigide e tondeggianti quasi recuperando il quattrocentesco balzo, Nel corso del secolo XVI, la capigliara andrà pure avvicinandosi nella foggia, a quei grandi cappelli a ghirlanda in seguito chiamati alla ferrarese . […] i capegli in capo diffusi, in guisa, che sopra i candidi, e dilicati umeri ricadeano; e questi tutti erano raccolti da una rete di seta color tanè, con maestrevole artificio lavorata, i groppi de la quale mi pareano essere di finissimo oro; e fra mezo le maglie di questa rete, le quali erano alquanto larghette, vi si vedeano scintillare i capegli, i quali, quali raggi del Sole, che uscisseno, risplendevano d’ogni torno. Capitolo IV ACCONCIATURE ALLA DI LA Porto le corna che ognuno le vede, tallaltro le porta che non se lo crede! Col vivace nome di alla di là , alludente alla loro origine ultramontana, furono designate tutte quelle acconciature che, d influsso straniero, trovarono nel quattrocento grande seguito in Italia. Particolarmente peccaminosi agli occhi dei predicatori, i copricapi a corna erano da questi stigmatizzati come ornamenti pericolosi perché azzeravano le distanze tra uomini e animali. La bizzarrìa di tali acconciature non rimase impunita in Francia dove vengono perseguite con zelo e tenacia ancora maggiori che non in Italia al punto da spingere lo stesso vescovo di Parigi a concedere indulgenze a tutti coloro che avessero vituperato le donne acconciate à cornes gridando loro dietro: Hurte Belin! ossia Sbatti ariete le tue corna! . Nonostante l origine nebulosa di tale foggia, la moda del corno altissimo e aguzzo prese ben presto piede in tutta Europa, riscuotendo favore pressoché unanime in Borgogna, nel nord della Francia e nei Paesi Bassi Se Inghilterra e Spagna fecero una tiepida accoglienza all eccentrico copricapo, l Italia non rimase del tutto estranea al fascino emanato da tale gotico ornamento, ingentilendo la linea, altrimenti troppo rigida del corno, con un velo che dalla punta scenderà all indietro. Attorno al 1460 scompaiono le corna altissime e vengono in auge le cornete da testa di dimensioni più modeste le quali, esposte o velate imperversarono fino al finire del secolo mutando di forma e dimensioni col variare delle mode: Nonostante la supposta origine oltremontana, alla luce di recenti studi accogliamo qui l ipotesi affascinante di una derivazione orientale di tali acconciature. Capitolo V IL MAZZOCCHIO Del mazzocchio oggi è usanza: suolsi così sotto porre; chi non ha ricci abbastanza vuolsi averne da riporre; se volete i nostri tôrre, noi ve gli porréno in mano: e’ si vuol di mano in mano, per mutar, piú code avere. Un tipo particolare di posticcio, era rappresentato da quell imbottitura in forma di pannocchia detta mazzocchio , che serviva ad integrare la pettinatura formando probabilmente una specie di sostegno più o meno alto e visibile, e più o meno elegante, del cappuccio, della ghirlanda, della berretta, affinchè la fronte restasse scoperta. I mazzocchi venivano ravvolti sul capo dopo essere stati inseriti fra i capelli ed intrecciati insieme ai nastri in modo secondo il Tommaseo - da tenere insieme raccolti come in un mazzo , i capelli delle donne . Capitolo VI IL CAPPUCCIO Signori miei, io ho tutto il tempo della vita mia studiato per, apparar ragione; e ora, quando io credea sapere qualche cosa, io truovo che io so nulla, perocchè cercando degli ornamenti divietati alle vostre donne per gli ordini che m’avete dati, sì fatti argomenti non trovai mai in alcuna legge, come sono quelli ch’elle fanno; e fra gli altri ve ne voglio nominare alcuni. È si truova una donna con becchetto frastagliato avvolto sopra il cappuccio; il notaio mio dice: ditemi il nome vostro; perocchè avete il becchetto intagliato; La buona donna piglia questo becchetto che è appiccato al cappuccio con uno spillo, e recaselo in mano, e dice ch’egli è una ghirlanda All inizio del 400, si continuano a portare i cappucci trecenteschi che, variamente arricchiti, incorniciano il viso strettamente, spesso con la nota squillante di un rosso infuocato. Un po' dappertutto nei vari corredi, il cappuccio è presente in vari colori Le leggi suntuarie, però, spesso valide solo sulla carta, nulla possono contro la vanità femminile: cappucci di panno, di velluto, di broccato d oro e d argento, intagliati, guarniti di bottoni di metallo preziosi di frange soprattutto di perle, continuano ad ornare le dame eleganti del tempo I cappucci femminili, ricalcando dapprima l antico modello a gote , si trasformano in seguito adottando la moda maschile con foggia e becchetto : le dame dell epoca infatti, incuranti dei divieti vigenti, seguitano a girare talmente agghindate, che il notaio incaricato di multarle, e accusato di debolezza dai superiori, non può che dichiararsi vinto di fronte all astuzia femminile: Signori miei, io ho tutto il tempo della vita mia studiato per, apparar ragione; e ora, quando io credea sapere qualche cosa, io truovo che io son nulla, però che cercando degli ornamenti divietati alle vostre donne per gli ordini che m avete dati, sì fatti argomenti non trovai mai in alcuna legge, come sono quelli ch elle fanno; e fra gli altri ve ne voglio nominare alcuni. E si truova una donna con becchetto frastagliato avvolto sopra il cappuccio: il notaio mio dice: Ditemi il nome vostro; però che avete il becchetto intagliato, la buona donna piglia questo becchetto che è appiccicato al cappuccio con uno spillo, e recaselo in mano e dice ch egli è una ghirlanda . Capitolo VII CUFFIE E BERRETTE Che dirai tu delle donne di Siena? Che ne dirò? Che le fur fatte in cielo: acconcie, sconce, in cuffia, in treccia, in velo, formose sono, e la città n’è piena . Data la sua versatilità ( esistono cuffie ricamate in materiali pregiati e cuffie di lino)la cuffia è un copricapo di fatto onnipresente nei corredi femminili. Se di uso domestico, cuffie e berrette vengono utilizzate dalle donne di tutti i ceti sociali intente alle loro occupazioni quotidiane. Cuffie e berrette di pannolino si usano indifferentemente tra le mura domestiche o nei campi. Non mancano però ricchissime cuffie e berrette di rappresentanza per così dire, le quali ricamate, conteste di gemme, e ornamenti vari, sono oggetto di pubblica ostentazione. Cuffie e berrette sono estremamente variate a seconda del luogo di provenienza, tanto che, nell ottobre del 1458, Barbara di Brandeburgo , ricevute alcune reticelle dalla Toscana, osserva che sono diverse da quelle mantovane, basse davanti ed alte ai lati; per cui difficilmente si possono rialzare anche se la foggia parene benissimo lavorata e molta richa e bella . Meno sobrie nella forma, appaiono le cajole meridionali le quali, ornate di catenelle o cordoncini, pare vengano riecheggiate dall omonimo ornamento della testa tipico delle donne Albanesi di Sicilia. Capitolo VIII ACCONCIATURE A RETE Le cuffie possono dar vita, tramutandosi in semplici reticelle a trama stretta o larga, alle acconciature cosiddette a rete . Reti e reticelle venivano realizzate nei materiali più disparati, dalle maglie di seta, ai fili d oro e d argento, a listerelle rigide di metallo, incorniciando ed isolando l ovale del volto. Se all inizio del secolo le acconciature a rete sono più evidenti, di trame finissime sono generalmente le reticelle in voga alla fine del quattrocento, quando le pettinature offrono poche varianti ricadendo per lo più sulle spalle in delle uniche, grandi onde raccolte appunto da tali finissime reticelle dalle lenze sottili. Donne, noi siam maestri che coll’ago faccián lavor sí bei ch’ognun n’è vago. d’oro e di seta e lana, e grossi e fini, in ogni modo che voi chiederete. Capitolo IX ASCIUGATOI, PANNICELLI, FAZIOLI, VELARI E VELETTERI... Donne, a’ be’ veli, veletti, sottil, bianchi e molti netti! No’ abbiàn qui certi veli che vi parràn molti begli, non v’è su brocchi né peli: chi ne vuol, venga per egli! Nastri fini e bambagegli da conciar vostri ciuffetti. No’ n’abbiam d’una ragione che assai vi piaceranno; egli ha qui questo garzone: chi non ne to’, s’abbi ’l danno: e’ saran cari in quest’anno, e vedretel con l’effetti. L imposizione dell uso del velo per le donne trova la propria origine nel passo dell Apostolo Paolo : Cristo è il capo di ogni uomo, il marito è il capo della moglie, e Dio è il capo di Cristo. Quindi, se un uomo prega e annunzia la parola di Dio a capo coperto disonora il suo capo che è Cristo. Invece la donna se prega o annunzia la parola di Dio a capo scoperto disonora il suo capo cioè suo marito: è come se fosse completamente senza capelli. Se non vuole coprirsi il capo con un velo, allora si faccia anche rasare. Ma se una donna prova vergogna a stare con i capelli completamente rasati, allora si copra anche il capo con un velo. L obbligo alla velatura divenne pressoché generalizzato in tutto l Occidente cristiano : dal dimesso asciugatoio di lino ai veli di bisso, il velo acquista un uso trasversale ed in realtà veli e veletti, quand anche tipici di donne non più giovanissime e obbligatori di monache e vedove, assumono spesso la funzione di ornamento particolarmente ambito dalle donne più eleganti del tempo, con poco riguardo delle convenzioni sociali. Capitolo X GLIMPE E SOGGOLI De’ soggoli ancor portiàno per servir le vedovette: no’ n’abbiàn qui sott’in mano, sodi son che paion fette; chi questi soggo’ si mette, sente molti gran diletti. Chi non avessi danari, no’ ce ne torremo cose; donne, noi non siàno avari, quando siate graziose: a no’ basta delle rose di que’ vostri giardinetti. Costituite da un velo che, serrando il volto alla mussulmana, lo celava quasi completamente, le glimpe, diffusissime nel trecento, passarono nel quattrocento ad indicare un copricapo dal carattere austero ed essenziale, pressochè esclusivo di vedove, penitenti, mistiche o altère bellezze intellettuali, sopravvivendo nei secoli a venire, soltanto nell abbigliamento di alcuni ordini religiosi femminili. Man mano che l età avanza al velo si aggiunge un complicato intreccio di bende che fa prendere all acconciatura nel suo complesso il nome di Soggolo. Il soggolo è una striscia di tela o velo che, similmente alla touaille , cingendo il collo, fascia il viso, circondando il mento sino agli orecchi e si ricongiunge alla sommità del capo, con la tipica foggia appunto delle religiose. Agli occhi maschili, la loro funzione è quella di nascondere il viso ingiuriato dallo scorrere del tempo. Ma in fondo trasformarle in gioiello non è difficile : ricamate con fili di seta, metallo e perle o pietre preziose, si trasformano in glimpe sfarzose che nulla hanno a che fare con l austero copricapo adottato da religiose e penitenti. Capitolo XI COAZZONE E TRENZALE Habitu omnes hispano incedebant, falcatis infra ubera pectoribus ac pallio, ritu gabino, dextro ab humero laevum ad latus subdueto; tum sparsi per terge crines, pluribus connexi in tricam, gemmati pendebant margaritisque graves Già ricordata negli inventari trecenteschi e particolarmente diffusa in ambito milanese col nome di coazia,(ovvero una lunghissima treccia posticcia contenuta in maglia dorata) l acconciatura nota con il termine di Coazzone , passa ad indicare nel Quattrocento, sia la grossa treccia o rotolo di capelli ricadenti sul dorso, che spesso si accompagnava a cuffie o reticelle appunto, sia il coazzone vero e proprio, che veniva di solito accuratamente avvolto nel velo del trinzale , legato poi da nastri, o da grossi fili di perle. Estranea per lo più all area fiorentina, il coazzone probabilmente giunge dall area spagnola ( dove è detta trenzado) in quella padana attraverso legami dinastici, portata da Isabella d Aragona, dal 1489 moglie di Gian Galeazzo Sforza. In seguito Beatrice d Este, da vera novarum vestium inventrix , della propria corte, metterà di moda la treccia anche per le donne maritate, prendendone probabilmente esempio dalla corte napoletana di re Ferrante e dove è stata educata. Captolo XII VESPAI , FERRONIERES , FERMAGLI DA ZUFFO , FRENELLI E GIOIELLI DA TESTA. Noi siàn, donne, gioiellieri ch’adorniàn vostre bellezze & copriàn vostre biancheze riccamente et volentieri [...] Noi facciàn cinti e collane & manigli & grillandette per il capo & per le mane; ogni donna se ne mette; con puntali anco le fecte ànno, donne, i gioiellieri [...] Affini alle ricche cuffie conteste di perle, sono quei particolari vezzi, detti vespai , che, girando intorno alla nuca, serrano la capigliatura. Il vespaio trae il nome dalla singolare disposizione delle perle che lo costituiscono le quali, regolarmente alternate, creano spazi vuoti somiglianti a cellette d alveare. Particolari complementi delle acconciature femminili erano pure la lenza , il frenello, il frontale ed i vari gioielli da testa ( da zuffo appunto). La lenza, o ferronière , poteva essere costituita da un semplice cordoncino nero o colorato che recava sulla fronte un piccolo gioiello e si annodava dietro con un nodo a farfalla (cosi chiamato perchè lasciava sventolare i capi del nastro). Diffusi, nel quattrocento, i frenelli, sono fili di perle, legati generalmente in oro, intrecciati alla capigliatura e spesso disposti in modo da formare una sorta di punta sulla sommità della fronte. Il caratteristico nome di frenello specialmente adottato in Toscana scaturisce dal fatto che tale ornamenti fossero deputati a legare i capelli, o meglio, a frenarli Il frontale, questo ornamento circolare della testa che cingeva la fronte mantenendo in ordine i capelli, poteva essere indifferentemente realizzato in tessuto- più o meno prezioso- o metallo talvolta arricchito da pietre preziose; si portava pendente sulla fronte, fissato ad una catenina nascosta fra i capelli Oltre che da fermagli , le acconciature sono spesso sontuosamente arricchite da spendidi gioielli che rilucono incastonati in raffinate montature. Tipico di questi anni è infatti l uso di porre sul sommo del capo preziosi ornamenti, i cosiddetti gioielli da testa che completavano le acconciature delle dame di maggior prestigio. Capitolo XIII CONZATURE DE TESTA Egli mi pare vedere ne’ capi vostri tanta vanità … che mi pare un orrore: chi’l porta a merli, chi a càssari, chi a torri… come questa torre. Io vego i merli dove si rizzano le bandiere del diavolo… Io vego tale che porta il capo a trippa, chi il porta a frittella, chi a taglieri,…chi l’aviluppa in su, chi in giù… Se voi vi vedeste, voi parete pure civette e barbagianni e locchi… O donna,… Del tuo capo tu n’hai fatto uno Iddio!. L indulgere alle vanità degli ornamenti e acconciature da testa viene incluso dai predicatori tra i peccati da ammendare in confessione: non è casuale pertanto che la vanagloria, primo dei vizi capitali, sia annoverata frequentemente tra le varie reprimenda care ai predicatori. O donna, pon mente al mio dire. Del tuo capo tu n hai fatto un Iddio, e così ne fai tu, madre, del capo della tua figliola tuona instancabile, Bernardino da Siena. Nel quattrocento infatti le acconciature sembrano lasciare ampio spazio al gusto individuale; più che avvicendarsi nel corso degli anni, evolvono spesso simultaneamente, assumendo talvolta caratteri diversissimi in uno stesso arco di tempo. Accade facilmente che antiche acconciature quali bende o benducce trecentesche (scrive Dante: femmina è nata e non porta ancora benda), coesistano con altre di piglio innovativo. Delle tendenze approssimative però, sono estrapolabili dal mutare progressivo del gusto estetico, il quale, inizialmente influenzato da una certa sensibilità gotica, si dirige poi verso la linearità di quel classicismo che l umanesimo andava riscoprendo. Capitolo XIV LA PERRUCCA NEL COSTUME QUATTROCENTESCO In Italia le parrucche erano non solamente conosciute ma anche realizzate. Preoccupazione e assillo costante era l avere una folta capigliatura, pertanto, se i capelli si diradavano, s intrecciavano ai capelli filamenti di seta gialla o anche fili d oro, per simulare così una folta chioma. Se tutto questo non portava a nulla, s indossavano parrucche, naturalmente di colore biondo ( quello che l estica del tempo imponeva) con una punta di rossiccio. Perch’ el non è più el tempo di Sansone, Che la gran forza avea dentro a’ capegli, Nessun si curi di tagliarsi or quegli, Però che in altro sta la perfezione. … Son tutte opinioni E bei capei, cercate sale in zucca, Poi che Assalon morì per la parrucca. Capitolo XV RECIPE RICETTARI E SECRETI Piglia della indivia e falla bollire benissimo per modo che sia ben disfatta quell’acqua e fanne liscia e con quella liscia lavati il capo due volte la settimana e verranno lunghi e color dell’oro . L ideale estetico dell epoca, celebra la donna dagli occhi splendenti color del cielo, dalle guance candide e delicate, dalla fronte alta e liscia, dalla bocca vermiglia dalla quale si affacciano, alla stregua di perle lucenti, denti immacolati ed il biondo era il colore che la moda del tempo ancora imponeva. Al raggiungimento dell ideale estetico in auge, si adoperavano, oltre a dilettanti eccezionali (quanto aristocratiche) della cosmèsi, (tra le più importanti Caterina Sforza Riario) veri e propri professionisti: speziali e medici i quali non esitavano ad accontentare, con straordinari preparati le clienti desiderose di acquistare o mantenere il più a lungo possibile la propria bellezza. Il Quattrocento segnò l apoteosi della cosiddetta Arte Biondeggiante , la quale cercava di combinare i principi dei coloranti di alcune sostanze con l azione del sole era l azione risolutiva di qualsiasi trattamento. Capitolo XVI I CAPPELLI sopra uno corsero leardo grandissimo, [… con] uno capello de seta nigra peloso in testa, nel quale haveva uno bello penacchio per modo che la pareva una regina Cappelli potevano essere considerati, nel XV secolo le acconciature più svariate: così, indistintamente cappelli , venivano chiamate acconciature in metallo prezioso in guisa di ghirlanda, drappi ricoprenti corone chiuse, o, più semplicemente, copricapi di stoffa. Seppure elegante, una donna non possedeva solitamente nel proprio guardaroba più di un cappello di seta, di raso o velluto, ricorrendo invece frequentemente alle più comuni berrette che (perlopiù in panno rosso o nero) servivano a riparare la testa dalle intemperie. Nel Quattrocento si indossava il cappello principalmente per cavalcare o compiere viaggi e pellegrinaggi al di fuori della città e con lo scopo di proteggere piuttosto che di ornare la testa Un uso più generalizzato del cappello, lo si avrà senza dubbio nel 500, quando le acconciature sembrano in parte perdere quella sorta di primato che sicuramente detengono durante tutto il quattrocento. Capitolo XVII VERGINI, SPOSE, VEDOVE In quanti stati può pervenire la donna? Può passare per tre stati: primo, essere vergine; sicondo, possono essere maritate; terzo possono essere vedove. Vedi questi tre gradi. Il minore di questi ad acquistare merito inverso di Dio, facendo bene, si è quello della maritata. È posto sicondo il Vangiolista trenta gradi la maritata, e sessanta la vedova e cento la vergine Nella società tardomedievale, la gerarchia degli stati, codificata dalla Chiesa, è applicata nella vita quotidiana, dove si traduce ipso facto, in provvedimenti mirati a seconda dello stato di appartenenza. Soprattutto in fatto di disposizioni suntuarie, si evidenzia la presenza di veri e propri codici legati agli stati di appartenenza. Fatte salve le debite eccezioni, soltanto alle fanciulle e alle fantesche si permetteva di andare a capo scoperto, ( a differenza delle vedove e delle donne maritate) o tutt al più con i capelli intrecciati o legati in un coazzone, adombrando un simbolismo trasversale legato alla relazione tra lo stato di vergine e la supposta mancanza di vincoli / legami matrimoniali simboleggiati, viceversa, dall uso di bende e benducce e veletti riservati alle donne sposate così come alle monache [spose di Dio] ed alle vedove. Capitolo XVIII LE MALAE MULIERES L’abito, e ‘l velo e ‘l cappel vi dimostra l’arte che noi facciáno; e per isdegno della legge vostra, altra stanza cerchiàno, perché ci pare strano che molte nostre pari, per aver piú denari, non vestin come vuol vostra sentenza. La segregazione, l emarginazione, l infamia che contraddistinguono la condizione della prostituta nella società fiorentina del Trecento corrispondono solo in parte a un processo interiore di mascheramento degli istinti Non più celata agli sguardi del pubblico ma rivelata, la prostituta porta su di sé grottescamente visibili i contrassegni della propria arte. E a partire dalla seconda metà del XIII secolo che la meretrix è considerata impura ed il solo contatto delle sue mani è detto abominevole. Se ne vuole fare un intoccabile. Bisogna dunque poterla riconoscere, per tenersene subito alla larga. Per questa ragione le viene imposto un ampio contrassegno esteriore, ben visibile. Per l udire [in alcune città tra le quali Siena, le prostitute erano costrette a portare un sonaglio] e Per lo viso ,ossia attraverso l uso di colori e segni che designassero visivamente l infamia di chi li indossava, ci si ingegnava di rendere subito riconoscibile chi praticava l arte della prostituzione. Costante era infatti la preoccupazione di marcare il confine tra meretrice e matrona anche quando alle meretrici, si accordava la concessione ( solo apparentemente paradossale ) di non avere alcuna regola ai loro eccessi : il provvedimento aveva in realtà il duplice scopo di rendere distinguibili le donne pubbliche e nel contempo costringere tutte le altre a rispettare le indicazioni della normativa suntuaria, pena il rischio di essere scambiate per prostitute. Così era a Siena e a Brescia dove si permetteva loro di portare anche le cose proibite, nella fiducia che le donne oneste, gelose della propria riputazione, obbedirebbero meglio agli ordini suntuari, per non essere confuse colle altre ; Capitolo XIX IUDEEE IUDEE, SCHIAVE E BALIE IUDEE andare col manto in testa ***** SCHIAVE E BALIE L imposizione del segno distintivo agli ebrei, sulla scia della prima indicazione del IV Concilio Lateranense nel 1215, che intendeva renderli distinguibili dai cristiani, non può essere isolata dal più generale fenomeno dell assegnazione a ogni componente della società cittadina d una apparenza adeguata. Spesso, indicazioni suntuarie relative agli ebrei si rintracciano in Grida di carattere più generico che riguardano ad esempio i lussi del vestire o dei banchetti. In quest ultimo genere di grida capita spesso di trovare indicazioni sui segni di distinzione imposti agli ebrei : veli, cerchi o nastri perlopiù gialli, oppure cerchietti da portare alle orecchie per le donne e cappelli per gli uomini. Non furono però solo le autorità cristiane ad agire sull estetica degli ebrei. Se ne occuparono anche i capi delle comunità ebraiche, che dettarono per i loro correligionari prammatiche analoghe a quelle concepite dalle autorità cristiane. L intenzione era quella di contenere spese e sfoggi che avrebbero non solo rischiato di impoverire la comunità ma anche di causare o acuire tensioni fra la parte cristiana e quella ebraica. Meglio vestire con semplicità o, al più, con temperata eleganza piuttosto che suscitare dubbi circa la provenienza di quella ricchezza rivelata a tutti da cioppe e balzi costosi. I m ho fatto pensiero, togliendo tu donna [sposandoti], ci sarebbe Bisogno d una ischiava che avendo attitudine avern una, se ti pare, tu dia ordine d averla; SCHIAVE E BALIE qualche tartara di nazione, che sono per durare fatica vantaggiate e rustiche. Anche in una società, quale quella quattrocentesca , che sembra volgere sempre più di frequente lo sguardo all arte del buon governo , il pregio complessivo di una donna è valutato in base a criteri che oltrepassano quelli della sua moralità e dell onestà del suo contegno e che attendono più strettamente al censo, al rango e alla qualità sociale. All interno di questa categoria di donne connotata dall impotenza e dalla fragilità, le domestiche e le schiave rappresentano il gradino più basso della gerarchia, su cui grava quasi costantemente il sospetto di una condotta spregiudicata e amorale, pericolosamente al limite con la prostituzione vera e propria. Le domestiche godono della tutela della legge soprattutto o solo in quanto rappresentano un bene di proprietà del padrone e l infrazione commessa su di loro o da loro, può lederne gli interessi. Soltanto in questi casi o quando le loro ambizioni , arrivano a turbare i legislatori, le schiave e le serve libere ( generalmente le donne cristiane che non potevano essere fatte oggetto di schiavitù) diventano oggetto delle attenzioni dei legislatori che non mancavano di limitarne ulteriormente gli ambiti di azione: gli ordinamenti fiorentini del 1464 proibiscono ad esempio alle schiave, alle balie e ai fanti di portare fazzoletti, se non asciugatoi di lino , decorati da verghe nere , essendo, quello vergato, un motivo utilizzato come segno d infamia. *** FINE ***