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Della tecnica e della profezia (ITA)

This essay is about the prophecy embedded in technics tendency. Technics is seen as having a sexuality, i.e. a pulsion that drives the subject into a process of prophecy involving reciprocal communication as the source of the messages. Only the lover ready to be disappointed will survive. The word prophecy comes from the Greek verb, προφημι (prophemi), which means “to say beforehand, foretell”; it is a combination of the Greek words, προ and φημι. Technology remains a nuanced territory, in whicheach discipline offers its own definition. A discourse is growing about, but the remnant is the Prophecy. Technics could be seen as a new religion or ideology, but only the subject that is able to became conscious of the non-logical effect of technics will be not alienated.

Francesco Monico, PhD DELLA TECNICA E DELLA PROFEZIA1 Data: 12/01/2014 La domanda che cosa sia la tecnica si impone subito come un problema perché i termini relativi, tecnologia, invenzione e innovazione, hanno significati che si sovrappongono e si contraddicono, tecnica ha più accezioni principali, alcune delle quali incongrue. Ad oggi non c'è accordo sul significato del termine, nessuna teoria ne spiega la nascita, nessuna comprensione approfondita sulla natura dell'innovazione e nemmeno una teoria sull'evoluzione tecnica. Manca proprio il logos della tecnica.2 E siccome la tecnica si forma all'ombra della sorella maggiore la scienza, riceve meno attenzioni ed è meno studiata. La scienza è la fonte di legittimità delle asserzioni che noi pretendiamo essere vere in merito a qualsiasi cosa (nel senso del pragma: di ciò su cui verte il discorso). Nasce con una funzione normativa: solo ciò che si fonda su di essa è vero. Ciò che gli uomini moderni possono legittimamente ritenere vero è in qualche modo solo ciò che si fonda su un sapere scientifico. Questo sapere divide, separa, interrompe le configurazioni e le relazioni tra esse con le cose, gli spazi vuoti e i conflitti tra esse. Essa si pone alla base della tecnica, ma avendo creato la fonte di legittimità non ricerca la spiegazione, non ne sente la necessità. Poi c'è l'invenzione ma essa si presenta carica, troppo carica, di associazioni emotive. L'Invenzione evoca immagini di inventori solitari come il Victor Frankestein del racconto di Mary Wollenstoncraft Godwin, che osserva il percorso degenerativo dei cadaveri, acquisendo così la conoscenza di come rianimare l'inanimato. O come il fisico italiano Enrico Fermi che, inconsapevole dei rischi atomici connessi, inventa il primo reattore a fissione nucleare al mondo, la Chicago Pile, costruito in un campo da racquets situato sotto le tribune ovest dello stadio abbandonato Alonzo Stagg Field dell'Università. O come il Nikola tesla ben interpretato da David Bowie nell'opera cinematografica di Christopher Nolan, The Prestige, che inventa la macchina che teletrasporta il soggetto e ne crea il doppelganger. L'invenzione è presente nella stessa poesia omerica, intrecciata nei pensieri di UlisseOdisseo, nelle sue strategie dell'uomo destinato alla vita, non eroe quale Ettore e Achille, 1 2 Testo pubblicato su: Kainos rivista on line di critica filosofica a cura di Vincenzo Cuomo (ISSN 1827-3750) Categoria principale: I saggi di Kainos Categoria: Saggi e ricerche Pubblicato 27 Aprile 2014 di Francesco Monico on line il 15.03.2016 http://www.kainosportale.com/index.php/saggi-portale/355-della-profezia-tecnica Per questo nella mia pratica accademica presso la Scuola di Nuove Tecnologie per l'Arte all'Accademia di Belle Arti ho sempre preferito utilizzare il termine tecnica. Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 1 destinati a trascendere sé stessi, ovvero nella morte. L'invenzione è quindi terrena non eroica, è la porta che abbiamo per il trascendente, per il simbolico. E' un limen del possibile concreto, perché essa stessa è il 'possibile' e il 'concreto'. Il termine invenzione deriva dal latino inventus participio passato di invenire, che sta a dire 'trovare cercando'. Quindi una esplorazione, che implica una narrazione costruita tra una ortoprassi, il cercare, e una possibilità, la scoperta, che essa stessa sempre cela perché anche quando scopriamo la generazione della materia inanimata non abbiamo idea di che cosa sia la vita, anche quando scopriamo la fissione nucleare non abbiamo idea della dimensione subatomica, anche quando creiamo doppelganger non abbiamo idea di cosa si voglia intendere per sdoppiamento coerente dell''identità. Perché esiste sempre e comunque una ulteriore narrazione. Il termine narrazione, deriva dal latino gnarigare, con la radice greca gna, conoscere, ovvero implicando l'azione. L'azione è l'ortoprassi e il conoscere è la possibilità di descrivere il territorio percorso che deve la sua coerenza alla precedente prassi piuttosto che a una sua propria realtà oggettiva. Così appariamo intrappolati tra due enormi forze inconsce la prassi e la trascendenza. E la tecnica si sviluppa in questo essere diviso proprio perché sembra essere fatta di prassi e trascendenza, essa fa accadere cose e produce narrazioni che trascendono l'hic et nunc e spostano il soggetto nel tempo e nello spazio. E cosa produce lo spostamento del soggetto nel tempo e nello spazio? Produce la profezia, parola che deriva dal greco antico pro-phemi, ovvero dire prima. La tecnica permette uno spostamento del soggetto agente nel tempo, del prima ma sopratutto del dopo, e nello spazio di tutti i territori possibili. La tecnica produce la sua epifania, ovvero la profezia di sé, la tecnica pare essere un sistema di secondo ordine che produce sé stessa dagli effetti di sé stessa, confinando l'uomo in una circolarità ermeneutica che non trova giustificazione ché in sé stessa e portando lo stesso soggetto umano in una situazione di alienazione che può raggiungere i caratteri dell'assoluto. La dimensione sempre e comunque profetica della tecnica, dell'invenzione, dell'innovazione è la sua stessa potenza, poiché reinsalda il valore attraverso la generazione di possibilità di sé. E' come se avesse una potenza sessuale. La sessualità dal punto di vista della classica teoria freudiana è una pulsione, o meglio una spinta pulsionale, ovvero un processo dinamico consistente in una spinta, in una carica energetica, in un fattore di motricità, che fa tendere verso una meta. La pulsione tecnica nasce dalla sua capacità di produrre un piano trascendente operando nell'immanenza ed è la profezia che ha la sua fonte in uno stato di tensione verso una meta, la pulsione può Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 2 raggiungere la sua meta nell'oggetto o grazie a esso. Quindi la tecnica implica una sorta di sessualità che si crea al suo interno e attraverso essa crea sé stessa in un processo di secondo ordine. A questo punto la domanda che cosa sia la tecnica, si trasforma nella domanda su quale sia la natura della tecnica. Una natura pulsionale che produce profezie e trascendenza? Forse potremmo semplicemente accettare la tecnica, senza preoccuparci troppo degli interrogativi che essa suscita. Come il sesso. Tuttavia val la pena cercare di comprenderne la natura. Non solo perché la tecnica crea l'uomo e il mondo, ma anche e sopratutto perché a questo stadio della storia, lo stadio chiamato antropocene, grava su di noi e sulle nostre preoccupazioni, che le si presti attenzione o meno. Di certo la tecnica ha permesso ai nostri figli di sopravvivere in situazioni in cui in passato sarebbero morti; ha allungato le nostre aspettative di vita e le ha rese più felici di quelle dei nostri antenati; ci ha donato la prosperità. Ma bisogna porsi la domanda del prezzo, e osservare che il testimone è sempre colui che sopravvive. Quanto è costata la rivoluzione industriale, in termine di vite umane? E quanto è costata la rivoluzione scientifica del '600 in termini di sofferenza? La tradizione medica è costellata di raccappriccianti racconti di anatomie di vivi. Andrea Vesalio, medico personale di Carlo V e considerato il fondatore della moderna anatomia, testimonia di una dissezione che stava praticando su una giovane dama spagnola che si risvegliò giusto per accorgersi che stava morendo atrocemente per l'anatomia che le stavano praticando.3 Nel seicento la rivoluzione scientifica innesca una vera e propria mania verso la dissezione animale, praticata su animali vivi, specialmente sui cani, che porta a una specie di estinzione di massa di questo mammifero domestico. E oggi come ieri scrive Christoph Ransmayr: Abbiamo aperto gli occhi/ ai mammiferi superiori, li abbiamo aperti con le graffe,/ per testare/ sulla cornea/ la tollerabilità/ dei nostri cosmetici a filtro solare:/ tra-cinnamato, tannino,/ acido salicilico e benzofenone./ Abbiamo macellato anche maiali, bagnando i cadaveri con l'acquerugiola/ ricavando dalla pelle ancora calda,/ così simile a quella umana,/ informazioni circa la resistenza all'acqua/ dei nostri olii solari./ E in Arizona/ abbiamo ordinato ai detenuti/ di sdraiarsi al Sole, e delle loro schiene nude/ con strisce adesive e 3 Citato in C. Milanesi, Mort apparente, mort imparfaite. Médecine et mentalités au XVIIe siécle, Parigi 1991, pp.15 sgg. Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 3 reticoli/ abbiamo fatto oggetti per la ricerca/ sui raggi ultravioletti:/ il grado d'infiammazione,/ dal rosso chiaro al più intenso,/ di queste schiene , / la scala solare, ci ha permesso di determinare/ la durata ottimale/ dei nostri bagni di sole.4 E' una tecnica aggressiva quindi, come la pulsione sessuale, che violenta. Le pulsioni, nella concezione freudiana sarebbero sessuali ed aggressive e se continuiamo nel parallelo allora la tecnica, come la pulsione, produce una spinta, una carica energetica, un fattore di motricità, che fa tendere l'organismo verso una meta. E il percorso rilascia un'aggressività, di nuovo un termine che vuol dire andare verso, composto dal latino ad, verso, e gràdi, camminare andare, ovvero andare verso; affine al sanscrito gradh-yati, agognare ma dalla radice gradh, di nuovo andare verso. L'innocente significato di andare verso per parlare, diventa quindi un'assalto, un assalire, un violentare. Perché alla fine solo il sopravvissuto può parlare, solo il sopravvissuto ha senso, non la vittima. Infatti la storia, che anch'essa è una tecnica, è narrata dai sopravvissuti, ovvero da coloro che nel gesto dell'assalto sono salvati. Se diamo un'interpretazione in questo senso all'ultimo lavoro di Primo Levi, Sommersi e Salvati, ovvero spostando l'accento della colpa dal soggetto uomo in sé alla tecnica come dispositivo, quindi come essente, del pensiero dell'olocausto, ecco che la tecnica sembra rivelare sé stessa e la sua aggressività. La narrazione descrive con lucidità e distacco i meccanismi che portano la tecnica a produrre "zone grigie" di potere tra oppressori e oppressi, essa produce una corruzione morale delle persone che vivono nei sistemi tecnici, (in questo caso: lingua tedesca, logistica- gas sarin) e lo fa appunto attuando un re-indirizzamento dell'aggressività, che da naturale e sana pulsione umana e naturale (perché controllata dalle analoghe contro-aggressività presenti in natura), si trasforma in un qualche cosa di mostruoso e innaturale, arrivando al compimento dell'orrore più puro e definitivo. In questo contesto i sopravvissuti sono i testimoni ma dimentichi che sono stati parte attiva dell'orrore, in quanto chi, consapevolmente, è riuscito con la forza del suo essere a non adeguarsi al sistema di tradimento e miseria prodotta dalla tecnica, è stato inevitabilmente annientato dalla tecnica stessa (e dalle zone grigie che aveva prodotto). Per cui i testimoni sono sempre e comunque i posseduti della tecnica. Non c'è speranza quindi, i sopravvissuti sono colpevoli. E questo schema si riproduce 4 C. Ransmayr, Radiosa fine – Un progetto di disidratazione ovvero La scoperta dell'essenziale, liberilibri, 2008, pp. 51. Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 4 quotidianamente nei continui esperimenti scientifici della vivisezione, laddove però non è il mero soggetto a essere violento è la tecnica a essere violenta ed aggressiva oltre ogni modo e producendo un accanimento così ben descritto da Ransmayr nel brano citato innanzi. E quindi la tecnica ha una dimensione pulsionale, è come una sessualità, e porta con sé una narrazione e una aggressività che produce violenza. E' un sistema di secondo ordine ricorsivo che produce i suoi stessi memi da coloro che possiede, annichilendo di fatto, coloro che resistono, e quindi negandogli la possibilità di condurre un discorso, e di fatto resta solo il discorso del posseduto. E' il dottor Victor Von Frankestein che angosciato si chiede 'che cosa ho fatto?!” creando una tale disperata creatura, fuori dalla natura, sola e abbandonata alle sue pulsioni. Da questa disperazione, in una spirale agghiacciante di violenza, arriverà fino ai ghiacci dell'orrore finale. Ma non tutti sono capaci di liberarsi della possessione come Victor Von Frankestein, la moltitudine non pensa, non confligge, non si cura di sé del sé, agisce all'interno di dispositivi tecnici che producono procedure e segni ripetitivi per indicare quelle stesse pratiche, in un circolo ermeneutico in cui l'ermeneusi è sempre e comunque il prodotto della tecnica. E perché non sono in grado? Perché la conoscenza è intesa come la ricerca di una rappresentazione ontologica della realtà, invece, di essere vista come una naturale ricerca di comportamenti e pensieri idonei e adatti. Di fronte a questa possessione tecnica, esattamente come l'innamorato che si desta, dobbiamo capire come la tecnica ci crea. Per operare una liberazione dall'ossessione la conoscenza dovrebbe essere vista, adesso e finalmente, come qualche cosa che l'organismo aggrega nel tentativo di ordinare l'incessante flusso di caotiche esperienze riconoscendo esperienze ripetitive e relazioni relativamente affidabili tra loro. Consapevolizzando che le possibilità di costruire un tale ordine sono determinate e perennemente limitate dalle aggregazioni precedenti nella costruzione, le quali aggregazioni sono organizzate proprio dalla tecnica. Ciò significa che il mondo "reale" si manifesta esclusivamente là dove il soggetto riesce ad disaggregare le costruzioni della tecnica, la dove il soggetto tecnico crolla. Ma dal momento che siamo in grado di descrivere e spiegare queste disaggregazioni solo mediante i concetti stessi che abbiamo usato per costruire le strutture, questo processo non può mai produrre l'immagine di un mondo che potremmo utilizzare come contro-ambiente per il loro fallimento. Quindi siamo condannati all'alienazione, come appunto l'innamorato, a meno di una 'delusione', che passa necessariamente attraverso la comprensione della dimensione aggregata e processuale della mente e la ponderazione del peso che assume la Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 5 tecnica nella descrizione, condivisione, elaborazione, delle suddette caotiche esperienze. E solo a questo punto possiamo, in quanto adulti, amare realmente e comprendere realmente la tecnica. Questo perché siamo intrappolati in due enormi forze inconsce: riponiamo le nostre speranze più profonde nella tecnica, ma viviamo nella natura. Queste due forze sono come due placche tettoniche che si scontrano in una lunga, lenta e inesorabile collisione. Questa collisione non è una novità, è sempre avvenuta da quando l'uomo ha abbandonato la Natura, l'Eden, e ha acquisito appunto la tecnica. Prometeo ruba il fuoco a Zeus e ne fa dono agli umani. Gli dona la conoscenza e la tecnica della gestione delle forze. L'uomo viene così affrancato in parte dalla Natura. Ma oggi lo scontro tra natura e tecnica sta definendo l'epoca presente più di ogni altra cosa. Stiamo sempre di più utilizzando la tecnica per intervenire direttamente sulla natura. Tuttavia la visione dualistica tecnica vs natura sembra essere obsoleta. Peter Sloterdijk recupera dalla produzione di Martin Heidegger (nel saggio La questione della tecnica5), l'idea che la tecnica sia principalmente allotecnica [Alletechnik]: indicando con questo termine il rapportarsi dell’uomo a se stesso e al mondo circostante come una modalità di rottura e trasformazione rispetto al dato naturale. La tecnica è il tentativo di forgiare, con i mezzi umani, un mondo prevedibile e programmabile, come rispecchiamento del processo di costruzione del reale che è implicato dall'assunzione della tecnica alfabetica. Per agire questa 'costruzione' deve ignorare o non considerare le leggi della natura, agendo in sostituzione di esse. Nella allotecnica il risultato è un destino di asservimento del pianeta, a cui lo sfruttamento assoluto delle risorse (ambientali, ma anche umane) lo ha condannato. L’idea per un ripensamento del concetto di tecnica che non coincide necessariamente con l’asservimento dell’altro (umano, animale, naturale) si fondano sulla necessità di una riforma dell’ontologia. La problematica è la questione dell'altro, e dell'eteronomia e schiavizzazione di materie e persone. L'allotecnica è quindi un effetto della tecnica alfabetica che produce una separazione metafisica di segno e significato, che nella prassi diventa soggetto e oggetto, umano e nonumano, altro. Tale effetto ha permesso lo sviluppo di una forza tecnica che opera sempre in rottura e distinzione rispetto alla natura, mai secondo la sua trascendenza. L'alfabeto ha prodotto un signore-soggetto che necessariamente traduce l'ambiente, la natura, l'altro come predicato: la natura è diventata altro, un predicato del soggetto tecnico. 5 M. Heidegger, Vortrage und Aufsätze, Günter Neske Verlag, Pfullingen, 1957, trad. it a cura di G. Vattimo, Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 2006, pp. 5-27. Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 6 È in rottura con questo concetto di tecnica come allotecnica che Sloterdijk introduce quello che a suo parere rappresenta una possibilità (tecnica) alternativa, vale a dire l’omeotecnica [Homötechnik]. Tuttavia Sloterdijk vede l'omeotecnica come orizzonte di possibilità che ci è stato aperto dalla facoltà di operare con procedimenti del tutto simili a quelli della creazione naturale, tramite le biotecnologie, il pensiero ecologico e le tecniche di programmazione genetica. Di fatto restando a operare all'interno del campo della tecnica. L'ipotesi di una sessualità della tecnica invece vede la tecnica come dispositivo, apparato, ente che opera necessariamente all'interno del soggetto, in quanto costituente di esso, ma che se non compreso omeopaticamente diventa tossico per il soggetto che abita. Omeotecnica quindi non definisce, la chimera di una tecnica buona, bensì il processo, tipicamente omeopatico, di curare con la dose di un veleno. Accettare la visione sessuale della tecnica, dell'invenzione, dell'innovazione, della sua madre e figlia la scienza, la natura profetica, attiva l'effetto omeopatico della guarigione verso la comprensione degli incalcolabili danni che la tecnica sta facendo come appunto un veleno. La tecnica è co-estensiva e consustanziale alla venuta all’Essere dell’animale sapiens: è sempre stata messa in atto, sia in maniera non programmatica (ad esempio la bella lingua possiamo sostenere, non è un’antropotecnica applicata “dall’alto”) che programmaticamente (si pensi alla plasmazione psico-sociale messa in atto dall'educazione obbligatoria). Nel 1868 Samuel Butler nel saggio “Darwin tra le macchine” invocava una teoria per “il regno meccanico” che cercasse di spiegare la parte che la relazione con l'ambiente naturale ha svolto nell'evoluzione della tecnica. Se viste in chiave darwiniana le tecniche, ammettendo anche una considerevole partecipazione umana, apparirebbero sorgere in maniera puntuale dalle tecniche che le hanno precedute e svilupparsi e imporsi attraverso un qualche processo adattivo, che in questo caso potremmo chiamare innovativo. L'americano William Fielding Ogburn nel 1922 teorizza che le tecniche si costruiscono in maniera cumulativa a partire da tecniche precedenti, secondo la regola che: “maggiore è il numero di elementi con cui inventare, maggiore è il numero delle invenzioni” 6. Le novità della tecnica, in qualche modo sorgono necessariamente, da una combinazione di tecniche preesistenti: nel 1929 lo storico Abbott Payson Usher sostiene che le invenzioni procedono dalla “costruttiva assimilazione di elementi preesistenti in nuove sintesi” 7. Nel senso che l'accumulo di tecnologie genera altre tecnologie. Secondo William Brian Arthur il fatto che le tecniche preesistenti combinandosi generano nuove tecniche significa che le tecniche generano 6 7 Ogburn, William Fielding (1922), Social Change, Dell, New York, (1966), p. 104. Usher, Abbott Payson (1929), A History of Mechanical Inventions, ritampa (1988), Dover, New York, p. 11 Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 7 nuove tecniche, e che quindi esiste un meccanismo che spiega l'evoluzione tecnica. L'intero complesso delle tecniche incrementa sé stesso. Arthur afferma che la tecnica crea sé stessa da sé stessa, come la natura, e la chiama evoluzione combinatoria. L'epifilogenesi degli oggetti derivati dall'originale imbrigliamento dei fenomeni umani porta a tutto ciò che abbiamo ottenuto. Negli anni trenta è il sociologo Seabury Colum Gilfillan a tracciare un albero genealogico della nave, della canoa e della barca a vela, fino alla moderna nave a vapore. Secondo Gilfillan non vi è invenzione in senso assoluto, le innovazioni sono il prodotto delle innovazioni precedenti, ma non si vi è nemmeno evoluzione nel senso letterale della parola, piuttosto vi è uno sviluppo graduale, una discendenza della forma. Certamente secondo Gilfillan si può tracciare una discendenza della forma per le navi. Una diversificazione per tipologizzazione. Possiamo citare Darwin sostenendo che un “...costante accumularsi di differenze vantaggiose è cio che ha determinato tutte le più importanti modificazioni della struttura”8 e ha determinato un'evoluzione della tecnica. Ma per una ipotizzare l'esistenza di una evoluzione della tecnica serve qualche cosa in più: una dimostrazione che tutte le tecniche discendono da una ur tecnica. I critici possono sostenere che la tecnica molte volte sembra incappare in tecnologie che appaiono, di queste 'apparizioni tecniche' basta citare il laser, il radar, il computer', ma anche la teoria dell'evoluzione punteggiata di Stephen Jay Gould e dal paleontologo Niles Eldredge, propone e risolve lo stesso problema: la teoria darwiniana di evoluzione graduale ed a velocità non costante viene sconfessata e aggiornata dal lavoro della nuova sintesi, la quale comunque non risolve il problema che pone. Quindi l'indipendenza di alcune invenzioni invalida l'utilizzo dei meccanismi darwiniani, che è l'equivalente però del problema di comparsa di specie nuove in biologia. La tecnica si origina dall'imbrigliamento dei fenomeni naturali, e poi diventa una 'costante' umana. Agli albori dell'era tecnica gli esseri umani catturavano e imbrigliavano i fenomeni direttamente: il potere dl fuoco, il filo tagliente dell'ossidiana, la forza delle masse in movimento. E' un tentativo organico, di proporre una visione tanto meccanica quanto biologica della tecnica. Certo le tecniche non sono organismi biologici, ma sono produzioni di organismi biologici. La tela del ragno è un meccanismo? L'Argyroneta Acquatica crea una tela subacquea a forma di campana e la fissa ad una pianta. Poi, utilizzando i peli dell'addome, trasporta dalla superficie delle piccole quantità di aria che poi rilascia nella tela in modo da crearsi una tana dove vivere. Non sono necessarie frequenti aggiunte di aria perché la struttura della tela permette uno scambio di gas con l'acqua circostante. Per riprodursi il 8 Darwin, 1859, p. 226. Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 8 maschio crea una piccola tela adiacente a quella della femmina e poi le unisce con un tunnel. L'utilizzo della bolla d'aria in questo aracnide, è una tecnica o un istinto? L'istinto è definito un comportamento automatico cioè non frutto di apprendimento del soggetto. Si distingue dalla pulsione sessuale in quanto questa mira alla soddisfazione del proprio bisogno basandosi su schemi appresi tramite interazione continua tra individuo ed ambiente e senza obiettivi particolari. Ora quando l'Argironeta Acquatica costruisce il tunnel per unire la sua tela subacquea con quella della femmina, obbedisce a un istinto o segue una pulsione sessuale? Abbiamo sviluppato in questo saggio un percorso ipotizzando che la tecnica sia il frutto di una pulsionalità sessuale che porta il soggetto a ibridarsi con il territorio che abita, in una sorta di pansessualità freudiana, nel senso della libido, della sessualità come funzione motrice, di scoperta, e comunicazione con il territorio in chiave pragmatica. Certo le tecniche sono intese come meccanismo, piuttosto che come organismi; gli algoritmi sono motori tecnici, gli orologi sono meccanismi tecnici, le leve sono meccanismi tecnici, sono composti di parti che interagiscono tra loro in maniera più o meno prevedibile. Ma se le osserviamo come combinazioni che a loro volta si prestano a ulteriori combinazioni, possiamo cominciare a vederle non solo come elementi indipendenti di un meccanismo, bensì come complessi di funzioni che interagiscono con altri complessi per formarne di nuovi: la tecnica costruisce sé stessa organicamente da sé stessa, e lo fa ibridandosi con i soggetti animati che la utilizzano. Il cambiamento di prospettiva è quindi quello che prevede una visione della tecnica non come un qualche cosa a sé stante ma come il risultato di una continua combinazione tra animato e inanimato, oggetto/soggetto e territorio, tra prassi e trascendenza. E qui arriviamo alla conclusione, ovvero sulla potenza profetica che la tecnica possiede: l'invenzione tecnica può essere vista come un limen del possibile, perché essa stessa è il 'possibile'. E' una esplorazione, che implica una narrazione costruita tra una ortoprassi, il cercare, e una possibilità, la scoperta, che essa stessa sempre cela perché esiste sempre e comunque una ulteriore narrazione. Conoscere implicando la possibilità di descrivere il territorio percorso, deve tutto alla coerenza della precedente prassi piuttosto che a una sua propria realtà oggettiva. Così la tecnologia fa accadere cose e produce narrazioni che trascedono l'hic et nunc e spostano il soggetto nel tempo e nello spazio producendo la profezia, ovvero il dire prima. La tecnica permette uno spostamento del soggetto agente nel tempo, e nello spazio di tutti i territori possibili e diventa un sistema di secondo ordine che produce sé stesso dagli effetti di sé stessa (la tecnica), in una circolarità ermeneutica che Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 9 non trova giustificazione ché in sé. Ma questa dimensione profetica del soggetto ibridato tecnicamente può raggiungere i caratteri dell'assoluta alienazione. Il vero messaggio di Lyotard nella condizione Post-umana è che le grandi narrazioni politiche e religiose sono crollate, e ciò che è restato è monistico, una unica fonte: la scienza e la tecnica. E le narrazioni si fondano sempre su un ordine escatologico profetico, che oggi è identificato con la profezia della tecnica che è quella di un universale miglioramento del soggetto umano. E questa dimensione sempre e comunque profetica della tecnica, dell'invenzione, dell'innovazione è la sua stessa potenza sessuale, poiché reinsalda il valore attraverso la pulsionale generazione di pragmatiche di comunicazione tra il sé e l'ambiente. Ma come detto in precedenza non è altro che una alienazione. In quanto nulla nella profezia è vero, solo la violenza della tecnica resta. A meno di una 'delusione liberatrice' del soggetto tecnico. Francesco Monico Della tecnica e della profezia (CC BY-NC-SA 4.0) 10