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Save the art masterpieces, save the schools at the end of First World War
LIBRO: "120 anni di storia della scuola" 1 capitolo: "Nello stato liberale" PREMESSA. Con la proclamazione del regno d'Italia, nel 1861, venne promulgata una legge tra le + nuove in Europa che riguardava l'intero sistema scolastico per opera di Gabrio Casati, ministro della pubblica amministrazione. L'ISTRUZIONE E IL CONTROLLO SOCIALE. La massiccia condizione di analfabetismo in Italia costituiva una situazione generale di profonda arretratezza economica e sociale. Si andava intanto configurando l'egemonia dei gruppi di liberalesimo moderato negli anni 20 per le scuole di mutuo insegnamento (ovvero ci si serviva dei ragazzi + progrediti per aiutare coloro che avevano + bisogno) e degli asili infantili per opera di Aporti. Contro la lotta all'analfabetismo cresceva l'opportunità dell'alfabetizzazione di massa ai fini del controllo sociale. All'esigenza di unificare linguisticamente e culturalmente tutta la penisola furono dati 2 modelli:
Capitolo Primo Il sistema scolastico dalla fase preunitaria all 'Italia unita (1848'Italia unita ( -1948 1 STORIA DELLA SCUOLA ITALIANA (Fabrizio Dal Passo) 1. Nascita del sistema scolastico italiano Nella penisola italiana del XVIII secolo, l'insegnamento elementare e medio appare una diretta conseguenza della precettistica privata, più che una reale istituzione pubblica. Dalla seconda metà del '700 si manifesta, al contrario, un'attenzione maggiore all'organizzazione della scuola pubblica, anche a livello popolare, specie con i progetti di riforma illuministici. Oltre ai tentativi di riforma dell'istruzione superiore, viene impostata una politica scolastica aperta al popolo, nella quale si distingue per prima la Lombardia di Maria Teresa, seguita dagli altri Stati italiani. I principi diventano i portatori di un nuovo concetto di Stato laico ed autonomo, sganciato dal controllo ecclesiastico (sotto questo aspetto l'abolizione della Compagnia di Gesù nel 1773 diede un contributo decisivo). Tuttavia, i problemi a cui si doveva far fronte erano enormi: le condizioni miserevoli del popolo, la mancanza dei maestri, gli scarsi investimenti statali e l'assenza quasi totale della didattica, unite ad una coscienza ancora poco chiara della funzione civica dell'istruzione, resero vani i numerosi tentativi dei sovrani illuminati. A partire dalla Rivoluzione francese, con il nuovo assetto dell'Europa dopo il periodo napoleonico, con l'estendersi della rivoluzione industriale, con l'accentuarsi del ruolo statale nel settore della pubblica istruzione anche ai fini del governo della società, con l'acquisizione della coscienza degli effetti della scolarizzazione sulla dinamica sociale, il quadro generale degli orientamenti dell'istruzione pubblica cambia notevolmente. La scansione delle possibili presenze scolastiche si estende dalle scuole infantili all'università; in questo periodo nasce la diversificazione delle funzioni della scuola elementare da quelle della scuola media, al cui interno si accentua la separazione tra gli indirizzi professionali e quelli umanistici-letterari (licei) e si fanno più diffusi i tentativi di operare correttivi didattici per rendere più vivibili e interessanti gli studi e la scuola. L'Italia giacobina elimina, almeno temporaneamente, la concezione dell'educazione come precettistica privata per sostituirvi il concetto di formazione sociale, di cui deve interessarsi lo Stato fin dalla scuola popolare. D'altronde, è proprio nel triennio giacobino che si diffonde l'idea del citoyen come parte attiva per la costruzione ed il mantenimento dello Stato. In Italia è esemplare l'opera di Vincenzo Cuoco (1770-1823) Rapporto al Re G. Murat per l'organizzazione della Pubblica istruzione (1809) non tanto per gli esiti, purtroppo non efficaci, ma per le motivazioni e l'impianto didattico (1) . L'intersezione tra soggetti e gruppi sociali, tra divisione scolastica e differenziazione culturale diventa sempre più stretta. Cuoco insiste sul fatto che «l'istruzione, perché sia utile deve essere: 1. universale; 2. deve esser pubblica, 3. deve esser uniforme»; ma propone «la divisione dell 'istruzione pubblica in sublime, media, elementare: o volendo usare il linguaggio comune, alta, secondaria, primaria» (2) . Non si tratta solo di moderatismo, di pregiudizi: il modo di impostare i problemi, di comprendere le relazioni tra stratificazione sociale e gerarchie scolastiche, di concepire l'educazione e l'istruzione come strumenti emancipatori, non deve travalicare la questione del ruolo stesso dell'istruzione: il popolo, non avendo alcuna funzione nell'esercizio del potere esecutivo, dev'essere istruito solo per ubbidire "ai sapienti" e da loro "trarre profitto". 1 Nel Rapporto si afferma: «È necessario che vi sia un'istruzione per tutti, una per molti, una per pochi. La prima non deve formar del popolo tanti sapienti; ma deve solo istruirlo tanto, quanto basta perché possa trarre profitto dai sapienti. Quella de' pochi è destinata a conservare e promuovere le scienze, le quali, siccome abbiamo detto, non si perfezionano se non da persone addette solamente ad esse. L'istruzione di molti ha per oggetto di facilitare la comunicazione tra i pochi ed i moltissimi. I grandi scienziati, sempre pochi, non possono essere a contatto immediato con tutto il popolo; molte loro utili scoperte non possono essere dal popolo comprese, molti precetti non sono mai eseguiti, se alla ragione non si unisce l'esempio di persona dal popolo conosciuta e rispettata. Ad ottener tutto questo sono utilissimi i proprietari, i quali con istruzione e mezzi maggiori e con maggiore autorità di esempio, dal seno della loro famiglia, sono più facilmente in contatto con gli scienziati e coi libri, e sono più efficaci a persuadere il popolo». V. Cuoco, L'ordinamento delle scuole nel Regno di Napoli, in Il pensiero educativo e politico, La Nuova Italia, Firenze, 1948, pp. 222-225. 2 V. Cuoco, op. cit., p. 225. FABRIZIO DAL PASSO, Storia della scuola italiana Capitolo Primo Il sistema scolastico dalla fase preunitaria all 'Italia unita (1848'Italia unita ( -1948 2 Con il 1848 cominciò a diffondersi un dibattito acceso sulle condizioni delle classi meno abbienti e sul diritto all'istruzione pubblica: si comprese il rapporto tra capitalismo, borghesia ed organizzazione scolastica (3) . L'istruzione inizia a confrontarsi con l'economia, i processi produttivi, il ruolo dei lavoratori, gli strati e le classi sociali. Al modello scolastico liberale, contrassegnato dalla differenziazione e dalla subalternità, è ora contrapposta una scuola funzionale al proletariato ed ai ceti meno abbienti. Un modello scolastico che si affida alla sperimentazione, ma anche alle forze, ai partiti, alle organizzazioni politiche. Se prima si trattava di gestire una società stratificata, ormai il confronto avviene all'interno dei gruppi e delle classi sociali, di impostazioni filosofiche ed ideologiche molto differenziate, tanto che gli obiettivi dei ceti e della classe liberale o, almeno, del ceto egemonico sarà duplice: controllare la mobilità sociale anche tramite il controllo della mobilità scolastica; contenere e controbattere le impostazioni ideologiche e culturali alternative rispetto al sistema. La conseguenza immediata è stata la burocratizzazione del sistema scolastico: una fitta rete di leggi, circolari e norme si infiltra negli spazi di libertà e di autodecisione. Per quanto riguarda la situazione italiana risultano esemplari le relazioni sul progetto per la riforma della pubblica istruzione nel Regno di Napoli (Rapporto sul progetto di legge per il riordinamento dell'istruzione primaria e Rapporto sul progetto di legge sulla riforma dell'insegnamento secondario) stese dalla Commissione per la Riforma della Pubblica istruzione (segretario Francesco De Sanctis), nominata in seguito alla Costituzione concessa da Ferdinando II (29 gennaio 1848), e le iniziative dell'I.R. Istituto Lombardo di Scienze, Lettere ed Arti per «promuovere lo studio di alcune proposte riguardanti lo stato dell'istruzione in Lombardia, la frequenza, la distribuzione, l'educazione». Nel Rapporto sul Riordinamento dell'istruzione primaria steso da De Sanctis viene sottolineata la differenza tra istruzione ed educazione (più legata alla religione) e si afferma che solo dall'educazione «ci sarà dato ottenere quell'amoroso consorzio degl'intelletti, che fa di tutto un popolo una famiglia di fratelli e di amici» (4) . Al secondo punto si propone che «questa sorta d'istruzione, o primaria, o popolare, o elementare che vogliamo chiamarla,(debba) essere obbligatoria e gratuita». Riguardo all'istruzione secondaria, si afferma che «esser deve preparazione non ad alcune, ma a tutte le professioni» evitando il sistema di potere che favorisce alcune professioni (medici ed avvocati) rispetto ad altre importanti, quali quelle esercitate nel settore delle arti, delle industrie, dell'agricoltura, del commercio (5) . Nella preparazione della relazione Sull'ulteriore sviluppo del pubblico insegnamento in Lombardia, Carlo Cattaneo (1801-1869) si servì di numerosi schemi, proposte, suggerimenti oltre che del materiale e delle statistiche raccolte ed elaborate nell'ambito dell'Amministrazione teresiana, ma l'insurrezione di Milano (marzo 1848) mise in discussione il lavoro della Commissione e la necessità di apportare integrazioni e cambiamenti di indirizzo. Il progetto tiene conto dei mezzi finanziari occorrenti e delle fonti a cui attingere; inoltre, il gruppo di lavoro, ed in particolare Cattaneo, muove da un'impostazione più razionale dei diversi ordini 3 Friedrich Engels (1820-1895) in La situazione della classe operaia in Inghilterra (1844) denuncia le condizioni drammatiche degli operai sotto l'aspetto morale, culturale, economico, occupazionale. Non meno negativa appare la situazione dell'infanzia, in parte abbandonata, in parte occupata nell'industria, senza l'apporto di famiglie in grado di fornire loro educazione e sostegno scolastico. Marx e Engels si facevano promotori di un'istruzione pubblica, gratuita in grado di conciliare l'educazione con la produzione materiale, specie a partire dai nove anni. La suddivisione dei fanciulli e degli adolescenti in tre classi (9-12 anni; 13-15; 16-17) prevedeva un'occupazione lavorativa con un orario adeguato alle diverse età ed un'istruzione politecnica: «Per istruzione noi intendiamo tre cose. Prima: formazione spirituale. Seconda: educazione fisica, quale viene impartita nelle scuole di ginnastica e attraverso gli esercizi militari. Terza: istruzione politecnica, che trasmette i fondamenti scientifici generali di tutti i processi di produzione, e che contemporaneamente introduce il fanciullo e l'adolescente nell'uso pratico e nelle capacità di maneggiare gli strumenti elementari di tutti i mestieri». Di contro alla tendenza a sviluppare nell'operaio «una sola delle sue attitudini a spese di tutte le altre», e, quindi, a preferire un soggetto unilaterale, veniva...
Sicché dal fatto il dir non sia diverso (Dante) La Religione per la terra natale in me crebbe cogli anni, attraversò le sventure, superò gli ostacoli della mia vita travagliata, e sempre, invariabilmente, si assise al mio fianco, nei rosei sogni della gioventù, nelle lunghe veglie della virilità.
La “Scuola di Milano”, una vicenda oggi poco ricordata e studiata nel mondo accademico, a suo tempo, nei primi vent’anni del dopoguerra, ebbe grande importanza nella vita culturale milanese e lasciò un segno profondo nella città.
In questa ricerca si è cercato di mostrare in che modo si è evoluto il concetto di specie, descrivendo le sue definizioni nella storia, fino alla formulazione moderna, denominata concetto biologico di specie.
https://www.casadellacultura.it/504/un-anno-di-svolta-per-la-scuola, 2017
Impossibile 'imparare ad imparare' nell'indifferenza dei contenuti di Giovanni Carosotti da https://www.casadellacultura.it/504/un-anno-di-svolta-per-la-scuola Ad anno scolastico ormai avanzato, in prossimità della chiusura del primo trimestre per molti istituti, è possibile proporre alcune valutazioni sulla grande svolta che, da settembre, avrebbe dovuto interessare la scuola italiana. Lo scorso anno, nei documenti programmatici che il governo aveva pubblicato, in particolare in quello relativo alla "didattica digitale" (cfr. Il Prezzo della "scuola digitale"pagato dalla cultura), si affermava tra le righe la volontà, proprio a partire dal 20162017, di far sì che i docenti mutassero in modo radicale la loro pratica d'insegnamento, in coerenza con le nuove metodologie fondate, più che sul sapere disciplinare, sull'equivoco concetto di "competenze" (cfr. anche Gli insegnanti e "la buona scuola"). Una metodologia che, per convinzione profonda maturata in anni d'esperienza, non appartiene affatto alla grande maggioranza del corpo docente. La "legge 107" è stata approvata con un voto di fiducia nonostante il profondo dissenso manifestato dagli insegnanti. E, subito dopo, in nome di un decisionismo che fino a poco più di un anno fa sembrava vincente, il MIUR iniziò subito a dettare le nuove linee programmatiche, molto contestate nei più diversi ambiti intellettuali, come pure anche alla Casa della Cultura si è cercato di dare conto. Un atteggiamento provocatorio, sicuramente costato molto all'esecutivo dal punto di vista elettorale, e che ha condotto lo stesso ex presidente del Consiglio a riferirsi alla "Buona Scuola" come a un'occasione mancata, un'esperienza di cui il governo non poteva dirsi totalmente soddisfatto. Ad onta di ciò, l'ex ministra dell'Istruzione Stefania Giannini ha proseguito nella sua linea dura, pubblicando a ottobre un preoccupante documento sulla formazione obbligatoria dei docenti, nonché annunciando il proposito di inserire fin dalle elementari la nuova disciplina del coding, per ben 60 ore all'anno. Il sostanziale immobilismo della classe docente, registratosi in particolare lo scorso anno scolastico, quando ancora forse c'era la possibilità di capitalizzare quell'80% di partecipazione allo sciopero contro la riforma della scuola, ha illuso il governo di poter continuare nella politica delle innovazioni imposte dall'alto, senza confronto. In realtà, dietro l'impressione di soggettività disperse, le reazioni degli insegnanti alle diverse nuove iniziative, se attentamente valutate, restituiscono un sentimento diffuso, anche se ancora frammentato, che potrebbe facilmente, se convogliato da organizzazioni sindacali accorte, esprimersi in modo strutturato. Basti valutare le espressioni di dissenso della quasi totalità dei docenti sui social network, quando nelle pagine di associazioni specializzate vengono annunciati corsi di formazione metodologica basati sui deboli assunti del cognitivismo. Anche presso alcune testate tutt'altro che pregiudizialmente ostili al governo, sempre più spazio viene concesso a esternazioni preoccupate o sconfortate dei lavoratori della scuola. Non è forse un caso che, con il cambio di governo verificatosi all'indomani del Referendum sulla "riforma costituzionale", si sia decisa la sostituzione della ministra dell'Istruzione. È impossibile affermare se tale decisione presupponga una politica di discontinuità rispetto agli ultimi due anni; vorremmo però in queste righe dare ragione di alcune questioni critiche
2006
L’Intelligence militare italiana - L’Intelligence elettronica - L’Intelligence cinese
Il ripensamento del curricolo di Storia, che per ora siamo in grado di riferire solo al biennio, ha come bussola l'ottica della DIDATTICA DELLE COMPETENZE che da alcuni anni, nel Liceo Scientifico "Enrico Fermi" di Bologna, informa la revisione dei curricoli anche di ALTRE DISCIPLINE (link alla home page della ricerca sui curricoli): lo scopo è che si prosegua così nella ricerca di una maggiore omogeneità di obiettivi formativi fra le discipline sia in orizzontale (collegamento con le altre materie), sia in verticale (collegamento con la storia nel triennio), per rendere esplicito il comune concorrere allo sviluppo delle potenzialità cognitive di ciascun alunno.
Contributo di natura divulgativa in riferimento alla cd Scuola Romana di Storia delle Religioni, a partire dalla figura di Raffaele Pettazzoni, primo titolare di una cattedra di ruolo in Storia delle Religioni in Italia (1924, a “La Sapienza”). Intorno a pionieri quali Pettazzoni ed Ernesto De Martino, nasce e si sviluppa una tradizione di studi tutta italiana che ha saputo approfondire e riscrivere, con spiccata competenza ed originalità, le basi metodologiche degli studi storico-religiosi.
Insegno da ormai più di trent'anni nella scuola pubblica -materie letterarie: italiano, latino, ultimamente anche geo-storia -fra biennio e triennio di un liceo scientifico nella marca trevigiana. Ho accumulato, credo, una discreta esperienza nella relazione didattica con ragazzi nella fascia d'età 14-19 anni alle prese con discipline importanti ai fini formativi; ma forse, talora, un tantino sottovalutate, non sempre e non solo dai ragazzi (perché, si sa, con la cultura, soprattutto umanistica, non si mangia). Penso di non essere un laudator temporis acti, men che meno un seguace della linea "non sono più i giovani di una volta". Cerco di stare più che posso al passo coi tempi, contemperando un desiderio di innovazione, anche per sopravvivenza personale (la routine uccide il docente, in primis, e i suoi alunni, più curiosi e desiderosi di apprendere di quanto solitamente non si pensi), con la convinzione e l'aspirazione di fornire "solide basi" alle coscienze in fieri, attrezzandole, attraverso la cultura, ad affrontare le sfide dell'età adulta. Ma "solide basi" significa anche durature nel tempo. È un fatto: oggi gli studenti faticano a ricordare il Mattino di Ungaretti ("M'illumino / d'immenso"), mentre il sottoscritto, ai tempi del suo liceo, aveva mandato a memoria, a blocchi di 20 a settimana, tutti i 295 endecasillabi dei Sepolcri di Foscolo; versi che ogni tanto, pur talora smozzicati, rispuntano in sede di lezione in quarta liceo e che lasciano (ancora) a bocca aperta i giovani: "Ma li sa tutti?" Cos'è cambiato in questi quarant'anni, in particolare in questi ultimi anni? Azzardo, accennandola appena, qualche risposta possibile, a partire dal mio quotidiano. 1) A partire dagli anni Sessanta/Settanta, c'è stata sicuramente una damnatio memoriae; non di qualcuno o qualcosa in particolare, ma proprio "della memoria", come facoltà che permette di introiettare e assimilare contenuti informazioni o quant'altro.
Acta Instituti Romani Finlandiae, vol. 48 (eds. Chioffi, Kajava, Örmä), 2021
Revista de Letras Juçara, 2023
Frontiers in Human Neuroscience, 2023
Synime/ Ambitions, 2021
Դատական իշխանություն, 2022
2007
محمود الضبع, 2020
European Journal of Media, Art & Photography, 2022
Deakin University, 2024
Zanin, R.; Rauch, F.; Schuster, A.; Lechner, Chr.; Stadler-Altmann, U.; Drumbl, J. (2021) (Hrsg.), Herausforderung Sprache in Kindergarten, Schule und Universität. Beiträge zu Aktionsforschung, Lesson Study und Learning Study Bd. 1, Wien: Praesens Verlag, 2021
DOAJ (DOAJ: Directory of Open Access Journals), 2012
Cancer Growth and Metastasis, 2011
Journal of Documentation, 2009