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I Domenicani e la tradizione alchemica nel Duecento

in Atti del Congresso Internazionale 'Tommaso d'Aquino nel suo settimo centenario', Edizioni domenicane italiane, Napoli, 1976, II, pp. 35-42.

CHIARA CRISCIANI I DOMENICANI E LA TRADIZIONE ALCHEMICA NEL DUECENTO Estratto dalla pubblicazione «ATTI DEL CONGRESSO INTERNAZIONALE» n. 2 S. TOMMASO NELLA STORIA DEL PENSIERO EDIZIONI DOMENICANE ITALIANE - NAPOLI I DOMENICANI E LA TRADIZIONE ALCHEMICA NEL DUECENTO CHIARA CRISCIANI 1. Tra i pur numerosi e significativi documenti che testimoniano del ruolo centrale e innovatore attribuito allo studio dall'Orda Praedicatorum fin dal suo sorgere, sono stati considerati 1 particolarmente illuminanti gli scritti che Umberto di Romans - con l'autorevolezza e l'efficacia operativa derivanti dalla sua posizione -destina all'esame di questo tema. Quale quinto Generale dell'Ordine che si era costituito come una milizia contro errori dottrinali ed eresie, e che nello studio e nella predicazione aveva individuato gli strumenti - meglio, le armi - più proprie per difendere e diffondere l'ortodossia, Umberto vaglia con sistematica minuzia le finalità, i vantaggi e i problemi connessi all'attività scientifica e didattica; definisce l'utilità, i limiti, l'ambito proprio e le modalità - epistemologiche, pedagogiche, tecnico-organizzative del lavoro intellettuale; rende esplicite e concretamente operanti le direttive espresse nelle originarie Costitutiones. In particolare l'Expositio (che può essere letta trasversalmente come un'acuta analisi psicologica di pericolose deviazioni e «deformazioni professionali» dell'intellettuale, che il domenicano dovrà evitare), oltre a svolgere la funzione di utile orientamento didatticopedagogico, si costituisce nel suo significato più profondo come un manifesto delle gravose incombenze scientifiche e intellettuali che l'Ordine si assume. In questo quadro, la precisa e minuta regolamentazione concernente lo studio si fonda appunto su più generali notazioni psico-pedagogiche e su realistiche considerazioni circa il modo più costruttivo per realizzare l'impegno dell'Ordine 1 Tra i numerosi studi sull'argomento dr. C. DouAIS, Essai sur l'organisation des études dans l'Ordre des Frères précheurs, Paris-Toulouse, 1884, pp. 1-13, 159-163, 168-177; A. DuvAL, L'étude dans la legislation religieuse de saint Dominique, in Mélanges offerts a M. D. Chenu, Paris, 1967, pp. 221-247. Si è fatto qui prevalentemente riferimento a Expositio B. Humberti Burgundii Generalis V ... super regulam d. Augustini, Comi, 1602. 35 nel mondo: trae infine il suo senso più proprio dalla consapevolezza del compito globale cui i domenicani devono finalizzare lo studio stesso. Se l'accento è posto principalmente sullo studio della teologia, non mancano indicazioni puntuali su filosofia e altre scienze, intese come discipline propedeutiche o utili a vario titolo, il cui approfondimento oltre un certo limite comporta però gravi pericoli: un'accurata selezione degli studenti più maturi, capaci cioè di separare nelle dottrine filosofiche gli elementi utili da quelli dannosi, fuorvianti e irrilevanti, soprattutto consapevoli dell'impossibilità di costituire questi studi a fine autonomo della propria formazione, sarà garanzia per la corretta fruizione di questi settori del sapere profano. « Sans aucun doute - sottolinea al riguardo Douais - la théologie l'emporta sur toute autre science; mais on dut appliquer l'esprit à toute science, comme le préparant à la science ma1tresse. La fausse science seule, comme !'alchimie, fut proscri te » 2 • Di questa « falsa scienza », cui Umberto non accenna e che s'imporrà all'attenzione dei responsabili domenicani - già nel Capitolo Generale di Pest ( 1273) - come un fenomeno culturale relativamente diffuso nell'Ordine, di crescente pericolosità, tanto da dover essere affrontato con drastico rigore, si era conclusa, sul volgere della metà del sec. XIII, la prima fase di penetrazione in Occidente. Accanto alle ormai numerose traduzioni, veicolo di diffusione di ricerche e teorie fino ad allora - come si era espresso Roberto di Chester - ignote alla Latinità, si venivano delineando - significativo in questo senso è l'interesse per l'alchimia dimostrato dall'ambiente federiciano sviluppi originali e relativamente autonomi 3 • Soprattutto, in relazione alla crescente diffusione di questi studi, si era fatta strada l'esigenza, anche e proprio presso pensatori non coinvolti nella diretta ricerca alchemica, di valutare lo status epistemologico di questa di disciplina e la sua corretta collocazione nel corpus del sapere filosofico-scientifico. Se la figura del domenicano tratteggiata da Umberto di Romans pare assumere anche il carattere dell'intellettuale che ha dei precisi compiti d'informazione, studio e controllo sulla cultura profana, non è senza interesse chiarire se e come questi sia venuto esercitando questa sua funzione nei confronti della «nuova » scienza dell'alchimia (e innanzitutto appunto: per il domenicano si tratta qui di una scienza?). Individuare le prese di posizione, le valutazioni sulle ricerche alchemiche espresse da alcuni tra i più significativi rappresentanti della cultura domenicana nel sec. XIII, per cogliere eventualmente la linea direttiva che porta l'Ordine alle condanne e ai divieti ribaditi tra il 1273 e il 1323 4, può costituire un sia pur limitato contributo alla più vasta questione C. DouArs, op. cit., p. 3. Cfr. tra gli altri E . J. H oLMYARD, A lchemy (tr. it. Storia dell'alchimia, Milano, 1959), pp. 111-119; R. P. MuLTHAUF, The Origins of Chemistry, London, 1956, pp. 166192. Per la corte federiciana cfr. A. DE STEFANO, La cultura alla corte di Federico II I mperatore, Bologna, 1960, pp. 65-66. 4 Per i testi dei divieti cfr. Acta Capitulorum Generalium O. P ., ed. B. M. REICHERT, Romae, 1899, I, pp. 170, 239, 252 ; II, pp. 65-66, 147. 2 3 36 concernente i rapporti tra domenicani e ricerca scientifica, nonché la differenza di posizione che al riguardo è dato di riconoscere fra l'Ordine domenicano e quello francescano. 2. Ordinare in una panoramica esauriente le conoscenze relative a tutti i settori e i piani della realtà è lo scopo 5 che si prefigge Vincenzo di Beauvais nei suoi Specula, la cui utilità egli ha ben presente, sia per fini divulgativi che didattici, quando, nella prefazione, enumera le difficoltà d'informazione cui intende ovviare la propria enciclopedia: la gran quantità di testi ormai circolanti richiederebbe infatti, per essere esplorata direttamente, tempo e memoria notevoli, non a tutti disponibili. L'organizzazione del vastissimo materiale non si presenta come risultato di un processo astrattivo e ordinativo proprio della conoscenza umana, ma come rispecchiamento appunto di un ordine reale, dato che questo, ontologicamente prioritario sulla conoscenza che se ne può avere, s'impone ad essa e la costituisce. Questo criterio generale è ben riconoscibile anche nella trattazione di «elementi di alchimia» che Vincenzo delinea nello Speculum naturale 6• Qui infatti non di alchimia propriamente si tratta, ma di metalli, e l'ordine del discorso non segue quello delle procedure conoscitive - o delle scienze e arti più o meno astratte e gerarchizzate - relative ai metalli, ma è determinato piuttosto ex parte realis, cioè dalla gerarchia ontologica dei metalli stessi. Essi non sono quindi visti come oggetto di una scienza o arte, ma costituiscono il supporto reale per considerazioni, frammentarie e disperse apparentemente, compaginate invece in unità dall'unità, ontologicamente prima e costitutiva, dell'ordine dato dalla loro reale gerarchia. Secondo questa scansione dunque, per ciascuno vengono elencati la natura propria, le virtù utilizzabili in medicina, gli usi possibili in ambito tecnico, le operazioni cui sono sottoponibili in alchimia, il ruolo giocato nelle relazioni sociali, le reazioni etiche che possono suscitare. Il luogo proprio in cui reperire una trattazione unitaria dell'alchimia in quanto tale, essa stessa considerata come un «oggetto» che ha una data collocazione, è lo Speculum doctrinale, in cui le riflessioni dell'uomo sul reale, le scienze e le arti, costituiscono il piano ontologicamente ordinato che garantisce l'organizzazione enciclopedica. Qui l'alchimia si configura decisamente come ars mechanica, cioè come una tecnica che consiste, per Vincenzo, puramente nell'operatio manuum; essa si pone quale infimo livello di una scansione di conoscenze che, in un rapporto di subalternatio, dalla filosofia naturale si specificano nella scienza de mineris: questo però non significa che anche all'alchimista spetta, a sua volta, un sia pur ristretto compito proprio di ricerca s Cfr. M. LEMOINE, L'oeuvre encyclopédique de Vincent de Beauvais, in AA. VV., La pensée encyclopédique au Moyen Age, Neuchatel, 1966, pp. 77-85; cfr. anche L. THORNDIKE, A History of Magie and experimental Science, New York-London, 19646, II, pp. 457-476. 6 Per i testi riguardanti l'alchimia in Vincenzo cfr. Speculum Naturale, VIII; Speculum Doctrinale, XI, capp. 105-132 (ed. Duaci, 1624). 37 teorica, ma piuttosto che egli mutua sempre e solo dall'alto le rationes direttive del suo operare manuale. Di questa « pura tecnica » Vincenzo sottolinea tuttavia la notevole e multiforme utilità 7 (specie nei confronti dell' ars fabrilis e della medicina), che rende tali ricerche degne di essere approfondite nonostante quel « aliquid... vanitatis et mendacii » che paiono ancora implicare. Della loro diffusione suÌia metà dèr sec:nIT Vincenzo è comunque un testimone prezioso: non solo richiama varie - a volte contrastanti - teorie sulla formazione, classificazione e commistione reciproca dei metalli (e tra esse Vincenzo non intende o non è in grado di istituire una mediazione) ed enumera diverse prospettive sugli scopi propri dell'arte, ma accenna anche - elencando argomenti pro o contro l'alchimia - ad un dibattito ormai in corso 8 sulla legittimità delle ricerche alchemiche stesse. Se Vincenzo - coerentemente del resto con i suoi intenti enciclopedici si limita a descrivere, a prendere atto di una situazione, Alberto Magno 9 - con la sistematicità e la puntualità dello specialista - non elenca, ma interpreta in una prospettiva unitaria, sostenuta da studi e ricerche personali, le vedute diverse offerte dalle fonti e interviene direttamente nel vivo del dibattito 10 . Non è possibile qui analizzare dettagliatamente la ricca problematica del De Mineralibus: vanno però almeno individuate le linee direttive che consentono di definire l'approccio all'alchimia di Alberto uno tra i primi tentativi di mediazione tra filosofia naturale e alchimia, tra Aristotele e le fonti arabe. E innanzi tutto va sottolineato che, più che l'aspetto strettamente tecnico dell'arte (volto alla sola trasmutazione dei metalli e collegato a suo avviso con la magia naturale piuttosto che con la physica li), Alberto valorizza la funzione complessiva dell'alchimia - nei suoi momenti teorici e pratici quale strumento epistemologico, in grado cioè di offrire specifiche procedure di reperimento di dati e di elaborazione di conoscenze per un certo settore della realtà naturale. L'intento di servirsi euristicamente delle stesse tecniche alchemiche emerge nelle frequenti inferenze di proprietà naturali a partire da procedimenti e 7 Cfr. Speculum Doctrinale, ed. cit., specie cap. 105 ( « .. .et [alchimia] ad quasdam aliarum [artium] non parum utilis est : ut ad fabrilem et ad medicinam. Ad fabrilem quidem propter metallorum examinationem, comixtionem, disgregationem, transmutationem. Ad medicinam itidem propter substantiarum vel qualitatum salubrium a noxijs quae frequenter etiam in medicinis simplicibus permixte sunt separationem ») e cap. 132 (« ... sed in ea [alchimia] tamen est subtilitas sublimis et utilitas non parva »). 8 Cfr. Speculum Doctrinale, ed. cit., cap. 106. 9 Non si tien conto qui dei testi la cui attribuzione ad Alberto è dubbia : al riguardo cfr., oltre agli specifici contributi di P. Kibre, L. THORNDIKE, op. cit. , II, pp. 566-573; R. PARTINGTON, Albertus Magnus on Alchemy, Ambix, 1 (1937), pp. 3-20. IO Cfr. De Mineralibus, 1. III, tract. I , capp. 7-9 (in Alberti Magni Opera Omnia, ed. P. ]AMMY, Lione, 1651, II, pp. 250-252), dove si ha la confutazione delle teorie (semplicemente giustapposte da Vincenzo) per cui i metalli costituirebbero un'unica specie o possiederebbero ciascuno qualità opposte. li Cfr. De Mineralibus, loc. cit., cap. 1 (ed. cit., pp. 244-245). 38 r, t a I d d r s r t e l 2 i: ( risultati dell'arte, nonché dalla critica a Gilgil Hispanus 12 (mechanicus appunto, secondo Alberto, e non philosophus) che, fondandosi su limitate esperienze, arbitrariamente erige a teoria quel che è solo uno strumento per costruirla. La conoscenza profonda dei testi aristotelici e della letteratura alchemica, le dirette esperienze in ambito mineralogico e alchemico (la padronanza dunque di un metodo in cui auctoritas ed experientia si integrano) rendono Alberto relativamente distaccato dalle proprie fonti e gli consentono quindi di prospettare una visione complessiva della problematica alchemica e di istituire regole di corrispondenza tra teorie apparentemente contrastanti: queste inlatti, tradotte in t emuni omoge!leì, si configurano come interpretazioni più o meno generali degli stessi fenonieni e quindi conciliabili in una veduta ... セ@ e;,.. • unitaria e articolata 13 • Su questa base Alberta" può cosi intraprendere, nei confronti della tradizione alchemica, la decodificazione di allegorie, enunciati ermetici, suggestioni .mitiche; l'interpretazione - in una sorta di storia dell'alchimia - di lacune, errori, carenze metodologiche che viziano le prospettive di alcuni autori; la confutazione infine di teorie erronee o di singole obiezioni sulla effettiva possibilità di realizzare gli scopi tecnici dell'arte. Se forse non era stato questo il polo d'interesse che aveva spinto Alberto ad affrontare la problematica alchemica, l'ampia disamina condotta, i suoi personali esperimenti e i contatti con minatori e alchimisti (cui fa sovente riferimento) gli consentono di puntualizzare anche il tema - centrale nel dibattito sulla trasmutazione - del rapporto arte-natura nell'opus e di giudicare quindi, con cautela e prudenza, i progetti degli alchimisti, sempre che vengano correttamente formulati e perセ@ seguiti con tecniche adeguate, possibili anche se molto difficili da realizzare 14• セ@ Abbastanza simile, almeno nelle f onclusioni, pare essere l'opinione espressa da Tommaso a questo riguardo 15 : f!a subito precisato comunque che Tommaso non fa dell'alchimia e dei suoi problemi oggetto di un interesse specifico e di una riflessione organica e che quindi le sue indicazioni su questo tema si presentano per lo più sotto forma di accenni marginali o di esempi nel corso ....S della trattazione di altri argomenti; forse proprio per questo, si può inoltre notare una certa oscillazione nella sua posizione - già sottolineata da Pico d::::---- 1f. della Mirandola - che potrebbe contribuire a spiegare la relativamente scarsa e tarda attribuzione di opere alchemiche al suo nome. Una chiara indicazione sulla c.9!.!_ocaiione che secondo Tommaso spetta all'alchimia nella scansione del sapere (senza che si affronti per ora il problema l tr" ( / セQG@ della sua validità) si ricava comunque dal suo commento al De Trinitate boe- 1 ziano 16 • セG。ャ」ィゥュ@ viene inserita qui nel novero delle artes mechanicae, tali Cfr. De Mineralibus, loc. cit., cap. Ibidem (ed. cit., pp. 246-247). 14 Cfr. De Mineralibus, loc. cit., cap. op. cit., II, p. 568. 15 Al riguardo dr. L. THORNDIKE, op. 16 Cfr. Expositio super librum Boethii Leiden, 1965, p . 168, 171). 12 13 4 (ed. cit., p. 247). 9 (ed. cit., p. 252); cfr. anche L. THORNDIKE, cit., II, pp. 607-608. De Trinitate, q. 5, 1, 3m et 5m (ed. B. DECKER, 39 perché consistono, a differenza delle libera/es, in un opus corporale, cioè « sunt hominis huiusmodi actus ex parte illa, qua non est liber, scilicet ex parte corporis »: per esercitare questa sua praticità, tuttavia l'alchimia (come del resto l'agricoltura et omnia huiusmodi) deve seguire alcune direttive teoriche, che non è però suo compito individuare ma che, come propter quid per il suo specifico settore, mutua dalla physica cui risulta pertanto subalternata. Ma le pretese di quest'ars sono legittime? i risultati delle sue manipolazioni tecniche sono identici ai metalli naturali? Si entra con questi quesiti nella complessa tematica - che qui si deve tralasciare - sviluppata da Tommaso in relazione al rapporto ars-natura e che lo porta a conferire, in ultima analisi, scarsa creatività e autonomia alla produzione artistico-tecnica 17 ; per il ristretto settore che qui ci interessa, se è vero in generale che l'opus artis non potest esse simile operi naturae, Tommaso specifica ulteriormente come セ@ virtus activa della natura non è propria dell'arte: « unde natura potest ex terra facere aurum aliis elementis commixtis, quod ars facere non potest » 18• Gli alchimisti:__ è vero - per lo più sostengono di non voler, né poter, creare ex novo i metalli, ma di tendere alla loro trasmutazione: in questo caso però devono sostituire alla precedente forma sostanziale quella dei metalli nobili e neppure questo pare possibile a Tommaso perché, indipendentemente da ogni altra considerazione, gli artefici non hanno a disposizione né il luogo, né la forma di calore, né la virtus mineralis di cui si serve la natura 19 • Ma nel commento alle Meteore questa negazione radicale delle possibilità dell'alchimia si fa più cauta e sfumata e s'avvicina alla prospettiva albertina: l'arte viene definita « ...veram ... tamen difficilem, propter occultas operationes virtutis caelestis ... » 2ll. Tommaso dunque qui riconosce una relazione reale tra astri e metalli e quindi un nesso epistemologico-tecnico tra astrologia e alchimia (anche se difficile da cogliere), afferma che gli alchimisti talvolta realizzano veram generationem metallorum e tratteggia, sia pur brevemente, due sequenze di operazioni a questo fine. Una presa di posizione anche più neutrale si ha nella Summa Theologica, 2-2 q. 77, 2 ad 1m, dove al problema dell'alchimia si accenna sotto un profilo etico-giuridico: è infatti frode spacciare metallo adulterato, ma «si autem per alchimiam fieret aurum, verum, non esset illicitum ipsum pro vero vendere, quia nihil prohibet, artem uti aliquibus naturalibus causis ad producendos naturales, et veros effectus ». ( 11 Cfr. F. 0LGIATI, L'arte e la tecnica nella filosofia di S. Tommaso, Rivista cli filosofia neoscolastica, 26 (1934), pp. 156-166; U. Eco, Il problema estetico in S. Tommaso 'd'Aquino, Milano, 19702, pp. 197-225. ·- ts Quaestiones disputatae de Potentia, q. 6, 1, rnm (ed. Taurini-Romae, 1927, I, p. 187). - 19 Cfr. In secundo Sententiarum, d. 7, q. 3, 1, 5m (ed. MANnoNNET-Moos, Paris, 1929-47, Il, pp. 193, 196. "" 20 In Aristotelis libros... Metereologicorum expositio, L. III, I. IX (ed. R. SPIAZZI, Taurini-Romae, 1952, p. 644). 40 .3. Un resoconto, informato anche se non sistematico, di ormai diffusi interessi; un competente - e perciò cauto - apprezzamento della potenziale fecondità scientifica delle ricerche alchemiche; riferimenti, non puntuali né entusiastici ma neppure allarmistici o decisamente critici, sugli esiti pratici dell'arte. Questi dunque i quadri entro cui si collocano le valutazioni di tre intellettuali domenicani sull'alchimia: di essa viene più o meno accentuato il carattere di tecnica, comunque non pericolosa (anche se le sue pretese possono essere discusse) fino a che si mantiene nella sua giusta posizione di subordinazione alla philosophia naturalis, quindi ai philosophi natura/es, che hanno perciò il compito di guidarne e controllarne lo sviluppo. Ma nei decenni a cavallo tra i sec. XIII e XIV queste ricerche, ora assai più diffuse e divenute decisamente indipendenti dall'influenza araba, venivano talvolta assumendo - in precisi ambiti culturali - sfondi e motivazioni più ambiziosi e meno controllabili. In particolare, se nel Geber latino l'alchimia tende a configurarsi una sua propria dignità come scienzadQe9ali_stica sl, ma relativamente autonoma, nelle prospettive di b。」ッョセカ@ e Rupescissa 21 queste ricerche fanno sovente appello a dirette illuminazioni - tecniche e religiose insieme - liberamente elargite da Dio e si rendono funzionali ad aspirazioni pauperistiche e di renovatio religiosa connesse alle profezie gioachimite. Con questi sfondi religiosi, soteriologici ed escatologici, l'alchimia non ha certo gli innocui contorni di un'ars mechanica fra le altre (anche se forse più ambigua nei suoi risultati e ancora incerta nelle sue procedure): di fronte a questa sua eterodossa dimensione, per il domenicano non si tratta allora più, secondo che è specifico compito dell'Ordine, di informarsi su nuove conoscenze da inserire eventualmente nella cultura cristiana, ma di bandire una tecnica che può implicare esiti pratici concretamente fraudolenti e istanze religiose dottrinalmente devianti. Oltreché quindi la prudenza verso una tecnica manuale dallo statuto epistemologico ancora confuso e che sembra puntare a scandalosi arricchimenti, anche la necessità di controllare e arginare queste più generali e culturalmente inquietanti prospettive che sovente la fondano, può permettere forse di interpretare pienamente il senso delle admonitiones emesse dai Capitoli Generali di Pest (1273), Bordeaux (1287) 22, Treviri (1289), Metz ( 1313 ), Barcellona ( 1323 ): queste, discostandosi dalla relativa tolleranza caratteristica delle posizioni ora esaminate, denunciano la costante diffusione delle ricerche alchemiche tra i domenicani, vietano loro lo studio, l'insegnamento e la pratica dell'alchimia, ordinano, sottolineando i pericula scandalosa derivanti da questi studi, di bruciare i testi alchemici, e, con un significativo crescendo delle sanzioni, comminano ai trasgressori pene che dalla carceralis custodia raggiungono il vertice della scomunica. 21 Cfr. L. THORNDIKE, op. dt., II, pp. 841-846; III, pp. 75-79, 347-370; cfr. anche F. HEER, Mittelalter (tr. it. Il Medioevo, Milano, 1962), pp. 286-289. 22 Si vieta anche (1288, Capitolo provinciale di Rimini) il possesso di strnmenti per la distillazione (cfr. F. S. TAYLOR, The Alchemists, London, 1951, p. 117). 41 Si è avanzata qui un'ipotesi interpretativa che invita certamente a ulteriori ricerche volte a precisare sia l'effettiva diffusione degli interessi alchemici (con le loro modalità e motivazioni) presso i domenicani nei secoli XIII e XIV, sia il loro contemporaneo sviluppo nell'Ordine francescano e in studiosi che si rifanno alle posizioni degli Spirituali, nonché i rapporti tra Ordine domenicano e Curia al tempo della Decretale contro gli alchimisti emessa da Giovanni XXII. Al chiarimento di questo quadro contribuirebbe senza dubbio un'analisi più ravvicinata dei testi del domenicano Nicola Eymeric, inquisitore generale d'Aragona, che, sul finire del sec. XIV, nella sua strenua opposizione ad ogni forma, anche latente, di eresia, annovera tra i propri obbiettivi polemici anche gli alchimisti, visti come fabbricanti di menzogne e troppo propensi all'invocazione dei demoni 23 • CHIARA CRISCIANI Università di Pavia 23 42 Cfr. L. THORNDIKE, op. dt., III, pp. 513-515.