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in Atti del Congresso Internazionale 'Tommaso d'Aquino nel suo settimo centenario', Edizioni domenicane italiane, Napoli, 1976, II, pp. 35-42.
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in Atti del XXIV Congresso nazionale di Filosofia, Società Filosofica Italiana, Roma, 1974, II, pp. 357-364
IL PENSIERO POLITICO, v. 34, n. 3 (2001), p. 451-467
Il Cinquecento, ha scritto Lucien Febvre, fu un secolo animato da un incessante desiderio di conoscenza, non meno che da una profonda ansia di «credere» 1 . Nella recensione del Libro dei vagabondi, curato da Piero Camporesi e pubblicato nel 1973 dall'editore Einaudi, Luigi Firpo rimarcava come accanto all'«impostura religiosa» (i falsi frati, eremiti taglieggiatori, simulatori gaudenti, falsari di reliquie, simoniaci venditori di assoluzioni e di indulgenze), vi fu anche chi praticò «quella che si potrebbe dire l'impostura tecnologica» 2 . «Anch'essi fanno leva sulla credulità dei semplici, sfruttando le superstizioni, l'attrazione per l'occultismo, la fantasia affabulante, l'attesa di rozzi prodigi che rompano la monotonia del vivere quotidiano. Si fanno avanti così i ciarlatani, gli spacciatori d'unguenti miracolosi, i truffatori, i medicastri, i falsi veggenti, gli astrologi, i giocolieri, gli acrobati, i truccatori di dadi e di carte» 3 . L'indagine sulla vita intellettuale e politica del tempo, non può dunque prescindere dalle vicende che mossero il peregrinare di molti scienziati e alchimisti alla ricerca di protezione nelle più importanti corti europee. Il fine di tale ricerca non può essere solo quello di tracciare una storia della «mentalità» e della «credulità popolare». L'avvertimento che Nicolò Contarini pone in principio alla narrazione della storia di Marco Bragadin, è eminentemente politico. Il suo richiamo agli 1 Cfr. L. FEBVRE, Il problema dell'incredulità nel secolo XVI. La religione di Rabelais, prefazione di A. Ja. Gurevič, trad. it. di L. Curti, Torino, Einaudi, 1978, pp. 433-441. 2 L. FIRPO, a proposito del Libro dei vagabondi, a c. di P. Camporesi, Torino, Einaudi, 1973, «La Stampa», 6 maggio 1973, ora in ID., Ritratti di antenati, Torino, La Stampa, 1989, pp. 103-109. 3 Ibid., p. 105. «accidenti» di una Repubblica, dalla cui esperienza è possibile affinare la prudenza, lo avvicina a un ricordo guicciardiniano 4 : Tra queste cose, che molti non stimeranno di molto momento, non tralascerò di portarne un'altra, la qual non mi par il dovere involgerla nel silenzio, insegnando molte volte più, per esser più frequenti, gl'accidenti minori che li grandissimi, li quali incontrano di rado. Sin nell'anno 1590 venne nella città un certo Marco, di casa Bragadina ma di natali illegittimi; questi era nato in Cipri e, come il più di quell'isola, s'era dal suo nascimento tutto dato alle delizie et al senso; e benché le sciagure della patria lo dovessero aver ammonito a vivere più frugalmente, nondimeno, convertito l'abito in nattura, quanto gl'era rimasto doppo le sciagure di quel Regno, tutto aveva logorato nei lussi.
2010
federico barbierato e adelisa malena* Rosacroce, libertini e alchimisti nella società veneta del secondo Seicento: i Cavalieri dell'Aurea e Rosa Croce 1. 1650: chimica e guerra chimica. Agli inizi del 1650 la situazione di Candia e dello Stato da Mar in generale non era delle migliori. Ciononostante, non era tanto il presente, quanto il futuro a preoccupare. La prospettiva di una lotta sicuramente lunga e dispendiosa, da condurre con mezzi via via più scarsi, appariva concretamente impraticabile. Tuttavia rinunciarvi non era ammissibile, anche se le speranze di riconquista del Regno «doppo Dio, a pocco altro si riducono» 1. Ma a quel «pocco altro» ci si poteva ancora aggrappare. Il 5 febbraio di quel 1650 il provveditore generale in Dalmazia, l'esperto e abile Lunardo Foscolo, scrisse una lunga lettera agli Inquisitori di Stato. Parallelamente, è probabile, informò anche il Consiglio di Dieci. Nella scrittura, il provveditore svolgeva un'attenta e impietosa analisi della situazione bellica, una situazione dalla quale non c'era via d'uscita se non mediante continui, intollerabili esborsi. Su questo aveva riflettuto a lungo, su come fosse possibile cioè «senza rischio di gente, et senza spesa, [raggiungere] quella potenza che rendesi formidabile, con l'ingegno, et con l'ingano» 2 , e ora gli pareva di poter dare la soluzione. Aveva conosciuto un uomo a Zara, un sogetto virtuoso, novamente condotto per medico, oltre l'esquisitezza del medicare, valoroso distillatore, il cui nome è Michiel Angelo Salomone, bramoso farsi conoscere, qual è in effetto, buon et fedel servitore dell'eccellenze vostre nell'occorrenze tutte, et nelle più ardue in particolare, con esso communicati i miei desiderii, s'è anco essibito, valendosi dell'occasione opportunissima di questa pestilential influenza, d'istillar un liquore, scatturito da fieli, et carboni d'apestati, con altri ingredienti, che haverà forza et virtù dove sarà sparso, essendo la quinta essenza della peste di privar di vita, nel spatio di poco tempo, qual si voglia numero di persone. * Il testo è stato interamente discusso e steso a quattro mani. Ad ogni modo, ai fini delle valutazioni concorsuali, Federico Barbierato è l'autore dei paragrafi 1, 2, 3 e 5; Adelisa Malena è autrice dei paragrafi 4, 6, 7 e 8.
Athanor S.O.Mi, 2019
A study on women as a philosopher's stone through the found and the works of Dante Alighieri.
Banchetti e vivande nel Rinascimento a Roma, Ivana AIT (a cura di) Collana Roma nel Rinascimento, Inedita Saggi, Anno 2017, pp. 203-231. SOMMARIO Premessa Anna MODIGLIANI, Banchetti e potere nel Rinascimento a Roma Maria Grazia BLASIO, Dalla mensa pontificia alla tavola dei letterati Antonella MAZZON, "Cum gulositate quorumdam proveniant aliquando scandala que denigrant ordinis honestatem". La mensa dei frati tra digiuni e convivialità June DI SCHINO, "La Suprema Magnificenza". Il convito rinascimentale e l'arte del ben servire Costanza BARBIERI, Agostino Chigi e la Magnificenza in tavola Alfio CORTONESI, Il consumo dei cereali nell'Italia del tardo medioevo Gabriele ARCHETTI, Panis libra una. La misura del pane dei monaci Anna ESPOSITO, I pesci dei Romani: osservazioni in margine al De romanis piscibus di Paolo Giovio Ivana AIT, Le carni della città Angela LANCONELLI, Produzione e consumo dei latticini a Roma alla fine del medioevo Daniele LOMBARDI, Vino romano e vini forestieri nella Roma del Rinascimento INDICI delle fonti manoscritte delle illustrazioni dei nomi e dei luoghi
Fornire un quadro esautivo sulla coltivazione della vite e sugli aspetti legati alla produzione del vino nel Mezzogiorno medievale continentale è impresa ardua. Una prima difficoltà deriva dall'assenza di studi in numero congruo sull'argomento a carattere perlomeno regionale: tra i pochi non si può non ricordare il lavoro di Mario Del Treppo su Amalfi medievale, i saggi di Raffaele Licinio e qualche paragrafo del volume di Jean-Marie Martin sulla Puglia medievale o riflessioni in articoli di Pierre Toubert sulla Campania settentrionale 1 . Alcune parti dell'opera di Augusto Lizier forniscono informazioni ancora oggi preziose per chiunque voglia intraprendere uno studio sui problemi legati alla coltivazione della vite in età prenormanna, mentre i saggi di Giovanni Cherubini e Giovanni Vitolo costituiscono studi di partenza ineludibili per le problematiche legate al commercio del vino nel Mezzogiorno bassomedievale 2 . Tuttavia manca ancora per la regione meridionale un lavoro * Mi è gradito ringraziare il professor Pietro Dalena per l'impulso a intraprendere questa ricerca e per i numerosi suggerimenti, i consigli, le indicazioni e le discussioni che sono alla base di tanta parte del presente lavoro. 1 M. Del Treppo, Amalfi: una città del Mezzogiorno nei secoli IX-XIV, in M. Del Treppo, A. Leone, Amalfi medioevale, Napoli 1977, pp. 24 ss.; R. Licinio, Uomini e terre nella Puglia medievale. Dagli Svevi agli Aragonesi, Bari 2009 2 , in part. pp. 67-81; J.-M. Martin, La Pouille du VIe au. Xlle siècle, Rome 1993; P. Toubert, Paesaggi rurali e tecniche di produzione nell'Italia meridionale della seconda metà del XII secolo, ora in Id., Dalla terra ai castelli. Paesaggio, agricoltura e poteri nell'Italia medievale, Torino 1995, pp. 316-341. 2 A. Lizier, L'economia rurale dell'eta prenormanna nell'Italia meridionale meridionale (Studi su documenti editi dei secoli IX-XI), Palermo 1907; g. Cherubini, I prodotti della terra: olio e vino, in Terra e uomini nel Mezzogiorno normanno-svevo, Atti delle settime giornate normanno-sveve, Bari 1987, pp. 187-234; G. Vitolo, Produzione e commercio del vino nel Mezzogiorno medievale, in "Rassegna Storica Salernitana", V, 1, 1988, pp. 65-75. Una bella sintesi sulla vitivinicoltura italiana con ampi accenni al Mezzogiorno in A. Cortonesi, 7 Un'ottima sintesi in G. Volpe, Villaggi e insediamento sparso in Italia meridionale tra tardoantico e altomedioevo: alcune note, in Dopo la fine delle ville: le campagne dal VI al IX secolo, a cura di G. P. Brogiolo, A. Chavarria Arnau, M. Valenti, Mantova 2005, pp. 221-243. 8 C. Wickham, Framing the Early Middle Ages. Europe and the Mediterranean, 400-800, Oxford 2005, pp. 58 ss. 9 Expositio totius mundi et gentium, a cura di J. Rougé [Sources Chrétiennes, 124], Paris 1966, p.190. 10 Cassiodoro, Variae, ed. Th. Mommsen, MGH, Auctores Antiquissimi, Hannover-Leipzig 1894, VIII/31, XII/14, p. 371; ivi, XII/15, pp. 372-373. 11 Ivi, XII/12, p. 369. 12 Gregorii I Papae, Registrum Epistularum., ed. P. Ewald, L. Hartman MGH, Epistulae, Berolini 1957 2 , I, 64. 13 Si veda a tal proposito infra, la parte dedicata al commercio. 14 Rarissimi diventano infatti i rinvenimenti di contenitori vinari a Roma, principale mercato del vino campano. Si veda E. Savino, Campania tardoantica, Bari 2005, pp. 57-60. 15 Per la quale si veda supra, nota 6. 16 Sulle condizioni dell'Italia meridionale alla fine della guerra goto-bizantina si vedano ad es. E. Zanini, Le Italie bizantine, Bari 1998. Per una rilettura delle conseguenze del conflitto sulle strutture economico-insediative nel Mezzogiorno G. Noyé, Villes, économie et société dans la province de Bruttium-Lucanie du IVe au VIle siècle in La storia dell'alto medioevo italiano (VI-X secolo) alla luce dell'archeologia (Convegno Internazionale, Siena 1992), a cura di R. Francovich, G. Noyè, Firenze 1994. Sul ruolo della peste da ultimo M. Mc Cormick, The origins of European Economy. Communications and Commerce AD 300-900, Cambridge 2001, pp. 114 ss. Per le diverse conseguenze del conflitto si veda ad es. Savino, Campania tardoantica, cit., pp. 205 ss. 17 MGH, Ep., II, IX, 53, a. 598. 18 Iohannis Diaconi, Chronicon episcoporum sanctae neapolitanae ecclesiae, ed. B. Capasso, Monumenta ad neapolitani ducatus historiam pertinentia, riedizione a cura di R. Pilone, Salerno 2008 2 , I, p. 282. Un'urna equivale a circa 13 litri; si veda C. Salvati, Misure e pesi nella documentazione storia dell'Italia del Mezzogiorno, Napoli 1970, p. 13. 19 Liber Censuum Romanae Ecclesiae, a cura di P. fabre, L. Duchesne, Paris 1905, I, p. 352; Regesti dei documenti dell'Italia meridionale. 570-899, a cura di
Studi sul Boccaccio, 2020
L’articolo evidenzia l’importanza di un’indagine ad ampio spettro sulla tradizione del Decameron, sia per la corretta definizione dei rapporti tra l’autografo Hamilton 90 e il codice Mannelli, problema centrale per la constitutio textus, sia per una migliore comprensione delle dinamiche di trasmissione del testo. Attraverso il riscontro con la principale tradizione manoscritta, sono prima analizzati alcuni casi di varia lectio riguardante l’onomastica decameroniana, al fine di valutare la diffusione di determinate varianti: alcune di esse, di cui in passato era stata prospettata l’autorialità, sono invece ricondotte all’intervento di singoli copisti. Il riesame di alcuni loci critici induce inoltre a riconsiderare l’affidabilità del codice Mannelli, con ricadute concrete anche sulla corretta costituzione del testo critico dell’opera: in particolare viene proposta una diversa soluzione testuale per l’incipit del Decameron, passo per cui la testimonianza dell’autografo è assente. The article enlightens the importance of a wide investigation of the textual tradition of the Decameron, both for the correct definition of the relation between the autograph Hamilton 90 and the Mannelli codex, and for a better comprehension of the dynamics of textual transmission. Through the examination of the most important manuscripts of the tradition, the article analyses some cases concerning decameronian onomastics in order to evaluate the spread of single variants, some of which, attributed in the past to the author, are instead ascribed to copyists. In addition, the article reconsiders the reliability of the Mannelli codex, which is still used by editors to reconstruct those portions of text that are missing in the autograph: in particular, a different textual solution is proposed for the incipit of the Decameron.
Aethiopica, 2012
РОССИЯ И ИБЕРОАМЕРИКА В ГЛОБАЛИЗИРУЮЩЕМСЯ МИРЕ: ИСТОРИЯ И СОВРЕМЕННОСТЬ, 2017
Bulletin d'Archéologie et d'Architecture Libanaises - BAAL 20, 2020
Cuadernos constitucionales de la Cátedra Fadrique Furió Ceriol, 2008
Journal of Perioperative Nursing, 2021
Optical Engineering, 2011
Updates in Surgery
Clinical Infectious Diseases, 2020
Redvet Revista Electronica De Veterinaria, 2009