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Conflitto e angoscia nella tossicomania

Conflitto e angoscia nella tossicomania dr.Marcello Marcellini. Psicologo, Criminologo clinico Introduzione L'infanzia tossicomane Claude Olievenstein Tossicomania e personalità Jean Bergeret Tossicomanie come stati di transizione Edward Glover I Meccanismi maniaco-depressivi della tossicomania H.A.Rosenfeld Tossicomania e impulsività Otto Fenichel Tossicomania e iniziazione Luigi Zoja Una visione d'insieme conclusiva Bibliografia INTRODUZIONE Quello della tossicodipendenza è indubbiamente un fenomeno complesso, da analizzare con cura. Lo si coglie infatti con difficoltà e lo si riduce, nel momento in cui si sceglie un'unica strada teorica e un unico strumento interpretativo; ci si perderebbe nel ginepraio delle teorizzazioni se si tentasse di ricongiungere, in un discorso ideale, le varie e diffuse conclusioni sulle sue cause. Da una parte teorica molto spesso si è visto scomparire l'individuo privilegiando l'analisi sociale ed economica del fenomeno, dall'altra, diverse teorizzazioni, esaltando la centralità eziologica del momento individuale, hanno finito per soffocare l'importanza dei fattori socioculturali. Ma il problema non è quello di riproporre un conflitto, più o meno attenuato, tra determinanti sociali e determinanti biologico individuali, ma è quello di ridare al momento individuale, all'unicità dell'individuo e della sua esperienza, una giusta collocazione in stretta relazione con il momento epocale che stiamo attraversando. Il tossicodipendente non può non essere considerato come il crocevia obbligato a cui arrivano stimolazioni di essenza storica, sociale, culturale ed economica, ma tali stimolazioni non giungono a una 'tabula rasa', a un individuo senza storia individuale e senza soggettività. Giungono invece a una persona con una propria organizzazione psichica, con un originale mondo interiore che le interpreta e le fa proprie secondo uno schema unico. In questo senso s'impone l'esigenza di conoscere l'avventura umana del tossicodipendente, si ha l'urgenza di evidenziare la sua costruzione psicologica proprio in quanto individuo e, in secondo luogo, di vedere in quale contesto socio-culturale questa avventura individuale si colloca. La psicoanalisi sotto questo profilo rimane la disciplina che più di ogni altra è in grado di ridare all'individuo la sua soggettività evitando dannose omologazioni di matrice socio-culturale. Se esiste infatti la tossicodipendenza come fenomeno dalle indubbie dimensioni sociali è altrettanto vero che esiste il tossicodipendente con motivazioni personali in grado di configurare una specifica esperienza con la droga. Questa distinzione è vera in ambito teorico, ma ancor più importante risulta esserlo in un contesto clinico dove l'esperienza soggettiva assume un valore centrale per il terapeuta. Il lavoro clinico è quindi diretto al "tossicodipendente" e non alla "tossicodipendenza". Il clinico non si pone l'obbiettivo di trasformare la società o di inculcare 'valori perduti' al tossicodipendente, ma di vedere se sia possibile ridistribuire gli investimenti psichici, diretti dal tossicodipendente verso la droga, in direzione di scopi più evolutivi e maturi lasciando al soggetto quelle libertà di scelta che successivamente lo ricollocheranno nel tessuto sociale e culturale. Il prevalere di concezioni ideologiche e moralistiche che prestano la loro attenzione alla "tossicodipendenza" come fenomeno sociale più che al "tossicodipendente"come soggetto, ha portato nel nostro paese al pullulare di comunità terapeutiche all'interno delle quali l'individuo tossicodipendente, in virtù di una terapia , è portato a perdere i suoi connotati soggettivi. L'esperienza soggettiva del tossicodipendente viene sacrificata in onore della dimensione sociale e culturale del problema. In questi contesti "terapeutici"molto spesso le più elementari acquisizioni della psicologia, della psichiatria e della medicina in generale sono quotidianamente squalificate. In queste strutture in genere si lavora con gruppi di tossicodipendenti superiori alle venti unità, talvolta con più di cento utenti (Bion raccomanda gruppi composti al massimo di 6 persone) con tipologie organizzative fortemente burocratizzate che realizzano un modello di vita comunitario irrealistico in aperto contrasto con la realtà esterna. Non è un caso che molti leader carismatici gestori di comunità terapeutiche sappiano ben contare quanta utenza abbia intrapreso e concluso un programma terapeutico nei loro centri, ma non sappia~o dare alcuna indicazione sulle ricadute ad esempio nei primi due anni di rientro nell'ambiente di origine. I fatti degli ultimi tempi, riportati ampiamente dalla cronaca, sono esemplificativi delle metodologie utilizzate per aiutare i giovani a liberarsi dalla droga. C'è quindi un bisogno fondamentale di ridare al tossicodipendente la sua unicità, di capire la sua esperienza soggettiva, il suo mondo interiore, il conflitto originario che lo ha portato all'incontro con la droga. Questo obbiettivo può essere raggiunto solo se gli strumenti adottati e gli scopi da raggiungere sotto il profilo terapeutico sono la conseguenza di un modello teorico che riconduca la sofferenza all'individuo senza rappresentazioni moralistiche e ideologiche e senza essere il presupposto di sanatoria universale di tutte le situazioni tossicomaniche. Cosi come affermava Edgar Allan Poe che "l'autentica sventura, la suprema afflizione, è individuale, non generale" cosi la teoria psicoanalitica potrebbe essere di aiuto nell'evitare al "tossicodipendente" l'omologazione alla "tossicodipendenza". Quanto esposto in questo lavoro è il risultato della lettura di alcuni tra i più importanti autori nel campo dell'indagine psicoanalitica. Si è privilegiato, per scelta, l'ambito teorico trascurando quello clinico riportando semplicemente ipotesi che spiegano i meccanismi sottostanti l'assunzione di sostanze stupefacenti. La maggioranza degli autori presentati non ha avuto e non ha una esperienza costante con i problemi di tossicodipendenza mentre altri, come ad esempio Bergeret e in particolare modo Olievenstein, si sono occupati in maniera più decisa e continuativa di questi problemi. Il fatto che si parli in questo lavoro di ipotesi teoriche elencandole in maniera scollegata e riportando sinteticamente il pensiero di ogni autore è dovuto al fatto che allo stato attuale non è possibile inquadrare la tossicodipendenza in un unico capitolo psicopatologico e clinico allo stesso modo dei grandi raggruppamenti nosografici. La psicoanalisi ha bisogno ancora di misurarsi con il fenomeno della tossicodipendenza per arrivare a teorizzazioni il più possibile omogenee. L'approccio psicoanalitico alla tossicodipendenza non può comunque rimanere quello ortodosso. Il punto di vista clinico deve necessariamente cambiare. Come afferma Olievenstein "la clinica non potrà costituirsi oggettivamente sui sintomi, sui disturbi o su altre patologie di repertorio, ma soggettivamente, secondo la maniera in cui viene a stabilirsi la relazione con l'apparato terapeutico, sia con un terapeuta che con l'istituzione, o nella successione tra l'uno e l'altra. La clinica si costituisce nel quadro della reazione di dipendenza, nelle tentazioni-tentativi di fuga e nell'impossibilità o nella mancanza di volontà di fuggire" (Olievenstein 1993). Lo psicoanalista in sostanza dovrà rivedere l'impostazione classica del setting terapeutico modellando lentamente l'approccio e tenendo presente che gli aspetti più evidenti del soggetto possono rappresentare in quel momento i contenuti più importanti mentre il livello latente può essere minimizzato. Modifiche di questo genere, proposte da Olievenstein, tendono a produrre il mantenimento del setting terapeutico limitando le rotture che avvengono in genere nel setting analitico classico. L'INFANZIA DEL TOSSICOMANE CLAUDE OLIEVENSTEIN Claude Olievenstein è forse l'unico psichiatra psicoanalista con una militanza specifica e costante nel campo delle tossicodipendenze. La sua più che ventennale esperienza presso l'ospedale Marmottan di Parigi, da lui fondato, gli ha permesso di incontrare migliaia di ragazzi in stato di dipendenza e conseguentemente di elaborare un pensiero teorico e clinico più originale e suffragato dalla pratica. Al 31 dicembre 1983 i casi trattati presso il centro Marmottan sono stati 19.835. L'obbiettivo primario di Olievenstein è stato quello di ricercare le basi dell'esperienza tossicomanica e di tracciare il filo conduttore che in qualche misura lega un tossicomane a un altro tossicomane così" come la struttura di un cristallo somiglia isomorficamente alla struttura di un altro cristallo"1. Una prima tappa nel raggiungimento di questo obbiettivo è la distinzione tra "i consumatori di droghe" e "i tossicomani". I primi, sostiene Olivenstein "rientrano nell'ambito di una domanda sociale, i tossicomani (invece) sono dei malati in stato di sofferenza e, a questo titolo, rientrano nel campo terapeutico"2 . A sostegno di quVesta idea di fondo egli afferma con forza "che non vi è un'infanzia specifica del consumatore di droghe "mentre con altrettanta chiarezza sostiene "che nell'infanzia del tossicomane ci sono avvenimenti e passaggi caratteristici"3. L'uso della droga per Olivenstein non è l'unico fattore in grado di 'fabbricare' un tossicomane; migliaia di, persone usano droghe ma non diventeranno tossicomani mentre invece "esistono i tossicomani" come esiste "una differenza tra questi due tipi di umanità" 4. L'originarsi della tossicomania non segue comunque l~ legge del 'tutto o niente', ma la sua evoluzione risente di "innumerevoli stadi intermedi". Olievenstein ritiene che siano due le condizioni che devono verificarsi affinché un soggetto con specifico bagaglio psichico diventi tossicomane: 1) " il fatto che egli incontri la droga "; 2) " il suo rapporto con il trasgredire la legge"5. La legge su cui si sofferma l'autore è "tanto la legge immaginaria tanto quella reale". La legge immaginaria è inesistente perchè inesistenti sono, nel mondo interiore del tossicomane, le figure che debbano incarnar la: le figure normative sarebbero 'forcluse'; con il termine "forclusione" Lacan intende l'incapacità del soggetto di simbolizzare gli elementi normativi derivanti dal rapporto con i genitori e, conseguenzialmente, di vivere la legge immaginaria come "inoperante". Mentre la legge reale comporterà per il tossicodipendente "ripetute delusioni ". .. in quanto la stessa organizzazione familiare, scolastica, sociale, ogni codice ogni informazione nella quale si imbatterà, lo rimandano a una norma che non può essere la sua, poiché ... nessuna gli consentirà di organizzare il narcisismo infranto"6. Quelle citate sono le due condizioni 'necessarie e sufficienti' all'originarsi della tossicomania, manca a questo punto la trattazione di quelle acquisizioni, tipiche della tossicomania, che permettono a Olievenstein di parlare di 'infanzia caratteristica'. La frattura infantile del tossicomane si colloca per l'autore nel periodo della vita infantile che Lacan definisce 'fase dello specchio' cioè fra i sei e i diciotto mesi di vita. In questo periodo il bambino supera la fusione psichica con la propria madre e si vede altro, oggetto separato dalla madre ( in termini freudiani questo passaggio è costituito dalla transizione dallo stato autoerotico al narcisismo primario). Questa fase sembra estremamente delicata e il suo 1 2 3 4 5 6 Olievenstein C. Il destino del tossicomane. Borla, 1993, pag.83 Olievenstein C. ibidem, pag.85 Olievenstein C. ibidem, pag.85 Olievenstein C. ibidem, pag.87 Olievenstein C. ibidem, pag.87 Olievenstein C. ibidem, pag.98 superamento ritenuto fondamentale per l'equilibrio futuro dell'individuo. I fenomeni psicotici trovano spesso le loro radici nel blocco evolutivo intervenuto in questo periodo. Ma se la psicosi si origina perchè l'individuo non ha potuto realizzare la fase dello specchio rimanendo imbrigliato nello stato fusionale, la tossicomania, secondo Olievenstein, dipende invece da una situazione intermedia cioè si colloca "fra uno stadio dello specchio riuscito e uno stadio dello specchio impossibile"7. La caratteristica della tossicomania sta proprio nel verificarsi della riuscita dello specchio e contemporaneamente nel suo fallire. I fattori di danno non sono stati importanti da bloccare totalmente la sua realizzazione ma nel contempo ne permettono solo una riuscita parziale. Il concetto di frattura rinvia in qualche modo a un evento o a una serie di eventi che l' hanno generata e impongono secondariamente di riflettere sul perchè essa si è generata. Secondo Olievenstein nella frattura" interviene innanzi tutto e prima di tutto la madre" 8. E' nella relazione madre-bambino, in questo sistema, che essa si colloca. Olievenstein sostiene che nel prodursi della frattura intervengono numerosi 'shocks' che la madre riceve e rimanda: "questo rinvio permanente mantenuto durante tutto il corso dell'infanzia contribuir~ a rendere impossibile il rafforzamento dell'Io9. L'autore cita come elemento significativo ricorrente nella biografia del tossicomane lo spostamento del bambino al posto di un altro (fratello o sorella): " il bambino è vissuto e si vive al posto di un altro in ogni caso mai al proprio posto. Ogni tentativo di eccessiva rivendicazione susciterà ipso facto, la stessa reazione, lo stesso rimando alla non identità" 10. Lo stesso ruolo paterno è difficilmente definibile. Secondo Olievenstein l'intervento paterno è negativo, perché sfugge al proprio ruolo mettendosi al posto della madre e del suo ruolo. Questa collocazione paterna è il risultato di come il padre è vissuto e presentato all'interno del sistema familiare, dice Olievenstein : " il non detto della tradizione orale familiare lo presenta come impotente per l'età reale o per la posizione assunta nell'attività sistematica familiare o perché vissuto come incapace di dar godimento ~a.1la madre" 11. Quanto sostenuto è evidentemente inquadrabile in una dimensione dinamica e temporalmente progressiva che trova nell'adolescenza la sua attualizzazione in concomitanza della crisi puberale, con lo strutturarsi di un rapporto con la legge e con la risposta sociale alla trasgressione. Per Olievenstein questa dinamica complessa "genera qualcosa di simile a una farfalla che non arrivi mai a liberarsi dalla crisalide " 12. Ecco perché la tossicomania rimanda I a tutte le patologie I e non si può essere mai certi nell'affermare che il tossicodipendente sia un maniaco depressivo o un perverso: tutto è rimandato alla frattura originaria, allo specchio che si costituisce e si infrange. Da questa frattura si entra nello stadio che Olievenstein ha definito della 'dismisura'. Dalla frattura in poi "la sensazione, il sentimento provati saranno' smisurati' "13. In questo contesto l'autore, sulla strada di Rosenfeld, avvicina il concetto di dismisura a quello di malattia maniaco-depressiva che definisce "malattia della dismisura per eccellenza "anche se è portato a credere che le salite e le discese "saranno gli equivalenti tossicomanici di questa ciclotimia " 14. L'incontro con la droga sarà così' folgorante' perché " nel dominio della dismisura lo shock provato sarà forte come quello della frattura" 15. Ma in questo caso lo shock provato porterà "alla ricostituzione dell'unità nel piacere "16, all'assorbimento della frattura originaria, alla costruzione di un "sistema autorganizzatore " fondato sulla droga. 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Olievenstein C. ibidem, pag.96 Olievenstein C. ibidem, pag.96 Olievenstein C. ibidem, pag.96 Olievenstein C. ibidem, pag.97 Olievenstein C. ibidem, pag.100 Olievenstein C. ibidem, pag.106 Olievenstein C. ibidem, pag.106 Olievenstein C. ibidem, pag.106 Olievenstein C. ibidem, pag.106 Olievenstein C. ibidem, pag.106 TOSSICOMANIA E PERSONALITA' JEAN BERGERET La ricerca di una personalità tipica del tossicodipendente è stata il primo interesse di Bergeret. Egli si è domandato innanzi tutto "se esiste una personalità il cui funzionamento mentale profondo possa essere definito in base a strutturazioni particolari e particolarmente stabili, indipendenti e diverse dalle strutturazioni che si riscontrano nelle modalità strutturali affettive di tipo, ad esempio, nevrotico, psicotico, depressivo, perverso o psicosomatico" 17. La conclusione proposta è che non esiste alcuna struttura di personalità specifica della situazione di dipendenza ma piuttosto è possibile riscontrare questo tipo di situazione in tre grandi tipi di modalità di funzionamento mentale: quello nevrotico, quello psicotico e quello depressivo. Per quanto riguarda la modalità nevrotica Bergeret sostiene che solo apparentemente essa sembra essere quella prevalente. Ciò è dovuto al fatto che, in sede psicoanalitica, "le domande di terapia ... vengono principalmente da soggetti in preda a una problematica conflittuale molto chiaramente centrata sul registro edipico"18, ma in sedi diverse da quella psicoanalitica "le economie della modalità nevrotica non rappresentano affatto la categoria più frequente delle economie psichiche; questa categoria parrebbe addirittura la più rara"19. Pur essendo tale modalità più rara delle altre Bergeret non ritiene affatto che sia la meno grave: come per tutte le altre forme di addiction, si tratta, afferma Bergeret, di un modo di espressione di tipo comportamentale che rende molto difficile l'approccio terapeutico mentale e verbale"20 . Altra modalità di funzionamento mentale che si riscontra nelle situazioni di dipendenza e che si presenta con manifestazioni più aberranti corrisponde alla modalità di funzionamento psicotico. Bergeret distingue due forme di funzionamento psicotico negli stati di dipendenza: la prima si caratterizza per la messa in atto di ' difese comportamentali' che l'Io del soggetto utilizza nel tentativo di contenere l'immaginario e di mantenere una certa unità psichica; la seconda forma si distingue dalla prima perché la dipendenza "costituisce un tentativo di giustificazione, per mezzo di aberranze comportamentali, dello sconfinamento delirante dell'immaginario"21. Rimane poi da trattare quella che Bergeret definisce senza dubbio la categoria più vasta dei comportamenti di addiction rappresentata da soggetti per lo più giovani" che non sono riusciti a integrare la loro crisi d'adolescenza"22 ne a integrare le fasi anteriori dello sviluppo secondo lo schema edipico ne raggiungendo il primato genitale. In questi soggetti la pulsione aggressiva cosi come la pulsione genitale" si vedono private dell'aspirazione immaginaria oggettuale e rimangono inibite e fluttuanti insieme" 23. ' Bergeret definisce questa forma di dipendenza come" addiction essenziale" poiché il substrato economico rientra nel quadro della depressione essenziale. Analizzate in sintesi le forme di organizzazione economica sottostanti i comportamenti di dipendenza è possibile arrivare a proporre le seguenti tre conclusioni: 1) non esiste alcuna struttura psichica profonda, stabile e specifica dei comportamenti di dipendenza, 2) la dipendenza non modifica in alcun modo la natura specifica profonda; 3) la dipendenza non è ricercata solo in funzione del bisogno, ma anche come tentativo di difesa contro le deficienze e le debolezze della struttura psichica profonda. 17 18 19 20 21 22 23 Bergeret J. (e altri). Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane, Borla, Roma, 1983, pag.16. Bergeret J..ibidem pag.18 Bergeret J..ibidem pag.19 Bergeret J..ibidem pag.19 Bergeret J..ibidem pag.21 Bergeret J..ibidem pag.21 Bergeret J..ibidem pag.21 Se però non è riscontrabile una identità strutturale comune a tutti i comportamenti di dipendenza Bergeret si chiede se si~ possibile individuare" sistemazioni economiche parziali, indipendenti dalle strutture soggiacenti e comuni alle diverse forme strutturali di addiction"24. Il primo fattore riscontrabile in tutte le forme di dipendenza è quello comportamentale. Rispetto ai tre registri tipici di ogni organizzazione di personalità (mentale, corporale e comportamentale) il registro comportamentale risulta quello più investito in tutte le forme di dipendenza. Differentemente da altri autori Bergeret ritiene che il movimento regressivo che costantemente avviene nella tossicodipendenza parte dal registro mentale per arrivare a quello comportamentale: "quanto al registro corporale, messo spesso avanti nei comportamenti di addiction, bisogna riconoscere che il corpo stesso in questi casi è posto al servizio del comportamento e che non è affatto oggetto di un investimento così specifico25. Il secondo fattore che Bergeret ritiene di dover evidenziare ne~ fenomeni di tossicodipendenza è costituito dalla regressione pulsionale. Se l'equilibrio che si instaura nella personalità adulta normale è il risultato dell'integrazione che si ottiene dal passaggio dall'autoerotismo all'oggettualità e dalla violenza alla tenerezza al contrario, nelle situazioni di dipendenza vi è "un incapacità a conciliare per mezzo di compromessi adulti gli imperativi della violenza fondamentale con quelli dell'amore oggettuale, di poter integrare la necessità dei secondi nell' irriducibile corrente dei primi. Di qui un tentativo di regressione all'intreccio pulsionale primitivo"26. Le difficoltà di identificazione rappresentano per Bergeret il terzo fattore comune a tutte le forme di tossicodipendenza oltre che riscontrabili nei casi di devianza, psicopatia o nelle manifestazioni depressive. Tali difficoltà identificatorie si esplicano nell'impossibilità da parte del soggetto di prendere il posto dell'oggetto genitoriale e, secondariamente, di assumere l'oggetto genitoriale come oggetto d'amore. Nella famiglia contemporanea che Bergeret definisce 'sincratica passiva' "i due genitori fuggono a tal punto dalla loro identità e dalle conseguenze della loro differenza anatomica che il bambino non trova più una sufficiente base reale che gli permette di attaccarsi alla realtà e sviluppare nel triangolo immaginario l'iscrizione simbolica edipica universale"27. La solitudine psichica del bambino nel modello familiare descritto da Bergeret rende il bambino più vulnerabile rispetto ai propri conflitti tipici. La ricerca negli adulti di riferimenti importanti, di somiglianze o di differenze sfocia spesso nel confronto con "degli adolescenti sopravvissuti, decisi a giocare con lui solo il ruolo di compagni" 28. In questo contesto la stessa problematica edipica è minata alla base e l'espressione della bipolarità amore-odio non trova occasione sufficiente di esprimersi. Le identificazioni possibili allora sono quelle che in ambito psicoanalitico vengono definite, laterali' e che in genere originano fenomeni di "imitazione, suggestione, influenza , molto spesso incoraggianti un vero conformismo affettivo "29. L'impossibilità di prendere il posto dell'oggetto parentale e quindi le difficoltà di identificazione non permettono una sufficiente interiorizzazione della legge del padre e la trasgressione in atto nel comportamento tossico, non collocandosi sul piano genitale" si limita a un gioco tra la vita e la morte "30. 24 25 26 27 28 29 30 Bergeret J..ibidem pag.23 Bergeret J..ibidem pag.23 Bergeret J..ibidem pag.24 Bergeret J..ibidem pag.25 Bergeret J..ibidem pag.25 Bergeret J..ibidem pag.25 Bergeret J..ibidem pag.25 TOSSICOMANIE COME STATI DI TRANSIZIONE EDWARD GLOVER Glover ritiene che le tossicomanie non debbano rientrare, sotto il profilo dell'etichettatura nosografica, "nelle abituali classificazioni delle psiconevrosi e delle psicosi " 31 e neppure "possono essere considerate come psicosi di confine "; "esse sono operanti tanto nelle nevrosi quanto nelle psicosi " 32 ed essendo difficile trovare un 'etichetta congrua l'autore le definisce come 'stati di transizione'. Glover non si trova d'accordo nemmeno con quegli osservatori che relegano la tossicomania nell'ambito classico della psicopatia. Se è vero che con l'andare avanti la dipendenza da sostanze stupefacenti infligge danni marcati sia al fisico che alla mente del soggetto provocando una forte instabilità di carattere, secondo Glover non è giustificato inserire la tossicodipendenza nel quadro delle psicopatie. Egli si sofferma sul fatto che i meccanismi psichici in atto negli stati di dipendenza sono essenzialmente autoplastici cioè tendono a modificare l'assetto psichico interiore del soggetto, differentemente dal soggetto psicopatico che invece è caratterizzato da movimenti alloplastici che cioè tendono a modificare l'ambiente conformemente all'impulso inconscio. Sotto il profilo sia clinico che eziologico la tossicomania si avvicina invece ai disturbi maniaco-depressivi. Essa, afferma Glover, é "di natura difasica, in cui la fase di dolorosa astinenza corrisponde alla fase depressiva della ciclotimia, mentre la fase di intossicazione ha molte caratteristiche in comune con l' eccitamento maniacale"33. In alcune forme di dipendenza è possibile poi riscontrare un uso eccessivo del meccanismo inconscio della proiezione e ciò ha portato Glover a una distinzione tra tipi 'depressivi' e ' paranoidi ' di tossicomania che si possono riscontrare "osservando il contenuto mentale rispettivamente durante le fasi di intossicazione e quelle di astinenza. Nel tipo paranoide di alcoolismo fanno la loro comparsa idee persecutorie e deliri di gelosia. Nei tipi depressivi la fase di intossicazione è associata con una autosvalutazione quasi piagnucolosa "34. Glover comunque non manca di fare distinzione tra la vera paranoia e i tipi paranoidi di dipendenza. Il paranoico persecutorio con il suo delirio dirige la sua aggressività verso 'nemici esterni' che lo disturbano mentre il tossicomane di tipo paranoide "usa una sostanza potente e pericolosa per distruggere dei nemici che egli inconsciamente considera esistenti dentro se stesso. Il posto del delirio paranoide viene preso da una azione coatta che dirige l'aggressività contro di se"35. Prestando attenzione all'elemento di coazione e alla ritualità presente in tutti i tossicodipendenti Glover sottolinea anche "gli aspetti nevrotici delle tossicomanie" 36 che sarebbero ancor più evidenti nelle fasi di remissione del comportamento tossico. In sostanza l'elemento ossessivo e rituale trova la sua linfa in primitive fantasie inconsce riguardanti le figure primarie e relative manifestazioni di odio e di amore: Glover definisce questo' gioco coattivo' una "drammatizzazione simbolica" di tali fantasie. Dal punto di vista strettamente libidico nella tossicomania è prevalente un sistema sessuale inconscio di tipo pregenitale al quale si associa un 'sovraccarico di sadismo'. ciò è derivato dal fatto che nelle tossicomanie i punti di fissazione libidica sono variamente disseminati nelle fasi pregenitali dello sviluppo e di conseguenza "il sistema edipico interessato può essere definito come nucleo edipico principalmente pregenitale "37. Se questo dato permette una sufficiente distinzione dai fenomeni squisitamente nevrotici e quindi una vicinanza maggiore delle tossicomanie ai fenomeni psicotici Glover sottolinea parallelamente 31 32 33 34 35 36 37 Glover E.. Fondamenti teorici e clinici della psicoanalisi. Astrolabio, Roma, 1971, pag 279. Glover E..ibidem pag. 278 Glover E..ibidem pag.279 Glover E..ibidem pag.279 Glover E..ibidem pag.279 Glover E..ibidem pag.280 Glover E..ibidem pag.283 come nelle tossicomanie sia presente "una molto maggiore sintesi dell'Io" e "i loro massimi punti di fissazione si trovano ad uno stadio più avanzato di sviluppo, tra le fasi responsabili della melanconia e della paranoia e la fase responsabile della nevrosi ossessiva "38. A conclusione del suo contributo Glover ha distinto tre tipi fondamentali di tossicomanie: 1) le forme più leggere, nelle quali è rintracciabile una inconscia costellazione omosessuale; 2) dipendenze dotate di una organizzazione ciclotimica; 3) il tipo paranoide di dipendenza. Nelle forme leggere di dipendenza è facile riscontrare "inibizioni eterosessuali" e le abitudini sociali del paziente confermano l'impressione di un inconscio squilibrio omosessuale" 39 .. Nelle tossicodipendenze a organizzazione depressiva l'elemento caratterizzante è la presenza di un eccessiva colpa inconscia mentre nel tipo paranoide di dipendenza, che secondo Glover ha in genere un andamento cronico, "la tendenza a bere in segreto" sarebbe la caratteristica importante ai fini di una diagnosi differenziale. 38 Glover E..ibidem pag.283 39 Glover E..ibidem pag.282 I MECCANISMI MANIACO-DEPRESSIVI DELLA TOSSICOMANIA H.A.ROSENFELD Sulla base della sua esperienza psicoanalitica con alcuni pazienti dipendenti da droghe Rosenfeld conclude che la tossicomania "è strettamente connessa alla malattia maniaco-depressiva, ma non identica ad essa"40. Egli trova importanti connessioni specialmente nell'uso di determinati meccanismi psichici che si riscontrano nella malattia maniaco-depressi va ma sottolinea nel contempo che il tossicomane è si deficitario rispetto alla tolleranza del dolore depressivo e si difende da esso attraverso la messa in azione di meccanismi maniacali, ma è anche vero che "la reazione maniacale può essere raggiunta soltanto con l'uso delle droghe perché una certa forza dell'Io è necessaria per produrre la mania"41. Rosenfeld, sulla base delle scoperte di Melanie Klein, riconduce le difese maniacali utilizzate dal tossicomane alla posizione schizo-paranoide e alla posizione depressi va. Esse sono quindi dirette sia a fronteggiare angosce paranoidi sia angosce depressive. L'autore descrive tre meccanismi maniacali fondamentali utilizzati dal tossicomane: 1) l'idealizzazione; 2) l'identificazione con un oggetto ideale; 3) il controllo onnipotente degli oggetti. L'operare del meccanismo di idealizzazione fa si che la droga simbolizzi un oggetto ideale in grado di negare ogni angoscia mentre il meccanismo di scissione separa e isola la parte 'cattiva e aggressiva del Se'. Rosenfeld paragona lo 'stato di torpore' tipico di certe sostanze all'unione allucinata con un oggetto ideale che genera una sensazione di profonda beatitudine In questo modo sostiene Rosenfeld, "la droga viene usata come ausilio nel distruggere ogni oggetto o situazione frustrante e persecutoria"42. Ma la droga non funge solo da simbolo dell'oggetto ideale in grado di pacare angosce persecutorie essa è anche identificazione con 'oggetti cattivi e persecutori'. L'effetto della droga viene usato dal tossicomane "per accrescere le forze onnipotenti dell' impulso distruttivo" e, afferma Rosenfeld, "quando l'assunzione di droghe avviene dietro la spinta degli impulsi sadici, il paziente scinde e nega il se buono e i propri oggetti interni buoni e la preoccupazione per essi"43,la distruttività viene agita in questi casi senza percezione di angoscia e senza nessun vincolo super-egoico. Secondo l'autore "questa assunzione onnipotente e distruttiva di droghe è anche strettamente connessa con la mania"44 poiché solo l'irruzione di questi impulsi distruttivi può portare alla reazione maniacale. Sul versante del, rapporto tra tossicodipendenza e depressione Rosenfeld afferma lapidariamente che l'essenza di tale rapporto è riconducibile a un processo di identificazione del tossicomane" con un oggetto malato o morto". La droga simbolizzerebbe tale oggetto mentre l'assunzione significherebbe la sua concreta incorporazione. Per ciò che concerne la scissione dell'Io e la sua relazione con gli stati di dipendenza da stupefacenti Rosenfeld ritiene che l'incapacità del tossicomane di rapportarsi con la frustrazione sia dovuta non solo a una regressione più o meno forte alla fase orale ma anche all'eccessiva scissione dell'Io e degli oggetti, meccanismo che ritiene strettamente connesso con la 'debolezza dell'Io' del tossicomane. In conclusione Rosenfeld ritiene che la tossicomania e i meccanismi mentali a essa connessi 40 41 42 43 44 Rosenfeld H.A.. Stati psicotici. Armaando, Roma, 1990, pag.127. Rosenfeld H.A.. ibidem, pag.127 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.128 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.128 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.128 sia da ricondurre alla fase infantile che Melanie Klein ha descritto come posizione schizoparanoide. Ma per l'autore" sono soprattutto l'Io del tossicomane e i meccanismi di difesa dell'Io a regredire a questa posizione primitiva"45 mentre i rapporti oggettuali e i livelli di sviluppo libidico non risentono di una regressione troppo accentuata. A tal proposito aggiunge infine che "solo in apparenza il conflitto edipico e l'omosessualità hanno un ruolo importante nella psicopatologia del tossicomane"46 e per capire bene la complessità del conflitto in atto nella tossicomania bisogna risalire ai "primissimi conflitti e meccanismi del bambino"47. 45 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.130 46 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.140 47 Rosenfeld H.A..ibidem, pag.140 TOSSICOMANIA E IMPULSIVITA' OTTO FENICHEL Fenichel affronta il problema della tossicomania nel suo noto trattato di psicoanalisi e in particolare nel capitolo XVI dedicato alle perversioni e alle nevrosi d'impulso. Per Fenichel "coloro che sono dediti alle droghe rappresentano il tipo più evidente di impulsivi"48. Egli ritiene necessario fare una distinzione tra' bisogno patologico' e 'uso legittimo di droghe'; distingue infatti un uso di droghe come 'misura protettiva della persona' e un uso i cui effetti hanno per l'individuo un significato sottile e imperativo. Esempi del primo caso sono l'ammalato grave che trova conforto con la morfina o individui sofferenti di gravi stati depressivi che trovano sollievo dall'uso di droghe euforiche. Coloro che invece appartengono alla vera tossicomaia sono persone che" reagiscono agli effetti dell'alcol, della morfina o di altri stupefacenti in modo particolare, e precisamente esse cercano quegli effetti per soddisfare un arcaico desiderio orale a carattere sessuale, un bisogno di sicurezza, un bisogno di rafforzare contemporaneamente la stima di se stessi. Così l'origine e la natura del loro bisogno psicologico non sono determinate dall'effetto chimico della droga, ma dalla struttura psicologica del paziente"49 . Per Fenichel la personalità premorbosa riveste una sostanziale importanza e diviene 'fattore decisivo'. Lo stupefacente viene ad assumere un 'significato specifico' che si congiunge con un desiderio dalle radici primitive e profonde. Il piacere che l'effetto stupefacente produce annulla l'interesse per la sessualità genitale; l'organizzazione libidica raggiunta si sfalda sotto i colpi di una regressione straordinaria. Secondo Fenichel la libido assumerebbe nella tossicomania "la forma di tensione energetica erotica amorfa senza caratteristiche differenziali o forme di organizzazione"50. La tipologia di piacere tossicomanico è di tipo passivo e narcisistico. L'oggetto è vissuto come strumento di soddisfazione senza investimenti libidici normali o comunque sufficienti; Tali persone vivono relazioni oggettuali di tipo arcaico e gli "oggetti per loro non rappresentano altro che fornitori di quanto hanno bisogno"51. La zona orale e la pelle secondo Fenichel sono le zone pricipali sotto il profilo erogeno, mentre l'autostima, la stessa esistenza dipendono dal cibo e dal calore intesi come effetti dello stupefacente. I tossicodipendenti avvertono le condizioni di bisogno in termini di soddisfazione immediata, non sopportano il dolore o disillusioni e non tollerano tensioni anche minime. Come già accennato Fenichel osserva che il primato genitale in questi individui è alquanto instabile e tende a sgretolarsi con l'uso dello stupefacente: "la tensione amorfa finale ricorda effettivamente il primissimo stadio dello sviluppo della libido, prima che vi fosse qualsiasi organizzazione, e cioè, la fase orale del bambino il quale chiedeva di essere soddisfatto senza avere nessuna capacità di dare, e senza nessuna considerazione della realtà "52. L'azione di 'tendenze orali e cutanee' si associano alle modalità di assunzione: così la siringa assume il significato simbolico del genitale e il piacere vissuto tramite la pelle evidenzia il carattere' passivo ricettivo dell'esperienza stupefacente. Ma oltre al piacere erogeno, sopra considerato, assume straordinaria importanza il fatto che l'effetto della droga aumenta grandemente l'autostima portando a una speciale coincidenza di soddisfazioni erotiche e narcisistiche. Ancora una volta Fenichel sottolinea la disintegrazione della sessualità genitale riportando l'esperienza tossicomanica nell'ambito pregenitale come del resto un pò tutti gli psicoanalisti suggeriscono. 48 49 50 51 52 Fenichel O.. Trattato di psicoanalisi. Astrolabio, Roma, 1951, pag.421 Fenichel O.. ibidem pag. 422 Fenichel O..ibidem, pag.423 Fenichel O..ibidem, pag.423 Fenichel O..ibidem, pag.423 TOSSICOMANIA E INIZIAZIONE LUIGI ZOJA Luigi Zoja è un autore di formazione junghiana diplomatosi presso 'CarI Gustav Jung' di Zurigo dove ha svolto attività clinica. Il suo approccio alla problematica della tossicodipendenza si differenzia da quello degli autori precedentemente considerati per il suo esclusivo riferimento alla psicologia archetipica junchiana. La sua proposta tuttavia non contraddice in alcun modo le ipotesi psicoanalitiche esposte in questo lavoro presentandosi al contrario come un originale elemento di integrazione teorica. L'esperienza della tossicodipendenza per Zoja è suddivisibile in tre elementi caratteristici: l} un assuefazione organica nel singolo consumatore; 2} un abitudine psicologica; 3} un elemento para-religioso (sacrale). I primi due elementi sono stati approfonditi, sia sotto il profilo clinico e teorico, dalle discipline mediche e psicologiche; il terzo elemento, aggiunto dall'autore , definito para-religioso o sacrale è proprio della psicologia del profondo e "a differenza degli altri due, non è acquisito ne condizionato culturalmente, ma costituisce una tendenza archetipica "53. Spostando l'attenzione dagli aspetti libidici e aggressivi all'inconscio collettivo Zoja arricchisce il dibattito psicoanalitico sulla tossicodipendenza di elementi che tendono alla conferma dell'ipotesi di un rapporto archetipico tra i nostri bisogni e il fascino inconscio della droga 54. Egli ribadisce l'osservazione che la droga è stata costantemente usata nella storia dell'umanità e di per se la sostanza non ha mai avuto connotazioni negative: è il rapporto tra il soggetto e la sostanza che si connota con il tempo in modo sempre più negativo. Zoja si domanda cosa sia cambiato nel rapporto uomo droga se oggi l'uso di droghe è considerato un problema sociale. Se nelle società primitive l'uso di droghe svolgeva portanti come ad esempio quello di facilitare riti di mettere in contatto l'uomo con la divinità oggi stanze stupefacenti sembra adagiarsi sulla cultura consumistica in cui l'uomo occidentale è immerso. Ma l'uso di droga che oggi si fa nel mondo non deve essere inteso "come una fuga dalla società, quale abitualmente si pensa, ma come disperato tentativo di abbarbicarsi ad essa, occupandovi un posto "55. Secondo Zoja "dietro il consumo moderno di droga si può ... intuire la presenza di un istanza archetipica personificata"che definisce "eroe negativo" 56. Tale presenza si manifesta nel bisogno di trascendere il proprio stato anche attraverso mezzi dannosi alla salute per uscire da una condizione 'insigni~ ficante, priva d'identità e di ruoli precisi". Se l'adolescente nella società primitiva è iniziato alla vita adulta attraverso riti di passaggio che definiscono e danno significato al suo ruolo" la società odierna non è quasi più in grado di offrire iniziazioni istituzionali"57 e "il problema dell'iniziazione si pone oggi come ritorno del rimosso culturale, come bisogno un tempo soddisfatto che, negato dalla cultura ufficiale, si propone in termini occulti e inconsapevoli "58. L'analisi di questo bisogno è per Zoja fondamentale per la comprensione della tossicodipendenza e in effetti l'orientamento alla droga di molti giovani può essere interpretato anche come tentativo di iniziazione che però si presenta carente per sua natura inconsapevole. Zoja rappresenta il processo iniziatico in tre tappe essenziali59: 53 54 55 56 57 58 59 Zoja L.. Nascere non basta. Raffaello Cortina Editore. Milano, 1985, pag.46. Zoja L..ibidem, pag.45 Zoja L..ibidem, pag.23 Zoja L..ibidem, pag.22 Zoja L..ibidem, pag.4 Zoja L..ibidem, pag.6 Zoja L..ibidem, pag.7 1) bisogno di trascendere l'esperienza attuale di vita perché insignificante. L'uomo della società attuale, sperduto, passivo, capace solo di consumare e di ripetere gesti compiuti da milioni di altri uomini, sognano segretamente una trasformazione che lo faccia adulto, inconfondibile, protagonista e non solo più consumatore; 2) morte iniziatica, cioè accettazione di una fase di chiusura al mondo, rinuncia all'identità precedente, ritiro libidico dagli investimenti usuali; 3) rinascita iniziatica, favorita psicologicamente dalla condivisione dell'esperienza con altri e dall'accompagnamento di rituali. Secondo Zoja il passaggio dalla 'morte' alla 'rinascita' può avvenire anche attraverso l'uso di droghe purché "l'incontro con lo stupefacente sia l'incontro con un mondo e una vita nuovi e non la degenerazione che la permanenza in quel mondo di solito comporta" 60. Per Zoja in ultima analisi il tossicomane della nostra società fallisce nel processo complessivo non tanto per la modalità con cui consuma la droga... quanto perché salta interamente la seconda fase del processo. Egli non dispone, insomma, dello spazio interiore che, insieme ai risultati esterni, deve fungere da contenitore per l'esperienza di rinnovamento "61. 60 Zoja L..op. citata,pag.8 61 Zoja L..ibidem,pag.8 UNA VISIONE D'INSIEME CONCLUSIVA L'obbiettivo di questo lavoro non era certamente quello di esaurire la problematica della tossicodipendenza relativamente alla teorizzazione psicoanalitica. Gli psicoanalisti che si sono occupati del problema, da Freud fino ai nostri giorni, sono molti e hanno toccato le diverse sfaccettature della tossicomania: dal problema dell'alcol a quello più attuale dell'eroina. Il tentativo è stato quindi quello di raccogliere quelle ipotesi che sono state presentate con maggiore sistematicità e risultanti da una sufficiente esperienza clinica che rimane per la psicoanalisi la via maestra al fine della formulazione di ipotesi teoriche. Gli autori presi in considerazione si trovano d'accordo in linea di massima nel definire la tossicodipendenza una esperienza complessa che scaturisce dall'intersezione di diverse dimensioni, da quella psichica a quella sociale senza trascurare gli effetti della sostanze sui tessuti biologici. Ma per lo psicoanalista, come sottolinea Bergeret, la tossicodipendenza è 'prima di tutto un fatto affettivo' cioè collegabile primariamente alla dimensione intrapsichica. Lo psicoanalista è per sua formazione interessato alla comprensione del significato profondo che la sostanza utilizzata assume per l'economia psichica del soggetto. Tuttavia negli psicoanalisti che si sono occupati del fenomeno non sempre è rilevabile un'identità di vedute e non sempre le loro conclusioni sono sovrapponibili. Il risultato di ciò è che non è facile presentare una sintesi teorica in tema di tossicodipendenza che possa essere in grado di accomunare tutti i contributi. Così ad esempio sotto il profilo della ricerca di una , personalità tipica del tossicomane le differenze nei diversi autori sono facilmente riscontrabili. Bergeret autore, tra l'altro, di un volume che ha per oggetto proprio il rapporto tra tossicomania e personalità, è del parere che non' esiste una disposizione strutturale particolare e stabile' 62 definibile come 'struttura tossicomanica'. Egli è convinto che la tossicomania debba essere ricondotta a due tipi fondamentali di struttura economica profonda 'il modello nevrotico di struttura' e il modello psicotico di struttura' accostando ai primi due una organizzazione depressiva' della tossicomania molto meno netta rispetto alle prime due forme strutturali. Olievenstein al contrario ritiene che esista nel dinamismo psichico profondo del tossicomane una frattura di base che rappresenterebbe la personalità tossicomane potenziale che diviene 'totalità significativa' nel momento in cui il soggetto si incontra con la droga. Olievenstein a questo proposito parla di 'fissione nucleare', di esperienza 'folgorante'. Per Glover il problema di una personalità tipica tossicomaniaca non si pone essendo i meccanismi psichici profondi della tossicodipendenza a un tempo sia nevrotici che psicotici. Egli è comunque disposto a riconoscere altre organizzazioni tipiche della tossicodipendenza: quella caratterizzata da un'inconscia costellazione omosessuale, una organizzazione ciclotimica e una organizzazione paranoide di dipendenza. Rosenfeld sostiene che l'unica struttura di fondo che si riscontra nella tossicodipendenza è quella maniaco-depressiva. Fenichel è del parere che i fattori di personalità siano decisivi e che le droghe assumono per il soggetto tossicodipendente un 'significato specifico' adempiendo a 'un profondo e primitivo desiderio' 63. Focalizzando l'attenzione sull'organizzazione libidica diversi autori ritengono che esista generalmente nella tossicodipendenza una difficoltà a mantenere il primato della sessualità genitale. Per Bergeret esiste nel tossicomane una incapacità di fondo nel raggiungimento dell'amore oggettuale. Fenichel dal canto suo ritiene che il piacere ricercato attraverso le droghe 'sgretola' l'organizzazione genitale già difficilmente raggiunta. Glover è del parere che nella tossicomania sia sempre presente una certa , incapacità sessuale'. L'opinione di Rosenfeld è che l'Io e i suoi meccanismi di difesa subiscano una regressione mentre la regressione libidica non è sempre cosi accentuata. Olievenstein riconduce le modalità libidiche tipiche della tossicomania alla frattura originaria e allo shock conseguente: da quell'istante le modalità di soddisfazione saranno caratterizzate dalla 'dismisura ' . Sul versante dell'aggressività è stato osservato generalmente la presenza di impulsi distruttivi nella tossicomania. Glover afferma che l'organizzazione sessuale, sostanzialmente 62 Bergeret J.. Chi è il tossicomane. Tossicomania e personalità. Edizioni Dedalo, Bari, pag.10 63 Fenichel O.. Trattato di psicoanalisi, Astrolabio, Roma, 1951, pag.422. pregenitale, si associa 'un sovraccarico di sadismo'. Rosenfeld ritiene che l'assunzione di droghe può avvenire attraverso forti esigenze sadiche e distruttive orientate sia verso l'esterno sia verso gli oggetti interni. Secondo Bergeret l'espressione della violenza nel tossicomane è riducibile a "un'ipotetica affermazione d'identità" e a "uno sforzo di sopravvivenza mentale" 64. La 'violenza fondamentale' di cui parla Bergeret si riattiva negli stati di tossicodipendenza riportando il soggetto 'all'intreccio pulsionale primitivo". La fase libidica orale sembra unanimamente concepita dagli psicoanalisti come luogo dove massimamente si concentra la conflittualità inconscia tipica della tossicodipendenza. Fenichel ritiene che la 'tensione energetica erotica amorfa' che si riscontra nella dipendenza da sostanze stupefacenti ricordi il primo stadio dello sviluppo libidico. Rosenfeld, anche se analizza il problema sotto l'angolatura Kleiniana, colloca la fissazione libidica, propria della tossicodipendenza, nelle posizioni schizo-paranoide e depressiva che possono essere considerate suddivisioni dello stadio orale dello sviluppo infantile. Olievenstein, con riferimento, a Lacan, individua nella fase dello specchio il nucleo conflittuale tipico della tossicomania; mentre Glover vede i punti di fissazione libidica per lo più negli stadi pregenitali anche con una 'vasta disseminazione'. Bergeret è dell'opinione che i punti di fissazione libidica che orientano la fase regressiva siano riconducibili a un 'autoerotismo storicamente molto arcaico. Per ciò che riguarda il tema delle difficoltà identificatorie gli psicoanalisti che si sono occupati degli stati di dipendenza sono per lo più d'accordo nel ritenere che nella tossicomania siano costantemente presenti problemi di identificazione e di adattamento alla norma. In conclusione il fenomeno della tossicomania è considerato sotto il profilo psicopatologico, cioè dei meccamismi psichici che la originano, estremamente complesso e articolato. Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile ricondurre l'esperienza tossicomanica a espressioni conflittuali tipiche, mentre le osservazioni degli psicoanalisti sono generalmente orientate a ritenere tale fenomeno inquadrabile negli ambiti classici della conflittualità psicotica e nevrotica senza per altro lasciare possibilità a sovrapposizioni di ipotesi o a teorizzazioni univoche. L'ipotesi di Claude Olievenstein di un nodo conflittuale tipico e ben delimitato della tossicomania centrato nelle fase dello specchio rimane sicuramente la posizione più originale differenziandosi, quantomeno nei punti di fondo, da tutte le altre osservazioni. 64 Bergeret J.. Op. citata, pag.70. BIBLIOGRAFIA Bergeret J. Chi è il tossicomane. Tossicomania e personalità. Edizioni Dedalo, Bari. Bergeret J. Lo psicoanalista in ascolto del tossicomane. Borla. Roma, 1983 Fenichel O. Trattato di psicoanalisi. Astrolabio. Roma, 1951 Glover E. Fondamenti teorici e clinici della psicoanalisi. Astrolabio, Roma, 1971. Olievenstein C. Il destino del Tossicomane. Borla. Roma. 1993 Olievenstein C. Non esistono drogati felici.Elle Di Ci, Asti, 1987 Rosenfeld H.A. Stati psicotici. Armando, Roma, 1990. Zoja L. Nascere non basta. Raffaello Cortina Editore. Milano, 1985.