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David come modello per l’imperatore nella Tarda Antichità

in «Mediterraneo Antico. Economie, società, culture» 6, 2003, pp. 235-263.

E il Signore disse a Samuele: Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l'ho ripudiato perché non regni più su Israele? Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita perché tra i suoi figli mi sono scelto un re» (I Sam 16, 1).

David come modello per l’imperatore nella Tarda Antichità Pietrina Pellegrini «E il Signore disse a Samuele: Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l’ho ripudiato perché non regni più su Israele? Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita perché tra i suoi figli mi sono scelto un re» (I Sam 16, 1). Lo spirito del Signore si era posato su David. Nobile d’aspetto, forte e coraggioso in guerra, saggio nelle parole, l’ultimo dei figli di Iesse, da semplice pastore era divenuto scudiero di Saul e poi re d’Israele cui il Signore aveva assicurato con un patto aeternitas alla monarchia attraverso la discendenza. La vittoria sul gigante Golia (I Sam 17, 1-58) e l’onore tributatogli dal popolo per le sue gloriose imprese contro i Filistei (I Sam 18, 5-7) avevano suscitato la gelosia di Saul (I Sam 18, 8-16) e costretto David a fuggire e a trovare scampo nel deserto (I Sam 23, 14-27). Non desiderò il potere ad ogni costo e davanti alla possibilità di uccidere Saul, che pure lo perseguitava, si pentì per aver osato tagliare soltanto un lembo del mantello del suo re (I Sam 24, 5-7). Ricolmo di onori, aveva avuto l’umiltà di chi, consapevole delle proprie debolezze, riponeva fiducia nella grazia divina, e, sopraffatto dalle sventure, aveva mostrato di possedere le virtù e la dignità di un vero sovrano. Ma David era uomo dalle aspre contraddizioni. Politico lungimirante, salito al trono come un usurpatore (II Sam 2, 4 e 2, 7), sopraffatto dalle passioni che lo avevano spinto prima all’adulterio e poi al delitto (II Sam 11, 1-27), debole con i figli (II Sam 13, 1-22 e 18, 12) e non sempre obbediente ai comandi del Signore (II Sam 24, 1-9), aveva ceduto alla tentazione e subito la caduta più rovinosa. Consapevole dei propri errori, non era rimasto insensibile ai rimproveri e agli ammonimenti dei profeti, voce del Signore, e accettò di umiliare la propria regalità pur di ottenere il perdono delle colpe (II Sam 12, 1-14). Percorreva, così, nel suo travaglio interiore, nei suoi cedimenti, nella grande fragilità umana, il difficile cammino di ogni uomo di governo, di ogni re. [MedAnt VI 1, 2003, 235-263] 236 Pietrina Pellegrini 1. David, come figura esemplare nell’elaborazione di una teologia sull’imperatore, non aveva goduto di una grande fortuna nella prima storiografia ecclesiastica e la sua vicenda continuava a vivere fra ombre e luci. L’adesione di Costantino alla nuova fede e la conseguente affermazione del cristianesimo come religione unica dell’impero avevano orientato l’interesse degli scrittori cristiani verso la Bibbia, patrimonio comune di ispirazione per interpretare gli avvenimenti della storia contemporanea alla luce della realizzazione del progetto divino1. Ai vecchi eroi della mitologia e del passato romano, si sostituivano le grandi personalità della Sacra Scrittura la cui vicenda diveniva occasione per esaltare l’azione politica e il ruolo dell’imperatore nella Storia Sacra. Nel pensiero di Eusebio di Cesarea, Costantino diveniva allora Nuovo Mosè, Nuovo Paolo, figura di Cristo2. David, invece, nonostante fosse il capostipite della dinastia scelta dal Signore per guidare Israele (II Sam 5, 1-3), l’uomo che aveva fatto di Gerusalemme la capitale del suo regno (II Sam 5, 6-12), il primo sovrano che aveva ottenuto il potere regio per la sua discendenza (II Sam 7, 12-13), rimaneva in ombra nel racconto dello storico3. Forse la vicenda dell’eroe veterotestamentario non era stata ancora elaborata dagli scrittori cristiani Sulla relazione fra potere spirituale e temporale a Bisanzio e sulla rappresentazione della regalità nell’impero d’Oriente restano fondamentali: F. Dvornik, Early Christian and Byzantine Political Philosophy. Origines and Background, Washington 1966, II, 623-650; H. Ahrweiler, L’idéologie politique de l’empire byzantin, Paris 1975; J.H. Burns, Histoire de la pensée politique médiévale 350-1450, trad. fr., Paris 1993, 49-75. Per una più recente sintesi, ispirata alla ricostruzione dell’ambiente culturale e politico del mondo orientale con riferimenti alla ricezione di queste tematiche nella tradizione islamica, cfr. G. Dagron, Empereur et prêtre. Étude sur le «césaropapisme» byzantin, Paris 1996. 2 Eus., h.e. IX 9, 5-9 in E. Schwartz, Th. Mommsen (hrsg. von), Eusebius Werke, II/2. Die Kirchengeschichte, GCS n.F. 6/2, Berlin 1999, p. 828, l. 22 e ss. Sull’interpretazione di questo passo cfr. E. Becker, Konstantin der Grosse, der «neue Moses». Die Schlacht am Pons Milvius und die Katastrophe am Schilfmeer, ZKG 31, 1910, 161-171; R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica del cristianesimo, Zürich 1966, 187-190; G. Bonamente, Eusebio «Storia ecclesiastica» IX 9 e la versione cristiana del trionfo di Costantino nel 312, in L. Gasperini (a cura di), Scritti sul mondo antico in memoria di F. Grosso, Roma 1981, 55-76. A proposito del giudizio su Mosè al di fuori del mondo giudaico e sulla sua rappresentazione culturale ed artistica cfr. L. Cracco Ruggini, Mosè in Italia, fra Antichità e Rinascimento, in Salvatore Calderone (1915-2000): la personalità scientifica. Convegno internazionale di Studi, Messina, 19-21 febbraio 2002, in corso di stampa. Ringrazio la prof.ssa Cracco Ruggini per avermi consentito di leggere il testo prima della pubblicazione. 3 S. Calderone, Teologia politica, successione dinastica e consecratio in età costantiniana, in Le culte des souverains dans l’empire romain, Entretiens sur l’antiquité classique XIX, Genève 1973, 213-261, ritiene che in Eusebio il patto tra Dio e Costantino trovi i precedenti biblici nella promessa che Dio ha fatto ad Abramo, ad Isacco, a Giacobbe, a Mosè, a 1 David come modello per l’imperatore 237 come modello di regalità; forse l’immagine del re peccatore evocava episodi imbarazzanti della vita, non proprio esemplare, di Costantino4; forse David, agli occhi di Eusebio, continuava a rappresentare il simbolo della regalità israelitica e il forte sentimento antigiudaico che contraddistinse l’ultima fase del regno di Costantino sconsigliava di rielaborare la vicenda del re biblico come paradigmatica del principe ideale5. Certo, David quale modello di regalità e figura emblematica per esprimere le virtù del primo imperatore cristiano non compare negli scritti di Socrate, Sozomeno, Rufino o Cassiodoro; e se in Teodoreto troviamo proposto il binomio David-Costantino è per circostanze non proprio onorevoli, almeno nel giudizio dello storico. Poco prima di morire l’imperatore, su consiglio di alcuni vescovi malevoli, aveva deciso di mandare in esilio Atanasio di Alessandria commettendo lo stesso errore del divino David che si era fidato David. Per approfondire questo aspetto è utile leggere, sempre di Calderone, Eusebio e l’ideologia imperiale, in M. Mazza, C. Giuffrida (a cura di), Le trasformazioni della cultura nella Tarda Antichità, Roma1985, 1-26 e Il pensiero politico di Eusebio di Cesarea, in G. Bonamente, A. Nestori (a cura di), I Cristiani e l’Impero nel IV secolo, Macerata 1988, 45-54, in partic. 51-54. I. Tantillo, «Come un bene ereditario». Costantino e la retorica dell’impero-patrimonio, AntTar 6, 1998, 251-264, ritiene che Costantino concepì il proprio rapporto con Dio come un patto davidico. L’imperatore, però, non pretese di rivendicare per sé l’eredità del re d’Israele. Lo dimostra il fatto che Eusebio non indichi mai esplicitamente in David un modello per Costantino e nella Vita Constantini il nome dell’eroe biblico non sia mai ricordato. 4 Costantino era accusato dell’uccisione del figlio Crispo, della moglie Fausta e del nipote Licinio: Hier., chron. 325; 328; 330 in R. Helm (hrsg. von), Hieronymus. Chronicon ab Abraham, GCS 47, Berlin 1956, 231-232. Gravava su di lui, inoltre, l’onta dell’eresia per aver ricevuto il battesimo da Eusebio di Nicomedia, sospettato di arianesimo: Hieron. chron. 337 (Helm 234). Su questo aspetto dell’opera di Girolamo cfr. V. Aiello, La fortuna della notizia geronimiana su Costantino «eretico», «Messana» 13, 1992, 221-237; R.W. Burgess, Jerome and the «Kaisergeschichte», «Historia» 44, 1995, 349-369. 5 Sulla ricezione di Costantino in Occidente e per un esame dei fondamenti giuridici e spirituali della monarchia all’interno di un arco temporale che, dalla svolta costantiniana, giunge fino alla piena età carolingia cfr. E. Ewig, Das Bild Constantins des Großen in den ersten Jahrhunderten des abendländischen Mittelalter, HJ 75, 1956, 1-46, in partic. 5-9 [= H. Atsma (hrsg. von), Spätantikes und Fränkisches Gallien. Gesammelte Schriften (19521973), Beih. der «Francia» 3/1, Zürich-München 1976, 72-113] e Id., Zum christlichen Königsgedanken im Frühmittelalter, in Das Königtum. Seine geistigen und rechtlichen Grundlagen, Mainauvorträge 1954, 7-33, in partic. 8-15. Secondo Ewig esiste una esplicita volontà da parte di Eusebio di non indicare in David un esempio per Costantino. Sui rapporti fra Costantino e il mondo giudaico, oltre al classico lavoro di M. Simon, Verus Israel. Étude sur les relations entre chrétiens et juifs dans l’empire romain (135-425), Paris 19832, 155-157, si rimanda in particolare ai recenti studi di J. Ulrich, Euseb von Caesarea und die Juden, Berlin-New York 1999 e K.L. Noethlichs, Die Juden im christlichen Imperium Romanum (4.-6. Jahrhundert), Berlin 2001. 238 Pietrina Pellegrini di un servo bugiardo (II Sam 16, 1-4 e 19, 25-31). «E dico ciò — sottolineava lo storico di Kyrrhos — non per accusare il profeta, ma per difendere questo imperatore e mostrare la debolezza dell’animo umano; per far comprendere che non bisogna prestare fede ai soli che accusano, anche se molto degni di essere creduti, ma bisogna porgere un orecchio anche all’accusato»6. Teodoreto si era, dunque, servito dell’episodio della vita di David non per esaltarne le virtù di re, ma per mostrarne la fragilità umana7. Fra gli storici ecclesiastici solo Gelasio di Cizico — ma siamo ormai nella seconda metà del V secolo — loda esplicitamente Costantino esaltandone l’innata virtù, il rispetto per i sacerdoti e il cuore pronto al perdono, qualità che erano appartenute al re e profeta David8. Un passo della perduta Storia ecclesiastica di Gelasio di Cesarea, tradito nella Vita Constantini del vescovo Ignazio da Selymbria (BHG 362)9, invece, si offre come voce isolata nell’esaltazione di David quale modello di regalità per Costanzo Cloro. Il brano presenta una immagine molto efficace degli ultimi momenti della vita del padre di Costantino che credo sia interessante rileggere: «Si dice che il padre di Costantino il Grande, per ispirazione divina, tralasciati gli altri figli, affidò a lui ogni cosa: scettro, veste di porpora e potere regale pronunciando queste parole: «Ora la morte mi giunge più dolce della vita, ora Thdt., h.e. I 33, 3 in L. Parmentier (hrsg. von), Theodoret Kirchengeschichte, GCS n.F. 5, Berlin 1998, p. 89, l. 16: kai; tau'ta levgw, ouj tou' profhvtou kathgorw'n, ajll j uJpe;r tou'de tou' basilevw" th;n ajpologivan prosfevrwn kai; th'" ajnqrwpivnh" fuvsew" ejpideiknu;" th;n ajsqevneian, kai; didavskwn wJ" ouj crh; movnoi" toi'" kathgorou'si pisteuvein ka]n a[gan w\sin ajxiovcreoi, ajlla; qatevran tai'n ajkoai'n tw/' kathgoroumevnw/ fulavttein. 7 M. Mazza, Costantino nella storiografia ecclesiastica (dopo Eusebio), in G. Bonamente, F. Fusco (a cura di), Costantino il Grande. Dall’Antichità all’Umanesimo, Macerata 1992, 659-692, in partic. 686-690. 8 Gel. Cyz., h.e. III 10 (Hansen 134, 17): oJ de; basileu;" e[mfuton e[cwn to; kalokajgaqe;" kai; pollh;n pro;" tou;" iJerwmevnou" aijdw' kai; th;n ajmnhsivkakon kardivan tou' megavlou basilevw" ojmou' kai; profhvtou Daui;d kekthmevno". 9 Dopo i primi studi di A. Glas, Die Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia. Die Vorlage für die beiden letzten Bücher der Kirchengeschichte Rufins, Leipzig-Berlin 1914, seguiti dalle ricerche di P. Heseler, Hagiographica I. Zur Vita Spyridonis des Theodoros von Paphos (B.H.Gr. 1647), «Byzantinisch-neugriechische Jahrbücher» 9, 1930-1932, 113-128; Id., Hagiopraphica II. Zur Vita Constantini et matris Helena des Ignatios von Selymbria (B.H.Gr. 362), «Byzantinisch-neugriechische Jahrbücher» 9, 1930-1932, 320-337 e di F. Scheidweiler, Die Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia, ByzZ 46, 1953, 277-301; Id., Nochmals die Vita Constantini, ByzZ 49, 1956, 2-32, un contributo decisivo per la ricostruzione della personalità dello storico di Cesarea è stato offerto da F. Winkelmann nei seguenti lavori: Das Problem der Rekonstruktion der Historia Ecclesiastica des Gelasius von Caesarea, «Forschungen und Fortschritte» 10, 1964, 311-314; Id., Untersuchungen zur Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia, Berlin 1966; Id., Die Quellen der Historia 6 David come modello per l’imperatore 239 muoio volentieri, avendo lasciato come mio sommo sudario il tuo governo. Infatti, lasciare un re sulla terra che è in grado di asciugare le lacrime dei cristiani, fermare la strage ingiusta ed empia, mi assicura già da ora il luogo della beatitudine. Coraggio, voi tutti che non avete rinnegato Dio! Cristo insieme a Costantino si arma per voi per il futuro, egli combatte per voi senza farsi vedere». Dopo aver detto queste cose, avendo salutato, pregato e abbracciato il figlio e avendo imitato nelle azioni David re degli Ebrei, lo mostrava fidato erede del potere e dell’impero, egli stesso ponendosi come araldo del figlio prima degli altri»10. È Dio a guidare le ultime volontà di Costanzo. Messi da parte gli altri figli, sul letto di morte vuole accanto a sé solo Costantino, cui affida le insegne del potere. Chi ha servito con devozione l’impero, si è prodigato Ecclesiastica des Gelasius von Cyzicus (nach 475). Ein Beitrag zur Rekonstruktion der Kirchengeschichte des Gelasius von Caesarea, ByzSlav 27, 1966, 104-130; Id., Charakter und Bedeutung der Kirchen-geschichte des Gelasios von Kaisareia, in P. Wirth (hrsg. von), Polychordia. Festschrift für Franz Dölger zum 75. Geburtstag, Amsterdam 1966, 346-385; Id., Zur einer Edition der Fragmente der Kirchengeschichte des Gelasios von Kaisareia, ByzSlav 34, 1973, 193-198. Winkelmann colloca Gelasio di Cesarea, successore di Eusebio alla cattedra episcopale, alla fine del IV secolo. Gelasio avrebbe continuato la storia ecclesiastica di Eusebio e la sua opera sarebbe stata fonte per Rufino e per gli storici ecclesiastici di V secolo. La tesi di Winkelmann, sostenuta dalla maggior parte degli studiosi — cfr. in particolare J. Schamp, Gélase ou Rufin: un fait nouveau. Sur des fragments oubliés de Gélase de Césarée (CPG, N° 3521), «Byzantion» 57, 1987, 360-390 e P. Nautin, La continuation de l’«Histoire ecclésiastique» d’Eusèbe par Gélase de Césarée, REByz 50, 1992, 163-183 — e ultimamente ribadita da G.Ch. Hansen (hrsg. von), Anonyme Kirchengeschichte (Gelasius Cyzicenus, CPG 6034), GCS n.F. 9, Berlin-New York 2002, XLIV-XLVI —, è stata di recente rimessa in discussione da P. van Nuffelen, Gélase de Césarée. Un compilateur du cinquième siècle, ByzZ 95, 2002, 621-639. Nuffelen rifiuta la tesi di Winkelmann e ritiene lo Ps.-Gelasio di Cesarea come il Rufino greco, autore della seconda metà del V secolo. Ne consegue che, da precursore di Rufino, lo storico di Cesarea ne diviene compilatore. Ai fini della nostra ricerca il problema è di particolare interesse. Se si accetta di considerare Gelasio di Cesarea come un diretto successore di Eusebio, secondo la convinzione più diffusa, il frammento esaminato conterrebbe il primo esempio, a nostra conoscenza, dell’avvicinamento esplicito di un imperatore al modello davidico. Se invece si accetta la tesi di Nuffelen, l’esaltazione di David quale figura emblematica per l’imperatore si inserirebbe in un contesto politico e culturale che elabora con maggiore consapevolezza la vicenda dell’eroe biblico quale esempio di regalità. 10 Gel. Caes., fr. 3 in Winkelmann, Untersuchungen zur Kirchengeschichte, cit., 19-20 =BHG 362 (Bivo" kai; politeiva tw'n aJgivwn qeostevptwn megavlwn kai; ijsapostovlwn Kwnstantivnou kai; ÔElevnh" in Th. Ioannou, Mnhmei'a aJgiologikav, Venezia 1884, 164229, in partic. 171-172): Fhsi;n ... wJ" oJ tou' megavlou Kwnstantivnou path;r qeovqen parormhqei;" tou;" a[llou" tw'n paivdwn parei;" pavnta ejp j aujto;n metevqhke, skh'ptra kai; aJlourgivda kai; basileiva" kravto" tosou'ton uJpeipwvn: «nu'n oJ qavnatov" moi givnetai th'" zwh'" hJduvtero". nu'n kata; gnwvmhn teleutw' mevgiston ejntavfion katalipw;n eJmautw'/ th;n sh;n hJgemonivan. To; ga;r katalipei'n basileva uJpe;r gh'" ta; cristianw'n davkrua perivmaxai dunavmenon kai; sth'sai to;n a[dikon kai; mavtaion fovnon, h[dh moi proxenei' to;n th'" makariovthto" tovpon. Qarsei'te pavnte" oiJ Qeo;n <mh;> ajrnhsavmenoi, Cristo;" meta; Kwnstantivnou loipo;n uJpe;r uJmw'n oJplivzetai, ejkei'no" uJmw'n ajoravtw" uJpermacei'. 240 Pietrina Pellegrini per la giustizia e per la retta fede, non teme la morte, dice Costanzo e, con voce di profezia, invita a confidare in Dio; solo così Cristo, tramite Costantino, proteggerà per l’avvenire il suo popolo. La derivazione eusebiana del brano è evidente: simili nei due autori la dimensione escatologica della morte e la concezione dell’impero in una prospettiva dinastico-patrimoniale11. Tuttavia Gelasio dischiude nuovi orizzonti tematici e simbolici rispetto al suo modello e con l’episodio della morte di Costanzo Cloro annuncia alcuni dei motivi cardine della teologia imperiale cui la vicenda di David offre efficace sostegno e legittimità: l’impero come bene ereditario, la vittoria come premio a chi si dimostra fedele verso Dio, la pietà come suprema virtù di un sovrano. Ora, però, nonostante l’efficacia dell’immagine, l’avvicinamento DavidCostanzo Cloro non è presente in Rufino, che pure narra, al pari di Gelasio, l’episodio del rinvenimento della croce da parte di Elena, madre di Costantino, e la conversione al cristianesimo degli Etiopi e dei Georgiani12; tantomeno viene recuperato dagli storici ecclesiastici successivi. Il frammento gelasiano, invece, continua la sua fortuna attraverso un itinerario, per così dire, agiografico, giungendo pressoché identico nelle pagine della Vita Metrophanis et Alexandri13. È solo a partire dal V secolo, infatti, che comincia ad affermarsi nella storiografia ecclesiastica la rappresentazione di David come modello di virtù per gli imperatori ortodossi14. Teodoreto di Kyrrhos, nel racconto della strage di Tessalonica, drammatica l’imperatore Teodosio Tau'ta eijpw;n kai; presentava ajspasavmeno"con kai; enfasi proseuxavmeno" kai; to;n pai'da perilabwvn, kai; to;n Daui÷d to;n tw'n ÔEbraivwn basileva toi'" e[rgoi" mimhsavmeno" ejpedeivknue pisto;n tou' kravtou" kai; th'" ajrch'" klhronovmon, khvrux aujto;" pro; tw'n a[llwn tou' paido;" katastav". Ringrazio il dott. Umberto Roberto per avermi segnalato questo passo e il prof. John Thornton per gli utili consigli sulla traduzione. 11 Si notino le concidenze, anche lessicali, fra il fr. 3 di Gelasio appena esaminato, e i seguenti passaggi della Vita Constantini di Eusebio: I 21, 1 in F. Winkelmann (hrsg. von), Eusebius Werke, I/1. Über das Leben des Kaisers Konstantin, GCS 7/1, Berlin 1975, p. 27, l. 1: nu'n aujtw'/ to;n qavnaton ajqanasiva" kreivttona logivsasqai fhvsa"; I 21, 2 (Winkelmann 27, 4): to;n klh'ron th'" basileiva" novmw/ fuvsew" tw/' th'/ hJlikiva/ proavgonti tw'n paivdwn paradouv" e I 22, 1 (Winkelmann 27, 6): aJlourgivdi patrikh'/ Kwnstanti'no" kosmhsavmeno". Scheidweiler, Die Kirchengeschichte des Gelasios von Kaesareia, cit., in partic. 293 ss. e Id., Nochmals die Vita Constantini, cit. 12 Ruf., h.e. X 8 e 10-11 in E. Schwartz, Th. Mommsen (hrsg. von), Eusebius Werke, II/1. Die Kirchengeschichte, GCS, n.F. 6/2, Berlin 1999, p. 970, l. 7 e p. 973, l. 4 = Gel. Caes., frr. 20-21. 13 Vita Metrophanis et Alexandri, 2-3 in F. Winkelmann, Vita Metrophanis et Alexandri BHG 1279, AB 100, 1982, 147-183. F. Scheidweiler, Die Bedeutung der ‘Vita Metrophanis et Alexandri’ für die Quellenkritik bei den griechischen Kirchenhistorikern, ByzZ 50, 1957, 74-98. 14 H. Leppin, Von Constantin dem Großen zu Theodosius II. Das christliche Kaisertum bei David come modello per l’imperatore 241 nell’atto di pentirsi. Prostrato a terra nel tempio, emettendo la Daui>tikh; fwnhv: «L’anima mia è prostrata nella polvere, dammi vita secondo la tua parola», si strappava i capelli con le mani, si colpiva il volto, bagnava il pavimento con le lacrime e pregava di ottenere il perdono15. Nella dedica a Teodosio II della sua Storia ecclesiastica, Sozomeno lodava dell’imperatore l’amore per la saggezza, la conoscenza della natura delle pietre e il potere delle piante, qualità che erano state di Salomone, figlio di David16, mentre Socrate esaltava le qualità spirituali e religiose di Teodosio II e gli avvicinava David che, in caso di guerra, si rifugiava presso Dio e con le sue preghiere otteneva la vittoria17. Bisognerà giungere al concilio di Calcedonia del 451 per trovare il nome dell’eroe biblico nella titolatura dell’imperatore Marciano acclamato Novus Constantinus, Novus Paulus, Novus David. Prima però di indagare le ragioni di questo avvicinamento e in attesa di seguire gli sviluppi della ricezione den Kirchenhistorikern Socrates, Sozomenus und Theodoret, Göttingen 1996, in partic. 48, 52, 197, 202. 15 Thdt., h.e. V 18, 19 (Parmentier 312, 13): Ou{tw" oJ pistovtato" basileu;" ei[sw genevsqai qarrhvsa" tou' qeivou newv, oujc eJstw;" to;n despovthn iJkevteuen oujde; ta; govnata klivna", ajlla; krhnh;" ejpi; tou' dapevdou keivmeno" th;n Daui>tikh;n ajfh'ke fwnhvn: ejkollhvqh tw'/ ejdavfei hJ yuchv mou, zh'sovn me kata; to;n lovgon sou' kai; tai'" cersi;n ajpotivllwn ta;" trivca" kai; to; mevtwpon tuvptwn kai; tai'" tw'n dakruvwn stagovsi tou[dafo" katarraivnwn suggnwvmh" hjntibovlei tucei'n. Per l’influsso che la vicenda di Tessalonica ebbe sugli storici ecclesiastici cfr. J.-R. Palanque, Le témoinage de Socrates le Scholastique sur Saint Ambroise, REA 26, 1924, 216-226 e F. Trisoglio, Ambrogio negli storici e nei cronisti bizantini, in G. Luzzati (a cura di), Ambrosius Episcopus. Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani nel XVI centenario della elevazione di sant’Ambrogio alla cattedra episcopale, Milano 2-7 dicembre 1974, Milano 1976, II, 345-377. O. Treitinger, Die oströmische Kaiser- und Reichsidee nach ihrer Gestaltung im höfischen Zeremoniell, Darmstadt 1956, 129-135 ritiene impossibile interpretare questo evento alla luce delle implicazioni più tarde che l’imperatore bizantino assunse come nuovo David. 16 Sozom., h.e., Oratio ad imp. Theodosium 10 in J. Bidez, G.Ch. Hansen (hrsg. von), Sozomenus Kirchengeschichte, GCS 50, Berlin 1960, p. 3, l. 7. M. Mazza, Sulla teoria della storiografia cristiana: osservazioni sui proemi degli storici ecclesiastici, in La storiografia ecclesiastica nella Tarda Antichità. Atti del convegno tenuto in Erice (3-8 XII 1978), Messina 1980, 335-389, in partic. 376 ss. 17 Socr., h.e. VII 22, 19 in G.Ch. Hansen (hrsg. von), Sokrates Kirchengeschichte, GCS n.F. 1, Berlin 1995, p. 370, l. 18. Leppin, Von Constantin dem Großen zu Theodosius II., cit., 137, 195; G. Zecchini, L’immagine di Teodosio II nella storiografia ecclesiastica, MedAnt 5, 2002, 529-546; C. Giuffrida, Il basileuv" nella Historia ecclesiastica di Teodoreto di Kyrrhos: apostolo, qei'o" ajnhvr, principe dei demoni, cfr. supra 95-138, in partic. 124-126. 18 R.W. Carlyle, A History of Mediaeval Political Theory in the West, I-V, Edinburgh-London 1927-19282, in partic. I, 81-191; Burns, Histoire de la pensée politique, cit., 79-117; G. Tabacco, La relazione fra i concetti di potere temporale e potere spirituale nella tradizione cristiana fino al sec. XIV, Torino 1950; R. Folz, L’idée d’empire en Occident du Ve au XIVe siècle, Paris 1953; P.M. Arcari, Idee e sentimenti politici nell’Alto Medioevo, Milano 1968; 242 Pietrina Pellegrini di David nell’impero d’Oriente, torniamo un poco indietro e cambiamo le coordinate, non solo temporali, della nostra indagine. 2. In Occidente l’accettazione di David come modello per l’imperatore aveva seguito sentieri diversi. La chiesa latina, tesa ad evitare ogni sacralizzazione della regalità, rivendicava la propria indipendenza nelle questioni teologiche e religiose e all’ideale dell’optimus princeps elaborato da Eusebio, dell’imperatore sovrano onnipotente e divinizzato, vicario di Cristo sulla terra, sostituiva il princeps nella fede sottomesso all’autorità religiosa, sovrano per aver ricevuto da Dio titolo e potere18. Da Eusebio fino ad Ambrogio, da Costantino a Teodosio, il rapporto fra cristianesimo e politica aveva lentamente raggiunto un nuovo equilibrio e all’entusiasmo iniziale con cui era stata accolta la conversione dell’impero era seguito un atteggiamento più critico nei confronti della natura e dell’esercizio del potere. Gli storici cercavano nella Bibbia non soltanto gli eroi le cui imprese avessero in qualche modo prefigurato l’avvento dell’imperatore cristiano; ma esempi di virtù e di moralità da proporre agli uomini di governo19. È in questa prospettiva che si inserisce la vicenda di David quale modello di regalità nella riflessione di Ambrogio20. Le opere destinate dal vescovo di Milano alla vicenda del re biblico — De interpellatione Iob et David, Expositio psalmi CXVIII, Explanatio psalmorum duodecim e soprattutto le due Apologie di David —, nonché le molte citazioni e reminiscenze scritturistiche tratte dai libri dei Re o dai Salmi presenti nelle lettere indirizzate all’imperatore o nell’orazione funebre a lui dedicata21, sono testimonianza non solo del forte significato politico che David ebbe nella elaborazione del pensiero ambrosiano sulla regalità22: l’umiltà, la mansuetudine, il valore in B. Studer, La riflessione teologica nella chiesa imperiale (sec. IV e V), Roma 1989; H. Bellen, Christianissimus Imperator. Zur Christianisierung der römischen Kaiserideologie von Constantin bis Theodosius, in R. Günther, S. Rebenich (hrsg. von), E fontibus haurire. Beiträge zur römischen Geschichte und zu ihren Hilfswissenschaften, Paderborn u.a. 1994, 3-19. 19 F. Heim, Les figures du prince idéal au IVe siècle: du type au modèle, in Figures de l’Ancien Testament chez les Pères, Strasbourg 1989, 277-301. 20 G. Nauroy, L’Ecriture dans la pastorale d’Ambroise de Milan, in J. Fontaine, Ch. Pietri (éd. par), Le monde latin antique et la Bible, Paris 1985, 371-408. 21 G. Bonamente, Potere politico e autorità religiosa nel «De obitu Theodosii» di Ambrogio, in G. Gualdo, M. Maccarrone, G.G. Meersseman, E. Passerin d’Entrèves, M. Rosa, P. Sambin (a cura di), Chiesa e Società dal secolo IV ai nostri giorni. Studi storici in onore del P. Ilarino da Milano, Roma 1979, 83-133; F.E. Consolino, L’optimus princeps secondo s. Ambrogio. Virtù imperatorie e virtù cristiane nelle orazioni funebri per Valentiniano e David come modello per l’imperatore 243 guerra dell’eroe veterotesta-mentario non erano riusciti a farne dimenticare le colpe e le disobbe-dienze. Nasceva in questo contesto l’Apologia prophetae David dedicata a Teodosio e scritta con l’intenzione di difendere il re d’Israele da coloro che si chiedevano meravigliati come mai un così grande profeta non fosse riuscito ad evitare il peccato di adulterio prima e di omicidio poi23. Era stato Paolino di Milano, nella sua Vita Ambrosii, a ricordare come anche David si fosse macchiato di reati non minori di Teodosio24. Reati che Ambrogio di certo non negava: «Peccò David come spesso peccano i re, ma fece penitenza, pianse, supplicò il perdono, cosa che normalmente i re non fanno»25. David per amore di Betsabea aveva fatto uccidere il suo sposo con un inganno26; senza riguardo per il divieto divino, aveva indetto il censimento del suo popolo condannandolo, innocente, a patire per tre giorni una terribile pestilenza27. Il re, legibus solutus al quale tutto era lecito per potestatem28, avrebbe potuto sottrarsi alla legge e alla giustizia umana; tuttavia preferì confessare il proprio peccato e chiedere umilmente perdono. Di David, religiosus princeps, Ambrogio esaltava il coraggio in guerra, la pazienza Teodosio, RSI 96, 1984, 1025-1045; Ead., Teodosio e il ruolo del principe cristiano dal De obitu di Ambrogio alle storie ecclesiastiche, «Cristianesimo nella storia» 15, 1994, 257-277; B. Gerbenne, Modèles bibliques pour un empereur: le De obitu Theodosii d’Ambroise de Milan, in Rois et reines de la Bible au miroir des Pères, Strasbourg 1999, 161-176. 22 A. Cecchini, Relazioni tra stato e chiesa secondo S. Ambrogio, Roma 1954; S. Pricoco, Non regno sed fide princeps. L’imperatore Teodosio, Ambrogio e Paolino di Nola, in R. Teja, C. Pérez (ed. by), La Hispania de Teodosio. Congreso internacional: actas, Segovia 1997, 207-215; M. Sordi, I rapporti di Ambrogio con gli imperatori del suo tempo, in L.F. Pizzolato, M. Rizzi (a cura di), Nec timeo mori. Atti del Congresso internazionale di studi ambrosiani nel XVI centenario della morte di sant’Ambrogio, Milano 4-11 Aprile 1997, Milano 1998, 107-118. 23 Ambr., ap. David 1, 1 in C. Schenkl, Sancti Ambrosii opera. De apologia prophetae David ad Theodosium Augustum, CSEL 32/2, Pragae-Vindobonae-Lipsiae 1897, p. 299, l. 1. 24 Paulin., v. Ambr. 24 in A.A.R. Bastiaensen (a cura di), Vita di Cipriano, Vita di Ambrogio, Vita di Agostino, Milano 1975, p. 84. J.-R. Palanque, S. Ambroise et l’Empire romain. Contribution à l’histoire des rapports de l’Eglise et de l’Etat à la fin du IVe siècle, Paris 1934, 245-250; F.H. Dudden, The Life and Times of St Ambroise, Oxford 1935, II, 388-391. Per questa interpretazione cfr. F. Claus, La datation de l’«Apologia prophetae David» et l’«Apologia David altera». Deux ouvres authentiques de Saint Ambroise, in Luzzati (a cura di), Ambrosius episcopus, cit., II, 168-193, in partic. 177-178. 25 Ambr., ap. David I 4, 15 (Schenkl 309, 1): Peccavit David, quod solent reges, sed paenitentiam gessit, flevit, ingemuit, quod non solent reges. Vd. anche Ambr., ap. David altera 3, 7 in C. Schenkl, Sancti Ambrosii opera. De apologia David (quae volgo vocatur altera), CSEL 32/2, Pragae-Vindobonae-Lipsiae 1897, p. 362, l. 14. 26 Ambr., ap. David altera 2, 5 (Schenkl 361, 7). 244 Pietrina Pellegrini nelle contrarietà, l’amore per la pace, la mitezza nella vittoria, la contrizione nel peccato29, il rispetto per l’autorità30, l’amore per il suo popolo31. Il re d’Israele non aveva temuto il disonore quando ballò davanti all’Arca di Dio, perché l’agire a favore della religione era bene supremo che mai avrebbe potuto offendere la dignità di un sovrano32. Nella sua giovinezza, risparmiando Saul, aveva dato lezione a tutti gli usurpatori passati e futuri dell’impero e, rifiutando di bere l’acqua che i suoi soldati gli offrirono alla fine di una battaglia perché era stata procurata mettendo a rischio la vita dei suoi uomini, aveva dimostrato di amare il suo popolo33. In guerra ripose fiducia nel Signore e sebbene colpevole, meritò da Dio, insieme al perdono, la vittoria sui nemici34. Eppure, nonostante i molti meriti e le tante virtù, Ambrogio non aveva dimenticato che David era soprattutto il re penitente e, nei conflitti con l’autorità politica che segnarono il suo episcopato, divenne modello non per ogni sovrano, ma proprio per Teodosio35. E le ragioni di questo avvicinamento possono essere ricondotte a due episodi che videro Teodosio protagonista36. Nel 388 il vescovo di Callinico istigò la comunità locale ad incendiare una sinagoga. L’imperatore intervenne nella vicenda dando ordine di Ambr., ap. David I 7, 36 (Schenkl 321, 12); paen. II 6, 50 in O. Faller (hrsg. von), Sancti Ambrosii opera. De paenitentia, CSEL 73, Vindobonae 1955, p. 184, l. 76; exp. ps. 37, 16 in M. Zelzer (hrsg. von), Explanatio psalmorum XII, CSEL 64, Vindobonae 1999, p. 148, l. 1. 28 Ambr., ap. David I 10, 51 (Schenkl 333, 10); in ps. CXVIII 16, 32 in M. Zelzer (hrsg. von), Sancti Ambrosii opera. Expositio psalmi CXVIII, CSEL 72, Vindobonae 1999, p. 369, l. 1. G. Vismara, Ambrogio e Teodosio: i limiti del potere, SDHI 56, 1990, 256-269; J. Gaudemet, Les sources romaines de la doctrine ambrosienne du pouvoir, ZRG 115, 1998, 419-425. 29 Ambr., de off. I 24, 114 in M. Testard (ed. by), Sancti Ambrosii Mediolanensis, De officiis, CSEL 15, Turnholti 2000, p. 41, l. 71. 30 Ambr., ap. David I 6, 27 (Schenkl 316, 8). 31 Ambr., ap. David I 7, 37 (Schenkl 322, 10). 32 Ambr., ap. David I 6, 28 (Schenkl 317, 7); de off. I 43, 214 (Testard 79, 24); paen. II 6, 42 (Faller 181, 20); in ps. CXVIII, 7, 27 (Zelzer 143, 5). 33 Ambr., ap. David I 7, 34 (Schenkl 319, 20). 34 Ambr., de fide I prol. 3 in O. Faller (hrsg. von), Sancti Ambrosii opera. De fide, CSEL 78, Vindobonae 1962, p. 5, l. 15: Nosti enim fide magis imperatoris quam virtute militum quaeri solere victoriam; Ruf., h.e. XI 18 (Schwartz, Mommsen 1023, 4). E. Gagé, La théologie de la victoire impériale, RH 171, 1933, 1-43; F. Heim, Le thème de la victoire sans combat selon St. Ambroise, in Y.-M. Duval (éd. par), Ambroise de Milan, Paris 1974, 267-281; M. Forlin Patrucco, Il tema politico della vittoria e della croce in Ambrogio e nella tradizione ambrosiana, in Paradoxos Politeia. Studi patristici in onore di G. Lazzati, Milano 1979, 27 David come modello per l’imperatore 245 procedere contro i responsabili e ingiungendo al vescovo di ricostruire il tempio. Ambrogio si oppose tenacemente all’iniziativa e in una lettera dai toni franchi, insistendo sul dovere dei sacerdotes di conservare la libertas dicendi e sul dovere degli imperatori di ascoltarli, invitava Teodosio a desistere dal suo proposito ricordando le parole che Cristo mandò a dire al santo David per mezzo del profeta Nathan: «Io ti ho scelto benché minore tra i tuoi fratelli e da privato cittadino ti ho fatto imperatore. Io ho posto sul trono imperiale il frutto della tua discendenza. Io ti ho sottoposto le nazioni barbare, io ti ho concesso la pace, io ho ridotto prigioniero in tuo potere il tuo nemico»37. L’imperatore cedette per ragioni politiche alle ammonizioni del vescovo38. Qualche anno più tardi un nuovo scontro, questa volta di maggiore rilievo, venne di nuovo a contrapporre il princeps al sacerdos. Teodosio, nonostante avesse promesso ad Ambrogio di desistere dal castigo, aveva fatto massacrare a Tessalonica la folla radunata nel circo, colpevole di aver oltraggiato e ucciso un magister militum39. Il vescovo dichiarò che non avrebbe celebrato la messa in presenza dell’imperatore fino a quando questi, riconosciuto il proprio errore, non si fosse sottoposto a pubblica 406-418; G. Zecchini, S. Ambrogio e le origini del motivo della vittoria incruenta, RSCI 38, 1984, 391-404; R. Perrelli, La vittoria cristiana del Frigido, in F.E. Consolino (a cura di), Pagani e cristiani da Giuliano l’Apostata al sacco di Roma, Atti del Convegno Internazionali di Studi (Rende 12-13 novembre 1993), Soveria Mannelli 1995, 257-265. 35 Ambr., ap. David 2, 5 (Schenkl 301, 21). D. Lassandro, Ambrogio, Teodosio e il perdono, in M. Sordi (a cura di), Responsabilità, perdono e vendetta nel mondo antico, Milano 1989, 291-301. 36 G. Banterle, Due momenti di crisi nei rapporti tra Teodosio e s. Ambrogio, AMAV 36, 1984-1985, 243-252; K. Gross-Albenhausen, Imperator christianissimus: der christliche Kaiser bei Ambrosius und Johannes Chrysostomus, Frankfurt a.M. 1999, 99-119. 37 Ambr., epist. 74 (40), 22 in M. Zelzer (hrsg. von), Sancti Ambrosii opera. Epistulae et acta, CSEL 82/3, Vindobonae 1982, p. 67, l. 239: Ego te de fratribus tuis minorem elegi et de privato imperatorem feci. Ego de fructu seminis tui in sede imperiali locavi. Ego tibi subieci nationes barbaras, ego tibi pacem dedi, ego tibi inimicum tuum in potestatem tuam captivum deduxi. In paen. I 9, 43 (Faller 140, 41) Ambrogio ha insistito sull’importanza degli intercessori; cfr. M. Sordi, La concezione politica di Ambrogio, in Bonamente, Nestori (a cura di), I Cristiani e l’Impero, cit., 143-154. 38 H. von Campenhausen, Ambrosius von Mailand als Kirchenpolitiker, Berlin 1929, 230236; Dudden, The Life and Times of St Ambroise, cit., II, 372-378. 39 M. Pavan, I cristiani e il mondo ebraico nell’età di Teodosio ‘il Grande’, AFLPer 3, 1965-1966, 475-502. C.W.R. Larson, Theodosius and the Thessalonian Massacre Revisited –Yet Again, «Studia patristica» 10, 1970, 297-301; A. Paredi, Sant’Ambrogio. L’uomo, il politico, il vescovo, Milano 1985, 247-253. 246 Pietrina Pellegrini penitenza. Ogni cristiano, e a maggior ragione un imperatore, aveva l’obbligo di espiare la propria colpa. Forse non aveva fatto lo stesso il grande re David quando il profeta Nathan lo rimproverò per aver sottratto ad Uria la sua unica donna?40 Teodosio si sottomise alla penitenza accettando di pronunciare nella chiesa la confessione pubblica dei suoi peccati e solo nel Natale del 390 venne riammesso alla comunione. Con il suo provvedimento Ambrogio non aveva inteso schernire l’autorità dell’imperatore. Piuttosto, in una prospettiva etico-religiosa, esaltarne l’humilitas, virtù assolutamente nuova nel ritratto imperiale e destinata ad avere un fortunato sviluppo nella formulazione della teoria dei due poteri di papa Gelasio41. Così allora il sacerdos scriveva nell’orazione pronunciata in occasione della morte del suo princeps con accenti di sincera ammirazione: «Ho amato quest’uomo che preferiva chi lo rimproverava a chi lo adulava. Depose ogni insegna regale che gli spettava, pianse pubblicamente nella chiesa il suo peccato, che si era insinuato in lui perché ingannato da altri, e con lamenti e lacrime implorò il perdono. Mentre i privati cittadini si vergognano di fare pubblica penitenza, egli che era l’imperatore, non se ne vergognò e da allora non ci fu più giorno in cui non piangesse per quell’errore»42. Alcuni episodi della vita di David furono scelti per ornare il portale ligneo della basilica di S. Ambrogio a Milano (380 circa)43 e l’immagine del vescovo che impedisce al sovrano peccatore l’ingresso in chiesa ebbe una grande diffusione nell’arte cristiana44. 3. Intanto l’Occidente cedeva spossato alla lunga ed estenuante pressione delle popolazioni germaniche sui confini. Dalle ceneri dell’impero Ambr., epist. 11 (51), 7 (Zelzer 214, 57). Papa Gelasio I, epist. 26, 11 in A. Thiel (ed. by), Epistolae Romanorum pontificum genuinae et quae ad eos scriptae sunt a S. Hilaro usque ad Pelagium II, Hildesheim-New York 1974, 408, utilizza l’esempio di David, ammonito a causa dei suoi errori dal profeta Nathan, per paragonare la pubblica separazione di Teodosio dalla comunione della Chiesa voluta da Ambrogio con quella di Teodosio II ad opera di Leone I, con il provvedimento di papa Ilario contro Zenone e dei papi Simplicio e Felice contro l’usurpatore Basilisco e il legittimo imperatore Zenone. Carlyle, A History of Mediaeval Political Theory, cit., I, 189 ss. 42 Ambr., ob. Theod. 34 in O. Faller (hrsg. von), Sancti Ambrosii opera. De obitu Theodosii, CSEL 73, Vindobonae 1955, p. 388, l. 5: ‘Dilexi’ virum, qui magis arguentem quam adulantem probaret. Stravit omne, quo utebatur, insigne regium, deflevit in ecclesia publice peccatum suum, quod ei aliorum fraude obrepserat, gemitu et lacrimis oravit veniam. Quod privati erubescunt, non erubuit imperator, publicam agere paenitentiam, neque ullus postea dies fuit, quo non illum doleret errorem. Y.-M. Duval, Formes profanes et formes bibliques 40 41 David come modello per l’imperatore 247 nascevano i regni romano-barbarici e i reges, per lo più di fede ariana, ponevano nuovi problemi nella elaborazione della dottrina del potere45. La lotta contro l’eresia era considerata un sacrosanto dovere del sovrano, difensore della pax ecclesiae e quindi della pax temporalis. Come poteva però un re ariano essere garante dell’ortodossia religiosa e baluardo per la stabilità della Chiesa? Gli scrittori che avevano contatti con le corti dei re, in gran parte vescovi cattolici, divennero i più autorevoli portavoce della tradizione romana ed esercitarono un ruolo decisivo nella elaborazione della regalità cristiana. L’impero rimaneva un modello cui ogni regno legittimo in Occidente si ispirava. Accanto alle figure di Costantino, Teodosio I e Marciano, imperatori degni della massima lode per lo zelo dimostrato nei confronti della vera fede e per aver presieduto i primi tre concili ecumenici, si affermava la consuetudine di ricorrere agli eroi veterotestamentari quale esempio per ogni buon sovrano46. La continuità ideale che si venne a stabilire fra la monarchia israelitica, l’impero romano d’Oriente e i regni romano-barbarici trovava in David, l’Unto del Signore, l’iniziatore della dinastia cui era stata promessa una ricca discendenza, il sovrano che, pur colpevole, aveva ottenuto da Dio il premio della vittoria sui nemici47, il dans les oraisons funèbres de saint Ambroise, in Christianisme et formes littéraires de l’Antiquité Tardive en Occident, Entretiens sur l’Antiquité classique XXIII, Gèneve 1977, 235-291; M. Sordi, La morte di Teodosio e il «De obitu Theodosii» di Ambrogio, ACD 36, 2000, 131-136. 43 A. Goldschmidt, Die Kirchentür des heiligen Ambrosius in Mailand, Strasburg 1902; M. Cecchelli Trinci, La porta di S. Ambrogio in Milano, RCCM 9, 1967, 66-77; T. Mroczko, The Original Programme of the David Cycle on the Doors of San Ambrogio in Milan, «Artibus et Historiae» 6, 1982, 75-87. 44 P. Courcelle, Recherches sur saint Ambroise. «Vies» ancienne, culture, iconographie, Paris 1973, 155-231. Sull’iconografia di David: J. Danielou, s.v. David, in RAC, III, Paris 1957, coll. 594-603. Sulle diverse rappresentazioni di David nell’arte cristiana medievale cfr. di recente C. Hourihane, King David in the Index of Christian Art, Princeton 2002. 45 Sulla regalità in Occidente fra antichità e medioevo: J.M. Wallace-Hadrill, Early Medieval Kingship in England and on the Continent, Oxford 1971; M. Reydellet, La Royauté dans la littérature latine de Sidoine Apollinaire à Isidore de Séville, Paris 1981; S. Teillet, Des Goths à la nation gothique. Les origines de l’idée de nation en Occident du Ve au VIIe siècle, Paris 1984, 118-147; P.D. King, The Barbarian Kingdoms, in J.H. Burns (ed. by), The Cambridge History of Medieval Political Thought, c. 350 - c. 1450, Cambridge 1988, 123-153. 46 M. Reydellet, Le Bible miroir des princes du IVe au VIIe siècle, in Fontaine, Pietri, (éd. par), Le monde latine antique et la Bible, cit., 431-453; C. Azzara, L’ideologia del potere regio nel papato altomedievale (secoli VI-VIII), Spoleto 1997, in partic. 89-158. 47 M. Dulaey, Les combats de David contre les monstres 1 Samuel 17 dans l’interprétation patristique, in Rois et reines, cit., 7-51. 48 T.S. Burns, Theodoric the Great and the Concepts of Power in Late Antiquity, AClass 25, 1982, 99-118; Reydellet, La Royauté, cit., 141-182; E. Herrmann-Otto, Der spätantike Bischof 248 Pietrina Pellegrini modello ideale per ogni re barbaro. Ma l’immagine di David non poteva essere scissa da quella del re ortodosso e venne perciò adattata ai sovrani convertiti dall’arianesimo alla vera fede. Con una significativa eccezione. Nell’Italia ostrogota non si erano avute reazioni di tenace ostilità del clero all’arianesimo. La politica di Teoderico era impostata sul massimo rispetto verso la Chiesa; inoltre Ennodio, che assisteva al declino del prestigio della legittima autorità imperiale romana, non amava sottolineare le distanze che separavano l’imperatore ortodosso dal re ariano; piuttosto si sforzava di avvicinare, se non di assimilare, Goti e Romani passando sotto silenzio gli aspetti più evidenti di diversità, soprattutto nelle questioni di fede48. Nella Vita Epiphani Ennodio proponeva David come modello di giustizia e clemenza non solo all’imperatore cattolico Antemio, ma anche al re ariano Teoderico, sovrani di cui aveva massima considerazione e rispetto. L’eroe di Ennodio, Epifanio, inviato da alcuni notabili liguri a nome di Ricimero per negoziare la pace con Antemio, ricordava all’imperatore la misericordia di David verso i supplici e la disponibilità a perdonare il nemico piuttosto che a vendicarsi49. A Teoderico, invece, che si era adoperato per il riscatto dei prigionieri di guerra che Gundebado aveva catturato in una scorreria in Italia, sottolineava quanto fosse maggiore la sua gloria per aver liberato molti uomini rispetto a quella di David che aveva salvato la vita del solo Saul50. Di Teoderico, il degno successore degli imperatori sulla terra d’Italia, Ennodio non amava ricordare la fede ariana. Preferiva piuttosto presentarlo come re cristiano e lodare le stesse qualità che Ambrogio aveva riconosciuto all’ortodosso imperatore Teodosio51: insieme alle virtù tradizionali della clementia e della pietas, Teoderico aveva il robur, la vigilantia e la prosperitas del princeps, del sacerdos invece la mansue-tudo52. La mansuetudo era dote tipicamente cristiana che David, più di altre figure veterotestamentarie, zwischen Politik und Kirche: das exemplarische Wirken des Epiphanius von Pavia, RQA 90, 1995, 198-214; S. Rota, Teoderico il Grande fra Graecia e Ausonia. La rappresentazione del re ostrogotico nel Panegyricus di Ennodio, MEFRM 113, 2001, 203-243; Ead. (a cura di), Magno Felice Ennodio. Panegirico del clementissimo re Teoderico (opusc. 1), Roma 2002, in partic. 37-43 e 50-51. 49 Enn., Vita Epiph. 63 in F. Vogel (hrsg. von), Magni Felicis Ennodi opera, MGH AA 7, Berolini 1961, p. 92, l. 3. M. Cesa, Ennodio. Vita del beatissimo Epifanio vescovo della chiesa pavese, Como 1988. 50 Enn., Vita Epiph. 144 (Vogel 102, 14). 51 Ambr., epist. 2 (61), 6 (Zelzer 179, 39): ut virtute imperatores, humilitate sacerdotes vicerit. 52 Enn., paneg. 17, 80 in Ch. Rohr (hrsg. von), Der Theoderich-Panegyricus des Ennodius, David come modello per l’imperatore 249 aveva esercitato quando, di fronte alla possibilità di liberarsi di Saul che lo perseguitava, tagliò solo un lembo del suo mantello a testimonianza del potere di ucciderlo che aveva avuto e della sua lealtà nel risparmiarlo. La magnanimità di David era esempio di misericordia che infrangeva il furore della guerra e, schiacciando la superbia, faceva trionfare la concordia. Ma l’elaborazione di David come modello di regalità trovò nell’ambiente della Gallia nuovo, fertile terreno di sviluppo che si tradusse da un lato nella graduale acquisizione di un’etica cristiana nelle finalità dell’ufficio regio e dall’altro nel riconoscimento al sovrano di specifiche prerogative in materia religiosa ed ecclesiastica53. La vicenda di David, cui si ricorse prima con interesse aneddotico, poi in maniera sempre più consapevole, assicurò, sull’esempio di quanto accadeva in Oriente, supporto istituzionale e ideologico al sentimento dinastico stabilendo un’affinità ideale fra l’impero romano di Costantinopoli e la regalità franca54. Alla fine del V secolo il piccolo regno dei Burgundi non era ancora caduto sotto la dominazione franca e la conversione al cattolicesimo di Clodoveo, che pure era stata salutata con grande entusiasmo da Avito di Vienne, non aveva incrinato i rapporti fra il vescovo cattolico e il re Gundebado di fede ariana55. Avito continuò a servire fedelmente la dinastia burgunda nutrendo la speranza di rivivere l’esperienza della conversione di Clodoveo e guadagnare la casa reale alla religione cattolica. E il miracolo puntualmente avvenne. Sigismondo, figlio di Gundebado, abbracciò la vera fede e nel 515, dopo la morte del padre, giunse al potere56. In una omelia sulle RoMGH, Studien und Texte 21, Hannover 1995, p. 254, l. 12. Per il tema di Teoderico princeps e sacerdos cfr. Teillet, Des Goths à la nation gothique, cit., 274-280; Reydellet, La Royauté, cit., 181 ss. Vd. inoltre più espressamente S. Rota, Su un passo del panegirico a Teoderico di Ennodio di Pavia. Il tema del princeps et sacerdos (§ 80), in M. Rotili (a cura di), Incontri di popoli e culture tra V e IX secolo. Atti delle V giornate di studio sull’età romanobarbarica, Napoli 1998, 139-146. Anche Anon. Vales. 65 in Th. Mommsen (hrsg. von), Anonymi Valesiani pars posterior, MGH AA 9, Chr. Min. 1, Berolini 19612, p. 324, l. 3, narrando la visita di Teoderico a Roma dopo la composizione dello scisma laurenziano, scrive: ambulavit rex Theodericus Romam et occurrit beato Petro devotissimus ac si catholicus. 53 A. Graboïs, Un mythe fondamental de l’histoire de France au Moyen Age: Le «roi David», précurseur du «roi très chrétien», RH 287, 1992, 11-31; Y. Hen, The Uses of the Bible and the Perception of Kingship in Merovingian Gaul, «Early Medieval Europe» 7, 1998, 277-289. 54 J.M. Wallace-Hadrill, The Long-Haired Kings, London 1962, 175-176; M. McCormick, Clovis at Tours, Byzantine Public Ritual and the Origins of Medieval Ruler Symbolism, in E.K. Chrysos, A. Schwarcz (hrsg. von), Das Reich und die Barbaren, Wien-Köln 1989, 155180; Y. Hen, Clovis, Gregory of Tours, and Pro-Merovingian Propaganda, RBPh 71, 1993, 271-276; C. Azzara, «Pater vester, clementissimus imperator». Le relazioni tra i Franchi 250 Pietrina Pellegrini gazioni, verosimilmente pronunciata in presenza del principe Sigismondo, parlando del dono delle lacrime il vescovo scriveva: «altra è la ragione del piangere per il re, altra per i sudditi, altra per il peccatore, altra per il giusto». Raccontava allora l’aneddoto del re di Persia che dopo la vittoria, guardando da un’altura il suo esercito, pianse per la morte che da lì a non molto avrebbe falcidiato le sue immense e invincibili truppe. Queste lacrime di un rex mundanus convenivano anche al princeps christianus perché dopo il trionfo era necessario riflettere piuttosto sulla morte che sulla grandezza. Proprio come aveva fatto David, virtute magnus, potestate praeditus, pietate praecelsus, che, pur coronato del diadema, sospirò la corona dei cieli57. Venanzio Fortunato, fondendo elementi scritturistici con immagini del passato romano, in un carme dedicato a Cariberto ricordava la sapientia, la pietas, la gravitas, virtù che erano appartenute a David, a Salomone, ma anche all’imperatore Traiano e al condottiero Fabio58. A Chilperico, il re che fra tutti i sovrani merovingi fu quello che intese più direttamente imitare l’imperatore romano59, augurava, dopo la perdita del figlio, la nascita di un nuovo erede per il regno come Dio aveva promesso a David: «colui che sul trono di David ha fatto salire l’astro di Salomone potrebbe ridonarvi un figlio dalla vostra sposa»60. Anche Gregorio di Tours ricorse alla Bibbia per attingere temi di riflessione sulla regalità. Senza però preoccuparsi di tracciare un ritratto ideale e Bisanzio nella prospettiva del papato del VI secolo, StuMed s. III, 36, 1995, 303-320. L’imperatore bizantino, secondo la testimonianza di Greg. Tur., hist. II 38 in B. Krusch, W. Levison (hrsg. von), Gregorius Turonensis. Historiarum libri X, MGH SRM 1/1, Hannoverae 1951, 88-89, nominò Clodoveo console e fece incidere il nome del re dei Franchi sulle monete. Molti dei successori di Clodoveo coltivarono con interesse i rapporti con l’autorità imperiale ed ottennero dai cesari bizantini titoli e riconoscimenti onorifici. 55 Reydellet, La Royauté, cit., 113-137. 56 Avit., epist. 8 in R. Peiper (hrsg. von), Alcimi Ecdicii Aviti Viennensis episcopi opera quae supersunt, MGH AA 6/2, Berolini 19612, p. 40, l. 4: at postquam princeps praefatus, in catholicam vestram de pristino errore conmigrans, velut Christianorum signifer portanda coram populo veritas vexilla suscepit, omnes adhortatione inliciens, nullum potestate conpellens suam gentem proprio, extraneas autem suae adquirit exemplo. W. Ehlers, Bibelszenen in epischer Gestalt. Ein Beitrag zu Alcimus Avitus, VChr 39, 1985, 353-369. 57 Avit., hom. 7 in R. Peiper (hrsg. von), Alcimi Ecdicii Aviti Viennensis episcopi opera quae supersunt, MGH AA 6/2, Berolini 19612, p. 117, l. 5. 58 Fortun., carm. VI 2, 78-81 in F. Leo (hrsg. von), Venanti Honori Clementiani Fortunati opera poetica, MGH AA 4/1, Berolini 1881, p. 133, l. 77. Reydellet, La Royauté, cit., 297344. B. Brennan, The Image of the Frankish Kings in the Poetry of Venantius Fortunatus, «Journal of Medieval History» 10, 1984, 1-11; J. George, The Poet as Politician: Venantius Fortunatus’ Panegyric to King Chilperic, «Journal of Medieval History» 15, 1990, 5-18. David come modello per l’imperatore 251 del principe cristiano ispirato alla Scrittura, lo storico dei Franchi vide nel conflitto che contrappose Clotario I al figlio ribelle Cramno, la riproposizione del combattimento di David contro il figlio Assalonne (ps 80, 15): «O Signore, guardami dal cielo e giudica la mia causa perché ingiustamente sopporto gli affronti di mio figlio. O Signore, guarda e giudica da giusto ed esprimi quel giudizio che un tempo hai dato su Assalonne e suo padre David»61. Durante il VII secolo, invece, l’apporto della Sacra Scrittura alla formulazione della teoria politica divenne sempre più consapevole e insistito, soprattutto negli ambienti ecclesiastici. La riunificazione del regno dei Franchi operata da Clotario II nel 613 aveva favorito un rapido impianto del mito di David nella concezione della regalità da parte della dinastia al potere62. Nel concilio di Clichy del 626/627 i padri riuniti in assemblea salutavano Clotario II, l’ispiratore profetico dei canoni, Nuovo David63. Il re biblico era il vincitore di Golia, cioè del paganesimo, e il monarca che, riunendo le tribù di Israele, aveva fondato la regalità sacra e assicurato l’ereditarietà del regno. Ancora nel 645 un vescovo si rivolgeva ad un re merovingio (Clodoveo II o Sigeberto III), subito dopo l’accesso al trono di Neustria e Burgundia avvenuto nel 639, ammonendolo a studiare la Scrittura così da apprendere l’esempio di David e Salomone. David, sapiens humilisque, avendo operato secondo la volontà di Dio, vinse in battaglia, poté edificare un tempio in onore del Signore e la sua discendenza fu esempio di buon governo64. Anche la regalità visigota si servì dell’immagine di David per ricono59 Sui rapporti di Venanzio Fortunato con l’impero d’Oriente J. ∏aπel, Il viaggio di Venanzio Fortunato e la sua attività in ordine alla politica bizantina, in Aquileia e l’occidente, AAAd 19, Udine 1981, 359-376; B. Brennan, Venantius Fortunatus: Byzantine Agent?, «Byzantion» 65, 1995, 7-16; Id., The Disputed Authorship of Fortunatus’ Byzantine Poems, «Byzantion» 66, 1996, 335-345. 60 Fortun., carm. IX 2 (Leo 209, 135): qui in solium David Salomonis contulit ortum, / pro vice germani cum redit ipse patri, / ille tibi poterit de coniuge reddere natum. 61 Greg. Tur., hist. IV 20 (Krusch, Levison 153, 14): Ibatque Chlotarius rex tamquam novus David contra Absolonem filium pugnaturus, plangens atque dicens: ‘Respice, Domine, de caelo et iudica causam meam, quia iniuste a filio iniuras patior. Respice, Domine, et iudica iuste, illudque iudicium, quod quondam inter Absalonem et patrem eius David posuisti. Su questo conflitto cfr. I.N. Wood, The Merovingian Kingdoms, 450-751, London 1994, 59-60; M. Heinzelmann, Gregor von Tours (538-594) ‘Zehn Bücher Geschichte’: Historiographie und Gesellschaftskonzept in 6. Jahrhundert, Darmstadt 1994, 32-83. Sull’utilizzo della Bibbia nella produzione di Gregorio di Tours cfr. Reydellet, La Royauté, cit., 399-437; Teillet, Des Goths à la nation gothique, cit., 367-420; W.S. Monroe, Via iustitiae. The Biblical Sources of Justice in Gregory of Tours, in K. Mitchell, I. Wood, The World of Gregory of Tours, Leiden-Boston-Köln 2002, 99-112. 62 R. Folz, Le couronnement impérial de Charlemagne, 25 décembre 800, Paris 1964, 29-30. 252 Pietrina Pellegrini scere legittimità costituzionale alla dinastia regnante65. Gregorio di Tours, nel racconto della conversione di Reccaredo re dei Visigoti, giunto al cattolicesimo dopo un difficile passato ariano, ricordava la cerimonia in cui il sovrano, ricevuto il segno della croce con l’unzione del crisma, si sottometteva alla fede cattolica66. Se l’episodio può davvero interpretarsi come il primo esempio di unzione regale di un re visigoto, sarebbe allora meglio comprensibile la scelta di Gregorio Magno di proporre David quale modello di regalità solo a Reccaredo67. Nella lettera di felicitazioni inviata dal pontefice all’indomani della conversione del re, Gregorio lodava la rectitudo mentis di Reccaredo che aveva emanato una costituzione contro gli Ebrei e non si era lasciato corrompere dal loro denaro68. Il sovrano, rifiutando l’oro, aveva ripetuto il gesto di David che, dopo aver chiesto ai suoi soldati di bere l’acqua della cisterna di Betlemme, memore della sua grave colpa, la versò a terra per offrirla in libagione al Signore69. Commentava allora Gregorio: «Se l’acqua rifiutata fu versata in sacrificio a Dio dal re in armi, pensiamo quale sacrificio a Dio onnipotente offrì il re che, per amore suo, rifiutò di accettare non l’acqua, ma l’oro»70. All’immagine di Reccaredo, il principe cattolico che allontanava dalle tenebre dell’eresia il popolo, agli inizi del VII secolo Isidoro di Siviglia amava aggiungere quella del monarca Unto dal Signore, come il re d’Israele, un monarca la cui legittimità era sancita dal rito sacro dell’unzione71. Nel Per l’impresa di Clotario II cfr. Wood, The Merovingian Kingdoms, cit., 140-155. Concilium Clippiacense, a. 626/627 in C. de Clercq (ed. by), Concilia Galliae A. 511 - A. 695, Turnholti 1963, p. 291, l. 13. 64 Epist., 15 in W. Gundlach (hrsg. von), Epistulae aevi merowingici collectae, MGH Epp. 3/1, Berolini 1892, p. 457, l. 2 ss. Ewig, Zum christlichen Königsgedanken, cit., 18; H.H. Anton, Fürstenspiegel und Herrscherethos in der Karolingerzeit, Bonn 1968, 45-79, in partic. 51-52; Wallace-Hadrill, Early Medieval King, cit., p. 49; Id., The Barbarian Kingdoms, cit., 136-137. 65 P.D. King, Law and Society in the Visigothic Kingdom, Cambridge 1972; Teillet, Des Goths à la nation gothique, cit., 335-366; J. Orlandis, Bible et Royauté dans les Conciles de l’Espagne wisigotho-catholique, AHC 18, 1986, 51-57. 66 Greg. Tur., hist. IX 15 (Krusch, Levison 371, 7): Tunc intelligens veritatem Richaredus, postposita altercacione, se catholicae lege subdidit et, acceptum signaculum beatae crucis cum crismatis unctione, credidit Iesum Christum, filium Dei, aequalem Patri cum Spiritu sancto, regnantem in saecula saeculorum. Amen. Sull’interpretazione di questo passo come primo esempio di unzione regale cfr. C. Sánchez-Albornoz, La «Ordinatio principis» en la España goda y postvisigoda, in Id., Estudios sobre las instituciones medievales españolas, México 1965, 705-737, in partic. 712-718. 67 Greg. M., epist. IX 229 in D. Norberg (ed. by), Gregorius Magnus. Registrum epistularum I-XIV, CCSL 140-140A, Turhnolti 1982, p. 805, l. 4. Mi permetto di rimandare al mio: Sic enim Constantinus quondam piissimus imperator. L’immagine di Costantino in Gregorio 63 David come modello per l’imperatore 253 III libro delle sue Sententiae, scritte durante il regno di Sisebuto (612-615), Isidoro tracciava il ritratto del principe ideale. La monarchia era ai suoi occhi uno strumento messo da Dio a disposizione del principe per assicurare la sua salvezza personale e quella dei suoi sudditi. David, il re penitente, il re santo, l’umiliato, colui che aveva saputo riconoscere le proprie colpe unendo alla regalità politica quella del cuore, era esempio di autorità morale cui ogni re doveva ispirarsi72. Isidoro sosteneva l’importanza della collaborazione fra il potere ecclesiastico e quello temporale: ciò che non era possibile conseguire attraverso la predicazione sacerdotale, spettava al re imporre con la forza73. La sua riflessione, giunta nella legislazione sinodale, influenzò i concili di Toledo presieduti dal re, nei quali si riconobbe validità al ruolo del sovrano negli affari religiosi74. Il canone 75 del IV concilio di Toledo del 633 gettava l’anatema su coloro che avessero cercato di attentare alla vita del re citando alcuni passi tratti dal libro dei Salmi (104, 15): «Non toccate i miei unti» e dal I libro di Samuele (26, 9): «Chi potrebbe mettere le mani sull’Unto del Signore e restare impunito?»75 Il riferimento all’unzione regale annunciava l’introduzione del rito, attestato per la prima volta con certezza nel 683 nella cerimonia dell’Ordinatio principis76. 4. E nell’impero d’Oriente cosa ne era stato di David?77 Marciano, si è già detto, fu il primo imperatore ad essere acclamato Nuovo David e ad Magno, BISIME, 103, 2000-2001, 1-32, in partic. 25-32, e alla bibliografia ivi citata. Ch. Morel, La rectitudo dans les homélies de Grégoire le Grand sur Ézéchiel (Livre I), in J. Fontaine, R. Gillet, S. Pellestrandi (éd. par), Grégoire le Grand, Colloques internationaux du CNRS, Chantilly, Centre culturel Les Fontaines, 15-19 septembre 1982, Paris 1986, 289-295. 69 Greg. M., in evang. II 34, 16 in R. Étaix (ed. by), Gregorius Magnus. Homiliae in evangelium, CCSL 141, Turnholti 1999, p. 315, l. 27. 70 Greg. M., epist. IX 229 (Norberg 808, 63): Si igitur ab armato rege in sacrificium Dei versa est aqua contempta, pensemus quale sacrificium omnipotenti Deo rex obtulit, qui pro amore illius non aquam sed aurum accipere contempsit? 71 Sul rapporto fra impero bizantino e la regalità visigota cfr. P. Goubert, Byzance et l’Espagne wisigothique (554-711), EByz 2, 1944, 5-78. J.L. Romero, San Isidoro de Sevilla. Su pensamento histórico político y sus relaciones con la historia visigoda, «Cuadernos de Historia de España» 8, 1947, 5-71; Reydellet, La Royauté, cit., 505-595. 72 Isid., sent. III 49, 1 in P. Cazier (ed. by), Isidorus Hispalensis Sententiae, CCSL 111, Turnholti 1998, p. 299, l. 2: Qui recte utitur regni potestatem, ita praestare se omnibus debet, ut quanto magis honoris celsitudine claret, tanto semetipsum mente humiliet, praeponens sibi exemplum humilitatis David, qui de suis meritis non tumuit, sed humiliter sese deiciens dixit: «Vilis incedam et utilis apparebo ante Deum qui elegit me». Sulla regalità in Isidoro di Siviglia cfr. M. Reydellet, La conception du souverain chez Isidore de Séville, in Isidoriana. Estudios sobre san Isidoro de Sivilla en el XIV centenario de su nacimento, Leon 1961, 457466; P. Cazier, Isidore de Séville et la naissance de l’Espagne catholique, Paris 1994. 68 254 Pietrina Pellegrini essere ricordato come sacerdote e imperatore dai padri conciliari riuniti a Calcedonia78. Quali erano i motivi di questo accostamento, quali gli episodi della vita dell’eroe veterotestamentario cui la vicenda dell’imperatore intendeva ispirarsi? Intorno alla metà del V secolo a Bisanzio i patriarchi ebbero il compito di incoronare gli imperatori79: David, il re d’Israele, l’Unto del Signore per mano del profeta Samuele, costituiva la figura biblica che meglio poteva rappresentare il sovrano che aveva ricevuto da Dio il potere attraverso i sacerdoti. Come David aveva scavalcato il diritto ereditario dei figli del re Saul e aveva dato inizio ad una nuova dinastia cui il Signore aveva promesso aeternitas, allo stesso modo Marciano era divenuto imperatore in seguito al matrimonio con Pulcheria, sorella di Teodosio II. L’elezione imperiale attraverso la consacrazione sacerdotale assicurava legittimità alla mutatio regni e David ne diveniva il simbolo. Il nome del re dell’Antico Testamento appariva nella titolatura di Marciano accanto a quello di Costantino come portavoce dell’idea imperiale cristiana e il richiamo all’apostolo Paolo costituiva un riscontro neotestamentario alla derivazione divina del potere (Rom 13, 1-7). Isid., sent. III 51, 4 (Cazier 304, 1). H.H. Anton, Der König und die Reichskonzilien im westgothischen Spanien, HJ 92, 1972, 257-282. 75 Concilium Toledanum IV, a. 633, can. 75 in J. Vives (ed. por), Concilios visigóticos e hispano-romanos, Barcelona-Madrid 1963, p. 217: et dum Dominus dicat: «Nolite tangere Christos meos»; et David: «Quis, inquit, extendet manum suam in Christum Domini et innocens erit?». Sul IV concilio di Toledo cfr. J. Orlandis, D. Ramon-Lissón, Die Synoden auf der Iberischen Halbinsel bis zum Einbruch des Islam (711), Paderborn-München-WienZürich 1981, 144-171. 76 Oltre al già citato Sánchez-Albornoz, La «Ordinatio principis» en la España goda y postvisigoda, cfr. A. Barbero de Aguilera, El pensamiento político visigodo y las primeras unciones regias en la Europa Medieval, «Hispania» 30, 1970, 245-326, in partic. 314320; King, Law and Society, cit., 48-49. Fra le fonti letterarie che ricordano il rito sacro dell’unzione sacerdotale per il re come cerimonia abituale si ricorda la Historia Wambae di Giuliano di Toledo (PL 96, 763): Adquit enim diebus nostris clarissimus Wambae princeps, quem digne principari Dominus voluit, quem sacerdotalis unctio declaravit, quem totius gentis et patriae communio eligit. 77 Dagron, Empereur et prêtre, cit., 41-44 e 68-70. 78 Concilii Chalcedonensis Actio VI, Acclamationes episcoporum, in E. Schwartz (hrsg. von), Acta conciliorum oecumenicorum, Berlin-Leipzig 1933, I, 2, p. 351, l. 12. L. Bréhier, ÔIereu;" kai; basileuv", in Mémorial Louis Petit. Mélanges d’histoire et d’archéologie byzantines, Bucarest 1948, 41-45 (= H. Hunger, hrsg. von, Das byzantinische Herrscherbild, Darmstadt 1975, 86-93). Concilium Constantinopolitanum III annis 680 et 681, oecumenicum sextum, in G. Alberigo, P.-P. Joannou, C. Leonardi, P. Prodi (a cura di), Conciliorum Oecumenicorum Decreta, Basileae-Barcinone-Friburgi-Romae-Vindobonae 1962, p. 102, l. 21, il basileus venne acclamato nuovo David e papa Leone II, in epist. 3 (PL 96, 409), si 73 74 David come modello per l’imperatore 255 Anche Giustiniano ricorse, seppure non in maniera esplicita, al patrimonio ideologico della regalità davidica. Egli aveva vinto i Persiani, i Goti e i Vandali, aveva riunificato l’impero e si era prodigato nel tentativo di trovare una soluzione al problema cristologico. Il ritratto di David rappresentato come un imperatore presente nella decorazione musiva della chiesa della Vergine nel monastero di S. Caterina sul monte Sinai allude ad un modello veterotestamentario della monarchia80. Ma la recezione della tradizione davidica sulla regalità ebbe la sua piena affermazione all’epoca di Eraclio. I nove piatti argentei con le storie di David scoperti nel 1902 a Cipro (628/630)81 e illustranti le vicende giovanili dell’eroe biblico — dall’unzione fino al matrimonio con Michal, figlia di Saul82 — celebrano le vittorie militari di Eraclio sui Persiani83. L’avvento al trono di Eraclio fu segnato da una sanguinosa rivolta che, partita dall’Africa con il sostegno dei membri dell’aristocrazia bizantina, si risolse con la detronizzazione e l’uccisione di Foca. Il 5 ottobre del 610 Eraclio veniva proclamato imperatore ed incoronato dal patriarca Sergio nella chiesa di S. Stefano84. Ai problemi di consolidamento del potere e di riassetto dell’amministrazione e dell’economia che segnarono i primi anni del regno di Eraclio, si aggiunse l’aggravarsi della stabilità politica sui confini. A nord, Slavi e Avari minacciavano Costantinopoli e ad oriente rivolse all’imperatore Costantino IV, definito nuovo David, affinché confermasse e approvasse quanto era stato stabilito nel VI concilio di Costantinopoli. 79 W. Sickel, Das byzantinische Krönungsrecht bis zum 10. Jahrhundert, ByzZ 7, 1898, 511-557; F.E. Brightman, Byzantine Imperial Coronations, JThS 2, 1901, 359-392, in partic. 378 e 383; P. Charanis, Coronation and its Constitutional Significance in the Later Roman Empire, «Byzantion» 15, 1940-1941, 49-60; Treitinger, Oströmische Kaiser, cit., 810 ss.; F. Dölger, Byzanz und die europäische Staatenwelt, Darmstadt 1976, 98-99. Const. Porph., cerim. I 69 e I 73 in I.I. Reiske (hrsg. von), Constantini Porphyrogeniti Imperatoris De Cerimoniis Aulae Byzantinae, I-II, Bonn 1829, p. 322, l. 13 e p. 368, ll. 2-3, ricorda l’imperatore con il titolo di David; viene inoltre ripreso il paragone con l’apostolo Paolo. La descrizione della consacrazione imperiale proposta da Costantino Porfirogenito in cerim. I 38-41 (Reiske 191-216) non parla di unzione ma di incoronazione da parte del patriarca. L’unzione regale unita alla consacrazione, infatti, apparve nell’Occidente latino in Spagna, in Francia e in Inghilterra, ma non è attestata a Bisanzio. 80 G.H. Forsyth, K. Weitzmann, The Monastery of Saint Catherine at Mount Sinai. I: The Church and Fortress of Justinian, Ann Arbor 1973, 13, CXIX B e CLXX; K. Weitzmann, Loca sancta and the Representational Arts of Palestine, DOP 28, 1974, 31-55. Per la presenza di alcuni elementi della regalità davidica nella teologia imperiale di Giustiniano e per il loro influsso nelle rappresentazioni musive di Ravenna cfr. R. Farioli, Ravenna romana e bizantina, Ravenna 1977, 159 ss. 81 Fra i molti studi su questo argomento, essenziale per l’interpretazione dei piatti di David come espressione del pensiero politico bizantino è il lavoro di S. Spain Alexander, Heraclius, Byzantine Imperial Ideology, and the David Plates, «Speculum» 52, 1977, 217-237. Si 256 Pietrina Pellegrini i Persiani di Cosroe II avevano ripreso l’offensiva contro l’impero. Dopo essere riusciti a conquistare in breve tempo l’Armenia, la Siria e la Palestina, nel 614 i Persiani entravano senza difficoltà a Gerusalemme, incendiavano la Chiesa del Santo Sepolcro e sottraevano la reliquia della Vera Croce, emblema della cristianità. La guerra assumeva a questo punto un valore religioso; ma solo nel 621, grazie al sostegno economico della chiesa di Costantinopoli85, Eraclio fu pronto a intervenire. Seguendo l’esempio di Maurizio, si mise alla guida del suo esercito interrompendo una lunga assenza dell’imperatore dai campi di battaglia che risaliva a Teodosio I86. Liberò le regioni dell’Asia Minore, invase l’Armenia persiana, e a Ninive nel 627 ottenne uno straordinario successo sfidando in un combattimento corpo a corpo il generale Razatis, che venne decapitato, e vincendo sul campo il re Cosroe II87. Nel 629 Eraclio, reduce vedano inoltre: S.H. Wander, The Cyprus Plates: the Story of David and Goliath, MMJ 8, 1973, 89-104; J. Trilling, Myth and Metaphor at the Byzantine Court: A Literary Approach to the David Plates, «Byzantion» 48, 1978, 249-263; M. Philolenko, L’histoire du roi David dans l’art byzantin. Nouvel examen des plats de Chypre, in R. Zeitler (éd. par), Les Pays du Nord et Byzance (Scandinavie et Byzance), Actes du Colloque nordique et international de byzantinologie, Uppsala 20-22 Avril 1979, Uppsala 1981, 353-357. 82 Per una particolareggiata descrizione dei piatti e sul valore artistico dell’opera cfr. K. Weitzmann, Prolegomena to a Study of the Cyprus Plates, MMJ 3, 1970, 97-111; M. van Grunsven-Eygenraam, Heraclius and the David Plates, BABesch 48, 1973, 158-174; M.L. Fobelli, Fonti e cronologia dei piatti argentei di Cipro con le storie di Davide, RIA s. III, 6-7, 1983-1984, 191-219. Per una critica all’interpretazione tradizionale dei piatti di David come veicolo dell’autorappresentazione imperiale cfr. R.E. Leader, The David Plates Revisited: Transforming the Secular in Early Byzantium, «Art Bulletin» 82, 2000, 407-427. Per la diffusione del ciclo narrativo di David nell’arte bizantina cfr. K. Wessel, s.v. David, in Reallexikon zur byzantinischen Kunst, I, Stuttgart 1966, coll. 1145-1161; L. Dirven, «The Smallest Among his Brethren»: Origin and Meaning of an Early Coptic Narrative Cycle of David’s Youth, «Boreas» 16, 1993, 181-198; R. Stichel, Scenes from the Life of King David in Dura Europos and in Byzantine Art, «Jewish Art» 23-24, 1997-1998, 100-116. 83 Sulle guerre persiane di Eraclio cfr. G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, trad. it., Torino 1968, 87-88 e 91-93; A.N. Stratos, Byzantium in the Seventh Century, 612-634 A.D., I-II, Amsterdam 1968-1972, I, 103-255; Id., La première campagne de l’empereur Héraclius contre les Perses, JÖB 28, 1979, 63-74; J.F. Haldon, Byzantium in the Seventh Century. The Transformation of a Culture, Cambridge 1990, 41-53; J. Howard-Johnston, The Official History of Heraclius’ Persian Campaigns, in E. Dabrowa (ed. by), The Roman and Byzantine Army in the East, Kraków 1994, 57-87; J. Howard-Johnston, Heraclius’ Persian Campaigns and the Revival of the East Roman Empire 622-630, «War in History» 6, 1999, 1-44. Per un aggiornamento bibliografico sull’età di Eraclio: G.J. Reinink, B.H. Stolte, The Reign of Heraclius (610-641): Crisis and Confrontation, Leuven-Paris-Dudley MA 2002 e W.E. Kaegi, Heraclius, Emperor of Byzantium, Cambridge 2003. 84 Thphn., chron. A.M. 6102 in C. de Boor (hrsg. von), Theophanes, Chronographia, I-II, Leipzig 1883, p. 299, l. 9; Niceph., opusc. in C. de Boor (hrsg. von), Nicephori Archiepiscopi David come modello per l’imperatore 257 da una campagna tanto fortunata, entrava a Costantinopo-li come salvatore dell’impero e difensore della cristianità88, assumeva ufficialmente, primo fra gli imperatori, il titolo di basileus89 e nel 630 poteva ricondurre trionfante a Gerusalemme la reliquia della Vera Croce90. Giorgio di Pisidia, il poeta che aveva accompagnato Eraclio nella sua prima campagna contro i Persiani (622-623), seppe interpretare mirabilmente le aspirazioni, i modelli e gli ideali del suo imperatore91. Eraclio aveva combattuto per la salvezza dell’impero minacciato da forze ostili ed empie. Pur di difendere l’umanità e la fede cristiana, non aveva esitato a prendere parte personalmente ai pericoli della battaglia92 e, indossate di nuovo le armi alla testa del suo esercito93, aveva ottenuto da Dio il duplice trionfo sulle passioni e sui barbari94. Aveva reciso, come David con Golia, le molte teste di Foca95 e aveva sconfitto Cosroe, un nuovo gigante96. Avevano vibrato le corde della sua eloquenza, di quella eloquenza che spesso trascina anche le fiere, sa quietare il furore popolare97, ammansire i cuori di pietra98 e sa perdonare99. Il Signore preparava per il suo servo fedele una numerosa discendenza cui avrebbe assicurato il regno in eredità100. Riecheggiavano nelle parole di Giorgio di Pisidia alcune delle immagini più felici della propaganda imperiale. Insieme a Costantino, il sovrano ideale, il difensore della religione cristiana, colui che aveva portato a Gerusalemme la Santa Croce e costruito la Chiesa del Santo Sepolcro, David offrì ad Eraclio una nuova, originale fonte di motivi ideologici cui Constantinopolitani Opuscula Historica, Leipzig 1880, p. 5, l. 13 = C. Mango Nikephoros Patriarch of Constantinople, Short History, Washington 1990, 36. P. Speck, Das geteilte Dossier. Beobachtungen zu den Nachrichten über die Regierung des Kaisers Herakleios und die seiner Söhne bei Theophanes und Nikephoros, Poikivla Buzantinav 9, Bonn 1988. 85 Niceph., opusc. (de Boor 15, 14); Thphn., chron. A.M. 6113 (de Boor 302, 34). 86 Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, cit., 90-91. 87 Niceph., opusc. (de Boor 19, 14-15 ); Thphn., chron. A.M. 6118 (de Boor 319, 1518); Sebˇos, hist. 36 in C. Gugerotti (a cura di), Sebˇos. Storia. Traduzione dall’armeno, introduzione e note, Verona 1990, p. 94; Thphyl., hist. VIII 12, 12-13 in C. de Boor (hrsg. von), Theophylacti Simocattae Historiae, Leipzig 1887, p. 308, l. 12. J. Felber, Theophanes’ Account of the Reign of Heraclius, in E. and M. Jeffreys, A. Moffat (ed. by), Byzantine Papers. Proceedings of the First Australian Byzantine Studies Conference, Canberra 1981, 3242. J.D.C. Frendo, History and Panegyric in the Age of Heraclius: The Literary Background to the Composition of the Histories of Theophylact Simocatta, DOP 42, 1988, 143-156. 88 Niceph., opusc. (de Boor 22, 5); Thphn., chron. A.M. 6119 (de Boor 327, 25). La notizia della vittoria di Eraclio sui Persiani giunse fino a Fredegario attraverso gli ambasciatori inviati nel 629 dal re Dagoberto nell’impero d’Oriente. Scriveva Fredegario in chron. IV 64 in B. Krusch (hrsg. von), Chronicarum quae dicuntur Fredegarii Scholastici libri IV cum continuationibus, MGH SRM 2, Hannoverae 1954, p. 152, l. 16: Aeraclius imperatur arma sumens, telam priliae et falange a suis postergum preparatam relinquens, singolare 258 Pietrina Pellegrini attingere e ispirarsi. Teodoro Sincello, in un sermone pronunciato il 7 agosto del 627 per commemorare la vittoria di Eraclio sugli Avari che avevano tentato di assediare Costantinopoli, così interpretava le aspirazioni del suo sovrano: «‘Il Signore Dio ci dice: Difenderò questa città e la salverò per amore del mio nome e del mio servo David’ (Is 37, 34-35). Il nostro imperatore è come David per la pietà verso Dio e per la mansuetudine verso i sudditi; il Signore possa incoronarlo di vittorie come ha fatto con David, possa rendere il figlio che regna con lui saggio e amante della pace come Salomone, concedendogli certamen, ut novos Davit, procedit ad bellum. S.H. Wander, The Cyprus Plates and the Chronicle of Fredegar, DOP 29, 1975, 345-347. 89 J. Konidaris, Die Novellen des Kaisers Herakleios, Fontes Minores V, Frankfurt a.M. 1982, 33-106, in partic. 84. Sul significato della componente armena nell’elaborazione dell’ideologia imperiale in Eraclio è intervenuto I. Shahîd, The Iranian Factor in Byzantium during the Reign of Heraclius, DOP 26, 1972, 295-320. Alla critica avanzata su questa interpretazione da E. Chrysos, The Title basileuv" in Early Byzantine International Relations, DOP 32, 1978, 29-75, in partic. 31-34, Shahîd risponde nel suo: On the Titulature of the Emperor Heraclius, «Byzantion» 51, 1981, 288-296. Sempre sull’assunzione del titolo di basileuv" da parte di Eraclio cfr. inoltre O. Kresten, Oktateuch-Probleme: Bemerkungen zu einer Neuerscheinung, ByzZ 84-85, 1991-1992, 501-511, in partic. 504 n. 13; Id., Herakleios und der Titel basileuv", in Varia VII, Poikivla Buzantinav 18, Bonn 2000, 178-179. 90 A. Frolow, La Vraie Croix et les expéditions d’Héraclius en Perse, REByz 11, 1953, 88-105; V. Grumel, La Reposition de la Vraie Croix par Héraclius à Jérusalem. Le jour et l’année, in Wirth (hrsg. von), Polychordia, cit., 139-149; S.G. MacCormack, Art and Ceremony in Late Antiquity, Berkeley-Los Angeles-London 1981, 84-89. 91 J.D.C. Frendo, Classical and Christian Influences in the Heracliad of George of Pisidia, CB 62-64, 1986, 53-62; Cl. Ludwig, Kaiser Herakleios, Georgios Pisides und die Perserkriege, in Varia III, Poikivla Buzantinav 11, Bonn 1991, 73-128; M. Whitby, A New Image for a New Age: George of Pisidia on the Emperor Heraclius, in Dabrowa (ed. by), The Roman and Byzantine Army, cit., 197-225; Ead., George of Pisidia’s Presentation of the Emperor Heraclius and his Campaigns. Variety and Development, in Reinink, Stolte (ed. by), The Reign of Heraclius, cit., 157-173. F. Bariπicv, Le Siège de Constantinople par les Avares et les Slaves en 626, «Byzantion» 24, 1954, 371-395, in partic. 373 ss.; P.J. Alexander, The Strength of Empire and Capital as Seen through Byzantine Eyes, «Speculum» 37, 1962, 339-357, in partic. 346 ss. 92 Geo. Pis., Pers. I 112 in A. Pertusi (a cura di), Giorgio di Pisidia, Poemi, I, Panegirici epici, Studia Patristica et Byzantina 7, Ettal 1959, p. 89. 93 Geo. Pis., eracl. I 175 (Pertusi 248); Pers. II 104 e III 94 (Pertusi 101 e 120). 94 Geo. Pis., bell. Avar. 122 (Pertusi 181); Pers. III 404 (Pertusi 133). 95 Geo. Pis., bell. Avar. 49-57 (Pertusi 178-179). 96 Geo. Pis., eracl. I 29 (Pertusi 241); Pers. II 111-115 (Pertusi 102). 97 Geo. Pis., bell. Avar. 101-107 (Pertusi 180-181). 98 Geo. Pis., Pers. III 123 (Pertusi 103). 99 Geo. Pis., Pers. II 217 e III 145 (Pertusi 107 e 122). Il poeta racconta l’episodio di un soldato saraceno, condotto prigioniero in catene davanti all’imperatore e subito liberato, e la vicenda di un soldato persiano che, disertore del suo esercito, aveva deciso di combattere David come modello per l’imperatore 259 come al padre pietà e ortodossia»101. Le somiglianze fra la vita di David e le vicende dell’imperatore Eraclio erano, del resto, sorprendenti. Entrambi erano saliti al potere non attraverso una successione ordinaria: David era stato scelto dagli uomini di Ebron (II Sam 2, 4) e aveva dovuto combattere una lunga guerra civile contro il figlio di Saul prima di essere nominato re di Giuda e Israele (II Sam 2, 9); Eraclio aveva ucciso il legittimo imperatore Foca. Pur avendo scalzato dal trono odiosi tiranni, restavano degli usurpatori e se per legittimare il potere David era stato unto dal profeta Samuele (I Sam 16, 13), Eraclio si era fatto incoronare dal patriarca Sergio102. Le gloriose imprese contro gli infedeli e il valore in guerra avevano assicurato loro, grazie alla protezione divina, straordinari successi sui nemici. Avevano potuto così recuperare i simboli sacri delle loro religioni: l’Arca dell’Alleanza e la Vera Croce103. Ma anche le colpe avvicinavano le vite dei due sovrani. David si era unito con Betsabea, già sposa di Uria, ed era stato punito con la morte del figlio nato da quell’amore peccaminoso. Eraclio, dopo la morte della sua prima moglie Fabia/Eudocia, aveva sposato la nipote Martina104 da cui ebbe nove figli, quattro morti in tenera età e i due maggiori nati deformi: l’opinione pubblica considerò la malattia della prole come la giusta condanna divina per l’unione illecita105. Come conseguenza dei loro matrimoni, David ed Eraclio ebbero problemi di successione: Adonia, uno dei figli di David, cospirò contro Salomone, l’erede designato (I Reg 1, 5), e alla morte di Eraclio l’impero fu sconvolto da una sanguinosa lotta di potere tra i suoi figli. Negli ultimi anni del suo regno, inoltre, Eraclio, dopo aver con Eraclio salvo poi tornare con i Persiani quando sembrava che questi stessero prevalendo nuovamente in battaglia. Non appena si avvide di aver valutato malamente le sue scelte, tornò da Eraclio, il quale lo accolse e subito fu salvo. 100 Geo. Pis., eracl. II 24 (Pertusi 252); Pers. III 428 (Pertusi 134). 101 Teod. Sync., hom. 320 in L. Sternbach (ed. by), Theodorii Syncelli. Homilia de bello Avarico. De Georgii Pisidae apud Theophanem aliosque historicos reliquiis. De Georgii Pisidae fragmentis a Suida servatis, Observationes in Pisidae carmina historica, Analecta Avarica, in Rozprawy Akademii Umiejetnoπci, Wydzia¬ Filologiczny ser. 2, 15, Krakow 1900, 298-333 (= F. Makk, éd. par, Traduction et commentaire de l’Homélie écrite probabilment par Théodore le Syncelle sur le Siège de Constantinople en 626. Appendice: Analecta Avarica de L. Sternbach, Szeged 1975, par. 52, l. 19): «tavde levgei kuvrio" oJ Qeo;" hJmw'n: uJperaspiw' uJpe;r tauvth" th'" povlew" tou' sw'sai aujth;n di j ejme; kai; dia; Dabi;d to;n pai'dav mou». Dabi;d ga;r kai; oJ hJmevtero" basileu;" th'/ te eujsebeiva/ th'/ pro;" to; qei'on kai; th'/ pro;" tou;" uJphkovou" praovthti: ajlla; kai; nivkai" aujto;n kaqa; to;n Dabi;d stefanwvsoi oj kuvrio", pai'dav te to;n su;n aujtw'/ basileuvonta sofo;n a{ma kai; eijrhniko;n kata; Solomw'nta poihvseien, carizovmeno" aujtw'/ kaqa; kai; patri; to; eujsebe;" kai; ojrqovdoxon. 260 Pietrina Pellegrini perso i territori da poco conquistati sotto i colpi dell’avanzata musulmana, indisse un censimento del suo popolo al fine, probabilmente, di verificare l’entità delle forze a sua disposizione. Era lo stesso provvedimento preso da David contravvenendo al divieto del Signore e suscitandone l’ira (II Sam 24, 1-17)106. L’intensificarsi delle relazioni di Bisanzio con le frontiere orientali durante il VII secolo aveva arricchito la teologia imperiale di nuovi motivi ideologici. Eraclio, dopo la conquista della Grande Armenia e della regione che era appartenuta ai Persiani, mise in atto una graduale assimilazione dei temi e delle immagini delle monarchie orientali al fine di accrescere e consolidare la sua posizione nei territori da poco annessi presentandosi come un liberatore. È stato convincentemente dimostrato come all’origine dell’assunzione del titolo di basileus da parte di Eraclio ci sia una componente armena107. L’Armenia, divisa fra l’Oriente iranico e l’Occidente cristiano, aveva accolto la tradizione della regalità biblica e se ne era servita per rivendicare la propria indipendenza contro i nuovi Filistei: Persiani e Bizantini108. I re d’Armenia e di Iberia, il piccolo regno divenuto Georgia dopo la cristianizzazione109, si riconoscevano discendenti di David e il nome dell’eroe biblico era utilizzato come patronimico da alcune case regnanti110. Ora Eraclio, figlio di un ufficiale armeno che aveva servito in Africa sotto Maurizio111, aveva più volte manifestato il suo interesse verso questa regione di confine dell’impero. Dall’Armenia aveva condotto le sue opeThphn., chron. A.M. 6102 (de Boor 299, 9); Chron. Pasch., 701, 11, L. Dindorf (hrsg. von), CSHB, Bonn 1832. J. Howard-Johnston, The Siege of Constantinople in 626, in C. Mango, G. Dagron (ed. by), Constantinople and its Hinterland, Aldershot 1995, 131-142. 103 Geo. Pis., res. 73-75 (Pertusi 228). 104 Thphn., chron. A.M. 6102 e A.M. 6105 (de Boor 298, 21 e 300, 26); Niceph., opusc. (de Boor 7, 12 e 14, 15). L. Garland, Byzantine Empresses. Women and Power in Byzantium AD 527-1204, London-New York 1999, 61-72, 255-257; L. James, Empresses and Power in Early Byzantium, Leicester 2001. 105 Niceph., opusc. (de Boor 14, 26). Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino, cit., 9899. 106 Theodorus Skutariotes, Suvnoyi" cronikhv, in C. Sathas, Mesaiwnikh; biblioqhvkh 7, Paris 1894, p. 110, l. 5-7: Ou|to" oJ basileu;" (scil. Eraclio) ajpografh;n ejkevleuse genevsqai, kai; khnseuqh'nai pa'san th;n ÔRwmaiükh;" ejpikrateiva" gh'n, dia; Filagrivou, kai; Koubikoularivou, kai; Sakelarivou. W.E. Kaegi Jr., A Neglected Census of Heraclius, Sixteenth Annual Byzantine Studies Conference, Abstract of Papers, Baltimore, Maryland 1990 (www.byzconf.org/1990abstract); Ludwig, Kaiser Herakleios, Georgios Pisides und die Perserkriege, cit. 107 P. Charanis, The Armenians in the Byzantine Empire, «Byzantinoslavica» 22, 1961, 196-240. Sul conflitto fra bizantini e persiani e sul contributo delle fonti armene cfr. J. Howard-Johnston, Armenian Historians of Heraclius. An Examination of the Aims, Sources and Working-methods of Sebeos and Movses Daskhurantsi, in Reinink, Stolte (hrsg. von), 102 David come modello per l’imperatore 261 razioni militari contro i Persiani e armeni erano i soldati dei contingenti più importanti del suo esercito112. In Armenia si era ritirato dopo la vittoria di Ninive e la volontà di comporre i problemi teologici che dividevano la chiesa locale dal seggio di Costantinopoli lo aveva risolto a convocare un sinodo a Teodosiopoli nel 633113. Eraclio accolse le idee della regalità orientale, che, elaborate dai teologi greci, furono alla base della concezione dell’impero bizantino. Al termine della guerra persiana Eraclio, imperatore di Bisanzio, paragonandosi a David, aveva inteso incarnare il ruolo di liberatore, identificarsi con l’immagine del sovrano ideale che mette la sua vita a servizio del popolo, continuare la tradizione del regno israelitico, presentarsi come discendente spirituale del primo imperatore cristiano. David e Costantino erano i precursori dell’impero e le loro gesta ispirarono le grandi linee della politica bizantina: la difesa dell’ortodossia tra i popoli, la diffusione della vera fede nei paesi sottomessi, la vittoria sui nemici, l’ereditarietà del regno. Queste stesse idee trovarono in Occidente la loro piena affermazione nell’età carolingia114. Nel 751 Pipino il Breve depose l’ultimo dei re merovingi e, per avallare l’usurpazione, nel 753 si fece consacrare da papa Stefano II assumendo quell’appellativo di David che da allora venne utilizzato per indicare i sovrani della dinastia carolingia115. La trasmissione degli elementi bizantini della regalità al medioevo oc- The Reign of Heraclius, cit., 41-62. R. Grousset, Histoire de l’Arménie des origines à 1071, Paris 1947, in partic. per l’Armenia durante il regno di Eraclio pp. 273-287. 109 Per un orientamento bibliografico sulla storia culturale, religiosa e politica georgiana cfr. B. Outtier, Langue et littérature géorgiennes, in M. Albert et alii (éd. par), Christianismes orientaux: introduction à l’étude des langues et des littératures, Paris 1993, 261-296. Per la storia politica della Georgia cfr. D. Braund, Georgia in Antiquity: a History of Colchis and Transcaucasian Iberia 550 BC – AD 562, Oxford 1994, in partic. sulla Georgia nella Tarda Antichità 268-314. 110 Const. Porph., adm. imperio 45 in I. Bekker (hrsg. von), Constantinus Porphyrogenitus, De administrando imperio, CSHB, Bonn 1840, p. 197, l. 16 riferisce che gli Iberi vantavano la loro discendenza da David attraverso la moglie Uria. Sulla pretesa discendenza davidica della dinastia dei Bagratidi cfr. W.E.D. Allen, A History of the Georgian People. From the Beginning down to the Russian Conquest in the Nineteenth Century, London 1932, 95-108; Z. Avashvili, The Cross from Overseas, «Georgica» 1, 1936, 3-11, in partic. 10; W.E. Kaegi, Byzantium, Armenia, Armenians, and Early Islamic Conquests, in Id., Byzantium ant the Early Islamic Conquests, Cambridge 1992, 181-294. Sulla letteratura armena, sugli strumenti di lavoro e per un orientamento bibliografico sui principali studi cfr. Ch. Renoux, Langue et littérature arméniennes, in Albert et alii (éd. par), Christianismes orientaux, cit., 107-166. 111 Thphyl., hist. III 1, 1 (de Boor 109, 1). C. Diehl, L’Afrique byzantine. Histoire de la 108 262 Pietrina Pellegrini cidentale avveniva in gran parte per il tramite dei Franchi. Pellegrini Pietrina Università della Basilicata domination byzantine en Afrique (533-709), Paris 1896, 517; A. Pernice, L’imperatore Eraclio, Firenze 1905, 25; H. Grégoire, An Armenian Dynasty on the Byzantine Throne, «The Armenian Quarterly» 1, 1946, 4-21; P. Lemerle, Quelques remarques sur le règne d’Héraclius, StudMed s. III, 1-2, 1960, 347-361. 112 W.E. Kaegi, Two Studies in the Continuity of Late Roman and Byzantine Military Institutions, ByzF 8, 1982, 87-113. 113 Narratio de rebus Armeniae 121-122 in G. Garitte (éd. par), La narratio de rebus Armeniae, CSCO 132, Subsidia 4, Louvain 1952, p. 43, commento alle pp. 302-311. K. Sarkissian, The Council of Chalcedon and the Armenian Church, London 1965; L. Zekyan, La rupture entre les Église géorgienne et arménienne au début du VIIe siècle, REArm n.s. 16, 1982, 155-174; C. Mango, Deux études sur Byzance et la Perse sassanide, II, Héraclius, ∏ahrvaraz et la Vraie Croix, T&MByz 9, 1985, 91-118, in partic. 105-117. Sulla cerimonia della restituzione della vera Croce da parte di Eraclio rappresentata nella cattedrale di Mren e sulle chiese armene fatte costruire da Eraclio cfr. N. Thierry, Héraclius et la Vraie Croix en Arménie, in J.-P. Mahé, R.W. Thomson (ed. by), From Byzantium to Iran. Armenian Studies in Honour of Nina G. Garsoïan, Atlanta 1997, 165-186. 114 P. Riche, Le Bible et la vie politique dans le haut Moyen Age, in P. Riche, G. Lobrichon (éd. par), Le Moyen Age et la Bible, Paris 1984, 385-399; H. Fichtenau, L’Impero carolingio, trad. it., Roma-Bari 1972, 92-94; J.M. Wallace-Hadrill, The Via Regia of the Carolingian Age, in B. Smalley (ed. by), Trends in Medieval Political Thought, Basil 1965; Anton, Fürstenspiegel, cit., 419-468; J.L. Nelson, The Lord’s Anointed and the People’s Choice: Carolingian Royal Ritual, in D. Cannadine, S. Price (ed. by), Rituals of Royalty. Power and Ceremonial in Traditional Societes, Cambridge 1987, 137-180; M. Garrison, The Franks as the New Israel? Education for an Identity from Pipin to Charlemagne, in Y. Hen, M. Innes (ed. by), The Uses of the Past in the Early Middle Ages, Cambridge 2000, 114-161. 115 Codex Carolinus 39, in W. Gundlach (hrsg. von), MGH Epp. 3, p. 552, l. 8: Novus quippe Moyses novusque David in omnibus operibus suis affectus est christianissimus et a Deo protectus filius et spiritalis compater, domnus Pippinus, Dei nutu victoriosissimus David come modello per l’imperatore 263 rex, per quem exaltata Dei ecclaesia triumphat et fides catholica ab haereticorum telo inlibata consistit. E.H. Kantorowicz, Laudes Regiae. A Study in Liturgical Acclamations and Mediaeval Ruler Worship, Berkeley-Los Angeles 1958, 56-70; H. Steger, David Rex et Propheta. König David als vorbildliche Verkörperung des Herrschers und Dichters des Mittelalters nach Bilddarstellung des achten bis zwölften Jahrhunderts, Nürnberg 1961; P.E. Schramm, Das Alte und das Neue Testament in der Staatslehre und Staatssymbolik des Mittelalters, in La Bibbia nell’Alto Medioevo, Settimane di studio del CISAM, 10, Spoleto 1963, 229-255, in partic. 235-240; S. 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