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STUDI PER IL RIUSO DELL’OSPEDALE PSICHIATRICO DI COMO

2024, CITTÀ CHE SI ADATTANO? ADAPTIVE CITIES? edited by Rosa Tamborrino

The paper deals with the issues involved in the reuse of Como Psychiatric Hospital, built 1878- 1882, adapted to new functions after Basaglia law, currently used only for a small part and badly maintained. The focus is on the identification of some characters, which should be conserved and elaborated in a coevolutionary reuse perspective, and the aim is also to highlight some opportunities given by the typology of the buildings, which could allow an easier and sustainable reuse.

Aisu International Associazione Italiana di Storia Urbana CITTÀ CHE SI ADATTANO? ADAPTIVE CITIES? 4 TOMI BOOKS |1 INSIGHTS 4 CITTÀ CHE SI ADATTANO? ADAPTIVE CITIES? a cura di edited by Rosa Tamborrino 1 Adattabilità o incapacità adattiva di fronte al cambiamento Adaptability or Adaptive Inability in the Face of Change a cura di / edited by Cristina Cuneo 2 Adattabilità in circostanze ordinarie Ordinary Conditions Adaptability a cura di / edited by Chiara Devoti, Pelin Bolca 3 Processi urbani di adattamento e resilienza tra permanenza e precarietà Urban Processes of Adaptation and Resilience Between Permanence and Precariousness a cura di / edited by Andrea Longhi 4 Strategie di adattamento e patrimonio critico Adaptive Strategies and Critical Heritage a cura di / edited by Rosa Tamborrino CITTÀ CHE SI ADATTANO? ADAPTIVE CITIES? TOMO BOOK 1 ADATTABILITÀ O INCAPACITÀ ADATTIVA DI FRONTE AL CAMBIAMENTO ADAPTABILITY OR ADAPTIVE INABILITY IN THE FACE OF CHANGE a cura di edited by Cristina Cuneo Collana Editoriale / Editorial Series Insights Direzione / Editors Elena Svalduz (Presidente AISU / AISU President 2022-2026) Massimiliano Savorra (Vice Presidente AISU / AISU Vice President 2022-2026) Comitato Scientifico / Scientific Committee Pelin Bolca, Alfredo Buccaro, Donatella Calabi, Giovanni Cristina, Cristina Cuneo, Marco Folin, Ludovica Galeazzo, Emanuela Garofalo, Paola Lanaro, Andrea Longhi, Andrea Maglio, Emma Maglio, Elena Manzo, Luca Mocarelli, Heleni Porfyriou, Marco Pretelli, Fulvio Rinaudo, Massimiliano Savorra, Donatella Strangio, Elena Svalduz, Rosa Tamborrino, Ines Tolic, Stefano Zaggia, Guido Zucconi (Organi di governo AISU / AISU Commettees 2022-2026) Città che si adattano? / Adaptive Cities? a cura di / edited by Rosa Tamborrino Progetto grafico e Impaginazione testi / Graphic design and Layout Luisa Montobbio Aisu International 2024 Direttrice Editoriale / Editorial Director Rosa Tamborrino Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http:// creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/4.0/ o spedisci una lettera a Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA. Citare con link a: https://aisuinternational.org/collana-proceedings/ This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International License. To view a copy of this license, visit http://creativecommons.org/licenses/by-ncsa/4.0/ or send a letter to Creative Commons, PO Box 1866, Mountain View, CA 94042, USA. Please quote link: https://aisuinternational.org/en/collana-proceedings/ Prima edizione / First edition: Torino 2024 ISBN 978-88-31277-09-9 AISU international c/o DIST (Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio) Politecnico di Torino, viale Pier Andrea Mattioli n. 39, 10125 Torino https://aisuinternational.org/ 950 doi: xxxxxxxxxxxxx STUDI PER IL RIUSO DELL’OSPEDALE PSICHIATRICO DI COMO Stefano Della Torre Abstract The paper deals with the issues involved in the reuse of Como Psychiatric Hospital, built 18781882, adapted to new functions after Basaglia law, currently used only for a small part and badly maintained. The focus is on the identification of some characters, which should be conserved and elaborated in a coevolutionary reuse perspective, and the aim is also to highlight some opportunities given by the typology of the buildings, which could allow an easier and sustainable reuse. Keywords Como Psychiatric Hospital, typology, reuse, coevolution Introduzione Questo contributo nasce da una esperienza di qualche anno fa, svolta in ambito didattico e tradotta dall’Area Tecnico Edilizia in un progetto cantierabile, che non fu finanziato per una scelta politica: sicché l’area dell’ex ospedale psichiatrico provinciale di Como rimane un problema aperto per la città. La storia del S. Martino, detto così non per dedicazione al Santo di Tours ma per la localizzazione nei pressi di un ospedaletto medievale così intitolato, è stata già ben indagata (Simioli 2013), e ripete in modo quasi imbarazzante i caratteri degli ospedali psichiatrici provinciali costruiti in Italia nel secondo Ottocento, e le tipiche vicende lungo il Novecento fino alle fasi di deistituzionalizzazione e al successivo abbandono. Anche i progetti e le discussioni sulle opzioni di ristrutturazione o rigenerazione dell’area sembrano seguire un copione consueto. Il complesso fu costruito in tre anni, tra il 1879 e il 1882. Dei vari progetti, preparati a partire dal 1870, si sottolinea l’espressa attenzione tributata ad altri esempi. Nel 1872 si fece esplicito riferimento al tipo a padiglioni connessi da porticati del nuovo manicomio di Imola, progettato da Antonio Cipolla (Portoghesi 2012). Imola era in quegli anni un modello riconosciuto: come è noto, a Imola, dal 21 al 28 settembre 1874, si tenne il primo congresso della Società freniatrica, fondata l’anno precedente e divenuta dopo il 1932 la Società italiana di psichiatria (Peloso 2015). In seguito, nel 1877, i progettisti incaricati, gli ingegneri comaschi Luzzani e Casartelli si documentarono guardando ai manicomi di Mombello, Voghera, Venezia e Genova e, non a caso, al carcere di S. Vittore di Milano, allora in costruzione. Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como 951 1: Schema dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Como, a stampa. Il primo nucleo fu infine realizzato secondo uno schema di elementare semplicità, costituito da quattro padiglioni identici, riservati alle quattro categorie di degenti derivanti dai criteri di genere (maschi/femmine) e di malattia (degenti “quieti e mezzo quieti” e degenti “furiosi, irrequieti, sucidi ed epilettici”). Tra i padiglioni dei rispettivi comparti erano poste cucine e refettori sdoppiati per maschi e femmine, e lungo l’asse centrale i servizi comuni di direzione, medicina e lavanderia. L’insieme risultò alquanto compatto, benché posto al centro di un’estesa area verde, che sarebbe stata interessata dai successivi ampliamenti. Si possono infatti seguire negli anni, attraverso svariati resoconti periodici, le evoluzioni delle tecniche mediche e degli spazi, con l’aggiunta delle celle di isolamento e le strutture utili per l’ergoterapia e l’autosufficienza della cittadella manicomiale. Il processo di deistituzionalizzazione seguì anche a Como le tappe imposte dalla diffusione di una nuova consapevolezza, con l’impegno in particolare della Provincia in quanto Ente responsabile e con una notevole mobilitazione di attivisti e del territorio (ASVAP-COMO 1999). Ancor prima della riforma del 1980, si volle avviare la transizione nella direzione annunciata: « proprio per il fatto che in vista della riforma si profilava l’uscita di scena della Provincia ... dalla gestione della psichiatria, era doveroso preparare il passaggio delle competenze, consegnando strutture il meno vergognose 952 Stefano Della Torre possibile», scrive l’allora assessore provinciale alla Sanità, Mario Mascetti, rivendicando l’apprezzamento ottenuto in un colloquio con Franco Basaglia (Mascetti 2012, 76-77). Questo intervento per rendere le strutture meno “vergognose” non valse a rimuovere lo “stigma”, me indubbiamente operò per mitigarlo, sovrapponendo l’immagine di un nuovo impegno. Sul piano fisico, si ebbe un intervento di “manutenzione straordinaria” che consegnò agli anni futuri nuove finiture, nuove infissi, nuovi manti di copertura in tegole marsigliesi, una torre montalettighe esterna per ogni padiglione... Non tutte le inferriate dei reparti “irrequieti” furono rimosse, ma si fece di tutto per consegnare agli anni di transizione e al futuro l’immagine di un luogo di cura e non di detenzione. La transizione non fu breve, e la chiusura definitiva si ebbe nel 1999. Da allora il complesso ospita alcune funzioni sociosanitarie, altre funzioni sono allocate nel parco, ma la maggior parte degli spazi è in abbandono. 2: Un progetto di riforma e ampliamento del 1908. Como, Archivio Amministrazione Provinciale (in riordino). Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como 953 Non mancò in questo processo la ricerca e riflessione storica (Giudice 2009), l’attenzione alle immagini attraverso gli scatti fotografici e la ricerca iconografica di Gin Angri (Angri, Fogliaresi 2008; Angri 2018), e non mancarono i progetti, tra cui si ricorda quello redatto nel 1986 da Clemente Tajana con i fratelli Petrilli (Petrilli 1988; Tajana 1988), e le discussioni anche di notevole livello (Ferrario, Gerosa, Valli 1985). Nei primi anni Duemila l’ipotesi di fare del S. Martino un campus universitario, ventilata già negli anni Settanta, si era fatta strada, pur con diverse opinioni. La indecisione amministrativa e il progressivo abbandono sembrano a loro volta aver seguito una traiettoria comune a molti altri casi, che è quella documentata dagli studi del Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento. Atlante del patrimonio storico-architettonico ai fini della conoscenza e della valorizzazione, coordinato da Cettina Lenza (Airoldi et al. 2013). Anche la proposta di dare ai vecchi edifici la funzione di campus universitario trova non pochi altri esempi (Zanzottera 2018), non solo in Italia. In realtà, però, il caso era stato come tema didattico per la sua valenza internazionale, in quanto le problematiche riscontrate sul caso di Como, in Italia o in giro per il mondo sono del tutto analoghe, e questo metteva a disposizione testi e riferimenti internazionali facilmente accessibili per studenti di diversa provenienza. Si allude in particolare, tra i moltissimi, ai lavori del team anglo-neozelandese-canadese composto da Alun Joseph, Robin Kearns e Graham Moon, ricchi di elaborazioni metodologiche (Kearns, Joseph, Moon 2015). Non è questa la sede per discutere eventuali particolarità nazionali, al di là dei provvedimenti legislativi, o locali, che chiaramente esistono. Certo la portata internazionale dei fenomeni storici in gioco non può essere trascurata (Lenza 2017), e in realtà il tema può essere inquadrato nella problematica più ampia del patrimonio “difficile”, portatore di memorie negative o comunque problematiche, per ragioni storiche, culturali, politiche (ex multis: Pendlebury, Wang, Law 2018). Il progetto approntato con i miei studenti, e con la collaborazione di ottimi colleghi del mio dipartimento ABC (Antonio Capsoni per le strutture, Nicolò Aste e Claudio Del Pero per gli aspetti energetici), nacque anche da una sfida: secondo alcuni amministratori, il riuso delle strutture ottocentesche non era conveniente, e sarebbe stato meglio demolirle e costruire nuovi edifici. Sfida accettata proprio sul piano dei costi, a prescindere dai valori culturali e di memoria. Ci ponemmo l’obiettivo di dimostrare che recuperare sarebbe costato di meno in termini di intervento, e con costi di gestione molto contenuti: quasi zero sul piano energetico, con ottima funzionalità. L’aspetto valoriale, simbolico, strategico, rimaneva in secondo piano, anche perché il progetto riguardava soltanto un primo lotto, e lasciava agli sviluppi successivi molti gradi di libertà. Il tema dello “stigma” aveva preso tempo e spazio nel percorso didattico, ma poco o nulla di queste riflessioni era passato nel piano di prefattibilità e nel progetto elaborato in vista d’una possibile realizzazione. Pertanto l’articolo toccherà in successione tre punti: le risorse offerte dai caratteri tipologici degli ospedali psichiatrici in vista del loro recupero funzionale; la valorizzazione del senso del luogo come tema critico legato al concetto di coevoluzione; il rapporto di questo tema con gli aspetti metodologici della rigenerazione delle aree degli ex ospedali psichiatrici. 954 Stefano Della Torre Risorse per un riuso sostenibile tipiche degli edifici manicomiali Senza entrare nel dettaglio delle elaborazioni didattiche e del progetto approntato, mette conto evidenziare alcuni punti, proprio perché riguardano risorse che sono tipiche dei complessi manicomiali. Il primo punto riguarda la destinazione: al di là del facile umorismo sulla poca differenza sostanziale tra manicomi e università, la scelta di trasformare gli ospedali psichiatrici in strutture educative risulta spesso gradita alle comunità e a una parte degli amministratori perché comporta un (rinnovato e diversificato) impegno pubblico, che individua le aree verdi come risorsa in sé e non come aree di sviluppo edilizio, e introduce anche qualche buona ragione per assumere gli oneri di manutenzione del verde. E le aree verdi sono una caratteristica tipica degli ospedali psichiatrici ottocenteschi non meno che oggetto di forti appetiti dal momento che l’espansione urbana ha generalmente reso le loro localizzazioni semicentrali e strategiche. Il secondo punto riguarda gli aspetti strutturali. Le solide strutture in muratura portante, con ragguardevoli spessori, si dimostrano capaci di reggere le necessarie sollecitazioni senza bisogno di consolidamenti onerosi. 3: Tavola di progetto relativa allo studio impiantistico. Politecnico di Milano, Architectural Preservation Studio, a.a. 2012/2013, docenti proff. S. Della Torre, G. Cardani, S. Duvernoy, Gruppo 2 (studenti Elena Ghetti, Filippo Giano, Giacomo Gola, Enrico Guidetti, Giulia Macheda, Irene Mastro). Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como 955 Il terzo punto riguarda gli aspetti energetici. Il ragionamento partì dalle massicce strutture in pietrame, e dalla loro alta inerzia termica, che sconsigliava un sistema di riscaldamento a frequenti transitori. Si pensò quindi a un sistema integrato di pavimenti radianti, per mantenere gli ambienti ad una temperatura costante, e ad aria per seguire gli orari di presenza negli ambienti. La praticabilità di questa soluzione doveva essere verificata rispetto ai requisiti di conservazione dell’edificio, o in altre parole rispetto al principio di minimo intervento, considerato anche dal punto di vista dei costi. L’inserimento di pavimenti radianti avrebbe comportato o la completa rimozione dei pavimenti esistenti, in gran parte rifatti negli anni Settanta, o l’aggiunta di un pavimento galleggiante sopralzato. Questa seconda opzione, di solito problematica per l’impatto sulle quote d’interpiano, risultò del tutto praticabile in quanto non solo i locali e le porte sono di notevole altezza, ma soprattutto i davanzali delle finestre del manicomio sono altissimi per ragioni di sicurezza. Quindi rialzare tutti i piani di calpestio di un’alzata, senza toccare i pavimenti, era facile, e ovviamente integrato con le scale esistenti, e avrebbe favorito la disposizione di tutti gli altri impianti necessari per le aule didattiche. La trasmittanza delle pareti, di grande spessore, risultava soddisfacente, non altrettanto quella dei serramenti, rifatti negli anni Settanta e di bassa qualità. Se ne prevedeva pertanto la sostituzione con serramenti performanti. Sistemato il sistema di distribuzione, rimaneva il tema dell’approvvigionamento energetico. Anche in questo caso il ragionamento partì dall’esame dell’esistente. Il tetto rifatto negli anni Settanta senza coibentazione richiederebbe comunque un intervento esteso, che apre a cambiamenti, tra cui l’inserimento di un sistema fotovoltaico parve ottimale, anche per la possibilità di realizzare in questo modo intere falde, con un effetto figurativo e paesaggistico ben controllato. Una simile estensione di pannelli fotovoltaici potrebbe produrre abbastanza energia da alimentare le pompe di calore nel sottotetto per entrambe le componenti del sistema di climatizzazione e anche per buona parte delle altre esigenze energetiche dell’edificio, abbattendo i futuri costi di gestione. Riuso e coevoluzione Il progetto approntato risultava, almeno sulla carta, convincente dal punto di vista della economicità, della fattibilità, e anche della minima trasformazione del dato materiale dell’esistente, peraltro già compromesso dall’intervento degli anni Settanta, che aveva aperto opportunità di trasformazione. Di fatto gli interventi previsti erano davvero limitati, e la corrispondenza tra i requisiti e le possibilità dell’edificio davvero soddisfacente. Restavano da definire questioni sicuramente rilevanti sulla qualità architettonica delle aggiunte, ma gli spazi offerti e le connessioni risultavano ben dimensionati e gradevoli dal punto di vista della illuminazione, e perfino della valorizzazione delle strutture voltate a pian terreno. La elaborazione concettuale sul riuso dell’ospedale psichiatrico non trovava però rispondenza in un progetto di pur attenta rifunzionalizzazione, in quanto la nuova funzione comportava sì la conservazione materiale dell’edificio, ma non metteva in gioco il 956 Stefano Della Torre valore del senso del luogo o della sua atmosfera. Sembrava cioè di aver ottenuto il risultato prefisso, ma di non aver colto pienamente le opportunità e le ragioni della scelta di conservare anziché demolire e ricostruire, o per meglio dire di non aver sfruttato tutto il potenziale valore aggiunto di abitare un’architettura carica di storia, e sia pure di una storia problematica. In altri termini, si era attuato un esempio di adaptive reuse, magari corretto, dando alla struttura esistente una possibilità di futuro, senza però fare in modo che in questo futuro i valori del luogo giocassero una parte significativa. Lo “stigma” di cui avevamo parlato (Kearns, Joseph, Moon 2012) era stato non solo superato, ma addirittura rimosso. Una prima riflessione ha riguardato quindi il tema della atmosfera del luogo, che in altri casi ha costituito proprio il focus di un progetto: oggi possiamo pensare al caso del museo Lombroso di Reggio Emilia (Tagliabue 2013; Lanz 2020). Forse la mancata attenzione alla problematica dell’eterotopia come generatrice di una atmosfera ha reso il progetto carente sotto il profilo della sostenibilità culturale. Ma a parte il fatto che la soluzione museale difficilmente può riguardare interi complessi e si limita a singoli spazi (Lenza 2017, 85), probabilmente l’intervento degli anni Settanta aveva mitigato l’atmosfera del luogo al punto da renderla troppo poco caratterizzata per essere un fattore di suggestione progettuale. In qualche modo, la fase storica più recente aveva già agito come memoria selettiva. La attenta minimizzazione dell’intervento di riuso, d’altra parte, consente di costruire per il futuro strutture ben adeguate alla funzione, organizzate secondo schemi piuttosto rigidi nella loro razionalità. La questione quindi, molto opportuna sul piano didattico, si è spostata sul rapporto tra architettura e fruitore, con riferimento all’architettura per l’educazione. Nel mio ricordo, non fu facile suscitare tra quegli studenti un atteggiamento critico nei confronti dell’istituzione, preoccupato dei valori in gioco quando si parla di democrazia, cittadinanza, poteri. Ma è anche diffuso tra gli studenti di architettura un atteggiamento fideistico nei confronti del progetto come strumento di cambiamento delle cose, e qui la questione diviene strettamente disciplinare. Il riuso di un edificio o di un complesso urbano si pone a cerniera tra il passato e il futuro, ma questo futuro è da scrivere. Indagare il passato e riconoscere le memorie del luogo è importante, ma non può servire a dare input per un progetto che si pretende risolutore. Questo metodo funziona per le esigenze di oggi, ma spesso non produce realtà capaci di elaborare le potenzialità dell’esistente per un futuro a più lungo termine. Il semplice adattamento dell’esistente a nuove esigenze e idee progettuali spesso non costruisce le condizioni per la futura vitalità. Si richiede un cambio di mentalità e di paradigma, che è quello che abbiamo proposto con la riflessione teorica sulla alternativa tra adattamento e coevoluzione (adaptive vs coevolutionary reuse). Il concetto di coevoluzione è stato recentemente sempre più spesso richiamato con riferimento alle pratiche di rigenerazione urbana (ex multis: Gerrits, Teisman 2012; van Knipperberg, Boonstra 2022), anche introducendo la interessante categoria di coevolutionary resilience (Brunetta et al. 2019; Haider et al. 2021). Tuttavia, nella maggior parte dei casi l’accento viene posto sul carattere dialogico e inclusivo delle pratiche, il che è Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como 957 importantissimo, ma non si insiste sulla retroazione che a lungo termine il patrimonio, per la sua sola esistenza e persistenza, produce sul contesto (Della Torre 2019). Proprio in questo senso, l’approccio coevoluzionista si differenzia dalla sostanziale wertfreiheit (indifferenza ai valori) tipica del cosiddetto adaptive reuse, dove la stessa scelta lessicale parla di adattamento del patrimonio storico ad una evoluzione eterogena, e ineluttabile, e non di quella dialettica tra persistenza e mutazione che costituisce l’anima disciplinare della disciplina del Restauro/Conservazione. Del resto, anche senza usare il termine coevoluzione, gli studi più avvertiti hanno introdotto ragionamenti sul patrimonio come organismo complesso, reattivo al contesto in termini dialettici in quanto portatore di un valore intrinseco (Fusco Girard, Vecco 2021). Un simile cambio di approccio comporta che il riuso non possa essere pensato banalmente come un progetto per rispondere a esigenze di adattamento, ma debba essere inteso come una costruzione complessa e multiscalare, che comprende e sostanzia il progetto di restauro, ma lavora anche e soprattutto sul programma delle funzioni e sulle dinamiche economiche, culturali e sociali della gestione prossima futura. Contro ogni ipotesi di corto circuito tra lettura storica e progettazione architettonica, si attua uno spostamento dal progetto architettonico al programma, da costruire con strumenti multicriteriali, sia nella valutazione ex ante delle opzioni (e.g.: Moioli et al. 2019) sia nella valutazione degli impatti, da vedere in ottica di economia circolare come approfondito dal progetto CLIC – Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse. Conclusioni Il caso studio è parso adeguato per analizzare le criticità di processi di riuso e riqualificazione che, pur rispondendo a requisiti di sostenibilità, affrontino temi di patrimonio di grandi potenzialità ma anche “difficile” con ottica parziale e privilegiando singole componenti della sostenibilità. Il limite non sta tanto nella parzialità del progetto di riuso, quanto nella incapacità della singola parte di attivare una rigenerazione complessiva. Per questo è necessario un programma di lungo periodo, costruito con visione allargata e strumenti di partecipazione, e comprendente i fattori necessari per attivare future collaborazioni produttive: ad esempio il mix funzionale e un ben inteso piano di gestione. Questo può comportare scarti anche bruschi rispetto al passato, reinterpretazioni radicali: ma nei processi di coevoluzione non si misura tanto il grado di continuità, quanto la permanenza, o l’incremento, della capacità del bene culturale di essere una presenza attiva e ispiratrice. Bibliografia AJROLDI, C., CRIPPA, M.A., DOTI, G., GUARDAMAGNA, L., LENZA, C., NERI, M.L., a cura di (2013). I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento, Milano, Electa. ANGRI, G. (2018). Donne cancellate. Foto dall’archivio dell’Ospedale psichiatrico San Martino di Como (1882- 1948), Como, Oltre il giardino libri. 958 Stefano Della Torre ANGRI, G., FOGLIARESI, M. (2008). Le stagioni del San Martino, Barzago, Marna. ASVAP-COMO (1999). La fine dell’istituzione totale. La partecipazione dei familiari alla chiusura e al superamento del manicomio S. Martino di Como, Lodi, Tipolitografia Massaroli. 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Dismissioni e trasformazioni degli ex ospedali psichiatrici nel nord-est italiano, in «Palladio», 61-62, pp. 97-104. doi: xxxxxxxxxxxxx 1049 INDICE / TABLE OF CONTENTS Interrogarsi su capacità adattive e crisi passate in un mondo di nuove sfide: istruzioni in breve Questioning Adaptive Factors and Past Crises in a World of New Challenges: Brief Instructions V Rosa Tamborrino INDICE GENERALE OVERALL TABLE OF CONTENTS XXVII TOMO / BOOK 1 Le sfide dell’adattabilità tra crisi e grandi cambiamenti post-traumatici The Challenges of Adaptability Amid Crisis and Major Post-Traumatic Changes 3 1.01 9 Cristina Cuneo Urbs e/o civitas. Città e cittadinanza alla prova dei cambiamenti traumatici Urbs and/or Civitas. Cities and Citizenships Under the Threat of Traumatic Changes Urbs e/o civitas. Città e cittadinanza alla prova dei cambiamenti traumatici Urbs and/or Civitas. Cities and Citizenships Under the Threat of Traumatic Changes 10 L’urto con il nemico: salvaguardare la civitas o l’urbs? 13 Simone Mollea Elisa Della Calce Il secessus in Villam: una nuova forma insediativa tra Tardoantico e Medioevo21 Maria Carolina Campone The Early Manchu’s Beijing: New City? New Citizens? 30 Urban and Social Resilience Post Disasters: a Reflection on Disaster Management in Communities Affected by the Earthquakes in Emilia Romagna (2012) and Central Italy (2016) 38 Monica De Tognı Aline Soares Cortes, Massimo Sargolini 1050 doi: xxxxxxxxxxxxx 1.0249 Difficult Heritage e trasformazioni urbane Difficult Heritage and Urban Trasformations Difficult Heritage e trasformazioni urbane50 Difficult Heritage and Urban Trasformations Annunziata Maria Oteri, Nino Sulfaro Memento o oblio? La difficile eredità delle architetture dei regimi socialisti54 Mariacristina Giambruno, Sonia Pistidda Piazza della Vittoria a Brescia: storia di uno spazio controverso65 Carlotta Coccoli, Maria Paola Pasini The Anti-Communism Iconoclasm. Decommunization of the Public Space in Poland After 198977 Blazej Ciarkowski The ‘Normalization’ of the Architecture of the Third Reich in Munich 89 Raffaele Amore, Chiara De Vuono Budapest: il Palazzo Reale e la cancel culture del socialismo e del post socialismo 100 Paolo Cornaglia Overwriting a Difficult Past. Built Legacies and the Search for New Identities in Budapest112 Franz Bittenbinder, Rachel Győrffy The Romanian Post-Socialist City: (Re) Constructing the Urban History in the Case of Alba Iulia128 Oana-Cristina Tiganea, Diana Mihnea 1.03143 Le città-porto nella nuova geografia adriatica post Grande guerra (1919-1939) Port-Cities in the New Adriatic Geography post World War I (1919-1939) Le città porto del nord Adriatico dopo l’apertura del canale di Suez: casi assimilabili ai centri levantini?144 Guıdo Zucconı Città portuali, pratiche abitative e minoranze. Gli ebrei in Adriatico152 Luca Andreoni L’enclave di Zara: il porto franco, la vocazione industriale, l’aspirazione turistica160 Giuseppe Bonaccorso doi: xxxxxxxxxxxxx 1051 Ravenna verso la modernità: i piani urbanistici e il porto 1926-1947174 Francesca Castanò, Alessia Zampini Porti e città del nord Adriatico, nella nuova geografia post 1918187 Guıdo Zucconı 1.04196 Commercio, architettura e città tra continuità, adattabilità e cambiamento Commerce, Architecture and Cities Between Continuity, Adptability, and Change The Markets and the Market Halls of Bucharest (1870-1914). Tensions and Adaptation197 Simion Câlția Il mercato tradizionale come struttura urbana tra continuità, adattabilità e cambiamento a partire dal secolo XIX206 Nadia Fava, Carla Brandao Zollinger Market Structures and New Towns: Testing Grounds for Design and Adaptive Reuse 214 Cristina Pallini, Aleksa Korolija Research on the Evolution of Modern Arcade Architecture in Zhangzhou227 Jialin Yang, Shaosen Wang 1.05241 Frammenti per ricostruire la memoria. Sopravvivenza, riuso e oblio del patrimonio dopo la catastrofe (XV-XVIII sec.) Fragments to Rebuild the Memory. Heritage Survival, Reuse and Oblivion After the Catastrophe (XV-XVIII Centuries) Frammenti per ricostruire la memoria. Sopravvivenza, riuso e oblio del patrimonio dopo la catastrofe (XV-XVIII sec.)242 Fragments to Rebuild the Memory. Heritage Survival, Reuse and Oblivion After the Catastrophe (XV-XVIII Centuries) Armando Antista, Gaia Nuccio Campanili, città e catastrofi nella Sicilia di età moderna245 Emanuela Garofalo Atteggiamenti proto-conservativi dall’architettura alla forma urbis nel Val di Noto dopo il sisma del 1693: il caso di Vizzini256 Renata Prescia, Fabrizio Giuffrè 1052 doi: xxxxxxxxxxxxx Il terremoto del 1726 a Palermo: patrimonio architettonico e identità urbane nelle fonti memorialistiche266 Federica Scibilia 1.06277 Ri-costruzioni. L'Italia sismica da Messina 1908 a oggi Re-constructions. Seismic Italy from Messina 1908 Until Today Ri-costruzioni. L'Italia sismica da Messina 1908 a oggi 278 Re-constructions. Seismic Italy from Messina 1908 Until Today Alessandro Benetti, Emma Filipponi, Federico Ferrari Architettura e pianificazione d’autore nelle ricostruzioni del secondo Novecento in Italia280 Alessandra Lancellotti Intervenire sul monumento per ricostruire il territorio. Il complesso del Santuario del Macereto nello scenario post-sismico marchigiano287 Giuseppe Mastrangelo, Niccolò Suraci, Cristiano Tosco La conservazione del patrimonio costruito esistente: casi studio della ricostruzione post-sismica a confronto (Belice, Friuli, Irpinia)299 Valentina Macca Dall’emergenza alla rigenerazione dei centri storici a dieci anni dal sisma in Emilia Romagna. Alcune riflessioni sui processi di ricostruzione309 Letizia Carrera, Marika Fior, Stefano Storchi The Evolution of Urban Planning Practice in Reconstruction. The Post-War Reconstruction Plan (1945) and the Post-Earthquake Reconstruction Plan of L’Aquila (2009). Similarities and Differences318 Francesca Fiaschi Temporaneità post-emergenza in territori fragili. Prima, durante e oltre la ricostruzione330 Ilaria Tonti, Maria Vittoria Arnetoli, Francesco Chiacchiera, Giovangiuseppe Vannelli Progettare il dopoterremoto a Napoli. Il Programma Straordinario di Edilizia Residenziale nell’esperienza di Pietro Barucci 345 Aurora Riviezzo doi: xxxxxxxxxxxxx 1053 1.07356 Tabula rasa: le reazioni ai traumi della ricostruzione tra Occidente e Oriente Tabula Rasa: Reactions to the Traumas of the Reconstruction Between West and East Le ricostruzioni nel nord della Francia all’indomani della Grande Guerra. La selezione della memoria attraverso la reintegrazione dell’immagine 357 Stefano Guadagno Da Königsberg a Kaliningrad: distruzione, rimozione e memoria nei territori della Prussia Orientale368 Marco Falsetti «Ansia della Modernità». Il microcosmo domestico come soluzione al trauma collettivo. Modelli residenziali unifamiliari nella Repubblica Federale Tedesca (1940-1956)374 Andreina Milan Rovina, rigenerazione, ricostruzione. Esperienze giapponesi del Secondo Dopoguerra386 Pina (Giusi) Ciotoli L'importanza di concludere (?). Skopje una città incompiuta396 Lucia La Giusa Oltre l’esperienza di Gibellina Nuova. I ruderi del Belìce dimenticato403 Maria Vitiello Overlapping Temporal Layers and Non-Zeitgeist Architectural and Urban Histories: on How to Challenge Eurocentrism 415 Marianna Charitonidou Romanian Historiography Regarding Historical Images of Towns and Cities and the Western European One: Comparative Study426 Anda-Lucia Spânu From Urban Regeneration to Transitional Communities. Tales and Perspectives from the City of Nanjing434 Marco Trisciuoglio, Dong Yinan After the Silent Spring: from the Megacities to Chong Ming or the Island where the Birds Sing447 Fanjasoa Louisette Rasoloniaina 1054 doi: xxxxxxxxxxxxx 1.08457 L’architettura di regime in Italia e nelle sue terre d’oltremare durante il ventennio fascista: passato, presente, futuro Regime’s Architecture in Italy and its Overseas Territories During the Fascist Period: Past, Present, Future L’architettura di regime in Italia e nelle sue terre d’oltremare durante il ventennio fascista: passato, presente, futuro458 Regime’s Architecture in Italy and its Overseas Territories During the Fascist Period: Past, Present, Future Paolo Sanza «A chi percorra la Litoranea, la cantoniera appare come una strisciolina bianca incisa e appiattita sull’orizzonte». Opere di Florestano Di Fausto460 Maria Rossana Caniglia Architettura fascista in Irpinia fra permanenze e trasformazioni471 Daniela Stroffolino White Rationalism: Across the Coloniality of Libyan and Youth Settlements485 Fiorenza Giometti 1.09493 Spazio pubblico ed estetica urbana nelle città del secondo dopoguerra: ricostruzione, trasformazione e innovazione Public Space and Urban Design of the Cities Post-World War II: Reconstruction, Transformation and Innovation Spazio pubblico ed estetica urbana nelle città del secondo dopoguerra: ricostruzione, trasformazione e innovazione 494 Public Space and Urban Design of the Cities Post-World War II: Reconstruction, Transformation and Innovation Carolina De Falco, Adele Fiadino, Lucia Serafini Constantinos A. Doxiadis and Adriano Olivetti’s Conception of Urbanism and Urban Public Space: the Role of the Marshall Plan in the Post-War Reconstruction in Greece and Italy 498 Marianna Charitonidou Umanizzare l’architettura: Trg Revolucije a Lubiana nell’analisi spaziale di Janez Koželj (1973)512 Raimondo Mercadante doi: xxxxxxxxxxxxx 1055 Architettura e spazio pubblico nelle periferie barcellonesi degli anni Sessanta: la narrazione visiva di Oriol Maspons e Julio Ubiña522 Arianna Iampieri Centri sociali negli anni ’50-’60 per formare la comunità «allo standard di vita della città»  Carolina De Falco 532 La collettività dell’architettura della strada544 Ilia Celiento Il ruolo dei waterfront nell’immagine e nell’uso collettivo della città. Messina: dall’abbandono alla riconquista dell’affaccio sullo Stretto555 Giuseppe Angileri, Marina Arena, Francesco Cannata Lo spazio aperto in ambiti urbani e periurbani: una risorsa per la città del post COVID. Il caso di Pescara567 Ottavia Aristone, Piero Rovigatti La porta del centro antico di Napoli: piazza del Gesù e l’insula di Santa Chiara tra danni bellici, restauri e prospettive attuali, 1943-2023579 Andrea Pane, Rita Gagliardi Ricostruzione a Napoli nel Secondo Dopoguerra: lo spazio pubblico nel rione San Giuseppe Carità tra pianificazione urbana e processi speculativi590 Paola Martire Non solo questioni di decoro. Luoghi e monumenti della ricostruzione postbellica in Campania 600 Clara Verazzo La contesa sulla ricostruzione di Faenza nel progetto di Vincenzo Fasolo. Restauro e ricostruzione postbellica fra continuità e nuove istanze611 Francesca Lembo Fazio Crisi senza ripartenze. Aree interne e luoghi delle infrastrutture622 Lucia Serafini, Annarita Di Ciocco, Ludovica Verna Urban Design come lettura e innovazione degli spazi della città. Le porte in bronzo come patrimonio comunitario633 Pasquale Petillo, Saverio Carillo 1056 doi: xxxxxxxxxxxxx 1.10646 Ripensando alle strategie urbane dopo la crisi petrolifera degli anni settanta. Nuove sfide, nuovi tipi di mobilità alla luce della svolta ecologica Reconceiving Urban Planning Strategies and Cities After the Big Oil Crisis of the 1970s. New Challenges and the New Mobility and Ecology Turn Rethinking Venice after the 1966 Big Flood and the Oil Shock of 1973647 Guıdo Zucconı Atene 1933, Machu Picchu 1977. Spazio temporalizzato e integrazione edificio-città-territorio655 Francesca Brancaccio Urban Mobility Patterns and Welfare Politics: Constructing Cities for the Space of Flows and the New Towns in the UK, France and Sweden 668 Marianna Charitonidou Tecnocrazia, mobilità ed ecosistema negli anni settanta. Gli effetti della crisi energetica nei controprogetti per Les Halles di Parigi (1979) 681 Massimiliano Savorra 1.11697 Strutture di accoglienza e cura, strutture di confinamento. Storia e attualità Shelter and Cure Structures, Confinement Structures. History and Current Situation Strutture di accoglienza e cura, strutture di confinamento. Storia e attualità698 Shelter and Cure Structures, Confinement Structures. History and Current Situation Francesca Martorano, Angela Quattrocchi La Compagnia del Divino Amore di Roma e l’Ospedale degli Incurabili. Vicende di una riconversione Angela Quattrocchi 702 I luoghi privati della salute mentale nel Novecento: il complesso delle Ville Roddolo a Moncalieri (Torino)711 Giulia Mezzalama Leggere la città attraverso il potere militare. Il caso degli ospedali militari nella città di Alessandria durante il dominio napoleonico (1800-1815)720 Chiara Bovone doi: xxxxxxxxxxxxx 1057 Le piaghe di Messina: il Lazzaretto tra preesistenze e nuovi progetti (XVI-XIX secolo) 732 Francesca Passalacqua Traceless Architectures. Epidemic Containment Spaces in Barcelona Between the 18th and 20th Centuries744 Carmen Rodríguez, Carlos Bitrián 1.12757 Spazi di un altrove. Il ruolo delle architetture eterotopiche nella città contemporanea Spaces of an 'Elsewhere'. The Role of Heterotopic Architecture in the Contemporary City Spazi di un altrove. Il ruolo delle architetture eterotopiche nella città contemporanea758 Spaces of an 'Elsewhere'. The Role of Heterotopic Architecture in the Contemporary City Giovanni Battista Cocco, Caterina Giannattasio La dissoluzione dell’eterotopia: il ruolo delle comunità nel futuro del patrimonio manicomiale 762 Cettina Lenza Patrimonio detentivo dismesso e Comunità. Palazzo D’Avalos a Procida774 Renata Picone Inside Out. Le eterotopie di deviazione come inattesi modelli per il progetto dopo la pandemia781 Andrea Manca, Francesca Musanti, Claudia Pintor Albergo dei Poveri. Una eterotopologia interrotta793 Paolo Giordano Il complesso aversano di Sant’Agostino degli Scalzi: una storia costruttiva tra riconversioni e resilienze803 Marina D’Aprile L’eredità dei corpi esclusi. Indagine sugli spazi eterotopici della devianza814 Patrizia Cannas, Martina Di Prisco Lo storico complesso carcerario Le Nuove di Torino: tra processi di riuso e conservazione della memoria 826 Carla Bartolozzi Da barriere a frontiere. Riflessioni progettuali per il riuso delle carceri storiche sarde837 Francesca Musanti 1058 doi: xxxxxxxxxxxxx Palermo, dalla Real casa dei Matti alla Vignicella: un patrimonio a rischio848 Clelia La Mantia, Renata Prescia, Fabrizio Giuffrè Memoria/recupero e abbandono/degrado: alternative al destino dei complessi manicomiali dopo la legge Basaglia 860 Daniela Pittaluga, Martina Pastorino Oltrepassando le barriere dello spazio e del tempo: l’ex monastero-prigione di Sant’Agata a Bergamo873 Michela Marisa Grisoni, Angela Paola Squassina Immaginari a piede libero. Percezioni, rappresentazioni e narrazioni condivise per il progetto delle carceri storiche884 Andrea Manca, Maurizio Memoli Memorie residuali: manicomio e città nell’ultimo cinquantennio. Il caso delle Marche890 Gerardo Doti Isole di memoria: I luoghi del confinamento a Venezia. Una lettura strategica per la conservazione dei frammenti urbani901 Gianluca Spironelli, Sofia Tonello 1.13911 Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria e oblio. Una rilettura operativa e strategica per la città contemporanea The Former Psychiatric Hospitals. Places Poised Between Memory and Oblivion. An Operational and Strategic Reinterpretation for the Contemporary City Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria e oblio. Una rilettura operativa e strategica per la città contemporanea912 The Former Psychiatric Hospitals. Places Poised Between Memory and Oblivion. An Operational and Strategic Reinterpretation for the Contemporary City Emanuela Sorbo Coltivare i Giardini di Abele. Gli ex Ospedali psichiatrici tra cura, memoria e rappresentazione della salute mentale917 Giuseppina Scavuzzo Manicomio come speranza. La poetica del frammento come ricomposizione del rapporto tra luoghi della sofferenza e città929 Claudia Pintor Ex ospedali psichiatrici: possibili refugia tra memorie collettive e inedite estetiche ecologiche940 Angela D’Agostino, Giuseppe D’Ascoli doi: xxxxxxxxxxxxx 1059 Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como950 Stefano Della Torre Il patrimonio degli ex complessi manicomiali in Italia: riflessioni sulla messa in sicurezza emergenziale e la salvaguardia attraverso usi temporanei a partire dal caso del San Salvi di Firenze960 Stefania Landi, Lucrezia Ruffini, Simone Rusci Memoria della «più misteriosa dea». Progetto di riqualificazione per l’area dell’ex manicomio Vincenzo Chiarugi a Firenze 972 Francesca Privitera L’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini: da «cittadella per la cura mentale» a risorsa culturale strategica per la città metropolitana di Milano985 Ferdinando Zanzottera La duplice utopia estetica e sociale di Maggiano: promesse, potenzialità e convergenze per un protocollo di rigenerazione dell’ex manicomio lucchese998 Paolo Bertoncini Sabatini Nuovi usi nella contemporaneità per Roosevelt Island e Smallpox Hospital a New York. Da luogo di esclusione dalla città a memoriale per le vittime di Covid1009 Francesco Novelli Keelmen’s Hospital a Newcastle upon Tyne (UK): dall’uso sociale ai nuovi scenari per il riuso1021 Daniele Dabbene Provvedimenti e misure contro la peste a Milano e nel suo territorio in età viscontea e nella prima età sforzesca1035 Damiano Iacobone Urbanistica e pestilenze. Alcuni aspetti della riorganizzazione delle città emiliane a seguito della peste nera del 13481040 Paolo Storchi