Aisu International
Associazione Italiana
di Storia Urbana
CITTÀ CHE
SI ADATTANO?
ADAPTIVE
CITIES?
4
TOMI
BOOKS
|1
INSIGHTS
4
CITTÀ CHE SI ADATTANO?
ADAPTIVE CITIES?
a cura di
edited by
Rosa Tamborrino
1
Adattabilità o incapacità adattiva di fronte al cambiamento
Adaptability or Adaptive Inability in the Face of Change
a cura di / edited by Cristina Cuneo
2
Adattabilità in circostanze ordinarie
Ordinary Conditions Adaptability
a cura di / edited by Chiara Devoti, Pelin Bolca
3
Processi urbani di adattamento e resilienza tra permanenza e precarietà
Urban Processes of Adaptation and Resilience Between Permanence and Precariousness
a cura di / edited by Andrea Longhi
4
Strategie di adattamento e patrimonio critico
Adaptive Strategies and Critical Heritage
a cura di / edited by Rosa Tamborrino
CITTÀ CHE SI ADATTANO?
ADAPTIVE CITIES?
TOMO
BOOK
1
ADATTABILITÀ O INCAPACITÀ ADATTIVA
DI FRONTE AL CAMBIAMENTO
ADAPTABILITY OR ADAPTIVE INABILITY
IN THE FACE OF CHANGE
a cura di
edited by
Cristina Cuneo
Collana Editoriale / Editorial Series
Insights
Direzione / Editors
Elena Svalduz (Presidente AISU / AISU President 2022-2026)
Massimiliano Savorra (Vice Presidente AISU / AISU Vice President 2022-2026)
Comitato Scientifico / Scientific Committee
Pelin Bolca, Alfredo Buccaro, Donatella Calabi, Giovanni Cristina, Cristina Cuneo, Marco Folin, Ludovica
Galeazzo, Emanuela Garofalo, Paola Lanaro, Andrea Longhi, Andrea Maglio, Emma Maglio, Elena Manzo,
Luca Mocarelli, Heleni Porfyriou, Marco Pretelli, Fulvio Rinaudo, Massimiliano Savorra, Donatella
Strangio, Elena Svalduz, Rosa Tamborrino, Ines Tolic, Stefano Zaggia, Guido Zucconi (Organi di governo
AISU / AISU Commettees 2022-2026)
Città che si adattano? / Adaptive Cities?
a cura di / edited by Rosa Tamborrino
Progetto grafico e Impaginazione testi / Graphic design and Layout
Luisa Montobbio
Aisu International 2024
Direttrice Editoriale / Editorial Director
Rosa Tamborrino
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Prima edizione / First edition: Torino 2024
ISBN 978-88-31277-09-9
AISU international
c/o DIST (Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio)
Politecnico di Torino, viale Pier Andrea Mattioli n. 39, 10125 Torino
https://aisuinternational.org/
950
doi: xxxxxxxxxxxxx
STUDI PER IL RIUSO DELL’OSPEDALE
PSICHIATRICO DI COMO
Stefano Della Torre
Abstract
The paper deals with the issues involved in the reuse of Como Psychiatric Hospital, built 18781882, adapted to new functions after Basaglia law, currently used only for a small part and badly
maintained. The focus is on the identification of some characters, which should be conserved and
elaborated in a coevolutionary reuse perspective, and the aim is also to highlight some opportunities
given by the typology of the buildings, which could allow an easier and sustainable reuse.
Keywords
Como Psychiatric Hospital, typology, reuse, coevolution
Introduzione
Questo contributo nasce da una esperienza di qualche anno fa, svolta in ambito didattico e tradotta dall’Area Tecnico Edilizia in un progetto cantierabile, che non fu finanziato
per una scelta politica: sicché l’area dell’ex ospedale psichiatrico provinciale di Como
rimane un problema aperto per la città.
La storia del S. Martino, detto così non per dedicazione al Santo di Tours ma per la localizzazione nei pressi di un ospedaletto medievale così intitolato, è stata già ben indagata
(Simioli 2013), e ripete in modo quasi imbarazzante i caratteri degli ospedali psichiatrici provinciali costruiti in Italia nel secondo Ottocento, e le tipiche vicende lungo il
Novecento fino alle fasi di deistituzionalizzazione e al successivo abbandono. Anche i
progetti e le discussioni sulle opzioni di ristrutturazione o rigenerazione dell’area sembrano seguire un copione consueto. Il complesso fu costruito in tre anni, tra il 1879 e il
1882. Dei vari progetti, preparati a partire dal 1870, si sottolinea l’espressa attenzione tributata ad altri esempi. Nel 1872 si fece esplicito riferimento al tipo a padiglioni connessi
da porticati del nuovo manicomio di Imola, progettato da Antonio Cipolla (Portoghesi
2012). Imola era in quegli anni un modello riconosciuto: come è noto, a Imola, dal 21 al
28 settembre 1874, si tenne il primo congresso della Società freniatrica, fondata l’anno
precedente e divenuta dopo il 1932 la Società italiana di psichiatria (Peloso 2015). In
seguito, nel 1877, i progettisti incaricati, gli ingegneri comaschi Luzzani e Casartelli si
documentarono guardando ai manicomi di Mombello, Voghera, Venezia e Genova e,
non a caso, al carcere di S. Vittore di Milano, allora in costruzione.
Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como
951
1: Schema dell'Ospedale Psichiatrico Provinciale di Como, a stampa.
Il primo nucleo fu infine realizzato secondo uno schema di elementare semplicità, costituito da quattro padiglioni identici, riservati alle quattro categorie di degenti derivanti
dai criteri di genere (maschi/femmine) e di malattia (degenti “quieti e mezzo quieti” e
degenti “furiosi, irrequieti, sucidi ed epilettici”). Tra i padiglioni dei rispettivi comparti
erano poste cucine e refettori sdoppiati per maschi e femmine, e lungo l’asse centrale
i servizi comuni di direzione, medicina e lavanderia. L’insieme risultò alquanto compatto, benché posto al centro di un’estesa area verde, che sarebbe stata interessata dai
successivi ampliamenti.
Si possono infatti seguire negli anni, attraverso svariati resoconti periodici, le evoluzioni
delle tecniche mediche e degli spazi, con l’aggiunta delle celle di isolamento e le strutture
utili per l’ergoterapia e l’autosufficienza della cittadella manicomiale.
Il processo di deistituzionalizzazione seguì anche a Como le tappe imposte dalla diffusione di una nuova consapevolezza, con l’impegno in particolare della Provincia in
quanto Ente responsabile e con una notevole mobilitazione di attivisti e del territorio
(ASVAP-COMO 1999). Ancor prima della riforma del 1980, si volle avviare la transizione nella direzione annunciata: « proprio per il fatto che in vista della riforma si
profilava l’uscita di scena della Provincia ... dalla gestione della psichiatria, era doveroso preparare il passaggio delle competenze, consegnando strutture il meno vergognose
952
Stefano Della Torre
possibile», scrive l’allora assessore provinciale alla Sanità, Mario Mascetti, rivendicando
l’apprezzamento ottenuto in un colloquio con Franco Basaglia (Mascetti 2012, 76-77).
Questo intervento per rendere le strutture meno “vergognose” non valse a rimuovere
lo “stigma”, me indubbiamente operò per mitigarlo, sovrapponendo l’immagine di un
nuovo impegno. Sul piano fisico, si ebbe un intervento di “manutenzione straordinaria”
che consegnò agli anni futuri nuove finiture, nuove infissi, nuovi manti di copertura in
tegole marsigliesi, una torre montalettighe esterna per ogni padiglione... Non tutte le
inferriate dei reparti “irrequieti” furono rimosse, ma si fece di tutto per consegnare agli
anni di transizione e al futuro l’immagine di un luogo di cura e non di detenzione.
La transizione non fu breve, e la chiusura definitiva si ebbe nel 1999. Da allora il complesso ospita alcune funzioni sociosanitarie, altre funzioni sono allocate nel parco, ma
la maggior parte degli spazi è in abbandono.
2: Un progetto di riforma e ampliamento del 1908. Como, Archivio Amministrazione Provinciale (in riordino).
Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como
953
Non mancò in questo processo la ricerca e riflessione storica (Giudice 2009), l’attenzione alle immagini attraverso gli scatti fotografici e la ricerca iconografica di Gin Angri
(Angri, Fogliaresi 2008; Angri 2018), e non mancarono i progetti, tra cui si ricorda
quello redatto nel 1986 da Clemente Tajana con i fratelli Petrilli (Petrilli 1988; Tajana
1988), e le discussioni anche di notevole livello (Ferrario, Gerosa, Valli 1985). Nei primi anni Duemila l’ipotesi di fare del S. Martino un campus universitario, ventilata già
negli anni Settanta, si era fatta strada, pur con diverse opinioni. La indecisione amministrativa e il progressivo abbandono sembrano a loro volta aver seguito una traiettoria
comune a molti altri casi, che è quella documentata dagli studi del Progetto di Ricerca
di Interesse Nazionale I complessi manicomiali in Italia tra Otto e Novecento. Atlante del
patrimonio storico-architettonico ai fini della conoscenza e della valorizzazione, coordinato da Cettina Lenza (Airoldi et al. 2013). Anche la proposta di dare ai vecchi edifici la
funzione di campus universitario trova non pochi altri esempi (Zanzottera 2018), non
solo in Italia. In realtà, però, il caso era stato come tema didattico per la sua valenza internazionale, in quanto le problematiche riscontrate sul caso di Como, in Italia o in giro
per il mondo sono del tutto analoghe, e questo metteva a disposizione testi e riferimenti
internazionali facilmente accessibili per studenti di diversa provenienza. Si allude in
particolare, tra i moltissimi, ai lavori del team anglo-neozelandese-canadese composto
da Alun Joseph, Robin Kearns e Graham Moon, ricchi di elaborazioni metodologiche
(Kearns, Joseph, Moon 2015). Non è questa la sede per discutere eventuali particolarità
nazionali, al di là dei provvedimenti legislativi, o locali, che chiaramente esistono. Certo
la portata internazionale dei fenomeni storici in gioco non può essere trascurata (Lenza
2017), e in realtà il tema può essere inquadrato nella problematica più ampia del patrimonio “difficile”, portatore di memorie negative o comunque problematiche, per ragioni
storiche, culturali, politiche (ex multis: Pendlebury, Wang, Law 2018).
Il progetto approntato con i miei studenti, e con la collaborazione di ottimi colleghi
del mio dipartimento ABC (Antonio Capsoni per le strutture, Nicolò Aste e Claudio
Del Pero per gli aspetti energetici), nacque anche da una sfida: secondo alcuni amministratori, il riuso delle strutture ottocentesche non era conveniente, e sarebbe stato
meglio demolirle e costruire nuovi edifici. Sfida accettata proprio sul piano dei costi,
a prescindere dai valori culturali e di memoria. Ci ponemmo l’obiettivo di dimostrare
che recuperare sarebbe costato di meno in termini di intervento, e con costi di gestione
molto contenuti: quasi zero sul piano energetico, con ottima funzionalità.
L’aspetto valoriale, simbolico, strategico, rimaneva in secondo piano, anche perché il
progetto riguardava soltanto un primo lotto, e lasciava agli sviluppi successivi molti
gradi di libertà. Il tema dello “stigma” aveva preso tempo e spazio nel percorso didattico,
ma poco o nulla di queste riflessioni era passato nel piano di prefattibilità e nel progetto
elaborato in vista d’una possibile realizzazione.
Pertanto l’articolo toccherà in successione tre punti: le risorse offerte dai caratteri tipologici degli ospedali psichiatrici in vista del loro recupero funzionale; la valorizzazione
del senso del luogo come tema critico legato al concetto di coevoluzione; il rapporto di
questo tema con gli aspetti metodologici della rigenerazione delle aree degli ex ospedali
psichiatrici.
954
Stefano Della Torre
Risorse per un riuso sostenibile tipiche degli edifici
manicomiali
Senza entrare nel dettaglio delle elaborazioni didattiche e del progetto approntato, mette
conto evidenziare alcuni punti, proprio perché riguardano risorse che sono tipiche dei
complessi manicomiali.
Il primo punto riguarda la destinazione: al di là del facile umorismo sulla poca differenza sostanziale tra manicomi e università, la scelta di trasformare gli ospedali psichiatrici in strutture educative risulta spesso gradita alle comunità e a una parte degli
amministratori perché comporta un (rinnovato e diversificato) impegno pubblico, che
individua le aree verdi come risorsa in sé e non come aree di sviluppo edilizio, e introduce anche qualche buona ragione per assumere gli oneri di manutenzione del verde. E
le aree verdi sono una caratteristica tipica degli ospedali psichiatrici ottocenteschi non
meno che oggetto di forti appetiti dal momento che l’espansione urbana ha generalmente reso le loro localizzazioni semicentrali e strategiche.
Il secondo punto riguarda gli aspetti strutturali. Le solide strutture in muratura portante, con ragguardevoli spessori, si dimostrano capaci di reggere le necessarie sollecitazioni senza bisogno di consolidamenti onerosi.
3: Tavola di progetto relativa allo studio impiantistico. Politecnico di Milano, Architectural Preservation Studio,
a.a. 2012/2013, docenti proff. S. Della Torre, G. Cardani, S. Duvernoy, Gruppo 2 (studenti Elena Ghetti, Filippo
Giano, Giacomo Gola, Enrico Guidetti, Giulia Macheda, Irene Mastro).
Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como
955
Il terzo punto riguarda gli aspetti energetici. Il ragionamento partì dalle massicce strutture in pietrame, e dalla loro alta inerzia termica, che sconsigliava un sistema di riscaldamento a frequenti transitori. Si pensò quindi a un sistema integrato di pavimenti
radianti, per mantenere gli ambienti ad una temperatura costante, e ad aria per seguire
gli orari di presenza negli ambienti.
La praticabilità di questa soluzione doveva essere verificata rispetto ai requisiti di conservazione dell’edificio, o in altre parole rispetto al principio di minimo intervento, considerato anche dal punto di vista dei costi. L’inserimento di pavimenti radianti avrebbe
comportato o la completa rimozione dei pavimenti esistenti, in gran parte rifatti negli
anni Settanta, o l’aggiunta di un pavimento galleggiante sopralzato. Questa seconda
opzione, di solito problematica per l’impatto sulle quote d’interpiano, risultò del tutto
praticabile in quanto non solo i locali e le porte sono di notevole altezza, ma soprattutto i davanzali delle finestre del manicomio sono altissimi per ragioni di sicurezza.
Quindi rialzare tutti i piani di calpestio di un’alzata, senza toccare i pavimenti, era facile,
e ovviamente integrato con le scale esistenti, e avrebbe favorito la disposizione di tutti
gli altri impianti necessari per le aule didattiche. La trasmittanza delle pareti, di grande spessore, risultava soddisfacente, non altrettanto quella dei serramenti, rifatti negli
anni Settanta e di bassa qualità. Se ne prevedeva pertanto la sostituzione con serramenti
performanti.
Sistemato il sistema di distribuzione, rimaneva il tema dell’approvvigionamento energetico. Anche in questo caso il ragionamento partì dall’esame dell’esistente. Il tetto rifatto
negli anni Settanta senza coibentazione richiederebbe comunque un intervento esteso,
che apre a cambiamenti, tra cui l’inserimento di un sistema fotovoltaico parve ottimale,
anche per la possibilità di realizzare in questo modo intere falde, con un effetto figurativo e paesaggistico ben controllato. Una simile estensione di pannelli fotovoltaici potrebbe produrre abbastanza energia da alimentare le pompe di calore nel sottotetto per
entrambe le componenti del sistema di climatizzazione e anche per buona parte delle
altre esigenze energetiche dell’edificio, abbattendo i futuri costi di gestione.
Riuso e coevoluzione
Il progetto approntato risultava, almeno sulla carta, convincente dal punto di vista della
economicità, della fattibilità, e anche della minima trasformazione del dato materiale
dell’esistente, peraltro già compromesso dall’intervento degli anni Settanta, che aveva
aperto opportunità di trasformazione. Di fatto gli interventi previsti erano davvero limitati, e la corrispondenza tra i requisiti e le possibilità dell’edificio davvero soddisfacente. Restavano da definire questioni sicuramente rilevanti sulla qualità architettonica
delle aggiunte, ma gli spazi offerti e le connessioni risultavano ben dimensionati e gradevoli dal punto di vista della illuminazione, e perfino della valorizzazione delle strutture voltate a pian terreno.
La elaborazione concettuale sul riuso dell’ospedale psichiatrico non trovava però rispondenza in un progetto di pur attenta rifunzionalizzazione, in quanto la nuova funzione comportava sì la conservazione materiale dell’edificio, ma non metteva in gioco il
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Stefano Della Torre
valore del senso del luogo o della sua atmosfera. Sembrava cioè di aver ottenuto il risultato prefisso, ma di non aver colto pienamente le opportunità e le ragioni della scelta di
conservare anziché demolire e ricostruire, o per meglio dire di non aver sfruttato tutto
il potenziale valore aggiunto di abitare un’architettura carica di storia, e sia pure di una
storia problematica.
In altri termini, si era attuato un esempio di adaptive reuse, magari corretto, dando alla
struttura esistente una possibilità di futuro, senza però fare in modo che in questo futuro i valori del luogo giocassero una parte significativa. Lo “stigma” di cui avevamo parlato (Kearns, Joseph, Moon 2012) era stato non solo superato, ma addirittura rimosso.
Una prima riflessione ha riguardato quindi il tema della atmosfera del luogo, che in
altri casi ha costituito proprio il focus di un progetto: oggi possiamo pensare al caso
del museo Lombroso di Reggio Emilia (Tagliabue 2013; Lanz 2020). Forse la mancata
attenzione alla problematica dell’eterotopia come generatrice di una atmosfera ha reso
il progetto carente sotto il profilo della sostenibilità culturale. Ma a parte il fatto che
la soluzione museale difficilmente può riguardare interi complessi e si limita a singoli
spazi (Lenza 2017, 85), probabilmente l’intervento degli anni Settanta aveva mitigato
l’atmosfera del luogo al punto da renderla troppo poco caratterizzata per essere un fattore di suggestione progettuale. In qualche modo, la fase storica più recente aveva già
agito come memoria selettiva.
La attenta minimizzazione dell’intervento di riuso, d’altra parte, consente di costruire
per il futuro strutture ben adeguate alla funzione, organizzate secondo schemi piuttosto
rigidi nella loro razionalità. La questione quindi, molto opportuna sul piano didattico, si
è spostata sul rapporto tra architettura e fruitore, con riferimento all’architettura per l’educazione. Nel mio ricordo, non fu facile suscitare tra quegli studenti un atteggiamento
critico nei confronti dell’istituzione, preoccupato dei valori in gioco quando si parla di
democrazia, cittadinanza, poteri.
Ma è anche diffuso tra gli studenti di architettura un atteggiamento fideistico nei confronti del progetto come strumento di cambiamento delle cose, e qui la questione diviene strettamente disciplinare. Il riuso di un edificio o di un complesso urbano si pone
a cerniera tra il passato e il futuro, ma questo futuro è da scrivere. Indagare il passato e
riconoscere le memorie del luogo è importante, ma non può servire a dare input per un
progetto che si pretende risolutore. Questo metodo funziona per le esigenze di oggi, ma
spesso non produce realtà capaci di elaborare le potenzialità dell’esistente per un futuro
a più lungo termine. Il semplice adattamento dell’esistente a nuove esigenze e idee progettuali spesso non costruisce le condizioni per la futura vitalità.
Si richiede un cambio di mentalità e di paradigma, che è quello che abbiamo proposto
con la riflessione teorica sulla alternativa tra adattamento e coevoluzione (adaptive vs
coevolutionary reuse).
Il concetto di coevoluzione è stato recentemente sempre più spesso richiamato con riferimento alle pratiche di rigenerazione urbana (ex multis: Gerrits, Teisman 2012; van
Knipperberg, Boonstra 2022), anche introducendo la interessante categoria di coevolutionary resilience (Brunetta et al. 2019; Haider et al. 2021). Tuttavia, nella maggior parte
dei casi l’accento viene posto sul carattere dialogico e inclusivo delle pratiche, il che è
Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como
957
importantissimo, ma non si insiste sulla retroazione che a lungo termine il patrimonio,
per la sua sola esistenza e persistenza, produce sul contesto (Della Torre 2019). Proprio
in questo senso, l’approccio coevoluzionista si differenzia dalla sostanziale wertfreiheit
(indifferenza ai valori) tipica del cosiddetto adaptive reuse, dove la stessa scelta lessicale
parla di adattamento del patrimonio storico ad una evoluzione eterogena, e ineluttabile,
e non di quella dialettica tra persistenza e mutazione che costituisce l’anima disciplinare
della disciplina del Restauro/Conservazione.
Del resto, anche senza usare il termine coevoluzione, gli studi più avvertiti hanno introdotto ragionamenti sul patrimonio come organismo complesso, reattivo al contesto in
termini dialettici in quanto portatore di un valore intrinseco (Fusco Girard, Vecco 2021).
Un simile cambio di approccio comporta che il riuso non possa essere pensato banalmente come un progetto per rispondere a esigenze di adattamento, ma debba essere
inteso come una costruzione complessa e multiscalare, che comprende e sostanzia il
progetto di restauro, ma lavora anche e soprattutto sul programma delle funzioni e sulle
dinamiche economiche, culturali e sociali della gestione prossima futura. Contro ogni
ipotesi di corto circuito tra lettura storica e progettazione architettonica, si attua uno
spostamento dal progetto architettonico al programma, da costruire con strumenti
multicriteriali, sia nella valutazione ex ante delle opzioni (e.g.: Moioli et al. 2019) sia
nella valutazione degli impatti, da vedere in ottica di economia circolare come approfondito dal progetto CLIC – Circular models Leveraging Investments in Cultural heritage adaptive reuse.
Conclusioni
Il caso studio è parso adeguato per analizzare le criticità di processi di riuso e riqualificazione che, pur rispondendo a requisiti di sostenibilità, affrontino temi di patrimonio
di grandi potenzialità ma anche “difficile” con ottica parziale e privilegiando singole
componenti della sostenibilità. Il limite non sta tanto nella parzialità del progetto di riuso, quanto nella incapacità della singola parte di attivare una rigenerazione complessiva.
Per questo è necessario un programma di lungo periodo, costruito con visione allargata
e strumenti di partecipazione, e comprendente i fattori necessari per attivare future collaborazioni produttive: ad esempio il mix funzionale e un ben inteso piano di gestione.
Questo può comportare scarti anche bruschi rispetto al passato, reinterpretazioni radicali: ma nei processi di coevoluzione non si misura tanto il grado di continuità, quanto
la permanenza, o l’incremento, della capacità del bene culturale di essere una presenza
attiva e ispiratrice.
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doi: xxxxxxxxxxxxx
1049
INDICE / TABLE OF CONTENTS
Interrogarsi su capacità adattive e crisi passate in un mondo di nuove sfide:
istruzioni in breve
Questioning Adaptive Factors and Past Crises in a World of New Challenges:
Brief Instructions
V
Rosa Tamborrino
INDICE GENERALE
OVERALL TABLE OF CONTENTS
XXVII
TOMO / BOOK 1
Le sfide dell’adattabilità tra crisi e grandi cambiamenti post-traumatici
The Challenges of Adaptability Amid Crisis and Major Post-Traumatic Changes
3
1.01
9
Cristina Cuneo
Urbs e/o civitas. Città e cittadinanza alla prova dei
cambiamenti traumatici
Urbs and/or Civitas. Cities and Citizenships Under the
Threat of Traumatic Changes
Urbs e/o civitas. Città e cittadinanza alla prova dei cambiamenti traumatici
Urbs and/or Civitas. Cities and Citizenships Under the Threat of Traumatic
Changes
10
L’urto con il nemico: salvaguardare la civitas o l’urbs?
13
Simone Mollea
Elisa Della Calce
Il secessus in Villam: una nuova forma insediativa tra Tardoantico e Medioevo21
Maria Carolina Campone
The Early Manchu’s Beijing: New City? New Citizens?
30
Urban and Social Resilience Post Disasters: a Reflection on Disaster
Management in Communities Affected by the Earthquakes in Emilia
Romagna (2012) and Central Italy (2016)
38
Monica De Tognı
Aline Soares Cortes, Massimo Sargolini
1050
doi: xxxxxxxxxxxxx
1.0249
Difficult Heritage e trasformazioni urbane
Difficult Heritage and Urban Trasformations
Difficult Heritage e trasformazioni urbane50
Difficult Heritage and Urban Trasformations
Annunziata Maria Oteri, Nino Sulfaro
Memento o oblio? La difficile eredità delle architetture dei regimi socialisti54
Mariacristina Giambruno, Sonia Pistidda
Piazza della Vittoria a Brescia: storia di uno spazio controverso65
Carlotta Coccoli, Maria Paola Pasini
The Anti-Communism Iconoclasm. Decommunization of the Public Space
in Poland After 198977
Blazej Ciarkowski
The ‘Normalization’ of the Architecture of the Third Reich in Munich 89
Raffaele Amore, Chiara De Vuono
Budapest: il Palazzo Reale e la cancel culture del socialismo e del post socialismo 100
Paolo Cornaglia
Overwriting a Difficult Past. Built Legacies and the Search for New Identities
in Budapest112
Franz Bittenbinder, Rachel Győrffy
The Romanian Post-Socialist City: (Re) Constructing the Urban History in
the Case of Alba Iulia128
Oana-Cristina Tiganea, Diana Mihnea
1.03143
Le città-porto nella nuova geografia adriatica post Grande
guerra (1919-1939)
Port-Cities in the New Adriatic Geography post World War I
(1919-1939)
Le città porto del nord Adriatico dopo l’apertura del canale di Suez: casi
assimilabili ai centri levantini?144
Guıdo Zucconı
Città portuali, pratiche abitative e minoranze. Gli ebrei in Adriatico152
Luca Andreoni
L’enclave di Zara: il porto franco, la vocazione industriale, l’aspirazione turistica160
Giuseppe Bonaccorso
doi: xxxxxxxxxxxxx
1051
Ravenna verso la modernità: i piani urbanistici e il porto 1926-1947174
Francesca Castanò, Alessia Zampini
Porti e città del nord Adriatico, nella nuova geografia post 1918187
Guıdo Zucconı
1.04196
Commercio, architettura e città tra continuità, adattabilità
e cambiamento
Commerce, Architecture and Cities Between Continuity,
Adptability, and Change
The Markets and the Market Halls of Bucharest (1870-1914). Tensions and
Adaptation197
Simion Câlția
Il mercato tradizionale come struttura urbana tra continuità, adattabilità e
cambiamento a partire dal secolo XIX206
Nadia Fava, Carla Brandao Zollinger
Market Structures and New Towns: Testing Grounds for Design and
Adaptive Reuse 214
Cristina Pallini, Aleksa Korolija
Research on the Evolution of Modern Arcade Architecture in Zhangzhou227
Jialin Yang, Shaosen Wang
1.05241
Frammenti per ricostruire la memoria. Sopravvivenza, riuso
e oblio del patrimonio dopo la catastrofe (XV-XVIII sec.)
Fragments to Rebuild the Memory. Heritage Survival,
Reuse and Oblivion After the Catastrophe (XV-XVIII Centuries)
Frammenti per ricostruire la memoria. Sopravvivenza, riuso e oblio del
patrimonio dopo la catastrofe (XV-XVIII sec.)242
Fragments to Rebuild the Memory. Heritage Survival, Reuse and Oblivion After
the Catastrophe (XV-XVIII Centuries)
Armando Antista, Gaia Nuccio
Campanili, città e catastrofi nella Sicilia di età moderna245
Emanuela Garofalo
Atteggiamenti proto-conservativi dall’architettura alla forma urbis nel
Val di Noto dopo il sisma del 1693: il caso di Vizzini256
Renata Prescia, Fabrizio Giuffrè
1052
doi: xxxxxxxxxxxxx
Il terremoto del 1726 a Palermo: patrimonio architettonico e identità urbane
nelle fonti memorialistiche266
Federica Scibilia
1.06277
Ri-costruzioni. L'Italia sismica da Messina 1908 a oggi
Re-constructions. Seismic Italy from Messina 1908 Until Today
Ri-costruzioni. L'Italia sismica da Messina 1908 a oggi 278
Re-constructions. Seismic Italy from Messina 1908 Until Today
Alessandro Benetti, Emma Filipponi, Federico Ferrari
Architettura e pianificazione d’autore nelle ricostruzioni del secondo
Novecento in Italia280
Alessandra Lancellotti
Intervenire sul monumento per ricostruire il territorio. Il complesso del
Santuario del Macereto nello scenario post-sismico marchigiano287
Giuseppe Mastrangelo, Niccolò Suraci, Cristiano Tosco
La conservazione del patrimonio costruito esistente: casi studio della
ricostruzione post-sismica a confronto (Belice, Friuli, Irpinia)299
Valentina Macca
Dall’emergenza alla rigenerazione dei centri storici a dieci anni dal sisma in
Emilia Romagna. Alcune riflessioni sui processi di ricostruzione309
Letizia Carrera, Marika Fior, Stefano Storchi
The Evolution of Urban Planning Practice in Reconstruction. The Post-War
Reconstruction Plan (1945) and the Post-Earthquake Reconstruction Plan of
L’Aquila (2009). Similarities and Differences318
Francesca Fiaschi
Temporaneità post-emergenza in territori fragili. Prima, durante e oltre la
ricostruzione330
Ilaria Tonti, Maria Vittoria Arnetoli, Francesco Chiacchiera,
Giovangiuseppe Vannelli
Progettare il dopoterremoto a Napoli. Il Programma Straordinario di Edilizia
Residenziale nell’esperienza di Pietro Barucci 345
Aurora Riviezzo
doi: xxxxxxxxxxxxx
1053
1.07356
Tabula rasa: le reazioni ai traumi della ricostruzione tra
Occidente e Oriente
Tabula Rasa: Reactions to the Traumas of the
Reconstruction Between West and East
Le ricostruzioni nel nord della Francia all’indomani della Grande Guerra. La
selezione della memoria attraverso la reintegrazione dell’immagine 357
Stefano Guadagno
Da Königsberg a Kaliningrad: distruzione, rimozione e memoria nei territori
della Prussia Orientale368
Marco Falsetti
«Ansia della Modernità». Il microcosmo domestico come soluzione al
trauma collettivo. Modelli residenziali unifamiliari nella Repubblica Federale
Tedesca (1940-1956)374
Andreina Milan
Rovina, rigenerazione, ricostruzione. Esperienze giapponesi del Secondo
Dopoguerra386
Pina (Giusi) Ciotoli
L'importanza di concludere (?). Skopje una città incompiuta396
Lucia La Giusa
Oltre l’esperienza di Gibellina Nuova. I ruderi del Belìce dimenticato403
Maria Vitiello
Overlapping Temporal Layers and Non-Zeitgeist Architectural and Urban
Histories: on How to Challenge Eurocentrism 415
Marianna Charitonidou
Romanian Historiography Regarding Historical Images of Towns and Cities
and the Western European One: Comparative Study426
Anda-Lucia Spânu
From Urban Regeneration to Transitional Communities. Tales and
Perspectives from the City of Nanjing434
Marco Trisciuoglio, Dong Yinan
After the Silent Spring: from the Megacities to Chong Ming or the Island
where the Birds Sing447
Fanjasoa Louisette Rasoloniaina
1054
doi: xxxxxxxxxxxxx
1.08457
L’architettura di regime in Italia e nelle sue terre
d’oltremare durante il ventennio fascista: passato, presente,
futuro
Regime’s Architecture in Italy and its Overseas Territories
During the Fascist Period: Past, Present, Future
L’architettura di regime in Italia e nelle sue terre d’oltremare durante il
ventennio fascista: passato, presente, futuro458
Regime’s Architecture in Italy and its Overseas Territories During the Fascist
Period: Past, Present, Future
Paolo Sanza
«A chi percorra la Litoranea, la cantoniera appare come una strisciolina
bianca incisa e appiattita sull’orizzonte». Opere di Florestano Di Fausto460
Maria Rossana Caniglia
Architettura fascista in Irpinia fra permanenze e trasformazioni471
Daniela Stroffolino
White Rationalism: Across the Coloniality of Libyan and Youth Settlements485
Fiorenza Giometti
1.09493
Spazio pubblico ed estetica urbana nelle città del secondo
dopoguerra: ricostruzione, trasformazione e innovazione
Public Space and Urban Design of the Cities Post-World War II:
Reconstruction, Transformation and Innovation
Spazio pubblico ed estetica urbana nelle città del secondo dopoguerra:
ricostruzione, trasformazione e innovazione 494
Public Space and Urban Design of the Cities Post-World War II:
Reconstruction, Transformation and Innovation
Carolina De Falco, Adele Fiadino, Lucia Serafini
Constantinos A. Doxiadis and Adriano Olivetti’s Conception of Urbanism
and Urban Public Space: the Role of the Marshall Plan in the Post-War
Reconstruction in Greece and Italy 498
Marianna Charitonidou
Umanizzare l’architettura: Trg Revolucije a Lubiana nell’analisi spaziale di
Janez Koželj (1973)512
Raimondo Mercadante
doi: xxxxxxxxxxxxx
1055
Architettura e spazio pubblico nelle periferie barcellonesi degli anni
Sessanta: la narrazione visiva di Oriol Maspons e Julio Ubiña522
Arianna Iampieri
Centri sociali negli anni ’50-’60 per formare la comunità «allo standard di
vita della città»
Carolina De Falco
532
La collettività dell’architettura della strada544
Ilia Celiento
Il ruolo dei waterfront nell’immagine e nell’uso collettivo della città. Messina:
dall’abbandono alla riconquista dell’affaccio sullo Stretto555
Giuseppe Angileri, Marina Arena, Francesco Cannata
Lo spazio aperto in ambiti urbani e periurbani: una risorsa per la città del
post COVID. Il caso di Pescara567
Ottavia Aristone, Piero Rovigatti
La porta del centro antico di Napoli: piazza del Gesù e l’insula di Santa
Chiara tra danni bellici, restauri e prospettive attuali, 1943-2023579
Andrea Pane, Rita Gagliardi
Ricostruzione a Napoli nel Secondo Dopoguerra: lo spazio pubblico nel
rione San Giuseppe Carità tra pianificazione urbana e processi speculativi590
Paola Martire
Non solo questioni di decoro. Luoghi e monumenti della ricostruzione
postbellica in Campania 600
Clara Verazzo
La contesa sulla ricostruzione di Faenza nel progetto di Vincenzo Fasolo.
Restauro e ricostruzione postbellica fra continuità e nuove istanze611
Francesca Lembo Fazio
Crisi senza ripartenze. Aree interne e luoghi delle infrastrutture622
Lucia Serafini, Annarita Di Ciocco, Ludovica Verna
Urban Design come lettura e innovazione degli spazi della città. Le porte in
bronzo come patrimonio comunitario633
Pasquale Petillo, Saverio Carillo
1056
doi: xxxxxxxxxxxxx
1.10646
Ripensando alle strategie urbane dopo la crisi petrolifera
degli anni settanta. Nuove sfide, nuovi tipi di mobilità alla
luce della svolta ecologica
Reconceiving Urban Planning Strategies and Cities After
the Big Oil Crisis of the 1970s. New Challenges and the New
Mobility and Ecology Turn
Rethinking Venice after the 1966 Big Flood and the Oil Shock of 1973647
Guıdo Zucconı
Atene 1933, Machu Picchu 1977. Spazio temporalizzato e integrazione
edificio-città-territorio655
Francesca Brancaccio
Urban Mobility Patterns and Welfare Politics: Constructing Cities for the
Space of Flows and the New Towns in the UK, France and Sweden 668
Marianna Charitonidou
Tecnocrazia, mobilità ed ecosistema negli anni settanta. Gli effetti della crisi
energetica nei controprogetti per Les Halles di Parigi (1979) 681
Massimiliano Savorra
1.11697
Strutture di accoglienza e cura, strutture di confinamento.
Storia e attualità
Shelter and Cure Structures, Confinement Structures.
History and Current Situation
Strutture di accoglienza e cura, strutture di confinamento. Storia e attualità698
Shelter and Cure Structures, Confinement Structures. History and Current
Situation
Francesca Martorano, Angela Quattrocchi
La Compagnia del Divino Amore di Roma e l’Ospedale degli Incurabili.
Vicende di una riconversione
Angela Quattrocchi
702
I luoghi privati della salute mentale nel Novecento: il complesso delle Ville
Roddolo a Moncalieri (Torino)711
Giulia Mezzalama
Leggere la città attraverso il potere militare. Il caso degli ospedali militari
nella città di Alessandria durante il dominio napoleonico (1800-1815)720
Chiara Bovone
doi: xxxxxxxxxxxxx
1057
Le piaghe di Messina: il Lazzaretto tra preesistenze e nuovi progetti
(XVI-XIX secolo) 732
Francesca Passalacqua
Traceless Architectures. Epidemic Containment Spaces in Barcelona
Between the 18th and 20th Centuries744
Carmen Rodríguez, Carlos Bitrián
1.12757
Spazi di un altrove. Il ruolo delle architetture eterotopiche
nella città contemporanea
Spaces of an 'Elsewhere'. The Role of Heterotopic
Architecture in the Contemporary City
Spazi di un altrove. Il ruolo delle architetture eterotopiche nella città
contemporanea758
Spaces of an 'Elsewhere'. The Role of Heterotopic Architecture in the
Contemporary City
Giovanni Battista Cocco, Caterina Giannattasio
La dissoluzione dell’eterotopia: il ruolo delle comunità nel futuro del
patrimonio manicomiale 762
Cettina Lenza
Patrimonio detentivo dismesso e Comunità. Palazzo D’Avalos a Procida774
Renata Picone
Inside Out. Le eterotopie di deviazione come inattesi modelli per il progetto
dopo la pandemia781
Andrea Manca, Francesca Musanti, Claudia Pintor
Albergo dei Poveri. Una eterotopologia interrotta793
Paolo Giordano
Il complesso aversano di Sant’Agostino degli Scalzi: una storia costruttiva tra
riconversioni e resilienze803
Marina D’Aprile
L’eredità dei corpi esclusi. Indagine sugli spazi eterotopici della devianza814
Patrizia Cannas, Martina Di Prisco
Lo storico complesso carcerario Le Nuove di Torino: tra processi di riuso e
conservazione della memoria 826
Carla Bartolozzi
Da barriere a frontiere. Riflessioni progettuali per il riuso delle carceri
storiche sarde837
Francesca Musanti
1058
doi: xxxxxxxxxxxxx
Palermo, dalla Real casa dei Matti alla Vignicella: un patrimonio a rischio848
Clelia La Mantia, Renata Prescia, Fabrizio Giuffrè
Memoria/recupero e abbandono/degrado: alternative al destino dei
complessi manicomiali dopo la legge Basaglia 860
Daniela Pittaluga, Martina Pastorino
Oltrepassando le barriere dello spazio e del tempo: l’ex monastero-prigione
di Sant’Agata a Bergamo873
Michela Marisa Grisoni, Angela Paola Squassina
Immaginari a piede libero. Percezioni, rappresentazioni e narrazioni
condivise per il progetto delle carceri storiche884
Andrea Manca, Maurizio Memoli
Memorie residuali: manicomio e città nell’ultimo cinquantennio. Il caso delle
Marche890
Gerardo Doti
Isole di memoria: I luoghi del confinamento a Venezia. Una lettura strategica
per la conservazione dei frammenti urbani901
Gianluca Spironelli, Sofia Tonello
1.13911
Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria
e oblio. Una rilettura operativa e strategica per la città
contemporanea
The Former Psychiatric Hospitals. Places Poised Between
Memory and Oblivion. An Operational and Strategic
Reinterpretation for the Contemporary City
Gli ex Ospedali Psichiatrici. Luoghi in bilico tra memoria e oblio.
Una rilettura operativa e strategica per la città contemporanea912
The Former Psychiatric Hospitals. Places Poised Between Memory and Oblivion.
An Operational and Strategic Reinterpretation for the Contemporary City
Emanuela Sorbo
Coltivare i Giardini di Abele. Gli ex Ospedali psichiatrici tra cura, memoria e
rappresentazione della salute mentale917
Giuseppina Scavuzzo
Manicomio come speranza. La poetica del frammento come ricomposizione
del rapporto tra luoghi della sofferenza e città929
Claudia Pintor
Ex ospedali psichiatrici: possibili refugia tra memorie collettive e inedite
estetiche ecologiche940
Angela D’Agostino, Giuseppe D’Ascoli
doi: xxxxxxxxxxxxx
1059
Studi per il riuso dell’Ospedale Psichiatrico di Como950
Stefano Della Torre
Il patrimonio degli ex complessi manicomiali in Italia: riflessioni sulla messa
in sicurezza emergenziale e la salvaguardia attraverso usi temporanei a
partire dal caso del San Salvi di Firenze960
Stefania Landi, Lucrezia Ruffini, Simone Rusci
Memoria della «più misteriosa dea». Progetto di riqualificazione per l’area
dell’ex manicomio Vincenzo Chiarugi a Firenze 972
Francesca Privitera
L’Ospedale Psichiatrico Paolo Pini: da «cittadella per la cura mentale» a
risorsa culturale strategica per la città metropolitana di Milano985
Ferdinando Zanzottera
La duplice utopia estetica e sociale di Maggiano: promesse, potenzialità e
convergenze per un protocollo di rigenerazione dell’ex manicomio lucchese998
Paolo Bertoncini Sabatini
Nuovi usi nella contemporaneità per Roosevelt Island e Smallpox Hospital a
New York. Da luogo di esclusione dalla città a memoriale per le vittime di Covid1009
Francesco Novelli
Keelmen’s Hospital a Newcastle upon Tyne (UK): dall’uso sociale ai nuovi
scenari per il riuso1021
Daniele Dabbene
Provvedimenti e misure contro la peste a Milano e nel suo territorio in età
viscontea e nella prima età sforzesca1035
Damiano Iacobone
Urbanistica e pestilenze. Alcuni aspetti della riorganizzazione delle città
emiliane a seguito della peste nera del 13481040
Paolo Storchi