Il lampadario etrusco di Cortona. Il lampadario (in pratica una grande lucerna di bronzo) fu trovato il 14 settembre 1840 da alcuni contadini a Cortona in località Fratta nei possedimenti della marchesa Luisa Bartolozzi Tommasi (ed in particolare nel podere Fratta, campo il Biscione). Il monumento inizialmente fu conservato nel palazzo cortonese della marchesa che due anni dopo (1842) lo concesse in deposito al Museo dell'Accademia Etrusca. George Dennis che ebbe modo di vederlo nel 1843 lo definì "la meraviglia delle meraviglie". Il reperto venne dapprima offerto in vendita alla Reale Galleria di Firenze ma la trattativa non ebbe esito. Nell'ottobre del 1846 il lampadario fu acquistato dall'Accademia Etrusca per 1600 scudi (la richiesta fu di 2000 scudi) pagati ricorrendo ad un mutuo del Monte dei Paschi ed alla garanzia del Comune di Cortona. Il monumento, oggetto di restauro negli anni 90, è ritenuto uno dei pezzi più significativi della bronzistica etrusca. Il lampadario (diametro cm 60; peso circa 60 kg) fu realizzato in bronzo fuso con la tecnica a cera persa ed è composto da una vasca circolare per la raccolta del liquido combustibile e da un fusto cilindrico per l'attacco. La parte inferiore della vasca è decorata con varie scene figurate. La fascia esterna presenta figure alternate di sileni (otto) che suonano strumenti a fiato e di sirene (otto) alate con coda piumata e braccia piegate sul petto. La fascia mediana è ornata con onde stilizzate e delfini. Nella fascia più interna vi sono rappresentate una serie di lotte tra animali reali e fantastici (quattro gruppi di due fiere che assaltano animali più deboli). Al centro vi è un gorgoneion circondato da serpentelli attorcigliati. Sul bordo del lampadario sono sedici protomi di Acheloo (divinità dei fiumi e delle acque dolci) alternate a beccucci nei quali avveniva la combustione per mezzo di stoppini. Insieme al lampadario fu rinvenuta una targhetta inscritta inchiodata su due beccucci del lampadario stesso. L'iscrizione, apposta nel III-II secolo a.C., è stata interpretata come una dedica al dio Tinia (tinscvil) da parte della famiglia Musni e farebbe pensare ad una seconda dedicazione del monumento Il lampadario, databile alla seconda metà del IV secolo a.C., forse fu realizzato per una tomba particolarmente importante o più probabilmente per un edificio sacro (alcuni edifici della specie sono stati ritrovati nei pressi di Camucia). Successivamente il lampadario fu oggetto di una seconda consacrazione/dedicazione nello stesso santuario o forse in altro edificio o in una tomba. Lo stile e il livello delle decorazioni fanno supporre che il prestigioso oggetto sia stato realizzato da un'officina dall'Etruria interna centro-settentrionale (Velzna ?). La complessità della decorazione (un unicum rispetto ad analoghe grandi lucerne) rende molto difficile comprendere se oltre alla funzione ornamentale il lampadario potesse avere anche un significato simbolico. Secondo un'autorevole opinione, Paolo Bruschetti e Giulio Paolucci, il monumento potrebbe essere letto con riferimento alla cosmologia greca nonché al culto ed all'etrusca disciplina. Secondo altra tesi recentemente sostenuta da due studiosi, Ronak Alburz e Gijs Willaem Tol, la decorazione del lampadario, che risalirebbe al 480 a.C., rappresenterebbe il culto di Dioniso (non solo Acheloo ma anche Dioniso era sovente raffigurato con le fattezze di un toro!). Il lampadario è conservato appeso al soffitto al secondo piano del MAEC nella sala del lampadario etrusco.