LE PASSIONI DEL GRAMMATICUS
Mariarosaria Pugliarello
Anche i grammatici latini conoscono le passioni, se non per esperienza diretta,
almeno per motivi professionali, legati alla teoria del linguaggio e alla pratica dell’insegnamento. L’ars grammatica accoglie passioni, sentimenti e affetti grazie all’interiectio, la parte del discorso deputata, per unanime consenso, all’espressione dell’interiorità; così parole come laetitia, gaudium, timor, dolor e metus vengono assunte
nel metalinguaggio dei grammatici latini, diventando strumenti di analisi linguistica.
Come è noto, l’inserimento dell’interiectio fra le parti del discorso viene considerato un’innovazione dell’ars grammatica latina, dal momento che nelle technai
greche le interiezioni sono annoverate fra gli avverbi. Quintiliano nel capitolo
quarto del primo libro dell’Institutio oratoria delinea, in una sintetica rassegna, la
progressiva individuazione delle parti del discorso, da Aristotele fino a Remmio
Palemone, presentato come intermediario fra tradizione greca alessandrina e grammatica romana, lasciando intendere che a quest’ultimo, che probabilmente fu suo
maestro1, debba risalire l’introduzione dell’ottava pars orationis, cioè dell’interiectio2, in sostituzione dell’a[rqron3. Ed è ancora a Remmio Palemone che risale la
più antica definizione di interiectio, a noi pervenuta grazie a Carisio4, il quale nel
secondo libro dell’Ars grammatica dedica una sezione a questa parte del discorso:
1
Cfr. schol. ad Iuu. 6, 452.
Quint. I 4, 19-20: Noster sermo articulos non desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit superioribus interiectio. Alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus octo partes
secuti sunt, ut Aristarchus et aetate nostra Palaemon, qui uocabulum siue appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius; at ii, qui aliud nomen, aliud uocabulum faciunt, nouem. Il passo non
attribuisce esplicitamente l’introduzione della interiectio a Remmio Palemone (L. Holtz, Donat et la
tradition de l’enseignement grammatical, Paris 1981, pp. 66-67), chiarisce però che l’ars grammatica
di Remmio Palemone doveva seguire la distinzione in otto parti del discorso, come appunto Aristarco di Samotracia e il suo allievo Dionisio Trace, sostituendo l’interiectio all’articulus; H. Steinthal,
Geschichte der Sprachwissenschaft bei den Griechen und Römern, Hildesheim-New York 1971, II, p.
218; cfr. M. Pugliarello, Interiectio. Espressività e norma nella teoria grammaticale latina, «Boll. st.
lat.», 26 (1996), pp. 70-71.
3
La presenza della interiectio non è solo il risultato di un esteriore adeguamento alla teorizzazione
greca, per mantenere inalterato il numero delle parti del discorso, ma testimonia le capacità innovative dei grammatici latini nella riflessione sui fenomeni linguistici (cfr. G. Graffi, L’interiezione fra
i grammatici greci e i grammatici latini, «St.ling.», 19 (1996), pp. 11-18; M. Pugliarello, Interiectio.
Espressività, cit., pp. 69-81).
4
Sulle fonti di Carisio si veda D.M. Schenkeveld, A Rhetorical Grammar. C. Iulius Romanus.
Introduction to the Liber De Aduerbio, Leiden-Boston 2004, pp. 17-28 e, in part. su Giulio Romano,
pp. 29-53.
2
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Palaemon ita definit. Interiectiones sunt quae nihil docibile habent, significant tamen
adfectum animi, uelut heu eheu hem ehem eho ohe pop papae at attatae (311, 10-13 B. =
GRF fr.8 Mazzarino).
Carisio riporta altre due definizioni risalenti a grammatici successivi a Palemone, e precisamente a Giulio Romano:
C. Iulius Romanus ita refert. Interiectio est pars orationis motum animi significans, laetantis, ut aaha, dolentis, ut heu, admirantis <ut> babae papae (311, 14-16 B.)5
e a Cominiano:
De interiectione, ut ait Cominianus. Interiectio est pars orationis significans adfectum
animi. Vario autem adfectu mouetur. Nam aut laetitiam animi significamus, ut aaha, aut
dolorem, ut heu, aut admirationem ut babae. Ex his colligi deinceps alii motus animorum
possunt (311, 3-9 B.).
Osservando le tre citazioni vediamo che vi sono differenze, ma anche significativi punti di contatto. Remmio Palemone non segnala che l’oggetto della discussione è una pars orationis 6 e offre una spiegazione di carattere semantico-espressivo
(significant tamen adfectum animi ), seguita da esempi lessicali. Le definizioni di
Giulio Romano e di Cominiano presentano l’approccio standard, esteso a tutte le
definizioni, ovvero la segnalazione che si è in presenza di una parte del discorso:
interiectio est pars orationis 7; a questo incipit comune seguono una annotazione
semantico-espressiva e una serie di esempi. Tutte le definizioni, comunque, convergono sul riferimento all’espressività, attuato mediante una terminologia che, pur
nel trascorrere dei secoli, appare inalterata e che dovrebbe verosimilmente risalire a
Remmio Palemone: significant tamen adfectum animi (Remmio Palemone); motum
animi significans (Giulio Romano); significans adfectum animi (Cominiano). Alla
spiegazione iniziale segue, in tutti e tre i passi, un elenco a titolo dimostrativo delle
principali forme, che però in Giulio Romano e Cominiano appare più articolato,
perché l’esemplificazione è suddivisa per adfectus o motus animi.
Sarà Donato a portare a compimento il processo di tipizzazione della definizione grammaticale; lo schema stereotipo, da lui adottato sistematicamente per le varie
partes orationis, avrà valore di modello, pur con integrazioni e variazioni, per i
grammatici successivi8. A Donato risalgono due definizioni di interiectio, proposte
rispettivamente nell’Ars maior e nell’Ars minor:
5
Alla definizione di Giulio Romano segue un elenco di interiezioni illustrate da passi di autore
per lo più di epoca arcaica.
6
A. Luhtala, On Definitions in Ancient Grammar, in P. Swiggers - A. Wouters (eds.), Grammatical Theory and Philosophy of Language in Antiquity, Leeuven 2002, p. 272: «Charisius attributes
several definitions to Quintilian’s teacher, Remmius Palaemon, but none of those take the form “x is
a part of speech”».
7
A. Luhtala, ibi, pp. 278-279, osserva che la formula di definizione standard, che segnala l’appartenenza alle partes orationis, inizia a diffondersi fra III e IV secolo d.C., per essere poi sistematicamente adottata da Donato nel IV secolo d.C. e accolta dai successivi grammatici.
8
Ibi, pp. 277-279.
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Interiectio est pars orationis interiecta aliis partibus orationis ad exprimendos animi adfectus: aut metuentis, ut ei; aut optantis, ut o; aut dolentis, ut heu; aut laetantis ut euax (GL IV
391, 26-28 = 652, 5-7 Holtz).
Interiectio quid est? Pars orationis significans mentis affectum uoce incondita. Interiectioni quid accidit? Tantum significatio. Significatio interiectionis in quo est? Quia aut laetitiam significamus, ut euax, aut dolorem, ut heu, aut admirationem, ut papae, aut metum, ut
attat, et siqua sunt similia (GL IV 366, 13-17 = 602, 2-5 Holtz).
L’Ars maior presenta una notazione etimologica (interiecta aliis partibus
orationis)9, assente nell’Ars minor, in cui invece il grammatico accenna alla uox incondita dell’interiezione e agli accidentia, specificando che alla interiectio inerisce
solo la significatio. Le differenze fra le due definizioni, di Ars maior e di Ars minor,
possono spiegarsi con una più sentita esigenza didattica nell’Ars minor, nella quale
la struttura dialogica e il parallelismo nella presentazione delle partes orationis
comportano inevitabilmente la domanda relativa all’accidens delle interiezioni e
la conseguente risposta, mentre il nesso uoce incondita sintetizza la spiegazione
fornita nell’Ars maior sugli accenti delle interiezioni10.
Da questo primo approccio alla teoria delle interiezioni emerge una certa consapevolezza della natura sfuggente delle interiezioni, forme marginali e irriducibili
rispetto al sistema linguistico11; l’analisi dei grammatici, infatti, non potendo basarsi su aspetti razionali, formali e morfologici, rinvia a un solo, particolare accidens,
che è la significatio12. È dunque un criterio semantico, quello che definisce questa
parte del discorso, a differenza di quanto si osserva per le altre categorie grammaticali; è tuttavia un criterio ambiguo, che non offre quei parametri netti, definiti
ai quali i grammatici si appoggiano tanto volentieri. Se ci chiediamo in che cosa
consista la significatio delle interiezioni, i testi rispondono in modo concorde, richiamando motus animi, adfectus, adfectiones, passiones.
È dal motus animi, cioè dal dinamismo emotivo della più profonda interiorità,
che emergono le interiezioni. Il nesso motus animi appariva nella definizione di
Giulio Romano (Char. 311, 15 B. motum animi significans) e ritorna nell’Ars di
Diomede (GL I 419, 17-19 Et fere quidquid motus animi orationi inseruerit, quo
detracto textus integer reperitur, numero interiectionis accedet ), nel commento donatiano di Pompeo (GL V 281, 16-17 Nam interiectio est res quae exprimit animi
9
Sulla spiegazione etimologica di interiectio offerta dagli artigrafi cfr. M. Pugliarello, Interiectio.
Espressività, cit., p. 72 e nota 19; F. Biville, La syntaxe aux confins de la sémantique et de la phonologie. Les interjections vues par les grammairiens latins, in P. Swiggers - A. Wouters (eds.), Syntax in
Antiquity, Leuven 2003, pp. 234-235; L. Martorelli, Ps. Aurelii Augustini Regulae, Hildesheim 2011,
pp. 333-334.
10
Don. GL IV 392, 2-3 = 652, 12-13 Holtz.
11
I. Poggi, Le interiezioni. Studio del linguaggio e analisi della mente, Torino 1981, pp. 59-60;
cfr. Serg. explan. GL IV 489, 11: quod exprimere sermo non potest, hoc interiectio explicat.
12
Lessemi come significatio, significat, significans entrano nella maggior parte delle definizioni;
si vedano ancora, oltre ai passi sopra segnalati, Sacerd. GL VI 447, 2; Diom. GL I 419, 2; Dosith. GL
VII 424, 6; Seru. GL IV 420, 20; Serg. explan. GL IV 518, 25-26; GL IV 562, 19; Pomp. GL V 281, 5;
Ps. Aug. GL V 524, 10 = 140, 12 Martorelli; Max. Victorin. GL VI 204, 20; Asper GL V 554, 13; Prisc.
GL III 90, 11; 90,14; Petr. GL VIII 171, 17.
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motum), nelle Regulae pseudoagostiniane (GL V 524, 11 = 140, 13 Martorelli Ergo
quot sunt perturbati animi motus, tot uoces reddunt), negli Instituta artium attribuiti
a Probo (GL IV 146, 2 = Audax GL VII 356, 2 Interiectio est pars orationis ostendens
animi motum per suspirationem), attraversando i testi grammaticali fino a Prisciano
(GL III 91, 9-12 Quae res maxime fecit, Romanarum artium scriptores separatim
hanc partem ab aduerbiis accipere, quia uidetur adfectum habere in se uerbi et
plenam motus animi significationem, etiamsi non addatur uerbum, demonstrare)13.
Più frequente nelle definizioni di interiectio è però adfectus, che ne costituisce
elemento caratterizzante a partire dal I secolo d. C., con Remmio Palemone (Char.
311, 11 B. significant tamen adfectum animi); il rinvio agli adfectus si legge nelle
definizioni di Cominiano (Char. 311, 5 B. significans adfectum animi), di Donato,
sia nell’Ars maior (GL IV 391, 26-27 = 652, 5-6 Holtz ad exprimendos animi adfectus) che nell’Ars minor (GL IV 366, 13 = 602, 2 Holtz significans mentis affectum),
di Diomede (GL I 419, 2 affectum mentis significans), ed è ripreso da gran parte dei
testi grammaticali14. Solo nelle Regulae pseudoagostiniane è invece presente adfectio: Interiectio non pas orationis est, sed adfectio erumpentis animi in uocem (GL V
524, 9-10 = 141, 10 Martorelli)15. Ugualmente meno frequente è passio, utilizzato
da Sacerdote, che accosta adfectus e passio come varianti sinonimiche (GL VI 447,
2-3 Interiectio est pars orationis aduerbio persimilis qua significantur animi uariae passiones quas quidam adfectus dicunt) e, dopo due secoli, da Prisciano (GL
III 90, 12-14 Interiectio tamen non solum quem dicunt Graeci scetliasmovn significat, sed etiam uoces, quae cuiuscumque passionis animi pulsu per exclamationem
intericiuntur). Ma già Varrone, se dobbiamo prestar fede a un passo del capitolo
De interiectione carisiano, risalente a Giulio Romano, si sarebbe espresso con tale
terminologia: Praecise, inquit Varro, generat animi passionem (315, 10 B. = Varro
GRF fr.40, 6 Funaioli)16.
Si tratta di termini che hanno una lunga storia, non tanto in campo grammaticale17, quanto a livello filosofico e retorico. Possiamo osservare intanto che a motus
animi corrisponde un contenuto forse più generico, nel cui ambito si distinguono
quelle pulsioni irrefrenabili e irrazionali18, definite da Cicerone perturbationes e
poi da Seneca adfectus:
13
E ancora Dosith. GL VII 424, 8-9; Serg. explan. GL IV 489, 11; Prob. GL IV 255, 29; Max. Victorin. GL VI 205, 3-4.
14
Sacerd. GL VI 447, 3; Dosith. GL VII 424, 6; Seru. GL IV 420, 19; IV 443, 19; Serg. explan. GL IV
518, 25; IV 562, 19; Serg. expos. GL VIII 158, 34-35; Pomp. GL V 281, 5; Prob. GL IV 146, 3; IV 255,
29; Cledon. GL V 26, 14-15; V 26, 23; V 79, 32; Max. Victorin. GL VI 204, 20; Asper GL V 554, 13;
Audax GL VII 356, 3; comm. Eins. (Remig. Autiss.) GL VIII 265, 23; Isid. etym. I 14.
15
Si veda a questo proposito il commento di L. Martorelli, Ps. Aurelii Augustini Regulae, cit.,
p. 331.
16
Cfr. M.T. Messina, Passio e perturbatio. Cicerone, Varrone e Girolamo, «Acme», 57 (2004),
p. 263; M. Pugliarello, Prisciano e la lingua delle emozioni, in M. Baratin - B. Colombat - L. Holtz
(eds.), Priscien. Transmission et refondation de la grammaire de l’antiquité aux modernes, Turnhout
2009, p. 387.
17
Adfectus in campo strettamente grammaticale può corrispondere a «diatesi», uis, significatio;
cfr. ad esempio Pomp. GL V 230, 15; Sacerd. GL VI 429, 27; Prisc. GL II 373, 10.
18
M. Pugliarello, Interiectio. Espressività, cit., pp. 74-75.
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Nam misereri, inuidere, gestire, laetari, haec omnia morbos Graeci appellant, motus animi
rationi non obtemperantis, nos autem hos eosdem motus concitati animi, recte, ut opinor,
perturbationes dixerimus (Cic. Tusc. III 4, 7); e ancora: Nam cum omnis perturbatio sit animi motus uel rationis expers uel rationem aspernans uel rationi non oboediens isque motus
aut boni aut mali opinione citetur bifariam, quattuor perturbationes aequaliter distributae
sunt (Cic. Tusc. III 11, 24), mentre Seneca osserva: Adfectus sunt motus animi inprobabiles,
subiti et concitati qui frequentes neglectique fecere morbum (epist. 75, 12).
Nelle Tusculanae disputationes, dedicate all’indagine di temi morali, presentati secondo le differenti prospettive delle principali scuole filosofiche19, Cicerone
utilizza adfectio / adfectiones per designare il variegato mondo emozionale: Vitia
enim adfectiones sunt manentes, perturbationes autem mouentes (Tusc. IV 13, 30),
e anche: uirtus est adfectio animi constans conueniensque, laudabiles efficiens eos,
in quibus est (Tusc. IV 15, 34); fortitudo est [...] adfectio animi legi summae in perpetiendis rebus obtemperans (Tusc. IV 24,53). Tuttavia quando, a proposito della
problematica delle passioni nelle diverse scuole filosofiche, si pone il problema
della corretta traduzione di pathos, ricorre a perturbatio: quae Graeci pavqh uocant,
nobis perturbationes appellari magis placet quam morbos (Tusc. IV 5, 10)20.
Adfectus è diffuso particolarmente in età imperiale, con l’accezione prevalente
di pathos 21. Quintiliano, segnalando la funzione delle passioni nella tecnica oratoria, esplicitava la corrispondenza adfectus-pavqo~ : alteram (speciem) Graeci pavqo~
uocant, quod nos uertentes recte et proprie adfectum dicimus (inst. VI 2, 8); quod
pavqo~ dicitur quodque nos adfectum proprie uocamus (inst. VI 2, 20)22.
La terminologia ciceroniana è difesa da Girolamo, che consiglia perturbationes
in luogo di passiones, come traduzione di pavqh : Quas nos perturbationes interpretati sumus, Graeci pavqh appellant, quae si kakozhvlw~ in passiones uertamus, uerbum magis quam sensum uerbi expresserimus 23, e ancora è ricordata da Agostino:
Has autem quattuor perturbationes secundum Ciceronem, secundum plurimos passiones (ciu. XIV 8)24. Ritornando su passio, è da osservare che, oltre all’occorrenza varroniana, tramandata da Carisio, anche Servio attribuisce a Varrone l’uso del
termine: Varro et omnes philosophi dicunt quattuor esse passiones (ad Verg. Aen.
VI 733-734)25. Appare lecito supporre che già con Varrone passio abbia fatto la sua
19
A. Garcea, Le passioni presso gli antichi. Un percorso attraverso le Tusculanae disputationes di
Cicerone, in C. Bazzanella - P. Kobau (eds.), Passioni, emozioni, affetti, Milano 2002, p. 2.
20
Cfr. ancora Cic. Tusc. III 4, 7; III 10, 23; IV 6, 11; A. Garcea, Cicerone in esilio. L’epistolario e le
passioni, Hildesheim-Zürich-New York 2005, pp.178-181. Si veda S. Moravia, Esistenza e passione,
in S. Vegetti Finzi (a cura di), Storia delle passioni, Bari 20042, p. 12: «La passione [...] è in primissimo
luogo un elemento di perturbazione: anzi è il Perturbante per eccellenza».
21
Cfr. ThLL I 1185, 47–1192, 3. Ad adfectus ricorre anche Cicerone nelle Tusculanae disputationes: adfectus autem animi in bono uiro laudabilis: et uita igitur laudabilis boni uiri (Tusc. V 16, 47),
ma il valore semantico è generico, corrispondente piuttosto a «disposizione dell’animo, inclinazione».
22
Cfr. Quint. inst. VI 2, 32; VIII 3, 67; IX 2, 26.
23
Hier. in Ioel. 1,4,175-7; sulle suggestioni letterarie e filosofiche nell’analisi delle passioni di
Girolamo si veda M.T. Messina, Passio e perturbatio, cit., pp. 253-268.
24
Sulla presenza di perturbatio in Cicerone Agostino si sofferma anche in ciu. VIII 17; IX 4; XIV 5.
25
Lo stesso Servio nel commento a Verg. geo. 2,499 utilizza passio, ma riferisce perturbatio a
Cicerone.
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comparsa, almeno nel lessico grammaticale26, anche se la restante documentazione
si colloca a partire dal II secolo d.C.27
Come si vede, si tratta di voci sinonimiche, che, attraverso differenti suggestioni
letterarie, concordano nell’evocazione del mondo interiore. Nel II secolo d.C. Aulo
Gellio non mostrava dubbi sulla corrispondenza di adfectio e adfectus con pavqo~ :
quos Latini philosophi adfectus uel adfectiones, Graeci pavqo~ appellant (I 26, 10)28,
e dopo due secoli Agostino precisa la gamma dei corrispondenti latini di pavqo~
(perturbatio, adfectio, adfectus, passio): Duae sunt sententiae philosophorum de
his animi motibus, quae Graeci pavqh, nostri autem quidam, sicut Cicero, perturbationes, quidam adfectiones uel adfectus, quidam uero, sicut iste (Apuleius) de
Graeco expressius passiones uocant (ciu. IX 4).
Varietà sinonimica e sostanziale concordanza concettuale caratterizzano dunque
la definizione della causa scatenante delle interiezioni, rappresentata dalle pulsioni
della sfera emotiva; anche sulla concretizzazione delle emozioni e la conseguente
espressione interiettiva il lessico grammaticale appare omogeneo, pur con integrazioni e modifiche. Riprendendo le definizioni riportate da Carisio (311, 3-16 B.),
vediamo che Giulio Romano e Cominiano concordano nell’attribuire alle interiezioni tre valori semantico-espressivi:
motum animi significans, laetantis, ... dolentis, ... admirantis (311, 14-16 B.);
aut laetitiam animi significamus, ... aut dolorem, ... aut admirationem (311, 6-8 B.).
La definizione donatiana dell’Ars minor presenta una quadripartizione degli stati emotivi, che però rispecchia questa suddivisione, integrandola con il metus:
aut laetitiam significamus, ... aut dolorem, ... aut admirationem, aut metum (GL
13-17 = 602, 4-5 Holtz),
IV
366,
mentre nell’Ars maior Donato propone:
aut metuentis, ...; aut optantis, ...; aut dolentis, ...; aut laetantis ... (GL IV 391, 26-28 = 652,
5-7 Holtz),
sostituendo alla categoria della admiratio il sentimento di chi optat, ovvero il desiderio.
La valutazione semantico-psicologica delle interiezioni non costituisce una
innovazione e risale ai grammatici greci, benché inserissero le interiezioni nella
categoria dell’avverbio. Dionisio Trace ne indicava la singolarità semantica, distinguendo le forme scetliastikav, qaumastikav, parakeleuvsew~, qeiasmou`29 e, in
epoca successiva, Apollonio Discolo nel trattato sugli avverbi accenna all’espressività delle forme interiettive30. Ma l’ars grammatica latina manifesta in questo caso
26
Cfr. M.T. Messina, Passio e perturbatio, cit., p. 264.
In particolare, numerose sono le testimonianze apuleiane; cfr. TheslL X 1, 615, 33–618, 5.
28
Cfr. anche Gell. XIX 12, 3.
29
Dion. Thrax GG I, I 77, 1–86, 1 Uhlig.
30
Apoll. Dysc. GG II, I 1, 121, 15-21 Schneider.
27
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la sua specificità, dal momento che la classificazione sulla base degli stati emotivi
si inquadra all’interno della definizione di interiectio, di cui è parte integrante, ed è
indispensabile al fine di chiarirne l’accidens, cioè la significatio.
Come si può vedere, dal momento che la significatio delle interiezioni consiste
nell’espressione dell’emotività interiore, l’esigenza di sistemazione grammaticale
porta i grammatici alla elaborazione di una classificazione focalizzata sul lessico
degli adfectus o passiones, che diventano indispensabile strumento per la definizione della categoria grammaticale. Una veloce rassegna mostra l’allineamento delle
artes a una tassonomia che si ripete nel corso dei secoli. Gli stati emotivi fondamentali paiono essere laetitia e dolor, ricorrenti in tutti i testi latini31. La tripartizione
presente nei frammenti di Giulio Romano e Cominiano (laetitia-dolor-admiratio),
appare integrata da Donato nell’Ars minor con la categoria del metus, ed è riproposta da Prisciano: (Interiectiones) Habent igitur diuersas significationes: gaudii ...
doloris ... timoris … admirationis... (GL III 90, 14–91, 2).
Ma la catalogazione su base affettiva comporta una casistica di categorie semantico-espressive quanto mai vasta e suscettibile di ampliamenti, dal momento che
quot sunt perturbati animi motus, tot uoces reddunt (Ps. Aug. GL V 524, 11-12 =
140, 13 Martorelli) ). Già la definizione di Cominiano si concludeva con il rinvio
alle ulteriori possibilità di classificazione (311, 8-9 B. Ex his colligi deinceps alii
motus animorum possunt ) e la constatazione della vasta portata implicita nel rapporto interiezione-emozione ricorre in altri autori32.
Alcuni grammatici propongono una scelta, a scopo esemplificativo, all’interno
della tipologia più frequente33, altri presentano variazioni, integrazioni e ampliamenti, in una sottile e puntigliosa casistica dell’emotività, che mira a definire le varie sfaccettature del mondo interiore. Così Servio aggiunge l’ira 34 e Probo propone
la sequenza dolemus, laetamur, miramur, bacchamur 35, mentre c’è chi non trascura
la ridiculi animaduersio36. Altri sentimenti ed emozioni danno luogo a ulteriori
31
Solo questi due adfectus in Pomp. GL V 281, 6-7; Serg. expos. GL VIII 158, 36-37.
Sacerd. GL VI 447, 11-12 Item plurimae, quas adfectus faciunt animorum; Diom. GL I 419, 12
et siqua sunt similia quae affectus potius quam obseruationes artis inducant; Dosith. GL VII 424,9 Ex
his deinceps alii motus animorum colligi possunt; Prob. GL IV 146, 5-7 Sic et cetera talia quae cum
motione animi suspiranter promuntur, ad interiectionem pertinere probantur.
33
Ad esempio Ps. Aug. GL V 524, 10 = 141, 11-12 Martorelli (laetitiam, ammirationem, dolorem;
ammirationem è la lezione accolta, a mio parere giustamente, da L. Martorelli, Ps. Aurelii Augustini
Regulae, cit., p. 333); Dosith. GL VII 424, 7-8 (laetitiam, dolorem, ammirationem); Cledon. GL V 26, 18
(gaudentis, dolentis, admirantis); GL V 78, 32-33 (metuentis, optantis, dolentis).
34
Seru. GL IV 443, 23-27 Et haec pars non potest proprium nomen unius cuiusque significationis
tenere, eo quod uariae interiectiones sunt: nam o dolentis legitur, ut «o mihi praeteritos referat si
Iuppiter annos» (Verg. Aen. VIII 560) et irascentis, ut «o callidos homines» (Cic. Scaur. 24); cfr. Isid.
etym. I 14 Interiectio uocata, quia sermonibus interiecta, id est interposita, affectum commoti animi
exprimit, sicut cum dicitur ab exultante uah, a dolente heu, ab irascente hem, a timente ei.
35
Prob. GL IV 146, 3-5 Vario autem motu adfectum animi nostri expromimus ex interiectione. Aut
enim dolemus, ut puta heu hei o eheu ue, aut laetamur, ut puta ua, aut miramur, ut puta babae papae,
aut bacchamur, ut puta euhoe.
36
Serg. explan. GL IV 562, 20-21 Nam aut laetamur, ut bach; aut dolemus, ut heu; aut animaduertimus, ut attat; aut ridiculi animaduersionem exprimimus, ut bobax.
32
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categorie, in elenchi sempre più minuziosi e complessi; la schedatura delle interiezioni è aperta e vengono proposte suddivisioni che riflettono una sempre più vasta
gamma di stati emotivi. Sacerdote presenta una articolata classificazione di sentimenti, e di sfumature affettive, cui corrispondono altrettante interiezioni: laetitiae
uel laudis, irascentis uel dolentis, laetantis et irascentis, laetantis et risus, admirantis, dolentis, admirantis et dolentis, hortantis (GL VI 447, 2-12). La successione più
ampia di stati emotivi (ben sedici) si legge nell’Ars di Diomede: exultantem, uoluptatem, dolentem, gementem, timentem, admirantem, adridentem, hortationem, irascentem, laudantem, uitantem, uocantem, silentium, ironiam, intentius aliquid demonstrantem, ex inprouiso aliquid deprehendentem (GL I 419, 5-11)37.
Questa casistica, aperta e sempre più minuziosa a seconda degli autori, riflette
i due aspetti dei testi grammaticali, che nascono come opere di teoria del linguaggio, di sistemazione normativa e descrittiva della lingua, ma rispondono anche a
esigenze didattiche, mirano a spiegare il funzionamento della lingua e a chiarirne le
ambiguità. Perciò le precisazioni, le distinzioni assolvono la funzione sia di norma
teorica, che di regola pratica a beneficio di allievi e lettori per la corretta interpretazione dei fatti linguistici.
La schedatura delle interiezioni si risolve dunque in una sistemazione che investe non solo la grammatica, ma anche il mondo affettivo, proponendo una vera
e propria tassonomia grammaticale-passionale. L’analisi degli stati emotivi non è
certo appannaggio dei grammatici latini, ma affonda le sue radici nella riflessione
filosofica, che a partire da Platone aveva approfondito il problema delle dinamiche
passionali e del loro rapporto con l’elemento razionale, per giungere alla complessa indagine degli stoici38, che si sviluppa dalla matrice platonico-aristotelica per
arrivare a quella che è stata definita una «tassonomia nosografica delle passioni»39.
All’origine delle pulsioni interiori gli stoici collocano la coppia piacere/dolore che,
con l’aggiunta della dimensione temporale del futuro, genera la seconda coppia
desiderio/paura, cioè attesa di piacere e di dolore40. Da questo schema quadripartito
di stati emotivi, organizzati in una struttura bipolare e in una prospettiva temporale, procede la complessa articolazione della fenomenologia stoica delle passioni41,
di cui Cicerone offre ricca testimonianza specialmente nelle Tusculanae disputationes42, riportando numerose considerazioni, risalenti per lo più a Crisippo, sulla
natura e la dinamica delle quattro perturbationes (libido/laetitia, metus/aegritudo).
Cito a scopo esemplificativo un passo di Cicerone, che attribuisce la quadripartizione delle passioni a Zenone, caposcuola dello stoicismo:
37
Cfr. anche Max. Victorin. GL VI 204, 20–205, 4 (laetantis, timentis, laudantis, exultantis, admirantis, respuentis, animaduertentis, ridentis, exclamantis, coercentis); Asper GL V 554, 13-17 (indignantis, timentis, recordantis, silentium iniungentis, immutantis, admirantis, prohibentis, conquirentis, gementis, refectionis, irridentis).
38
M. Vegetti, Passioni antiche. L’io collerico, in S. Vegetti Finzi (a cura di), Storia, cit., pp. 39-73.
39
Ibi, p. 54.
40
Ibi, pp. 54-58.
41
SVR III frr. 377-420; cfr. M.-F. Delpeyroux, Temps et passions chez Sénèque, «Euphros.», 29
(2001), pp. 277-278.
42
Si veda a questo proposito A. Garcea, Le passioni, cit., pp. 2-18.
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Partes autem perturbationum uolunt (Stoici) ex duobus opinatis bonis nasci et ex duobus
opinatis malis; ita esse quattuor, ex bonis libidinem et laetitiam, ut sit laetitia praesentium
bonorum, libido futurorum, ex malis metum et aegritudinem nasci censent, metum futuris,
aegritudinem praesentibus (Tusc. IV 6, 11)43.
A questa stessa tassonomia dell’emotività alludeva il famoso verso dell’Eneide
in cui Anchise, a proposito della reincarnazione delle anime, rievocava le quattro
passioni primarie: Hinc metunt cupiuntque, dolent gaudentque (Aen. VI 733). Non
a caso Servio commentando il verso virgiliano ricordava la teoria della quadripartizione delle passioni, attribuendo a Varrone, accomunato ad omnes philosophi, una
definizione delle passioni in linea con la riflessione stoica:
Varro et omnes philosophi dicunt quattuor esse passiones, duas a bonis opinatis et duas a
malis opinatis rebus: nam dolere et timere duae opiniones malae sunt, una praesentis alia
futuri: item gaudere et cupere opiniones bonae sunt, una praesentis altera futuri 44.
Al passo, già ricordato sopra a riprova della presenza di passio in Varrone, si
può aggiungere un’altra citazione serviana, nel commento ad geo. II 499: aut doluit
inopem aut inuidit habenti. Servio osserva:
Cicero in Tusculanarum quinto libro hoc tractat, in quem cadit una mentis perturbatio,
posse in eum omnes cadere, sicut potest omni uirtute pollere, cui uirtus una contigerit. Vnde
nunc Vergilius noluit rustico adsignare misericordiam, ne ei daret etiam ceteras animi passiones, quas nouimus et a bonis et a malis rebus uenire: a bonis opinatis duas, unam praesentis temporis, ut gaudium, et unam futuri, ut spem; a malis similiter duas, unam praesentis, ut dolorem, et unam futuri, ut metum: quas passiones esse animi non dubium est,
unde etiam ipse in sexto «Hinc metunt cupiuntque, dolent gaudentque».
Quest’ultima annotazione è significativa per la presenza dei due sinonimi, perturbationes, in riferimento a Cicerone, e passiones, che, se diamo credito alla precedente citazione e al frammento di Giulio Romano riportato da Carisio, dovrebbe
risalire a Varrone; le due chiose a Virgilio, inoltre, mostrano che a Servio, grammaticus della fine del IV secolo, era ben nota la speculazione filosofica sull’analisi e la
partizione delle passioni.
Se ora riprendiamo la definizione proposta da Donato nell’Ars maior, vediamo
che essa riflette precisamente la quadripartizione di matrice stoica:
aut metuentis, ut ei; aut optantis, ut o; aut dolentis, ut heu; aut laetantis ut euax (GL IV 391,
27-28 = 652, 6-7 Holtz).
Dobbiamo pensare che questa tematica filosofico-psicologica fosse presente ai
grammatici, vuoi per merito di Varrone, cui risale comunque buona parte della tradizione grammaticale antica, vuoi tramite conoscenza diretta o indiretta di opere
che trattassero tali temi; conosciamo l’importanza di Cicerone nella cultura antica
43
Sulla quadripartizione delle passioni si vedano ancora Cic. Tusc. III 11, 24-25; V 7, 14-15; fin. III
35; Aug. ciu. XIV 5 e 8; Macr. somn. Scip. I 8, 11; per la presenza del tema in Girolamo si veda M.T.
Messina, Passio e perturbatio, cit., pp. 253-268.
44
Seru. ad Verg. Aen. VI 733.
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e nella tradizione scolastica e possiamo ritenere che le considerazioni delle Tusculanae disputationes fossero ben note ai maestri.
Nell’Ars minor di Donato appare una differente categoria, admiratio, che sostituisce la cupiditas:
aut laetitiam significamus, ut euax, aut dolorem, ut heu, aut admirationem, ut papae, aut
metum, ut attat, et siqua sunt similia (GL IV 366, 15-16 = 602, 4-5 Holtz)
Admiratio, nell’accezione di «stupore, meraviglia»45, è presente in molte definizioni, da quella di Giulio Romano in poi, spesso esemplificata appunto da papae 46.
La preferenza per questa passio o adfectus può collegarsi alla prassi grammaticale
e all’esigenza di proporre exempla d’autore che illustrassero la pars orationis e
le sue caratteristiche; per l’admiratio, in particolare, i maestri potevano reperire
ampio materiale di riferimento nei dialoghi teatrali. Questa considerazione ci porta
direttamente a quello che è uno dei fattori di sviluppo della teoria linguistica latina,
e cioè la prassi didattica. La lettura e il commento degli autori, che costituivano una
parte fondamentale del corso del grammaticus, offrivano molteplici occasioni di
illustrare e commentare i fenomeni interiettivi; pensiamo alle commedie, ma anche
ai passi più drammatici dell’Eneide o a certe orazioni ciceroniane; la spiegazione
del maestro, non potendo focalizzare aspetti formali e normativi, verteva in questi
casi sull’interpretazione psicologica dell’espressione emotiva.
In questa irruzione dell’emotività tramite le interiezioni, interfaccia tra sfera interiore e mondo esterno, sono dunque le pulsioni interiori, le passioni, a modellare
il significato della manifestazione sonora, perciò la stessa forma può corrispondere
a più sfumature affettive. I grammatici mostrano una certa consapevolezza di quella
che oggi viene definita l’indifferenza semantica delle interiezioni47, dal momento
che sono espresse solo in presenza dello stato d’animo che le provoca48 e per una
loro piena comprensione è necessaria una lettura sintagmatica49.
A partire da Giulio Romano heu è in genere considerata interiectio dolentis
(Char. 311, 16 B.); per Diomede è interiezione che significat ... gementem (GL I
419, 6), mentre Sacerdote vi individua due differenti sfumature affettive: interiectio
irascentis uel dolentis (GL VI 447, 4). L’interiezione phy secondo Diomede significat… ironiam (GL I 419, 10), mentre per Massimo Vittorino è interiectio respuentis
45
ThlL I 738, 20 affectus obstupescentis.
Sacerd. GL VI 447, 7; Don. GL IV 366, 16 = 602, 4 Holtz; Char. 311, 16 B.; Diom. GL I 419, 7;
Prob. GL IV 146, 5; Max. Victorin. GL VI 204, 22; Asper GL V 554, 15; Petr. GL VIII 171, 19; comm.
Eins. (= Remig. Autiss.) GL VIII 266, 14-15.
47
I. Poggi, Le interiezioni, cit., pp. 74-82; J.B. Hofmann, La lingua d’uso latina, a cura di L. Ricottilli, Bologna 19852, p. 106; M. Pugliarello, Interiectio. Espressività, cit., p.79; cfr. Serg GL IV 443,
23-24 Et haec pars non potest proprium nomen unius cuiusque significationis tenere, eo quod uariae
interiectiones sunt; Prisc. GL III 90,14 habent igitur diuersas significationes.
48
Ps. Aug. GL V 524, 11 = 141, 13 Martorelli Ergo quot sunt perturbati animi motus, tot uoces
reddunt; Serg. expos. GL VIII 158, 35-36 Item interiectiones non habent propria nomina, sed pro qualitate sentientis uel uolentis agnoscuntur.
49
Diom. GL I 419, 4-5 Haec (interiectio) uel ex consuetudine uel ex sequentibus uerbis uarium
affectum animi ostendit; Cledon. GL V 79, 33 Interiectionem dolentis pro sensu intellegimus.
46
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(GL VI 204, 22). Anche hui esprime ironia per Diomede (GL I 419, 10); invece nel
trattato tardo attribuito ad Aspro è interiectio timentis (GL V 554, 14). Donato (GL
IV 391, 27 = 652, 6 Holtz) e Dositeo (GL VII 424, 10) presentano o come interiectio
optantis, nel Commentum all’Ars maior di Servio la medesima forma è considerata
interiectio dolentis e irascentis (GL IV 443, 24-27), per Sacerdote è interiectio admirantis et dolentis (GL VI 447, 8)50 e Prisciano ricorda che o indignationem significat uel dolorem uel admirationem (GL III 91, 6); sempre per l’espressione del dolor, Prisciano segnala anche ei, benché significato prevalente di ei nella tradizione
grammaticale sia il metus 51. Anche per attat, cui Donato ricorre per l’espressione
del metus nell’Ars minor (GL IV 366, 16 = 602, 5 Holtz), la gamma interpretativa è
varia, dal metus 52 allo stupor 53.
Innumerevoli sono dunque, nell’ars grammatica, le voci delle passioni e per
formalizzarle nella loro potenzialità evocativa i grammatici ricorrono naturalmente ad esempi d’autore. A parte la ricca esemplificazione prodotta da Carisio, che,
derivando da Giulio Romano, tramanda per lo più versi di comici e tragici di età
arcaica, è all’ampia scelta offerta dalle opere virgiliane che i grammatici prevalentemente attingono.
Così il famoso verso di Aen. II 274 – Ei mihi qualis erat, quantum mutatus ab
illo/ Hectore – è citato da Prisciano per illustrare la significatio doloris di ei (GL III
90, 17-18) e compare con la stessa finalità nei testi di Probo (GL IV 146, 13 = Audax
GL VII 356, 11) e Cledonio (GL V 79, 12); per o interiectio dolentis Servio (GL IV
443, 26) e Cledonio (GL V 79, 3) si rivolgono a Aen. VIII 560 o mihi praeteritos
referat si Iuppiter annos. Prisciano esemplifica le interiezioni di dolore mediante
versi virgiliani; per ei: Ei mihi qualis erat, quantum mutatus ab illo / Hectore (Aen.
II 274-275)54; per o: O dolor atque decus magnum rediture parenti (Aen. X 507)55;
per a: A, silice in nuda conixa reliquit (buc. 1, 15)56 e ancora: A tibi ne teneras glacies secet aspera plantas (buc. 10, 49).
Ancora, Sergio (explan. GL IV 562, 23-24) e Massimo Vittorino (GL VI 204, 2425) utilizzano Aen. VIII 688 (sequiturque, nefas, Aegyptia coniunx) e geo. I 478 (pecudesque locutae, infandum) per illustrare l’uso con valore interiettivo di aliae partes orationis 57. Naturalmente, non sempre gli esempi sono suffragati dall’auctoritas
50
51
I
Si veda anche Prob. GL IV 146, 4; Cledon. GL V 79, 1.
Don. GL IV 391, 27 = 652, 6 Holtz; Diom. GL I 419, 7; Max. Victorin. GL VI 204, 21; Isid. orig.
14.
52
Diom. GL I 419, 7; Prisc. GL III 90, 26-27: Dosith. GL VII 424, 9; Petr. GL VIII 171, 19-20.
Diom. GL I 419, 11; Serg. GL IV 562, 21; Max. Victorin. GL VI 204, 23; cfr. ancora Don. ad Ter.
Andr. 125; ad Ter. eun. 727.
54
Prob. GL IV 146, 13; Cledon. GL V 79, 12; Audax GL VII 356, 11.
55
Sacerd. GL VI 447, 10.
56
Ps. Aug. GL V 524, 15 = 141, 19 Martorelli.
57
Ricordo, a titolo d’esempio, altre citazioni; per Sacerdote: Ter. ad. 447; Andr. 589; heaut. 84;
Verg. Aen. I 437; IV 569; V 623; VII 293 (GL VI 447, 4-11); per Servio: Cic. Scaur. 21; Verg. Aen. IV
590 (GL IV 443, 22-27); per Probo: Ter. ad. 38 e 124; Cic. Catil. II 14 e 24; Verg. Aen. II 274; III 489
(GL IV 146, 10-34); per Prisciano, oltre ai passi virgiliani sopra ricordati, Ter. eun. 229-231; 756; Verg.
Aen. I 251; V 501; XII 820; Luc. Phars. III 73 (GL III 90, 25–91, 20).
53
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degli scrittori. In qualche caso si tratta di espressioni generiche, che riflettono una
immediata esigenza didattica di esemplificazione, come ad esempio pro dolor di
Servio (GL IV 420, 21), ue misero mihi che leggiamo negli Instituta artium attribuiti
a Probo (GL IV 146, 19), heu amicus meus mortuus est di Cledonio (GL V 26, 14-15)58.
Alla fine di questo breve e sommario excursus fra sentimenti, grammatica e letteratura, si può dire che se le interiezioni sono forme anomale, marginali e irriducibili al sistema linguistico, i grammatici latini riescono tuttavia a imbrigliarle in una
descrizione normativa, che procede dall’analisi e dalla classificazione della causa
scatenante delle interiezioni, che consiste nelle pulsioni della sfera interiore, e in
quest’opera di sistemazione grammaticale-psicologica essi riescono avvalendosi
degli strumenti del mestiere, ovvero utilizzando l’apporto della riflessione filosofica sulle passioni, per l’aspetto tassonomico-descrittivo, e offrendo come esemplificazione i testi della produzione letteraria, che sono quelli propri del tradizionale
curriculum di studi della scuola tardo-antica.
Abstract: The grammaticus’ passions. Latin grammarians regard interjection as a pars orationis whose function is to express passions, and consider it the privileged form to express
inner emotivity. Interiectiones make inner emotivity emerge, be formalized in language and
thus fully communicated, also with the contribution of extralinguistic elements. The pattern
of the chapter De interiectione is repeated almost unchanged in the various artes: the texts
adopt a classification based on semantic-expressive categories which correspond to the different states of mind. In this way their definition involves both grammar and the emotional
world. This grammatical-emotional taxonomy has significant elements in common with the
representation of passions in the ancient world, especially in stoic philosophy, and the traditional quadripartition of passions (joy-pain, desire-fear), mentioned for example by Cicero,
is also present in the overall definition of interjections by the artes.
Keywords: Latin grammarians, Interjection, Taxonomy, Passions, Stoic philosophy.
58
Così anche Serg. explan. GL IV 489, 14-15: Dicis «uah mortuus est Achilles», ostendisti quod
hoc laete feras. Item dixisti «uae mortuus est Achilles», ostendisti quod maeste feras; cfr. Petr. GL
VIII 171, 14-15.
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