PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA MERIDIONALE
SEZIONE S. TOMMASO D’AQUINO - NAPOLI
CAMPANIA SACRA
Rivista di Storia Sociale e Religiosa del Mezzogiorno
VOLUME 43
1-2
ANNO 2012
Chiesa e Risorgimento
nel Mezzogiorno
a cura di
UGO DOVERE
In copertina:
Antonio Licata, Entrata di Garibaldi a Napoli.
Olio su tela, 1860 - Napoli, Museo di San Martino.
Con il contributo del Servizio nazionale
per gli studi superiori di teologia e di scienze religiose
della Conferenza Episcopale Italiana.
CAMPANIA SACRA
Rivista di Storia Sociale e Religiosa del Mezzogiorno
Pubblicazione semestrale
della Pontificia Facoltà Teologica
dell’Italia Meridionale
Sezione S. Tommaso d’Aquino - Napoli
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DIP
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DSMC
Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, diretto
da Francesco Traniello e Giorgio Campanini, 5 voll., Marietti,
Casale Monferrato 1981-1984.
EE
Enchiridion delle encicliche. La vita e il pensiero della
Chiesa nelle parole dei suoi pastori, 8 voll., Edizioni Dehoniane, Bologna 1999-
GALANTE
G. A. GALANTE, Guida sacra della città di Napoli, a cura di
Nicola Spinosa, Società Editrice Napoletana, Napoli 1985.
HC
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documentis Tabularii praesertim Vaticani collecta, digesta, edita, VII-VIII, per Remigium Ritzler et Pirminum Sefrin,
Typis et sumptibus Domus editorialis Il Messaggero di S. Antonio, Patavii 1968-1978.
MORONI
Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro
sino ai nostri giorni, compilazione di Gaetano Moroni, voll.
103, Dalla Tipografia Emiliana, Venezia 1840-1879.
NN
Napoli Nobilissima s. I (1892-1906), s. II (1920-1922),
s. III (1961)-
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La Scienza e la Fede (1841-1888).
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Spicilegium Historicum Congregationis SS.mi Redemptoris 1 (1953)MICHELE MIELE
«SIAMO NEL SECOLO DELLA MASSONERIA»
Vescovi pugliesi e massoneria dopo l’unità d’Italia
LUIGI MICHELE DE PALMA
I pronunciamenti collettivi dell’episcopato pugliese, susseguitisi dal 1892
in poi, molto spesso fanno riferimento al clima anticlericale che permeava i
rapporti fra Stato e Chiesa e agli indirizzi legislativi e politici dei governi postunitari1. Sono numerosi, infatti, gli accenni espliciti dei vescovi ai provvedimenti governativi finalizzati a vanificare l’influenza della Chiesa, dell’episcopato e della morale cattolica sulla vita politica e sociale della nazione, riguardanti in particolare i temi del matrimonio, dell’educazione scolastica, dell’attività
caritativa e della cremazione, nonché del foro ecclesiastico, dei beni ecclesiastici, dell’associazionismo cattolico e della vita delle comunità religiose2.
La prima riunione dell’episcopato pugliese si svolse a Bari dal 10 al 14 ottobre 1892 e dava seguito alle disposizioni della Congregazione dei Vescovi e Regolari del 24 agosto 1889, le quali disciplinavano le riunioni dei vescovi, raccolti secondo criteri regionali, più o meno corrispondenti alla
suddivisione delle regioni del Regno d’Italia. Le riunioni dei presuli pugliesi e quelle degli altri episcopati furono il preludio della costituzione delle conferenze episcopali regionali. La genesi e lo sviluppo della Conferenza Episcopale Pugliese sono stati ricostruiti da S. PALESE, Per la storia della Conferenza Episcopale Pugliese, in Vescovi e Regione in cento anni di storia (1892-1992). Raccolta di
testi della Conferenza Episcopale Pugliese, a cura di Salvatore Palese e Francesco Sportelli, Congedo,
Galatina 1994, pp. XI-LVII. Per la storia della Conferenza Episcopale Italiana (CEI) si veda F. SPORTELLI,
La Conferenza Episcopale Italiana (1952-1972), Congedo, Galatina 1994. Ringrazio il professore Angelantonio Spagnoletti per i suggerimenti che ha voluto gentilmente fornirmi con l’amicizia di sempre.
2
I temi accennati sono stati approfonditi nel denso volume di G. VERUCCI, L’Italia laica prima e
dopo l’unità 1848-1876, Laterza, Roma-Bari 21996; sono ancora utili anche le indicazioni bibliografiche segnalate da J.-P. VIALLET, Anticléricalisme et laïcité en Italie. Bilan historiographique, in
Mélanges de l’Ecole Française de Rome. Moyen-Age, Temps Modernes 98 (1986) 2, pp. 837-862;
nonché le note di G. MARTINA, Aspetti dell’anticlericalismo in Europa nell’Otto e Novecento,
Gregoriana, Roma 22005. Un motivo di scontro particolarmente aspro, che vide in prima fila alcuni esponenti della massoneria italiana, sostenitori di una morale laica, fu l’introduzione della cremazione nella legislazione civile. Per questo tema si vedano gli studi compresi in La morte laica, 2 voll.,
Scriptorium, Torino 1998. Per uno sguardo complessivo ai problemi storiografici inerenti la muratorìa,
specialmente italiana, si rinvia a La massoneria, a cura di Gian Mario Cazzaniga, Einaudi, Torino 2006
1
518
LUIGI MICHELE DE PALMA
La voce dei vescovi, oltre che levarsi a controbattere le posizioni di un anticlericalismo laicista tipico dei governi post-unitari (impegnati a combattere
qualunque ingerenza politica della gerarchia), formulava le sue critiche contro l’anticlericalismo ideologico, riconosciuto nelle correnti antireligiose dell’illuminismo, del razionalismo, del positivismo, del libero pensiero, dell’ateismo e del socialismo, spesso ripetendo quanto era stato espresso in precedenza dal magistero pontificio e tramite i molteplici interventi della Santa
Sede3. In particolare, poi, l’episcopato pugliese si mostrava alquanto preoccupato per il diffondersi sul territorio della regione di gruppi protestanti e
per l’accrescersi della loro propaganda. Entrambi i fenomeni erano ritenuti
favoriti dalla politica di liberalizzazione dei culti, introdotta dai governi.
Nel quadro della lotta all’anticlericalismo politico e teorico di fine secolo
trovavano spazio gli accenni alla massoneria, considerata per eccellenza la setta
più avversa ai principî della fede cattolica e nemica dell’ordine sociale4.
(Storia d’Italia. Annali 21); e più in generale a Massoneria e religioni, a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann 1994; Massoneria e Chiesa Cattolica. Atti del Convegno di studi di Ravenna dell’1-2 giugno 2004, Gris, Bologna 2004 (fascicolo monografico di Religioni e Sette nel
Mondo. Rivista trimestrale di cultura religiosa n. 27, 2004).
3
Per un confronto con il magistero dei singoli vescovi si dispone dei seguenti repertori, comprendenti anche i documenti collettivi degli episcopati regionali: Le lettere pastorali dei vescovi di
Bolzano-Bressanone e Trento in età contemporanea. Repertorio ed indicizzazione, in Annali
dell’Istituto Storico Italo-Germanico in Trento 14 (1988) pp. 463-554; Lettere pastorali dei vescovi della Toscana, a cura di Bruna Bocchini Camaiani e Daniele Menozzi, Marietti, Genova 1990;
Lettere pastorali dei vescovi torinesi, a cura di Walter Crivellin e Giuseppe Tuninetti, Centro studi sul
giornalismo piemontese Carlo Trabucco, Torino 1992; Lettere pastorali dei vescovi della Lombardia,
a cura di Maurizio Sangalli e Xenio Toscani, Herder, Roma 1998; Lettere pastorali dei vescovi delle
diocesi di Biella e Ivrea, a cura di Marco Neiretti e Roberta Reinerio, Fondazione Carlo Donat-Cattin,
Torino 1998; Lettere pastorali dei vescovi delle diocesi di Alessandria, Asti, Pinerolo, Saluzzo, a
cura di Franco Betteto et al., Fondazione Carlo Donat-Cattin, Torino 1998; Lettere pastorali dei vescovi dell’Umbria, a cura di Bruna Bocchini Camaiani e Maria Lupi, Herder, Roma 1999; Lettere pastorali dei vescovi di Terra d’Otranto, a cura di Donato Del Prete, Herder, Roma 1999; Lettere pastorali dei vescovi del Veneto, a cura di Marcello Malpensa, Herder, Roma 2002; Lettere pastorali dei
vescovi vercellesi, a cura di Mario Capellino e Flavio Quaranta, Vercelli 2002; Lettere pastorali dei
cardinali suburbicari 1870-1958, a cura di Augusto D’Angelo e Fabio Tosi, Istituto Nazionale di Studi
Romani, Roma 2005. Per l’episcopato pugliese si veda lo studio e la bibliografia riportata in A.
DARGENIO, Chiesa e società nelle lettere pastorali degli arcivescovi di Trani, Barletta, Bisceglie e
Nazareth nella prima metà del XX secolo, Ecumenica, Bari 2007, pp. 29-30.
4
I termini dello scontro e delle numerose condanne pronunciate dai vertici ecclesiastici vengono esaminati in J. A. FERRER BENIMELI, Origini, motivazioni ed effetti della condanna vaticana,
e in D. MENOZZI, Cattolicesimo e massoneria nell’età della Rivoluzione francese, in La massoneria, rispettivamente pp. 143-165 e pp. 165-192. Per una raccolta di fonti del magistero pontificio è
utile A. PELLICCIARI, I papi e la massoneria, Ares, Milano 2007.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
519
Tuttavia il richiamo dei vescovi alla massoneria restava sporadico e rivelava
una lenta evoluzione, che passava dalla generica allusione all’esplicita menzione. Nella lettera collettiva dell’episcopato pugliese, sottoscritta a Bari e pubblicata in concomitanza con la prima riunione della Conferenza episcopale regionale del 14 ottobre 1892, i presuli denunciavano gli attuali «tempi tristi»,
entro cui, con ogni mezzo, le forze anticlericali continuavano a sferrare i loro
attacchi contro la fede cattolica. Si trattava di «sette malvagie» – affermavano
i vescovi – «che si organizzano, si estendono da per tutto, con intento di guerreggiare e distruggere il Regno di Dio sulla terra»5. Trascorso quasi un quarantennio, cinque anni dopo la dichiarata incompatibilità fra l’iscrizione al
Fascio e l’appartenenza alla massoneria, nonché alla vigilia della conciliazione fra Stato e Chiesa, l’episcopato pugliese, nella solenne assise del Concilio
plenario (Molfetta 21-28 aprile 1928), evocò esplicitamente la massoneria
nella prima parte dei decreti, dedicata alla fede cattolica6. I parroci, i predicatori e i confessori venivano esortati a rendere nota ai fedeli la proibizione di
iscriversi a sette nemiche del cattolicesimo e specialmente alla massoneria:
Iidem in sectas catholico nomini infensas, præcipue in massonicam, de quibus in
canone 2335, maximum in fideli populo orrore excitent, tamquam principia fidei catholicæ et societatis civilis subvertentes7.
Il riferimento è un’eco delle condanne contenute nel Codex Iuris Canonici (1917)8. Infatti, negli anni successivi alla promulgazione del codice furono numerosi i concili provinciali, fra cui quello pugliese del 1928, convocati
per favorire la recezione della normativa codiciale e rendere conforme al diritto comune il diritto particolare delle diocesi, mentre nei decreti promulgati
dalle singole assemblee episcopali si riflettono le misure restrittive sancite dal
Vescovi e Regione, p. 28.
Sulla storia del concilio si vedano L. M. DE PALMA, La cronaca del Concilio plenario pugliese
(1928), in Odegitria 4 (1997) pp. 245-278, e P. MANDRACCHIA, Il Concilio plenario pugliese, Molfetta 1928, Pontificia Università della Santa Croce - Facoltà di Teologia (estratto di tesi), Roma 2004.
7
Vescovi e Regione, p. 163, n. 7. In questo volume vengono nuovamente pubblicati i decreti
conciliari.
8
Per un esame dettagliato delle sanzioni canoniche riguardanti i massoni si rinvia agli studi di
Z. SUCHECKI, La massoneria nelle disposizioni del «Codex Iuris Canonici» del 1917 e del 1983,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1997; ID., Chiesa e massoneria, Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 2000.
5
6
520
LUIGI MICHELE DE PALMA
Codex nei confronti dei massoni9. Ventidue anni dopo il Concilio plenario,
nel contesto politico, sociale e culturale repubblicano, democratico e pluralista, i presuli pugliesi tornarono a fare da cassa di risonanza alle condanne
della Santa Sede e in una esortazione al clero della regione (26 aprile 1950)
contro le minacce della propaganda laicista e ateista affermarono:
Vi denunciamo la palese propaganda dei partiti avversi alla fede e alla religione,
condannati dalla Chiesa con il recente Decreto del Santo Ufficio; ed insieme quella più
silenziosa e occulta che, specie in certi settori, va compiendo la Massoneria, falsamente asserendo che non è più condannata dalla Chiesa, e che si può essere in buona
coscienza massoni e cattolici. Notificate al pubblico che la Massoneria è condannata,
che gl’iscritti sono scomunicati, che non è lecito dare il nome alla setta, che quelli che
si fossero iscritti hanno preciso dovere di uscire10.
Anche in questo caso alcune espressioni usate dai vescovi ricalcano il can.
2335, ma, così come nei precedenti pronunciamenti, non affiorano riferimenti specifici alla massoneria sul territorio della regione e neppure a episodi o a situazioni sofferte dalle Chiese locali, la cui responsabilità venga attribuita ai gruppi massonici esistenti in Puglia. Per altro, sono assenti richiami
espliciti al movimento di unificazione nazionale, che vide fra i protagonisti
principali, accanto a monarchici e repubblicani, la carboneria, nota per le sue
mete rivoluzionarie e considerata figlia naturale della massoneria. Eppure non
mancano testimonianze riguardanti i patimenti subiti dai vescovi, congiuntamente alle Chiese pugliesi, in conseguenza dei moti rivoluzionari che si susseguirono nel meridione d’Italia nel corso del XIX secolo, fino all’annessione al
Regno d’Italia, così come sono note le denunce e le proteste di numerosi
vescovi contro i soprusi perpetrati dai governi post-unitari a danno delle strutture e dell’organizzazione delle Chiese locali. Resta, pertanto, da acclarare se
i vescovi abbiano realmente ricondotto all’influenza politica dei gruppi massonici locali i disagi vissuti dalle comunità ecclesiali, prima e dopo l’unificazione
9
Si veda a riguardo S. FERRARI, Sinodi e concili dalla grande guerra al Vaticano II, in I cattolici nel mondo contemporaneo 1922-1958, a cura di Maurilio Guasco, Elio Guerriero, Francesco
Traniello, SAIE, Cinisello Balsamo 1991, pp. 203-229; R.P. VIOLI, Episcopato e società meridionale durante il fascismo (1922-1939), AVE, Roma 1990, pp. 177-190.
10
Vescovi e Regione, p. 335, n. 6. Il testo fu redatto da Marcello Mimmi, arcivescovo di Bari, e
venne approvato dai vescovi nel corso della riunione svoltasi a Molfetta dal 26 al 27 aprile 1950.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
521
nazionale, e riconosciuto negli aderenti alla setta i fautori della persecuzione
in atto contro la Chiesa. Dapprima, però, si deve tentare di ricostruire un quadro complessivo della presenza massonica in Puglia e della sua organizzazione
regionale.
La massoneria in Puglia
Fino al Decennio francese le notizie sono scarse, tuttavia si conoscono i
nomi di alcuni pugliesi entrati a far parte della massoneria napoletana: il nobile Giuseppe de Gemmis (1734-1812) di Terlizzi, l’avvocato Giuseppe Reali
(1737- ?) di Bovino, il nobile terlizzese Felice Lioy (1743-1826), nonché
Vincenzo Volpicella (1748-1833) avvocato e letterato di Molfetta11. La prima
loggia pugliese venne fondata a Terlizzi nel 1775 da Felice Lioy12 e un’altra
sorse a Barletta nel 178913, entrambe, però, come del resto le altre logge del
regno, non ebbero vita duratura per effetto degli editti antimassonici di Ferdinando IV (1775 e 1789).
La massoneria fu reintrodotta durante il regno di Giuseppe Bonaparte e
visse una nuova primavera specialmente sotto l’egida di Gioacchino Murat.
Nel 1813 si contavano otto logge in Terra di Bari, quattro in Terra d’Otranto
e tre in Capitana14, ciò nonostante la massoneria napoleonica non riuscì a
compensare la congiuntura della massoneria settecentesca, anzi «alla crisi della Massoneria che […] ha avuto posizione rilevante nelle province pugliesi
nella seconda metà del Settecento, segue un pullulare di Sette nei paesi dell’orbita napoleonica»15. Infatti, «contro l’assolutismo e il dispotismo di sovrani
Cf. F. BRAMATO, Napoli massonica nel Settecento. Dalle origini al 1789, Longo, Ravenna
1980, pp. 33, 38, 55, 63. In generale per il Regno di Napoli si veda A. M. RAO, La massoneria nel
Regno di Napoli, in La massoneria, pp. 513-542.
12
Sulla personalità di Lioy e sul ruolo svolto in seno alla massoneria napoletana si vedano gli
studi di F. BRAMATO, Felice Lioy difensore dei massoni napoletani nel 1776, in Rivista Massonica
n.s. 68 (1977) n. 12, pp. 136-146, e di R. SILVESTRI BAFFI, Tre secoli di storia minore pugliese da
una cronaca familiare e da documenti inediti (1573-1874), Schena, Fasano 1978, pp. 167-177.
13
Cf. F. BRAMATO, Le logge massoniche in Terra di Bari nell’età murattiana, in Il Decennio
francese in Puglia (1806-1815), Bracciodieta, Bari 1981, p. 229.
14
Cf. ivi, p. 228 nota 8.
15
T. PEDÌO, Galantuomini, civili e popolani nelle vendite carbonare di Terra di Bari prima
e dopo il luglio del 1820, in Risorgimento e Mezzogiorno 2 (1991) n. 1, p. 47.
11
522
LUIGI MICHELE DE PALMA
Giuseppe de Gemmis (1734-1812).
Olio su tela, inizi XIX secolo.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
523
imposti da Napoleone i Filadelfi, i Patrioti europei, i Greci in solitudine, i Decisi» e anche i Rosa Croce si diffusero nei centri pugliesi fin dopo la restaurazione borbonica e molti dei loro affiliati, insieme ai massoni, entrarono a
far parte della carboneria.
Sebbene circoscritti alla Terra di Bari, sono significativi i dati emergenti
dall’inchiesta compiuta dalla polizia borbonica all’indomani della concessione della costituzione (6 luglio 1820), durante il Nonimestre costituzionale
(luglio 1820 - aprile 1821). Furono schedati complessivamente 8.350 carbonari, iscritti a 64 Vendite, tuttavia il loro numero non deve impressionare perché – ha affermato Tommaso Pedìo – la carboneria, uscita dalla clandestinità, dopo il 1820 aveva visto raddoppiare i propri adepti, ma continuava a
rappresentare soltanto una minoranza della popolazione:
I vecchi e i nuovi affiliati corrispondono al 2,25% della popolazione accertata nel
1821 in tutta la provincia in 370.039 abitanti, al 4,41% della popolazione maschile
accertata nel 1821 in 185.085 unità e al 6,82% della popolazione maschile adulta
accertata nel 1821 in 122.316 unità. Degli 8.350 carbonari schedati nel Registro dei
sorvegliati politici 4.246, pari al 50,85% si sono affiliati prima del luglio del 1820
quando questa Setta operava in clandestinità, 4.104, pari al 49,15% degli schedati, si
sono affiliati dopo la promulgazione della Costituzione durante il Nonimestre costituzionale. Dei carbonari schedati nel 1821 il 2,57%, ossia 215, sono schedati anche
come Massoni16.
Altri dati relativi alla Puglia attestano il lento progresso delle logge massoniche fin oltre un decennio dall’Unità d’Italia e la loro differente obbedienza17.
16
Ivi, p. 49. Sulla base dei dati raccolti da Pedìo – seppure con prudenza a riguardo della loro
attendibilità – è possibile rilevare la presenza dei massoni nei singoli centri del barese e il rapporto massoni/carbonari: Acquaviva delle Fonti 7/70; Alberobello 2/60; Altamura 6/97; Andria 23/223;
Bari 0/613; Barletta 22/182; Binetto 0/23; Bisceglie 9/197; Bitetto 0/61; Bitonto 5/146; Bitritto 1/75;
Canneto 1/138; Canosa 2/172; Capurso 91/91; Carbonara 0/77; Casamassima 2/63; Cassano Murge
0/63; Castellana 46/127; Ceglie del Campo 0/37; Cellamare 9 carbonari (affiliata a Capurso);
Cisternino 0/77; Conversano 1/150; Corato 6/299; Fasano 3/193; Gioia del Colle 1/164; Giovinazzo
8/176; Gravina in Puglia 2/148; Grumo Appula 0/72; Loseto 0/8; Minervino Murge 0/255; Modugno
0/88; Mola di Bari 1/191; Molfetta 2/292; Monopoli 1/240; Montrone 0/70; Noci 0/78; Noja 4/108;
Palo del Colle 0/113; Polignano a Mare 2/75; Putignano 43/90; Rutigliano 5/127; Ruvo di Puglia
8/168; San Michele di Bari 2/65; Sannicandro 0/82; Santeramo in Colle 0/77; Spinazzola 7/252;
Terlizzi 11/270; Toritto 2/93; Trani 35/308; Triggiano 0/87; Turi 0/54; Valenzano 0/67.
17
I dati che seguono sono tratti dagli elenchi pubblicati da L. POLO FRIZ, Logge in Italia dal 1815
al 1870, in Massoneria Oggi 5 (1998) n. 4, 25-40. Per uno sguardo generale sulle logge pugliesi
524
LUIGI MICHELE DE PALMA
La loggia di Bari risulta operante dal 1834 al 1864; fra il 1861 e il 1869 prestavano obbedienza al Supremo Consiglio di Palermo le logge di Bari, di
Barletta (presso cui fu costituito un capitolo), di Foggia (2), di Gravina e di
Lucera. Fra il 1861 e il 1871 è nota in Bari una loggia indipendente e un’altra a Barletta; dal 1863 al 1875 erano obbedienti al Supremo Consiglio di
Napoli le logge di Acquaviva delle Fonti, di Bari, di Barletta, di Corato e di
Ruvo di Puglia; fra il 1864 e il 1871 facevano capo al Grande Oriente d’Italia
le logge di Acquaviva delle Fonti, di Altamura, di Andria, di Bari (3), di
Barletta (2), di Bitonto, di Brindisi, di Conversano, di Foggia, di Gallipoli, di
Laterza, di Lecce, di Lucera, di Martina Franca, di Molfetta, di Monopoli, di
Palo del Colle, di Taranto, di Terlizzi e di Trani, mentre un’altra loggia di Bari
obbediva al Supremo Consiglio di Torino (1887).
Con l’avvento del nuovo secolo la Puglia diventò una delle regioni con la
più alta concentrazione di logge massoniche (24) affiliate al Grande Oriente
d’Italia, mentre all’inizio del 1912 obbedivano alla Gran Loggia d’Italia le
logge di Barletta e di Foggia, quella in formazione di Cerignola e i triangoli di
Andria, di Bari, di Bisceglie, di Canosa di Puglia, di Corato, di Lecce, di San
Pietro Vernotico e di Trani18.
Dal 1880 al 1923, quando l’appartenenza al Fascio venne dichiarata
incompatibile con l’iscrizione alla massoneria, la Puglia contò 4.208 iscritti
al Grande Oriente d’Italia19 e fra le regioni meridionali più popolose del continente fu seconda soltanto alla Campania (7.624)20. La concentrazione di
all’epoca dell’unificazione nazionale è ancora utile A. A. MOLA, La massoneria in Terra di Puglia ai
tempi di Garibaldi, in Garibaldi e la Puglia. Celebrazione del centenario 1882-1982, Bracciodieta, Bari 1984, pp. 89-106, e ID., Storia della massoneria italiana dalle origini ai nostri giorni, Bompiani, Milano 1992, passim; mentre per la storia delle singole logge si rinvia agli indici dei
volumi di E. SIMONI, Bibliografia della massoneria in Italia, 3 voll., Bastogi, Foggia 1992-2006, con
i due volumi di Appendice di aggiornamento, Bastogi, Foggia 1998-2010.
18
La Puglia si poneva al quarto posto per numero di logge affiliate al Grande Oriente d’Italia
dopo la Sicilia (46), la Toscana (28) e la Liguria (26). Questi dati, come quelli successivi, sono ricavati da F. CONTI, Storia della massoneria italiana. Dal Risorgimento al fascismo, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 192-193, 196.
19
Dati analoghi relativi agli altri rami massonici italiani non sono disponibili.
20
Cf. CONTI, Storia della massoneria, pp. 328-329. La Sicilia è al vertice della classifica con
11.444 affiliati al Grande Oriente d’Italia. «Fra il 1901 e il 1918 la quota più alta di nuovi iscritti, il
27,7 per cento, fu localizzata proprio nel Sud, mentre nel Centro e nel Nord essi si arrestarono al
25,2 per cento e nelle Isole al 21,9 per cento. Nel periodo fra il 1918 e il 1923 il peso specifico
della membership massonica meridionale crebbe ulteriormente, poiché le logge del Mezzogiorno
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
525
framassoni fra le province pugliesi superò, poi, il numero di 3.000 nel barese, seguita dalle province di Foggia e di Taranto (2001-3000), di Lecce (251500) e di Brindisi (non più di 250).
Fu rilevante, dunque, l’apporto della Puglia al processo di meridionalizzazione della massoneria italiana, avviatosi dall’inizio del Novecento tramite il
progressivo radicamento nelle regioni del Sud. Fulvio Conti ha rilevato che
L’appartenenza massonica rappresentò un tratto identitario di larghi settori delle
borghesie urbane meridionali, che trovarono in essa una forma di socialità esclusiva,
maschile e relativamente elitaria, ma anche un quadro di riferimento culturale, uno
strumento per la diffusione di ideali di modernità e di modelli associativi che avevano
vasta circolazione nelle capitali europee21.
Ciò nonostante, anche in Puglia, così come nelle altre regioni d’Italia, l’adesione alla massoneria, che non fu mai un fenomeno coinvolgente le masse,
rimase circoscritta ad alcuni strati della società, prevalentemente la media borghesia, i possidenti, i commercianti, i militari e gli studenti. Anche il numero
degli aderenti, rispetto al territorio e alla popolazione, restò alquanto modesto
e, d’altra parte, la tradizionale riservatezza che caratterizzava l’attività delle
logge nonché il segreto che copriva gli adepti rendono difficoltoso accertare il
peso sociale e politico-amministrativo dei massoni in seno alle comunità locali22. Resta perciò da interrogarsi circa la concreta incisività da parte di un fenomeno settario, spesso di costume e limitato nelle sue reali dimensioni, sui rapporti della società locale con la Chiesa e della popolazione con la religione.
registrarono un afflusso di 5.293 nuovi iscritti, pari al 35,4 per cento del totale, contro il 24,4 per
cento del Nord, il 20,3 per cento del Centro e il 19,9 per cento delle Isole. Se poi si sommano i dati
relativi al Meridione continentale con quelli della Sicilia e della Sardegna si rileva che fra il 1901 e
il 1918 quasi un nuovo affiliato su due (il 48,6 per cento) proveniva dal Sud, una quota destinata a
innalzarsi nel dopoguerra fino a raggiungere il 55,3 per cento del totale nazionale» (ivi, p. 330).
21
Ivi, p. 331.
22
Secondo Luigi Polo Friz, «Non è raro leggere di connessioni fra la Massoneria intesa come
Istituzione e la politica, o addirittura la cospirazione, soprattutto per il Meridione d’Italia. Tuttavia
non esiste un solo documento il quale confermi che vi siano state iniziative del genere. Per promuovere azioni coordinate di questo tipo, sia all’interno delle singole Obbedienze che fra esse, mancò il
tessuto connettivo. […] Ovviamente nelle Logge gli uomini si incontravano, si conoscevano, si legavano di amicizia, fatto non trascurabile in un periodo nel quale i punti di riunione alternativi erano
ridotti, e ciò produsse indubbi sinergismi» (L. POLO FRIZ, Massoni moderati e democratici nel
Mezzogiorno d’Italia fra il 1859 e il 1870, in Risorgimento, Democrazia, Mezzogiorno d’Italia.
Studi in onore di Alfonso Scirocco, a cura di Renata De Lorenzo, Angeli, Milano 2003, p. 341).
526
LUIGI MICHELE DE PALMA
I vescovi e i «figli della vedova»
Sebbene fra gli interventi e i pronunciamenti dei vescovi pugliesi siano frequenti le allusioni e gli espliciti riferimenti agli avvenimenti politici susseguitisi durante il XIX secolo, nonché i richiami alle condanne papali contro i
movimenti rivoluzionari e le società segrete, mancano menzioni dirette dei
«figli della vedova»23. Soltanto dopo il 1861 la massoneria incominciò a essere evocata, ma non venne considerata l’occulta responsabile dell’annessione
del meridione al Regno d’Italia, né i suoi adepti furono ritenuti autori o ispiratori dei susseguenti provvedimenti limitativi della libertà dei vescovi e delle
conseguenze che ricaddero sull’assetto e sul governo delle diocesi24.
23
Durante l’episcopato di Andrea Manzi (1818-1832), con la circolare inviata ai parroci e agli
economi curati dell’arcidiocesi di Otranto del 5 ottobre 1821, si rese nota la condanna e la proibizione della carboneria «e di ogni altra simile associazione», nonché la scomunica di Pio VII contro i carbonari, comminata l’anno precedente. Cinque anni dopo, con un’altra circolare del 29 gennaio 1826, veniva notificata la decisione di Leone XII, il quale «dopo aver comminato censure contro tutte le sette segrete, società e combriccole passate e presenti, ora, per consentirne il rientro
nell’ovile di Gesù Cristo, accorda[va] a tutti i confessori, approvati dall’ordinario, la facoltà di assolvere i loro associati» (D. DEL PRETE, Lettere pastorali dei vescovi della diocesi di Ugento e dell’arcidiocesi di Otranto, in Itinerari di Ricerca Storica 6 [1992] pp. 96-97, n. 11, 19). Gaetano
Bacile (1844-1931), vescovo di Castellaneta, nella lettera pastorale del 29 settembre 1881 faceva
riferimento ai nemici della religione, i quali «con il loro motto: né trono né altare si rivelano acerrimi nemici della società […] seguaci di Satana [che] combattono contro la chiesa e contro Dio»
(D. DEL PRETE, Lettere pastorali dei vescovi di Castellaneta, in Itinerari di Ricerca Storica 7-8
[1993-1994] p. 106, n. 8). Dopo poco più di un mese, Bacile rese noto di aver fatto stampare il
testo di un’allocuzione di Leone XIII contro le sette (14 ottobre 1881) ed esortava i suoi fedeli al
guardarsi «dall’iscriver[si] alle sette, causa di rovina per l’individuo e la società» (ivi, n. 18).
24
Per uno sguardo generale sulla storia della Chiesa italiana durante questo periodo si rinvia agli
atti dei convegni: Chiesa e religiosità in Italia dopo l’Unità (1861-1878). Atti del quarto
Convegno di storia della Chiesa. La Mendola 31 agosto - 5 settembre 1971, Vita e Pensiero, Milano
1973; Problemi di storia della Chiesa dalla restaurazione all’unità d’Italia. Atti del VI convegno
di aggiornamento (Pescara 6-10 settembre 1982), Dehoniane, Napoli 1985; nonché agli studi collectanei: Clero e società nell’Italia contemporanea, a cura di Mario Rosa, Laterza, Roma-Bari
1992; Storia dell’Italia religiosa, III: L’età contemporanea, a cura di Gabriele De Rosa, Laterza,
Roma-Bari 1995; e alle monografie di A. CANAVERO, I cattolici nella società italiana. Dalla metà
dell’800 al Concilio Vaticano II, La Scuola, Brescia 1991; O. CONFESSORE, Cultura religione e
società. Cattolici e liberali tra Otto e Novecento. Percorsi di ricerca, a cura di Anna Lucia Denitto,
Congedo, Galatina 2001; N. RAPONI, Cattolicesimo liberale e modernità. Figure di storia della cultura dal Risorgimento all’età giolittiana, Morcelliana, Brescia 2002. Ancora utili risultano anche
G. CANDELORO, Il movimento cattolico in Italia, Editori Riuniti, Roma 1953, e G. DE ROSA, L’azione
cattolica, I: Storia politica dal 1874 al 1904, Laterza, Bari 1953. La situazione venutasi a creare
nelle Chiese meridionali è stata approfondita da B. PELLEGRINO, Chiesa e rivoluzione unitaria nel
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
527
La precaria situazione venutasi a creare venne piuttosto interpretata dalle
gerarchie come un ritorno delle condizioni verificatesi durante il Decennio
francese25. Significativo è quanto si evince dalla relazione ad limina del 1870
dell’arcivescovo Gaetano Rossini (1796-1890), trasferito nelle diocesi unite
di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi dalla sede di Matera e Acerenza dopo le sommosse materane del 186026.
Mezzogiorno. L’episcopato meridionale dall’assolutismo borbonico allo Stato borghese, Edizioni
di Storia e Letteratura, Roma 1979, e per le diocesi pugliesi si veda Storia delle Chiese di Puglia, a
cura di Salvatore Palese e Luigi Michele de Palma, Ecumenica, Bari 2008, passim; mentre sulla storia della regione all’indomani dell’unità nazionale si rinvia agli studi di La Puglia, a cura di Luigi
Masella e Biagio Salvemini, Einaudi, Torino 1989; e della Storia della Puglia, a cura di Angelo
Massafra e Biagio Salvemini, II: Dal Seicento ad oggi, Laterza GLF, Roma-Bari 2005.
25
A riguardo degli effetti sulla Chiesa italiana della politica napoleonica di “ammodernamento”
della società e dello Stato, Filiberto Agostini ha fatto notare come «Dalla secolarizzazione degli enti
religiosi, delle scuole e confraternite, dalla chiusura di chiese e cappelle, da un lato, dalla fondazione delle fabbricerie e dal riordino dei giuspatronati, dall’altro, scaturisce ovunque in modo definitivo la nuova fisionomia del sistema ecclesiastico italiano. Questo cambiamento esterno si ripercuote nettamente anche sull’organizzazione della dottrina cristiana, sulla predicazione e amministrazione dei sacramenti, sulle manifestazioni spontanee dello spirito religioso, suscitando a volte
risentimento ed esasperazione tra il popolo devoto» (F. AGOSTINI, La riforma statale della Chiesa
nell’Italia napoleonica, in Storia dell’Italia religiosa, III, p. 22). Si veda anche D. MENOZZI, I vescovi dalla rivoluzione all’Unità. Tra impegno politico e preoccupazioni sociali, in Clero e
società, pp. 125-179.
26
Contro l’arcivescovo fu imbastito un procedimento per l’assegnazione al domicilio coatto, così
com’era avvenuto per altri presuli pugliesi, ma non è certo che siano stati gli effetti di questo provvedimento a determinare il suo soggiorno in Napoli. Dopo la fuga da Matera, egli si recò dapprima
a Bari (sua città natale) e poi nella capitale partenopea (la vicenda venne narrata dall’arcivescovo in
una lettera inviata al cardinale prefetto della Congregazione del Concilio pubblicata in PELLEGRINO,
Chiesa e rivoluzione, pp. 142-146). Su di lui pesava il giudizio comune degli organi di polizia,
secondo cui si trattava di un indomito oppositore del nuovo ordine politico e istituzionale. Tuttavia
la Santa Sede prese in considerazione la sua persona dapprima per la sede arcivescovile di Lanciano
e poi per le sedi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, dove venne traslato il 27 marzo 1867. La vicenda
del presule è stata approfondita da M. DEL VESCOVO, Quaranta documenti inediti su Mons. Gaetano
Rossini (1796-1890), vescovo di Molfetta, in Studi in onore di Mons. Leonardo Minervini, a cura
di Luigi Michele de Palma, Mezzina, Molfetta 1983, pp. 121-182. Michele del Vescovo riferisce che
«Di ben altro tono e con ben altri effetti furono le condanne al domicilio coatto patite da numerosissimi altri vescovi; citiamo soltanto alcune avvenute in Puglia: quella a carico di mons. Frascolla,
vescovo di Foggia (domicilio coatto a Como), di mons. Todisco Grande, vescovo di Ascoli Satriano e
Cerignola (domicilio coatto a Firenze), di mons. Margarita, vescovo di Oria (domicilio coatto a
Cuneo)» (ivi, pp. 150-151). La vicenda di Margarita è stata studiata da B. PELLEGRINO, Vescovi e clero
in Terra d’Otranto dalla Restaurazione all’unità, Congedo, Galatina 1989, pp. 33-46. Francesco
Pedicini, arcivescovo di Bari, in un primo tempo allontanatosi spontaneamente dall’arcidiocesi,
subì il sequestro delle rendite della mensa arcivescovile. In proposito si veda B. DI MASI, La diocesi di Bari ed i rapporti con le autorità civili nel periodo post-unitario, in La Puglia nel
Mezzogiorno dall’unità alla caduta della Destra storica (1861-1876). Atti del 5° convegno di
528
LUIGI MICHELE DE PALMA
A fronte di un rilevante aumento della popolazione delle diocesi, che
aveva raggiunto circa 62.000 anime (30.000 a Molfetta, 10.000 a Giovinazzo
e 22.000 a Terlizzi), e di una crescita generale del benessere, le condizioni
economiche delle Chiese locali – a giudizio di Rossini – erano pessime. Il
danno maggiore era stato causato dal depauperamento dei beni ecclesiastici
dovuto alle leggi dello Stato unitario, le quali avevano disposto l’incameramento dell’asse ecclesiastico. Spogliate di qualunque risorsa economica, agli
occhi del presule le Chiese locali apparivano mortificate, condannate all’inerzia, e Rossini si sentiva del tutto impotente nella ricerca di qualunque soluzione a questo stato di fatto:
Episcopalis Mensa dissipata, Capituli redditibus dispersis, bonis Monialium ablatis,
Monacis exspulsis, quorum redditibus omnibus multi victum trahebant, quomodo
tantæ indigentiæ reparandum?27.
La politica ecclesiastica del nuovo Stato unitario aveva dissolto il delicato
equilibrio, precedentemente raggiunto, nelle relazioni fra Chiesa e Stato. La
prevaricazione del potere politico – secondo Rossini – non soltanto mirava
ad attaccare la Chiesa, considerata nemica del nuovo ordine, ma pregiudicava la pace sociale e il bene del popolo.
Il vescovo appariva tormentato dalle trasformazioni in atto, congiuntamente alle idee nuove e alla mentalità anticlericale che trovavano larga diffusione nella classe politica e amministrativa. Il suo peggiore rammarico consisteva nel constatare come la politica dello Stato unitario avesse rigettato il
studi sul Risorgimento in Puglia (29-30 novembre - 1° dicembre 1985), Puglia Grafica Sud, Bari
1986, pp. 221-234, e anche Un vescovo del Vangelo nella Chiesa dell’Italia unita: Francesco
Pedicini (1858-1886), a cura di Vincenzo Robles, Edipuglia, Bari 1992. Sorte analoga ebbe Vincenzo
Materozzi, vescovo di Ruvo e Bitonto (1853-1884), il quale restò lontano dalle sue diocesi dal 1860
al 1867. In un anonimo profilo biografico, custodito presso l’Archivio Diocesano di Bitonto, ma citato in V. ROBLES, La diocesi di Bitonto verso e dopo l’unità d’Italia: alcune considerazioni, in
Cultura e società a Bitonto nell’Ottocento. Atti del Convegno nazionale (Bitonto, Palazzo di
Città 18-20 ottobre 2001), a cura di Felice Moretti e Vincenzo Robles, Edipuglia, Bari 2001, p. 161,
si afferma che il presule, giunto in diocesi dopo la nomina episcopale, «principiò ad indagare quali
erano gli individui bitontini che appartenevano ai così detti Massoni, setta che tendeva alla libertà, per
farne quindi rapporto alla Polizia alta di Napoli, come si rileva da una accusa che ebbero molti specchiati cittadini i quali furono chiamati dall’Intendente Aiossa a Bari ad audiendum verbum e ciò per
opera del Materozzi che secondando la sua inclinazione di delatore li aveva accusati».
27
ASV, Congr. Concilio, Relat. Diœc. 515 B, Rel. 1870 Molfetta (le relazioni sono distinte per
le tre diocesi).
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
529
principio della collaborazione con la Chiesa per la promozione del bene
comune, della pace e della moralizzazione dei costumi sociali. Lo Stato procedeva autonomamente senza temere di prevaricare la libertà della Chiesa e
di offendere la dignità dei suoi ministri, in altre parole, il potere politico tentava ancora una volta di assoggettare la Chiesa, riducendo lo spazio della sua
azione alla dimensione prettamente spirituale e intimista. La Chiesa veniva
considerata un retaggio del passato e come tale andava neutralizzata per eliminare qualunque ostacolo alla modernizzazione della società e al nuovo
assetto politico e istituzionale. Eppure, a giudizio del presule, la mentalità
secolarista, indossando la veste politica antireligiosa, si ritorceva con i suoi
effetti dannosi contro la società e le sue istituzioni:
Oggidì gli sforzi dell’inferno e dei suoi satelliti non sono diretti contro questo o
quel domma, contro questo o quel principio di fede e morale cristiana, bensì lo spirito di rivolta innalza il suo stendardo contro Dio ed il suo Cristo, contro la Chiesa e le
sue salutari Istituzioni, onde vuolsi che dal governo delle nazioni, e delle famiglie, dalla
scienza e dalla educazione sia escluso ogni principio di soprannaturale cristiana religione. Ora a quale baratro di certa rovina delle anime, di gravissimi mali pel civile consorzio corre per cotesta via la presente società ben lo dicono le crescenti statistiche di
ogni maniera di delitti, e gli spaventevoli attentati, ora falliti, ed ora consumati contro
gli stessi reggitori delle nazioni28.
Rossini mal tollerava l’inerzia a cui la Chiesa era stata costretta dalla politica, ma soprattutto soffriva per l’impotenza a cui egli era stato condannato.
Eppure in nessuna delle relazioni del 1870 (una per ciascuna delle tre diocesi) e neanche in quella del 1878 il presule faceva il minimo accenno alla perdita del potere temporale. Lo Stato Pontificio non era più considerato un soggetto politico, mancava qualunque riferimento al nuovo sovrano e ai governanti, né si alludeva ai risvolti politici e amministrativi locali e non c’era notizia di
logge massoniche, che avrebbero potuto influenzare le vicende cittadine29.
Lettere pastorali dei vescovi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi (1818-1981), a cura di Luigi
Michele de Palma e Domenico Amato, Mezzina, Molfetta 1992, p. 88. Il brano è tratto dall’istruzione per l’anno santo indetto da Leone XIII, pubblicata da Rossini il 25 aprile 1881.
29
Fra i sorvegliati politici schedati dalla polizia nel 1820 si contano due massoni a Molfetta, otto
a Giovinazzo e undici a Terlizzi (PEDÌO, Galantuomini, civili, pp. 59, 60, 64). Dal 1886 è nota la
loggia massonica molfettese “Galileo Galilei”, retta dal venerabile Nicola Fornari. Cf. MOLA, La massoneria, p. 102; la loggia è stata localizzata da G. DE GENNARO, Vita associativa a Molfetta a fine
28
530
LUIGI MICHELE DE PALMA
La polemica antimassonica proruppe nel contesto della lotta contro l’anticlericalismo, si acuì soprattutto dopo l’ulteriore condanna del latomismo
pronunciata da Leone XIII con l’enciclica Humanum genus (1884)30 e in
reazione alla crescente influenza del Grande Oriente d’Italia sulla politica italiana, congiuntamente all’ascesa di numerosi esponenti della massoneria a
ruoli di alta responsabilità nei governi e nell’apparato dello Stato31. Tuttavia
l’ostilità dei vescovi – così come si vedrà in seguito – restò sul piano teorico
e dialettico, nonostante alcuni episodi abbiano coinvolto i presuli pugliesi
con risvolti di indubbia durezza.
Toni drammatici accentuarono la triste vicenda del protovescovo di Foggia
Bernardino Maria Frascolla (1811-1869)32. Sacerdote della diocesi di Andria,
Frascolla fu docente di dogmatica e di Sacra Scrittura nel locale seminario e
diventò canonico teologo della cattedrale nel 184633. Ricercato predicatore e
apprezzato quaresimalista, fu nominato primo vescovo di Foggia il 24 febbraio 1856 e il suo nome venne registrato nelle cronache del tempo per il
clamoroso arresto, il processo e la condanna a due anni di carcere e a una
multa, inflitte dalla Corte d’Assise di Lucera il 30 settembre 186234. Egli fu
Ottocento, in Studi Molfettesi 1996, n. 1, pp. 44-45, 54. Tuttavia, in una lista delle logge obbedienti al Grande Oriente d’Italia (1864-1871) sono comprese la loggia “Galileo Galilei” di Molfetta e la
loggia “Abramo Lincoln” di Terlizzi (POLO FRIZ, Logge in Italia, pp. 36-37). Nel 1908, fra le ventiquattro logge pugliesi del Grande Oriente d’Italia, soltanto Molfetta ne ospitava due e Bari tre (CONTI,
Storia della massoneria, p. 196).
30
Per le molteplici e ripetute condanne del papa si rinvia all’approfondito studio di G. MICCOLI,
Leone XIII e la massoneria, in La massoneria, pp. 193-293.
31
Su cui si sofferma F. CONTI, Massoneria e sfera pubblica nell’Italia liberale, 1859-1914, in
La massoneria, pp. 579-610.
32
Si veda la scheda biografica curata da T. IERMANO, Frascolla, Bernardino Maria, in DBI 50
(1998) pp. 309-311, con le ulteriori indicazioni bibliografiche.
33
Per le notizie sul rinomato seminario di Andria mi permetto di rimandare a L.M. DE PALMA
Sulle tracce dei modernisti e degli antimodernisti nell’Italia meridionale. Il rinnovamento
degli studi teologici, in Rivista di Scienze Religiose 22 (2008) pp. 407-432, passim.
34
L’inflessibile atteggiamento legittimista e antiunitario assunto nel 1861 da Frascolla nei confronti della politica di Pasquale Stanislao Mancini, responsabile della giustizia e degli affari ecclesiastici della luogotenenza napoletana, nonché del suo successore Michele Pironti, aveva provocato, in precedenza, l’ordine d’arresto (27 aprile 1862) per cospirazione da parte del giudice regio di Foggia
Vincenzo Berlingieri. Il vescovo venne rinchiuso per un mese nella canonica di San Domenico di
Foggia e poi a Lucera, ma fu dichiarato innocente dalla Corte d’appello di Trani il 20 giugno successivo. Ciò nonostante, venne invitato a non tornare in sede e a trasferirsi ad Andria, ritenuta più sicura. I precedenti contrasti in cui fu coinvolto il presule vengono esaminati da S. GAMBATESA, I rapporti
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
531
ritenuto reo di aver mantenuto una «condotta antiliberale […] prima e dopo
l’episcopato», nonché della diffusione «di rescritti provenienti dalla S. Sede,
privi di regio exequatur, fra cui quelli compromettenti della Sacra Penitenzieria sulla facoltà assolutoria»35 nei confronti dei penitenti che si fossero
accusati di aver votato in favore dell’annessione al Regno d’Italia al plebiscito del 21 ottobre 1861. Si trattò – secondo Giuseppe Brescia – di una vendetta approntata dai suoi nemici, numerosi anche all’interno di una fazione del
clero foggiano, i quali, memori del rigido atteggiamento intransigente assunto da Frascolla nei confronti dei rivoluzionari liberali andriesi del ’48 (fra cui
numerosi ecclesiastici), intrecciarono, dodici anni dopo, una rete di accuse
«calunniose o ingiuriose, motivate, oltre che da ragioni di atteggiamento
etico-politico, anche dalla divisione e dal malcontento interni al medesimo
clero foggiano, ed alimentate dai provvedimenti di ordine disciplinare, economico e amministrativo fermamente assunti, durante l’episcopato, dal Frascolla»36.
È significativo che gli avversari del vescovo, nel 1860, avevano tentato di
farlo processare, accusandolo presso Francesco Sforza, ministro degli affari
ecclesiastici di Francesco II, e presso l’intendente della polizia borbonica
Luigi Ajossa, di essere «Capo dei Repubblicani», «anarchico» e compagno di
altri vescovi che avrebbero agito contro ogni legalità. I nemici di Frascolla,
due anni dopo, riuscirono a farlo arrestare e processare dalla magistratura
del Regno d’Italia per ragioni di senso opposto, accusandolo cioè di essere
un reazionario antiliberale37.
tra autorità civili e religiose nella diocesi di Foggia (1856-1959), in L’età ferdinandea (18301859). Atti del 4° convegno di studi sul Risorgimento in Puglia (9-10 dicembre 1983),
Bracciodieta, Cassano Murge 1985, pp. 303-316; e per gli sviluppi successivi si veda ID., Il processo Frascolla nel contesto dei rapporti post-unitari tra Stato e Chiesa, in La Puglia nel
Mezzogiorno, pp. 235-262.
35
G. BRESCIA, Bernardino Maria Frascolla (1811-1869) e un momento inedito nella storia
della interpretazione cattolica di Giambattista Vico, in Scritti di storia e di arte pugliesi in
onore dell’arcivescovo mons. Giuseppe Carata, a cura di Benedetto Ronchi, Grafischena, Fasano
1976, p. 23.
36
Ivi, p. 16.
37
Il vescovo «aveva ripetutamente espresso attraverso prediche e omelie, scritti e discorsi dura avversione al movimento liberale e risorgimentale, condannando anche il pensiero mazziniano e l’interpretazione idealistica del cristianesimo; e, secondo un’anonima accusa scagliatagli dopo l’unità, avrebbe non solo ingiuriato Garibaldi e Mazzini, Cavour e Vittorio Emanuele, e trasgredito alcune norme
532
LUIGI MICHELE DE PALMA
Frontespizio di B. M. Frascolla, L’episcopato napoletano e Mancini, Pe’ Tipi di Andrea
Festa, Napoli 1861.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
533
Nonostante le ripetute proteste e l’irremovibile fermezza nel disconoscere la
legittimità di un tribunale laico a giudicare l’operato di un vescovo, Frascolla venne incarcerato a Como dal 26 aprile 1863 al 12 febbraio 1864. L’amnistia
commutò la pena nel domicilio coatto presso il seminario comasco fino al
4 novembre 1866. Il vescovo ritornò in diocesi duramente provato e morì tre
anni dopo a Roma, mentre partecipava al Concilio Vaticano I, il 30 dicembre
1869.
Al periodo del domicilio coatto nel seminario di Como risale la collaborazione del presule alla pubblicazione dell’Enciclopedia dell’ecclesiastico, diretta da Vincenzo D’Avino e portata a termine da Antonio Pellicani.
Frascolla compilò alcune voci di carattere prettamente dogmatico e gli fu
affidata anche la voce Massoneria, che egli volle suddividere in tre paragrafi, dedicati rispettivamente alla storia della società segreta, ai suoi principî e
alla sua logica, infine ai suoi scopi. Al di là della valutazione dei contenuti si
deve tenere conto del particolare metodo controversista adottato per trattare i diversi argomenti. Piuttosto che risalire alle fonti ed esaminarle con
rigore storico-filologico, Frascolla procede mettendo a confronto le tesi di
due autori a lui contemporanei, noti per le opposte posizioni a riguardo
della framassoneria, l’avvocato tedesco e saggista Eduard Emil Eckert38 e
pratiche e amministrative legate al corretto esercizio del suo mandato, come quello sulla elemosina
delle messe, le tasse per i diritti curiali e per la provvista dei benefici vacanti, i compensi dovuti dagli
ordinandi e per la ricezione delle religiose, e così via, ma, di più, avrebbe denunziato, ancora canonico, 47 famiglie andriesi per le agitazioni del ’48; avrebbe, infine, (e fu questo il capo d’accusa più
immediatamente e gravemente decisivo) diffuso lettere e rescritti della S. Sede privi del regio exequatur disposto con decreto del 24 settembre 1860, e proibito di concedere l’assoluzione a chi
ammettesse d’aver votato per l’unità nel plebiscito del 21 ottobre» (ivi, p. 22).
38
Nacque a Dresda e morì suicida il 9 gennaio 1866, ma la sua morte fu avvolta in un velo di
mistero perché attribuita da alcuni a un ignoto assassino. Fu anche pubblicista ed ex massone, combatté strenuamente per fare porre fuorilegge la massoneria in Sassonia. Dopo le rivoluzioni del ’48,
per spiegare la simultaneità dei sommovimenti politici verificatisi in numerose nazioni e ricondurla
a un’unica fonte, elaborò la teoria della cospirazione delle sette, principalmente la massoneria, nell’opera Der Freimaurer-Orden in seiner wahren Bedeutung, Selbstverlage des Verf., Dresden
1852. In essa alcuni studiosi hanno intravisto germi di antisemitismo innestati nella radice dell’odio
antimassonico. Il testo fu tradotto due anni dopo in francese da Jean Guillaume Gyr, sacerdote della
diocesi di Liegi: La Franc-maçonnerie dans sa véritable signification, ou son organisation, son
but et son histoire, Imprimerie de J.-G. Lardinois, Liège 1854; mentre la prima traduzione italiana,
curata con note e appendici dal sacerdote Giuseppe Gliemone, apparve dopo quattordici anni col
titolo La framassoneria nel suo vero aspetto, cioè una congiura mondiale avente per scopo la
distruzione delle monarchie, delle istituzioni esistenti, la fondazione sulle loro rovine di una
534
LUIGI MICHELE DE PALMA
Giovanni De Castro39. Il primo fu scelto dal presule perché ritenuto «l’accusatore più fiero, aperto, solenne» della massoneria «al cospetto dei tribunali
e delle camere della Sassonia». Le sue opinioni, inoltre, potevano considerarsi autorevoli e scevre da ogni sospetto, perché Eckert non era cattolico, bensì
protestante. L’altro autore, invece, era un pubblicista italiano «scristianato»,
il quale – sosteneva il presule – si era distinto fra gli apologisti della massoneria avendola glorificata «come la suprema delle terrestri beatitudini».
Sebbene il contenuto elaborato da Frascolla non regga alla critica, la voce da
lui curata acquista una sua valenza per essere apparsa sulle pagine di un’enciclopedia cattolica, che ebbe larga diffusione con tre successive edizioni40 e
soprattutto per aver contribuito in tal modo a incentivare e ad amplificare la
leggenda nera della massoneria. Sono significative, infatti, talune affermazioni del presule a testimonianza del radicalismo delle posizioni contrapposte,
come pure alcuni passaggi marcatamente aspri, riflessi del suo antico intransigentismo e della sua condizione di recluso-amnistiato.
La voce Massoneria, infatti, venne redatta quando Frascolla era ancora al
domicilio coatto, nel 1865, giudicato un tempo «di bollori sociali, di scissioni partigiane e, più di tutto, di guerra feroce al cattolicesimo»41. L’allusione di
repubblica frammassonico-teocratico-socialista, 3 voll., Derossi e Borgarelli, Torino 1866-1867;
la seconda edizione riporta leggere varianti del titolo: La frammassoneria nel suo vero aspetto,
cioè congiura cosmopolita avente per iscopo la distruzione delle religioni, delle monarchie,
delle istituzioni esistenti, Borgarelli, Torino 21873 (volume unico).
39
Nacque a Padova il 14 agosto 1837 e morì a San Giovanni di Bellago il 28 luglio 1897. Pubblicista, divulgatore ed erudito, fu docente di materie letterarie e occupò la cattedra di letteratura
italiana e storia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Di tradizione famigliare liberale, contribuì attivamente alla diffusione delle idee risorgimentali e ai movimenti impegnati nell’unificazione
nazionale. Autore di numerose pubblicazioni, dette alle stampe Il Mondo Secreto, 9 voll., G. Daelli,
Milano 1864 (di cui tre dedicati alla massoneria), tradotto in inglese col titolo The Secret Societies
of all Ages and Countries, George Redway, London 1875. Cf. A. CIMMINO, De Castro, Giovanni, in
DBI 33 (1987) pp. 479-481.
40
Cf. Enciclopedia dell’ecclesiastico, ovvero Dizionario della teologia dommatica e morale,
del diritto canonico, delle principali nozioni bibliche, della storia della chiesa, de SS. Padri, dei
grandi scrittori ecclesiastici, dei papi, dei concilii generali, degli scismi, delle eresie, della
liturgia ecc., opera compilata sulla Biblioteca sacra dei PP. Richard e Giraud, sul Dizionario
enciclopedico della teologia di Bergier e su altre opere di scrittori chiarissimi, a cura di Vincenzo D’Avino e Antonio Pellicani, 4 voll., Stamperia G. Ranucci, Napoli 1843-1845; P. Marietti, Torino
2
1863-1865; Torino 31878.
41
Questa e le altre citazioni della voce sono tratte dalle pp. 127-146 della terza edizione dell’Enciclopedia (1878).
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
535
Frontespizio di E. E. Eckert, Der Freimaurer-Orden in seiner wahren Bedeutung,
Selbstverlage des Verf., Dresden 1852.
536
LUIGI MICHELE DE PALMA
Frontespizio di G. De Castro, Il mondo secreto, G. Daelli e C. Editori, Milano 1864.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
537
Frascolla all’unificazione nazionale, che aveva già ottenuto l’annessione del
meridione e preparava la terza guerra d’indipendenza per poi mirare a Roma,
diventava più chiara con l’attribuzione alla massoneria della responsabilità
dei rivolgimenti in atto:
Del qual soqquadro, i preparativi, lo scoppiamento, il progresso, tutto fu opera della setta massonica, la quale, camuffatasi dalle prime sotto varie assise politiche, quando vide giunto a buon punto il suo lavorio secreto, illusa di essere prossima a raggiungere lo scopo finale delle sue aspirazioni secolari, la distruzione cioè del cristianesimo, credette poter aprire al pubblico i suoi templi per ribattezzarvi i popoli. A folla vi
entrarono i curiosi e gli amatori di novità42.
Secondo il presule, però, si trattava di un grande inganno, architettato dai
capi massoni: gli ingenui neofiti venivano iniziati a verità mantenute segrete e
in premio della loro lealtà veniva offerto il «collocamento a posti lucrosi».
Costoro, abbagliati dall’onnipotenza massonica e attratti dall’ambizione, «si
fecero a capovolgere tutte istituzioni religiose e civili, non perché sapessero
ciò che facevano, ma per ossequenza ai mandati che i gerofanti a ciascun di
essi in particolare intimarono».
L’occasione di redigere una voce sulla massoneria era per Frascolla una
felice opportunità per smascherare le menzogne dei massoni e disingannare gli
onesti, perché – continuava il presule – «nella posizione in cui si trova la presente società, la è quistione, e presentissima, di vita o di morte per l’intera umanità». Dinanzi alla defezione delle intelligenze, l’unica luce di salvezza promanava dalla fede cristiana e soltanto il cattolicesimo restava autentico avversario
L’apporto della massoneria ai moti risorgimentali e all’unificazione nazionale è stato enfatizzato specialmente dopo il 1870, con l’accrescersi del suo peso politico sotto la direzione di Adriano
Lemmi (1822-1906), di Ettore Ferrari (1845-1909) e di Ernesto Nathan (il quale fu gran maestro dal
1896 al 1904 e poi dal 1917 al 1919). In particolare i presidenti del consiglio Crispi e Zanardelli furono strettamente legati alla massoneria e la loro politica si caratterizzò per un forte spirito anticlericale. Su questo tema, oltre agli studi di MOLA, La massoneria, e di CONTI, Storia della massoneria, precedentemente citati, si vedano anche R. F. ESPOSITO, La massoneria e l’Italia dal 1800 ai nostri giorni, Paoline, Roma 51979, e i contributi compresi nei volumi La liberazione d’Italia nell’opera della
massoneria. Atti del Convegno di Torino del 24-25 settembre 1988, a cura di Aldo A. Mola, Bastogi,
Foggia 1990; Massoneria e Unità d’Italia. La Libera Muratoria e la costruzione della Nazione, a
cura di Fulvio Conti e Marco Novarino, Il Mulino, Bologna 2011; nonché le opinioni espresse da F. M.
AGNOLI, Scristianizzare l’Italia. Potere, Chiesa e popolo 1881-1995, Il Cerchio, Rimini 1996; ID.,
Risorgimento e massoneria in Italia: cenni storici, in Papa Leone XIII “Inimica vis”. La Chiesa
Cattolica contro la massoneria, a cura di Adolfo Morganti, Il Cerchio, Rimini, 2006, pp. 77-87.
42
538
LUIGI MICHELE DE PALMA
della massoneria. Perciò i massoni miravano a distruggere il cattolicesimo e
sostituirlo con una religione «moderna», ma artefatta, ispirata da principî diabolici e sacrileghi.
Nelle pagine della voce enciclopedica Frascolla fece confluire gli elementi che avevano dato forma alla leggenda nera della massoneria e prestavano
fondamento all’ostilità preconcetta dei cattolici43. Raccontò le storie fantastiche che alimentavano il mito delle origini della setta, puntualizzò i principî e
le teorie del latomismo per poi criticarne la filosofia, dopodiché mise a nudo
le trame rivoluzionarie dei massoni, camuffate sotto le vesti dei partiti progressisti e dei movimenti sociali. Per evitare la catastrofe morale, politica e
sociale – concludeva il presule – non restava che ascoltare la Chiesa e unirsi alla sua lotta antimassonica:
Che i regoli della terra vi pensino tre volte, le allarghino il passo, la invitino con
fatti e venerazioni a spandere libera le immense atmosfere di sua benefica luce, e la
massoneria cadrà, e con essa le tenebre, l’errore, la morte. Se no, si rassegnino in
pace, si strappino le corone dal capo ed aspettino altri 20 anni ancora. La massoneria
dirà la suprema delle sue parole; e l’ora delle ruine universali sarà suonata.
L’intransigentismo di Frascolla aveva trovato un nuovo spazio e il suo
animo, provato dalle dure lotte insieme alle umilianti limitazioni inflitte alla
sua libertà, poteva dare sfogo alle sofferenze patite. Anch’egli mostrava di aver
dato credito alla mitica onnipotenza della massoneria, ne esagerava la portata, le attribuiva tutti i mali della società moderna e in essa individuava il nemico da abbattere. Il limite più evidente della voce da lui redatta consisteva nell’aver recepito acriticamente la teoria della cospirazione massonica propugnata da Eckert e condivisa da molti cattolici. Frascolla l’aveva applicata alla
situazione politico-religiosa italiana, procurandole larga propaganda.
Analogo, ma non identico fu l’atteggiamento intransigente di Federico Maria Galdi (1823-1899), vescovo di Andria dal 2 marzo 187244. L’esperienza pregressa di studio e di docenza presso il seminario di Salerno, dove fu rettore
43
In proposito si rinvia a G. M. CAZZANIGA, Il complotto: metamorfosi di un mito, in La massoneria, pp. 312-330.
44
Ad alcuni aspetti del pensiero di Galdi fa riferimento la nota di L. CUCURACHI, Filosofia e psicologia di un pensatore meridionale. Federico Maria Galdi (1823-1899), in Rivista di Scienze
Religiose 33 (2009) pp. 536-552.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
539
e docente di logica, metafisica e dogmatica, nonché il ministero episcopale in
una fra le più grandi diocesi pugliesi, dov’erano radicate fra gli ecclesiastici
posizioni ideologiche opposte, gli valsero l’opportunità di differenziare la
lotta contro l’anticlericalismo post-unitario. Essa si svolse sul piano politico,
tramite le frequenti polemiche con Giovanni Bovio, e sul piano teorico attraverso la disamina e la critica di varie correnti del pensiero contemporaneo e
in particolare della filosofia massonica.
Sul piano del confronto politico Galdi ebbe un antagonista d’eccezione,
il tranese Giovanni Bovio (1837-1903), repubblicano e democratico, eletto
deputato della Sinistra (1876) nel collegio elettorale di Minervino Murge,
facente parte della diocesi di Andria45. Il suo esordio alla Camera avvenne con
un discorso (19 gennaio 1877) sui rapporti tra Stato e Chiesa, da cui emersero le sue radicali idee anticlericali46. Quell’intervento «lo impose immediatamente come una delle personalità più spiccate della Sinistra e gli guadagnò
la fama di brillante oratore»47. Non a caso, più volte, Bovio intervenne come
oratore ufficiale nelle più importanti manifestazioni anticlericali e fu invitato
dalla massoneria milanese per il centenario della morte di Voltaire (30 maggio 1878), mentre venne scelto, come rappresentante della massoneria, per
il discorso d’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno in Campo dei
Fiori a Roma (9 giugno 1889). Ascese ai vertici della massoneria fino a entrare (1896) nella terna dei candidati alla suprema carica di gran maestro48.
Almeno per tre circostanze, fra il 1877 e il 1894, Galdi si levò a contrastare le opinioni di Bovio. La prima occasione seguì l’intervento parlamentare
del 19 gennaio 1877, durante la seduta in cui si continuava la discussione sullo Schema di legge per disposizioni contro gli abusi dei ministri dei culti
In proposito si veda la scheda biografica di A. SCIROCCO, Bovio, Giovanni, in DBI 13 (1971)
pp. 552-556; nonché gli studi compresi negli Atti del convegno nazionale di studi “Il mondo di
Giovanni Bovio nel 150° anniversario della nascita”. Trani-Bari-Minervino 10-11-12 novembre 1988, Unione Tipografica, Bari 1991 (con ulteriori riferimenti bibliografici); e il saggio di S.
BLASUCCI, Giovanni Bovio. Ambiente, personalità, pensiero filosofico-etico-giuridico-politico,
Edizioni Fratelli Laterza, Bari 1990 (comprendente anche l’elenco cronologico degli scritti di
Bovio).
46
Il testo del discorso è pubblicato in Atti Parlamentari. Camera dei Deputati, 19 gennaio 1877,
pp. 690-695.
47
SCIROCCO, Bovio, Giovanni, p. 554.
48
A riguardo dei rapporti di Bovio con la massoneria si veda quanto riferisce U. BACCI, Il libro
del massone italiano, Vita Nova, Roma 21922.
45
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LUIGI MICHELE DE PALMA
nell’esercizio del loro ministero, presentato dal ministro della giustizia
Mancini. In altre parole, si volevano introdurre nella legislazione italiana alcune pene nei confronti degli ecclesiastici che avessero interferito sulla politica dei governi e sull’assetto legislativo dello Stato, e di conseguenza sottoporre la Chiesa a un controllo statale che ne limitasse la libertà di espressione e di azione.
Bovio non intervenne sulle singole disposizioni previste dallo schema, piuttosto si profuse in un lungo discorso sui principî che avrebbero dovuto regolare i rapporti tra lo Stato e la Chiesa e che rispecchiavano le idee radicali di
un certo settore del laicismo italiano aspramente anticlericale. Il suo intervento fu intercalato da passaggi che suscitarono l’attenzione dei colleghi in aula
insieme a momenti di forte ilarità, dovuti ai toni ironici, irriguardosi e frequentemente sprezzanti usati nei confronti della Chiesa e della fede cristiana49.
Tuttavia, non fu su questi aspetti dell’oratoria che si mosse la critica di
Galdi, bensì contro alcune tesi sostenute durante il discorso, le quali apparivano storicamente errate, filosoficamente infondate e giuridicamente insostenibili, insomma erano soltanto un pretesto utile ad attaccare la Chiesa. Per contestare le opinioni di Bovio, Galdi dette alle stampe un suo scritto, redatto sotto la forma di dialogo fra due amici, Carlo Franco e Lucio Fermo50. Quest’ultimo rispondeva ai quesiti posti dal primo intorno al discorso di Bovio, e quindi interpretava la critica del presule, che non risparmiava accenti di una certa
gravità:
A muover persone come Bovio, le quali si vantano di ateismo e di radicalismo incredulo, spesso giova molto una minuta critica per dimostrare a qual grado di sconnessione, vaneggiamento e melensaggine è pervenuta la lor mente colpita a morte
49
Il presidente della Camera intervenne durante il discorso per riprendere Bovio e invitarlo ad
assumere un contegno più consono all’assemblea parlamentare: «BOVIO. L’abuso […] aveva esautorati [i preti], l’abuso doveva spegnerli. Morranno suicidi, non per leggi penali, non per carceri o
multe. Morranno appestati dai buffoni di Leone X, dai bastardi di Alessandro VI, dai gesuiti di Paolo
IV, dagli spergiuri di… non giova nominare un vecchio scoronato dal secolo esaminatore, e non salvato dal Codice penale infesto a Monti e Tognetti. PRESIDENTE. Sia più mite nelle frasi; c’è una legge
che garantisce l’inviolabilità del Pontefice. Stiamo d’altronde nel galateo parlamentare. BOVIO. Non
l’ho nominato; ho messo i punti sospensivi e di quelli vi prego di tener conto» (Atti Parlamentari,
p. 692).
50
Cf. F. M. GALDI, Dispute occasionate da un sontuoso discorso che Giovanni Bovio tenne
alla Camera de’ deputati italiani in gennaio 1877, Tipografia Pontificia Mareggiani, Bologna 1877.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
541
Onnipotente Assoluta Verità. Con persone che si atteggiano per un filosofismo escludente l’affermazione di un Essere personificato nella sua stessa Infinità indivisibile ed
immutabile, è molto opportuno far loro considerare che proprio per la professione di
tal filosofismo son divenuti stolti, inconcludenti, parolai senza logica e senza idee stabili e celebri maneggiatori di false bilance e menzogne51.
Con rigore e logica stringente Galdi passava a confutare talune asserzioni
di Bovio, mutuate dalle teorie ateiste di Ausonio Franchi52, di Feurbach e di Giuseppe Ferrari53, per poi stigmatizzare l’assurdità di un’affermazione del deputato, secondo il quale l’Italia sarebbe una nazione fondamentalmente atea54.
Il presule, infine, rispondeva a una delle questioni politiche sollevate in
aula da Bovio a proposito della legge in discussione: «devono i preti morire
di abuso o vivere con leggi repressive?»55. Il problema posto mirava a giustificare una legge repressiva del ministero sacerdotale. Una legge siffatta, a parere di Galdi, non soltanto appariva ingiustificata, ma assolutamente ingiusta
perché non era dimostrato che il clero vivesse di abuso, mentre era risaputo
quanto fosse rilevante il suo apporto sociale in favore della pubblica morale e
a sostegno degli strati più deboli della società. D’altra parte sarebbe stato un
sopruso sottoporre a leggi repressive i preti soltanto perché rimasti fedeli al
magistero del pontefice, e poi – aggiungeva il presule – nessuna legge repressiva sarebbe riuscita a estinguere l’energia morale del sacerdozio cattolico,
posto al servizio di Dio e dell’umanità56.
Ivi, p. 34.
Pseudonimo del filosofo Cristoforo Bonavino (1821-1895). Ordinato sacerdote nel 1844,
venne attratto dal cattolicesimo liberale di Gioberti, ma dopo le disillusioni del ’48 reagì all’atteggiamento di Pio IX e fu sospeso a divinis. Massone e prolifico autore di saggi e di studi, pubblicò alcuni articoli di forte stampo anticlericale, ma non irreligioso. Abiurò dalle sue posizioni nel 1889 e quattro anni dopo si ritirò nel convento dei Carmelitani scalzi di Genova. Nel 1893 era tornato a vestire
l’abito sacerdotale. Cf. M. FUBINI LEUZZI, Bonavino, Cristoforo, in BDI 11 (1969) pp. 649-652.
53
Se ne veda la voce biografica di F. DELLA PERUTA, Ferrari, Giuseppe, in DBI 46 (1996) pp. 609-615.
54
Durante il discorso Bovio aveva affermato: «Hanno sentenziato per le stampe, dalla tribuna e
dalle cattedre che questa incredulità religiosa sfibra l’animo italiano e lo rende minore dei suoi
destini, minore della gloria degli altri popoli credenti. Ed io rispondo che senza questo indirizzo
razionale l’Italia non si sarebbe mai unita, non saremmo entrati in Roma, non discuteremmo qui ciò
che oggi discutiamo. Io affermo due cose: che l’Italia è figlia del razionalismo, e che il tipo dei nostri
martiri è Domenico Cirillo, naturalista, ateo, il Farinata del 99. […] Ieri mi parlavate di 27 milioni
di cattolici; oggi vi rispondo: Omnes Itali sunt athei!» (Atti Parlamentari, p. 691).
55
Ivi, p. 692.
56
Cf. GALDI, Dispute occasionate, p. 93.
51
52
542
LUIGI MICHELE DE PALMA
La polemica proseguì alcuni mesi dopo. Bovio pubblicò sulle pagine del
quotidiano repubblicano da lui fondato, La Spira, un articolo di risposta alle
critiche di Galdi57. Egli riprendeva alcuni dei temi accennati nel suo discorso
alla Camera per controbattere le obiezioni del presule, ma il tono burlesco e
talvolta denigratorio usato contro il clero risuonò come una provocazione.
Galdi accettò la sfida e a sua volta, nel 1878, dette alle stampe un opuscolo
per ritornare con acribia a dimostrare quanto fossero erronee e antistoriche
alcune interpretazioni proferite da Bovio58.
In particolare, Galdi rigettava la tesi secondo cui il genio nordico avrebbe superato in perfezione il genio neolatino, suo precursore. L’opinione di Bovio,
ribatteva il presule, era storicamente falsa, ma poteva essere condivisa nel
caso dell’elaborazione delle dottrine ateiste. I popoli nordici, infatti, a differenza delle popolazioni latine, rappresentavano un terreno fertile per l’ateismo perché predisposto dalla loro tendenza al panteismo. La critica di Galdi
era sostenuta dal raffronto della teodicea di Pietro Pomponazzi e delle dottrine di Martin Lutero (considerate molto vicine fra loro) con le teorie kantiane
e reymondiane. In sintesi, il vescovo affermava che la filosofia atea e materialista di Pomponazzi e la separazione che essa rimarcava tra la ragione e la fede
potevano giungere a perfezione nel principio luterano del libero esame, ma
restavano inconciliabili con il sistema filosofico di Kant. Per altro, l’ateismo
materialista di Pomponazzi non rappresentava la guida del pensiero italiano
della sua epoca, posto invece su posizioni diametralmente opposte. L’assenza
di una tradizione ateista e materialista, e non la presunta consolidata sequela
delle dottrine di Pomponazzi (rimaste senza seguaci), aveva impedito il diffondersi in Italia delle idee luterane e delle teorie ateiste. Perciò, concludeva
Galdi, la tesi della precorrenza del genio latino e della perficenza del genio
nordico, così com’era stata enunciata da Bovio59, cadeva in contraddizione, né
A Napoli il quotidiano repubblicano ebbe vita breve, dal 4 aprile al 29 luglio 1875. Tornò alle
stampe il 1° novembre 1877, ma chiuse le pubblicazioni il 21 marzo 1878.
58
Cf. F. M. GALDI, Risposte dottrinali provocate dal Signor Giovanni Bovio, con un articolo
scaraventato sulla “Spira” contro un opuscolo di Monsignor Galdi, Tipografia Pontificia Mareggiani, Bologna 1878.
59
Nel discorso alla Camera Bovio aveva precisato: «Chiamo precorrente il genio delle nazioni
neolatine, perficiente il genio delle nordiche, e veggo che Lutero non poté entrare in Italia perché
trovò occupato il passo da Pomponazzi» (Atti Parlamentari, pp. 690-691).
57
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
543
comprovava la sua idea (menzognera) secondo cui gli italiani furono e sono
atei celeberrimi60.
Ugualmente erronea – proseguiva Galdi – era l’interpretazione formulata
da Bovio della protesta «giuridica» di Lorenzo Valla e «morale» di Dante contro il potere temporale del papa. Dante, puntualizzava il presule, non condannava il potere temporale, ma ribadiva la natura spirituale della Chiesa, a sua
volta legittimata a possedere mezzi opportuni e adeguati a svolgere la propria
missione61. Egli, piuttosto, denunciava l’inaccettabile commistione della morale cristiana con le logiche e gli interessi mondani. Dal canto suo, Lorenzo
Valla era un valente filologo, ma non un giurista62 e aveva dimostrato essere
falsa la “Donazione di Costantino”, inutile, quindi, come prova per legittimare il possesso dei beni e il potere temporale della Chiesa, come pure per
negarla. Tuttavia, l’uso strumentale che ne faceva Bovio rifletteva il preconcetto antistorico della politica anticlericale, che mirava a delegittimare il potere
temporale del papa.
Dalle pagine conclusive delle Risposte dottrinali traspare la persuasione
di Galdi, secondo cui all’origine degli errori di Bovio ci fosse la negazione di Dio,
l’ateismo teorico e pratico. Pertanto egli auspicava che Bovio e i suoi compagni si ravvedessero e così come era accaduto in precedenza per altri uomini
di scienza e di cultura, anch’essi si convertissero a Dio e alla fede cattolica.
Nonostante l’invito, al presule non giunsero segni nel senso auspicato,
anzi, dopo sedici anni la vena polemica di Galdi tornò a ribollire a seguito di
un episodio svoltosi a Napoli e interpretato come chiara manifestazione del
mordace anticlericalismo63.
Il 10 maggio 1894, al teatro Sannazzaro di Napoli, venne posta in scena
l’opera teatrale di Bovio intitolata Cristo alla festa di Purim, la quale suscitò
la ferma condanna dell’arcivescovo, il cardinale Guglielmo Sanfelice64. La
Cf. GALDI, Risposte dottrinali, p. 10.
Cf. ivi, p. 21.
62
Cf. ivi, p. 27.
63
Le vicende vengono narrate in R.F. ESPOSITO, Giovanni Bovio tra l’apostolo Paolo e S.
Tommaso d’Aquino. Contributo alla storia della Chiesa e della massoneria nel secolo XIX,
Bastogi, Livorno 1975, pp. 36-42; si veda anche pp. 112-128.
64
Il dramma – atto unico in prosa, risalente al 1855 – venne pubblicato a Napoli nel 1887 e
fino al 1922 ebbe sette edizioni. La rappresentazione napoletana suscitò largo scandalo. Sanfelice
60
61
544
LUIGI MICHELE DE PALMA
censura comminata provocò la reazione scomposta di molti giovani napoletani, con ingiurie e minacce proferite contro l’arcivescovo, accusato di ledere il
principio inviolabile della libertà di espressione. L’eco delle contestazioni napoletane raggiunse Andria, dove le manifestazioni svoltesi nella città partenopea vennero recepite come un oltraggio alla figura di Cristo, di cui si negava
la divinità. Il popolo andriese rispose alla provocazione con una larga partecipazione alla processione del Corpus Domini e con innumerevoli atti di riparazione, ma i seguaci andriesi di Bovio giudicarono scottante e inadeguato
l’atteggiamento dei cattolici.
Da questi episodi Galdi colse una nuova occasione per tornare a criticare
le idee del deputato minervinese e dette alle stampe un altro opuscolo polemico «per rivolgere un ragionato discorso a chi ne abbia bisogno o per rinsavire, o per rinvigorirsi nella fede intorno all’entità suprema di Cristo Salvatore
indisse una processione riparatrice per la festa del Corpus Domini, mentre Leone XIII, nell’enciclica Iucunda semper (1894), senza citare espressamente Bovio e il suo dramma teatrale, mise in evidenza quanto nell’opera si mancasse di rispetto nei confronti di Cristo e della sua natura divina: «In
questi ultimi mesi poi non si è risparmiata neppure l’augustissima persona di Gesù Cristo Salvatore.
Non si è avuta vergogna di impadronirsene per le attrattive del palcoscenico, ormai troppo spesso
contaminato di nefandezze, e di rappresentarvela spogliata della maestà della sua natura divina;
senza la quale necessariamente crolla il fondamento stesso della redenzione del genere umano. E si
colmò l’onta quando si volle riabilitare dall’infamia dei secoli l’uomo reo della delittuosa perfidia
che la storia ha bollato come la più abominevole e la più mostruosa: il traditore di Cristo. Dinanzi
a tali eccessi, commessi o in via di esserlo per le città d’Italia, si è levato un generale grido d’indignazione e un’energica protesta per la violazione dei sacrosanti diritti della religione, in quella
nazione che giustamente considera suo precipuo vanto l’essere cattolica. Davanti a tali eccessi,
com’era naturale, è insorta la vigilante premura dei vescovi che hanno presentato giustissime recriminazioni a coloro che hanno l’inalienabile dovere di tutelare l’onore della patria religione; e non
solo hanno avvisato i loro greggi della gravità del pericolo, ma li hanno esortati anche a speciali atti
di riparazione dell’empia offesa lanciata contro l’amorosissimo Autore della nostra salvezza. Noi
abbiamo immensamente apprezzato le molteplici e notevoli dimostrazioni di zelo, date dai buoni in
queste circostanze, e ne abbiamo tratto un vivo conforto all’animo Nostro, profondamente ferito. Ma
dato che abbiamo occasione di parlare, non possiamo soffocare la voce del Nostro altissimo ministero. E perciò parliamo, per aggiungere la Nostra più energica protesta a quelle già levate dai vescovi e dai fedeli. Ma mentre lamentiamo e detestiamo quel sacrilego misfatto, con lo stesso ardore del
Nostro animo apostolico, rivolgiamo una calda esortazione a tutti i cristiani, ma particolarmente agli
italiani, perché custodiscano intatta, difendano strenuamente e continuino ad alimentare con opere
oneste e pie quella fede avita che costituisce la loro più preziosa eredità» (in EE, III, pp. 12051206). Cristo alla festa di Purim faceva parte della trilogia drammatica sacra – messa all’Indice –
insieme a S. Paolo (1888) e Il Millennio (1895), opere con cui Bovio si concentrava sull’esame del
pensiero cristiano. Di queste opere si veda l’analisi di G. DI STASO, Eroi e «martiri» nel teatro di
Giovanni Bovio, in Atti del convegno, pp. 323-339.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
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Frontespizio del testo a stampa dell’opera teatrale di G. Bovio, Cristo alla festa di Purim,
Stabilimento Tipografico dell’Iride, Napoli 1887.
546
LUIGI MICHELE DE PALMA
dell’uman genere»65. Fra le pagine dell’opuscolo il presule tornò a formulare
il suo dissenso dalle idee di Bovio e a spiegarne le ragioni, tuttavia precisò che
«Corre dovere di notificare il nostro riguardo per la persona di Bovio, contro
cui non volemmo plateali movenze, non come un compatimento del suo sistema dottrinale». Galdi, però, non nascose la sua meraviglia dinanzi al contegno,
giudicato contraddittorio, mantenuto da Bovio. Questi aveva sempre difeso il
diritto di censurare e di biasimare con libertà qualunque idea e qualsivoglia
opera, ma in quella occasione aveva espresso rabbia e riprovazione nei confronti di quanti non avevano apprezzato il suo testo teatrale.
Nei suoi Ragionamenti, poi, Galdi riprendeva a contestare le idee soggiacenti al pensiero religioso di Bovio e si soffermò in particolare a confutare
l’interpretazione della figura di Gesù che traspariva dalle pagine del dramma
rappresentato a Napoli:
Per negarsi dunque Cristo vero Dio e vero uomo, deve negarsi l’assoluta necessità
di un Dio perfettissimo e signore d’ogni cosa. E come è un rinnegare il lume della
ragione, il naturale impulso dell’anima, l’osservazione dell’universo ed ogni forza di
logica deduzione, sposarsi all’ateismo, così è un mostrarsi irragionevole, fuori di logica e senno adottare la negazione della divinità di Cristo66.
Al di là delle sue posizioni apologetiche, sono comunque interessanti le
osservazioni comprese nella critica del presule in riferimento ad alcune idee
dell’anticlericalismo. Innanzitutto Galdi contestava il concetto di Patria italiana elaborato dai «burocrati dominati dal massonismo» congiuntamente alla
loro idea di Stato laico e ateo. Tale concezione – asseriva il presule – negava
l’amore di patria dei tre quarti del popolo italiano, rimasto fedele al cristianesimo67. Al contrario, la fede cristiana non era mai stata fomentatrice di
anarchia e di disordine sociale. Probabilmente era stata la libertà di pensiero a suscitare nei politici una concezione della Patria e dello Stato nei termini di laicismo e di ateismo. Tuttavia, il medesimo principio di libertà doveva
ugualmente tutelare le opinioni opposte e non allineate sulle posizioni del «liberalismo settario» e del «filosofismo incredulo», le quali propagandavano
65
F. M. GALDI, Ragionamenti cui davano occasione alcuni fatti svolti a Napoli e poi in Andria per una produzione di Giovanni Bovio, Tipografia Pontificia Mareggiani, Bologna 1894, p. 2.
66
Ivi, p. 28.
67
Cf. ivi, p. 39.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
547
l’idea di una Patria laica e di uno Stato ateo. Lo Stato, invece, avrebbe dovuto garantire le idee religiose e morali della maggioranza del popolo italiano.
Per altro – continuava il presule – era falso continuare a spacciare i cattolici come nemici della Patria perché rimasti fedeli al papa e alla morale cristiana68. Se si fosse giunti alla riforma del concetto di Patria e di Stato secondo
principî razionali e secondo il buon senso, il papa, il clero e i cattolici sarebbero stati riconosciuti come veri amici della Patria. L’equivoco di molti e la
malafede di alcuni anticlericali dipendevano dalla preponderanza, nella cultura del tempo, degli indirizzi di pensiero derivanti dal materialismo moderno, coniugatosi con l’idealismo panteista e con una logica senza regole: entrambi avevano ridotto la scienza al disordine e i diritti e i doveri degli uomini a un problema senza soluzione.
All’indomani della Humanum genus
Nella polemica con Bovio, Galdi aveva affrontato i temi del confronto politico concernente le relazioni dello Stato unitario con la Chiesa. Spesso si era
soffermato a controbattere sul piano teorico alcuni dei principî da cui muoveva lo spirito anticlericale condiviso dal deputato repubblicano, mantenendo sempre il massimo rispetto nei riguardi della sua persona. Il presule non
aveva mai accusato Bovio di essere massone, e anche gli accenni alla massoneria e al ruolo di quest’ultima negli indirizzi della politica italiana furono
molto generici e finalizzati sostanzialmente a contestarne l’ideologia naturalista, apparentemente indifferente dinanzi alla religione, ma ritenuta radicalmente anticattolica. Soltanto dopo la pubblicazione dell’enciclica Humanum
genus (1884) di Leone XIII, che formulava un’ulteriore condanna della massoneria, il riferimento alla setta diventò esplicito e immediato, così come esso
comparve anche nelle numerose lettere pastorali degli altri vescovi pugliesi in
risposta alla sollecitazione contenuta nella medesima enciclica69.
Cf. ivi, p. 45.
«La prima cosa a farsi» – esortava Leone XIII – «è togliere alla setta massonica le mentite
sembianze e renderle le sue proprie, insegnando con la voce e anche con lettere pastorali ai popoli, quali siano di tali società gli artifici per blandire e allettare, quali la perversità delle dottrine e la
disonestà delle opere» (in EE, III, p. 424). Negli anni successivi il papa tornò a fare riferimento alla
massoneria e alla sua influenza sulle vicende italiane con due lettere dell’8 dicembre 1882: la prima,
68
69
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LUIGI MICHELE DE PALMA
Invece di una lettera pastorale, Galdi dette alle stampe un altro dei suoi
opuscoli di formato tascabile70, incentrato espressamente sul fenomeno massonico, a sua volta esaminato nelle sue origini, nei suoi sviluppi e nelle sue
finalità, ma soprattutto analizzato in relazione al suo sistema ideologico e al
preteso legame con la scienza71. Nella prima parte dell’opuscolo Galdi ricostruiva la genesi della massoneria, distinguendo quanto atteneva alla storia da
ciò che veniva raccontato dalla pubblicistica di propaganda. Tuttavia, la chiave ermeneutica della sua esposizione si circoscriveva a una tesi fondamentale:
le innumerevoli sette esistenti nel mondo erano state raccordate dalla massoneria e in seno a essa, con lo scopo di fondere le varie forze anticlericali nella
lotta contro la Chiesa cattolica e per sostituirla con una religione moderna72.
Inimica vis, era indirizzata ai vescovi della Penisola, la seconda Custodi di quella fede, al popolo
italiano (i testi delle due lettere in EE, III, pp. 1562-1579). Nell’enciclica Dall’alto dell’apostolico
seggio (15 ottobre 1890) Leone XIII denunciava l’opera disgregatrice della nazione italiana posta in
atto dalla massoneria (EE, III, pp. 577-589), mentre all’8 febbraio 1893 risale la lettera Il divisamento, inviata al cardinale Luigi di Canossa, vescovo di Verona, e ai presuli veneti, riguardante la
proposta di legge dell’On. Teodorico Bonacci, ministro di Grazia e giustizia, che voleva imporre la
celebrazione del matrimonio civile prima di quello religioso (EE, III, pp. 1580-1587). L’introduzione di questa prassi nel diritto matrimoniale italiano, secondo il papa, corrispondeva a un antico progetto di origine massonica. In seguito il papa tornò ad alludere all’attività anticattolica della massoneria italiana nell’enciclica Spesse volte del 5 agosto 1898 (EE, III, pp. 1111-1119) e nella lettera
apostolica Annuum ingressi del 19 marzo 1902 (EE, III, pp. 1892-1931).
70
In successione vennero pubblicati: Critica e censura del libretto anonimo intitolato “La
infallibilità pontificia e la libertà”. Pensieri critici di un filosofo pratico, Tipografia Pontificia
Mareggiani, Bologna 1874; Dispute occasionate tra un vescovo cattolico ed un pubblicista alemanno che ama chiamarsi un filosofo sincero ed indipendente, Tipografia Pontificia Mareggiani,
Bologna 1877; Conferenze occasionate dall’enciclica “Etsi Nos” di Leone XIII, Tipografia Editrice
Fratelli Terlizzi, Andria 1882; Un vescovo del barese ad alcuni signori suoi amici di antica data
ed ora deputati alla Camera italiana. Ragionare su un disegno di legge, Bologna, Tipografia all’insegna di Dante, 1893.
71
F. M. GALDI, Il perché della framassoneria considerata nella sua entità settaria, notificato
dalla storia e ponderato al lume della scienza, Tipografia Editrice Fratelli Terlizzi, Andria 1885.
Nel 1886 il presule tornò a evocare la massoneria in due sue lettere pastorali: Alquante parole di
conforto e richiamo ai suoi diocesani in occasione del choléra, Tipografia Pontificia Mareggiani,
Bologna 1886, pp. 6, 9. Altre lettere pastorali furono le seguenti: Lettera pastorale al popolo della
sua diocesi, Tipografia Sinimberghi, Roma 1872; Lettera pastorale 1879, Tipografia Cattolica, Andria 1879; Lettera pastorale 1881, Tipografia Pontificia Mareggiani, Bologna 1881; In seguito alle
due encicliche papali “Immortale Dei miserentis” e “Quod auctoritate Apostolica”, Tipografia
Fratelli Terlizzi, Andria 1886.
72
Il tema viene trattato nei numerosi studi raccolti nel volume di G. M. CAZZANIGA, La religione
dei moderni, ETS, Pisa 1999, da cui emerge l’idea massonica di fare della politica la vera religione
della società moderna.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
549
Malgrado ciò, il disegno massonico restava un grande inganno perché la religione di cui i framassoni si facevano propagatori equivaleva a una dissimulata professione di ateismo, la quale comportava l’affermazione di una morale
senza regole e accomodante. Soltanto la Chiesa cattolica si dimostrava avversaria del progetto universale massonico, mentre le altre confessioni cristiane
apparivano più concilianti. Perciò la massoneria era l’originaria mandante di
tutti gli attacchi sferrati contro la Chiesa cattolica per ottenerne la distruzione o almeno un significativo indebolimento.
Pertanto, concludeva Galdi, la lotta più efficace per sconvolgere il disegno
massonico doveva puntare a dimostrare «l’assurdità e la esorbitante immoralità del suo ateismo»73. A questo scopo egli sviluppava la prima parte del suo
scritto, sulla base dell’analisi del pensiero massonico, compiuta tanto sugli statuti delle logge, quanto sulle testimonianze di una certa letteratura massonica
e antimassonica74. Le sue argomentazioni miravano a svelare le trame oscure
della massoneria, rivelandone i principî desunti, in gran parte, dalle teorie del
libero pensiero e del teismo: questi sistemi ideologici erano fondamento di
una morale «a genio, a comando del proprio partito, senza pressioni sulla
coscienza, variabile secondo che esigono i proprii disegni e le sensuali passioni; e quindi una morale che fa senza di un Dio sommo, assoluto, personale e
vindice severo di sua Legge»75. Perciò, per demolire l’impianto teorico della
massoneria, non restava che dimostrare quanto fosse falso ed erroneo l’ateismo. La seconda parte dell’opuscolo veniva articolata in questa direzione e
GALDI, Il perché, p. 71.
Fra le opere citate compaiono la Lettera del signor Carlo Luigi de Haller, già membro del
Consiglio Sovrano di Berna, alla sua famiglia per dichiararle il suo ritorno alla Chiesa Cattolica,
Apostolica, Romana (Carl Ludwig von Haller aveva abbandonato la massoneria e ne svelava i segreti; la sua lettera fu pubblicata a Ginevra nel 1821 e nello stesso anno tradotta e stampata a Torino,
Milano e Napoli e successivamente nel 1825 a Parigi); e i testi di G. TORRICELLI, Orazioni sacre e dissertazioni storico polemiche, 11 voll., Tipografia Veladini e Comp., Lugano 1837-1840, e di J.G.
FINDEL, Histoire de la franc-maçonnerie depuis son origine jusq’à nous jours, Lacroix, Paris 1866
(l’originale tedesco fu pubblicato a Leipzig nel 1861-1862). Galdi, inoltre, trascrive la “memoria”
inviata al Congresso dei sovrani in Verona (1822) dall’ex ministro prussiano di Guglielmo III
Christian August Heinrich Kurt von Haugwitz (1752-1832), tradotta e pubblicata nell’articolo Di alcuni documenti poco noti dimostranti ciò che della setta massonica definisce la recente enciclica “Humanum genus” del S.P. Leone XIII, in CC 35 (1884) VI, pp. 406-415. Nella “memoria” il
conte von Haugwitz, ex massone e protestante, rivelava le menzogne, le trame, i metodi e le strategie
adottate dalla massoneria per esercitare la sua influenza sulla società e sulla politica.
75
GALDI, Il perché, p. 178.
73
74
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LUIGI MICHELE DE PALMA
Galdi si impegnava, attraverso una sottile trattazione, a focalizzare i motivi per
cui «la negazione del vero Dio [fosse] dichiarata la contraddizione più manifesta alla ragione, e la rapina più violenta alla mente e al cuore dell’uomo»76.
A prova del suo giudizio, il presule riprendeva la critica precedentemente
espressa nei confronti della filosofia di Ausonio Franchi, di Feurbach e di
Ferrari, e aggiungeva le sue dure obiezioni alle tesi di Pasquale D’Ercole
(1831-1917), docente di filosofia teoretica nell’università di Torino77, il quale,
secondo Galdi, aveva preteso di «abbattere le prove dell’esistenza di Dio»78.
Nel complesso degli interventi antimassonici dei vescovi pugliesi, il volumetto di Galdi risulta essere il più denso e particolareggiato, ricco di riflessioni personali e critico dal punto di vista teorico. Prima dell’Humanum
genus, infatti, la massoneria venne evocata dal vescovo di Lecce Salvatore
Luigi Zola nella lettera pastorale del 187979. Dopo il 1884 i riferimenti delle
lettere pastorali si fecero più frequenti e si protrassero fino all’avvento del
fascismo, quando le logge, essendo state proibite dal regime, furono messe
“in sonno” a tutela degli aderenti80. Crebbe anche l’attenzione dei vescovi nei
Ivi, pp. 71-72.
Originario di Spinazzola, Pasquale D’Ercole aveva compiuto gli studi presso il Seminario
Vescovile di Molfetta, per poi proseguire la formazione universitaria a Napoli e a Berlino, dove aderì
alla corrente hegeliana. Cf. F. CAMBI, D’Ercole, Pasquale, in DBI 39 (1991) pp. 100-102. Galdi contestò le idee di D’Ercole contenute in particolare nel volume Le contraddizioni e le infondate
dimostrazioni del teismo, Loescher, Torino 1884.
78
GALDI, Il perché, p. 164.
79
Cf. S.L. ZOLA, L’enciclica pontificia “Quod apostolici muneris” del 28 decembre 1878,
Tipografia Gargiulo, Napoli 1879, pp. 19-23.
80
I riferimenti alla massoneria, oltre che nelle lettere pastorali di Galdi precedentemente citate, si succedono cronologicamente in quelle di F. PEDICINI (Bari), Lettera pastorale per la
Quaresima del 1885, Tipografia Cannone, Bari 1885, 13; L. BRUNO (Ruvo e Bitonto), La città di Dio
e la città degli uomini nelle encicliche «Immortale Dei» e «Quod auctoritate apostolica» del
Santissimo Padre Leone XIII, Da’ tipi di N. Garofalo, Bitonto 1886, p. 23; ID., I nuovi crociati a
Roma nel giubileo sacerdotale del Santo Padre Leone XIII, Stabilimento Tipografico Cannone, Bari
1887, pp. 30-31; P.A. JORIO (Taranto), L’ancora di salvezza per l’odierna società ossia la parola
del papa ed il giubileo, Tipografia FP. Latronico, Taranto 1886, pp. 7-10; ID., I due alberi (Papato
e Rivoluzione) o la vita e la morte nel secolo XIX, Stabilimento Tipografico C. Natale, Taranto
1898, pp. 25-26; G. CAPORALI (Otranto), Lettera pastorale per la Quaresima del 1893, Tipografia
Editrice Salentina, Lecce 1893, p. 10; G. VACCARO (Bari), Lettera pastorale, Tipografia F. Giannini,
Napoli 1898, pp. 8, 11, 22; E. MERRA (San Severo e Civitate), Sconforti e speranze. Nel tramonto
del secolo XIX e nell’aurora del XX, Tipografia Pontificia Mareggiani, Bologna 1900, in Mons.
Emmanuele Merra (Andria 9-11-1838, S. Severo 20-7-1911). 1899 - 21 dicembre - 1999.
Centenario dell’elevazione all’episcopato, a cura di Antonio Talacci Merra, Pubblicità & Stampa,
76
77
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
551
confronti dell’estendersi della rete massonica sul territorio. Per altro, nel 1909
la Congregazione Concistoriale dettò nuove norme, che modificarono la struttura delle relazioni, e predispose una nuova Formula servanda, con cui fu
introdotta una domanda sulla presenza delle logge nelle diocesi81. Nella relazione ad limina del 1911, l’arcivescovo di Trani, Barletta e Bisceglie Francesco
Paolo Carrano – così come veniva richiesto – segnalava la presenza di massoni e di socialisti e riferiva che alla loro volontà dovevano ricondursi i funerali
civili svolti nei paesi della diocesi82, mentre Pasquale Gioia, vescovo di Molfetta,
Giovinazzo e Terlizzi, nella relazione del 1926 riferiva che «Multi sectæ massonicæ adhærebant tres tabernæ habebantur. Nunc Deus scit quid de illis sit»83.
Di riflesso anche nelle lettere pastorali alcuni vescovi lamentarono la
costituzione di nuove logge nell’ambito delle loro diocesi84. Nel 1912 Angelo
Modugno 2000, p. 14; A. STRUFFOLINI (Ascoli Satriano e Cerignola), La massoneria, Tipografia Pontificia M. d’Auria, Napoli 1912; F.P. CARRANO, (Trani, Barletta e Bisceglie), Lettera pastorale per la
Quaresima del 1913 alle tre diocesi di Trani, Barletta e Bisceglie. La indefettibile missione della
Chiesa nella restaurazione cristiana della società, Tipografia Ascanio Laghezza, Trani 1913, p. 19;
ID., Lettera pastorale per la Quaresima del 1913 alle tre diocesi di Trani, Barletta e Bisceglie. La
donna alla sequela del mondo. La donna alla sequela di Gesù Cristo. Effetti opposti. Rimedii,
Tipografia Ascanio Laghezza, Trani 1914; G. STAITI (Andria), Il Cuore di Gesù e la quaresima del
1903, Stabilimento Tip. B. Terlizzi, Andria 1903, p. 19; ID., La Quaresima del 1914. Dopo le feste
costantiniane, Stabilimento Tip. B. Terlizzi, Andria 1914, pp. 6-8; P. GIOIA (Molfetta), Vita cristiana.
Quaresima 1924, in Lettere pastorali dei Vescovi di Molfetta, p. 246; G. M. SANNA (Gravina e
Irsina), Due centenari diocesani, F. Casini & Figlio, Bari 1924, pp. 24-25; ID., Lettera pastorale
per la Quaresima del 1935, Scuola Tip. Dioc. degli Oblati Coadiutori del Clero in Vita Comune,
Gravina di Puglia 1935, p. 9.
81
Essa venne ulteriormente modificata dopo la promulgazione del Codex Iuris Canonici ed entrò in vigore dal 1921: S. CONGREGATIO CONSISTORIALIS, De Relationibus diœcesanis. Formula servanda
in relationibus conficiendis, Typis Polyglottis Vaticanis, Romæ 1918.
82
La relazione è pubblicata in DARGENIO, Chiesa e società, pp. 387-405, qui p. 401.
83
ACV, Melphicten., Iuvenacen., Terlitien., P. GIOIA, Relazione ad limina 1926, p. 97. Nel 1941,
il successore di Gioia, Achille Salvucci, confermava la presenza di tre logge, ma aggiungeva che la
loro attività si era rarefatta col passare degli anni, fino a scomparire durante il Ventennio e i primi
anni della Repubblica. Nella relazione del 1956, il vescovo denunciava una certa ripresa della massoneria, avvertita in alcune tendenze laiciste della vita sociale, ma non faceva riferimento ad avvenimenti particolari, né riferiva notizie concrete (cf. L. M. DE PALMA, Tracce per una «storia diocesana»
nelle relazione «ad limina» di Mons. Achille Salvucci, vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi
(1935-1978), in Studi in onore di Mons. Antonio Bello, a cura di Luigi Michele de Palma, Mezzina,
Molfetta 1992, pp. 488-489).
84
E comunque continuarono le critiche alla cultura anticlericale dominante, così come si evince dalle lettere pastorali del vescovo di Nardò Giuseppe Ricciardi (I cattolici a fronte de’ nemici
della Chiesa e della Patria, Tipografia Fratelli Martucci, Taranto 1902; Le conseguenze del libero
pensiero nella Società, Tipografia Fratelli Martucci, Taranto 1906) e del vescovo di Ruvo e Bitonto
552
LUIGI MICHELE DE PALMA
Struffolini, vescovo di Ascoli Satriano e Cerignola, denunciava il proselitismo
dei massoni fra la popolazione diocesana e giungeva ad affermare: «siamo nel
secolo della massoneria»85, mentre Gioia, dodici anni dopo, scriveva che «C’è
di fatto in tutte le nostre città [Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi] la loggia […].
Terlizzi ne pareva immune, ma da sei mesi a questa parte si è riusciti a darle
vita anche lì»86.
Angelo Struffolini (1853-1917).
Cerignola, Archivio Storico Diocesano.
Pasquale Berardi (Il libero pensiero e l’indulgenza plenaria nel giubileo dell’Immacolata,
Tipografia Vescovile, Bitonto 1904).
85
STRUFFOLINI, La massoneria, p. 5.
86
GIOIA, Vita cristiana, p. 246.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
553
Ciò nonostante, si deve notare che il più delle volte i vescovi hanno fatto
da cassa di risonanza alla voce del papa e alle sue condanne, ne hanno amplificato il tono e in alcuni casi hanno esasperato gli accenti e ingigantito le dimensioni del fenomeno massonico. I mali che affliggevano la società, le correnti culturali riprovate dalla Chiesa e i movimenti politici contrari ai principî
del cattolicesimo venivano ricondotti a un’unica matrice:
la massoneria ha dato origine a’ partiti più sovversivi: il nichilismo, il comunismo, il
socialismo, l’anarchia; ha minato con mezzi violenti la monarchia, ha spinto tanti sciagurati al regicidio87.
Il vescovo, inoltre, ripeteva pedissequamente, con puntuali citazioni a piè
di pagina della lettera pastorale, le tradizionali accuse scagliate contro la
massoneria: l’esigere il segreto per non svelare la sua empia dottrina, l’essere una società eretica, atea e panteistica, il volere la distruzione del cristianesimo, l’aspirazione a esercitare un dominio mondiale, l’essere corruttrice dei
buoni costumi e della morale, responsabile dell’introduzione del divorzio,
nemica del trono, della società e della patria, genitrice del nichilismo, del
comunismo, del socialismo e dell’anarchia88, l’essersi infiltrata nell’apparato
statale e nell’organismo sociale, dando origine a un sistema di scandaloso
favoritismo, l’aver diffuso fra i suoi adepti uno stile di vita doppio e dissimulatore. Per altro è interessante rilevare come Struffolini ribalti contro la massoneria l’accusa risorgimentale che era stata proferita dagli anticlericali a
danno dei cattolici, considerati nemici della patria:
Quando i destini d’Italia s’andavano maturando per un assetto politico che avrebbe appagate le nazionali aspirazioni di unità e d’indipendenza, intatte serbando al
papato quella fede e devozione le quali nel corso dei secoli avevano procurato alla
patria decoro e sicurtà; la setta tenebrosa, che per esso odio inestinguibile covava nel
seno, con segrete macchinazioni si serviva di sodalizi e di uomini di stato per stornare siffatti destini ed avviare l’Italia verso un orientamento politico definitivo, ostile alla
S. Sede89.
STRUFFOLINI, La massoneria, p. 25.
Perciò, sosteneva il presule, «i migliori alleati dei massoni, per combattere la religione e la
morale cattolica, sono precisamente i socialisti, i repubblicani e i radicali» (ivi, p. 31).
89
Ivi, p. 17. La tesi non era nuova perché Leone XIII, nella lettera Custodi della fede (1892),
aveva affermato: «Lasciate, dunque, che, rivolgendo a voi la Nostra parola, vi additiamo la Massoneria, come nemica ad un tempo di Dio, della Chiesa e della nostra Patria» (EE, III, 1896).
87
88
554
LUIGI MICHELE DE PALMA
Insomma, i vescovi mostravano talvolta di dar credito alla leggenda nera
della setta, associandola al mito della cospirazione giudeo-massonica mondiale90, fino a innestarla nel processo di demonizzazione sostenuto da alcuni
autori, ispiratori di taluni gruppi antimassonici:
È Satana, e sempre Satana! “Il Satanismo della Massoneria, dice uno scrittore, è più
manifesto della luce del sole. Essa forma l’antichiesa per eccellenza, che è la Chiesa di
Satana in perfettissima contraddizione con quella di Cristo. Una setta che più della
massoneria sia diabolica, non si dirà mai, giacché nega tutto, si ribella a tutto, e non
anela soltanto alla distruzione del bene soprannaturale dell’uomo, ma eziandio del
benessere naturale. Essa, come Satana, che l’ha generata, è veramente inimica della
natura umana!”91.
La situazione regionale, però, appariva più meschina e provinciale sia agli
occhi dei presuli sia allo sguardo dei visitatori apostolici, inviati in Puglia
negli anni 1904-1907 per disposizione di Pio X92. Rispetto all’entroterra i visitatori constatarono la maggiore diffusione della massoneria presso le diocesi della costa, dovuta all’indifferenza religiosa delle classi più elevate. Ernesto
Bresciani, redentorista, visitò l’arcidiocesi di Bari e registrò nel capoluogo la
presenza di quattro logge. Qui i massoni «tengono in mano tutto, ma certo
non tutti sono perversi»93, anzi – continuava il visitatore – subiscono il clientelismo consolidato delle logge: «Chi non è massone e domanda un impiego
sente subito la proposta di ascriversi alla setta, altrimenti è quasi impossibile
90
Su cui si veda CAZZANIGA, Il complotto, pp. 327-330; e anche G. MICCOLI, Santa Sede, questione ebraica e antisemitismo fra Otto e Novecento, in Gli ebrei in Italia, a cura di Corrado Vivanti,
II: Dall’emancipazione ad oggi, Einaudi, Torino 1997, pp. 1401-1418 (Storia d’Italia. Annali 11).
91
MERRA, Sconforti e speranze, p. 14. Il tono delle affermazioni non deve stupire perché è indice dell’asprezza usata dalle opposte posizioni nella polemica da lungo tempo avviata. Tuttavia, ha
osservato Angela Pellicciari, «L’insistenza sulla credulità dei cattolici che danno ascolto a personaggi screditati, fa erroneamente passare in secondo piano l’importanza di testimonianze e documenti
che descrivono “l’odio satanico” del credo massonico negli ultimi decenni dell’Ottocento» (PELLICCIARI, I papi, p. 126 nota 196). Per una raccolta di testimonianze di parte massonica, dagli accenti
sferzanti e sprezzanti nei confronti del cattolicesimo, si veda ivi, pp. 124-159.
92
Per le visite apostoliche volute da Pio X si rinvia all’imponente studio di G. VIAN, La riforma
della Chiesa per la restaurazione cristiana della società. Le visite apostoliche delle diocesi e dei
seminari d’Italia promosse durante il pontificato di Pio X (1903-1914), Herder, Roma 1998.
93
I brani della visita apostolica di Bresciani sono tratti da D. MORFINI, Parrocchia e laicato cattolico nel Novecento meridionale. L’episcopato barese di Giulio Vaccaro (1898-1924), Edipuglia, Bari 2006, p. 138.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
555
che l’ottenga». In buona parte, dunque, il fenomeno sociale era frutto di opportunismo, mentre restava flebile – secondo il visitatore di Molfetta, Giovinazzo
e Terlizzi, il domenicano Giovanni Lottini – la condivisione dei principî massonici:
I massoni appartengono alla setta o per legami di amicizia o per parentela o per
interesse. In queste sette non ci sono convinzioni profonde e perciò non possono fare
un gran male. Forse questa è la ragione per cui si dorme e non si cerca di metterci un
riparo. Ma guai se queste sette incominciano a prender vita!94.
Le osservazioni dei visitatori, dunque, confermavano la decadenza della
massoneria otto-novecentesca rispetto a quella del secolo precedente. Essa,
«non ha più suscitato la curiosità e l’interesse che nel Settecento ne fecero lo
spazio cui guardavano personalità intellettuali, geniali e creative, alle quali appartiene il tentativo di conferire alla stessa il carattere di “nuova Religione”,
di “scuola di saggezza”, di annuncio d’una “filosofia della storia”»95.
ASVR, Sacra Congregazione Concistoriale, Visite Apostoliche, b. 29, fasc. 2, G. LOTTINI, Relazione della visita apostolica delle diocesi unite di Molfetta Giovinazzo e Terlizzi [1909-1910],
p. 5. Per Bari Bresciani aggiungeva: «Però bisogna dire che o per ipocrisia, o per non urtare troppo il sentimento religioso della maggioranza, [la massoneria] lascia libere le suore di fare molto
bene alle fanciulle, e dovrebbe lasciar libero il Clero che fosse zelante e compatto nell’educare cristianamente la gioventù maschile. Questa invece, quasi abbandonata dal Clero, è asservita alla massoneria nelle scuole, nelle botteghe, nel ricreatorio festivo. L’opera dei Salesiani è appena incipiente e affatto impari al bisogno» (MORFINI, Parrocchia e laicato, p. 138). Per il visitatore di Trani,
Barletta e Bisceglie, Luigi Sirolesi (Pio dell’Immacolata, passionista), nell’arcidiocesi non vi erano
logge, ma i problemi non mancavano: «La stampa perversa vi è purtroppo radicata e diffusa fra il
popolo, specialmente con un giornale: La Protesta, anticlericale e socialista […]. Nella massa del
popolo vi è il sentimento religioso e cristiano, ma vi regna il Liberalismo, Socialismo, e nella signoria l’Indifferentismo» (la relazione della visita è pubblicata in DARGENIO, Chiesa e società, pp. 375386, qui p. 376). Tuttavia Nicola Monterisi, parroco a Barletta, riportò fra le sue annotazioni un
elenco di sacerdoti iscritti alla massoneria fra il 1860 e il 1870, nonché nel 1904, cioè nello stesso
anno in cui fu compiuta la visita apostolica. La notizia della presenza massonica nelle diocesi venne
confermata dall’arcivescovo Carrano nella relazione ad limina del 1911 (cf. ivi, pp. 157-158). Per
altro, l’ingresso solenne dell’arcivescovo in Barletta, svoltosi il 10 marzo 1907, fu disturbato da un
gruppo di anticlericali socialisti, i quali, al passaggio del corteo, «lanciarono insulti al presule e al
clero, agitarono in mano alcune copie del giornale anticlericale L’Asino e tentarono più volte di far
cadere il portabandiera del Circolo Leone XIII» (ivi, p. 73 nota 231).
95
G. GIARRIZZO, Massoneria e illuminismo nell’Europa del Settecento, Marsilio, Padova 1994,
p. 418. Sull’argomento di veda anche M. C. JACOB, Massoneria, in L’Illuminismo. Dizionario storico, a cura di Vincenzo Ferrone e Daniel Roche, Laterza, Roma-Bari 21998, pp. 271-282, e anche
A. TRAMPUS, La massoneria nell’età moderna, Roma-Bari, Laterza 2001. Emblematica, fra le altre, è
la vicenda del sacerdote calabrese Antonio Jerocades (1738-1805), sostenitore delle idee repubblicane
94
556
LUIGI MICHELE DE PALMA
Alla massoneria erano subentrate le logge, le quali non soltanto avevano
reso pluriforme e variegato il pensiero massonico, nel tentativo di rivitalizzarlo e di renderlo rispondente alle esigenze interne di una riforma ideale ritenuta necessaria, ma, a loro volta, esse si erano trasformate in centri funzionali per la conservazione del potere dei ceti dirigenti96. Sul piano della sociabilità, l’appartenenza alle logge non era più intesa soltanto come uno status
symbol, e neppure come possibilità di ascesa sociale, ma piuttosto come
pragmatica soluzione dei problemi connessi alla sistemazione lavorativa ed
economica degli affiliati.
Tuttavia, insieme ai timori e alle preoccupazioni per la società e per la
Chiesa che spiegano alcuni eccessi di enfasi, si deve tenere conto anche delle
iniziative intraprese dai presuli in seno alle Chiese locali97. Oltre che incentivare la fondazione e l’affiliazione all’associazione universale intitolata alla Sacra
Famiglia, così come aveva auspicato Leone XIII nella Humanum genus, per
«salvare» i giovani, le famiglie e la società dal pericolo e dai danni provocati dalla massoneria, la lotta antimassonica costituì uno dei motivi che incentivarono in Puglia – e in altre regioni del paese98 – il sorgere del movimento
e propagatore della massoneria nel meridione d’Italia, sul quale si veda F. BARRA, Antonio Jerocades.
Biografia di un intellettuale meridionale, Ferraro, Napoli 2007, e M. L. PERNA, Jerocades, Antonio,
in DBI 62 (2004) pp. 214-218.
96
Questo aspetto particolare è stato approfondito da M. A. CAFFIO, Il gioco delle appartenenze.
Strategie associative e pratiche del potere in Terra d’Otranto (1760-1821), Edipuglia, Bari 2007
(con ulteriori indicazioni bibliografiche).
97
È significativo quanto riferisce Struffolini nella sua lettera pastorale circa il comportamento
dei massoni sia all’interno degli enti locali sia ai vertici delle istituzioni nazionali: «Appena entrati
nelle associazioni ed amministrazioni, vi infondono subito lo spirito settario e, se cattoliche, cercano con male arti di smembrarle e rovinarle; se profane adoperano ogni mezzo per afferrarne il potere. Quando in un Comune o in una Provincia essi stanno a capo, tutto procede massonicamente:
nelle scuole, nelle banche, negli ospizi, negli orfanotrofi, negli ospedali non vi saranno in massima
parte che maestri, impiegati, ufficiali e amministratori massoni. Questi per lo più sono preferiti non
per le prestanti attitudini, né per le buone qualità morali, perché i capi settari nello sceglierli, più
che del merito, tengon conto de’ principii che professano. E se da una parte le istituzioni, affidate a
gente incapace, deperiscono; dall’altra vengono ingiustamente rimossi i più abili e più esperti sol
perché, essendo più onesti, non hanno voluto né vogliono appartenere alla setta»; e poi continua:
«Molto più dannosa riesce la penetrazione della massoneria ne’ poteri dello Stato. I fratelli potentissimi che fanno parte del parlamento, del senato, del consiglio de’ ministri, devono in tutto uniformarsi alla suprema volontà della setta» (STRUFFOLINI, La massoneria, pp. 27-28).
98
Si veda, per esempio, M. CASELLA, Chiesa e massoneria a Roma. Le origini dell’Unione Antimassonica (1893-1896), in Rivista di Scienze Religiose 14 (2000) pp. 55-103.
VESCOVI PUGLIESI E MASSONERIA DOPO L’UNITÀ D’ITALIA
557
cattolico99. Emblematico è il caso di Molfetta, diocesi in cui, nel 1896, venne diffuso un appello – rimasto anonimo, ma attribuito al sacerdote molfettese Matteo
Allegretta – con cui si incitavano i cattolici a reagire contro i continui attacchi
anticlericali della massoneria e a dare vita in diocesi all’Azione Cattolica100, e nel
1902 fu data alle stampe la traduzione dal francese, curata da Vincenzo de
Matteo, sacerdote e docente presso il Seminario Vescovile101, di un testo classico dell’antimassonismo cattolico, Le Secret de la Franc-Maçonnerie, pubblicato a Lille nel 1883 dal vescovo di Grenoble Amand-Joseph Fava (1826-1899)102.
99
Sull’argomento, oltre che allo studio di V. ROBLES, Il movimento cattolico pugliese (18811904). Storia di un lento e difficile cammino, Edizioni del Sud, Bari 1981, mi permetto di rinviare alle indicazioni bibliografiche contenute in L. M. DE PALMA, Gli albori dell’Azione Cattolica diocesana, in Cento anni dell’Azione Cattolica diocesana, a cura di Luigi Michele de Palma, Mezzina,
Molfetta 2002, pp. 7-69.
100
Cf. Necessità e dovere dell’Azione Cattolica. Poche, ma sentite e franche parole ai cattolici della diocesi di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi, Tipografia Fratelli Manfredi, Napoli 1896.
Anche in questo testo la massoneria viene identificata con il satanismo, perciò si afferma: «Quelle
inimicizie contro Gesù Cristo si continuano contro i figli della Chiesa con certo livore infernale, che
con proprio e oramai divulgato vocabolo chiamasi satanismo. Ecco l’obbiettivo: ecco il bersaglio
dell’azione cattolica: contro questo debbono i seguaci di Gesù Cristo essere armati, secondo lo spirito di nostro Signore, che appunto combattette per riconquistare quel regno che gli era stato rapito:
Regnum suum recuperaturus, in quod ab initio daemon fuerat intrusus; a dir di s. Tommaso»
(ivi, p. 6). Per l’attribuzione ad Allegretta e per le notizie biografiche che lo riguardano si veda G.
DE GENNARO, La città di Salvemini. La classe dirigente di Molfetta dall’Unità al primo Novecento,
Mezzina, Molfetta 2000, pp. 99-120.
101
Se ne veda il necrologio pubblicato sul periodico diocesano Luce e Vita 5 (1929) n. 17, pp. 78; nonché D. AMATO, Primi dati sul clero molfettese fra ’800 e ’900, in Luce e Vita Documentazione, 1987, n. 2, p. 164.
102
Cf. A. G. FAVA, Il segreto della framassoneria, De Bari, Molfetta 1902. In precedenza erano
apparse tre traduzioni stampate a Napoli, Roma e Treviso nel 1884. Fava è noto per la sua assidua
attività antimassonica. Nel 1884, quando venne pubblicata l’Humanum genus, fondò la rivista mensile La Franc-maçonnerie Démasquée, su cui venivano divulgate e contestate le dottrine massoniche;
in precedenza erano apparsi alcuni suoi libri e opuscoli: La Franc-Maçonnerie (1880); Croisade
réparatrice des francs-catholiques (1881); Discours sur le secret de la Franc-Maçonnerie
(1882); e in seguito Appel aux catholiques français et aux catholiques des diverses nations
(1896); nonché Y a-t-il des femmes dans la franc-maçonnerie? (1891), in collaborazione con Léo
Taxil, pseudonimo del famoso millantatore Gabriel-Antoine Jogand Pagès. Questi aveva propagato
l’idea della massoneria “Sinagoga di Satana” con un’intensa attività pubblicistica, che trovò vasto credito negli ambienti cattolici. Il suo libro più diffuso – in seguito dichiarato frutto di fantasia per
ammissione dello stesso autore – venne tradotto in italiano da Luigi Matteucci e stampato a Genova
nel 1888 da Giovanni Fassicomo con il titolo I misteri della framassoneria (una ristampa anastatica, intitolata Storia segreta della massoneria, è stata pubblicata nel 1992 dalla casa editrice Fratelli
Melita di Genova). La vicenda di Taxil è narrata in E. WEBER, Satan franc-maçon. La mystification
de Léo Taxil, R. Julliard, Paris 1964; e anche in MICCOLI, Leone XIII, pp. 220-236.
INDICE GENERALE
Sigle e abbreviazioni
3
Editoriale
5
MICHELE DULVI CORCIONE, Stato e Chiesa nel Risorgimento: una breve riconsiderazione del problema storiografico
15
I. Campania
MICHELE MIELE, La Chiesa napoletana nell’ultimo periodo borbonico in
attesa dell’unità
47
UGO DOVERE, La Chiesa di Napoli dopo il 1848. La seconda relazione per
la visita ad limina del cardinale Sisto Riario Sforza
61
GIOVANNI SALE, La Civiltà Cattolica tra censura borbonica e svolta “intransigentista”
157
VINCENZO TROMBETTA, I giornali napoletani dei primi anni postunitari e la
satira anticlericale
187
FRANCESCO SPORTELLI, La “resistenza” dell’episcopato meridionale alla legislazione ecclesiastica del Regno d’Italia: gli atti collettivi di protesta (1861-1865)
217
GIANCARLO ROCCA, Le Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret
a Napoli: istituzione napoletana o straniera? Esame statistico delle
religiose presenti nella provincia di Napoli dal 1810 al 1860
239
PASQUALE ROSSI, Architettura e città dopo l’unità d’Italia
335
Indice generale
812
EUGENIO CAPOZZI, Carlo Poerio, i moderati meridionali e il programma politico-istituzionale neoguelfo
381 381
FRANCESCO BARRA, Biagio e Salvatore Cognetti nella crisi finale del Regno
delle Due Sicilie (luglio-settembre 1860)
399
ANTONIO ILLIBATO, Il vescovo Gennaro di Giacomo in alcuni documenti napoletani
433
ULDERICO PARENTE, Santità canonizzata e Risorgimento. Riflessioni in margine al processo di beatificazione e canonizzazione di Luigi Sodo
(1811-1895), vescovo di Cerreto o Telese
487
487
II. Puglia
LUIGI MICHELE DE PALMA, «Siamo nel secolo della massoneria». Vescovi pu517
gliesi e massoneria dopo l’unità d’Italia
517
ANTONELLA DARGENIO, Nicola Monterisi, Il Buon Senso e la stampa anticlericale
559
III. Calabria
593
593
FRANCESCO FESTA, I cattolici lucani tra Ottocento e Novecento. L’impegno
politico nell’associazionismo e nella stampa periodica
629
ENZO D’AGOSTINO, I vescovi calabresi nel 1860-1861
IV. Basilicata
V. Sicilia
SALVATORE VACCA, La Sicilia cattolica e il problema dell’unità d’Italia
673
GAETANO ZITO, La Chiesa siciliana dopo Garibaldi. Sedi vacanti e nomine
episcopali (1860-1875)
707
GIUSEPPE DI FAZIO, Questione contadina e autonomie locali nella Sicilia
postunitaria: Giuseppe De Felice Giuffrida e Luigi Sturzo 755
755
Indice generale
813
Indice dei nomi
783
Indice dei luoghi
805