Archivi per la storia del movimento operaio
D) Partito comunista italiano
Giorgio Amico
Ancora sullo stalinismo nella sinistra italiana
A proposito di un articolo dell'Unità (1960)
Cosa sono gli archivi per la storia del movimento operaio
Gli Archivi per la storia del movimento operaio consistono in una serie di quaderni, frutto
della progressiva digitalizzazione dei materiali contenuti nell'archivio del Cedoc (Centro di
documentazione sull'età contemporanea), suddivisi in sei sezioni:
A) Marxismo
B) Anarchismo
C) Movimento socialista italiano e internazionale
D) Partito comunista italiano e movimento comunista internazionale
E) Dissidenze storiche: a) trotskismo b) sinistra comunista c) movimento dei consigli
F) Nuova sinistra
Il Cedoc conserva i materiali (libri, articoli, interventi, conferenze, ritagli di stampa, riviste e
opuscoli) frutto di una militanza iniziata nel 1967 e i fondi versati da alcuni compagni, in
particolare Flaviano Anselmo, purtroppo prematuramente scomparso, e Luciano Dondero.
Ancora sullo stalinismo nella sinistra italiana
Rileggendo per una ricerca sulla storia del trotskismo in Italia vecchi appunti presi dal libro di
Silverio Corvisieri "Il mio viaggio nella sinistra", edito da L'Espresso nell'ormai lontanissimo marzo
1979, ci è capitato di imbatterci nella seguente frase:
“Il mito dell'Unione Sovietica era quasi intatto. Si distingueva, infatti, tra la direzione politica del
paese e la sua struttura socialista che assicurava un continuo progresso in ogni campo, A nessuno
perciò veniva assolutamente da ridere se l'Unità (come fece il 14 gennaio del '60) apriva la prima
pagina con un titolo di questo genere: « Una storica decisione del Presidium del Soviet premo —
Soppresso nell'Urss il ministero degli Interni ». Giuseppe Boffa, allora corrispondente da Mosca,
asseriva che la decisione: « contraddistingue l'avanzata verso la società del pieno comunismo. Una
grande evoluzione è in corso nell'Unione Sovietica verso quella forma di democrazia sempre più
profonda e totale, verso quella gestione della società da parte delle masse, che solo il comunismo
rende possibile: in tale evoluzione la misura decisa oggi rappresenta una tappa miliare, un grande e
radicale progresso ». (S. Corvisieri, op. cit., p.31)
In quel capitolo Corvisieri racconta la sua esperienza di giovanissimo redattore dell'Unità, già su
posizioni critiche anche se ancora molto confuse, incerto fra le tesi di Ingrao che affascinano la
parte più avanzata dei giovani comunsti e il richiamo della IV Internazionale trotskista a cui aderirà
nel 1964 dopo una lunga discussione con Livio Maitan riguardo alle tesi del VII Congresso
mondiale che si era tenuto un anno prima, in maniera clandestina, proprio in Italia.
Riletta a distanza di tanti anni l'affermazione di Corviseri ci sembrava alquanto bizzarra, al limite
dell'incredibile, vista anche la fama di autorevolezza che contraddistingue la figura di Boffa,
mancato nel 1998 e considerato ancora oggi uno dei massimi studiosi italiani della realtà sovietica.
Era opportuno dunque verificare se non si trattasse di un errore di annotazione. Recuperato da uno
scaffale polveroso il libro di Corvisieri, risultava che in effetti la citazione riportata negli appunti
era corretta.
A questo punto occorreva approfondire la ricerca andando a spulciare l'archivio dell'Unità. Un paio
di click sulla tastiera ed ecco sullo schermo apparire la pagina del giornale contenente l'articolo
esattamente come riportato nei ricordi di gioventù di Corvisieri. Che non aveva affatto esagerato nel
rievocare l'atmosfera esistente ai vertici del PCI in anni, il 1960, già di destalizzazione avanzata.
Anzi, una volta letto, l'articolo appariva ancora peggiore di quanto si poteva supporre dalla
citazione di Corvisieri. Con grande disinvoltura, dopo aver esaltato il terrore "rosso" della Ceka di
Dzeržinskij che, oltre alle "guardie bianche" aveva in pochi anni spazzato via menscevichi,
socialisti rivoluzionari, anarchici e qualche bolscevico dissidente, Giuseppe Bocca riduceva a
"errori" gli orrori e i crimini compiuti dalla polizia segreta nelle sue successive trasformazioni da
Čeka a GPU, poi NKVD e infine KGB.
Meglio minimizzare. Per Togliatti e il gruppo dirigente comunista, oltre ovviamente per i militanti
di base educati a fidarsi ciecamente di ciò che scriveva l'Unità, l'URSS restava il punto di
riferimento centrale, il modello a cui ispirarsi, a maggior ragione ora che si era avviata
trionfalmente a completare il percorso verso il comunismo, forma superiore di società e punto finale
del progresso dell'intera umanità, come con toni enfatici si ripete di continuo nell'articolo. Chi si
permetteva di avanzare qualche dubbio non poteva che essere un provocatore al soldo
dell'Occidente o un ingenuo irretito dalla propaganda americana. In URSS era in pieno svolgimento
il "processo di estinzione dello Stato che contraddistingue l'avanzata verso la società del pieno
comunismo". Lo scriveva Boffa su l'Unità e dunque non poteva che essere così. Come scrive
Corvisieri, a nessuno, ingraiani compresi, passava per la mente di ridere di fronte all'evidente
assurdità di tali affermazioni che contraddicevano tutto quanto si sapeva, e non era poco, della
realtà sovietica. Anche i trotskisti tacevano. Si rischiava l'espulsione e, nel caso di chi rivestiva
incarichi nell'apparato del partito, anche il lavoro. "Inoltre – scrive sempre Corvisieri - per
costringere i dirigenti del partito a tollerarci, dovevamo dimostrare di essere particolarmente
efficaci e attivi".
La notizia in realtà un fondo di verità lo aveva. Quello che ci si apprestava ad abolire era il sistema
noto oggi come "Arcipelago GULAG" anche se, nonostante la destalinizzazione, la politica del
"disgelo" e i proclami come quello riportato dalla prima pagina dell'Unità del 14 gennaio 1960,
colonie di lavoro forzato per prigionieri politici e criminali continuarono ad esistere anche se su
scala ridotta in URSS. Come scrive Roberto Massari nelle conclusioni della sua storia dell'apparato
repressivo sovietico, "Se questi sono uomini...", tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni
Sessanta il GULAG: "Smetteva di essere un settore di attività produttiva ispirato a criteri
schiavistici, per ridiventare gradualmente uno strumento essenziale di repressione politica e
culturale, ma su scala molto ridotta. Finiva l’epoca del lavoro forzato di massa e cominciava l’epoca
della caccia ai soli dissidenti". (R. Massari, Se questi sono uomini..., Massari editore, 2023, p. 259).
Dissidenti che continuarono a essere detenuti, oltre che in manicomio, in uno dei campi più famosi,
"Perm-36", fino almeno al 1987, e cioè ai primi anni di governo di Gorbačëv.
Quanto a quel comunismo ormai secondo il PCI pienamente in via di realizzazione già nel 1960,
nessuno in URSS ebbe modo di vederlo né allora né dopo. Resta un mito per i tanti nostalgici
dell'ex Unione Sovietica che ancora oggi continuano a ritrovarne tracce persino nella Russia neoimperiale di Putin.
G.A.
L' URSS va avanti
Nella notte, da Mosca, la Tass ha lanciato un annuncio che questa volta merita davvero di essere
definito storico Il Ministero degli Interni dell'Unione Sovietica è soppresso: le sue funzioni saranno
d'ora in poi esercitate localmente dai corrispondenti ministeri delle Repubbliche federate.
La decisione, adottata dal Presidium, sarà certamente ratificata nelle prossime ore dal Soviet
Supremo in questa sua sessione di gennaio, che si annuncia come un avvenimento di sconvolgente
importanza, poichè tutto lascia prevedere che adotterà anche misure radicali di disarmo unilaterale
da parte del paese socialista.
Lo scioglimento del ministero degli Interni non è soltanto il passo più sostanziale compiuto
dall'URSS nel decentramento di alcune delle più importanti funzioni del governo federale E' un
provvedimento che già fa parte del processo di estinzione dello Stato che contraddistingue
l'avanzata verso la società del pieno comunismo.
Una grande evoluzione è in corso nell'Unione Sovietica verso quelle forme di democrazia sempre
più profonda e totale, verso quella gestione della società da parte delle masse che solo il comunismo
rende possibile: in tale evoluzione la misura decisa oggi rappresenta una tappa miliare, un grande e
radicale progresso.
La notizia avrà certamente vastissime ripercussioni nel mondo. È un'eco più che giustificata.
Sempre e in ogni paese il ministero degli Interni e stato simbolo ed espressione organizzata di
quella funzione repressiva che è caratteristica sostanziale dello Stato. Il Ministero degli Interni e la
polizia, le prigioni, la difesa dell'ordine pubblico.
Per decenni i lavoratori da tutti i paesi hanno appreso a vedere in questo organismo tutta la ferocia
della natura oppressiva dello Stato capitalistico.
Quando occorreva garantire il giovane paese socialista contro il ritorno offensivo delle vecchie
classi sfruttatrici. ormai spodestate, anche nell'Unione Sovietica il ministero degli Interni assolse
compiti decisivi.
Fu gran merito dt Serginski [sic], collaboratore intimo di Lenin, l'averlo trasformato per la prima
volta nella storia da strumento delle classi privilegiate in arma della dittatura degli operai e dei
contadini Più tardi si annidarono in questo stesso organismo molti degli errori che il XX Congresso
del PCUS doveva denunciare Ma quanto cammino si è fatto da allora! Quanta distanza compiuta da
quello sforzo coerente di ripristino della legalià socialista!
Oggi 1'URSS è il primo e solo paese al mondo che rinunci ad avere un ministero degli Interni
centralizzato.
Per chi ha seguito il recente cammino dell'URSS il provvedimento odierno non giunge come una
sorpresa. Esso è stato preparato da molte misure che tendevano a fare esercitare dai lavoratori stessi
e dalle loro organizzazioni molte funzioni dt correzione, di prevenzione e di controllo. È stato
preceduto dal XXI Congresso del PCUS che ha fatto entrare l'URSS nella fase della costruzione su
larga scala della società comunista. Oggi il Soviet supremo può dire di avere maggiormente
avvicinato i popoli sovietici a questo gigantesco obiettivo.
G. B. (Giuseppe Boffa)
1. Giorgio Amico, Karl Korsch, Amadeo Bordiga e la sinistra comunista italiana
2. Maximilien Rubel, Karl Marx e il primo partito operaio
3. Camillo Prampolini, La predica di Natale (1897)
4. Albert Masó (Vega), Stalinismo, trotskismo, bordighismo: scritti per Socialisme ou
barbarie
5. Vittorio Rieser, L'esperienza della CGIL alla FIAT (1975)
6. Il Potere Operaio di Torino (1968)
7. René Lefeuvre e i Cahiers Spartacus
8. Ida Mett, Souvenirs sur Nestor Makhno (1948)
9. Giorgio Amico, La nascita del Pcd'I in Liguria
10. Evola e Kerouac uniti nella lotta? La rivolta giovanile vista da destra
11. La sinistra italiana e Stalin (1953)
12. Avanguardia Operaia. Reprint del primo numero (Dicembre 1968)
13. I trotskisti italiani e il Maggio francese
14. Giorgio Amico, Antifascisti savonesi nella guerra di Spagna
15. Giorgio Amico, Ancora sulla stalinismo nella sinistra italiana (1960)
CEDOC -Savona
Aprile 2024