“Accordare gli strumenti”
Paola Marinelli
Utilizzando una analogia con la musica, il lavoro sviluppa a partire da un caso
clinico - che ha al centro le vicissitudini di separazione e divorzio – la riflessioen
sulle possibilità dello psicoterapeuta di "accordare i suoi strumenti" in rapporto alla
comprensione, alla orchestrazione della rete di dispositivi operativi e di
collaborazione di diversi professionisti finalizzata a un progetto terapeutico
condiviso e alla "riscrittura di un nuovo spartito" della vicenda del paziente.
Psicoterapia multipersonale, complessità, setting, campo terapeutico, separazione,
trasformazione.
“Tuning the tools”
Using analogy with music, this paper develops from a clinical case - centered on
separation and divorce – some reflections on the psychotherapist's ability to "tune
his instruments" in relation to the understanding, orchestration of the network
operational and collaborative devices of several professionals aimed at a shared
therapeutic project and the "rewrite a new score" of the patient's history.
Multipersonal psychotherapy, complexity, setting, therapeutic field, separation,
transformation.
1. Premessa
Nonostante la ricerca empirica abbia dimostrato in modo attendibile
l’efficacia dei trattamenti di gruppo, i fattori terapeutici e i processi
che possono produrre il miglioramento clinico dei pazienti non sono
stati studiati in modo sistematico. Infatti la processualità di un gruppo
è difficilmente riconducibile a quella della psicoterapia individuale, che
finora è stata studiata in modo più approfondito. Mentre il processo
terapeutico individuale si fonda sulla relazione tra paziente terapeuta
e sugli interventi di quest’ultimo, nelle terapie di gruppo lo scenario
diventa notevolmente più complesso. Il singolo paziente in quanto
80
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
membro del gruppo, costruisce delle relazioni con tutti i membri del
gruppo non soltanto con il terapeuta. Inoltre egli vive un’atmosfera
emozionale
determinata
dall’intero
gruppo
e
dall’insieme
degli
interventi che caratterizzano la seduta. Il livello relazionale che si
attiva in gruppo è pertanto leggibile come insieme delle relazioni tra
pazienti del gruppo, tra pazienti e
terapeuta e tra pazienti con il
gruppo nel suo insieme.
Il gruppo fornisce un ambiente unico per sperimentare, all’interno
delle relazioni reali nel “qui e ora” della seduta, la complessità delle
proprie
reazioni
emotive.
Questo
livello
relazionale
molteplice
comporta per il singolo paziente il poter comprendere la natura dei
propri problemi psicologici anche a partire dalle risposte degli altri
membri del gruppo e non solo dagli interventi del terapeuta. Nei
gruppi terapeutici, infatti, i membri esprimono una grande varietà di
riflessioni, idee, emozioni, esperienze, che possono essere utilizzate
da tutti come materiale per attivare domande e riflessioni negli altri,
oltre che essere delle potenti task force interpersonali. Questa
complessità si rispecchia nelle difficoltà della ricerca empirica che con
grandi sforzi deve realizzare un set di variabili intrecciate tra loro e
difficilmente riconducibili a un unico livello di analisi inoltre tutto
questo si traduce nell’ulteriore difficoltà a rintracciare strumenti
capaci di cogliere tali livelli (Lo Coco, Prestano, Lo Verso, 2008).
L’approccio gruppoanalitico soggettuale, a cui si riferisce l’esperienza
clinica di cui parliamo, non può sottrarsi all’intreccio delle variabili fin
qui descritte, anzi deve considerarne anche altre, in ragione del fatto
che i setting utilizzati si sono succeduti e alternati, come già detto, a
più livelli e in più direzioni: individuale, gruppo, coppia.
“In musica l’espressività è data dal collegamento fra le note, che noi
chiamiamo con l’espressione italiana legato. Il legato impedisce a una
nota di sviluppare il suo io naturale, ovvero di diventare tanto
81
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
importante da mettere in ombra la nota precedente. Ogni nota deve
essere consapevole di sé, ma anche dei propri limiti; le stesse regole
che si applicano agli individui nella società si applicano anche alle
note musicali. Quando si suonano cinque note legate, ognuna lotta
contro la forza del silenzio che vuole prenderle la vita e ognuna è in
relazione con la nota che l’ha preceduta e con quella che la segue.
Nessuna nota può farsi valere, cercando di essere più forte di quelle
che l’hanno preceduta; se lo facesse, sfiderebbe la natura della frase
cui appartiene. Un musicista deve possedere la capacità di legare le
note” (Barenboim, op.cit.).
La difficoltà di Giulio è proprio questa: lottare con la forza di quel
silenzio, quel vuoto esistenziale che é dentro di sé e che vuole
prendergli la vita e in questa lotta impari é come se perdesse la
visione d’insieme, come se non riuscisse a vedere altri che se stesso
e il suo percepirsi “perdente” nonostante evidenti riscontri del reale
dicano altro. Tutti in quei momenti sono in ombra: cosa tutto questo
abbia determinato per lui e i suoi familiari, è stato ed è tuttora
oggetto
del lavoro terapeutico attraverso il quale, si tenta di dare
luce e un nuovo senso alla sua storia conducendolo su “diversi
palcoscenici, sui quali poter visualizzare il proprio copione per poterne
ri-scrivere la colonna sonora” (Lo Verso, Ferraris, 2011). In
altri
termini per consentirgli di “abitare altri luoghi dove il conflitto possa
essere reso parlabile relazionandosi a referenti simbolici discontinui
rispetto agli originari codici familiari” (Lo Coco, Lo Verso 2006).
2. La lettura dello spartito
M Incontro Giulio per la prima volta circa dieci anni fa. È’ un
cinquantenne secondogenito di due figli maschi; non ricorda momenti
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Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
felici legati né all’infanzia, né alla giovinezza. Verso la fine degli anni
‘60 circa, una società, frutto di un investimento finanziario di suo
padre e di alcuni soci, è coinvolta in uno scandalo e lui è il solo a
pagare per questo, tanto che è costretto a trasferirsi con tutta la
famiglia in un’altra regione. Intorno a questa vicenda si crea un alone
di mistero:i ricordi sono pochi e confusi; l’unica cosa certa è che
questo cambiamento viene vissuto e narrato dal paziente, come uno
sradicamento che ancora oggi rappresenta una ferita aperta.
Un altro evento significativo nella sua vita era però già accaduto,
segnandolo profondamente, ovvero quando del tutto casualmente si
era imbattuto “nell’intimità” dei suoi genitori, in seguito alla visione di
alcune istantanee imbarazzanti. Rabbia, dolore, delusione condivise
solo molti anni più tardi con una sua amica. Anche questo episodio
tornerà ciclicamente nei suoi racconti. Descrive suo padre come
amante della vita, generoso, curioso,buono, ingegnoso, ma anche
iracondo. Frequenti le liti e le discussioni, tra i suoi genitori, durante
le quali i due venivano spesso alle mani.
L’esperienza con sua madre è quella con una persona scostante (non
ha ricordi piacevoli legati a lei) è il padre che lo ascolta, che si
racconta. Una donna
molto bella, buona, ma infantile, ansiosa, un
po’ apatica; pessimista, lamentosa e svalutante al punto di denigrare
il marito; la passione per l’arte e il tema della sessualità, così come
faceva intuire sua madre parlando con lui, ne erano spesso la causa:
la prima come evidente discredito nei confronti di un’attività così poco
remunerativa, l’altra come insoddisfazione e fastidio forse, per
richieste troppo ardite.
Una coppia in perenne conflitto: Giulio ricorda di aver vissuto con
sollievo l’allontanamento, seppur momentaneo, del padre da casa. Ma
i genitori torneranno insieme ed insieme vivranno fino a quando lui si
spegnerà dopo una lunga agonia. Questo lutto rappresenta per Giulio
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Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
il passaggio dalla condizione di figlio a quella di padre: funzione e
ruolo per cui non si sente pronto, percependosi sempre inadeguato;
un dolore intenso e profondo che lo pone di fronte alla realtà della
malattia e della sofferenza anche degli altri,
di cui lui sembra
assumere consapevolezza per la prima volta.
Ma facciamo ancora qualche passo indietro nella sua storia. Rientrato
nella sua città di origine conosce Carla, che sposa. e da cui ha due
figli: Barbara e Aldo, oggi adolescenti. Carla è una donna piuttosto
concreta, con una mente scarsamente speculativa: è impiegata in un
ente pubblico e rappresenta per il marito un contenimento ed un
ancoraggio al
mondo reale. Anche lei porta con sé un familiare
complicato, ma questo non trova in lei una consapevolezza, infatti
ostenta serenità ed equilibrio. Quando i bambini sono ancora piccoli
e Giulio si invaghisce di un’altra donna andandosene di casa,
riverserà sui figli, che fatica a rendere autonomi, tutto quell’amore
che a tutt’oggi secondo chi scrive, nutre ancora nei confronti del suo
ex marito, sebbene frequenti un nuovo compagno.
Negli anni Giulio, si afferma professionalmente, tanto da poter
acquistare una casa, quella dove vivono ancora la sua ex moglie e i
figli. Nei periodi in cui le cose vanno bene, non pone
una grande
attenzione al denaro che spende. La separazione da Carla non viene
formalizzata
legalmente
in
alcun
modo
e
Giulio
continua
a
frequentare la sua abitazione, di cui conserva le chiavi; pur non
condividendo le scelte pedagogiche dell’ex moglie e giudicando
eccessive le spese sostenute per i figli, le eroga puntualmente un
mantenimento cospicuo, continua a pagare il mutuo e le lascia gestire
il suo conto corrente attraverso l’utilizzo delle sue carte di credito.
Quando i bambini sono con lui per il fine settimana, alla prima
difficoltà
le
telefona
perché
possa
toglierlo
d’impaccio.
Loro,
vedendolo comunque così presente, ma anche lontano emotivamente
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Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
e spesso incline alla collera, non comprendono perché il padre non
viva più con loro e un po’ lo temono. È in questo momento della vita
che lui arriva in terapia : il rapporto con Carla è finito, per lui è una
sorella, le vuole molto bene, ma la passione per questa nuova donna,
lo consuma, togliendogli però la serenità. Furibonde discussioni si
alternano a periodi di vacanza trascorsi insieme ai suoi due figli, alla
nuova compagna e al figlio di lei (per brevi momenti c’è anche Carla)
in una ridente località montana, tutto a sue spese. Lo scenario è tale
da evidenziare un’enorme sofferenza del paziente dilaniato da un
femminile opposto e antico: Carla con la sua concretezza che lo
coinvolge nel quotidiano e lo richiama ai suoi doveri di padre che però
non esita a svalutare; Carmen oggetto di una passione travolgente,
ma con la quale discute, si insulta, si lascia e si riprende. Una sorta di
febbre che viene portata nel corso dei colloqui individuali nei quali
vengono affrontati i temi relativi al rapporto con la moglie e con
Carmen, come aspetti diversi di una relazione con il materno
interiorizzata come ambivalente e dalla quale non riesce a separarsi.
Inoltre porta la sua inadeguatezza nei confronti dei figli che ama, ma
vive come fonte continua di problemi a cui lui non riesce a far fronte
se non economicamente.
In quel periodo anche la gestione degli anziani genitori rappresenta
per lui un tema caldo: suo fratello, impiegato in un ente pubblico,
vive una situazione familiare molto scomoda, da separato in casa in
un appartamento di proprietà della moglie. La figlia nata da questa
unione, coetanea di Barbara, spesso trascorre le vacanze con suo zio
Giulio che si farà carico, a suo modo, delle sue crisi adolescenziali. I
suoi genitori infatti sono completamente in balia di se stessi: la
madre piuttosto distante emotivamente; il padre un debole, vessato
dalla sua ex moglie anche lui insanamente attaccato alla propria
madre e completamente incapace di dare alla sua vita una svolta
85
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
positiva. Spesso si lamenta con il fratello delle sue difficoltà
economiche e Giulio si sente in colpa, non guadagnando abbastanza
secondo lui, per riuscire ad occuparsi, come vorrebbe, di tutto.
Giulio porta nel corso delle sedute un livello di ansia crescente che
trova una canalizzazione in una serie di somatizzazioni che lo
affliggono quasi costantemente. Si sente responsabile di tutto questo
mondo familiare che lo tira da più parti e lui pensa che solo
guadagnando sempre di più riuscirebbe a poter accogliere le loro
richieste: una casa più grande dove poter ospitare i suoi figli; un’altra
casa per sua madre e qualcuno che possa fornirle assistenza a tempo
pieno; l’estinzione del mutuo della casa che un domani sarà dei suoi
figli. È molto difficile tentare di condurlo su un altro piano: forse i suoi
figli potrebbero giovarsi di una sua maggiore serenità, di poter
dialogare con lui, di trovare in lui uno spazio di ascolto; potrebbe
trascorrere più tempo con sua madre…. In altre parole non è solo il
denaro, l’espressione dell’interessamento e dell’affettività! Ma lui non
intende ragioni: lui si è fatto da solo, ”parte svantaggiato”gli altri
hanno
tutti
qualcuno
alle
spalle
mentre
lui
è
solo.
Questa
rappresentazione di sé lo rende rabbioso nei confronti del mondo e
questa rabbia non infrequentemente si trasforma in invidia nei
confronti degli altri che sono dei privilegiati mentre lui non ha nulla.
La confusività delle relazioni con i figli, l’ex moglie da cui è separato
solo di fatto e con la compagna del momento, nonché l’alternanza di
fasi di consapevolezza del proprio valore a crolli a picco del livello di
fiducia nelle proprie possibilità, legati alla precarietà del suo lavoro,
rappresentano i temi ricorrenti: la sua scarsissima tolleranza alla
frustrazione subisce costanti e violenti colpi ogni qual volta si palesa
un ritardo, un intoppo una difficoltà nella committenza di incarichi. Ne
conseguono continue variazioni umorali: picchi ipomaniacali in cui la
sua narrazione diventa brillante ironica affabulante; durante il down
86
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
depressivo, invece, lunghi silenzi si alternano a vistose manifestazioni
aggressive,
nonché
l’incidenza
di
una
dimensione
ipocondriaca
presente sullo sfondo. In quei momenti, come già sottolineato, il
vuoto esistenziale che é dentro di lui sembra prendergli la vita. Tutti
sono in ombra compresi i suoi figli: lui in un pozzo profondo e buio
dal quale è impossibile risalire e scorgere la luce. Anche le relazioni
interpersonali sono caratterizzate da una variabilità che oscilla
dall’idealizzazione, alla denigrazione del soggetto di turno e collegata
all’interazione con lui. Questa modalità relazionale è una costante:
Giulio investe totalmente sull’altro nella fase dell’idealizzazione per
poi distruggerlo, nel momento in cui emergono
limiti, debolezze,
tanto più se queste si inseriscono in una cornice che lo vede essere il
prescelto o l’escluso.
Si ipotizza, alla luce di quanto descritto da Kernberg (2006), che
questa regolazione anormale dell’autostima possa essere stata
causata da un funzionamento in cui la mancanza di gratificazione dei
bisogni istintuali di natura sia libidica che aggressiva, si rifletta in
desideri
di
dipendenza,
sessuali
e
aggressivi;
l’eccessiva
autoreferenzialità e autocentratura nonché manifestazioni infantili che
lo fanno dipendere in modo patologico dall’ammirazione altrui,
coincidono con una ricerca costante di accudimento da parte del
femminile e la ricerca di una sicurezza economica che però, nel suo
immaginario, si testa su standard molto alti e l’attribuzione del
“valore”
è
molto
soggettiva.
L’emergere
di
una
produzione
sintomatologica stabile, in tal senso, depone per una struttura di
Personalità
Narcisistica
caratteristica
di
un
quadro
nosografico
descritto da Kohut (1971): la fragilità di questo sé arcaico che
necessita di una madre empatica come di un “oggetto-sé” il cui
amore, le cui cure e la cui accettazione rispecchiante permettano al
piccolo di sviluppare il proprio sé arcaico, appunto, in forme più
87
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
mature di autostima e sicurezza in se stesso. Secondo Kohut infatti,
la psicopatologia narcisistica deriverebbe dal fallimento traumatico
della funzione empatica della madre e dal fallimento di uno sviluppo
normale dei processi di idealizzazione. Ciò causerebbe un arresto
evolutivo al livello del sé grandioso infantile e una ricerca senza fine
dell’oggetto - sé idealizzato di cui si ha bisogno per completare la
formazione delle proprie strutture psichiche. Secondo l’autore queste
strutture di personalità oscillano fra due poli: uno connesso alla
grandiosità del sé che si consolida nelle ambizioni della prima
infanzia; l’altro che riguarda la dimensione idealizzata del sé che si
acquisisce in un momento successivo dello sviluppo. Questi due poli
deriverebbero
dall’accettazione
rispecchiante
della
madre
che
conferma la grandiosità del piccolo e dalle sue capacità di cura e
sostegno che permettono allo stesso, di fare esperienza della fusione
con l’onnipotenza dell’oggetto sé idealizzato.
Pur tenendo presente il pensiero di Kohut si prova ad effettuare
un’ulteriore lettura della storia del paziente. Secondo un vertice
gruppoanalitico soggettuale “il mondo relazionale interno del singolo
non è determinato solo dalle logiche desideranti dell’inconscio, ma
dalle logiche desideranti/intenzionanti di un network relazionale che
va oltre l’individuo” (Lo Coco, Lo Verso 2006). Possiamo perciò
pensare che la trama di connessione fra Giulio e la sua famiglia non
sia stata sufficientemente ordita da consentirgli di rimodellare quei
codici simbolici generatori di senso, attraverso i quali entrare in
relazione con il mondo e fondare una propria identità in discontinuità
con quella delle proprie appartenenze. Il disturbo nell’equilibrio della
rete intima di cui egli fa parte rappresenta perciò per lui un vero e
proprio universo identificatorio all’interno del quale è in un certo
senso rimasto intrappolato (Ferraro, Lo Verso, 2007).
88
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
3. Il progetto terapeutico
La sofferenza psichica che Giulio porta in terapia è l’espressione di
una sofferenza e di un dolore di tutta la sua famiglia, una risposta
terapeutica multipersonale1 può quindi essere più adeguata rispetto
al solo trattamento individuale. Condividendo con Pontalti che
percorsi
terapeutici
precostituiti
non
sempre
consentono
di
raggiungere efficacemente lo spazio psichico del paziente, mentre al
contrario ampliare il campo terapeutico e modificarne i setting in
corso d’opera, possa garantire allo stesso una migliore possibilità di
visualizzare quanto gli sta accadendo, nonché di elaborarlo e
trasformarlo, valuto di accogliere la sua richiesta e di incontrarlo una
volta con Carmen. Successivamente ritengo utile fare altrettanto con
la sua ex moglie e dopo circa un anno si proporrà l’inserimento di
Giulio in un gruppo analitico a lento ricambio, condotto secondo un
setting bimodale (una seduta di gruppo settimanale della durata di
un’ora e mezzo e una individuale quindicinale).
Giulio e Carmen
concluderanno la loro relazione e dopo qualche tempo lui e Carla
formalizzeranno
legalmente
la
loro
separazione
e
insieme
spiegheranno ai figli i motivi per i quali sono giunti a questa
decisione. Anche l’assegno mensile sarà ridimensionato. In seguito si
potranno pensare dei progetti terapeutici anche per entrambi i
bambini, oggi ragazzi che, oltre a nutrire una profonda gelosia nei
confronti non solo delle donne che frequenta il padre, ma anche dei
figli di queste, i quali vengono coinvolti nella loro vita familiare, con
un’estrema disinvoltura e superficialità, esprimono tutta una serie di
1
“Con il termine terapia multipersonale ci riferiamo non soltanto alle tradizionali
terapie di gruppo, ma alla più ampia definizione di dispositivi di cura e progetti
terapeutici che coinvolgono diversi soggetti ritenuti significativi all'interno dei piani
di esperienza del singolo paziente” (Lo Coco, Lo Verso 2006, p.65).
89
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
disagi psicologici legati all’autostima.
Dopo la storia con Carmen, Giulio coltiverà altre due passioni, che
avranno però breve durata, ma non minori tormenti. Fino a che non
farà la conoscenza dell’attuale compagna Enza, la quale ha una figlia
Antonella. I due non vivono insieme per comune accordo: un modo
per non porre mai fine alla condizione di amanti. Madre e figlia, sono
comunque
coinvolte
nella
relazione
di
Giulio
con
i
suoi
figli
scatenando risentimenti, gelosie in considerazione delle attenzioni
che lui riserva ad entrambe. Per le ragioni appena descritte vengono
proposti e accettati ulteriori incontri di coppia con Carla e Giulio;
questa volta co-condotti assieme al terapeuta del figlio Aldo. Nel
corso di questi incontri si cerca di far dialogare la coppia genitoriale,
affinché possa mutare gli equilibri di un rapporto con i figli
sbilanciato: lei quella buona, accudente, che accondiscende ad ogni
richiesta e lui, l’orco che, nel tentativo di imporre qualche regola,
perde sistematicamente le staffe, dovendo poi ricorrere a lei. Gli
incontri si protraggono per circa un anno con cadenza prima
quindicinale, poi mensile ed hanno l’obiettivo condiviso di dipanare
l’intreccio affettivo non solo individuale, ma anche di coppia. Cercare
di scalfire l’apparente alessitimia di Carla e modulare l’impetuosità
delle emozioni di Giulio non è impresa da poco; né è facile
individuare il punto di rottura di una serie di processi relazionali in cui
entrambi sono coinvolti, con la finalità di condividere delle linee
educative comuni per i loro figli. Attraverso lo scontro ed il confronto
tra Giulio e Carla si tenta di aiutarli a sviluppare e condividere dei
temi culturali che possano dare senso al mondo interno dei propri figli
tessendo quella trama relazionale idonea a renderli capaci di
un’operazione di significazione di sé e della propria storia. Ovvero
definire per loro stessi e per i bambini, dei confini, dei limiti a
cominciare dall’opportunità di un proprio spazio per dormire, fino al
90
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
non celare al papà le comunicazioni da parte della scuola. Infine con
fatica si riescono a calendarizzare anche le giornate in cui Barbara e
Aldo avrebbero potuto fermarsi a dormire a casa del padre, piuttosto
che a casa con la mamma, ponendo fine ad una continua precarietà
che vedeva i ragazzini come degli eterni viaggiatori la cui meta è
ignota. Inoltre si accolgono le richieste dello stesso di individuare un
terapeuta per la sua nuova compagna e da lì anche uno spazio per la
piccola Antonella.
Successivamente anche Barbara potrà fruire di una presa in carico da
parte di un’altra psicoterapeuta che, nel tempo, anche dopo un
confronto con me, riterrà di incontrare anche i genitori.2
4. Un progetto terapeutico
Sintetizzare il percorso terapeutico di Giulio non è semplice. A
momenti di maggiore consapevolezza, una sorta di bonaccia rispetto
alle burrasche emotive che lo sommergono, si alternano periodi
durante i quali riesce ad emergere dall’onda e respirare. A periodi di
lucidità in cui è possibile analizzare la sua aderenza ad un’immagine
materna vittima sacrificale, ne seguono altri durante i quali, tollerare
la positività della propria esistenza è un’operazione molto complessa
e insidiosa, ma ci prova. Rinegoziare con i figli oggi adolescenti, una
modalità relazionale altra, lo affatica; ora li vorrebbe più vicini perché
si sente solo quando non è in preda alle sue crisi d’ansia e li evita.
Aldo ha superato molte delle sue paure e pur presentando ancora
2
La scelta di non partecipare a questi incontri di coppia nasce dalla consapevolezza
di un transfert negativo di Carla nei miei confronti, ritenuta evidentemente
responsabile del ridimensionamento dell’assegno e della riappropriazione delle carte
di credito da parte dell’ex marito. Negli anni,anche la nipote ed il fratello di Giulio,
saranno inviati ad altri colleghi che ne hanno assunto il carico in seguito a vicende
contingenti che fanno saltare una serie di equilibri.
91
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
delle aree di immaturità affettiva è molto più sicuro di sé ed
impegnato nello studio. Rappresenta per suo padre il rispecchiamento
di un Giulio piccolo solo e indifeso in balia di un mondo dove non è
consentito sbagliare: “nel gruppo ci si sente protetti, ma fuori di esso
la realtà è terribile come ti muovi ti tagliano in due”.
Il rapporto con la figlia è ancora difficile: è come se non trovasse il
modo di rassicurarla rispetto a un’ansia di vivere la propria
femminilità. Attualmente lei frequenta le scuole superiori con brillanti
risultati, è ormai una donna che, sebbene afflitta dal desiderio di
incontrare un ragazzo con cui vivere una sessualità adulta, così come
fanno tutte le sue amiche, é più consapevole di se stessa e delle sue
possibilità e non più gelosa né di Antonella, né di sua cugina.
Nell’autunno di qualche anno fa una componente del gruppo,
successivamente ad alcune sedute in cui le interazioni con Giulio
erano state faticose a causa dei suoi momenti di grande collera, pur
riconoscendogli l’enorme apporto positivo nel lavoro gruppale, porta
in seduta il libro di Daniel Barenboim “La musica sveglia il tempo” e
chiede di poterne leggere un passo perché lo considera
pertinente
a
quanto
sta
accadendo
nel
gruppo:
“In
molto
musica
l'espressività è data dal collegamento fra le note, che noi chiamiamo
con l'espressione italiana legato. Il legato impedisce a una nota di
sviluppare il suo io naturale, ovvero di diventare tanto importante da
mettere in ombra la nota precedente. Ogni nota deve essere
consapevole di sé ma anche dei propri limiti; le stesse regole che si
applicano agli individui nella società si applicano anche alle note
musicali. Quando si suonano cinque note legate, ognuna lotta contro
la forza del silenzio che vuole prenderle la vita, e ognuna è in
relazione con la nota che l'ha preceduta e con quella che la segue.
Nessuna nota può farsi valere, cercando di essere più forte di quelle
che l'hanno preceduta; se lo facesse, sfiderebbe la natura della frase
92
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
cui appartiene. Un musicista deve possedere la capacità di legare le
note. Questa operazione così semplice mi ha insegnato la relazione
fra individuo e gruppo. Per l'uomo è necessario contribuire alla
società in maniera individuale; ciò fa sì che l'intero sia maggiore della
somma delle parti. Individualismo e collettivismo non devono essere
reciprocamente esclusivi; in realtà, insieme riescono a potenziare
l'esistenza umana”. Sul momento Giulio interviene commentando che
si tratta di un bellissimo brano, ma che è utopistico soprattutto in
quanto
scritto
dal
direttore
d’orchestra
che
è
l’emblema
dell’egocentrismo e dell’esibizionismo. Poi continua dicendo che non è
possibile evitare che una nota prevalga sull’altra, così come nella vita
non
è
possibile
che
non
ci
siano
prevaricazioni
nei
rapporti
interpersonali. Conclude dicendo che ci sono solo due modi per tenere
in piedi un’orchestra: avere un carisma mostruoso o terrorizzare i
musicisti. L’invito del gruppo a non prevaricare, nel timore di sentirsi
escluso
rappresenta
per
Giulio
una
preziosa
occasione
di
rispecchiamento empatico e non punitivo. Infatti, come ci ricorda
Corbella (2003) citando Claudio Neri “il contesto gruppoanalitico ha
la possibilità di innescare un ciclo positivo di proiezione e introiezione
alternando e presentificando concretamente quella alterità che sola
consente l’evoluzione e la crescita”. Giulio però avrà bisogno ancora
di tempo per questa elaborazione e risponde continuando a tenere
separati
e
al
di
fuori
di
sé
la
dimensione
narcisistica
e
la
polarizzazione “carisma” e “autorità”, aspetti che gli appartengono
entrambi.
Lo scorso anno sua madre si è dovuta sottoporre urgentemente ad un
intervento chirurgico in seguito al quale sorgeranno complicazioni e la
stessa verserà in pericolo di vita. Lui subisce una vistosa regressione
alla quale si aggiungono problemi di lavoro sempre presenti, seppur
alternati ad attimi di gloria.
Le manifestazioni aggressive ed una
93
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
severa depressione ad esse sottostante si protraggono per diverse
sedute e rendono necessario l’invio ad un collega psichiatra perché
valuti l’opportunità di un sostegno farmacologico che viene prescritto.
Seguono una serie di sedute in cui il gruppo diviene
il contenitore
della disperazione e della rabbia di Giulio. I compagni lo ascoltano in
silenzio
con
qualche
intervento
confortante,
ma
nelle
sedute
individuali portano anche l’imbarazzo, il fastidio per qualcosa rispetto
alla quale non riescono a reagire. Lavorando su questi aspetti, nel
corso delle sedute individuali, finalmente queste difficoltà per il cliché
ripetitivo
di
Giulio
trovano
una
parlabilità
nel
gruppo.
Lui
è
fortemente arrabbiato, offeso perché non si sente capito; un
particolare astio è diretto
nei confronti di una persona nel gruppo
che, stava riscuotendo notevoli soddisfazioni professionali. Lui la
sente molto vicina e l’ammira, ma le numerose assenze, proprio per
ragioni professionali, lo fanno fortemente irritare. Anche la terapeuta
è oggetto di quella aggressività in quanto, secondo Giulio, più
propensa ad ascoltare i successi dell’altro, piuttosto che accogliere la
sua angoscia. Appare evidente che questo non trovi riscontri nella
realtà. Il gruppo s’interroga e questiona fino a far emergere la gelosia
di Giulio nei confronti della relazione affettiva del fratello con sua
madre dalla quale si sente escluso. E’ una seduta molto intensa nella
quale emerge l’antica rivalità: l’uno considerato da sempre quello
bravo, serio e affidabile, l’altro l’eterno fanciullo, paragonato al padre.
Nelle sedute successive Giulio appare più calmo e racconterà che
finalmente, per la prima volta, è riuscito ad accarezzare sua madre, a
dirle che le vuole bene e a parlare con lei del suo rapporto con il
padre. Nella stessa seduta una compagna di gruppo comunica di
aspettare un bambino e la gioia di Giulio sarà enorme. Chiederà
infatti al gruppo se, nonostante il suo caratteraccio, possa anche lui,
come tutto il gruppo, considerarsi “il padre” di questa creatura che
94
Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
nascerà. Il desiderio di Giulio di assumere una funzione paterna
all’interno di una dimensione gruppale generativa, abdicando alla
condizione di figlio, ritengo possa essere letto come un importante
movimento evolutivo. Si ritiene infatti che egli, transitando in vari
setting,
abbia
potuto
rispecchiarsi
interrogandosi
sull’
interiorizzazione di una matrice familiare satura che lo ha condotto a
ripetere gli schemi relazionali propri della sua famiglia di origine;
schemi rigidi rispetto ai quali il margine del sé individuale di attuarne
di nuovi è pressoché inesistente (Cigoli 2006): due polarità in
perenne conflitto e dunque impossibilitate a dialogare.
Secondo un vertice antropologico - gruppoanalitico i disturbi della
personalità rappresentano un fallimento più o meno grave della
dialettica tipicamente familiare tra appartenenza e separazione –
individuazione (Pontalti, Menarini, 1985).
Accompagnare Giulio e i suoi familiari, nella conoscenza e nella
ricostruzione di una storia relazionale rappresenta ancora una sfida
terapeutica.
“Nella
musica
vige
una
gerarchia
permanente
dell’ascolto che consiste nella differenza fra voci principali, secondarie
e di accompagnamento […] Quest’ultimo per quanto importante, non
deve mai azzardarsi a mettere in discussione l’importanza delle voci
principali. Ogni volta che si suona in un’orchestra, si devono fare
nello stesso tempo due cose molto importanti. Una esprimersi, l’altra
è ascoltare gli altri musicisti il che è indispensabile per fare musica”
(Barenboim, 2007).
Continuo ad accompagnare Giulio nel lavoro di gruppo e individuale
con la “speranza” di poterlo aiutare nella trasformazione del binomio
“carisma e autorità”, in quello “comunicazione e ascolto”.
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Rivista del Laboratorio di Gruppoanalisi
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