Med. Histor. - Vol. 4 -Suppl. 1 - February 2020 | ISSN 2532-2370
MEDICINA
HISTORICA
SUPPLEMENT
Organo Ufficiale della Società Italiana di Storia della Medicina
Medicina Historica is indexed in: SCOPUS
Atti del 52° Congresso Nazionale della Società Italiana
di Storia della Medicina
A cura di: Michele A. Riva, Vittorio A. Sironi, Marta Licata, Roberto Mazzagatti
Mattioli 1885
MEDICINA HISTORICA
O R G A N O U F F I C I A L E D E L L A S O C I E T À I TA L I A N A D I S T O R I A D E L L A M E D I C I N A
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52
Congresso
Nazionale
della Società Italiana
di Storia della Medicina
12 giugno 2019, ore 16.00
Monza, Villa Reale
13-14 giugno, ore 9.00 - 17.30
Monza, Dipartimento Medicina e Chirurgia,
Università degli Studi Milano-Bicocca
co-organizzato da:
con il patrocinio di:
con il contributo incondizionato di:
ASSOCIAZIONE
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MEDICINA DEL LAVORO
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Volume 4 / Supplement n. 1
February 2020
Mattioli 1885
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MEDICINA HISTORICA
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52° Congresso Nazionale della Società Italiana di
Storia della Medicina - 12-14 Giugno 2019
a cura di Michele A. Riva, Vittorio A. Sironi, Marta Licata,
Roberto Mazzagatti
13
Adelfio Elio Cardinale
Presentazione
15
Michele Augusto Riva
Introduzione
Storia della sanità pubblica
16
Giancarlo Cesana
Il concetto di salute: attualità, storia e aspetti critici
19
Alessandra Kiszka, Michele Augusto Riva, Stefania Di Mauro
Alle radici della professione infermieristica. Gli hospitales lariani
lungo l’antica Via Regina nel tardo Medioevo
21
Idamaria Fusco
Il regno di Napoli e la peste nel Seicento: sintomi e rimedi
24
Gianraimondo Farina
Per una nuova sanità pubblica nella Monza asburgica. Aspetti
economici e finanziari in merito alla soppressione del convento di San
Francesco ed al trasferimento dell’ospedale dal vecchio plesso di San
Gherardo (1767- 1792)
27
Roberta Fusco
I sacerdoti medici nella Milano del XVIII secolo
29
Cristina Tornali
Storia della malaria
31
Cristina Cenedella, Marco Zanobio
Carità, assistenza e cura a Milano: le riforme del Settecento e il Pio
Albergo Trivulzio
34
Lucio Boglione
Lo studio filologico applicato alla descrizione della “pestilenza” di
Atene di Tucidide: dall’analisi del testo agli aspetti di epidemiologia e
malattie infettive
ISSN 2532-2370
Periodicità quadrimestrale
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Medicina Historica 2020; Vol. 4, Suppl 1: 31-33
© Mattioli 1885
Storia della sanità pubblica
Carità, assistenza e cura a Milano: le riforme del Settecento e
il Pio Albergo Trivulzio
Cristina Cenedella1, Marco Zanobio2
Museo Martinitt e Stelline, Milano; 2Amici del Trivulzio Onlus, Milano
Il Settecento rappresentò per la Lombardia “austriaca” un periodo di grandi riforme, in un contesto
storico in cui si assistette – sulla spinta delle idee illuministiche – a trasformazioni in ambito politico, economico, culturale, scientifico e sociale, con una costante
interrelazione fra i diversi ambiti, favorita da un fervore
intellettuale, grazie all’azione riformatrice di matrice teresiana. Le riforme coinvolsero il sistema amministrativo ed economico (che concentrava le direzioni politiche
e finanziarie del Regno), il sistema giudiziario, l’istruzione, la sanità e la beneficenza, con una sempre maggiore attenzione all’aspetto culturale, grazie ad una partecipazione attiva degli intellettuali alla vita pubblica.
Grazie alle riforme e alla politica di Maria Teresa,
volte alla creazione di uno Stato moderno, burocratico e accentrato, grandi furono i benefici per la città di
Milano, che ebbe modo di riprendersi dai colpi subiti
in passato.
In questo contesto, importanti furono anche le
riforme che coinvolsero il mondo scientifico ed universitario, in una fase in cui le profonde trasformazioni che la storia stava operando portavano a sostanziali
cambiamenti anche nel campo della medicina, pronta
ad adeguarsi ai nuovi schemi dottrinali.
Si assisteva ad un intreccio fra politica e nuove
idee della scienza, con un reciproco interscambio ed
influenzamento.
La medicina assunse così un ruolo “sociale”, portando allo sviluppo del concetto che la tutela della salute dei cittadini fosse compito di ogni buon governo,
attento al bene del paese. In Lombardia si assistette ad
una riforma dell’organizzazione sanitaria e degli studi
medici, ad un’attenzione verso l’igiene e la politica sanitaria. La medicina non ebbe più solo il compito di
curare il malato, ma anche quello di guidare i governi nelle scelte di “polizia medica”, intesa come “arte di
difesa della salute”: si iniziò a parlare di prevenzione,
di igiene, di salubrità degli ambienti, di alimentazione.
Nel campo della Medicina si assistette ad una vera
rivoluzione, che vide la “riabilitazione” dell’atto chirurgico, acquisendo una sua autonomia ed una propria
dignità anche nel mondo accademico.
Nacquero nuove specializzazioni, si sviluppò il
ruolo della prevenzione e della medicina sociale, con
il fine di superare il freno della malattia al progresso
dei popoli. La medicina milanese si aprì così alla novità delle regole per un vivere salubre, della misurazione
della qualità dell’aria e degli alimenti e Milano seppe
trarne stimolo per il rinnovamento di molte sue strutture politiche e sociali.
In questo contesto, Milano e la Lombardia furono
animati da grandi nomi di medici e chirurghi, spinti ad aggiornare le proprie idee, adattando la pratica
professionale al clima sociale e scientifico che si stava
rinnovando.
Con le riforme della Lombardia austriaca di metà
Settecento, si assistette ad un graduale trasferimento
sotto il controllo statale delle istituzioni di ricovero, attraverso una riorganizzazione del sistema assistenziale,
finora affidato alla carità e alla beneficenza, verso un
sistema volto a garantire un controllo sociale, anche nel
campo dell’assistenza sanitaria.
La riforma delle istituzioni sanitarie e di assistenza risentì dell’approccio scientifico, governato dal ruolo assunto dall’autorità della medicina, sempre più attenta a conservare la salute, operando nei luoghi delle
grandi concentrazioni di uomini contro gli errori delle
vecchie istituzioni.
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Il medico si affiancò così al legislatore e al tecnico
anche nella realizzazione dei luoghi destinati ad accogliere il malato.
Ed anche il Pio Albergo Trivulzio, sorto nel 1771
in forza delle disposizioni testamentarie del principe
Antonio Tolomeo Trivulzio, fu parte attiva in questo
processo di trasformazione, come testimonia il “Primo
Regolamento capitolarmente stabilito pel buon governo del Pio Albergo Trivulzi”, che nel 1791 affrontò in
modo puntuale l’organizzazione dell’Istituto, che da
luogo di profondo significato sociale si distinse anche
per la cura delle patologie croniche, tenute spesso ai
margini degli interessi degli ospedali dell’epoca.
Il Pio Albergo Trivulzio fu così esempio di
quell’intreccio fra politica dell’assistenza e della provvidenza e attenzione alla salute, promossa da una medicina in fase di aggiornamento dottrinale, di fronte
alle innovazioni portate dal progresso scientifico.
La lettura del richiamato Primo regolamento ci
consente di comprendere l’organizzazione della vita
all’interno dell’Istituto: dall’ammissione al ricovero
al trasporto in infermeria per la pulizia e per dotare
la persona di biancheria e vestiario, dal tipo di vitto
all’organizzazione della giornata, che prevedeva attività lavorative all’interno dell’Istituto per le persone
sane, dall’assistenza medica a quella farmaceutica. Le
norme contenute nel Regolamento dimostrano un’attenzione verso il problema della cronicità, con una sensibilità nuova rispetto al passato, laddove gli ospedali
erano soliti dedicarsi al campo delle malattie acute.
Il Regolamento del 1791 rappresenta un punto
di svolta, seguito alle riforme degli anni Ottanta del
secolo, volute da Giuseppe II, che spinsero nella direzione di una trasformazione radicale, per l’affermazione di un completo controllo statale sui luoghi pii: nel
1784 vennero sciolti i Capitoli dei deputati, composti
da ecclesiastici ed esponenti del patriziato cittadino,
e vennero dati pieni poteri alla nuova Giunta per le
Pie Fondazioni, attraverso l’attività di amministratori di nomina regia. A ciò seguirono le soppressioni di
numerosi enti e ricoveri, la cui ridotta capacità di accoglienza, unitamente a una farraginosa gestione economica, rendeva gli stessi ormai inadeguati.
L’intervento del sovrano nell’assetto degli enti assistenziali non costituiva una semplice riorganizzazione amministrativa; esso, invece, coinvolgeva ed esauto-
C. Cenedella, M. Zanobio
rava l’attività delle due sfere di potere che sino ad allora
avevano gestito i luoghi pii: la Chiesa da un lato e il
patriziato cittadino dall’altro.
Gli interventi giuseppini disposero anche la concentrazione di tutti i luoghi assistenziali in quattro
ordini distinti: ospedali, orfanotrofi e istituti di educazione, luoghi pii elemosinieri, ricoveri per vecchi e
incurabili. Laddove mancavano, vennero create apposite strutture, come la Pia Casa degli Incurabili di
Abbiategrasso e la Casa di Lavoro Volontario, fondate
entrambe nel 1784.
Il ricovero di Abbiategrasso, in particolare, fu il
primo esempio di ospedale per cronici e lungodegenti; collocato nel soppresso convento di S. Chiara, ristrutturato dall’architetto viennese Leopold Pollack: la
pia casa accolse disabili, storpi, mutilati e coloro che,
affetti “da male schiffoso”, si trovavano privi di mezzi
di sostentamento ed erano costretti alla mendicità. I
primi ricoverati, infatti, vennero raccolti dalle strade
cittadine, mentre altri pervennero dalle corsie dell’Ospedale Maggiore e dal Pio Albergo Trivulzio, che sino
ad allora li avevano ospitati. I mendicanti di professione, invece, abili al lavoro, venivano dirottati vero la
casa di lavoro volontario di Milano, collocata nei locali
del soppresso ospedale di S. Vincenzo in Prato presso
Porta Ticinese: la sconveniente folla dei mendichi che
deturpava il decoro delle vie cittadine avrebbe trovato
così una “razionale” collocazione e ciò avrebbe contribuito a risolvere contemporaneamente problemi sociali e di ordine pubblico. In virtù della nascita dei nuovi
enti specializzati, risale a questo periodo la trasformazione del ricovero voluto dal principe Trivulzio, che
lo avrebbe in seguito qualificato esclusivamente come
ospizio per vecchi.
Le riforme radicali nella direzione e nell’amministrazione degli istituti assistenziali e benefici volute da
Giuseppe II ebbero vita relativamente breve: nel 1791
il fratello Leopoldo II sanciva nuovamente la presenza
dei Capitoli dei deputati, composti dal clero e dal patriziato cittadino, a capo dei luoghi pii.
Nello stesso anno, con la dettagliata esposizione
dell’operato di monsignor Daverio, regio economo,
esecutore testamentario del principe Trivulzio e regio
amministratore del luogo pio, si chiudeva apparentemente un’epoca densa di continui riforme tendenti
a conferire un impianto sempre più pubblicistico nel
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Carità, assistenza e cura a Milano
campo dell’assistenza. In quell’anno il Capitolo dei
deputati approvava il primo regolamento di gestione
del luogo pio, basato sulla concreta esperienza del ventennio precedente. Non sembra esagerato affermare
che questo primo regolamento rappresenta in un certo
senso una sintesi dell’ideologia riformista del secolo.
Al testamento stesso, la cui conoscenza risultava
essenziale per l’esatto adempimento delle volontà del
Trivulzio, i deputati avevano fatto seguire alcune brevi
notizie storiche, articolando poi il testo del regolamento in 31 capitoli, che prendevano in esame ogni aspetto
della vita amministrativa, economica e socio-sanitaria
del luogo pio, a cominciare delle attribuzioni conferite
al consiglio di amministrazione. Seguiva il complesso
delle norme relative all’accoglienza e al trattamento dei
poveri, che costituiva una parte importante nella strut-
tura del regolamento stesso, anche se quella principale
era occupata dalla dettagliata descrizione dell’organico
del personale al completo, con la specifica delle funzioni e dei compiti per ciascuna figura, sulla scia delle
riforme dei sovrani che avevano inteso creare, non solo
a livello governativo ma anche nei singoli enti, apparati amministrativi moderni. Anche il regolamento del
Trivulzio, come quello di altri enti assistenziali voluti o
riformati per volere imperiale, fu sottoposto all’attento
vaglio di Vienna, che lo approvò definitivamente.
Corrispondenza:
Cristina Cenedella
Museo Martinitt e Stelline, Milano
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