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Leone Garbarino, mazziniano e protestante

La vita di Leone Garbarino, protestante nella Riviera Ligure di Levante, mazziniano e resistente. Infine, come salvò, nel 1945, un fascista dalla probabile morte. Pubblicato sul Pensiero Mazziniano nel n. 1 del 2013.

Ricordare Leone Garbarino a sessant'anni dalla scomparsa (avvenuta a fine gennaio del 1953) vuol dire soprattutto ripercorrere due momenti nella vita di Chiavari assolutamente minoritari, cioè il protestantesimo e il mazzinianesimo. Perchè Garbarino fu profondamente protestante e mazziniano, fin dall'inizio della sua vita, ed entrambe le fedi egli le mantenne fino alla fine. Il protestantesimo nel Chiavarese è stato studiato, ed esiste una piccola letteratura in proposito.1 Un protestantesimo autoctono, nato verso il 1850 in un gruppo di case aggrappate alla montagna sopra Favale di Malvaro in Valfontanabuona ad opera di una famiglia (i Cereghino) che in seguito hanno formato una comunità. L'emigrazione verso la costa ne ha poi spostato il baricentro a Chiavari, dove esiste tuttora. Sul mazzinianesimo invece non esiste nulla, che noi sappiamo. Eppure il mazzinianesimo ebbe, a Chiavari, una sua stagione d'oro, senza la quale probabilmente non si spiega neanche la militanza di Garbarino. Una storia che comincia tardi, nel 1871 con la nascita di un giornale settimanale (il Chiavari), che sarebbe durato ben dieci anni, ma soprattutto con la formazione, l'anno seguente, della prima Società Operaia di Mutuo Soccorso, Società di Reciproca Assistenza e Istruzione, che già nel titolo manifesta il suo orientamento repubblicano. 2 Negli stessi anni Società Operaie sorgeranno, o erano sorte, nella altre città del Tigullio. É il segnale che anche la Riviera si apre all'Italia, che i giovani della nostra terra non partono solo per lavorare altrove, ma si impegnano per migliorare la vita a casa propria. Un cambiamento forse prodotto dall'apertura della linea ferroviaria, del 1868. Infatti, se leggiamo le relazioni mensili del sottoprefetto di Chiavari negli anni immediatamente precedenti, non segnalano pubblicazioni né associazioni. Ci trasmettono invece una realtà dove la vita è veramente difficile. Leggiamo ad esempio cosa scrive il funzionario nel gennaio 1868: “... abbondano piuttosto i reati contro la proprietà ed i tentativi di commetterne... Questo aumento vuolsi principalmente attribuire alla miseria che si fa sentire specialmente nella classe dei giornalieri girovaghi, i quali mancano di lavoro per guadagnarsi onestamente la sussistenza”. 3 E' comunque un ambiente tranquillo sotto il profilo dell'ordine pubblico. Infatti le agitazioni seguite all'introduzione della tassa sul macinato (gennaio 1868) non ebbero seguito in Riviera. Sentiamo cosa scrive ancora il sottoprefetto di Chiavari nel maggio 1870 in merito a una richiesta della Prefettura genovese di far controllare l'Appennino: “ ...le relazioni provenienti da Varese Ligure e da altri punti ove fu raccomandata tutta la possibile sorveglianza non vengono in nessuna guisa a sostenere i sostenuti timori...”4 (di sconfinamento di bande armate). A Chiavari non arrivarono neanche le agitazioni genovesi della tarda primavera del 1870, se il 6 giugno il sottoprefetto scrive una Riservata con il seguente testo: “...il sottoprefetto faceva le opportune disposizioni per una attentissima sorveglianza in questa città e aver pronti all'uopo i mezzi possibili per reprimere i moti insurrezionali che per avventura si potessero tentare, ed è lieto di riferire che di questi non si manifestò il minimo indizio.”5 Questa situazione cambiò, come abbiamo visto, dopo il 1870, quando il movimento mazziniano, con il Patto di Fratellanza, decise di restare nell'astensionismo politico, senza partecipare alle elezioni dove peraltro pochi erano coloro che godevano dell'elettorato attivo (il votare) ma di sviluppare l'associazionismo. Che la situazione fosse cambiata anche a Chiavari, e non solo in campo repubblicano, si comprende da alcune cose. Il primo, la stampa. Il Chiavari. giornale repubblicano, venne pubblicato ininterrottamente per dieci anni, quindi la costituzione della Società di Mutuo Soccorso, con cento soci, e l'erezione del monumento a Mazzini nel 1888. Si formò quindi in città, un nucleo, abbastanza consistente, di piccoli professionisti, artigiani, che partecipava alla vita 1 Segnaliamo Giovanno Meriana, I Cereghino: Storie dimenticate di Valdesi in Liguria, Genova, De Ferrari, 1997. Ma precentemente il pastore Paolo Sanfilippo ne aveva scritto, pubblicando solo in parte. 2 Costa-Morabito, L'universo della solidarietà, Genova, 1995 (è il catalogo della mostra tenutasi in quell'anno nel capoluogo ligure) 3 Archivio di Stato di Genova, Fondo Prefettura, faldone 205. 4 Archivio di Stato di Genova, Fondo Prefettura, faldone 205. 5 Archivio di Stato di Genova, Fondo Prefettura, faldone 205 dell'associazionismo, che voleva dire soprattutto diffusioni di pubblicazioni a stampa, partecipazione ai congressi periodici, cioè l'ingresso nella rete del repubblicanesimo italiano. La situazione non doveva mutare negli anni successivi, se dopo la chiusura del Chiavari, vennero pubblicati altri fogli, più radicali che repubblicani, ricordiamo il Corsaro e soprattutto l'Eco di Chiavari, negli anni intorno al 1890, dove si esprimeva il radicalesimo non solo di Chiavari ma dell'intero Tigullio. Vogliamo aggiungere un ulteriore elemento: sei anni dopo dopo la formazione della Diocesi di Chiavari, nel 1892, di fronte alla chiesa sede vescovile venne collocato il nuovo monumento a Vittorio Emanuele II, che ha il braccio teso a mostrare il libro della legge, quasi a significare il predominio dello Stato su una Chiesa che non aveva ancora accettato la presa di Porta Pia. Perchè Chiavari non è stata solo quella città conservatrice così mirabilmente descritta da G.B. Canepa, il partigiano Marzo , nel suo libro di memorie6. Chiavari, grazie all'emigrazione e ai commerci, ha sempre avuto una sua dimensione nazionale e internazionale. Ne fa fede l'apertura, negli anni cinquanta dell'Ottocento, di una della prime logge massoniche italiane, affiliata al Grande Oriente del Perù 7. La presenza massonica a Chiavari continuò nei decenni successivi. É nota la collocazione progressiva della Massoneria Italiana negli ultimi decenni dell'Ottocento e fino al primo conflitto mondiale. Ricordiamo solo Ernesto Nathan, Gran Maestro dal 1896 al 1904, eletto sindaco di Roma nel 1907 a testa di una amministrazione di sinistra, con l'obiettivo di costruire una città moderna. É in questa Chiavari che, nel 1882, nacque Leone Garbarino.8 Non è chiaro se il padre, che era originario di Favale di Malvaro, e a Chiavari aveva un'officina per la lavorazione del ferro, si era avvicinato alla comunità valdese che si era formata qualche decennio prima, oppure se il giovane Leone si era avvicinato al protestantesimo in gioventù, come sembra più probabile. 9 E' invece certo che il padre fu socio fondatore della SMS La reciproca (com'era semplicemente conosciuta) e suo consigliere. Come protestante partecipò alla travagliate vicende della piccola comunità chiavarese, che, nei primissimi anni del Novecento, non riusciva neanche a trovare una sede per riunirsi. Sua probabilmente fu l'iniziativa di far venire a Chiavari, nel 1912, un pastore battista da Genova, fondando, proprio in casa sua, la chiesa che esiste tuttora. Sulla paternità dell'iniziativa Franco Scaramuccia nel saggio è abbastanza cauto. 10 Garbarino si trasformò in predicatore evangelico, e nel 1923 diede vita all'”Opera Missionaria Cristiana Evangelica per l'evangelizzazione delle campagne”. In questo era aiutato dalla sua professione, era infatti un perito agrario, e percorreva incessantemente la Valfontanabuona e i suoi monti alla ricerca di piante medicinali, il cui uso insegnava ai contadini. Come scrisse il Secolo XIX in occasione della morte: “...la natura, ... amò costantemente e semplicemente dedicando la gran parte dei suoi giorni all'attività erboristica, correndo su tutti i sentieri e su tutti i monti del nostro Appennino, vivendo alla maniera sua, in perfetta solitudine, fedele al suo ideale repubblicano...” 11 Della sua militanza politica fino all'avvento del fascismo resta poco. Ciò che resta si deve alla penna di Canepa “Marzo”, che ne tratta un profilo affettuoso e ironico al tempo stesso. Descrive Garbarino alla testa di un corteo interventista nel 1915 quando la politica ufficiale italiana era ancora neutralista, e per questo corteo venne arrestato.12 E lo descrive in una riunione di tutti i partiti 6 GB Canepa, Grand mére était genoise, ed. Civicchioni, Chiavari, 1946 Fulvio Conti, Storia della Massoneria Italiana, Bologna, il Mulino, 2003 8 Per questa parte biografica, fino al secondo conflitto mondiale, ci serviamo del saggio di Franco Scaramuccia, Leone Garbarino, predicatore dell'evangelo e combattente per la libertà. Fa parte di: Gli Evangelici nella Resistenza, atti del convegno organizzato a Genova nel 2005. 7 9 Vedi anche Paolo Sanfilippo, Il protestantesimo nel Tigullio e nel suo entroterra, manoscritto, Chiavari, 1992. Paolo Sanfilippo fu pastore della Chiesa Battista di Chiavari. 10 Altrettanto cauto non fu in una conversazione con chi scrive, avvenuta verso la fine degli anni Novanta, quando ne attribuì la paternità con decisione. 11 Il Secolo XIX, ed. Levante, del 3 febbraio 1953. 12 L'interventismo democratico, dei repubbliani, dei radicali, era molto attivo, ma chiedeva il congiungimento del solo dell'opposizione (antifascisti) nell'estate del 1924 (la crisi del fascismo seguita al delitto Matteotti), nel corso della quale propose la stesura di un manifesto da affiggere in città e nelle vallate. La proposta non venne accettata. Seguì il lungo autunno del Fascismo, durante il quale Garbarino di dedicò alla professione, alle sue erbe medicinali e alla predica dell'evangelo, nella quale pare non ebbe grandi successi. Ma, benchè ormai non più giovane, per lui doveva ancora suonare una stagione, la Resistenza e il dopoguerra. Sulla partecipazione al movimento resistenziale non ci sono dubbi, ne fanno fede i documenti pervenuti, tra i quali il “certificato Alexander” 13 e vari tesserini rilasciati dal Corpo Volontari della Libertà che lo indicano come comandante di distaccamento con anzianità 1 luglio 1944. Franco Scaramuccia lo indica come componente delle Brigate Mazzini. Con questa documentazione è difficile determinare esattamente il suo contributo alla lotta di Liberazione. Abbiamo però alcune testimonianze, alcune inedite. Canepa “Marzo” nelle sue memorie ricorda che quando, nel settembre 1943 ritornò a Chiavari dalla Francia, dopo l'internamento, trovò la moglie e la figlia a Favale di Malvaro, in località Castello, proprio ospiti di Garbarino. A casa sua sarebbero stati ospitati i primi partigiani che in seguito avrebbero formato il nucleo originario della Divisione Cichero. La seconda testimonianza ci porta direttamente al novembre 1945 e al palazzo di giustizia di Chiavari. Di fronte alla Corte d'Assise Speciale, sorta per processare i collaborazionisti ai tedeschi durante il conflitto, sedeva Ezio Motta. Brigatista nero, aveva partecipato a molte azioni armate contro i partigiani, e contro la popolazione civile, macchiandosi anche di reati comuni. Nel verbale del processo leggiamo: “... è introdotto in udienza il testimonio a difesa Garbarino Leone...” il quale dopo il giuramento afferma: “ Sono Garbarino Leone fu Luca, d'anni 64, residente a Chiavari, Presidente della Commissione di Epurazione di Rapallo. Poscia interrogato sui fatti risponde: Conosco il Motta il quale durante il periodo cospirativo mi ha sempre rispettato e credo che sapesse quale fosse la mia posizione perchè Spiotta14 aveva ordinato di prendermi vivo o morto. Egli è un fanatico”.15 Questa testimonianza fu molto importante per l'esito processuale, infatti nel dispositivo della sentenza si legge: “...Ritiene pertanto la corte giustificata nella specie la concessione del beneficio suddetto (le attenuanti generiche) in base alla quale alla pena di morte va sostituita quella di anni trenta di reclusione...”16 Dalla testimonianza si ha una ulteriore conferma della sua partecipazione alla Resistenza, e si apre anche un capitolo rapallese nella sua vita. Cosa ci faceva Leone Garbarino nella Commissione di Epurazione del Comitato di Liberazione di Rapallo? Non lo sappiamo, abbiamo però un documento, datato 3 giugno 1945, con la quale il CLN rapallese comunicò al Comitato di Liberazione per la Liguria i componenti delle varie commissioni, e per il Partito Repubblicano indicò appunto il Garbarino nella Commissione di Epurazione. Non però come presidente, che era il rappresentante della Democrazia Cristiana.17 Non sappiamo naturalmente il motivo per quale un chiavarese sia stato chiamato a Rapallo, mentre gli altri componenti erano locali. Ipotizziamo che a Rapallo non c'era repubblicani? Potrebbe essere. Del resto la sua presenza è attestata da un altro documento: il tesserino rilasciatogli dal Comando Militare Regionale Ligure il 25 giugno 1945 lo indica residente a Rapallo, in località San Pietro. A San Pietro, una frazione a tre chilometri dal centro cittadino, a fine aprile del 1945, pochi giorni prima dell'insurrezione, vennero organizzate le forze della liberazione, presso Villa Bontempi18, e in Trentino all'Italia, fino alla stretta di Salorno (quindi con l'esclusione del tedesco Tirolo meridionale), e di Trieste, naturalmente. 13 Cioè il diploma firmato dal comandante delle forze alleate in Italia ed era la certificazione ufficiale di partigiano. 14 Vito Spiotta era il vicecomandante della Brigata Nera Silvio Parodi, il vero ras fascista a Chiavari durante la Repubblica di Salò. Condannato a morte nel 1945, venne fucilato l'anno seguente. 15 Archivio di Stato di Genova, Fondo CAS, faldone 7, fascicolo Motta. 16 Archivio di Stato di Genova, Fondo CAS, faldone 7, fascicolo Motta. 17 Archivio Storico del Comune di Rapallo, fondo CLN 18 Testimonianza del padre dell'autore documenti dei mesi successivi si fa riferimento a San Pietro come a sede di comando partigiano (che per Rapallo voleva dire le Brigate Matteotti di Giustizia e Libertà). Si può quindi ritenere che nel periodo immediatamente dopo la Liberazione abbia soggiornato a Rapallo. Conclusasi anche questa fase della sua vita Leone Garbarino ritornò alla sua vita di sempre. I chiavaresi lo potevano vedere “... intento alla sua parca cenetta che consumava in piedi al caffè Defilla...”19 finchè un giorno scomparve, e “i chiavaresi … andavano a chiedersi dove si fosse cacciato u Garbasin...”20. Leone Garbarino era scomparso perchè aveva sentito che presto avrebbe reso l'anima a Dio, e per questo si era ritirato nella casa di Castello a Favale di Malvaro, dov'era nato suo padre, là dove era iniziata la predicazione dei Cereghino. Quando la morte lo colse, venne sepolto nel piccolo cimitero valdese di Favale, e la sua tomba è, ancora oggi, la più recente. 19 20 Il Secolo XIX, ed. Levante, del 3 febbraio 1953 Il Secolo XIX, ed. Levante, del 3 febbraio 1953