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L'isola di BabboNatale

L'isola di Babbo Natale «Brrr! Che freddo!» pensò Sara uscendo dal lavoro, stringendosi nel suo cappotto. Il cellulare squillava, ma, impacciata tra guanti, sciarpa e cappello, non riusciva a rispondere. «Possibile che non senti mai il telefono squillare?» tuonò suo fratello all'altro capo dell'apparecchio. «Ciao Piero, dimmi». «Hai deciso per questa sera? È la vigilia di Natale, vieni da noi oppure, come tuo solito, rimarrai a casa?». «Non so, non ho ancora deciso, ora scusami ma sto salendo in macchina e devo guidare». Mise in moto, sistemò gli specchietti, allacciò la cintura di sicurezza e partì. Arrivata a casa, trovò il suo cane ad accoglierla. Era un meticcio, una taglia media, pelo lungo, lucido e nero. «Ciao Zero! Ciao amore cucciolo! Ti sono mancata! Anche tu mi sei mancato molto!». Si mise in libertà, si versò del succo di mela e sprofondò sul divano. Zero saltellava portandole la palla, invitandola al gioco, ma proprio non ne aveva voglia. «Dai Zero, giochiamo più tardi, ora ho solo bisogno di mettere il cervello in off! Oggi è un mese che Scooter se ne è andata: ti manca? Manca tanto anche a me». L'animale, ubbidiente, saltò sul divano e si sdraiò al suo fianco, lei affondò le mani tra il suo pelo morbido e caldo e la tensione iniziò ad allentarsi.

L’isola di Babbo Natale «Brrr! Che freddo!» pensò Sara uscendo dal lavoro, stringendosi nel suo cappotto. Il cellulare squillava, ma, impacciata tra guanti, sciarpa e cappello, non riusciva a rispondere. «Possibile che non senti mai il telefono squillare?» tuonò suo fratello all’altro capo dell’apparecchio. «Ciao Piero, dimmi». «Hai deciso per questa sera? È la vigilia di Natale, vieni da noi oppure, come tuo solito, rimarrai a casa?». «Non so, non ho ancora deciso, ora scusami ma sto salendo in macchina e devo guidare». Mise in moto, sistemò gli specchietti, allacciò la cintura di sicurezza e partì. Arrivata a casa, trovò il suo cane ad accoglierla. Era un meticcio, una taglia media, pelo lungo, lucido e nero. «Ciao Zero! Ciao amore cucciolo! Ti sono mancata! Anche tu mi sei mancato molto!». Si mise in libertà, si versò del succo di mela e sprofondò sul divano. Zero saltellava portandole la palla, invitandola al gioco, ma proprio non ne aveva voglia. «Dai Zero, giochiamo più tardi, ora ho solo bisogno di mettere il cervello in off! Oggi è un mese che Scooter se ne è andata: ti manca? Manca tanto anche a me». L’animale, ubbidiente, saltò sul divano e si sdraiò al suo fianco, lei affondò le mani tra il suo pelo morbido e caldo e la tensione iniziò ad allentarsi. Guardandolo negli occhi, sussurrò: «Passate le feste prenderemo un altro cane, così ti farà compagnia durante la mia assenza». Zero sospirò, poggiò il muso sul suo petto e si addormentò. Squillò nuovamente il telefono, era sua madre: «Cosa hai deciso, stasera festeggi la vigilia con noi?». «Mamma, non ne ho molta voglia…». «Sempre la solita, non ci sei mai!» e riagganciò. «Uffa» pensò. «Che palle ‘ste feste! Fortunatamente arrivano una volta l’anno! Che ipocrisia! A Natale siamo tutti più buoni, ma nel mondo si continua a morire! A Natale si riuniscono le famiglie, e poi, passate le feste, si vive nella completa indifferenza l’uno verso l’altro per un anno intero! Auguri, auguri, baci e abbracci, ma auguri per cosa? Perché auguri? Che schifo queste convenzioni, le tradizioni, l’apparire piuttosto che l’essere!». Sara ha quasi 35 anni, bionda, capelli corti, occhi chiari, fisico asciutto, simpatica e generosa, una persona piacevole… tranne che per la sua famiglia, in loro compagnia, inesorabilmente, scoppiava sempre una discussione. Possedevano la sgradevole capacità di farla incazzare in ogni maniera possibile ed immaginabile, oltre a farla sentire diversa e incompresa, quasi una fallita. La contestavano in ogni sua scelta e decisione. “Perché dovrei andare? Per sopportare continui rimbrotti?” Pensò versandosi altro succo di mela. “Non gli va bene mai nulla! Ciò che sono e che faccio, è tutto sbagliato! Senza considerare che sto ancora soffrendo per la perdita di Scooter”. Scooter era la sua cagnetta, il suo grande amore, purtroppo per l’età avanzata e per gravi problemi di salute, aveva dovuto farla definitivamente addormentare. Era passato un mese, ma non aveva ancora smaltito il silenzio lasciato dalla Sua scomparsa. “No, non posso andare! Chi se ne frega! È un giorno come un altro, non è la vigilia, né tanto meno Natale, è solo mercoledì 24 Dicembre… Se dovessi andare sicuramente non starei a mio agio. Passerei la serata a parlare del nulla, a guardare un’orda di barbari gettarsi sul cibo come se si mangiasse una volta l’anno, stupidi commenti su quanto è buono e tenero il capretto! Figurarsi! Da vegetariana che sono, sai che gioia! Senza considerare il fatto che sicuramente rimarrei a digiuno! Tutto a base di carne e pesce, piccolo particolare per me non trascurabile, e dovrò uccidermi di panettone, che neanche mi piace, e torrone… Mi sembra già di sentire le loro voci stridule: Sara non prendi nulla? C’è il ben di Dio da mangiare! …Rimango a casa, è la cosa migliore!”. Sprofondò di nuovo sul divano, Zero, con un mugugno, si spostò per farla sedere. «Con nonno e nonna era Natale, da quando se ne sono andati loro, nulla è come prima, è sempre la solita minestra riscaldata! Sempre le solite, stupide discussioni! Non che con loro non fosse minestra riscaldata ugualmente, ma era più sopportabile! Giusto Zero? Ho ragione?». Il cane aprì un occhio, sbuffò e tornò a dormire. “Sto diventando insopportabile ed intollerante! Acida ed ipercritica! Non ero così… ma non è colpa mia, la colpa è loro che mi vorrebbero diversa, vorrebbero plasmarmi a loro piacimento” e nel pieno delle sue riflessioni si addormentò. D’un tratto accadde l’impossibile! Si ritrovò a galleggiare sul soffitto, guardò in basso e vide il suo corpo steso sul divano: “Non è possibile, cosa sta succedendo? Gesù mio sto impazzendo”. Mentre galleggiava e tentava di capire, vide entrare Babbo Natale! Indossava il classico costume rosso, cappello con pon pon, una lunga barba bianca incorniciava un bel viso rubicondo con delle gote rosse e lucide. «Ciao Sara, sono Babbo Natale!». “È ufficiale, sono pazza, sono completamente fuori di testa”. «… dammi la mano, vieni con me, seguimi Sara». Non oppose resistenza, gli diede la mano e improvvisamente si ritrovarono a volare sopra un mare di una bellezza da togliere il fiato. Il cielo era terso, di un azzurro mai visto prima, il sole splendeva, l’aria era tiepida. Mille delfini saltavano in aria, facevano piroette per rituffarsi in acqua, tra spruzzi di acqua cristallina, mille gabbiani volavano con loro, accanto a loro. Avrebbe voluto parlare, chiedere, fare domande ma non riuscì! Il paesaggio che si apriva davanti i suoi occhi la lasciò senza parole… era un’isola. Si avvicinavano sempre più e man mano che la distanza diminuiva, riusciva a scorgere animali di ogni specie che correvano liberi e felici. Arrivati, planarono dolcemente sulla spiaggia, la sabbia era bianca e fina, sembrava zucchero a velo. C’erano alberi immensi e fiori dai colori accessi e dal profumo inebriante. «Dove siamo?» chiese con un filo di voce Sara. «Questa è l’isola di Babbo Natale, ma non siamo ancora giunti a destinazione!». Si incamminarono nella vegetazione, la fitta boscaglia li riparava dal sole, ma riuscivano a sentir lo stesso il suo tepore. Si arrampicarono per una collina, nonostante il viaggio, Sara non avvertiva stanchezza. Si fermarono davanti l’entrata di una grotta. «Sei pronta?» chiese Babbo Natale. «Pronta per cosa?». Entrarono nella grotta e, dopo pochi passi, si trovarono dinanzi un grande portone in legno con il battocchio come quelli di una volta. Babbo Natale bussò tre volte e il portone, come per incanto, si aprì. Superato il portone, scesero sette gradini in legno per trovarsi di fronte a un altro portone, questa volta in metallo, Sara non riusciva a capire che metallo fosse, ma per la lucentezza e il colore pensò fosse d’argento. Babbo Natale bussò nuovamente tre volte e il portone si aprì, scesero sette gradini anch’essi in argento e si trovarono di fronte il terzo e ultimo portone. Emanava una luce accecante, ma non dava fastidio agli occhi, pensò fosse d’oro. Babbo Natale bussò tre volte, anche quest’ultimo portone si aprì e scesero sette gradini d’oro e si ritrovarono in una grande sala, con una porta. Era meravigliosa. I soffitti erano alti e finemente decorati con affreschi che ritraevano figure angeliche, stucchi dorati ovunque, grandi finestre dalle quali entrava l’aria profumata dalla miriade di fiori presenti sull’isola e si godeva di una vista mare mozzafiato. Sara era estasiata, mai in vita sua aveva visto e mai avrebbe visto posti che avrebbero potuto anche solo lontanamente eguagliare quell’isola e quella sala, Per la sua spettacolare bellezza. «Ed ora?» chiese timidamente a Babbo Natale. «Aspetta e vedrai». La porta si aprì, le batteva forte il cuore, non sapeva cosa aspettarsi, chi o cosa sarebbe entrato da quella porta, l’attesa era snervante ma non aveva paura, anzi, provava un profondo senso di pace e benessere. All’improvviso apparvero due sagome a lei molto familiari: «Siete proprio voi? Mio Dio non è possibile, non credo ai miei occhi». «Sì Sara, siamo noi». Riconosciuta la voce, non riuscì a trattenersi, fece un passo avanti e vide i suoi nonni. «Ditemi che è tutto vero, ditemi che non sto sognando!». «C’è qualcun altro impaziente di vederti» disse sua nonna. Sara non riusciva a rispondere, tentava di trattenere le lacrime, la gioia, l’emozione, per un attimo pensò “non voglio più andar via, portatemi con voi” quando arrivò Scooter che le corse incontro scodinzolando allegramente, con un balzo le fu in braccio ed iniziò a leccarle il viso per asciugare le lacrime di gioia che non fu più in grado di frenare! Sua nonna si avvicinò e la strinse forte, prese Scooter in braccio e disse: «Me ne prendo cura io, fino al tuo arrivo». Suo nonno invece non si mosse, rimase a godersi la scena soddisfatto. Attimi interminabili di contentezza, felicità allo stato puro! «È tempo di congedarci da te, Sara» disse suo nonno. «No, no, non potete andar via, fermatevi ancora un po’». Non risposero, ma la guardarono intensamente, uno sguardo pieno di complicità ed amore, senza parlare riuscirono a dirle tutto ciò che desideravano, le mandarono un bacio con il vento e svanirono. Incredula, scioccata, si voltò verso Babbo Natale che dolcemente le disse: «Puoi tornare a casa Sara e… Buon Natale». Si svegliò con un sussulto, si guardò intorno sperando di vedere il mare, il sole, i suoi nonni… ma era di nuovo a casa, stesa sul suo divano, guardò l’orologio. “È tardi, devo prepararmi”. Arrivò a casa di suo fratello Piero in orario, erano tutti lì, assorti nella conversazione e nei preparativi per il cenone, c’era un grande albero riccamente addobbato e molti regali, pacchi e pacchetti da scartare, si avvicinò sua madre: «Hai notato Sara quanti regali quest’anno?». «Sì, ma il più bello l’ho ricevuto io!».