Papers by Sabrina Negri
JCMS: Journal of Cinema and Media Studies
Framework: The Journal of Cinema and Media
Film Criticism 41.1
http://quod.lib.umich.edu/f/fc/13761232.0041.107?view=text;rgn=main
This es... more Film Criticism 41.1
http://quod.lib.umich.edu/f/fc/13761232.0041.107?view=text;rgn=main
This essay examines Alfred Hitchcock’s take on the epistemological potential of the photographic image, as played out in his 1956 film The Wrong Man. Through a close analysis of some of the key scenes in the film, I will show how the relationship between sight, knowledge, and the photographic image gets complicated in Hitchcock’s treatment of the crime story.
In the past decade, the discourse around digital cinema has flourished and given birth to a long ... more In the past decade, the discourse around digital cinema has flourished and given birth to a long series of ontological and phenomenological reflections around the status of the medium in the digital age. Can digital cinema still be called ‘cinema?’. Does cinema conserve its indexical nature, or is digital cinema just a simulation? What are the effects of the proliferation of screens, and the consequent loss of the centrality of movie theaters as the place for consumption of moving images? With my essay, I would like to investigate the status of digital preservation within the world of digital cinema. How is digital preservation different from analog preservation, if at all? And how are digitally restored moving images different from a film shot digitally? If a digital image is a simulation of reality, rather than a trace left by it (as the analog image supposedly was), what is the status of the digitization of an analog photographic image? I will argue that digital preservation forces us to reconsider the analog-digital opposition, and provides a framework through which to rethink not only the present state of cinema, but also its past and the future of its history.
Parallelamente alla rinascita dell'industria cinematografica, il secondo dopoguerra italiano vide... more Parallelamente alla rinascita dell'industria cinematografica, il secondo dopoguerra italiano vide emergere un fenomeno forse meno conosciuto, ma senza dubbio altrettanto significativo in termini sia economici, sia culturali: la diffusione del cinema in passo ridotto. Con il termine "passo ridotto" si intende un tipo di pellicola di dimensioni inferiori rispetto a quella usata per la distribuzione nei circuiti tradizionali, in cui lo standard è ancora oggi il 35mm. Benché i formati ridotti siano numerosi, in questa sede ci occuperemo esclusivamente di quello più diffuso in Italia nel secondo dopoguerra, cioè la pellicola in 16mm; in particolare, prenderemo in esame il caso della San Paolo Film, società cattolica facente capo alla Pia Società di San Paolo e attiva nella produzione e nella distribuzione di pellicole in passo ridotto, e vedremo come le strategie censorie messe in atto dai paolini possano far luce sull'approccio al cinema da parte del mondo cattolico. Lungi dall'essere una mera curiosità tecnica, le peculiarità dei diversi formati della pellicola cinematografica rispecchiano le diverse modalità di produzione, distribuzione e fruizione del cinema in Italia. La maneggevolezza e il costo contenuto del 16mm, per esempio, consentirono la diffusione del cinema amatoriale, libero dai canoni istituzionali e quindi in grado di gettare sul paese uno sguardo alternativo rispetto a quello offerto dal cinema tradizionale. Oltre ad essere condizione necessaria per la nascita della figura del cineamatore, tuttavia, la diffusione del passo ridotto favorì anche lo sviluppo di modelli alternativi a livello professionistico. Medio e cortometraggi a carattere scientifico, medico, educativo o industriale venivano spesso realizzati in 16mm per poi venire proiettati, nello stesso formato, in luoghi diversi da quelli del cinema tradizionale. Questo fenomeno può essere spiegato in diversi modi: innanzitutto, allestire una sala per proiezioni in passo ridotto non richiedeva l'adeguamento dei locali alle rigide norme di sicurezza che regolavano le proiezioni in 35mm, formato che, al contrario del 16mm, fu prodotto in materiale infiammabile fino ai primi anni '50. Inoltre, l'attrezzatura per il passo ridotto era decisamente più economica, maneggevole e facile da operare rispetto a quella per il passo normale. Alcune compagnie cinematografiche affiancarono la produzione e la distribuzione in 16mm a quelle tradizionali, mentre altre si specializzarono in cortometraggi destinati al circuito del passo ridotto. Ma non furono solo le società attive nel campo del cinema a sfruttare le potenzialità del formato. La casa farmaceutica Lepetit, per esempio, tra il 1960 e il 1968 commissionò più di venti medio e cortometraggi a carattere medico e scientifico, alcuni realizzati direttamente in 16mm 1 ; nel suo catalogo si trovavano titoli come Ginnastica medica in gravidanza (1960), Angiografia cerebrale nei traumi cranici acuti (1963) e Il plasil nella radiologia dell'apparato digerente (1968). È evidente che il pubblico ideale di questi documentari non era quello generalista del cinema tradizionale, bensì un pubblico specializzato cui rivolgersi per ragioni sia educative, sia pubblicitarie. Il visto di censura di Ginnastica medica in gravidanza, ad esempio, lo definisce un «documentario 1 Dati desunti dalla documentazione conservata presso il MIBACT, Direzione Generale per il Cinema.
Aniki : Revista Portuguesa da Imagem em Movimento, 2015
Intermédialités: Histoire et théorie des arts, des lettres et des techniques, 2000
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Cinéma & Cie International Film Studies Journal Vol. XVI, No. 26/27, Spring 2017
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This essay examines Alfred Hitchcock’s take on the epistemological potential of the photographic image, as played out in his 1956 film The Wrong Man. Through a close analysis of some of the key scenes in the film, I will show how the relationship between sight, knowledge, and the photographic image gets complicated in Hitchcock’s treatment of the crime story.