Book Reviews by Diego Gavini
I. Sales, Storia dell'Italia mafiosa. Perché le mafie hanno avuto successo, Rubbettino, Soveria M... more I. Sales, Storia dell'Italia mafiosa. Perché le mafie hanno avuto successo, Rubbettino, Soveria Monnelli, 2015, pp. 444, 19,50 euro L'a., affermatosi nel tempo come osservatore dell'universo camorristico, ha esteso negli ultimi anni la sua prospettiva di studio andando ad indagare in maniera più ampia l'insieme dei fenomeni mafiosi. In particolare, con Enzo Ciconte e Francesco Forgione, sta curando dal 2012 la pubblicazione dell'Atlante delle mafie (Rubbettino), con cui è stata avanzata in maniera pressante la necessità di studiare il "modello mafioso" nel suo complesso, ponendo il tema delle interconnessioni fra le reti criminali nel lungo periodo. Questa Storia dell'Italia mafiosa si pone in diretta continuità con tale approccio e rappresenta, al contempo, lo sforzo di condurre ad una sintesi generale le osservazioni dell'a. rispetto al tema della caratterizzante presenza di una criminalità di tipo mafioso nel nostro paese. A dispetto di quanto il titolo potrebbe lasciar supporre, il volume non è articolato attraverso un criterio cronologico, ma su sette capitoli tematici (a cui si aggiunge una corposa conclusione) che sviscerano gli aspetti ritenuti centrali da Sales per comprendere gli elementi-cardine del modello mafioso e il rapporto che si instaura fra reti criminali, società e politica. In particolare, al vaglio dell'a. vengono passate le origini di Cosa nostra, camorra e 'ndrangheta, gli elementi che le hanno differenziate nel tempo dal banditismo da un lato e dalla delinquenza comune dall'altro, il rapporto con la società meridionale e, infine, le modalità di inserimento nelle dinamiche economiche tramite canali legali e illegali. Categoria privilegiata che fa da filo conduttore all'intera ricostruzione è quella della "violenza di relazione", ovvero la capacità sviluppata nel tempo dagli attori dei gruppi di mafia di entrare in rapporto organico sia con gli strati sociali più deboli che con le classi dirigenti, tramite l'utilizzo della violenza privata quale canale di mediazione. Tale categoria è individuata come elemento-chiave che sintetizza i motivi del successo di questo modello criminale e ne segna il discrimine essenziale rispetto ad altre forme delinquenziali. La narrazione di Sales si appoggia, poi, sul tema del lungo periodo. L'origine di queste consorterie è individuata già agli inizi dell'Ottocento, in concomitanza con la fine del regime feudale nel regno borbonico, che sprigionerebbe il capitale di violenza privata precedentemente accumulato all'ombra di tale sistema; la definizione delle strutture organizzative sarebbe allo stesso tempo facilitata da rapporti trasversali, germogliati in particolare negli ambienti carcerari, che contribuiscono a diffondere pratiche comuni. Lo sviluppo decisivo avviene però, secondo Sales, con l'unificazione italiana; ed anzi l'espansione del modello mafioso è associata al processo di nation building. Si colloca qui un l'altro tema forte della disamina dell'a., il quale indica nelle responsabilità delle classi dirigenti nazionali la chiave per comprendere la crescita mafiosa: prima per aver intessuto un'alleanza con l'aristocrazia latifondista meridionale, già profondamente legata alle forze della violenza mediatrice mafiosa, poi per aver persistito, nel periodo repubblicano, nel legame con queste ultime, al fine preservare gli assetti politici e sociali. A tale lettura si lega la prolungata critica ad ogni rappresentazione della società del Mezzogiorno quale incubatrice dei fenomeni mafiosi per cause culturali o comportamentali. In questa sua narrazione Sales attraversa spesso terreni già battuti e riprende filoni interpretativi tradizionali, alcuni dei quali, peraltro, messi già in discussione dalla storiografia più attenta. Il punto di interesse centrale del volume è però nell'insistenza su due questioni che interrogano dall'esterno il mondo della ricerca e tentano un confronto con essa. Da un lato, infatti, l'a. pone come punto dirimente la necessità di cambiare la prospettiva degli studi, concentrando l'attenzione non sulle singole organizzazioni criminali, bensì sull'indagine delle cause che hanno reso vincente il modello mafioso. Dall'altro, Sales chiama direttamente in causa «la formazione degli storici italiani» (p. 20) per aver ridotto la questione mafiosa a dato occasionale della vicenda nazionale. «La storia d'Italia, -scrive dunque l'a. -leggendo molti di questi testi, sembra a-mafiosa» (p. 20). Queste osservazioni non appaiono totalmente peregrine. Nel primo caso è a lungo dominata una specializzazione relativa alle singole consorterie di stampo mafioso, da cui solo a fatica si comincia ad uscire nei più recenti sviluppi, rispondendo alle domande che l'attualità inevitabilmente pone alla storia. Nel secondo
Italia Contemporanea n. 277, 2015
La tesi dell'esistenza di una «trattativa» Stato-mafia, con l'implicito giudizio negativo che l'a... more La tesi dell'esistenza di una «trattativa» Stato-mafia, con l'implicito giudizio negativo che l'accompagna, rimanda a suggestioni etiche e politiche di portata più ampia rispetto alla prospettiva giudiziaria. Il processo in corso di svolgimento a Palermo dal 2013, che vede sedere insieme al banco degli imputati boss mafiosi, uomini politici e ufficiali dei carabinieri, assume contorni che travalicano il momento giudiziario e che inscenano una rappresentazione, anche simbolica, di un conflitto dai tratti manichei. Uno Stato che si auto raffigura come lo Stato dei giusti (traendo legittimazione dal richiamo a figure come Falcone o Borsellino), che processa l'altro Stato, lo stesso che non ha disdegnato, e non solo nel biennio 1992-1993, di scendere a patti con forze quali Cosa Nostra, garantendone l'esistenza. Questa narrazione viene sottoposta a lettura critica dai due saggi raccolti nel libro in oggetto. Come viene esplicitato, l'intento è di svolgere l'analisi lungo due prospettive, quella storica (S. Lupo) e quella giuridica (G. Fiandaca). I due testi assumono però piena valenza se lasciati interagire: fatte salve rare sovrapposizioni, il dialogo fra le due parti è ben congegnato, e solo la lettura unitaria restituisce pienamente l'impianto interpretativo condiviso dai due studiosi. La bilancia fra il piano penale e quello storico-culturale, pende comunque decisamente a favore di quest'ultimo, il che rappresenta un valore aggiunto. Nello stesso saggio di Fiandaca, la critica tecnica all'impianto accusatorio costruito dai magistrati palermitani, sebbene sia puntuale e ben sviluppata, non rappresenta comunque il fine ultimo della riflessione di fondo. È d'altronde il giurista stesso a sottolineare come l'interesse per il processo sulla «trattativa» vada al di là dell'aspetto giudiziario, per intrecciarsi «non solo con la dimensione storica, ma anche con quella etico-politica» (p. 70). A spingere in questa direzione sono gli stessi magistrati che hanno caricato il processo di valori che non possono essere contenuti nel solo dato giudiziario. Come emerge chiaramente dalla Memoria (riportata in appendice) con cui il pool siciliano ha accompagnato la richiesta di rinvio a giudizio, il reale oggetto del contendere sono le scelte politico-istituzionali compiute nel biennio '92-'93, all'interno del passaggio cruciale fra la «prima» e la cosiddetta «seconda» Repubblica. La «trattativa», perlomeno con il tratto con cui è stata descritta, assume i connotati di un pactum sceleris che marchia le fondamenta della nuova fase repubblica all'insegna di un rinnovato «patto di convivenza Stato-mafia» (p. 143). Le conseguenze di questo impianto si sono ripercosse, ovviamente, sul piano dei linguaggio del dibattito pubblico. Emblematica, ad esempio, la stessa distanza che intercorre tra il concreto svolgimento giudiziario, basato sull'accusa di «violenza o minaccia a corpo politico» (art. 339 c.p.) e la diffusione, nell'immaginario collettivo, dell'immagine di una «Trattativa con la T maiuscola» (p. 34), che trova peraltro ulteriore enfasi nei rimandi al presente su cui insiste parte della comunicazione mediatica. Le riflessioni di Lupo e Fiandaca prendono le mosse evitando la tentazione di un mero controprocesso. Fulcro della loro analisi è la problematizzazione dei tre termini chiave dell'intera questione: «trattativa», «Stato» e «mafia». A tal fine, la chiave risolutrice è nella riappropriazione di una prospettiva storica che permette una contestualizzazione degli eventi in una chiave di lungo periodo: l'eco non spenta del rapimento Moro, quale tema mai pienamente risolto nel rapporto fra Stato e quelli che Santi Romano avrebbe definito «ordinamenti giuridici minori»; la crisi del sistema partitico nel corso degli anni Ottanta, che produce nel suo logorio uno scontro fra le istanze della cosiddetta società civile e le degenerazioni della «partitocrazia», all'interno del quale la
Italia Contemporanea - n. 274, 2014
Talks by Diego Gavini
Social, political and criminal violence is an integral part of the recent italian history: the va... more Social, political and criminal violence is an integral part of the recent italian history: the values and the identity of democratic institutions have been severely tested by terrorism or Mafia violence. Homicides and mass murders have deeply moulded everyday life and the collective memory of Italian people, changing the forms of partecipation to public life. The cult of the dead has become a symbolic manifestation and a part of a new “civil religion” which has redefined the national identity.
Some scholar researches are examining the role of Mafia victims, with a particular regard to the mass murders of 1992. Facing the crisis of the “first Republic”, indeed, the symbolic tie to figures such as Giovanni Falcone or Paolo Borsellino has become essential to redefine the features of democratic partecipation.
Despite this, the relation between national community and the celebration of Mafia victims is more complex than it could appear, if it is examined with a long-term perspective. This dissertation aims to analize the contradictions of this issue, focusing on the funerals of Mafia victims. Some main steps will be analyzed between the funerals for the mass murder of Ciaculli (1963) and Placido Rizzotto’s burial (2012), in order to examine the relations between political and institutional players, national community, local community in the celebration of dead. Throughout this analysis, the dissertation aims at drawing up a balance of achievements and failures in the construction of this new “civil religion”.
I funerali di Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emmanuela Setti-Carraro, svolti in forma ufficiale il ... more I funerali di Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emmanuela Setti-Carraro, svolti in forma ufficiale il 4 settembre 1982 a Palermo e in forma privata il 5 settembre 1982 a Milano, sanciscono degli elementi paradigmatici nella celebrazione dei "martiri" antimafia, per il rapporto che si instaura fra la comunità colpita e i rappresentanti istituzionali e per l'emergere del protagonismo della comunità famigliare e della Chiesa locale. Le ripercussioni si avvertono anche sul piano televisivo, dove l'evento è seguito con grande attenzione dalla Rai, diventando un modello di diretta televisiva e copertura mediatica che fissa uno standard che verrà replicato fino ai funerali di Falcone e Borsellino.
Il conflitto Stato-mafia è identificabile come tale in primo luogo sul piano dei linguaggi e dell... more Il conflitto Stato-mafia è identificabile come tale in primo luogo sul piano dei linguaggi e delle percezioni. I morti, servitori delle istituzioni, che questo scontro produce, entrano a far parte, come martiri, di una nuova religione civile che cerca nei valori dell'antimafia nuove basi di rifondazione di uno spirito nazionale alternativo al logoro sistema della prima Repubblica. La celebrazione degli estinti e la ritualità funeraria diventano parte integrante di questo processo. Analizzando alcuni momenti più significativi di questo processo (i funerali delle vittime di Ciaculli, di Pietro Scaglione, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e degli agenti della scorta) si analizza il ruolo che svolgono i diversi attori in gioco (comunità del dolore privato, comunità locale, rappresentanza istituzionale) per delineare i mutamenti del rapporto fra di essi nel farsi storico e, al contempo, come questi ora trovino terreno di mediazione ora entrino in conflitto nella celebrazione dei martiri.
L'Italia che corre verso e dentro il miracolo economico, è un'Italia che conosce un'intensa specu... more L'Italia che corre verso e dentro il miracolo economico, è un'Italia che conosce un'intensa speculazione edilizia nelle sue città, segno di un'accelerazione incontrollata di un Paese che cambia pelle in un quadro normativo confuso e spesso lacunoso.
La Palermo che attraversa questa stagione rappresenta un caso abnorme rispetto alla norma. È una città che deve essere ancora in gran parte ricostruita dopo gli sfregi della guerra; ma anche una città che sogna fasti del passato e ha la necessità di espandersi per accogliere le migliaia di persone che vanno a riempire l'elefantiaca burocrazia che prende vita intorno al farraginoso corpo della Regione.
Quello che si consuma in pochi anni, gli anni del sindaco Lima e dell’assessore ai Lavori Pubblici Ciancimino, diventerà rapidamente e tristemente noto come il “sacco” della città. Tra vuoti normativi e confusione legislativa, Palermo è violentata: le sue ville liberty e la tanto decantata Conca d'oro che l'avvolge, lasceranno il passo a grigie enormi costruzioni portatrici di una malintesa modernità che cambiano la città nel suo interno e nel rapporto con i suoi giardini e le sue borgate, in una escalation incontrollata di appetiti famelici che si tiene sul triangolo malapolitica-cosche mafiose-speculazione edilizia.
Parallelamente, e non casualmente, Palermo è insanguinata da violenti scontri interni a Cosa nostra che plasticamente seguono i luoghi-simbolo del mutamento della città.
Il contributo intende ricostruire questa stagione in particolare i documenti raccolti dalla prima Commissione Antimafia (1962-76) che, proprio sul capoluogo siciliano, avrebbe affrontato i dossier più complessi e controversi. A partire da questi è possibile seguire estremamente da vicino le profonde mutazioni vissute dalla città siciliana, individuando le direttrici più importanti alla base dei cambiamenti.
"La ricerca verte intorno alla ricostruzione dell'attività della prima Commissione Parlamentare A... more "La ricerca verte intorno alla ricostruzione dell'attività della prima Commissione Parlamentare Antimafia (1962-76), attraverso i suoi protagonisti, le fasi in cui si articolò l'Inchiesta, il lavoro dei singoli gruppi di indagine, le relazioni settoriali e conclusive.
A partire da questo livello, la prospettiva si amplia sia a livello cronologico che politico-culturale. Da un punto di vista temporale, l'esperienza della Commissione va ricondotta ad un arco più ampio, che tenga conto del lungo dibattito precedente la nascita dell'Antimafia (1948-1962) e dei successivi sviluppi legislativi che avrebbero portato alla promulgazione della legge Rognoni-La Torre (settembre 1982), le cui radici affondano nell'esperienza stessa dell'Inchiesta.
Questo ampliamento cronologico è funzionale a comprendere da un lato gli elementi che si erano sedimentati nel dibattito politico-istituzionale sul fenomeno mafioso; dall'altro a valutare più compiutamente il lascito effettivo della Commissione Antimafia.
Seconda estensione della prospettiva riguarda il campo di indagine. Intorno alla ricostruzione dell'attività di un organo istituzionale, vi sono infatti da tenere in considerazione gli aspetti che inesorabilmente hanno ruotato intorno a tale istituzione.
Innanzitutto il ruolo dei partiti di massa, con la loro capacità di incubare, rielaborare e trasmettere a larghissime fasce di popolazione immaginari e interpretazioni della società. Un vero e proprio scontro ideologico che si giocò anche sul terreno della lettura del fenomeno mafioso.
In secondo luogo il rapporto con l'opinione pubblica. Rapporto che va studiato sotto tre aspetti: le modalità con cui la Commissione come istituzione cercò di conquistarsi uno spazio nel dibattito pubblico; il ruolo dei partiti nel dare rilievo alle indagini dell'Antimafia indirizzandole verso i propri scopi; l'emersione di voci in grado di creare immagini e letture dissonanti, rispetto a quelle delle formazioni di massa, del fenomeno mafioso, nel momento in cui la capacità dei partiti di essere voce dominante presso la società cominciava a subire le prime incrinature.
In ultima battuta è da considerare poi l'evoluzione stessa di Cosa Nostra: non si possono infatti valutare compiutamente tutti gli aspetti finora citati, se non si rapportano letture ed inchieste sul consorzio criminale agli effettivi indirizzi da questo assunti.
Allo stesso modo in cui la ricerca si articola su un doppio livello, anche il fine ultimo dello studio, le risposte a cui si cerca di giungere, si collocano in una doppia prospettiva.
Su un piano più immediato si vuol cercare di restituire la complessità dell'esperienza della Commissione Antimafia: le possibilità d'azione e i risultati concreti; i limiti concettuali e l'ampiezza dello sforzo conoscitivo; le continuità e le discontinuità con il dibattito che ne ha preceduto la nascita; l'impatto nel contingente discorso pubblico e nei successivi studi sulla mafia.
Su un piano più esteso, si vuole cercare di ricostruire uno spaccato sulle modalità intorno a cui nei primi decenni della storia repubblicana ha preso vita il discorso pubblico sulla mafia, come e in quale misura istituzioni e partiti abbiano inciso su di esso e come tale dibattito abbia posto limiti o offerto risposte alla capacità di contrasto al consorzio criminale."
Books by Diego Gavini
Il libro affronta il percorso attraverso il quale l'Italia ha pensato, rappresentato e contrastat... more Il libro affronta il percorso attraverso il quale l'Italia ha pensato, rappresentato e contrastato la mafia fra il 1948 e il 1982. La narrazione prende la mosse dall'esperienza della prima Commissione Antimafia (1962-1976), raccontandone il lungo processo che porta alla sua istituzione e poi seguendone gli anni di attività, giungendo ad analizzarne la contraddittoria eredità che solo nel 1982 trova un complesso sbocco nell'intervento legislativo con l'approvazione della legge Rognoni-La Torre. Quella che viene attraversata è l'Italia della prima Repubblica che muta il suo volto sociale e politico, i cui cambiamenti condizionano le pratiche repressive della criminalità mafiosa e i modi di pensare i modelli di modernizzazione delle aree dove più pervasivo è l'insediamento criminale.
Il saggio analizza le modalità con cui la prima Commissione Antimafia (1963-76) ha recepito e af... more Il saggio analizza le modalità con cui la prima Commissione Antimafia (1963-76) ha recepito e affrontato la questione dei sindacalisti uccisi dalla mafia, contestualizzando le indagini ed i percorsi della memoria nel più ampio solco dei lavori stessi della Commissione. Tracciando il quadro delle indagini e la rielaborazione politica dei commissari dell'Antimafia attraverso le diverse prospettive partitiche, emerge una discrasia fra il peso della questione, le modalità adottate nell'affrontarla e la sua rielaborazione politico-culturale.
Papers by Diego Gavini
Laboratoire Italien, 2019
Fra il 1979 e il 1993 la storia siciliana e italiana sono segnate da una stagione di violenze pro... more Fra il 1979 e il 1993 la storia siciliana e italiana sono segnate da una stagione di violenze prodotte in maniera sistematica da Cosa nostra nei confronti di uomini delle istituzioni e della società civile più esposti nel contrasto alla mafia. In questa spirale di violenza Cosa nostra utilizza metodi stragisti in gran parte derivati dalla stagione del terrorismo. Il confronto fra Stato e mafia assume i caratteri di una guerra in corso, che provoca una mutazione della percezione del fenomeno mafioso. In questo contesto, a Palermo si afferma un protagonismo di organizzazioni di base che si muovono al di fuori del perimetro dei partiti tradizionali. La città è attraversata da fermenti di rinnovamento in nome della lotta alla mafia e, nella seconda metà degli anni Ottanta, si afferma la figura del sindaco democristiano Leoluca Orlando, simbolo di quella che è stata definita la «primavera» di Palermo. Un contributo rilevante all’antimafia palermitana viene dall’area cattolica, animata da propositi di rottura che si collocano nel clima post-conciliare. All’interno di essa un ruolo importante è giocato dagli ambienti dei gesuiti, in particolare dalle figure di padre Pintacuda e padre Sorge. La loro vicenda diventa una lente attraverso cui guardare sia alla stagione della «primavera» palermitana, con i suoi fermenti di rinnovamento e le sue contraddizioni, sia, allargando lo sguardo, all’Italia che, anche per i contraccolpi della violenza mafiosa, vede il tramonto del sistema della Prima Repubblica.
Between 1979 and 1993, the history of Sicily and Italy was marked by a season of systematic violence produced by Cosa nostra against the men of the institutions and civil society most exposed in the fight against the mafia. In this spiral of violence, Cosa nostra uses methods largely inspired by terrorism. The confrontation between the State and the mafia takes the form of an ongoing war, which causes a change in the perception of the mafia phenomenon. In this context, the action of grassroots organizations emerged independently from traditional parties. The city went through a process of renewal in the name of the struggle against the mafia. In the second half of the Eighties, the figure of the Christian Democrat mayor Leoluca Orlando became the symbol of what has been defined as the “spring” of Palermo. A significant contribution to Palermo’s antimafia comes from the Catholic area, inspired by the post-Council spirit. The Jesuits play an important role in this renewal especially Fathers Pintacuda and Sorge. Their history allows us to observe both the “spring” season of Palermo, with its ferments of renewal and its contradictions, and, widening the scope, to Italy, to seize the decline of the First Republic system under the attack of Mafia violence.
L'immaginario devoto tra mafie e antimafie, 2018
Political and criminal violence is an integral part of republican italian history: the values and... more Political and criminal violence is an integral part of republican italian history: the values and the identity of democratic institutions have been severely tested by terrorism and Mafia violence. Homicides and mass murders have deeply moulded everyday life and the collective memory of Italian people. The cult of the dead has become a symbolic manifestation and a part of a new “civil religion” which has redefined the national identity.
The essay focuses on the funerals of the prefect Carlo Alberto dalla Chiesa – murdered with his young wife in a mafia attempt in 1982 - which figure represents a symbolic point of reference in the fight against both mafia and terrorism. The funeral perspective allows to analyse – also through the study of Television newscast and newspapers - the relation between political forces, national and local communities in the celebration of dead, enlightening a growing conflict between institutions and civil society.
The article pays particular attention to the role of public television in the representation of dalla Chiesa as a “fatherland martyr” broadcasting his funerals.
Modern Italy, 2018
Political and criminal violence are an integral part of recent Italian history. Killings and mass... more Political and criminal violence are an integral part of recent Italian history. Killings and mass murders have moulded everyday life and the collective memory of the Italian people, changing the shape of public life. Veneration of the dead has taken on a symbolic function and become part of a new ‘civil religion’, which has redefined Italy’s national identity. Scholars are currently examining the role of mafia victims in this phenomenon, concentrating in particular on the bombings that took place in 1992. Following the crisis that marked the end of the First Republic, symbolic ties to figures like Giovanni Falcone and Paolo Borsellino became an essential aspect of redefining democratic mobilisation. Nevertheless, when examined from a long-term perspective, the relationship between the Italian population and the celebration of mafia victims is more complex than it may at first appear. This article aims to analyse the contradictions inherent in the issue, focusing on the funerals of mafia victims in order to examine the relationships between political and institutional bodies, the Italian population as a whole, and the local community, in the celebration of the dead. Through this analysis, it seeks to consider both the achievements and failures in the construction of this new ‘civil religion’ in a contemporary society.
Conflitti, a cura di Rocco Bochicchio, Valeria Ducatelli, Caterina Lidano
Il conflitto Stato-mafia è identificabile come tale in primo luogo sul piano dei linguaggi e dell... more Il conflitto Stato-mafia è identificabile come tale in primo luogo sul piano dei linguaggi e delle percezioni. I morti, servitori delle istituzioni, che questo scontro produce, entrano a far parte, come martiri, di una nuova religione civile che cerca nei valori dell'antimafia nuove basi di rifondazione di uno spirito nazionale alternativo al logoro sistema della prima Repubblica. La celebrazione degli estinti e la ritualità funeraria diventano parte integrante di questo processo. Analizzando alcuni momenti più significativi di questo processo (i funerali delle vittime di Ciaculli, di Pietro Scaglione, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e degli agenti della scorta) si analizza il ruolo che svolgono i diversi attori in gioco (comunità del dolore privato, comunità locale, rappresentanza istituzionale) per delineare i mutamenti del rapporto fra di essi nel farsi storico e, al contempo, come questi ora trovino terreno di mediazione ora entrino in conflitto nella celebrazione dei martiri.
Il disastro del Vajont (9 ottobre 1963) suscita, nell'Italia che si avvicina alla stagione del ce... more Il disastro del Vajont (9 ottobre 1963) suscita, nell'Italia che si avvicina alla stagione del centro-sinistra, un ampio dibattito politico sulle cause e le responsabilità della tragedia. Nel maggio 1964 viene istituita una Commissione parlamentare d'inchiesta che nel luglio 1965 termina i suoi lavori confermando le divisioni politiche suscitate dall'evento. Il contributo analizza l'esperienza della Commissione sul Vajont riflettendo sui limiti e le potenzialità dello strumento delle inchieste parlamentari, proponendo un bilancio che tiene in considerazione i diversi elementi in gioco: il ruolo della mediazione politica, il rapporto con l'opinione pubblica, le conseguenze legislative, il valore storico, il confronto con i percorsi della memoria. Abstract english The Vajont catastrophe (9 october 1963) causes a wide-ranging political debate on reasons and responsabilities of the disaster, while Italy is on the point to be ruled by the centre-left government. In May 1964 a Commission of Inquiry is setted up, but when the inquiry ends up in July 1965 political divisions have not changed. This essay examines the experience of this Commission to highlight positive and negative sides of Parliament Inquiries, analysing different points: the political mediation, the relationship with public opinion, the legislative consequences, the historic value,the relationship with memories of the event.
La crescita palermitana a cavallo fra anni Cinquanta e Sessanta si sviluppa tramite una impetuosa... more La crescita palermitana a cavallo fra anni Cinquanta e Sessanta si sviluppa tramite una impetuosa speculazione edilizia, che si sviluppa nel quadro di un incontro fra una politica dalle zone d'ombra ed un affarismo che si giova dell'assenza di regole. Le note vicende dell'espansione urbana della città producono al contempo una dinamicità in cui si inseriscono le cosche mafiose, in un circolo vizioso di crescita economico-affaristica e violenza. La cornice di questi eventi viene ricostruita tramite le carte della Commissione Antimafia, con l'obiettivo di comprendere le lenti attraverso cui la politica, nella sua sede istituzionale, coglie la portata dei fenomeni in corso.
Una strage ignorata. Sindacalisti agricoli uccisi dalla mafia in Sicilia, 1944-48, 2014
16 Sugli aspetti più propriamente militari vedi A. Santoni, Le operazioni in Sicilia e in Calabri... more 16 Sugli aspetti più propriamente militari vedi A. Santoni, Le operazioni in Sicilia e in Calabria (luglio-settembre 1943), a cura del ministero della Difesa, U cio storico dello stato maggiore dell'esercito, Roma, 1983. Sono comunque numerosi i testi dedicati all'operazione Husky. Tra questi sicuramente vanno ricordati R. Atkinson, Il giorno della battaglia. Gli alleati in Italia, 1943-1944. di C. Lazzari), Mondadori, Milano, 2008; C. D'Este, 1943. Lo sbarco in Sicilia, Mondadori, Milano, 1990. 17 M. Patti, La Sicilia e gli alleati. Tra occupazione e Liberazione, Donzelli, Roma, 2013, pp. 65-66. Chirco) corredato da saggi e testimonianze, pubblicato da Edizioni Salvare Palermo, Palermo, 2008. 20 V. Rabito, Terra matta, Einaudi, Torino, 2008. Rabito (1899-1981) nato a Chiaramonte Gul , piccolo paese in provincia di Ragusa, prima bracciante poi 22 A. Crisantino, Breve storia della Sicilia. Le radici antiche dei problemi di oggi, Di Girolamo, Trapani, 2012, p. 227.
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Book Reviews by Diego Gavini
Talks by Diego Gavini
Some scholar researches are examining the role of Mafia victims, with a particular regard to the mass murders of 1992. Facing the crisis of the “first Republic”, indeed, the symbolic tie to figures such as Giovanni Falcone or Paolo Borsellino has become essential to redefine the features of democratic partecipation.
Despite this, the relation between national community and the celebration of Mafia victims is more complex than it could appear, if it is examined with a long-term perspective. This dissertation aims to analize the contradictions of this issue, focusing on the funerals of Mafia victims. Some main steps will be analyzed between the funerals for the mass murder of Ciaculli (1963) and Placido Rizzotto’s burial (2012), in order to examine the relations between political and institutional players, national community, local community in the celebration of dead. Throughout this analysis, the dissertation aims at drawing up a balance of achievements and failures in the construction of this new “civil religion”.
La Palermo che attraversa questa stagione rappresenta un caso abnorme rispetto alla norma. È una città che deve essere ancora in gran parte ricostruita dopo gli sfregi della guerra; ma anche una città che sogna fasti del passato e ha la necessità di espandersi per accogliere le migliaia di persone che vanno a riempire l'elefantiaca burocrazia che prende vita intorno al farraginoso corpo della Regione.
Quello che si consuma in pochi anni, gli anni del sindaco Lima e dell’assessore ai Lavori Pubblici Ciancimino, diventerà rapidamente e tristemente noto come il “sacco” della città. Tra vuoti normativi e confusione legislativa, Palermo è violentata: le sue ville liberty e la tanto decantata Conca d'oro che l'avvolge, lasceranno il passo a grigie enormi costruzioni portatrici di una malintesa modernità che cambiano la città nel suo interno e nel rapporto con i suoi giardini e le sue borgate, in una escalation incontrollata di appetiti famelici che si tiene sul triangolo malapolitica-cosche mafiose-speculazione edilizia.
Parallelamente, e non casualmente, Palermo è insanguinata da violenti scontri interni a Cosa nostra che plasticamente seguono i luoghi-simbolo del mutamento della città.
Il contributo intende ricostruire questa stagione in particolare i documenti raccolti dalla prima Commissione Antimafia (1962-76) che, proprio sul capoluogo siciliano, avrebbe affrontato i dossier più complessi e controversi. A partire da questi è possibile seguire estremamente da vicino le profonde mutazioni vissute dalla città siciliana, individuando le direttrici più importanti alla base dei cambiamenti.
A partire da questo livello, la prospettiva si amplia sia a livello cronologico che politico-culturale. Da un punto di vista temporale, l'esperienza della Commissione va ricondotta ad un arco più ampio, che tenga conto del lungo dibattito precedente la nascita dell'Antimafia (1948-1962) e dei successivi sviluppi legislativi che avrebbero portato alla promulgazione della legge Rognoni-La Torre (settembre 1982), le cui radici affondano nell'esperienza stessa dell'Inchiesta.
Questo ampliamento cronologico è funzionale a comprendere da un lato gli elementi che si erano sedimentati nel dibattito politico-istituzionale sul fenomeno mafioso; dall'altro a valutare più compiutamente il lascito effettivo della Commissione Antimafia.
Seconda estensione della prospettiva riguarda il campo di indagine. Intorno alla ricostruzione dell'attività di un organo istituzionale, vi sono infatti da tenere in considerazione gli aspetti che inesorabilmente hanno ruotato intorno a tale istituzione.
Innanzitutto il ruolo dei partiti di massa, con la loro capacità di incubare, rielaborare e trasmettere a larghissime fasce di popolazione immaginari e interpretazioni della società. Un vero e proprio scontro ideologico che si giocò anche sul terreno della lettura del fenomeno mafioso.
In secondo luogo il rapporto con l'opinione pubblica. Rapporto che va studiato sotto tre aspetti: le modalità con cui la Commissione come istituzione cercò di conquistarsi uno spazio nel dibattito pubblico; il ruolo dei partiti nel dare rilievo alle indagini dell'Antimafia indirizzandole verso i propri scopi; l'emersione di voci in grado di creare immagini e letture dissonanti, rispetto a quelle delle formazioni di massa, del fenomeno mafioso, nel momento in cui la capacità dei partiti di essere voce dominante presso la società cominciava a subire le prime incrinature.
In ultima battuta è da considerare poi l'evoluzione stessa di Cosa Nostra: non si possono infatti valutare compiutamente tutti gli aspetti finora citati, se non si rapportano letture ed inchieste sul consorzio criminale agli effettivi indirizzi da questo assunti.
Allo stesso modo in cui la ricerca si articola su un doppio livello, anche il fine ultimo dello studio, le risposte a cui si cerca di giungere, si collocano in una doppia prospettiva.
Su un piano più immediato si vuol cercare di restituire la complessità dell'esperienza della Commissione Antimafia: le possibilità d'azione e i risultati concreti; i limiti concettuali e l'ampiezza dello sforzo conoscitivo; le continuità e le discontinuità con il dibattito che ne ha preceduto la nascita; l'impatto nel contingente discorso pubblico e nei successivi studi sulla mafia.
Su un piano più esteso, si vuole cercare di ricostruire uno spaccato sulle modalità intorno a cui nei primi decenni della storia repubblicana ha preso vita il discorso pubblico sulla mafia, come e in quale misura istituzioni e partiti abbiano inciso su di esso e come tale dibattito abbia posto limiti o offerto risposte alla capacità di contrasto al consorzio criminale."
Books by Diego Gavini
Papers by Diego Gavini
Between 1979 and 1993, the history of Sicily and Italy was marked by a season of systematic violence produced by Cosa nostra against the men of the institutions and civil society most exposed in the fight against the mafia. In this spiral of violence, Cosa nostra uses methods largely inspired by terrorism. The confrontation between the State and the mafia takes the form of an ongoing war, which causes a change in the perception of the mafia phenomenon. In this context, the action of grassroots organizations emerged independently from traditional parties. The city went through a process of renewal in the name of the struggle against the mafia. In the second half of the Eighties, the figure of the Christian Democrat mayor Leoluca Orlando became the symbol of what has been defined as the “spring” of Palermo. A significant contribution to Palermo’s antimafia comes from the Catholic area, inspired by the post-Council spirit. The Jesuits play an important role in this renewal especially Fathers Pintacuda and Sorge. Their history allows us to observe both the “spring” season of Palermo, with its ferments of renewal and its contradictions, and, widening the scope, to Italy, to seize the decline of the First Republic system under the attack of Mafia violence.
The essay focuses on the funerals of the prefect Carlo Alberto dalla Chiesa – murdered with his young wife in a mafia attempt in 1982 - which figure represents a symbolic point of reference in the fight against both mafia and terrorism. The funeral perspective allows to analyse – also through the study of Television newscast and newspapers - the relation between political forces, national and local communities in the celebration of dead, enlightening a growing conflict between institutions and civil society.
The article pays particular attention to the role of public television in the representation of dalla Chiesa as a “fatherland martyr” broadcasting his funerals.
Some scholar researches are examining the role of Mafia victims, with a particular regard to the mass murders of 1992. Facing the crisis of the “first Republic”, indeed, the symbolic tie to figures such as Giovanni Falcone or Paolo Borsellino has become essential to redefine the features of democratic partecipation.
Despite this, the relation between national community and the celebration of Mafia victims is more complex than it could appear, if it is examined with a long-term perspective. This dissertation aims to analize the contradictions of this issue, focusing on the funerals of Mafia victims. Some main steps will be analyzed between the funerals for the mass murder of Ciaculli (1963) and Placido Rizzotto’s burial (2012), in order to examine the relations between political and institutional players, national community, local community in the celebration of dead. Throughout this analysis, the dissertation aims at drawing up a balance of achievements and failures in the construction of this new “civil religion”.
La Palermo che attraversa questa stagione rappresenta un caso abnorme rispetto alla norma. È una città che deve essere ancora in gran parte ricostruita dopo gli sfregi della guerra; ma anche una città che sogna fasti del passato e ha la necessità di espandersi per accogliere le migliaia di persone che vanno a riempire l'elefantiaca burocrazia che prende vita intorno al farraginoso corpo della Regione.
Quello che si consuma in pochi anni, gli anni del sindaco Lima e dell’assessore ai Lavori Pubblici Ciancimino, diventerà rapidamente e tristemente noto come il “sacco” della città. Tra vuoti normativi e confusione legislativa, Palermo è violentata: le sue ville liberty e la tanto decantata Conca d'oro che l'avvolge, lasceranno il passo a grigie enormi costruzioni portatrici di una malintesa modernità che cambiano la città nel suo interno e nel rapporto con i suoi giardini e le sue borgate, in una escalation incontrollata di appetiti famelici che si tiene sul triangolo malapolitica-cosche mafiose-speculazione edilizia.
Parallelamente, e non casualmente, Palermo è insanguinata da violenti scontri interni a Cosa nostra che plasticamente seguono i luoghi-simbolo del mutamento della città.
Il contributo intende ricostruire questa stagione in particolare i documenti raccolti dalla prima Commissione Antimafia (1962-76) che, proprio sul capoluogo siciliano, avrebbe affrontato i dossier più complessi e controversi. A partire da questi è possibile seguire estremamente da vicino le profonde mutazioni vissute dalla città siciliana, individuando le direttrici più importanti alla base dei cambiamenti.
A partire da questo livello, la prospettiva si amplia sia a livello cronologico che politico-culturale. Da un punto di vista temporale, l'esperienza della Commissione va ricondotta ad un arco più ampio, che tenga conto del lungo dibattito precedente la nascita dell'Antimafia (1948-1962) e dei successivi sviluppi legislativi che avrebbero portato alla promulgazione della legge Rognoni-La Torre (settembre 1982), le cui radici affondano nell'esperienza stessa dell'Inchiesta.
Questo ampliamento cronologico è funzionale a comprendere da un lato gli elementi che si erano sedimentati nel dibattito politico-istituzionale sul fenomeno mafioso; dall'altro a valutare più compiutamente il lascito effettivo della Commissione Antimafia.
Seconda estensione della prospettiva riguarda il campo di indagine. Intorno alla ricostruzione dell'attività di un organo istituzionale, vi sono infatti da tenere in considerazione gli aspetti che inesorabilmente hanno ruotato intorno a tale istituzione.
Innanzitutto il ruolo dei partiti di massa, con la loro capacità di incubare, rielaborare e trasmettere a larghissime fasce di popolazione immaginari e interpretazioni della società. Un vero e proprio scontro ideologico che si giocò anche sul terreno della lettura del fenomeno mafioso.
In secondo luogo il rapporto con l'opinione pubblica. Rapporto che va studiato sotto tre aspetti: le modalità con cui la Commissione come istituzione cercò di conquistarsi uno spazio nel dibattito pubblico; il ruolo dei partiti nel dare rilievo alle indagini dell'Antimafia indirizzandole verso i propri scopi; l'emersione di voci in grado di creare immagini e letture dissonanti, rispetto a quelle delle formazioni di massa, del fenomeno mafioso, nel momento in cui la capacità dei partiti di essere voce dominante presso la società cominciava a subire le prime incrinature.
In ultima battuta è da considerare poi l'evoluzione stessa di Cosa Nostra: non si possono infatti valutare compiutamente tutti gli aspetti finora citati, se non si rapportano letture ed inchieste sul consorzio criminale agli effettivi indirizzi da questo assunti.
Allo stesso modo in cui la ricerca si articola su un doppio livello, anche il fine ultimo dello studio, le risposte a cui si cerca di giungere, si collocano in una doppia prospettiva.
Su un piano più immediato si vuol cercare di restituire la complessità dell'esperienza della Commissione Antimafia: le possibilità d'azione e i risultati concreti; i limiti concettuali e l'ampiezza dello sforzo conoscitivo; le continuità e le discontinuità con il dibattito che ne ha preceduto la nascita; l'impatto nel contingente discorso pubblico e nei successivi studi sulla mafia.
Su un piano più esteso, si vuole cercare di ricostruire uno spaccato sulle modalità intorno a cui nei primi decenni della storia repubblicana ha preso vita il discorso pubblico sulla mafia, come e in quale misura istituzioni e partiti abbiano inciso su di esso e come tale dibattito abbia posto limiti o offerto risposte alla capacità di contrasto al consorzio criminale."
Between 1979 and 1993, the history of Sicily and Italy was marked by a season of systematic violence produced by Cosa nostra against the men of the institutions and civil society most exposed in the fight against the mafia. In this spiral of violence, Cosa nostra uses methods largely inspired by terrorism. The confrontation between the State and the mafia takes the form of an ongoing war, which causes a change in the perception of the mafia phenomenon. In this context, the action of grassroots organizations emerged independently from traditional parties. The city went through a process of renewal in the name of the struggle against the mafia. In the second half of the Eighties, the figure of the Christian Democrat mayor Leoluca Orlando became the symbol of what has been defined as the “spring” of Palermo. A significant contribution to Palermo’s antimafia comes from the Catholic area, inspired by the post-Council spirit. The Jesuits play an important role in this renewal especially Fathers Pintacuda and Sorge. Their history allows us to observe both the “spring” season of Palermo, with its ferments of renewal and its contradictions, and, widening the scope, to Italy, to seize the decline of the First Republic system under the attack of Mafia violence.
The essay focuses on the funerals of the prefect Carlo Alberto dalla Chiesa – murdered with his young wife in a mafia attempt in 1982 - which figure represents a symbolic point of reference in the fight against both mafia and terrorism. The funeral perspective allows to analyse – also through the study of Television newscast and newspapers - the relation between political forces, national and local communities in the celebration of dead, enlightening a growing conflict between institutions and civil society.
The article pays particular attention to the role of public television in the representation of dalla Chiesa as a “fatherland martyr” broadcasting his funerals.