Ok, alzi la mano chi, di fronte ad un profumo familiare, non ha mai sgranato gli occhi esclamando: “Questo mi ricorda proprio…”
E via con i viaggi nel tempo lampo. Quelli che, nella frazione di un secondo, ti riportano esattamente in un luogo e in un momento ben preciso della tua vita, ti ricostruiscono intorno ambienti e ti immergono in un’atmosfera dimenticata al punto che ti sembra quasi di sentire voci e rumori e percepire sotto le dita le trame dei tessuti o la superficie lucida di un tavolo…
Proust lo sapeva bene. Del resto, lui era un esperto di viaggi nel tempo, ci ha passato la vita. E la sua Recherche, è partita tutta da una madeleine...
Eh, già. Quando si associano profumi dimenticati e ricordi sepolti, non si può fare a meno di pensare a Proust, alla zia Leònie e ai suoi tè delle cinque con madeleines, cui il piccolo Marcel prendeva parte senza ancora sapere che un giorno, parecchi anni dopo, inzuppando distrattamente una madeleine nel tè sarebbe stato immediatamente catapultato a quei giorni dolci e spensierati della sua infanzia. E avrebbe deciso di scriverne. (per fortuna o purtroppo, dipende dai punti di vista! Quel che è certo è che aveva davvero molte cose da dire…!)
Credo che ognuno di noi abbia la sua madeleine. Per me, si tratta del profumo del gelsomino. Nulla come il profumo del gelsomino è capace di riportarmi indietro nel tempo, alla casa al mare in cui passavo le estati da bambina. Ce n’era una pianta che si arrampicava proprio intorno alla finestra della cucina, dando a colazioni e cene un sottofondo inconfondibile.
Ancora adesso, nonostante gli anni trascorsi, quando l’odore del gelsomino inizia a profumare l’aria, io torno seduta a quel tavolo, i piedi che dondolano e non toccano terra, mentre seguo con il dito il contorno dei quadretti della tovaglia di plastica aspettando che anche gli altri siedano.
Nulla è potente come gli odori. Non lo è la vista, ne il tatto. Persino l’udito, talvolta, viene meno.
Ma un profumo ti riporta esattamente dov’eri quando l’hai sentito la prima volta. Quando è diventato importante.
Le madelines originali prevedono una ricetta molto semplice, aromatizzata con essenza di fiori d’arancio.
Ma io ho voluto sperimentare (il che non necessariamente è un bene, dato che non sono una cuoca provetta, ma questa volta me la sono discretamente cavata!) con qualcosa di più elaborato, per il contest della dolcissima Federica (vi consiglio assolutamente di visitare il suo blog, soprattutto se amate i dolci stranieri, perché è una chicca, e lei davvero brava^^)
Così, eccovi le madeleines allo yogurt, cocco e gocce di cioccolato. Chissà cosa ne avrebbe pensato Proust?
Ricetta:
3 uova
100 g burro
100 g zucchero
100 g farina
30 g fecola
Mezzo cucchiaino di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
50 g cocco
60 ml yogurt cocco
Gocce di cioccolato qb
In una terrina mescolare le uova, lo zucchero e la vanillina fino ad ottenere un composto chiaro e liscio (circa tre minuti con le fruste elettriche). Aggiungere il burro fuso (lasciato raffreddare) e continuare ad amalgamare. Separatamente setacciare la farina con la fecola e il lievito e mischiarla lentamente al composto. In ultimo aggiungere lo yogurt e le gocce di cioccolato.
A questo punto, io ho coperto la terrina con la pellicola e l’ho lasciata riposare un’oretta nel frigo. Il motivo è presto detto: per conferire alle madeleines la classica gobbetta, è necessario che subiscano uno shock termico freddo-caldo. Le mie non sono venute proprio perfette, ma…hei, era il primo tentativo! Sono sicura che alla zia Leònie non deve essere andata meglio con le sue prime madeleines…(Marcel questo non l’ha mai saputo però…)
Comunque, trascorsa un’ora, ho trasferito l’impasto nell’apposito stampino e ho infornato per 12 minuti in forno preriscaldato a 170°. (con queste doti ho sfornato 27 madeleines)
Et Voilà! Sono morbidissime!
Con questa ricetta partecipo al contest di Federica
Del resto, senza il connubio con il tè, la madeleine di Proust avrebbe certo perso quell'incredibile potere evocativo!
Del resto, senza il connubio con il tè, la madeleine di Proust avrebbe certo perso quell'incredibile potere evocativo!