Vai al contenuto

"Heroes" (album David Bowie)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
"Heroes"
album in studio
ArtistaDavid Bowie
Pubblicazione14 ottobre 1977
Durata40:36
Dischi1
Tracce10
GenereMusica sperimentale[1]
EtichettaRCA
ProduttoreDavid Bowie, Tony Visconti
RegistrazioneHansa Studio by the Wall (Berlino Ovest)
FormatiLP
Noten. 35 Stati Uniti (bandiera)
n. 3 Regno Unito (bandiera)
n. 11 Italia (bandiera)
Certificazioni
Dischi d'oroCanada (bandiera) Canada[2]
(vendite: 50 000+)
Regno Unito (bandiera) Regno Unito[3]
(vendite: 100 000+)
David Bowie - cronologia
Album precedente
(1977)
Album successivo
(1979)
Singoli
  1. "Heroes"/V-2 Schneider
    Pubblicato: 23 settembre 1977
  2. Beauty and the Beast/Sense of Doubt
    Pubblicato: 6 gennaio 1978

"Heroes"[4] è il 12º album in studio di David Bowie del 1977 e il secondo della cosiddetta "trilogia berlinese" assieme a Low e Lodger.

Registrato agli Hansa Tonstudio a Berlino Ovest, "Heroes" riflette lo zeitgeist dell'epoca della guerra fredda, simbolizzato dalla città divisa in due. Il co-produttore Tony Visconti considera l'album: «una delle mie ultime grandi avventure nel fare album. Lo studio di registrazione era a circa 500 metri dal muro. Le guardie rosse ci osservavano con un binocolo potente attraverso la finestra della nostra sala di controllo».[5]

L'album sviluppa il sound di Low in una direzione maggiormente ottimista.[6] Dei tre album della trilogia berlinese, è l'unico effettivamente registrato a Berlino.

La title track dell'album è uno dei brani più celebri di Bowie. L'album è considerato una delle opere migliori dell'artista. In questo senso, al di là del grande contributo di Eno, è notevole, ai fini del sound avveniristico, anche la partecipazione del chitarrista Robert Fripp, che arrivò dagli Stati Uniti per registrare le sue parti in un giorno soltanto.[7] Si dice che John Lennon abbia detto durante la lavorazione del suo album Double Fantasy nel 1980, di avere l'ambizione di "riuscire a fare un disco buono quanto "Heroes"."[7][8] L'album fu nominato disco dell'anno da NME.

Svariate tracce dell'album furono eseguite da Bowie in concerto nell'anno successivo alla pubblicazione dell'album, e incluse nell'album live Stage (1978). Philip Glass scrisse in onore all'opera di Bowie una sinfonia classica intitolata "Heroes" Symphony, basata sul disco, e seguito della precedente Low Symphony ispirata a Low. La title track è stata reinterpretata da numerosi artisti nel corso degli anni.

Bowie pagò ancora tributo alle influenze Krautrock: il titolo dell'album è un riferimento alla traccia Hero presente sull'album Neu! '75 del gruppo tedesco Neu!,[9] mentre V-2 Schneider è ispirata al membro dei Kraftwerk Florian Schneider.[10] E si noti che all'inizio del 1977 anche i Kraftwerk avevano citato Bowie nella title track del loro album Trans-Europe Express.

Sebbene "Heroes" includa un certo numero di brani strumentali dall'atmosfera tetra e dark come Sense of Doubt e Neuköln, dopo l'introspezione malinconica di Low, il disco fu visto come una dichiarazione artistica più positiva ed appassionata.[5][10] Ciò è evidente non solo in "Heroes" e nel rock d'apertura Beauty and the Beast (pubblicato come secondo singolo estratto dall'album nel gennaio 1978), ma anche nella rancorosa Joe the Lion, nella nevrotica Blackout, e nell'atmosferica The Secret Life of Arabia. Il testo di Joe the Lion, scritto e registrato "in meno di un'ora" secondo Visconti, è emblematico della natura spontanea delle registrazioni.[11]

La foto di copertina è del fotografo giapponese Masayoshi Sukita[12] e ispirata ai lavori dell'artista tedesco Erich Heckel, in particolare all'opera Roquairol, che servì da modello anche per la copertina dell'album The Idiot di Iggy Pop, a cui Bowie collaborò e che fu pubblicato lo stesso anno di "Heroes".[13]

Recensioni professionali
RecensioneGiudizio
AllMusic[14]
Chicago Tribune[15]
Entertainment Weekly[16]A-
NME[17]
Ondarock[18]
Pitchfork[19]
Piero Scaruffi[1]
Rolling Stone[20]

"Heroes" fu pubblicizzato dalla RCA con la celebre frase: "There's Old Wave. There's New Wave. And there's David Bowie..." ("C'è la Old Wave. C'è la New Wave. E c'è David Bowie...")[10] per sottolineare l'unicità della proposta di Bowie nel panorama musicale dell'epoca. Il disco ricevette un'accoglienza molto positiva da parte della critica,[7] Melody Maker e NME lo dichiararono entrambi "album dell'anno".[8][21]

"Heroes" si posizionò alla posizione numero 3 in classifica in Gran Bretagna rimanendo in classifica per 26 settimane, ma ebbe meno successo negli Stati Uniti dove si fermò alla posizione numero 35.

In Italia raggiunse la posizione numero 11. In Europa l'album riscosse un notevole successo, grazie soprattutto alla title-track, di cui furono pubblicate una versione in francese ed una in tedesco.

Testi e musiche di David Bowie, eccetto dove indicato.

Lato 1
  1. Beauty and the Beast – 3:32
  2. Joe the Lion – 3:05
  3. "Heroes" – 6:07 (musica: Bowie, Brian Eno)
  4. Sons of the Silent Age – 3:15
  5. Blackout – 3:50
Lato 2
  1. V-2 Schneider (strumentale) – 3:10
  2. Sense of Doubt (strumentale) – 3:57
  3. Moss Garden (strumentale) – 5:03 (musica: Bowie, Eno)
  4. Neuköln (strumentale) – 4:34 (musica: Bowie, Eno)
  5. The Secret Life of Arabia – 3:46 (musica: Bowie, Eno, Carlos Alomar)
  1. ^ a b Piero Scaruffi, David Bowie, su scaruffi.com. URL consultato il 3 giugno 2022.
  2. ^ (EN) Gold/Platinum, su musiccanada.com, Music Canada. URL consultato il 21 aprile 2016.
  3. ^ (EN) BRIT Certified, su bpi.co.uk, BPI. URL consultato il 21 aprile 2016.
  4. ^ Bowie Golden Years : "Heroes", su web.archive.org, 3 luglio 2007. URL consultato il 14 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2007).
  5. ^ a b David Buckley, Strange Fascination – David Bowie: The Definitive Story, 1999, pp. 320–325.
  6. ^ Nicholas Pegg, The Complete David Bowie, 4th, London, Reynolds & Hearn Ltd., 2006, p. 312, ISBN 1-905287-15-1.
  7. ^ a b c Nicholas Pegg, The Complete David Bowie, 2000, pp. 307–309.
  8. ^ a b Christopher Sandford, Loving the Alien, 1996, 1997, pp. 182–193.
  9. ^ Mat Snow, MOJO 60 Years of Bowie, "Making Heroes", 2007, p. 69.
  10. ^ a b c Roy Carr, Charles Shaar Murray, Bowie: An Illustrated Record, 1981, pp. 91–92.
  11. ^ Nicholas Pegg, The Complete David Bowie, 2000, p. 112.
  12. ^ Profilo di Masayoshi Sukita, su snapgalleries.com. URL consultato il 27 aprile 2016.
  13. ^ UNCUT interview, su Bowie Golden Years, 1999. URL consultato il 20 agosto 2007 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2009).
  14. ^ Erlewine.
  15. ^ (EN) Bowie`s Many Faces Are Profiled On Compact Disc, in Chicago Tribune, 10 luglio 1990. URL consultato il 12 luglio 2017.
    «More Kraftwerk-inspired atmospherics and one great pop song, the title track.»
  16. ^ (EN) Ira Robbins, Heroes, in Entertainment Weekly, 1º novembre 1991. URL consultato il 12 luglio 2017.
  17. ^ (EN) Dele Fadele, DAVID BOWIE - Station To Station/Low/Heroes/Stage - 11 September 1998, in NME, 11 settembre 1998. URL consultato il 12 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 17 agosto 2000).
  18. ^ Claudio Fabretti, David Bowie - biografia, recensioni, streaming, discografia, foto, in OndaRock. URL consultato il 12 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 1º marzo 2016).
  19. ^ (EN) Ryan Dombal, David Bowie: "Heroes" Album Review, su Pitchfork, Pitchfork Media. URL consultato il 12 luglio 2017.
  20. ^ (EN) Nathan Brackett e Christian David Hoard, The New Rolling Stone Album Guide, Simon & Schuster, 2004, pp. 97–99, ISBN 978-0-7432-0169-8. URL consultato il 12 luglio 2017.
  21. ^ Ian Gittens, "Art Decade", MOJO 60 Years of Bowie, 2007, pp. 70–73.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
  Portale Rock: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di rock