Guillaume Beneman

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Guillaume Beneman, oppure Guillaume Benneman (17501811), è stato un ebanista francese, di origine tedesca.

Guillaume Beneman fu di uno degli ultimi importanti ebanisti parigini del XVIII secolo.[1] Di origine tedesca,[2] Guillaume Beneman fu attivo negli ultimi anni del regno di Luigi XVI di Francia, in età relativamente avanzata.[1]

Guillaume Beneman inizialmente lavorò come operaio nel Faubourg Saint-Antoine, dove completò il suo apprendistato.[3][4]

All'epoca, il suo collega Jean-Henri Riesener cominciò a vedere il suo successo svanire a causa dei prezzi alti dei suoi prodotti.[1] Di conseguenza, Beneman fu preferito a quest'ultimo e dal 1774 al 1791 venne nominato ebanista della Corona.[3][5][4][6][2][7]

La protezione della regina Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena gli consentì di ottenere il controllo grazie ad alcune esenzioni,[1] ed eseguì molti lavori per le residenze reali dal 1774 al 1791, per il re, la regina e il Delfino a Versailles.[1][6]

Durante la Rivoluzione francese, ottenne piccoli ordini.[1] La sua attività, anche se ridotta, riprese vigore sotto il Direttorio dove lavorò con Collignon.[1]

Fu lungamente considerato il principale autore, nel mobile, delle fogge classicheggianti dello Stile Luigi XVI.[3][4]

In realtà, gli studi effettuati intorno alla metà del XX secolo, hanno verificato, che una parte dei mobili a cui la sua fama era legata, come i grandi cassettoni Louis XVI di Fontainebleau e alcuni altri esemplari conservati al Museo del Louvre, sono molto ispirati ad originali di un altro grande ebanista germanico, lungamente misconosciuto: Joseph Stöckel.[3]

Inoltre il Beneman negli anni in cui lavorò per la Corona, fu talvolta alle dipendenze e realizzò i disegni dello scultore Hauré,[3] e collaborò e venne assistito da artigiani rinomati, tra cui i bronzisti Thomire, Ravrio, Forestier e Feuchère.[3][1]

Dalle opere di sua paternità, risaltò la sua impeccabile maestria tecnica, che lo fece diventare rapidamente uno dei più famosi ebanisti del suo tempo.[3][5]

La sua produzione spaziò da mobili modesti per appartamenti secondari a modelli di lusso per salotti di grandi dimensioni.[1]

Il mogano fu il legno preferito da Beneman.[1] Lo usò in pannelli di grandi dimensioni che limitano aste di bronzo molto finemente cesellate.[1] Ben proporzionati, i suoi mobili si dimostrarono sempre molto architettonici.[1] Una delle sue opere caratteristiche risultò la cassettiera, con il lato compartimentato in tre parti da rigidi telai di bronzo.[1] Beneman realizzò anche molte console, scrivanie piatte, scrivanie o tavoli tric trac.

Un armadio, infine, per alcuni suoi elementi stilistici inusuali e la raffinatezza del suo design ebbe una posizione di rilievo nella produzione di Beneman.[1] Questo mobile fu il gabinetto di Adelaide di Borbone-Francia a Versailles.[1] Composto da dieci cassetti in mogano ed ebano placcato, venne interamente decorato con piume di uccelli e di ali di farfalla esotiche, incorporati nei pannelli di cera garantiti sotto vetro.[1]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p (EN) Beneman Guillaume, su anticstore.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
  2. ^ a b (EN) Guillaume Beneman Bennemann, su oxfordreference.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
  3. ^ a b c d e f g Beneman, Guillaume, in le muse, II, Novara, De Agostini, 1964, p. 187.
  4. ^ a b c (EN) Guillaume Beneman [collegamento interrotto], su artsandculture.google.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
  5. ^ a b (FR) Guillaume Beneman, su charronerie.com. URL consultato il 2 giugno 2019 (archiviato dall'url originale il 3 luglio 2019).
  6. ^ a b (EN) A Louis XVI ormolu-mounted mahogany breakfront commode, su bonhams.com. URL consultato il 2 giugno 2019.
  7. ^ (FR) Guillaume Benemanou Guillaume Benneman, su larousse.fr. URL consultato il 2 giugno 2019.
  • E. Colle (a cura di), I mobili di Palazzo Pitti, Il primo periodo lorenese 1737-1799, Firenze, 1992.
  • S. Coradeschi, Mobili, sei secoli di stili, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1988.
  • (FR) P. M. Favelac, Reconnaître Les Meubles De Style, Parigi, Massin.
  • A. Gonzalez Palacios, Mobili d'arte. La storia del mobile dal '500 al '900, Milano, Fabbri, 1981.
  • (FR) Guillaume Janneau, Les ateliers parisiens d'ébénistes et de menuisiers aux XVIIe et XVIIIe siècles, 1975.
  • (FR) Pierre Kjellberg, Le Mobilier Français du XVIIIème Siècle, Les Editions de l'Amateur, 2002.
  • (FR) Denise Ledoux-Lebard, Les ébénistes Parisiens du XIXe siècle (1795-1870), Parigi, 1965.
  • (DE) Ferdinand Luthmer, Innenräume, Möbel und Kunstwerke im Louis-Seize- und Empire-Stil: nach Vorbildern aus dem Ende des achtzehnten und Anfange des neunzehnten Jahrhunderts, Francoforte sul Meno, Keller, 1897.
  • (EN) Alexandre Pradère, French Furniture Makers: The Art of the Ébéniste from Louis XIV to the Revolution, 1990.
  • Mario Praz, La filosofia dell'arredamento: i mutamenti del gusto nella decorazione interna attraverso i secoli, Parma, Guanda, 2012.
  • (FR) Comte François de Salverte, Les ébénistes du XVIIIe siècle, Les éditions d'Art et d'Histoire, 1934.
  • (FR) Pierre Verlet, Les Ébénistes du XVIII Siècle Français, 1963.
  • (EN) Pierre Verlet e Penelope Hunter-Stiebel, French Furniture of the Eighteenth Century, 1991.
  • (FR) G. Wills, D. Baroni, B. Chiarelli, M. Lamy, M. Zanuttini e M.C. Gamberini, Le meuble des grands ébénistes et des designers, Nathan, 1984.

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