Le Lettere Di Paolo

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Le lettere di Paolo

Le comunità ellenistiche

Alla morte di Gesù missionari e missionarie si erano recati nelle città dell’Asia
minore per diffondere il suo messaggio. Avevano fondato comunità spesso
partendo dalle sinagoghe, ma accogliendo tutti i timorati di Dio e gente alla
ricerca. I giudei della diaspora erano inseriti nella cultura greca e non erano
molto rigidi nel culto come quelli di Gerusalemme.
Antiochia di Siria, terza città dell’impero, aveva una comuntità cristiana mista
etnicamente, socialmente e nel genere.
Infatti, la nuova giustizia di Dio, offerta gratuitamente da Gesù attraverso
l’adesione alla fede, è la forma trovata dalle comunità elleniste per includere, non
solo i poveri e le donne, ma anche i timorati di Dio e altre persone che non
conoscevano la religione d’Israele.
Numerosi giudei abitavano in Antiochia. Ma le comunità cristiane non si
formarono solamente a partire dalle sinagoghe, accoglievano anche persone
venute da altre culture ed altre tradizione religiose. Ad esempio i missionari
venuti da Cipro e da Cirene, che si trova nel nord Africa (l’attuale Libia),
annunciavano la buona nuova del Signore Gesù anche ai greci (At 11,20). Questo
particolare è importante, perchè ci rivela che sono state le comunità cristiane
elleniste che hanno annunciato per prime il vangelo al mondo greco-romamo.

“Vedo che Dio non fa preferenza di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a
qualunque popolo appartenga, è a Lui accetto” (At 10,34-35)

A differenza della comunità di Gerusalemme, erano pertanto comunità


aperte al mondo, che iniziavano gruppi di convivenza tra diversi, uniti intorno
all’adesione a Gesù attraverso il battesimo. In questo modo queste comunità si
distanziavano dalle sinagoghe, costruendo una propria identità. Secondo At
11,26, fu in Antiochia che i seguaci di Gesù furono chiamati per la prima volta
cristiani, poichè avevano un proprio modo di vivere. Così non era più un
movimento di rinnovamento del giudaismo, come era stato il movimento di
Gesù e ancora lo erano le comunità di Gerusalemme. Qualcosa di nuovo stava
nascendo. Era una nuova religione: il cristianesimo. E’ possibile che, senza
questo passo, il movimento che Gesù aveva iniziato sarebbe rimasto solo una
corrente del giudaismo dell’epoca.
Questo momento è di somma importanza nel cammino delle chiese perchè
rappresenta il passaggio dalla cultura orientale dei giudei della Palestina alla
cultura ellenista multiculturale dell’Asia Minore e più tardi dell’Europa. Fu il
passaggio dall’osservanza della Legge di un’unica nazione all’accoglienza della
gratuità dell’amore di Dio, che non fa differenza tra i popoli (At 10,34-35).
Le chiese di Gerusalemme inviarono Barnaba come osservatore per
accompagnare da vicino la nuova esperienza. Egli era un levita di Cipro (At
4,36). Il fatto è che Barnaba aderirà alle idee delle chiese elleniste e diventerà uno
dei suoi profeti (At 13,1-3); più tardi troverà Paolo di Tarso che diffonderà il
progetto missionario nel mondo greco-romano (At 11,25-26).
A differenza del modello delle chiese di Gerusalemme, la cui
organizzazione era centrata sugli apostoli e sulla famiglia di Gesù, le comunità di
Antiochia esercitavano un tipo di autorità collegiale. Erano chiamati profeti e
dottori coloro che annunciavano il vangelo di Gesù di Nazaret e organizzavano
le comunità e le equipes missionarie. Decidevano le questioni in assemblea mossi
dallo Spirito Santo in un forte clima di preghiera (At 13,1-3).
In At 13,1 vi è un elenco di cinque profeti e dottori, la loro origine ci rivela
quanto queste comunità fossero aperte alla cultura greco-romana: Barnaba era un
giudeo della diaspora, dall’isola di Cipro. Simeone era nero. Lucio era africano di
Cirene. Oltre a questi faceva parte del coordinamento delle comunità di
Antiochia Manaem, il quale era amico d’infanzia del tetrarca Erode e Saulo, un
altro giudeo della diaspora.

Paolo, l’apostolo delle genti

Questo uomo è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai
popoli” (At9,15)

In questo ambiente si forma Paolo dopo la conversione e da qui parte per la sua
prima missione.

1° PERIODO: GIUDEO PRATICANTE (dalla nascita ai 28 anni)

• Nascita a Tarso

• Lingue parlate: greco e ebraico

• Professione: tessitore di tende

• Futuro promettente e carriera brillante

• Esperienza fondante: persecuzione dei cristiani


martirio di Stefano

• Momento di crisi: incontro con la testimonianza di Stefano


2° PERIODO: CONVERTITO ZELANTE(dai 28 ai 41 anni)

• Esperienza di Damasco:
Esperienza fondante

Caduta e cecità: Prima:ideale frantumato=LEGGE


rottura e continuità Dopo: Dio è più grande= GRAZIA

Lenta maturazione della fede: Stefano (At 7,255)


attraverso l’incontro con Anania (At 9,17)
persone concrete Barnaba (At 9,27)

Descrizione dei 13 anni del secondo periodo:

• Esperienze concrete
• Nuova esperienza spirituale: incontro mistico con Gesù (2 cor 12, 1-10)

Lavoro: esercita la professione del tessitore di tende
3° PERIODO: MISSIONARIO ITINERANTE (dai 41 ai 53 anni)

Secondo At. 13-14, la prima equipe mandata dalle giovani chiese di


Antiochia era composta da Barnaba, da Paolo e da Giovanni Marco (13,2), cugino
di Barnaba (13,5). Inizialmente il capo dell’equipe sembra essere Barnaba (13,2.7),
in seguito Paolo assume la lidership (13,9.13.16.46).
Questo primo viaggio dell’equipe di Paolo deve essere avvenuto tra gli anni 46 e
48. La prima destinazione è stata l’isola di Cipro, terra di Barnaba. Lì visitarono
le due città di Salamina e di Pafo dove annunciarono la Parola rispettivamente
nelle sinagoghe e nella casa del proconsole romano Sergio Paolo (At 13,4-12).
Seguì il viaggio nella regione della Panfilia, in Asia Minore, l’attuale Turchia.A
Perse Giovanni Marco abbandonò la missione e ritornò a Gerusalemme (13,13).
Paolo e Barnaba seguirono verso nord fino ad Antiochia di Pisidia, dove Paolo,
secondo il Libro degli Atti, proferì il suo primo grande discorso ai giudei nella
sinagoga (13,14-43). Lì i missionari si rivolsero anche ai gentili provocando le ire
dei giudei che istigarono alcuni nobili a cacciarli via dalla città.

“Dio aprì le porte della fede ai gentili” (At 14,27)

Anche ad Iconio si ripeterono fatti simili a quelli di Antiochia di Pisidia (14,1-5);


per non essere lapidati dalle autorità della sinagoga locale, fuggirono a Listra,
dove guarirono uno storpio. A seguito dell’entusiasmo della moltitudine,
impedirono che questa li idolatrasse e che offrissero loro sacrifici (14,5-18). Ma gli
stessi che avevano cercato di aggredire i missionari ad Antiochia e ad Iconio li
seguirono fino a Listra e cercarono di lapidare Paolo che sfuggì loro e partì con
Barnaba per Derbe, dove annunciarono il vangelo (14,19-21a).
Per quel che riguarda il nuovo tipo di relazioni proposto da Gesù e messo
in pratica da Paolo nelle comunità che ha organizzato, possiamo conoscere le sue
idee nella Lettera ai Galati (3,27-28). Lì Paolo scrive:
“ Poichè tutti voi, che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo.
Non vi è più giudeo nè greco, nè schiavo nè libero, nè uomo nè donna, poichè tutti voi
siete uno in Cristo Gesù”
Anche se la lettera è stata scritta intorno agli anni 50, certamente Paolo
aveva già realizzato questa pratica nelle chiese che aveva fondato 10 anni prima.
Nelle comunità fondate da Paolo si creavano nuove relazione di genere, di
etnia, sociali.
Una delle più grandi difficoltà per i giudei-cristiani è stata quella di
accettare di condividere la tavola con i greci; infatti era proibito ad un giudeo
entrare nella casa di uno straniero (At 10,28) o mangiare con lui (Mc 2,16).
Dunque perchè i greci convertiti potessero partecipare in piena parità alle
comunità con i giudeo-cristiani, era necessario che questi prima si convertissero
superando il dogma della purezza etnica e le leggi del puro e dell’impuro. La
sfida maggiore era, pertanto, che i cristiani di origine giudaica facessero un
processo di conversione. Naturalmente i giudei della diaspora erano più
avvantaggiati rispetto a quelli della Giudea, infatti erano già influenzati dalla
cultura greca.
Superando questa sfida le comunità elleniste vissero una pratica
innovativa; le barriere culturali, di classe e di genere furono abbattute. Durante i
pasti di queste comunità mangiavano insieme, senza discriminazioni, sia i greci
che i giudei, sia gli schiavi che i liberi, sia le donne che gli uomini, sia i poveri che
i ricchi.

Concilio di Gerusalemme 49
At 15,4-29; Gal2,1-10
Atti 15,36-18,11

Dopo il Concilio di Gerusalemme Paolo, Timoteo e Sila partirono per il 2°


viaggio.
Viaggiano via terra, attraversano la Siria, la Cilicia, la Frigia, la Galazia, la
Misia, dove fondano alcune comunità(Gal1,2), arrivano a Troade dove Paolo ha
una visione, Dio vuole che vadano in Macedonia (At 16,9ss), si recano a Filippi
dove li accoglie Lidia nella sua casa (At16,14ss).
Giungono poi a Tessalonica dove hanno contrasti con i giudei (At17,5-10). a
Berea iniziano una nuova comunità che sarà portata avanti da Sila e Timoteo ( At
17,10-15). Paolo si reca ad Atene dove fa un discorso all’Areopago che non viene
accolto (At17,22-34).
Deluso e triste si reca a Corinto(At18,1-11) dove incontra Priscilla ed Aquila, con
loro lavora nel fabbricare tende. Vi rimane un anno e mezzo dedicandisi alla
comunità con Sila ,Timoteo, Stefania e Apollo.
In questo periodo scrive la lettera ai Tessalonicesi.
Deve lasciare Corinto per un conflitto(At 18, 12-16), si reca ad Efeso e poi a
Gerusalemme e Antiochia (At18,18-23).
Paolo passa per le regioni della Galazia e della Frigia e giunge ad Efeso dove
rimane per circa due anni. Qui scrive le lettere ai Galati e la 1Corinti.
Si reca in Macedonia(At20,1) dove scrive la 2Corinti e a Corinto dove scrive
quella ai Romani; poi si dirige verso Gerusalemme dove spera di arrivare per
Pentecoste(At20,16).

4° PERIODO: IL PRIGIONIERO E L’ORGANIZZATORE


(da 53 anni fino alla morte a 62 anni)
Arrivo a Gerusalemme e prigionia a Cesarea 57-59
Atti 21-26
A Gerusalemme i sadducei ed altri giudei lo vedono come un traditore perchè è
contrario alla circoncisione ed accoglie greci e pagani e vogliono ucciderlo;
avviene un tumulto dove i soldati romani lo prendono, lui dichiara di essere
cittadino romano e quindi viene inviato a Cesarea dal governatore.
Rimane in prigione per due anni a Cesarea, dove si appella al tribunale
dell’imperatore, viene quindi inviato a Roma.

Paolo a Roma 59-62

Atti 27-28
A Roma continua a diffondere la buona novella pur essendo agli arresti
domiciliari, poi il processo lo giudicherà innocente.
Il racconto degli Atti si conclude con la predicazione a Roma.
Scrive le lettere dalla prigione ai Filippesi, a Filemone.
Forse si reca in Spagna ed in Oriente.
Muore a Roma tra il 67/68.

Paolo degli Atti e Paolo delle lettere


Il libro degliAtti è stato scritto negli anni 80 dalle chiese di tradizione paolina.
Queste sentono la necessità di difendere la figura di Paolo attaccata dai
tradizionalisti giudaici. Circa 20 anni dopo la sua morte vi erano molti avversari
di Paolo che non accettavano il suo modo di vivere la libertà del Vangelo rispetto
all’osservanza della Legge.
Gli Atti è un libro che difende il grande apostolo e lavoratore. Ne fa un’apologia,
anche se dice che è stato Pietro il primo ad andare incontro ai pagani (At10).
Gli Atti presentano un Paolo meno radicale, modificandone la teologia e il
messaggio per renderlo più accettabile. Non fanno mai riferimento alle lettere
come se non le conoscessero.
Gli Atti non chiamano Paolo apostolo, mentre lui si.
Presentano Paolo che per prima cosa si rivolge alla sinagoga, mentre nelle lettere
non sempre.
Dicono che chi si converte era già proselito, mentre Paolo afferma che c’era chi
arrivava al cristianesimo direttamente dal paganesimo.
Non parla del conflitto con i giudeizzanti, Paolo sempre.
Né con i romani.
La vita è raccontata eroicamente, anche con miracoli, Paolo non ne fa riferimento,
valorizza la sua debolezza, mistico non controllabile dalle strutture.

Atti Lettere Paolo


anni 80 anni 50
Titoli di apostolo solo ai dodici Chiama se stesso apostolo come gli
altri
Paolo per prima cosa si rivolge alla non sempre inizia l’annuncio dalla
sinagoga sinagoga
evangelizzatore dei pagani anche se distingue: la sua missione va verso
per primo lo era stato Pietro gli incirconcisi, quella di Pietro ai
giudei
i convertiti erano stati prima proseliti si convertivano anche direttamente
o timorati di Dio dal paganesimo
attenua molto i conflitti con Pietro e i lotta sempre con i giudaizzanti, i
giudei di Gerusalemme “superapostoli”
attenua i suoi conflitti con l’impero accetta l’autorità romana per
prudenza, per sopravvivere
è visto come un eroe che compie afferma che il suo potere sta nella
miracoli debolezza, al sua forza nell’azione
dello Spirito
Dagli Atti alle lettere
Chiavi di lettura per le lettere di Paolo

1. La corrispondenza paolina è parte integrante del suo metodo di


evanvelizzazione. Paolo annuncia la Buona Novella di Gesù e nel fare questo
fonda piccole comunità con le quali mantiene contetto epistolare.
2. Le lettere nascono dalle necessità delle comunità. Sono riflessioni che hanno la
finalità di ricordare il nucleo fondante della Buona Notizia e allo stesso tempo
dare degli orientamenti, offrire riflessioni legate alla vita delle comunità a cui la
lettera è indirizzata. Dunque è importante conoscere le motivazioni che hanno
portato Paolo a scrivere quelle parole, per quella comunità.
3. Quando Paolo scrive non è solo seduto dietro una confortevole scrivania, è in
viaggio talvolta in una locanda con i suoi compagni e compagne di viaggio. Per
questo il suo pensiero molte volte è come un torrente che trasborda, non come un
lento e calmo fluire delle acque.
4. Questo ci fa percepire che non è un teologo da studio, nè uno studioso da
biblioteca, ma un pastore attento preoccupato delle genuina adesione alla
persona di Gesù Cristo da parte della comunità. Notiamo inoltre che il suo tono
non è moralizzante, nè generoso nel distribuire consigli e esortazioni, ma è fedele
servitore della buona nuova evangelica, che trasmette, spiega, applica.
5. Non scrive ad una persona, ma ad una comunità, dunque dobbiamo prestare
attenzione alle situazione che la comunità vive e che Paolo affronta alla luce della
parola del Signore.
6. Paolo conosce molto bene il Primo Testamento poichè si è formato ai piedi di
Gamaliele, il grande rabbino (At 22,3). Le lettere quindi sono arricchite di queste
conoscenze che egli reinterpreta alla luce di Gesù Cristo. Paolo non ha conosciuto
Gesù personalmente, ma lo ha conosciuto attraverso una esperienza spirituale
molto profonda.
7. Fondamentalmente le lettere sono un invito ad essere docili all’azione dello
Spirito (Rm8,9-14) e a collocarsi al servizio della comunità (1Cor 4,1), prendono
posizione nei riguardi della società sia del tempo in cui scriveva Paolo che ai
nostri giorni.

a chi data da dove


1 Tessalonicesi 50-52 Grecia
Galati 54-55 Efeso
Filippesi 55-56 Efeso
1Corinti 55-56 Efeso
2 Corinti 56-57 Macedonia
Filemone 52-57 Efeso
Romani 57-58 Corinto
Tessalonica (At17,1-9)
lettera ai Tessalonicesi 50-52 dalla Grecia 3° viaggio
città sul mare, porto importante, sulla via Egnazia che legava oriente e occidente,
fondata nel 315 a.C. prende il nome dalla sorella di Alessandro Tessalia, i romani
la conquistarono nel 146 e divenne la capitale della macedonia, dopo la battaglia
di Filippi 42 divenne città libera con propria assemblea. Religiosamente
sincretista, era vivo il culto di divinità greche, egiziane, asiatiche, era attiva una
numerosa comunità ebraica con sinagoga.
rapporto con la comunità nasce tra il 49 e il 52 durante il 2° viaggio. Paolo prima
prega nella sinagoga poi è cacciato e viene ospitato a casa di Giasone, gli ebrei li
accusano in tribunale e Giasone è imprigionato, Paolo fugge. Lettera molto
affettuosa
motivazione esortare i fratelli per creare relazioni nuove, rischi di ritorno al
paganesimo, alcuni non volevano lavorare
tema vita della comunità 4,1-8, 5, lavoro 4,9-12;2,9

Corinto (At18,1-11)
1 lettera ai Corinti 55-56 da Efeso
città l’antica città era stata distrutta dai romani nel 146, poi ricostruita era
capitale dell’Acaia, con due porti era punto di collegamento e di traffici tra
oriente e occ. Importante centro commerciale era abitato da popolazioni diverse,
era centro culturale e religioso con santuari dei culti orientali ed egizi e con una
sinagoga. 500000 ab. due terzi schiavi, grande ricchezza di una minoranza.
rapporto con la comunità Paolo vi giunge deluso da Atene, viene ospitato e
lavora con Priscilla e Aquila, inizia l’annuncio nella sinagoga aprendo ai greci.
Rimase 18 mesi tra il 50 e il 52 consolidando la comunità composta da gente
povera, ma piena di entusiasmo e di conflitti. Quando gli ebrei si opposero si
riunirono a casa di Giusto, pagano convertito. Forti i contrasti tra ebrei e greci
per incompatibilità culturali: classi sociali, lavoro
motivazione per creare di nuovo unità date le situazioni conflittuali interne ed
esterne
tema divisioni nella comunità, rapporti forti-deboli, comportamenti sociali:
matrimonio, la donna, carne degli idoli. Cena , amore, resurrezione.

2 lettera ai Corinti 56-57 dalla Macedonia


rapporto con la comunità lo vuole ricostruire dopo essere stato offeso e accusato
ingiustamente
motivazione confutare le calunnie, risolvere problemi interni, colletta per
Gerusalemme
tema comunità 1,8 –7,16; colletta 8,1 –9,14; difesa 10,1-13,10

Galazia (At16,6; 18,23)


lettera ai Galati 55 –56 da Efeso
I Galati(celti) vivevano in varie parti d’Europa, erano arrivati in Galazia come
mercenari con le loro famiglie,parlavano una propria lingua e non erano molto
integrati nel mondo greco-romano.
rapporto con la comunità Paolo li visita durante il 2° e il 3° viaggio, si sente
molto legato a loro che lo hanno sempre ben accolto.
motivazione missionari giudeizzanti cercano di far loro accettare la circoncisione
e di adottare la legge, questo fa arrabbiare Paolo.
tema la libertà in Cristo

Filippi (At16,14ss)
lettera ai Filippesi 55-56 da Efeso
città importante città della Macedonia, fondata da FilippoII, lungo la via Egnazia
era una colonia romana con certi privilegi politici ed economici. Era presente una
elite molto ricca e una gran quantità di poveri e di schiavi, ra notevole il
sincretismo religioso.
rapporto con la comunità Paolo vi giunge dopo la visione di un macedone che lo
chiamava, rappresenta la sua apertura all’Europa. Prega e viene ospitato nella
casa di Lidia che abita con alcune donne che fanno lo stesso lavoro con la
porpora. Paolo è molto affezionato a questa comunità, scrive la lettera più
affettuosa
motivazione tenerezza ed affetto che prova Paolo, è duro quando parla dei
missionari giudeizzanti che pongono problemi.
tema accoglienza, Inno

lettera a Filemone 52-57 da Efeso


rapporto con la comunità Filemone era rappresentante della comunità di Colossi
che si riuniva nella sua casa (Col 4,7-9), era benestante, possedeva schiavi. Paolo
lo stima ed ha fiducia in lui.
motivazione Paolo conosce Onesimo, schiavo fuggitivo ad Efeso durante la
prigionia, lo converte e lo rimanda da Filemone NO
Filemone probabilmente aveva mandato il suo schiavo da Paolo per avere sue
notizie e per aiutarlo; Paolo lo rimanda convertito e gli chiede di liberarlo per
realizzare una vera comunità di pari, di fratelli come vuole Gesù.
tema riflessione sulla schiavitù e sulla sua inaccettabilità nella comunità cristiana
dove tutti siamo frateli figli di un unico padre. L’amore che genera uguaglianza e
condivisione si trova alla base di questa lettera.

Roma
lettera ai Romani 57-58 da Corinto
città
rapporto con la comunità Paolo vuole andare a Roma per recarsi poi in
Spagna(15,23-24)
motivazione
tema amplia quello della lettera ai Galati: la salvezza viene dalla fede non dalle
opere della Legge

Lavori di gruppo
Galati 3,6-18 fede e legge
Cosa vuol dire essere eredi della fede di Abramo?, qual è stato il compito della
legge?
per noi oggi cosa può significare la fede di Abramo?
5,1-26 libertà
Cosa intende Paolo per libertà? in cosa consiste la libertà cristiana?
Quale relazione c’è tra il valore della libertà cristiana predicato da Paolo e quello
offerto dalla gerarchia ecclesiastica di oggi?

1 Cor
1,10-31 rapporti interni alla comunità
Quali erano i motivi delle divisioni nella comunità di Corinto? e nelle nostre?
Che suggerimenti dà Paolo per superare le divergenze?
• 2,1-16; 3,1-23 le due sapienze: di Dio e degli esseri umani
Cosa è sapienza e cosa è stoltezza secondo Paolo?
Qual è il compito dei predicatori?
qualcuno si sente messo da parte nella nostra comunità per mancanza di cultura
o di soldi?

5,1-13 rapporti comunità-società


Cosa dà scandalo e controtestimonianza nella comunità di Corinto?
Cosa consiglia Paolo?
Quali controtestimonianze dà oggi la nostra chiesa e le nostre comunità?

8,1-13 rapporti altre culture


Qual era il problema della comunità di Corinto?
Chi sono i “deboli” di cui parla Paolo? e nella nostra società?
Quali sono gli idoli della nostrà società?
Cosa vuol dire “la scienza gonfia, la carità edifica”

11,17-34 Cena del Signore


E’ possibile celebrare l’eucarestia se tra noi siamo divisi?
La notte della cena del Signore è la notte del tradimento.
Assistiamo o partecipiamo? cosa vuol dire partecipiamo e celebriamo?
Che luce incontriamo per vivere meglio la nostra celebrazione eucaristica?

12,1-30 I carismi e i doni di ciascuno


cosa vuole insegnarci Paolo usando l’esempio del corpo umano? vi sono parti
che prevalgono? quali conseguenze per la comunità?
che uso facciamo dei doni che abbiamo ricevuto?
13,1-13 Sopra tutto l’amore

15,1-34La resurrezione
che importanza ha per Paolo la fede nella resurrezone?
per noi cosa è la Resurrezione? cosa pensi quando dici: credo nella resurrezione
della carne?
hai vissuto qualche esperienza di resurrezione?

2Cor 8,1-15
9, 6-15 colletta per Gerusalemme
Quali saranno i benefici della colletta? come è inteso il rapporto tra chi dona e chi
riceve? oggi come ci relazioniamo con chi ha bisogno?
Fil. 2,1-11
3,4-16 confronto Gesù –Paolo
leggere 2,1-11 e annotare cosa dice Paolo di Gesù.
leggere 3,4-16 e annotare cosa dice Paolo di se stesso. Confrontare le annotazioni
e cogliere i punti di contatto.
Cosa possiamo apprendere da tutto ciò

Tess. 4,1-5,11 vita della comunità, lavoro


quante volte Signore, quante volte fratelli. Chi è Signore oggi, chi sono i fratelli?
- Quale rapporto secondo Paolo deve esserci fra i membri della comunità, e
quale deve essere l’atteggiamento verso il resto della società?
- Come viene considerato il lavoro manuale?
- Chi sono quelli che faticano nella comunità?
- Perché Paolo raccomanda particolare rispetto e carità nei loro confronti?

Nelle nostre comunità,


- quali sono i rapporti dei membri fra di loro e con la gerarchia?

Filemone - schiavitù
Cosa chiede Paolo a Filemone? cosa cambierà nei rapporti all’interno della
comunità di Colossi?
che insegnamento possiamo trarre per la nostra economia globalizzata dalla
proposta di nuove relazioni nell’ambito del lavoro fatta da Paolo a Filemone?

Rom 2,12-24 contraddizioni sulla pratica della legge


3,9-29 giustizia di Dio e valore della fede
- A chi si riferisce Paolo in questi brani e di quali problemi sta parlando?
- Qual’è la funzione della legge e quale la funzione della fede?

Nella nostra comunità,


- Qual è il peso dei precetti e quale l’ascolto della parola?
Il luogo della donna nella vita delle comunita’ fondate
da Paolo

1.Parole di Paolo contrarie alla partecipazione delle donne


La presenza e la partecipazione delle donne sono fondamentali nella vita delle
comunità,della chiesa e della società. C’è un risveglio progressivo. Alcune parole di
Paolo, però, sembrano insegnare il contrario. Sono soprattutto 4 i testi che oggi ci
causano serie difficoltà. Ecco un riassunto del contenuto di questi 4 testi.

1. 1Cor 11,2-16: La donna è stata creata per l’uomo che è il capo della donna. Per
questo, lei deve pregare o profetizzare con il capo coperto. Il velo è segnale della sua
dipendenza. Se non vuole usare il velo,deve tagliare i capelli!

2. 1 Cor 14,34-35: La donna deve stare zitta nelle riunioni della comunità. Non gli è
permesso prendere la parola. Deve stare sottomessa. Se desidera sapere qualcosa deve
chiederla al marito in casa.

3. Efesini 5,21-24: La donna deve stare soggetta al marito come al Signore. L’uomo è il
capo della donna,come Cristo è il capo della Chiesa.

4. 1 Tim 2,9-15: Durante l’istruzione la donna deve stare sottomessa e silenziosa. Non
può insegnare né comandare l’uomo,perché l’uomo è stato creato per primo. La donna ha
sedotto l’uomo. Lei si salverà con la maternità.

Queste frasi sono dure,contrarie al nostro sentimento di umanità. Non combinano con la
percezione che abbiamo del Vangelo. Ma sono frasi della Bibbia! Non abbiamo il diritto
di toglierle. Abbiamo, però, il dovere di cercare di comprenderle. Può essere che le
abbiamo interpretate in modo errato e che, così,abbiamo contribuito alla dominazione
ingiusta dell’uomo sopra la donna.
Per questo,dobbiamo vedere che cosa Paolo ha voluto dire di fatto.

Ricollochiamo le parole di Paolo nel contesto più ampio della sua vita e del suo lavoro
nelle comunità. Questo aiuta a intendere quello che lui voleva di fatto dire. Quando tu
conosci da vicino il comportamento di una persona,ci sono le condizioni per intendere
meglio le cose che dice e scrive.
Vediamo da vicino il luogo che le donne occupavano nella vita di Paolo e nelle comunità
da lui fondate. Non si tratta di difendere né di assolvere Paolo,ma di conoscere la verità.

2. LE DONNE NEL CONTESTO DELLA VITA E DEL LAVORO DI PAOLO

1.Ricordi per le amiche


Nelle raccomandazioni finali della carta ai Romani, traspare qualcosa del luogo che le
donne occupavano nella vita tanto di Paolo quanto delle comunità da lui fondate.
Vediamo:
1.” Ti raccomando ,Febe,nostra sorella, diaconessa della comunità di Cencreia. Lei ha
aiutato molta gente e anche me”. (Rom. 16,1.2). Probabilmente uno dei servizi che Febe
ha prestato fu quello di essere la portatrice della lettera di Paolo,per la comunità di Roma.

2.”Saluti a Prisca e Aquila, miei collaboratori in Gesù Cristo, che hanno rischiato la
propria testa per salvare la mia vita” (Rom 16,3). Paolo ringrazia i due in nome proprio e
in nome di tutte le comunità del mondo pagano (Rom 16,4). Era nella casa di questa
coppia che la comunità si riuniva. (Rom 16,5)

3.”Saluti a Maria che ha lavorato molto per voi”(Rom 16,6).

4.”Saluti per Andronico e Junia, miei parenti e compagni di prigione,apostoli importanti”


(Rom 16,7). Alcuni manoscritti antichi trasformarono Junia in Junio, forse perché
ritenevano strano una donna ricevere da Paolo il titolo di apostolo.

5.”Saluti a Trifena e Trifosa e per la cara Persida”:delle tre dice che si affaticarono
molto nel Signore (Rom 15,12)

6.Saluti a Rufo e sua madre che è anche la mia”(Rom 16,13).

7.Saluti a Filologo e Giulia, a Nereo e sua sorella e a Olimpas (Rom 16,15).La


comunità sembra riunirsi nella loro casa. Poi Paolo aggiunge “e per tutti i santi che
stanno con loro” (Rom 16,15).

In queste raccomandazioni, Paolo parla con tutta naturalità di donne che sono diaconesse,
collaboratrici in Gesù o apostole.
Titoli e funzioni importanti nella organizzazione delle comunità! Queste donne sono
rappresentate come persone che si affaticano per gli altri nelle comunità.
Le comunità e lo stesso Paolo devono molto ad alcune di loro perché lo hanno aiutato e
hanno rischiato la propria vita per lui.
Lui le tratta con affetto e le chiama sorella, madre e compagna di prigione.
In due casi, la comunità si riunisce nella casa di alcune di loro.

2. IL LUOGO DELLE DONNE NELLE COMUNITA’ FONDATE DA PAOLO

Nella cultura di quel tempo, la donna non poteva partecipare alla vita pubblica. Là non vi
era spazio per lei. La funzione della donna era nel recinto interiore della casa, nella vita
della famiglia.
E là di fatto lei coordinava, era la padrona di casa. Così, nella chiesa, lei avrebbe potuto
partecipare se la chiesa avesse funzionato all’interno delle case.

Ora, le comunità fondate da Paolo si riunivano nelle case del popolo. Per questo sono
chiamate Chiese Domestiche. In quasi tutte le chiese domestiche menzionate nelle lettere
di Paolo, appare il nome di una donna nella cui casa la comunità si riunisce:
nella casa della coppia migrante Prisca e Aquila tanto a Roma (Rom 16,5), come in
Corinto (1 Cor 16,19); nella casa di Filemone e Appia (Fil 2); nella casa di Lidia in
Filippi (At 16,15); nella casa di Ninfa in Laodicea che arrivò a ricevere una lettera di
Paolo, lettera che non fu conservata (Col 4,15); nella casa di Filologo e Julia, Nereo e
sua sorella e di Olimpia (Rom 16,15).

Così attraverso la creazione di chiese domestiche, Paolo ha aperto lo spazio per le donne
che hanno potuto svolgere la funzione di coordinatrici nelle comunità.

Per valutare la portata e la novità di questa iniziativa di Paolo conviene ricordare questo.
In quel tempo i giudei non permettevano che si creassero comunità o sinagoghe solo di
donne. Esigevano che, minimo, ci fossero dieci uomini perché si potesse formare una
comunità.
Per questo motivo non c’era sinagoga in Filippi perché là c’era solo un gruppo di donne.
Esse si riunivano fuori dalla città per pregare (At 16,13). Paolo ebbe il coraggio di
trasgredire il costume del suo proprio popolo e permise che il gruppo delle donne di
Filippi formasse una comunità.(At 16,13-15)

3.Il lato materno e femminile del linguaggio di Paolo

Per descrivere il suo lavoro nelle comunità, Paolo usa immagini materne e femminili.
Scrive ai Tessalonicesi :”Vi trattiamo con affetto come la mamma che scalda i figli che
allatta” (1 Tes 2,7). E ai Galati : “Figli miei soffro nuovamente con dolori di parto fino a
che Cristo sia formato in voi” (Gal 4,19).

E ai Corinti: “Vi ho dato latte per poter bere e non alimento solido perché voi non lo
potevate sopportare. (1 Cor 3,2). “Sarà che dedicandogli più amore, sarò per questo meno
amato? (2 Cor 12,15) E ai Filippesi :”Dio mi è testimone che vi amo tutti con l’amore di
Gesù Cristo”(Fil 1,8). E per descrivere il processo doloroso della rinnovazione in atto, nel
quale tutti erano coinvolti,scrive ai Romani : “ Sappiamo che tutta la creazione geme e
soffre i dolori del parto fino ad ora. E non solamente lei, ma anche noi che possediamo i
primi frutti dello Spirito, gemiamo nell’intimo, sperando l’adozione, la liberazione per il
nostro corpo.”(Rom 8, 22-23).
Il movimento delle comunità sofferente e speranzoso è paragonato ad una donna incinta
che porta con cura il futuro figlio che nascerà con dolori di parto.

Nella carta ai Galati, Paolo enumera, da un lato, quello che lui chiama “le opere della
carne” ( Gal 5,19-21) e dall’altro “il frutto dello Spirito” (Gal. 5, 22-23). Carne significa
l’essere umano in quanto chiuso su se stesso, senza apertura a Dio, abbandonato alle
influenze della ideologia dominante. Spirito significa l’essere umano in quanto aperto a
Dio e per una nuova visione del mondo che è stata rivelata in Gesù. Nella nostra lingua la
parola carne è femminile; nella lingua ebraica è maschile. Nella nostra lingua la parola
Spirito è maschile, in quella ebraica è femminile. Adesso anche tu fai la ricerca e vedi
nella lettera ai Galati: Quante delle “opere della carne” elencate da Paolo in Gal 5, 19-
21, sono difetti tipicamente maschili? E quanti dei “frutti dello Spirito”, citati in Galati
5,22-23, sono virtù tipicamente femminili? Il risultato di questo confronto è significativo.

4.La tenerezza e l’attenzione affettuosa


Un libro apocrifo dei primi secoli dice che, nell’ora del martirio,quando tagliarono la
testa di Paolo, invece del sangue è uscito latte. Era il modo delle comunità di ricordare
l’attitudine materna e piena di tenerezza di Paolo con loro.
Una piccola prova di questo relazionamento affettuoso e amico che c’era tra le comunità
e le comunità traspare nel congedo dei coordinatori delle comunità di Efeso. Dopo il
discorso, così dice Luca : “ Paolo si inginocchiò e pregò con tutti loro. Intanto tutti
cominciarono a piangere molto; e lanciandosi al collo di Paolo lo baciavano. Erano molto
tristi principalmente perché aveva detto che non avrebbero più visto il suo volto. E lo
accompagnarono fino alla nave.” (At 20,36,38)
Questa stessa sensibilità e tenerezza appaiono nelle lettere, soprattutto nella lettera ai
Filippensi, dove Paolo fa traboccare l’amicizia che sente per quella comunità,
inizialmente, solo di donne.
In una epoca in cui la donna non aveva voce davanti all’uomo, causa ammirazione il fatto
che Paolo, parlando di una coppia di amici, collochi il nome della sposa prima di quello
del marito: Prisca e Aquila (Rom 16,3; 2 Tim 4,19 ). Nella lettera ai Corinti ,tuttavia, dice
“Aquila e Prisca (1 Cor 16,19).

Paolo seppe essere duro e inflessibile nella difesa dei valori della vita e del Vangelo, ma
la durezza della lotta non spense in lui la capacità di essere un amico affettuoso e
accogliente, delicato e attento. Non perse la tenerezza!

5. Paolo e il matrimonio

Nel momento di scrivere la lettera ai Corinti, Paolo non era sposato (1 Cor 7,8). Alcuni
pensano che fosse vedovo. Altri dicono che la sposa si era separata da lui (cf 1 Cor 7, 15-
16). Non lo sappiamo. Paolo non era contro il matrimonio. Al contrario! C’era in quel
tempo, una teoria che proibiva il matrimonio. Paolo reagì con forza e la condannò come
“dottrina demoniaca” (1 Tim 4,1), come “ipocrisia di bugiardi” (1 Tim 4,2) e come “
storie empie” di gente scadente. (1 Tim 4,7).
Anche non sposato, difendeva il diritto che lui stesso aveva di avere una compagna (1
Cor 9,5).
Il fatto di non essersi sposato aveva a che fare con il suo modo di valutare e vivere la sua
propria vocazione e con la sua esperienza personale di Cristo (1 Cor 7,32). Aveva a che
fare anche con la sua convinzione che in Cristo la fine dei tempi già era arrivata ( 1 Cor
7,29-31). Era urgente mobilitare tutto e tutti per la missione! Proprio per questo egli ebbe
il coraggio di raccomandare alle donne nubili di non sposarsi, ma di continuare in quello
stato che sono (1 Cor, 7,27-28. 33-34)
Questa raccomandazione era contraria ai costumi dell’epoca. Sposata, la donna sarebbe
stata legata al marito, dipendendo da lui in tutto (cf 1 Cor 11,10), e non avrebbe avuto
condizioni concrete per dedicarsi alla missione.
Non sposata ella sarebbe stata libera “per occuparsi delle cose del Signore e del modo di
ringraziare il Signore” ( 1 Cor 7,32).

5. Riassumendo
Questo è il contesto più ampio della vita e del lavoro di Paolo. Finiamo per vedere i due
lati della bilancia. Se avessimo solo quei quattro testi duri diremmo: “ Paolo è totalmente
contrario alla partecipazione delle donne nelle comunità !” E se avessimo solo questi altri
testi, avremmo un’idea esattamente contraria. Conviene arrivare ad un equilibrio. In che
modo? Come valutare i due lati? Quale dei due deve pesare di più sulla bilancia?
Qui conviene ricordare una cosa molto importante. Quelle dure parole,contrarie alla
partecipazione della donna, Paolo non le formulò come dottrina universale per essere
applicata tale e quale in ogni tempo. Al contrario. Furono formulate come consigli
occasionali per risolvere il problema ben concreto di una determinata comunità.
A titolo di esempio, andiamo a vedere da vicino il problema che provocò uno di quei 4
testi, il più difficile:

3. Il caso concreto della comunità di Timoteo (Tim 2,9-15)

1 Il problema che sorse con l’arrivo di alcuni falsi dottori

Nella comunità di Efeso,dove Timoteo era coordinatore, si infiltrò un gruppo di falsi


dottori (1 Tim 1,3.6). Essi inventavano dottrine favolose (1 Tim 1,4) e dichiaravano
cattive le cose buone create da Dio.(1 Tim 4, 3-5).Facevano questione di osservare le
apparenze di pietà (2 Tim 3,5) ma nella realtà facevano della pietà una fonte di lucro ( 1
Tim 6,5.9-10)
Legato al gruppo di questi falsi dottori appare il gruppo di alcune donne. Per realizzare
il loro obiettivo quei dottori riuscirono ad influenzare e accattivare alcune signore,
desiderose di apprendere nuove cose ( 2 Tim 3,6-7) soprattutto alcune vedove ancora
giovani (1 Tim 5,11.6-7). Probabilmente erano donne convertite da poco , poiché
partecipavano ancora delle “istruzioni” (1 Tim 2,11; cf 3,6). Erano donne di un certo
rango,poiché usavano “oggetti di oro,perle e vestiti sontuosi” (1 Tim 2,9). Per questo
erano desiderate dai falsi dottori,poiché, essendo ricche, esse potevano accoglierli e
mantenerli (2 Tim 3,6). Come già abbiamo visto, di accordo con il costume dell’epoca, i
professori ambulanti, erano accolti nelle case delle famiglie più ricche.
Quelle signore avevano una sete molto grande di sapere: studiavano sempre (2 Tim 3.7)
si circondavano di professori per ciò che conveniva loro (2 Tim 4,3), senza mai
raggiungere la conoscenza della verità (2 Tim 3,7). Molto probabilmente, esse
procuravano la conoscenza in vista di una dirigenza maggiore dentro alla comunità.
Volevano “insegnare e dominare” (1 Tim 2,12). Influenzate dai falsi dottori (1 Tim 5,15),
rigettavano il matrimonio (1 Tim 4,3 e 5,14), accettavano qualsiasi dottrina strana ( 1 Tim
4, 1-2), andavano di casa in casa (1 Tim 5,13) e non curavano la propria famiglia (1 Tim
5,8), provocando liti,discussioni,rabbia e pettegolezzi (1 Tim 5.13).Distruggevano la pace
nella comunità. (1 Tim 6,4-5)
La maniera in cui la lettera presenta e descrive il modo di agire di queste signore è
negativa. E’ difficile sapere, esattamente, che cosa c’era dietro a questo desiderio delle
donne di promuoversi nella comunità. Probabilmente c’era un desiderio di liberarsi della
propria condizione di prigioniera dell’uomo.
Espressioni simili di liberazione avvenivano anche nei culti pagani.
2.La reazione di Paolo davanti al problema

Il difficile testo di 1 Tim 2,9-15 contiene le parole con le quali Paolo cercò di aiutare il
suo amico Timoteo ad affrontare questo problema concreto della comunità.
Letto con questo sfondo,il testo si chiarisce e si illumina:

1.Paolo non parla sopra la donna in generale,ma sta pensando in quel gruppo di signore
più o meno ricche della comunità di Efeso.

2.Paolo non è contro la partecipazione e la lideranza delle donne nella comunità ma


questiona le pretese di quel gruppo di signore che,per essere ricche,erano manipolate dai
falsi dottori. Per questo chiede che siano più modeste, per non provocare ancora di più i
dottori (1 Tim 2,9-10).

3. Paolo non è contrario al fatto che la donna possa studiare,ma chiede la calma e la
umiltà in quanto ancora sono nella “istruzione”, cioè all’inizio della vita della comunità
(1 Tim 2,11)

4. Paolo non vuole insegnare che l’uomo è superiore alla donna, ma vuole che durante la
fase della “istruzione” iniziale, i responsabili dell’insegnamento nella comunità abbiano
la precedenza sugli gli alunni, soprattutto in quell’epoca di tante dottrine varie e strane (1
Tim 2,11-12)

5.Paolo non vuole insegnare che la donna deve essere madre per potersi salvare,ma pensa
che, nel caso di quelle giovani vedove, che disprezzavano il matrimonio, c’era un unico
modo, per loro, per potersi recuperare: sposarsi di nuovo ed essere madri
(1 Tim 2,15; 5,14-15)

3.Concludendo

Così,quando ricollocato nel suo contesto, questo testo, apparentemente tanto contrario
alla partecipazione della donna, rappresenta perfino un avanzamento.
Infatti, in esso, Paolo suppone come sia la cosa più normale che la donna riceva
istruzione e che possa arrivare ad una posizione di lideranza nella comunità, cosa che non
era tanto comune in quell’epoca.

Quello che abbiamo fatto con il testo della prima lettera a Timoteo,può essere fatto con
gli altri testi difficili di Paolo,citati all’inizio di questo capitolo (1 Cor 11,2-16;
14,34-35; Ef 5, 21-24).
Per esempio in 1 Cor 11, 2-16, dove Paolo insiste nell’uso del velo, non proibisce alla
donna di profetizzare .Al contrario la mette come la cosa più normale.
Neanche lo discute. E’ pacifico. Ciò che lui proibisce è che ella profetizzi senza velo, coi
capelli sciolti, come facevano le donne nel culto pagano di Isis,divinità egizia.

4. Il caso concreto della comunità di Corinto (1Cor 11,2-16)


Una questione seria dentro alla comunità di Corinto e che perdura fino ad oggi è sopra il
compito delle donne dentro la vita della comunità. Paolo ha coscienza che il battesimo
dovrebbe abbattere le differenze di sesso e di genere nelle comunità cristiane.
Scrive ai Corinti: “Davanti al Signore, la donna è inseparabile dall’uomo e l’uomo dalla
donna. Poiché se la donna è stata tratta dall’uomo,l’uomo nasce dalla donna, e tutto
(tanto l’uomo come la donna) viene da Dio. (1 Cor 11, 11-12).
Ripete più chiaramente la stessa cosa nella lettera ai Galati : “ Non c’è più differenza tra
giudeo e greco, tra schiavo e uomo libero libero, tra uomo e donna, poiché tutti voi siete
uno solo in Cristo Gesù. (Gal 3,28).
Intanto, il maschilismo è un preconcetto così radicato nella cultura dualista greca che i
Corinti non riescono a trattare le donne alla pari.
Per risolvere il problema, Paolo, comincia il suo ragionamento lasciando trasparire,
indirettamente, che lui stesso, Paolo, ha difficoltà nell’accettare l’uguaglianza tra donna e
uomo. Lui non riesce ad accettare il fatto che alcune donne di Corinto vogliano celebrare
con la testa scoperta come gli uomini.
Nella sua riflessione egli ricorda quello che ha appreso a partire dalla sua formazione
come rabbino giudeo. Nelle sinagoghe dei giudei ellenisti,come Paolo, gli uomini
partecipavano agli uffici sacri con il capo scoperto e le donne con il capo coperto. Paolo
chiede che questa tradizione sia rispettata (Lettera ai Corinti 11,2)
Per rendere valide le sue posizioni, Paolo, sviluppa il seguente ragionamento (11, 3-12).
v.3: “Desidero che sappiate che il capo di tutto l’uomo è Cristo,che il capo della donna è
l’uomo e il capo di Cristo è Dio”. In questa affermazione di Paolo, la parola “capo” non
indica subordinazione ma origine o inizio: l’origine di tutto l’uomo è Cristo,l’origine
della donna l’uomo e l’origine di Cristo è Dio.
Paolo si riferisce semplicemente alla creazione descritta in Genesi 3, dove la creazione
dell’uomo è anteriore a quella della donna. Tutti-e siamo uguali davanti a Dio come
creature.

vv.4-6: I due,tanto l’uomo come la donna,possono pregare e profetizzare nelle


celebrazioni comunitarie:l’uomo con il capo scoperto e la donna con il capo coperto cioè
con la chioma che ha ricevuto da Dio. Ma ciascuno si deve presentare conforme alla
propria identità (11,10). La parola usata in greco è è exousia, che significa letteralmente
potere, identità, aspetto.
ALCUNE Bibbie traducono exousia con dipendenza ma in nessun altro luogo della
Bibbia questa parola è tradotta con dipendenza. Ciò che Paolo vuole dire è che tanto la
donna come l’uomo deve presentarsi come Dio l’ha creato:l’uomo come uomo e la donna
come donna.
In Corinto esisteva un culto alla dea egizia Isis, in cui le donne rasavano il capo. E
c’erano uomini che lasciavano crescere i capelli (11,14).
La tradizione dei giudei e delle comunità cristiane era di rispettare la condizione
differente della natura di ciascuno. Le donne non devono partecipare con il capo scoperto
cioè rasata come nel culto di Isis perché “non abbiamo questo costume e neanche le
chiese di Dio” (11,16)
Paolo si rende conto della differenza culturale tra i giudei e i greci. Sente che non tutti
concordano con la sua argomentazione e molto più umilmente afferma:” Giudicate voi
stessi: sarà conveniente che una donna preghi Dio senza stare coperta con il velo dei
capelli? La sua propria natura insegna che disonorevole per l’uomo tenere i capelli
lunghi; invece per la donna è gloria avere una lunga chioma perché i capelli le furono
dati come velo. Se qualcuno vuole contestare,non abbiamo questa abitudine e neanche le
chiese di Dio” (11,13-16)
(Per approfondire questo assunto vedi il Bollettino del CEBI “Palavra na vida”numero
240, di Aline Steuer e “Paolo e la questione di genere” Sao Leopoldo 2007, pp.16-18)

4.ALCUNE CHIAVI DI LETTURA O CRITERI DI ORIENTAMENTO


1. Le parole di Paolo contrarie alla partecipazione della donna, non possono essere
interpretate come un insegnamento generalizzabile valido per tutti i tempi e le situazioni.
Devono essere spiegate a partire dal problema concreto della comunità che le ha
provocate. Per questo, perché quelle parole difficili possano rivelare il proprio significato
esatto, è necessario che siano ricollocate nel loro contesto di origine.
Al contrario,esse possono essere causa di interpretazioni errate.
E non sarebbe la prima volta che questo accade (cf 2 Pietro 3,15).
Lo stesso Paolo ha coscienza di non stare dando una dottrina valida per tutti i tempi e
situazioni perché non sempre è sicuro del consiglio che sta dando (1 Cor 11,16) ed è ben
cosciente che non tutti concordano con lui (1 Cor 14, 36-38)

2. Vale la pena ricordare qui l’opinione di alcuni studiosi. Essi dicono: Paolo a causa
della sua apertura in relazione alla partecipazione della donna nella missione e nella vita
della comunità dovette affrontare molte critiche da parte delle comunità più conservatrici
(cf 1 Cor 11,16; 14,36-38).
Per questo in quei 4 testi,lui starebbe chiedendo moderazione alle più frettolose perché la
troppa esagerazione di alcune non mettesse in pericolo lo stesso processo di apertura per
una partecipazione maggiore della donna nella vita delle comunità.

3. Un’ altra considerazione: Se tu guardi gli scritti e i discorsi di Dom Oscar Romero
incontrerai frasi molto dure,dove lui critica certi comportamenti del popolo del Salvador.
Perché? Perché lui conosceva, amava e difendeva il popolo. Il popolo sapeva questo:
conosceva e amava il suo vescovo. Chi ama veramente può criticare.
Per questo lui poteva criticare e parlare con franchezza,certo di non essere mal
interpretato. Così, dentro dei limiti del contesto di quel tempo e di quella cultura, sembra
che Paolo conoscesse il valore delle donna per la vita e la missione delle comunità. Le
amava e le promuoveva. Per questo poteva parlare con tanto coraggio.

3. la cultura e il livello di coscienza di quel tempo non erano le stesse di oggi. Paolo
percepiva molto chiaramente l’importanza della partecipazione delle donne nella
missione evangelizzatrice delle Comunità.
Per questo le promuoveva e apriva spazi per loro più di qualsiasi altro. Ma lui non
percepiva il problema della liberazione della donna, in quanto donna. Neanche era
possibile percepirlo.
Paolo ha pagato il tributo alla cultura del suo tempo. Non serve pensare che egli pensasse
uguale a noi o che avesse le stesse nostre idee sulla partecipazione della donna nella vita
della società. I tempi erano altri. Lo studio però, mostra due cose molto importanti :
1) Paolo non era contro la partecipazione della donna come potrebbe sembrare a
prima vista, dopo una lettura superficiale di quei testi più duri.
2) Nelle comunità fondate da Paolo, le donne ebbero la possibilità di esercitare un
compito molto più importante e molto più centrale di quello esistente nella chiesa
di oggi.

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