Riassunto libro diritto
Riassunto libro diritto
Riassunto libro diritto
Vediamo lo sviluppo storico di queste tecniche e premettiamo che nei diversi ordinamenti giuridici
europei esso presenta spesso caratteristiche diverse. Semplifichiamo l’età moderna e
contemporanea in quattro fasi.
a) XV secolo: l’invenzione della stampa a caratteri mobili e l’inizio dell’età dei privilegi
Questa fase vede l’ascesa della classe mercantile e dei traffici commerciali: ciò stimola
l’alfabetizzazione, la circolazione delle idee e degli artefatti culturali, e in generale una domanda
sempre più forte di conoscenza. In questo contesto avviene l’invenzione della stampa a caratteri
mobili, che permette la produzione seriale delle opere; ciò determina l’autonomia economica
dell’opera dell’ingegno in sé, più che del suo supporto materiale. Ovviamente sono da considerare
anche le pretese dei primi stampatori, che a causa dei costi di stampa erano disposti a prestarsi
soltanto in cambio di ampie esclusive; soltanto sul finire di questo periodo emergeranno le
rivendicazioni dei creatori intellettuali a controllare lo sfruttamento economico delle loro opere.
Nel corso di questa fase, soprattutto a partire dal XVI secolo, le esperienze nazionali sono
tendenzialmente uniformi e coerenti con due elementi: l’economia mercantilistica, come già
accennato sopra, e l’ideologia dello stato assoluto. Proprio questo secondo elemento fa sì che
l’arte della stampa sia sottoposta al regime dei privilegi: esso prevede che l’autorizzazione sovrana
all’esercizio della stampa sia concessa a persone controllabili dal regime, o comunque non ostili,
cosicché il sovrano possa amministrare la circolazione delle idee a proprio vantaggio.
Il sovrano concede il privilegio a seguito di una supplica rivolta dallo stampatore: tale privilegio
della stampa porta ad una minore competizione economica, protegge gli interessi della nascente
industria editoriale ed asseconda l’interesse pubblico di diffusione del prodotto culturale. All’inizio,
il privilegio si limita a regolare i poteri assegnati al beneficiato; in seguito, in alcuni ordinamenti,
viene corredato anche da una cornice normativa generale.
Il beneficio viene conferito a discrezione del sovrano, a volte previo pagamento di una tassa, e la
privativa può avere come oggetto ogni tipo di opera, anche appartenente all’antichità (infatti
spesso il beneficiato non è l’autore, bensì lo stampatore).
Con la fioritura dell’età umanistica e rinascimentale, gli stampatori pubblicano anche opere di
autori moderni, che, oltre a ricoprire un importante ruolo politico-culturale, hanno interessi diretti
sullo sfruttamento della propria creazione intellettuale.
Dal “privilegio librario” si passa quindi al “privilegio letterario”. La concessione a privati del potere
di sfruttamento esclusivo delle loro opere è sempre subordinata alla volontà del sovrano, che ha il
potere di censura per ragioni di carattere politico e religioso, ma viene gradualmente stabilito un
quadro di regole che rimettono sempre meno la concessione del privilegio alla discrezionalità del
potere pubblico.
Con il privilegio letterario, i beneficiari sono gli autori ed eredi degli autori dell’opera e gli editori
che hanno acquistato il manoscritto originale o hanno ricevuto il consenso alla stampa. L’oggetto
della privativa è molto spesso un privilegio su un’unica opera, che possa essere definita nuova (non
precedentemente pubblicata) o ancora senza privilegio in quel territorio; sul piano contenutistico,
alla riserva di stampa e commercio si aggiungono anche le esclusive sulla traduzione,
sull’elaborazione di opere simili e sull’importazione. Il privilegio letterario si compone inoltre di un
contenuto positivo (un’autorizzazione a far stampare), a cui si aggiunge, man mano, anche un
contenuto negativo (di divieto a terzi non autorizzati).
Questa fase ha inizio con i moti rivoluzionari di matrice liberale, i quali provocano il crollo e la
riforma degli stati assoluti e pongono le basi per la transizione verso il capitalismo di mercato. In
questo periodo convergono due elementi: da un lato, le rivendicazioni riguardo la riserva ad ogni
uomo dei risultati del suo lavoro creativo; dall’altro, le aspirazioni liberiste delle imprese culturali
ad ottenere un titolo di sfruttamento esclusivo dell’opera svincolato dalla discrezionalità del
principe, con l’obiettivo della liberalizzazione dei mercati.
La convergenza di questi due elementi stimola l’abbandono del sistema del privilegio in favore
dell’assegnazione all’autore di un diritto esclusivo sullo sfruttamento economico dei frutti della
propria creatività intellettuale
Date e atti importanti: l’Atto della Regina Anna del 1710 in Gran Bretagna è il primo atto al mondo
che segna il passaggio dal sistema del privilegio al vero e proprio diritto; per quanto riguarda
l’esperienza continentale, la prima legge sul diritto d’autore è il Droit D’Auteur, un decreto francese
frutto della Convenzione Nazionale del 1791, in piena rivoluzione. Il Regno d’Italia invece nel 1861-
62 adotta la convenzione austro-sarda del 1840, poi sostituita per i rapporti interni dalla legge
unitaria 25 giugno 1865 n.2337.
In quanto reazione al sistema dei privilegi, le tecniche del nuovo diritto sono strutturate in forma di
diritti soggettivi, quali poteri assegnati al titolare da una legge generale e astratta, esercitabili nei
confronti dello Stato e dei privati. Queste tecniche sono inoltre costruite tanto dal legislatore
quanto dagli interpreti prendendo a modello la proprietà sulle cose corporali (soprattutto
nell’esperienza continentale).
A partire da questo momento, quindi, le regole di appartenenza vedono l’atto creativo come
titolo d’acquisto del diritto d’autore; per completare la fattispecie costitutiva, all’atto creativo sono
poi affiancate alcune formalità come la pubblicazione dell’opera. La titolarità originaria, invece,
spetta tipicamente all’autore, ai suoi discendenti o agli aventi causa.
Sul piano dell’oggetto: si chiarisce che i diritti d’autore riguardano esclusivamente la forma delle
opere d’ingegno, non le idee e le informazioni espresse all’interno. Quanto invece ai generi di
opera, si passa da quelle suscettibili di edizione di stampa per poi estendere alle opere musicali,
teatrali, delle arti figurative e dell’architettura.
Un elemento che viene a caratterizzare intrinsecamente il diritto d’autore nelle prime leggi
occidentali in materia è la limitazione del diritto di esclusiva, che si esprime esplicitamente nella
limitazione temporale del diritto d’autore. Il diritto d’autore si configura dunque come potere
temporalmente limitato di controllare in via esclusiva alcune forme di sfruttamento economico
dell’opera individuate dal legislatore, in particolare la riproduzione dell’opera, la
commercializzazione degli esemplari, la rappresentazione e l’esecuzione nei teatri (potere positivo
e negativo di interdizione dell’uso altrui, ma anche di utilizzazione da parte del titolare). I diritti
morali sono ancora ignorati da queste prime leggi.
Il passaggio dal sistema dei privilegi alla costruzione del diritto d’autore come diritto soggettivo dà
molto spazio anche all’autonomia privata, perciò iniziano a nascere modi nuovi e più efficienti di
comporre gli interessi di autori ed editori:
Sul piano normativo: nascono regole che dichiarano espressamente la disponibilità dei
diritti di sfruttamento economico delle opere protette;
Schemi contrattuali: ne nascono di nuovi pensati specificatamente per la circolazione dei
nuovi diritti d’autore;
Schemi negoziali: inizialmente, vista anche l’influenza del precedente sistema, lo schema
negoziale più efficiente da applicare ai rapporti tra autori e imprese culturali poteva
sembrare quello della compravendita (con i conseguenti effetti di cessione definitiva e
onnicomprensiva dei diritti patrimoniali sull’opera). Questo schema tuttavia non soddisfa
appieno gli interessi dei contraenti: infatti molti generi di opere si prestavano a essere
sfruttati in più modi e da parte di più imprese culturali, dunque emerge presto il principio di
indipendenza dei singoli poteri di utilizzazione economica esistenti sulla medesima
creazione. Questo stimola una differenziazione degli schemi negoziali, ognuno calibrato su
un utilizzo particolare dei diversi generi di opere.
Una prima tipizzazione normativa risale alle esperienze prussiane (1794) e austriache (1811), che
introducono nei rispettivi ordinamenti una disciplina del contratto di editoria (Verlagsvertrag)
ancor prima di regolare in modo organico la materia del diritto d’autore. Le regole indicate nel
Verlagsvertrag mirano a integrare la volontà delle parti con regole che proteggono l’autore in
quanto contraente debole, e perciò limitano quantitativamente il potere dell’editore di
utilizzazione economica dell’opera. A partire da questo nucleo si sviluppa il sopracitato contratto di
edizione (che ricordiamo essere sempre a tutela dell’autore), che viene costantemente arricchito di
nuovi elementi.
La terza fase prende avvio nella seconda metà del XIX secolo. Essa è caratterizzata da moti politico-
culturali eterogenei, che da un lato rivendicano strumenti di appropriazione più efficienti e
tecnicamente coerenti con l’economia capitalistica di mercato, ma dall’altro domandano una tutela
più intensa degli interessi patrimoniali e personali degli autori.
Fondamentale è ricordare che questo periodo è segnato anche da delle rivoluzioni tecniche non
indifferenti: vede infatti grandi innovazioni come il cinema, la radio, la televisione, e ciò porta a una
rivendicazione da parte dei nuovi protagonisti della scena (cinematografi, radiofonici, televisivi) per
una protezione differenziata dei risultati del loro lavoro.
Per questi motivi i sistemi giuridici occidentali danno inizio a una prima differenziazione delle
tecniche di tutela del lavoro creativo; vi è però una differenza tra i due sistemi del common law e
del civil law. Spieghiamo le differenze tra questi due modelli.
Con l’espressione common law si intende il sistema giuridico basato sulla prevalenza del diritto
giurisprudenziale; quello di civil law è invece un sistema imperniato su codici e leggi di un Paese.
Il modello di common law è stato originariamente sviluppato attraverso la consuetudine, in
un’epoca in cui le leggi non erano scritte. È generalmente non codificato. Questo significa
che non c’è una compilazione completa di leggi o norme e si basa in gran parte
sul precedente, creato da decisioni giudiziarie, il che significa che le sentenze passate sono
prese in considerazione nella decisione dei casi (giurisprudenza).
Il modello di civil law, al contrario, è codificato. Si riferisce a un corpo di leggi basate su
codici giuridici scritti derivati da principi normativi fondamentali. Le controversie legali sono
risolte facendo riferimento a questo codice, al quale si è arrivati attraverso la legislazione. I
giudici sono vincolati dalla legge scritta e dalle sue disposizioni. In un sistema di diritto
civile, il ruolo del giudice è quello di stabilire i fatti del caso e di applicare le disposizioni del
codice.
Per quanto riguarda la differenziazione delle tecniche di tutela del lavoro creativo: gli ordinamenti
di common law mantengono i caratteri distintivi comuni, mentre gli ordinamenti di civil law li
modificano progressivamente.
Questi ultimi si basano su un’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale che pone l’attenzione sul
tema dei diritti della personalità umana; da ciò in ambito di diritto d’autore emerge chiaramente il
tema della creatività umana, che da tempo vede gli autori rivendicare una tutela dei diritti non solo
patrimoniali, ma anche personali (riconoscimento della paternità e integrità dell’opera).
In Germania si teorizza la prevalenza del profilo personale (e si ritiene quindi che il diritto d’autore
sia un diritto della personalità, tanto che ancora adesso è incedibile in quanto tale - si può solo
concedere alcune forme di sfruttamento economico agli imprenditori culturali) impostazione
monistica.
Nello scenario italiano si teorizza qualcosa di differente. Esistono quindi due serie di diritti, quelli
patrimoniali (che riguardano lo sfruttamento economico dell’opera) e quelli morali (che
proteggono la personalità creativa dell’autore). I diritti patrimoniali si ritengono cedibili (in
particolare acquisibili dagli imprenditori culturali), i diritti morali no (in quanto appunto diritti della
personalità). Cosa consegue da tutto ciò? Innanzitutto, che i diritti d’autore possono nascere solo
in capo ad una persona fisica; le prerogative di carattere personale non sono mai cedibili; l’atto
creativo di per sé deve bastare per la nascita di questi diritti; lo Stato non può subordinare la
nascita di questi diritti a formalità costitutive (come il deposito dell’esemplare dell’opera presso
qualche istituzione). impostazione pluralistico-duale.
In ambito anglosassone, in modo più pragmatico, si prende nota che la relazione tra l’autore e
opera è già protetta da qualcosa di diverso dal copyright: è il Common Law, il diritto comune
elaborato dalle corti inglesi (che hanno iniziato, a partire dal ‘300, a creare un diritto
consuetudinario, più importante di quello di fonte statale di origine giurisprudenziale - cioè creato
direttamente dai giudici), che già protegge la persona umana. Il copyright rimane quindi una
forma di tutela di carattere patrimoniale. E dunque può nascere anche in capo ad una persona
giuridica, una società ad esempio (il datore di lavoro dell’autore) e può essere subordinata a
formalità costitutive (vedi sopra).
Negli Stati Uniti prende la forma della Merge of Doctrine, che ha un corollario molto importante:
se non si possono tutelare idee e contenuti ideativi, la forma espressiva necessitata (in quanto
unica possibile per rendere un’idea/contenuto) a sua volta non è proteggibile, altrimenti la tutela si
estenderebbe dalla forma al contenuto. Ad esempio, una formula fisica come E=mc2 non è
proteggibile, in quanto appropriandomi della forma espressiva mi approprierei anche dell’idea.
Inoltre la legge sul diritto d’autore italiana esclude espressamente la tutela d’autore dei testi
normativi e degli atti amministrativi - non perché vengano dallo Stato, bensì perché la Legge devo
conoscerla nel loro esatto wording - la forma é sostanza quindi. Il diritto d’autore in Italia è
disciplinato dalla legge 633 del 1941.
Civil law: il titolo costitutivo è da rinvenire nell’attività di creazione dell’opera, senza altre formalità,
e la titolarità originaria delle privative è riservata al solo creatore intellettuale. [Il civil law prevede
che la privativa rappresenti il potere esclusivo di sfruttare economicamente l’opera in qualsiasi forma e
modo possibili, anche non previsti espressamente dalla disciplina, così da adattarsi facilmente all’emersione
di nuove forme di utilizzazione economica.]
Common law: si apre alla possibilità che l’appartenenza originaria possa spettare anche a persona
fisiche o giuridiche che abbiano finanziato la creazione dell’opera.
Focus sul contratto di edizione: nel percorso di costruzione del contratto di edizione emerge la
necessità di proteggere l’interesse dell’autore a vedere la propria opera pubblicata e distribuita sul
mercato: ciò porta all’introduzione di una serie di clausole che prevedono espressamente
l’obbligazione dell’editore a stampare e divulgare l’opera. Alla fine del XIX secolo il contratto di
edizione appare come uno schema negoziale che attua la cooperazione tra autore ed editore per
perseguire il comune interesse alla circolazione negoziale dell’opera dell’ingegno.
La quarta fase prende avvio nella prima metà del XX secolo grazie al processo di globalizzazione
generato dalla diffusione delle tecnologie che permettono la circolazione sovrannazionale delle
opere. Si inizia dunque il processo di ricomposizione delle differenze tra i vari modelli nazionali
della proprietà intellettuale.
Una prima serie di iniziative di armonizzazione si sviluppa nel diritto internazionale pattizio (ovvero
che si basa su accordi tra Stati): innanzitutto si potenzia la CUB mettendo in evidenza il suo
carattere di convenzione di diritto materiale uniforme, intensificando la disciplina di garantire una
protezione minimale a tutte le opere della sua sfera di applicazione.
Lo stesso schema viene ripetuto con la Convenzione Universale del diritto d’Autore (CUA), che lega
gli Stati unionisti ad altri come USA e URSS, e con la Convenzione di Roma (CR). Il sistema viene poi
completato con il WIPO Copyright Treaty (WCT) e il WIPO Performances and Phonograms Treaty
(WPPT), insieme a un disegno parallelo di disciplina rappresentato dal TRIPS.
Si crea così un nuovo modello di diritto d’autore, detto “comunitario” o “europeo”, armonizzato su
base comunitaria e le cui caratteristiche principali sono:
imposizione agli Stati membri dell’obbligo di assicurare una tutela degli interessi personali
degli autori alla paternità e integrità dell’opera;
introduzione del divieto di subordinare la protezione all’espletamento di formalità
costitutive;
diritti d’autore tipicamente assegnati al creatore intellettuale;
protezione estesa a nuovi generi di forme espressive generate dalla creatività umana;
prevale ius excludendi alios su ius utendi (perché la libertà di espressione e di iniziativa
economica non richiedono più quest’ultimo);
utilizzo del modello pluralistico-duale per la distinzione tra diritti patrimoniali e diritti
morali.
Il legislatore comunitario opta per non imporre agli Stati questo modello, lo propone soltanto
lasciando discrezione decisionale ai legislatori nazionali.
Problematiche che il diritto d’autore comunitario dovrà affrontare nei prossimi anni:
calibrare gli interessi dei creatori intellettuali, degli intermediari e dei fruitori;
organizzare le relazioni tra la disciplina del diritto d’autore, quella della concorrenza e la
materia industrialistica (brevetti e marchi)
Premettiamo che la nascita dei diritti d’autore richiede necessariamente un atto di creatività
intellettuale dal quale tragga origine una forma espressiva dotata dei requisiti richiesti per
accedere alla tutela. Il considerando 19 dir. 48/2004 afferma infatti che “il diritto d’autore esiste fin
dalla creazione dell’opera”.
Nel sistema moderno del diritto d’autore, l’equilibrio dei diversi interessi in campo è stato
raggiunto garantendo la protezione solo agli esiti della creatività umana che siano esteriorizzati in
una forma espressiva. Questa necessità di esteriorizzare la forma espressiva dell’opera, tuttavia,
NON implica che la protezione sia subordinata alla sua fissazione su un supporto materiale.
L’atto creativo descritto sopra è un requisito non solo “necessario” per il perfezionamento della
fattispecie costitutiva dei diritti patrimoniali e morali d’autore, ma anche “sufficiente”: infatti è
stabilito che il godimento e l’esercizio di questi diritti non sono subordinati ad alcuna formalità,
perché la nascita del diritto d’autore non richiede una registrazione formale; un ulteriore corollario
specifica che la nascita della protezione non può essere fatta dipendere dalla pubblicazione
dell’opera, né dall’apposizione di contrassegni sugli esemplari.
Aggiungiamo che il perfezionamento della fattispecie costitutiva dei diritti d’autore non è impedito
dal fatto che l’atto creativo originante l’opera abbia carattere illecito (es. plagio).
L’appartenenza originaria dei diritti d’autore può spettare unicamente a persone fisiche. Ciò
perché, come già detto, la fattispecie costitutiva impone di riservare la titolarità dei diritti al
soggetto che ha realizzato l’atto di creatività intellettuale, e questo soggetto non può essere che
una persona fisica; le persone giuridiche, come ad esempio le organizzazioni, non ne hanno la
facoltà (anche se vi sono delle deroghe: per i software e le banche dati).
Un corollario dei principi sull’appartenenza originaria dei diritti d’autore riguarda le opere
“soggettivamente complesse”, ovvero realizzate da più persone, e stabilisce che siano co-titolari
dell’opera tutti coloro che hanno fornito un apporto creativo alla sua realizzazione.
Non è sempre facile stabilire in quali termini un contributo incida in modo creativo sull’opera, e di
conseguenza quali persone fisiche possano essere qualificate come autori: innanzitutto si deve
riservare la qualifica di autore solo ai soggetti che abbiano realizzato apporti idonei a incidere sulla
forma espressiva dell’opera; inoltre questi apporti devono avere carattere creativo.
Opere collettive: sono opere il cui processo di creazione richiede programmaticamente il concorso
di una pluralità di accordi creativi non generati dallo stesso autore (ad esempio giornali,
enciclopedie, antologie…). Si qualifica autore delle opere collettive il soggetto che ha attuato la
scelta e il coordinamento dei diversi apporti, salve le prerogative dei singoli sui rispettivi contributi.
Abbiamo quindi capito come individuare autori e co-autori delle opere soggettivamente
complesse. Resta da capire quali siano le regole di appartenenza che ne discendono; e quali sono i
rapporti tra i diversi co-autori dell’opera. Per farlo dobbiamo distinguere tra diritti morali e diritti
patrimoniali. Innanzitutto, i diritti patrimoniali rappresentano i diritti di sfruttamento economico
sull’opera, mentre i diritti morali riguardano la paternità dell’invenzione.
Diritti morali: 28 dir. 9/1996 dichiara l’appartenenza dei diritti morali in capo alla persona fisica che
ha creato l’opera e ne riserva la disciplina ai legislatori nazionali il legislatore italiano consente a
ogni singolo coautore di esercitare liberamente i suoi diritti morali, anche quando essi vadano in
contrasto con quelli degli altri coautori (cfr. art. 10 1.a.), e un intervento giudiziale può essere
richiesto soltanto per rimuovere un ingiustificato rifiuto di uno o più coautori.
Diritti patrimoniali: la disciplina dei rapporti tra coautori varia in ragione della natura dell’opera. I
diritti di sfruttamento dell’opera creata sulla base dell’impulso e dei finanziamenti di un
imprenditore culturale gli appartengono ex lege, a condizione che i diversi apporti creativi siano
stati resi nell’ambito di un’organizzazione complessa da lui predisposta. Questo accade molto
spesso nelle opere soggettivamente complesse, ad esempio i diritti di sfruttamento economico di
un’opera collettiva possono essere attribuiti ex lege all’editore; idem per opere cinematografiche-
produttore; mentre per altri generi di opere soggettivamente complesse i legislatori internazionale
ed europeo non offrono alcuna indicazione e rimandano alla disciplina nazionale (Italia: art. 10
1.a.).
Resta da capire se l’art. 10 1.a. trovi applicazione anche nel caso delle elaborazioni creative, nel
caso in cui l’autore dell’opera originaria e l’elaboratore non abbiano stabilito di disciplinare
diversamente lo sfruttamento economico.
Una tesi tradizionale sostiene che l’art. 10 1.a. non trovi applicazione per le elaborazioni
creative, perché esso è dedicato ai casi in cui gli apporti creativi fossero destinati alla
creazione di una più ampia opera comunitaria; quindi sostiene che si debba subordinare lo
sfruttamento al consenso del titolare dei diritti sull’opera originaria.
Un’altra soluzione, per contro, prevede di applicare l’art. 10 1.a. anche alle elaborazioni
creative facendo quindi rientrare questa fattispecie nella lex generalis dell’appartenenza
congiunta dei beni. Questa soluzione permette all’autore di conservare il potere esclusivo di
sfruttamento economico dell’opera originaria, e allo stesso tempo prevede un potere di
blocco della pubblicazione dell’opera derivata (qualora possa essere pregiudicata la
creatività dell’autore dell’opera base); tuttavia introduce la possibilità di una mediazione
giudiziale quando il blocco sia attuato in maniera opportunistica.
Nel disciplinare le tecniche di protezione della creatività umana, il legislatore deve tener conto
anche degli interessi dell’imprenditore culturale: spesso sono proprio editori, produttori e
impresari che danno impulso alla creatività dell’autore.
Ci sono schemi contrattuali di vario tipo, e molti aderiscono al paradigma unitario che vede:
l’imprenditore assumere l’iniziativa e il rischio economico della creazione e dello sfruttamento
commerciale dell’opera; l’autore ricevere un compenso per il proprio lavoro.
I diritti morali permangono sempre in capo al creatore intellettuale, mentre per i diritti patrimoniali
il discorso è più complesso: infatti, se la titolarità di questi diritti spetta tipicamente all’autore, nel
caso di rapporto lavorativo tra autore e imprenditore culturale ci sono delle conseguenze differenti.
Questo insieme di regole procede dal “principio di territorialità”, in base al quale la disciplina delle
fattispecie costitutive, dell’appartenenza originaria, dell’oggetto e del contenuto dei diritti d’autore
è demandata dall’ordinamento nazionale del Paese per il quale la protezione è richiesta (ad
esempio, nel nostro ordinamento è stabilito che la legge d’autore del 1941 trova applicazione a
tutte le opere di autori italiani ovunque siano pubblicate per la prima volta, e alle opere di stranieri
domiciliati in Italia che siano state pubblicate per la prima volta nel territorio nazionale).
Convenzione di Berna del 1886 (Unione di Berna): viene stipulata seguendo il principio
fondamentale secondo cui gli Stati contraenti non discrimino fra autori domestici e degli altri Stati
contraenti riguardo il livello di protezione conferita alle opere letterarie ed artistiche idonee. Tale
principio viene chiamato “principio di trattamento nazionale” e mitiga le divergenze tra gli approcci
nazionali. Ulteriore obiettivo della Convenzione dell’Unione di Berna è l’armonizzazione delle leggi
sul diritto d’autore negli Stati contraenti, che permetta però che protezione ed applicazione restino
di competenza della legge nazionale.
Dal momento che alla Convenzione di Berna aderiscono tutti i Paesi dell’UE, deriviamo che:
quando il Paese per cui è reclamata la protezione sia compreso tra i 27 membri dell’UE, il principio
di non discriminazione impone di applicare la tutela nazionale a beneficio di qualsiasi autore che
sia cittadino europeo.
Art. 3 TRIPS: i Paesi membri di quest’accordo sono obbligati a garantire agli autori cittadini degli
altri Paesi aderenti una protezione non inferiore a quella garantita agli autori loro cittadini.
Aggiunte relative alla durata della protezione: per gli autori extracomunitari di opere aventi come
Paese d’origine uno Stato non compreso nell’Unione di Berna, la protezione concessa nel territorio
dei Paesi dell’UE non può eccedere la durata della tutela prevista nel Paese d’origine.
Sin qui si è discusso dell’appartenenza originaria dei diritti d’autore: per quanto riguarda quelli in
via derivativa (la circolazione) occorre distinguere tra privative patrimoniali e diritti morali.
C’è quindi un ampio rinvio all’autonomia privata, che però viene limitato da alcune considerazioni,
come l’esigenza di riequilibrare i rapporti economici tra autore e imprenditore culturale:
solitamente il primo non è attrezzato per realizzare lo sfruttamento delle proprie creazioni su scala
industriale, e questo rapporto asimmetrico motiva il legislatore comunitario a introdurre una serie
di regole che mirano a garantire all’autore una partecipazione equa e proporzionata.
Diritti morali: l’art. 6 bis, comma 1, CUB assegna agli autori protetti alcuni diritti morali, come
quelli alla paternità e integrità dell’opera, e ne stabilisce la conservazione anche dopo la cessione
dei diritti patrimoniali. Ciò stimola i Paesi membri ad assoggettare i diritti morali a un regime di
indisponibilità (con il termine indisponibilità si deve intendere l’inalienabilità, imprescrittibilità e
l’intrasferibilità del diritto).
Sempre restando sull’ordinamento italiano, l’art. 23, comma 1, l.a. prevede che dopo la morte
dell’autore i diritti morali (di paternità, integrità e rivelazione) possano essere fatti valere senza
limite di tempo dal coniuge e dai figli, e in loro mancanza dai discendenti diretti, poiché si
presuppone siano i soggetti più adatti e interessati a preservare l’identità personale e creativa
dell’autore.
Come si individuano le opere protette dal diritto d’autore? Il sistema di norme che regola questa
protezione si fonda sul principio ordinatore che dichiara proteggibili solo le forme espressive, e
dunque esclude l’appropriabilità (da parte dell’autore) del loro contenuto ideativo e informativo.
Questo principio è codificato dagli artt. 9.2 TRIPS e 2 WCT, secondo cui la protezione garantita dal
diritto d’autore copre le espressioni, non le idee in quanto tali.
a. Non tutelabilità delle forme espressive necessitate: escludere dalla protezione idee e
informazioni significa dichiarare non tutelabili le forme che per rappresentarle
debbano ricorrere a modalità di espressione necessitate; infatti, se così non fosse, la
loro protezione si comunicherebbe dalla forma al contenuto, in contrasto con il
principio appena ricordato. L’opera è dunque proteggibile solo se rappresenta il
proprio contenuto ideativo/informativo in modo discrezionale, secondo forme non
necessitate rispetto al messaggio che essa vuole trasmettere, mentre è esclusa dalla
tutela quando esprime idee o informazioni per rappresentare le quali non siano
possibili varianti espressive.
2) Le idee e informazioni che siano rivestite di una nuova forma espressiva possono essere
riprodotte, comunicate e messe a disposizione del pubblico nella loro nuova foggia senza il
consenso del titolare del diritto d’autore sull’opera originale.
Queste informazioni sono sufficienti per concludere che il diritto d’autore è un’esclusiva che non
insiste mai su idee e informazioni, ma soltanto sulla loro forma espressiva.
Ciò vale anche nel caso di “idee elaborate”, ovvero che rimangono suscettibili di ulteriori
applicazioni espressive (trama di opere narrative, format di programmi, idee pubblicitarie ecc).
Riguardo la proteggibilità delle idee elaborate: alcuni autori hanno proposto un sistema di
divisione in tre parti: una forma esterna (sequenza di segni) e una interna (struttura espositiva
delle informazioni) che sono protette dal diritto d’autore, e una esterna (il contenuto informativo)
che invece è escluso dalla tutela.
Riguardo la non proteggibilità delle forme necessitate: si applica semplicemente un test che
verifica se la sequenza di segni che compongono l’opera possa essere sostituita da una sequenza
diversa che rappresenti allo stesso modo le medesime informazioni.
Per quanto riguarda le “creazioni utili”, ovvero quelle di valenza strumentale, valgono gli stessi
criteri. Immaginando di applicarli a un software, emerge quindi la proteggibilità delle sequenze di
istruzioni espresse sia in formato sorgente che oggetto (forma); sono invece esclusi dalla tutela gli
elementi di architettura del programma che non incidono direttamente sulla forma del codice
(idee). Infatti, l’art. 3.1 dir. 9/1996 dichiara protetti dal diritto d’autore i database che per scelta o
disposizione del materiale costituiscono una creazione dell’ingegno.
Per selezionare le opere protette dal diritto d’autore ci si avvale del principio ordinatore che
dichiara protetta la sola forma dell’opera: per ogni opera stabilisce, come detto sopra, la
tutelabilità della forma espressiva e l’inappropriabilità delle idee/informazioni.
Questa selezione procede anche dalla definizione generale data dall’art. 2 CUB, che dichiara
protette tutte produzioni in campo letterario, artistico e scientifico, qualunque sia il modo o la
forma di espressione; questa indicazione è completata da un’elencazione delle opere protette,
aggiornata con il nascere di rivoluzioni tecnologiche (software, banche dati, industrial design).
Dalla dialettica tra il principio ordinatore e il catalogo dell’art.2 CUB emerge che il diritto d’autore
comunitario protegge ragionevolmente qualunque forma espressiva che rientri nei campi di
applicazione dell’ingegno umano, indipendentemente dalla sua presenza nel catalogo, che quindi
assume carattere meramente esemplificativo. Si ammette quindi la proteggibilità di generi estranei
all’elencazione, come opere multimediali, videogames, opere televisive, videoclip e siti web.
Sin qui abbiamo visto le opere che rientrano in astratto nella tutela. In concreto, il diritto d’autore
riserva questa tutela a quelle comprese nei generi proteggibili che presentino però determinati
requisiti, ovvero il carattere creativo e il requisito della discrezionalità.
Il carattere creativo
La tradizione dei sistemi di civil law collega da tempo la possibilità di fruire della tutela al fatto che
la forma espressiva dell’opera sia il risultato di un atto di creatività intellettuale; poi sono emersi
riferimenti puntuali anche nel diritto internazionale ed europeo.
Tuttavia, il panorama generale non è del tutto omogeneo: ad esempio, nei paesi anglosassoni la
tutela è subordinata al fatto che la produzione dell’opera abbia richiesto “sufficient skill, judgement
and labour”, senza alcun richiamo alla creazione intellettuale. Per le opere che presentano un
intrinseco contenuto creativo, le regole sono sostanzialmente le stesse rispetto ai modelli di civil
law; invece per quelle di compilazione di dati informativi il requisito di sufficient skill, judgement
and labour valorizzerebbe meri investimenti di tempo e denaro, dunque è intervenuto il legislatore
europeo: con l’art. 3 dir. 9/1996 dichiara infatti proteggibili le sole banche dati che costituiscono
una creazione dell’ingegno propria del loro autore (come visto prima).
quella tradizionale intende il carattere creativo come l’idoneità dell’opera a esprimere idee
e informazioni secondo il modo personale dell’autore, riflettendone la personalità creativa;
un’impostazione più pragmatica lega invece il carattere creativo all’idea che la forma
espressiva dell’opera differisca, nei suoi caratteri creativi, da qualsiasi altra forma
precedentemente conosciuta (questo perché secondo il senso comune è creativo
qualunque atto da cui tragga origine qualcosa che prima non esisteva).
In questo scenario resta da capire quale gradiente di novità sia necessario, dunque quanto
un’opera espressiva debba differenziarsi, nei suoi tratti distintivi, dalle altre già note per poter
accedere alla tutela. Qui la tendenza maggioritaria indica l’assenza del requisito ogni volta che
l’opera sia anticipata da un’altra identica nei suoi tratti distintivi; oppure ogni volta che abbia una
forma espressiva estremamente banale.
Si crea così un giudizio di novità oggettiva/non banalità. Esso è valido per qualunque tipo di
opera dell’ingegno, ma il gradiente minimo di novità oggettiva può variare da genere a genere in
base al tasso di affollamento: ad esempio, il gradiente richiesto per le opere di mera fantasia sarà
giustamente più elevato rispetto a quello richiesto per creazioni come software o banche dati, che
prevedono una limitazione dell’estro creativo dell’autore. È quindi un criterio molto elastico.
La ricostruzione qui proposta del gradiente di novità oggettiva necessario alla tutela pare
generalmente confermata anche nell’ordinamento italiano.
La discrezionalità
Oltre al carattere creativo, le opere tutelabili devono avere carattere di discrezionalità: ciò significa
che non devono costituire un mezzo necessario per esprimere un determinato significato ideativo
o informativo.
Definiamo quindi il livello minimo di discrezionalità espressiva: abbiamo visto che per il carattere
creativo la determinazione del minimum di novità oggettiva dipende dal grado di “affollamento”
del genere cui l’opera appartiene e dalle limitazioni che pone all’estro dell’autore; invece per la
discrezionalità si subordina la protezione a un severo controllo del loro carattere non necessitato, e
dunque dell’esistenza di varianti espressive per esprimere il medesimo concetto.
Come applicare questo controllo nei diversi ambiti dell’ingegno umano? Innanzitutto, questo
principio è applicabile a qualunque genere di creazione intellettuale, anche se il minimum
necessario varierà da settore a settore (come per l’esempio fatto in precedenza: il gradiente di
discrezionalità richiesto per opere di fantasia sarà più elevato rispetto a creazioni di valenza
funzionale).
Secondo quanto detto finora, i requisiti del carattere creativo e della discrezionalità della forma
espressiva sono necessari e sufficienti per accedere alla tutela d’autore.
Tuttavia, alcune norme riferiscono alle opere dell’ingegno anche il carattere dell’originalità.
L’originalità è dunque un carattere spesso presente nelle opere dell’ingegno, anche se non
costituisce requisito fondamentale per accedere alla protezione.
Infatti, l’art. 2.3 CUB dichiara proteggibili le elaborazioni creative distinguendole dalle originali,
mentre l’art. 4 l.a. dichiara proteggibili le elaborazioni di opere preesistenti che abbiano carattere
creativo anche quando non costituiscono opera originale.
Questi due articoli stabiliscono anche che le elaborazioni creative sono protette senza pregiudizio
dei diritti dell’autore sull’opera originale, dunque qualsiasi atto di sfruttamento economico di
queste opere è lecito solo se autorizzato dal titolare del diritto d’autore sull’opera elaborata.
Si qualificano come derivate le opere che riprendono da una preesistente uno o più tratti distintivi,
pur conservandone almeno uno differenziato.
Diversi sono i generi di elaborazioni creative assoggettate al regime sopra descritto: traduzioni,
opere complesse che fondono più creazioni preesistenti, adattamenti e rifacimenti parziali.
Come detto in precedenza, il perfezionamento della fattispecie costitutiva dei diritti d’autore non è
impedito dal fatto che l’atto creativo originante l’opera abbia carattere illecito (es. plagio).
Di conseguenza, la tutela è valida anche per le elaborazioni creative realizzate senza il consenso
dell’autore dell’opera originale; i diritti di autore si applicano anche quando la creazione e
pubblicazione dell’opera realizzino qualsiasi altro tipo di illecito civile o penale (ad esempio opere
che contengono elementi lesivi dell’altrui onore o reputazione).
Tra i requisiti generali di protezione previsti dal sistema del diritto comunitario visto finora non
rientrano il valore artistico dell’opera né una sua utilità o destinazione funzionale. Con valore
artistico si intende qui un gradiente di creatività particolarmente qualificato, più elevato di quello
tipicamente richiesto.
Tuttavia, nell’ordinamento italiano il principio generale sembra essere derogato dall’art. 2, n.10, l.a.
che menziona espressamente il valore artistico quale requisito di protezione per le sole opere del
disegno industriale, anche se questa singolarità presenta un problema: essendo riferito all’estetica
dell’opera, sottoporrebbe la valutazione a un giudizio fortemente soggettivo, aprendo quindi il
campo a gravi problemi sul piano della certezza del diritto.
CAPITOLO QUATTRO: ATTIVITÀ RISERVATE
L’ordinamento assegna all’autore di opera proteggibile una serie di poteri riguardo alla sua
utilizzazione. Alcuni di questi poteri mirano a soddisfare interessi connessi alla sfera patrimoniale
dell’autore, e sono infatti detti “diritti patrimoniali”; altri proteggono invece interessi connessi alla
sfera personale dell’autore, e sono i cosiddetti “diritti morali”.
Storicamente i modelli riguardanti questi due tipi di diritti hanno spaziato da una privativa unitaria,
che comprendeva contenuti sia patrimoniali sia morali (modello monistico tedesco); alla previsione
di tante privative quante fossero le diverse attività di sfruttamento economico dell’opera riservate
all’autore (modello pluralistico anglosassone); passando per una linea intermedia che prevede due
serie di privative separate, una comprensiva di poteri a carattere patrimoniale e l’altra di poteri a
carattere personale (modello pluralistico-duale accolto anche dall’ordinamento italiano).
Dovendo mediare tra questi modelli, i legislatori internazionale ed europeo hanno deciso di non
vincolare gli Stati membri alla scelta di uno di questi modelli; piuttosto usano delle formulazioni
elastiche, che sembrano seguire un modello pluralistico ma che sono compatibili anche con sistemi
a privativa unitaria. L’obiettivo dei legislatori rimane comunque di mantenere autonomi i poteri
della sfera patrimoniale e quelli della sfera personale.
È fondamentale partire dal fondamento per cui il diritto patrimoniale dell’autore risiede nella
garanzia costituzionale della TUTELA DELLA PROPRIETÀ PRIVATA DEI BENI (= le privative
patrimoniali sono un tipo di proprietà). Nell’art. 17.2 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, si
dichiara espressamente che “la proprietà intellettuale è protetta”. Questa scelta del legislatore di
COSTITUZIONALIZZARE (la proprietà intellettuale e dunque anche) il diritto d’autore tra le tecniche
di appropriazione dei beni giuridici ha conseguenze significative sul piano della struttura: ad
esempio, obbliga il legislatore ad attribuire all’autore una struttura di diritto esclusivo.
Inoltre, rende possibile uno standard di protezione maggiore attraverso lo schema dello ius
excludendi alios* (intendendolo come contenuto negativo), con cui viene interdetto l’uso della
risorsa protetta (tranne nei casi prevalga l’interesse generale). Viene contemplato anche lo schema
dello ius utendi**, assegnando quindi anche un contenuto positivo che consiste nell’utilizzo
esclusivo dell’opera.
*ius excludendi alios: il proprietario, mediante azione negatoria, può escludere terzi dallo
sfruttamento economico dell’opera o dal su utilizzo.
**ius utendi: è il diritto dell’individuo di usare in esclusiva i risultati della propria creatività
intellettuale.
Struttura delle privative patrimoniali d’autore tra ius excludendi e ius utendi
Nelle prime fasi prevale l’impostazione ampia che conferisce alle privative entrambi i
contenuti di ius excludendi e ius utendi.
Con il tempo però nasce la costituzionalizzazione della garanzia dell’iniziativa economica,
dunque diventa meno necessario specificare espressamente lo ius utendi.
Una traccia evidente del passaggio da ius utendi a ius excludendi si trova nella Convenzione
di Berna, così come anche nel diritto internazionale e in quello comunitario: infatti il
legislatore europeo è intervenuto con un gruppo di direttive comunitarie che cercano di
definire dettagliatamente il diritto patrimoniale, qualificandolo come “diritto di autorizzare
o interdire” le utilizzazioni dell’opera riservate all’autore.
Questa formulazione esclude ogni riferimento al potere d’uso della risorsa protetta da parte
del suo titolare (ius utendi), perché essa gli viene direttamente dalla garanzia costituzionale
della proprietà sui supporti materiali.
La differenza fra i due modelli di ius excludendi e utendi si fonda sulle esigenze particolari degli
INTANGIBLES, divergenti da quelle delle cose corporali. Queste ultime sono infatti direttamente
destinate al soddisfacimento di un interesse del proprietario a realizzare il loro godimento diretto,
mentre le prime (risorse di proprietà intellettuale – e tra queste anche le opere dell’ingegno) sono
l’input per attività di carattere imprenditoriale.
In ogni caso la maggior parte delle possibili utilizzazioni economiche dell’opera sono assoggettate
al regime del DIRITTO ESCLUSIVO (che può prendere forma in negazione dell’autorizzazione o in
atto negoziale del consenso secondo lo ius excludendi, oppure come diretto sfruttamento
dell’opera secondo lo ius utendi).
Nel caso in cui l’autore dovesse autorizzare l’utilizzazione (uso alieno) pretenderà il pagamento di
un corrispettivo, realizzando così uno ius fruendi avente per oggetto il potere di ricavare dalla res
tutti i frutti che può dare (essendo diritti disponibili sono cedibili; l’autore può monetizzare con la
loro cessazione).
Per “opere dell’ingegno” sono anche intesi software e banche dati elettroniche; i diritti
patrimoniali di questi nascono in capo all’autore (il lavoratore dipendente), ma si trasferiscono
automaticamente in capo al DATORE DI LAVORO.
Quando l’opera è cinematografica i diritti passano dai produttori dei singoli pezzi, al
PRODUTTORE CINEMATOGRAFICO; mentre nel caso dell’opera giornalistica, il diritto d’autore nasce
in capo all’autore dei singoli pezzi, ma il diritto sull’intera opera trapassa in capo al DIRETTORE DEL
GIORNALE
Nel panorama italiano
Il cambiamento di paradigma che abbiamo visto (internazionale ed europeo) sembra però non
avere inciso sulla legge 633/1941 dell’ordinamento italiano, dove si rinvengono numerosi indici
normativi che presuppongono lo ius utendi. Il nostro ordinamento prevede dunque un POTERE
ESCLUSIVO DELL’UTILIZZAZIONE ECONOMICA DELLA COSA e un POTERE DI SFRUTTAMENTO
dell’opera, titolabile anche ad un altro soggetto (previa autorizzazione) per l’edizione, la
rappresentazione o l’esecuzione dell’opera.
Abbiamo visto che il diritto d’autore è stato “costituzionalizzato”, ciò implica che le attività riservate
previste sono assoggettate al regime di privativa per la loro utilizzazione.
La tipizzazione puntuale delle opere riservate ha portato alla creazione di un catalogo esaustivo,
ed in continuo aggiornamento, delle attività riservate da parte del legislatore internazionale e
comunitario; per quanto riguarda invece i Paesi dell’area latino-germanica, essi perseguono
quest’obiettivo tramite regole generali che ricomprendono in modo automatico le nuove forme di
utilizzazione dell’opera, senza necessità di interventi normativi ad hoc.
In modo conforme a questo modello, l’art. 12.2 l.a. assegna al TITOLARE il diritto esclusivo di
utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, usando una formulazione tanto ampia e
generale da includere lo sfruttamento per creazione di nuova ricchezza, la produzione o la
prestazione di servizi.
MERO GODIMENTO, da non confondere con l’uso personale che invece rientra nella
normativa perché prevedendo la produzione di beni comporta un’utilizzazione dell’opera,
anche se si esaurisce nella sfera privata del soggetto utilizzatore. Rientrano nel mero
godimento la lettura di un’opera, la contemplazione, la consultazione, l’esecuzione di un
brano in assenza di pubblico...
USI COMPLETAMENTE AVULSI RISPETTO ALLA DESTINAZIONE NATURALE dell’opera,
dunque gli usi privi di rilievo economico.
Questo catalogo comunitario delle attività riservate rivela che le privative patrimoniali
comprendono la riproduzione dell’opera, la sua elaborazione, comunicazione al pubblico e
distribuzione.
Questi quattro diritti patrimoniali sono ripresi nella dir. 29/2001 e in modo analogo in alcuni
articoli della legge 633/1941:
Abbiamo visto che il contenuto delle privative patrimoniali è rappresentato dal potere di interdire
l’uso altrui della risorsa protetta, e dalla possibilità per il titolare di autorizzarne lo sfruttamento
alieno.
L’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare può prendere forma di diniego
all’autorizzazione dello sfruttamento o di atto negoziale di consenso. [Nella variante di ius utendi
accolta dall’ordinamento italiano vi è l’integrazione, appunto, del potere di godere direttamente
dell’opera; il titolare esercita questo potere tramite meri atti giuridici privi di contenuto negoziale].
Innanzitutto, entrano in gioco le licenze, ovvero manifestazioni del consenso allo sfruttamento
dell’opera. La licenza è uno schema negoziale atipico, ma prevede sempre una dichiarazione di
volontà tramite cui il titolare del diritto patrimoniale d’autore (il licenziante) assume l’obbligazione
di sopportare e non contestare la liceità dell’utilizzazione dell’opera da parte del licenziatario. A sua
volta il licenziatario acquista un diritto di credito a pretendere dal licenziante che l’uso della risorsa
protetta sia libero da sue contestazioni.
Sul piano strutturale, quest’obbligazione può essere assunta dal licenziante tramite contratto
oppure tramite atto unilaterale: infatti la formulazione delle regole internazionali ed europee
assegnano al titolare il diritto esclusivo di autorizzare lo sfruttamento altrui della risorsa protetta,
senza limitazioni riguardo alla natura unilaterale o contrattuale dell’atto.
Nel caso di carattere contrattuale si parla di contratti di licenza “puri”. Nelle licenze a struttura
contrattuale è normalmente previsto che il licenziatario assuma l’obbligazione di pagare un
compenso al licenziante.
Diversamente si potranno avere clausole aggiuntive o schemi negoziali atipici e diversi dalla licenza
pura.
- L’obbligazione assunta dal licenziante nei confronti del licenziatario non deve essere
opponibile ai terzi (non deve avere efficacia anche verso altri diversi dal licenziatario).
Esperienza italiana: tramite la licenza, il titolare della privativa conferisce al licenziatario un diritto
di sfruttamento economico dell’opera nuovo e autonomo, dunque in qualche modo derivato
rispetto a quello d’autore. Questa linea interpretativa vede la licenza come un atto di disposizione
del potere di sfruttamento economico dell’opera e ritiene dunque applicabili a questo schema
negoziale le regole di trasferimento dei diritti patrimoniali; inoltre ritiene che il licenziatario
esclusivo sia legittimato all’azione di contraffazione.
Contratto di edizione
È il contratto tramite cui un editore e un titolare del diritto d’autore regolano la pubblicazione
dell’opera a stampa da parte dell’editore stesso. Quindi, il cuore del contratto è l’obbligazione che
assume l’editore di pubblicare l’opera.
Gestione collettiva delle autorizzazioni allo sfruttamento alieno: l’ordinamento italiano prevede agli
artt. 180 ss l.a. il conferimento di un monopolio legale della gestione collettiva di numerosi diritti
d’autore a beneficio di SIAE-Società italiana Autori ed Editori.
Il diniego o la mancanza di licenze, la violazione del diritto esclusivo e la sua sanzione (2)
Nel contenuto dei diritti patrimoniali è compreso anche il potere di interdire l’uso dell’opera da
parte di terzi. Questo può verificarsi sotto forma di rifiuto della proposta altrui di stipulare una
licenza; oppure sotto forma di atto giuridico tramite cui il titolare intima all’utilizzatore di non
sfruttare l’opera senza autorizzazione; oppure ancora può avere natura di atto processuale, il cui
scopo è irrogare una sanzione a carico di un potenziale utilizzatore.
Un primo nucleo di misure costituisce la risposta sanzionatoria minima, che i legislatori sono
obbligati a predisporre anche per violazioni non assistite da dolo o colpa. Ne fanno parte le misure
di natura inibitoria della prosecuzione dell’illecito (per cui è prevista anche una penalità di mora
nel caso in cui l’utilizzatore non sottostia al dovere inibitorio); di natura restitutoria, per ristabilire
lo status quo ante tramite il ritiro o l’esclusione dai circuiti commerciali delle merci contenenti
risorse contraffatte (o addirittura la loro distruzione). Altra misura è il risarcimento del danno.
Quando il contraffattore abbia agito in maniera non intenzionale, l’art. 12 della direttiva stabilisce
che possa domandare al giudice delle misure pecuniarie alternative, che dovranno comunque
essere soddisfacenti per il titolare del diritto leso.
Quando invece la contraffazione è stata realizzata con colpa o dolo, la soglia minima per la sua
liquidazione deve essere pari al prezzo con cui si otterrebbe un’ipotetica licenza. L’entità del
risarcimento è comunque calibrata contemplando tutti gli aspetti pertinenti e le conseguenze sia
patrimoniali che morali del danno.
- Prima serie di misure processuali: prevedono che il danneggiato possa domandare al giudice
di ordinare la comunicazione di informazioni sui contraffattori; il giudice inoltre può ordinare la
produzione di elementi di prova e documentazioni necessarie.
- Seconda serie di misure processuali: presuppongono la paternità dell’opera in capo alla
persona indicata come autore nelle forme d’uso.
- Terza serie di misure processuali: provocano in via cautelare degli effetti restitutori tramite il
sequestro dei prodotti sospettati di violare altrui diritto d’autore.
L’art. 16 della direttiva ricorda che le regole sin qui descritte rappresentano un minimum
integrabile poi dai legislatori nazionali; l’ordinamento in cui ricercare nel concreto le sanzioni da
applicare rimane quello del Paese in cui ha avuto luogo la violazione.
Panorama italiano: la legge d’autore italiana prevede misure sanzionatorie a carattere inibitorio,
risarcitorio, restitutorio e di natura mista (es. penalità di mora). Accanto ad esse si trovano inoltre
diverse misure cautelari.
Questa seconda impostazione vorrebbe fronteggiare la crisi sul piano tecnico, cercando nuovi
standard tecnologici idonei a controllare lo sfruttamento dell’opera in ambiente telematico, e
inasprire l’apparato sanzionatorio.
Troviamo una linea di compromesso tra le due tesi estreme: osservando la storia del diritto
d’autore notiamo che, con le varie evoluzioni tecnologiche, si è arrivati ad avere uno schema
asimmetrico per cui le riproduzioni dell’opera per uso personale sono assoggettate a un regime di
libera utilizzazione; d’altro canto il compenso da pagare agli autori grava sui distributori e
fabbricanti.
Il legislatore europeo consente agli Stati membri di applicare questo regime alla riproduzione
digitale per uso personale di qualunque opera dell’ingegno, anche al download di musica e
audiovisivi (sempre per uso personale) se essi sono stati caricati in modo lecito.
È doveroso sottolineare che la dematerializzazione non è completa: nonostante non ci siano più i
supporti tradizionali, la circolazione dell’opera deve ancora transitare per cose corporali, come le
infrastrutture di rete. Il controllo di queste infrastrutture, facendo leva sui loro gestori e
responsabilizzando gli ISP (Internet Service Providers), potrebbe ristabilire l’effettività del diritto
d’autore.
Sul piano dell’utilizzazione telematica per uso personale, l’esclusiva viene degradata a mero diritto
a compenso, secondo uno schema che non pregiudica la tutela d’autore.
Diritto a compenso: l’utente può utilizzare l’opera senza il consenso del titolare, ma solo di fronte
al pagamento di un compenso.
Tecniche di protezione diverse dalle privative patrimoniali: il diritto a compenso
Abbiamo visto che il fondamento costituzionale del diritto d’autore impegna il legislatore ad
attribuirgli una struttura di diritto esclusivo. Tuttavia, come appena detto, ci sono delle eccezioni:
quando si verificano utilizzazioni dell’opera che l’utente può compiere lecitamente anche senza il
consenso dell’autore, allora la protezione si ha sotto forma di diritto a compenso.
Questo accade solitamente per le opere musicali o audiovisive, le cui utilizzazioni sono diventate
impossibili da censire e sanzionare con l’avvento delle nuove tecnologie. Il legislatore ha quindi
stimato socialmente utile continuare a consentire la grande diffusione culturale che deriva da
queste utilizzazioni, dando allo stesso tempo la facoltà agli Stati membri di introdurre un sistema
che prevede il soddisfacimento degli interessi degli autori tramite, appunto, il diritto a compenso.
Questo permette di trasferire i costi in capo a soggetti che: sono in grado di negoziare accordi
generali sull’ammontare dei compensi; beneficiano (seppure indirettamente, in forma di maggiori
vendite) della correlativa libertà di utilizzazione per uso personale assegnata agli utenti; essendo
anelli intermedi della catena riescono a scaricare (in tutto o in parte) i costi sui prezzi praticati agli
utenti finali, in modo da ripartire equamente i benefici derivanti dal risparmio di spesa che
consegue alla sostituzione del prodotto originale con copia privata; garantiscono che la
remunerazione complessiva per gli autori sia calibrata quanto più possibile sull’effettiva
utilizzazione dell’opera.
L’ammontare dei compensi secondo il legislatore europeo si basa sulla garanzia di un giusto
equilibrio, di una remunerazione equa tra gli interessi dei soggetti coinvolti, valorizzando la
negoziazione privata fra gli interessati.
Limitazioni all’estensione orizzontale delle privative patrimoniali
- Utilizzazioni libere
- Principio dell’esaurimento interno e comunitario del diritto esclusivo
- Limitazioni imposte dal diritto dell’antitrust
Abbiamo visto che le variabili tecnologiche e politiche influenzano il diritto d’autore; esse infatti
ispirano limitazioni sia sul piano orizzontale (contenuto e attività riservate) delle privative
patrimoniali, sia su quello verticale (durata). Esaminiamo le limitazioni orizzontali.
– ESTERNE al diritto d’autore, come la disciplina sul controllo dei dati personali o le norme
dell’antitrust
– INTERNE al diritto d’autore, come ad esempio le regole sulle libere utilizzazioni, che permettono
l’utilizzo di un’opera coperta dal diritto d’autore anche senza il consenso del titolare dei diritti.
Ricordiamo come il legislatore europeo abbia emesso un catalogo di fattispecie di libere
utilizzazioni non estendibile dai legislatori nazionali. Sono previste dalla direttiva 29/2001 e
possono essere ripartite in quattro categorie
LIMITAZIONI - Per preservare interessi superiori della collettività e dei singoli consociati la Legge
italiana in tema di diritto d’autore prevede di liberalizzare alcune attività, realizzabili da chiunque
senza che sia necessario né il compenso né il consenso del titolare del diritto.
È il caso delle LIBERE UTILIZZAZIONI*, inserite nella legge 633/1941: esse sono casi specifici in cui
è consentito utilizzare le opere protette dalla legge sul diritto d'autore, senza doverne richiedere
e ottenere preventivamente l'autorizzazione dal legittimo titolare.
Nella LEGGE n.633/1941, gli articoli da 65 fino a 71 regolano le eccezioni e limitazioni al diritto
esclusivo (comprendendo forme tradizionali e digitalizzate).
La PRIMA CATEGORIA comprende regole che liceizzano la riproduzione non autorizzata di opere
protette a mezzo di strumenti (es. computer collegati da reti telematiche) che permettono forme di
utilizzazione difficilmente individuabili e reprimibili, quantomeno in base all’attuale scenario
tecnologico + consentono di divulgare le creazioni intellettuali in modo ampio.
ART 68: È libera la riproduzione di singole opere o brani di opere per uso personale dei
lettori, fatta a mano o con mezzi di riproduzione non idonei a spaccio o diffusione
dell'opera nel pubblico. È libera la fotocopia delle opere presenti in archivi, musei o
biblioteche accessibili al pubblico, effettuata per i propri servizi, senza alcun vantaggio
economico o commerciale diretto o indiretto. Fermo restando il divieto di riproduzione
dispartiti e partiture musicali, è consentita la fotocopia sino al 15% del volume (escluse
pagine di pubblicità). La copisteria o i centri di riproduzione che gestiscono gli apparecchi di
riproduzione devono corrispondere un compenso ai titolari dei diritti per ogni pagina
stampata tramite la SIAE. Questo prezzo viene indirettamente pagato dall’utente poiché la
copisteria incrementa di poco il costo per il cliente finale.
ART 68 BIS. Salvo quanto disposto in ordine alla responsabilità dei prestatori intermediari
dalla normativa in materia di commercio elettronico, sono esentati dal diritto di
riproduzione gli atti di riproduzione temporanea privi di rilievo economico proprio che sono
transitori o accessori e parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico,
eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un
intermediario, o un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali
ART 71-SEXIES: È consentita la reprografia ad uso personale delle opere a stampa e la
riproduzione privata di fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, effettuata da una
persona fisica per uso esclusivamente personale, purché senza scopo di lucro e senza fini
direttamente o indirettamente commerciali. Ciò non vale per opere protette da misure
tecnologiche (accesso solo sulla base di accordi contrattuali). La persona fisica che abbia
acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi
abbia avuto accesso legittimo, può effettuare una copia privata per uso personale, a
condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera
o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti.(compro CD
e lo posso duplicare per me, il compenso l’ho pagato al momento dell’acquisto
dell’originale). = per ogni esemplare occorre pagare un compenso, a meno che non si riesca
a dimostrare che si tratti di supporti che con certezza non ospiteranno audio e video.
ART 71-SEPTIES: gli autori e aventi causa hanno diritto ad un compenso per la riproduzione
privata ed è commisurato alla capacità di registrazione del supporto. Il prezzo è pagato da
chi fabbrica/importa nel territorio dello Stato tali apparecchi e lo fa pertrarre da essi dei
profitti.
ART 71-NONIES: le forme di utilizzazione non devono contrastare con lo sfruttamento
normale dell'opera né arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari.
La SECONDA CATEGORIA comprende regole che liceizzano l’uso non autorizzato delle opere
protette da parte di alcune categorie limitate di persone fisiche ed istituzioni, portatrici di interessi
a fruire liberamente l’opera ritenuti superiori rispetto a quello dell’autore a controllarne le
modalità di utilizzazione oppure ad ottenere un compenso per consentirla.
Questo è precisamente (1) il caso dello sfruttamento dell’opera a favore dei portatori di handicap:
ART 71 BIS - ai portatori di particolari handicap sono consentite, per uso personale, la
riproduzione di opere e materiali protetti o l’utilizzazione della comunicazione al pubblico
degli stessi, purché siano direttamente collegate all’handicap, non abbiano carattere
commerciale e si limitino a quanto richiesto dall’handicap
RIF.ART 71: LE BANDE MUSICALI E LE FANFARE dei corpi armati dello Stato possono
eseguire in pubblico brani musicali o parti di opere in musica, senza pagamento di alcun
compenso per diritti di autore, purché l'esecuzione sia effettuata senza scopo di lucro.
La QUARTA CATEGORIA comprende regole che liceizzano una serie ampia di utilizzazioni delle
opere protette al duplice fine di permettere una maggiore circolazione dei loro contenuti
ideativi/informativi e di consentirne lo sfruttamento per realizzarne nuove opere dell’ingegno.
(1) atti di riproduzione effettuati da biblioteche aperte al pubblico, istituti di istruzione, musei ed
archivi con lo scopo di costituire copie a stampa
(3) alla riproduzione, comunicazione o messa a disposizione del pubblico di articoli o servizi
radiotelevisivi pubblicati su argomenti attuali
(4) utilizzazione di discorsi politici e conferenze aperte al pubblico, sempre che sia citata fonte
originaria
(6) alla comunicazione o messa a disposizione dell’opera a beneficio di singoli individui a fini di
ricerca o attività privata in studio
ART 71-TER: È permessa la riproduzione privata per motivi di STUDIO O DI RICERCA. Anche
la digitalizzazione è permessa e questo meccanismo vale anche per musica e audiovisivi.
ART 69: è consentita la riproduzione in biblioteca, discoteca e cineteca se priva di vantaggi
economici diretti/indiretti
ART 69-BIS: LE OPERE ORFANE possono essere utilizzate dalle organizzazioni per scopi
connessi alla loro missione di interesse pubblico (conservazione, restauro e fini
culturali/formativi). Si deve svolgere una ricerca diligente per cercare di individuare il
titolare dei diritti. In caso fosse trovato, esso può rivendicare la titolarità e riprende
l’esclusiva sulle sue opere
Da questa lista emerge che tutte le quattro categorie di regole sulle libere utilizzazioni hanno
funzioni omogenee: tutte mirano a incentivare la circolazione delle informazioni veicolate dalle
opere protette.
Sempre la direttiva 29/2001 invita gli stati membri a promuovere l’adozione, da parte dei titolari
del diritto d’autore, di misure volontarie (anche in forma di accordi tra i soggetti interessati) mirate
a garantire agli utenti la fruizione di spazi di libertà previsti. Ove questi accordi non ci fossero, gli
stati si impegnano all’adozione di provvedimenti idonei a garantire la fruizione effettiva delle
opere. Non è previsto però un obbligo per gli stati di inserire un diritto soggettivo per gli utenti al
fine di godere delle utilizzazioni liberalizzate delle opere protette. Tuttavia, questo non esclude la
possibilità da parte dell’utente di chiedere un risarcimento nel caso in cui questo si trovi impedito
nel suo utilizzo
Per valutare l'ammissibilità delle limitazioni si usa il 3 STEP TEST, contenuto nella Convenzione di
Berna, WIPO e TRIPS. Le limitazioni possono essere introdotte solo:
1. in casi speciali,
L'utilizzazione che rispetta questo triplice test è essenziale per la manifestazione del pensiero di
conseguenza è liberalizzata. Questa idea non è condivisa dalla Corte di giustizia europea secondo la
quale la direttiva 29 del 2001 è sufficientemente esaustiva nella definizione delle opere
liberalizzate.
Altre limitazioni orizzontali (sempre interne) discendono dai PRINCIPI DELL’ESAURIMENTO INTERNO E
COMUNITARIO.
L’esaurimento indica il venir meno del potere di controllare la circolazione degli esemplari delle opere
protette a seguito della loro prima immissione in commercio. Ciò permette la libertà di iniziativa economica
per coloro che abbiano lecitamente ottenuta la disponibilità di questi esemplari per servirsene nell'esercizio
di un'attività commerciale, ma anche la certezza dei traffici commerciali.
L’esaurimento si ottiene però solo per mezzo di ATTI DEFINITIVAMENTE TRASLATIVI della proprietà del
supporto tangibile che contiene l’opera, come la compravendita, perché tali atti permettono il controllo del
numero di esemplari dell’opera. Esso non è quindi provocato da contratti di noleggio o prestito, vendita
con patto di riscatto o con riserva di gradimento (poiché questi atti si limitano ad incrementare il numero
degli utilizzatori degli esemplari già in circolazione).
Il compimento del primo atto traslativo dell’esemplare originale comporta solo la perdita del potere di
controllare i successivi atti traslativi, ma non gli altri atti che generino un incremento degli utenti. In altre
parole: l’acquisto di un’esemplare originale dell’opera non autorizza l’acquirente a noleggiarlo o prestarlo
senza il consenso del titolare del diritto patrimoniale.
Con l’obiettivo di costruire un mercato europeo unico, la Corte di giustizia ha elaborato un principio di
esaurimento dei diritti d’autore su base comunitaria, sostenendo come il diritto d’autore si esaurisca nella
comunità di riferimento nel caso in cui il primo trasferimento della proprietà dell’oggetto sia effettuato
con il consenso del titolare. Questo al fine di evitare che l’esistenza di più sistemi nazionali generi restrizioni
al commercio intracomunitario, necessitando ogni messa in commercio dell’autorizzazione da parte del
titolare dei diritti d’autore.
– per gli atti che hanno l’effetto di incrementare in modo imponderabile il numero degli utilizzatori come il
noleggio e il prestito
– nel campo dei servizi online, escludendo così la possibilità per chi ottiene online una copia originale di
rivenderla in modo lecito
Sempre la direttiva 29/2001 vieta ai singoli stati di introdurre nell'ordinamento principi che mantengono in
vita un protezionismo nei confronti del diritto d'autore. Inoltre, c’è il non esaurimento dei diritti d’autore al
di fuori della comunità in cui è stato compiuto il primo atto traslativo. (perdo diritti solo su quell’esemplare
e nello stato/comunità ma non al di fuori di questo).
(3) Limitazioni imposte dal diritto antitrust
Finora abbiamo visto le limitazioni interne al diritto d’autore. Vi sono però anche delle limitazioni
esterne, che sono imposte a protezione di interessi primari, come il controllo dei dati personali, le
lesioni all’altrui reputazione o l’istigazione a delinquere.
Tra queste assume particolare rilievo l’antitrust. Infatti, ci sono diversi modi in cui le privative
patrimoniali possono violare i divieti previsti dall’antitrust: ad esempio quando abbiano per
oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, o possano
pregiudicare il commercio fra Stati membri.
Un esempio sono i cartelli di prezzo fra produttori di software/banche dati, il fissare prezzi,
generare limitazioni alla produzione, limitare ricerca e sviluppo o la discriminazione verso alcuni
clienti.
Nel caso in cui la titolarità dei diritti d’autore assegni al loro titolare una POSIZIONE DOMINANTE
in un mercato, è sanzionabile qualora abusi di questa posizione (pensiamo ad esempio ai
contratti di licenza delle risorse che prevedano prezzi non equi oppure alla pratica degli sconti
selettivi ed altre forme di discriminazione della clientela).
Ancor più raro il caso delle manifestazioni negoziali di consenso di utilizzo dell’opera che mirino ad
essere assoggettate al regime di controllo delle CONCENTRAZIONI, qualora eliminando uno o più
competitors, si possa ostacolare la competizione effettiva, specialmente ove questa mossa rafforzi
una posizione dominante.
Anche il RIFIUTO (refusal license) dell’utilizzazione della risorsa protetta deve essere vagliato
dall’Antitrust, per constatare che non si tratti di intesa restrittiva (diniego selettivo, nego ai
concorrenti) o abuso di posizione dominante. Questo perché tale rifiuto può generare effetti di
esclusione della concorrenza, cioè la ostacola e gli Stati membri possono adottare misure
appropriate per sanzionare abusi della proprietà intellettuale che abbiano effetti pregiudizievoli
sulla competizione.
Ovviamente i legislatori consigliano di non condannare ogni rifiuto da parte dei competitors, onde
evitare che si crei un mercato nel quale i competitors mirino ad escludersi a vicenda in base alla
superiorità delle loro innovazioni. Per salvaguardare i valori del diritto d’autore oltre che con
l’Antitrust, si possono privilegiare (ove possibile) interventi ab interno, che incidano sulle aree di
crisi ridisegnando l’oggetto ed il contenuto delle esclusive industrialistiche.
Estensione verticale dei diritti patrimoniali d’autore: i limiti di durata della protezione
ESTENSIONE VERTICALE DEI LIMITI: i diritti patrimoniali d'autore esclusivi hanno una durata limitata nel
tempo al fine di garantire l'equilibrio tra gli interessi degli autori e l'interesse della collettività allo
sfruttamento delle opere.
Per tradizione il sistema del diritto d'autore internazionale stabilisce un minimum di protezione
pari a 50 ANNI POST MORTEM AUCTORIS ma consente ai Paesi membri di prevedere una durata
maggiore.
Inoltre, per opere originarie di altri Stati è possibile applicare il PRINCIPIO DI RECIPROCITÀ: lo straniero può
godere degli stessi diritti attribuiti al cittadino a condizione che il medesimo trattamento sia assicurato
anche al cittadino italiano nello stato d'origine dello straniero in questione.
Interviene poi la direttiva 98/1993 (successivamente sostituita dalla 116/2006 in cui sono presenti
le disposizioni sulla durata) per armonizzare su base comunitaria la durata dei diritti patrimoniali
d'autore la quale viene estesa a 70 POST MORTE DELL'AUTORE nei casi in cui siano stati identificati
come autori una o più persone fisiche. La stessa durata vale per i diritti d’autore assegnati ex lege a
persone giuridiche.
Il DIES A QUO, ovvero il giorno da cui decorre il termine, parte il 1° gennaio dell’anno successivo a quello
nel quale è avvenuto l’evento che ha generato il decorso.
– OPERE ANONIME O PSEUDONIME (in mancanza di rivelazione) e COLLETTIVE, la cui durata è 70 anni a
partire dal momento in cui diventano accessibili al pubblico
Per queste ultime due categorie è stabilito che la durata cessi anche qualora non siano state lecitamente
accessibili al pubblico entro 70 anni dalla loro creazione.
Sempre la direttiva 98/1993 ha stabilito la possibilità prevedere dei nuovi termini di durata a qualsiasi
opera che risultasse ancora meritevole della tutela. Questa previsione ha permesso la reviviscenza della
tutela di alcune opere che in base alle regole precedenti fossero già cadute in pubblico dominio, quali ad
esempio le creazioni dell’industrial design (che siano però state registrate/brevettate come disegno o
modello). Dall’altro lato è stato anche deciso di assegnare a determinate opere una protezione più breve
rispetto ai termini stabiliti (si pensi ad esempio ad un software: data la velocità dell’innovazione
tecnologica, 70 anni sarebbero troppi).
Diritti morali: esercizio, struttura ed estensione orizzontale e verticale
I diritti morali sono diritti della personalità, ovvero ulteriori prerogative riconosciute all’autore
(oltre ai diritti patrimoniali), e sono posti a tutela della personalità creativa dell’autore che si
manifesta nell’opera dell’ingegno. Si genera così un legame tra autore e opera stessa.
Proprio per questo vincolo, tali diritti sono INDISPONIBILI e questo rappresenta il denominatore
comune a tutti gli ordinamenti, i quali presentano però anche delle differenze: difatti, seppure
tutte le esperienze nazionali riconoscano i diritti morali, vige una disomogeneità che si sta
cercando di sanare.
Sul piano costituzionale i diritti morali d'autore sono ricondotti alle regole poste a tutela della
personalità umana, la quale trova fondamento nel trattato di Amsterdam e nella Carta dei diritti
fondamentali dell’UE (2000 a Nizza). Nessuno di questi testi normativi ha però una tutela
normativa tanto ampia quanto quella presente nella Costituzione italiana all’art.2, che getta le basi
per la protezione del diritto morale d’autore.
Sul piano strutturale tali diritti vengono tipizzati in forma di IURA EXCLUDENDI ALIOS poiché
all’autore viene attribuito il potere negativo di interdire lo sfruttamento alieno dell'opera che possa
pregiudicare la sua personalità creativa.
L'esercizio dei diritti morali ha luogo come reazione contro le utilizzazioni dell'opera pregiudizievoli
della personalità dell'autore, come il plagio. I diritti morali proteggono degli interessi personali
dell’autore, quali l’interesse a decidere chi debba essere indicato come l’autore dell’opera e
l’interesse a controllarne le modificazioni che agli occhi del pubblico possano generare un
pregiudizio alla reputazione dell’autore.
Si tratta dei diritti alla paternità e all’integrità dell’opera i quali secondo l'articolo 6 bis della
Convenzione dell'Unione di Berna devono essere obbligatoriamente garantiti dai Paesi membri.
Stessa idea ripresa nell’articolo 20 della legge 633 che prevede: “Indipendentemente dai diritti
esclusivi di utilizzazione economica dell'opera ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l'autore
conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione,
mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di
pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione.”
ART. 20 l.a. - Il primo diritto morale è il DIRITTO ALLA PATERNITÀ, dunque il diritto
dell’autore di impedire a chiunque di qualificarsi come autore della sua opera. L’autore
può reagire difronte a chiunque si dichiari autore della sua opera. Questo potere è
INCEDIBILE, IMPRESCRITTIBILE ED IRRINUNCIABILE; quando l’autore muore trapassa
automaticamente ai suoi discendenti (legami familiari) e, ove non ve ne fossero, viene
esercitato dallo Stato. “…l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di
opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a
danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua
reputazione”
ART. 21 l.a. - DIRITTO DI INEDITO - L'autore può anche rimanere anonimo o pubblicare
sotto pseudonimo. L'autore di un'opera anonima o pseudonima HA SEMPRE IL DIRITTO DI
RIVELARSI e di far riconoscere in giudizio la sua qualità di autore. Nonostante qualunque
precedente patto contrario, gli aventi causa dell'autore che si sia rivelato ne dovranno
indicare il nome nelle pubblicazioni. “L'autore di un'opera anonima o pseudonima ha
sempre il diritto di rivelarsi e di far riconoscere in giudizio la sua qualità di autore.
Nonostante qualunque precedente patto contrario, gli aventi causa dell'autore che si sia
rivelato ne dovranno indicare il nome nelle pubblicazioni, riproduzioni, trascrizioni,
esecuzioni, rappresentazioni, recitazioni e diffusioni o in qualsiasi altra forma di
manifestazione o annuncio al pubblico”
DIRITTO DI PRIMA PUBBLICAZIONE DELL’OPERA (ART 12) il quale rientra nei poteri di
utilizzazione economica dell'opera ed è l’operazione che la rende nota al pubblico. Non si rinviene
nemmeno un diritto morale di mantenere l'opera inedita, ma l’interesse dell’autore a mantenerla
INEDITA deve ritenersi protetto quando:
Resta da capire se i diritti morali possano essere esercitati anche con modalità differenti rispetto a
quelle considerate fino a questo momento: e così precisamente se l’autore possa validamente
autorizzare altri soggetti a sfruttare l’opera con modalità che ne misconoscano la vera paternità,
oppure pregiudichino l’onere o la reputazione del suo creatore.
L’autorizzazione dello sfruttamento altrui con atti come il PATTO DI GHOST WRITING* (secondo il
quale chi ha creato l’opera autorizza un’altra persona a dichiararsene autore, garantendo a questo
il godimento del titolo e di non esercitare il diritto di rivelazione) e il CONSENSO A MODIFICAZIONI
PREGIUDIZIEVOLI del proprio onore o della propria reputazione, sono inclusi nell’esercizio dello ius
excludendi.
Anche dopo il compimento di questi atti, infatti, l’autore non sarà definitivamente privato del
potere di determinare l’attribuzione della paternità dell’opera, né di stabilire la forma della
pubblicazione.
* Il ghostwriting, infatti, potrebbe essere definito quale forma di “plagio autorizzato”, in cui il
committente si appropria della paternità dell’opera senza esserne l’autore originale, in virtù di un
accordo contrattuale. Conseguenza della qualificazione del suddetto patto quale contratto valido
ad effetti obbligatori, è inevitabilmente che l’eventuale esercizio, da parte dell’autore originario, del
potere di rivendicare l’opera costituirebbe un inadempimento contrattuale.
In sintesi: i patti di ghost writing e autorizzazione delle modifiche pregiudizievoli non contrastano
con il DIVIETO DI ALIENAZIONE (art.22) - divieto di trasmettere ad altri il diritto su di un bene
mediante contratto.
Di conseguenza viene eliminata la visione per cui questi due contratti sarebbero da dichiararsi
affetti da nullità. Questi contratti tutelano inoltre interessi meritevoli di protezione come gli
interessi patrimoniali dell'autore a monetizzare sulla cessione di vantaggi discendenti
dall'apparire al pubblico come il creatore dell'opera o di monetizzare sulla possibilità di modificare
l'opera. Questi ultimi interessi sono molto forti per creazioni dell’ingegno quali: software, banche
dati e design, a causa anche del loro modo di produzione e delle loro caratteristiche intrinseche.
Occorre evidenziare inoltre come: la figura del ghost writer sia già ammessa dall’ordinamento per il
caso delle opere anonime e pseudonime (l’autore ricordiamo può sempre opporre il diritto di
rivelazione); e come il patto che autorizza modifiche pregiudizievoli all’onore e alla reputazione
dell’autore possa essere sempre contrastato attraverso il droit de repentir (= DIRITTO DI PENTIRSI)
con conseguente ritiro dell’opera che sia pregiudizievole per la sua persona.
Nel caso in cui ci fosse la rivelazione del vero autore, la controparte (ghost writer) potrà ottenere la
tutela per inadempimento del contratto via giudiziale; mentre nel caso in cui l’autore decidesse di
ritirare l’opera a seguito delle modificazioni, la controparte potrà ottenere l’indennità prevista.
Diverso è invece il caso in cui le modifiche siano state accettate preventivamente dall’autore (che
prevede invece un’intangibilità definitiva = autore non può agire contro). Questa impostazione
offre un bilanciamento equilibrato tra l’interesse patrimoniale dell’individuo a TRARRE VANTAGGI
ECONOMICI dallo sfruttamento della sua personalità e le limitazioni a questo sfruttamento PER
PRESERVARE LA DIGNITÀ della persona.
Sul piano dell'estensione verticale i diritti morali durano FINO ALLA MORTE dell'autore. Secondo
l’articolo 23 della legge 633/1941, questi diritti possono essere fatti valere senza limiti di tempo dal
coniuge e dai figli e in loro mancanza dai genitori o dai discendenti o ascendenti diretti e in loro
mancanza dai fratelli e sorelle e dai loro discendenti. Questo perché i diritti morali non generano
una trasmissione mortis causa; quindi, non possono entrare in gioco gli eredi.
Dopo l’estinzione mortis causa del diritto morale appartenente all’autore, un nuovo ius excludendi
di contenuto identico nasce ex novo in capo ai suoi più stretti congiunti.
Si vieta inoltre di stipulare contratti che prevedano di trasferire queste situazioni soggettive, pena
nullità. Queste disposizioni sono sufficienti a definire questi diritti come indisponibili.
DOPO l'estinzione mortis causa del diritto morale appartenente all'autore si genera una situazione
soggettiva di uguale contenuto ex novo in capo ai suoi più stretti congiunti e ciò ha la funzione di
garantire l'interesse a preservare l'identità creativa dell'autore e i soggetti più interessati e meglio
qualificati a preservarla sono tipicamente i suoi congiunti.
Anche questi soggetti avranno ulteriori interessi personalissimi come le ragioni affettive o il
desiderio di trasmettere ai posteri una determinata immagine artistica e professionale dell'autore.
Sono in gioco anche interessi patrimoniali, che possono dipendere dei vantaggi che derivano dalla
notorietà riflessa generatagli da quel rapporto di parentela ma anche interessi collettivi, come
quello dell'intera popolazione a vedere riconosciute preservata la propria tradizione culturale. Si
evince così che il vincolo di inalienabilità dei diritti morali è volto anche a tutelare gli interessi dei
congiunti dell'autore a seguito della sua scomparsa.
– dove si discuta della validità di contratti di trasferimento dei diritti morali dall’autore ad un’altra
persona
– dove sia richiesto l’accertamento dell’appartenenza dei diritti morali per questioni diverse dalla
loro circolazione mediante contratto
– quelle relative alla contestazione della paternità dell’opera da parte della persona indicata come
autore.
Sono compromettibili invece per gli atti di esercizio dei diritti di paternità e integrità che non ne
comportano la disposizione (ad esempio gli atti contro le utilizzazioni) e per tutte le controversie
relative all’esercizio del diritto di rivelazione e del droit a repentir.