Sentenza RG 003449 2020 UD 06102022
Sentenza RG 003449 2020 UD 06102022
Sentenza RG 003449 2020 UD 06102022
5349/2022
Il Relatore Depositato il 24/11/2022
TIZIANA DRAGO Il Segretario
ATTILIO SERGIO GATTO
Il Presidente
ALBERTO CIANFARINI
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SENTENZA
proposto da
Difeso da
Mariateresa Parrelli - PRRMTR77T43A145H
Difeso da
Mariateresa Parrelli - PRRMTR77T43A145H
contro
Con atto ritualmente notificato all’Agenzia delle Dogane e Monopoli di Reggio Calabria Giuffrè Carlo Antonio
e la società Sogno di Tolosa Ltd, in persona del legale rappresentante p.t., proponeva ricorso per
l’annullamento dell’avviso di accertamento n. MTR140006954U del 28.11.2019, con il quale venne accertata,
nei confronti dei predetti ricorrenti, quali obbligati in solido, l’imposta unica sulle scommesse di cui all’art. 1
D.lgs. 504/1998, relativa all’anno 2014, per un importo di €6.187,08, a titolo d’imposta, di €8.661,91, a titolo
di sanzioni, di €1.208,26, a titolo di interessi maturati; il tutto con vittoria di spese e competenze di lite.
A sostegno del ricorso ha eccepito alcune nullità di ordine formale e nel merito il corretto assolvimento
dell’obbligazione tributaria. In particolare è stata dedotta l’illegittimità dell’avviso, in primo luogo, per essere
stata determinata l’imposta ricorrendo al metodo induttivo pure in presenza di documentazione idonea (i
reports prodotti) a provare il volume delle scommesse veicolate dal Giuffrè al bookmaker maltese, tanto più
che la società maltese aveva comprovato con apposita certificazione che il volume delle giocate risultante
da quei reports era corrispondente alla propria contabilità. Tale comportamento si poneva del resto in aperto
contrasto con la previsione di cui all’art. 24 co. 10 D.L. 98/2011 a mente del quale “Nel caso di scommesse
comunque non affluite al totalizzatore nazionale, ovvero nel caso di sottrazione di base imponibile all’imposta
unica sui concorsi pronostici o sulle scommesse, l’Ufficio dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di
Stato determina l’imposta dovuta anche utilizzando elementi documentali comunque reperiti, anche se forniti
dal contribuente, da cui emerge l’ammontare delle giocate effettuate”. Nel vaglio di detta documentazione,
peraltro, l’Ufficio avrebbe dovuto considerare la diversità dei ruoli del Giuffrè e della Sogno di Tolosa; solo
quest’ultima infatti è titolare del contratto di scommessa, che viene stipulato direttamente tra il bookmaker
comunitario e il consumatore italiano; dal canto suo il CTD locale (nella fattispecie il ricorrente) si limita solo
a fare da tramite tra lo scommettitore ed il bookmaker maltese, compiendo la seguente attività:
- riceve dal cliente /scommettitore una somma a titolo di ricarica del “conto gioco” personale;
- paga le vincite delle giocate effettuata dal conto “terminale virtuale” da un giocatore sprovvisto di un
conto gioco personale.
I rapporti economici tra il CDT e il bookmaker straniero sono infine regolati da rimesse del primo al secondo
a mezzo bonifico che non poteva sorprendere fossero non corrispondenti al volume delle giocate, posto che
il loro importo era costituito dalla differenza tra la sommatoria delle somme ricevute dai clienti scommettitori
quali ricariche del loro conto gioco personale e quali puntate estemporanee e la sommatoria di quanto
direttamente versato dal Giuffrè ai clienti a titolo di vincita e di quanto trattenuto dallo stesso a titolo di
provvigione sulle giocate.
Anche per questa ragione, sarebbe dovuto risultare evidente che il Giuffrè avrebbe, al più, dovuto
corrispondere l’imposta unica, come peraltro fatto (pur senza essere tenuto, perché non soggetto passivo
di essa) sul solo ammontare delle provvigioni percepite (l’8% del volume delle giocate) essendo il resto delle
giocate tassato in Malta in capo al bookmaker straniero; non poteva sorprendere nemmeno che il Giuffrè
non detenesse la contabilità propria del bookmaker italiano, dal momento che questi non è un bookmaker
italiano, ma solo lo sportello di un bookmaker straniero. Procedendo invece in termini induttivi pur in presenza
di contabilità chiarissima, e soprattutto imponendo al Giuffrè (e solidalmente alla società maltese) il
pagamento dell’imposta unica in relazione all’intero ammontare – peraltro induttivamente determinato - delle
giocate, si era inopinatamente violato il principio comunitario del divieto di doppia imposizione fiscale,
applicando la legge tributaria italiana a un contratto di scommessa concluso in territorio maltese. Ed infatti
né il Giuffrè né la Sogno di Tolosa potevano ritenersi soggetti passivi dell’imposta unica; non il Giuffrè, perché
nella sua qualità di titolare di mero “centro servizi / internet point / ced” (affiliato commercialmente ad un
bookmaker comunitario), non si occupa della gestione delle scommesse, bensì si limita a promuovere i
servizi offerti dall'allibratore comunitario, favorendo la stipulazione del contratto di scommessa tra il cittadino/
consumatore italiano e la società di scommesse comunitaria, attraverso la disposizione del pubblico di p.c.
E apparecchiature informatiche”; non la Sogno di Tolosa, operando interamente in territorio estero. Del resto,
se era indubitabile che l’intera gestione del contratto di scommessa avveniva mediante sistema informatico
e se il mancato collegamento al totalizzatore nazionale della Sogno di Tolosa non poteva essere attribuito
a fatto di quest’ultima (per le ragioni e la cronistoria riportate in ricorso), assurda e illegittima doveva ritenersi
la pretesa di ADM di rinvenire in contabilità le “ricevute a due sezioni” di cui all’art. 5 DPR 66/2002, non
essendo appunto questi l’allibratore soggetto passivo dell’imposta. A tale ultimo riguardo si è pure eccepita
l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 66, L. n. 220/2010 per aver inciso sulla definizione del soggetto
passivo dell’imposta a termini degli artt. 1 e 3 della legge 504/1998, sotto il profilo della retroattività della legge.
Si è costituita l’Agenzia Dogane e Monopoli Sezione Operativa di Reggio Calabria rivendicando la piena
legittimità e correttezza del proprio operato e dell’avviso impugnato.
Giova premettere in punto di fatto che l’avviso impugnato nasce da una verifica fiscale, che ha riguardato
gli anni d’imposta 2014/2015, avviata in data 18/06/2015, ai sensi e per gli effetti degli articoli 51 e 52 del
DPR 633 del 1972, come richiamato dall’art. 15, comma 8-duodecies, del decreto legge 1 luglio 2009 n. 78,
convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, nei confronti del sig. Giuffrè Carlo Antonio
quale titolare dell’esercizio commerciale con sede in via Ciccarello, n. 66 – Reggio Calabria, finalizzato alla
verifica dell’esatto adempimento delle prescrizioni normative in materia gioco e delle scommesse a tutela
della correttezza dello svolgimento delle manifestazioni sportive.
All’esito di tale verifica veniva accertato che il sig. Giuffrè esercitava, senza il possesso delle prescritte
concessioni, autorizzazioni o licenze, ex art. 88 del T.U.L.P.S., l’attività di accettazione e raccolta, anche per
via telefonica o telematica, di scommesse per conto del Bookmaker estero Sogno di Tolosa Ltd, anch’esso
privo di concessione ed autorizzazione ad operare in Italia.
A tale fine il sig. Giuffrè Carlo Antonio veniva invitato ad esibire tutta la documentazione contabile afferente
l’attività di raccolta scommesse.
Nel Processo verbale di constatazione, n. 1 del 15/07/2019, è stata elencata ed allegata la documentazione
esibita dalla parte nel corso dell’accesso, risultante dal processo verbale di verifica redatto nella stessa data,
nonché tutta la documentazione esibita dalla parte nel corso dell’istruttoria.
Dall’esame della documentazione acquisita nel corso della verifica, è risultato che la ditta del ricorrente ha
esercitato, in forza del contratto di affiliazione stipulato, in data 02/05/2014 con il bookmaker, Società Sogno
di Tolosa Ltd, con sede in Malta, privo di concessione ed autorizzazione ad operare in Italia, la raccolta e il
trasferimento all'estero di somme di denaro a titolo di scommesse, con rilascio di ricevuta allo scommettitore
e con movimentazione di valori da e verso la Società Sogno di Tolosa Ltd, con percezione di provvigioni da
parte della stessa, per il periodo dal 02/05/2014, data di sottoscrizione del contratto, al 18/06/2015, data
dell’ultimo accesso.
Dalla stessa documentazione è stato, inoltre, rilevato che il sig. Giuffrè Carlo Antonio, titolare dell’omonima
ditta individuale ha effettuato, in nome, per conto e nell’interesse delle Società Sogno di Tolosa Ltd le seguenti
attività:
Trasmissione via internet ed elaborazione di dati aventi ad oggetto proposte di scommessa formulate dai
clienti/scommettitori ed indirizzate al bookmaker, al quale compete l’onere di accettare o meno la proposta
di scommessa (ed assumersi, così, il relativo rischio);
Ricezione via internet dei dati contenenti l’accettazione delle proposte di scommessa effettuate dal
bookmaker;
Riscossione dai clienti delle somme giocate e trasferimento del denaro relativo ai bookmaker, secondo le
indicazioni fornite dalla società;
Trasferimento ai clienti, per conto e nell’interesse, nonché su specifica autorizzazione e indicazione del
Bookmaker, dei compensi maturati per ogni singola vincita.
Pertanto, si è ritenuto che il sig. Giuffrè Carlo Antonio, nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale,
abbia effettuato operazioni funzionali alla raccolta di scommesse senza le quali le stesse non si
realizzerebbero e, quindi, sia soggetto passivo di imposta unica.
Ciò premesso, ritiene la Corte che il ricorso non possa trovare accoglimento.
Quanto alla omessa traduzione in lingua inglese dell’avviso impugnato esso non può determinare l’invocata
nullità dello stesso, sia pure nei soli confronti della ricorrente maltese Sogno di Tolosa Ltd..
Premesso che i principi generali sanciti nelle Convenzioni internazionali recepite in Italia in materia di
traduzione degli atti [l’art. 6 co. 3° lett. a, della Convenzione dei diritti dell'uomo di New York recepita con L.
4.8.1955 n. 848; l’art. 14 co. 3° lett. a del Patto internazionale relativo i diritti civili e politici, recepito dalla l.
25.10.77 n. 881] evocati in ricorso afferiscono al processo penale e non all’attività accertativa in materia
tributaria, si può aggiungere che, anche a volersi immaginare - e non senza sforzo [non potrebbe dirsi invero
azzardato presumere che, essendo assoggettati alla legislazione tributaria italiana i soggetti economici,
anche stranieri, che operano in Italia, gli stessi abbiano conoscenza della lingua del luogo] - un dovere
generale dell’Amministrazione finanziaria di agire nei confronti delle persone fisiche e giuridiche di nazionalità
straniera con atti tradotti in una lingua a loro comprensibile, dovere riveniente ragione nella piena informazione
dell’attività della PA ai canoni della correttezza e trasparenza nei rapporti con il contribuente, non si può non
prendere atto che uno specifico obbligo di legge, sanzionato a pena di nullità dell’atto, di traduzione degli
atti tributari nella lingua del contribuente di nazionalità straniera non esiste.
A ciò si aggiunga che persino laddove un simile obbligo di traduzione risulta espressamente previsto dalla
legge (art. 8 del d.P.R. n. 574 del 1988), come nel caso di contribuente appartenente alla minoranza di lingua
tedesca altoatesina, la SC ha avuto modo di chiarire che la violazione di esso obbligo non può condurre
all’invalidità dell’atto in tutti i casi in cui il contribuente abbia comunque mostrato, interponendo ricorso in
sede amministrativa e/o giurisdizionale, di aver ben compreso i contenuti dell’atto (così Cass. Civ. Sez. 5,
19.10.2018 n. 26407); il che è proprio quanto, in ogni caso, verificatosi nella fattispecie in esame.
Quanto all’eccezione riguardante la violazione del diritto di difesa e del principio di contraddittorio, nonché
il difetto di motivazione e istruttoria, risulta ex actis che la parte, nel corso dell’intero procedimento, fin dal
primo accesso sia stata posta nelle condizioni di esercitare i propri diritti; risulta altresì che tutta la
documentazione dalla stessa esibita sia stata analizzata nel processo verbale di constatazione, così come
nell’avviso di accertamento impugnato.
Priva di fondamento è pure la relativa alla circostanza che l’Ufficio abbia provveduto direttamente alla notifica
a mezzo posta dell’avviso (senza cioè ricorrere a intermediario qualificato e dunque senza predisposizione
della relazione di notificazione), essendo una tale facoltà espressamente sancita dall’art. 14 della Legge
890/1982, norma che disciplina appunto le notificazioni a mezzo posta degli uffici finanziari.
Pretestuoso appare poi il rilievo, concernente l’omessa indicazione e sottoscrizione del responsabile del
procedimento, invero agevolmente riscontrabili nell’atto.
Passando ai rilievi di merito, non convincono innanzitutto le obiezioni opposte all’assoggettamento all’imposta
unica del Giuffrè e, conseguentemente, in solido con quest’ultimo, della Sogno di Tolosa Ltd.
Com’è noto infatti, ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. 504/1998, l’imposta unica “…è dovuta per i concorsi pronostici
e le scommesse di qualunque tipo, relativi a qualunque evento, anche se svolto all'estero, nel rispetto delle
disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 27, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e nell'articolo 88
del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773”; il
successivo articolo 3 dello stesso decreto legislativo specifica poi che “soggetti passivi dell'imposta unica
sono coloro i quali gestiscono, anche in concessione, i concorsi pronostici e le scommesse” e la legge di
stabilità 2011 (L. 220/2010) all’art. 1 comma 66 lettera b) ha infine espressamente previsto che il disposto
del predetto articolo 3 “…si interpreta nel senso che soggetto passivo d'imposta è chiunque, ancorché in
assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell'economia e delle finanze-
Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per
conto proprio o di terzi, anche ubicati all'estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se
l'attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l'attività è esercitata è obbligato
solidalmente al pagamento dell'imposta e delle relative sanzioni”.
Per effetto dell’entrata in vigore di detta ultima disposizione dunque, è stato rimosso ogni residuo dubbio
sia in merito all’assoggettabilità all’imposta unica anche di quanti, pure in difetto originario o sopravvenuto
della prescritta concessione, gestiscono, anche conto terzi, l’attività di raccolta di scommesse e/o concorsi
pronostici, sia in merito alla solidarietà passiva per l’imposta e per le sanzioni dei terzi nel cui nome o interesse
venga gestita l’attività di scommessa (pur se sedenti all’estero). Quanto alle questioni di diritto interporale,
pur nella considerazione della natura interpretativa della previsione del citato comma 66, la Corte
Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 23.1-14.2.2018, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto
comma 66 nella parte in cui prevede che "nelle annualità d'imposta precedenti al 2011 siano assoggettate
all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti
privi di concessione”, ma evidentemente nessun profilo di illegittimità costituzionale della prevista disciplina
(per tutela dell’affidamento del contribuente), nemmeno diverso ed ulteriore di quello già vagliato dal giudice
delle leggi, può dirsi, nemmeno astrattamente, ricorrente per le annualità d’imposta successive all’entrata
in vigore della legge 220 del 2010; e nella fattispecie si tratta dell’annualità 2014. Il che vale a rendere
certamente inammissibile (e non solo per manifesta irrilevanza nella fattispecie oggetto del giudizio) la
questione di legittimità costituzionale proposta da parte ricorrente.
Tornando al tema della soggettività passiva posto in ricorso, la chiara lettera della legge esclude ogni
fondamento al relativo motivo di doglianza, essendo pacifico che il Giuffrè, nella sede reggina della Betn1
dal medesimo gestita, e dunque avendo all’uopo predisposto una autonoma organizzazione imprenditoriale,
in locali dove si effettuava materialmente e fisicamente l’offerta al pubblico dei relativi servizi di scommessa
(con conseguente maggior appeal commerciale della mera raccolta online effettuabile via internet), per conto
e nell’interesse della Sogno di Tolosa Ltd, elaborava dati aventi ad oggetto proposte di scommessa formulate
dai clienti/scommettitori che indirizzava via internet al bookmaker maltese, per l’eventuale accettazione della
proposta di scommessa; quindi, ricevuta sempre via internet, da Sogno di Tolosa l’accettazione delle proposte
di scommessa, provvedeva alla riscossione delle poste in denaro che trasferiva alla società; quindi pagava
ai clienti, in nome e nell’interesse e su specifica autorizzazione e indicazione del bookmaker maltese, le
eventuali vincite.
Si trattava quindi di operazioni chiaramente funzionali alla raccolta di scommesse, peraltro con individuazione
da parte del cliente proprio nel gestore l’interlocutore fisico delle giocate, e dunque dei versamenti delle
poste e della riscossione delle vincite, elementi questi già in sé determinanti la soggettività d’imposta,
indipendentemente sia dall’essere lo stesso formalmente terzo rispetto al contratto di scommessa (di cui
sono parti lo scommettitore italiano e l’allibratore maltese), sia dal luogo in cui il contratto si sarebbe concluso.
Risulta poi irrilevante ai fini della soggettività di imposta in capo al Giuffrè e alla solidarietà passiva della
Sogno di Tolosa a far tempo, come accennato, dal 1° gennaio 2011 (data di entrata in vigore della legge
220/2010), il fatto – pure incontestato - che sia l’allibratore straniero (Sogno di Tolosa Ltd) che il gestore
locale (il Giuffrè) fossero privi di concessione all’esercizio dell’attività di raccolta dell’Agenzia delle Dogane
e dei Monopoli e persino della licenza di polizia di cui all’art. 88 TULPS.
Le illustrate conclusioni trovano ora conforto anche nella giurisprudenza di legittimità che, proprio di recente
ha affermato, con Ordinanza della Sez. 5, del 30.3.2021 n. 8757, che “In tema di imposta unica sui concorsi
pronostici e sulle scommesse, è soggetto passivo anche il titolare della ricevitoria operante per conto di "
bookmakers" esteri privi di concessione poiché, pur non partecipando direttamente al rischio connaturato
al contratto di scommessa, svolge comunque attività gestoria che costituisce il presupposto impositivo,
assicurando la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, e occupandosi della trasmissione
all'allibratore dell'accettazione della scommessa, dell'incasso e del trasferimento delle somme giocate
nonché, secondo le procedure e istruzioni fornite dallo stesso, del pagamento delle vincite”; d’altro canto,
con particolare riguardo alla posizione del bookmaker straniero e al tema dell’assenza di concessione in
capo al CTD, la stessa ordinanza ha affermato il principio di diritto secondo cui “L'imposta unica sui concorsi
pronostici e sulle scommesse è applicabile a tutti gli operatori che gestiscono scommesse raccolte nel
territorio italiano, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti sicché, dovendosi escludere qualsivoglia
restrizione discriminatoria tra "bookmakers" nazionali e "bookmakers" esteri, nonché un pregiudizio alla
libertà di prestazione di servizi, il centro di trasmissione che invii i dati di gioco per conto di allibratore privo
di concessione avente sede in altro Stato membro, operando quale suo intermediario allo stesso titolo degli
operatori di scommesse nazionali "concessionati", è soggetto passivo d'imposta a norma dell'art. 1, comma
66, lett. b), l. n. 220 del 2010, godendo altrimenti di un'irragionevole esenzione - contrastante col principio
di lealtà fiscale - per il solo fatto di porsi al di fuori del sistema concessorio, funzionale a prevenire infiltrazioni
criminali nel settore del gioco (CGUE 26 febbraio 2020, causa 788-18, punti 18 e 21)” (così Cass. Civ. Sez.
5, Ordinanza del 30.3.2021 n. 8757; conforme Sez. 5, Ordinanza del 28.9.2021 n. 26203).
Rimosso dunque ogni dubbio circa l’assoggettamento all’imposta unica del Giuffrè (ed alla solidarietà passiva
della società maltese pure ricorrente), va ulteriormente respinto l’assunto secondo cui assoggettato
all’imposta in questione sarebbe solo l’ammontare delle provvigioni ricevute dal Giuffrè in esecuzione del
contratto con la società maltese. L’imposta unica è invero un’imposta indiretta, che si applica sull’intero
importo giocato, sicché non v’è dubbio che la sua base imponibile sia il volume complessivo delle giocate
e non la percentuale che, secondo gli accordi tra gestore sul territorio italiano e bookmaker straniero, sarebbe
di competenza del primo, accordi che evidentemente non possono essere opposti al fisco.
Proprio il tema della precisa determinazione della base imponibile sostanzia invero il punto dolente della
vicenda contenziosa (posto che ha rappresentato ragione del ricorso alla determinazione induttiva) e questa
Corte deve prendere atto che parte ricorrente non ha vinto l’indicazione posta da ADM di insufficienza della
documentazione contabile esaminata in sede di verifica; del resto l’assenza di idonea contabilità in merito
al volume delle giocate gestito nell’anno d’imposta in parola risulta coerente con la stessa affermazione
principale del Giuffrè di non ritenere di essere soggetto passivo dell’imposta e al più di doverla sull’ammontare
delle provvigioni versategli dalla società maltese, ma deve pure escludersi che una simile dimostrazione
possa essere offerta da attestazioni/certificazioni provenienti da Sogno di Tolosa Ltd (coobbligata in solido
al versamento dell’imposta).
Piuttosto, occorre convenire con quanto riportato nell’avviso impugnato e ribadito nelle difese dell’Ufficio,
circa l’esistenza di specifici vincoli normativi nella documentazione contabile del volume delle giocate, vincoli
che sono quelli di cui all’art 2 DPR 66/2002, e che non risultano certamente osservati dalla BetN1 di Giuffrè.
Detta norma infatti prevede diverse modalità di documentazione per i centri scommesse collegati al
totalizzatore nazionale (comma 1) e per quelli, come appunto quello dei ricorrenti, non collegati al totalizzatore
nazionale (commi 2 e 3).
In quest’ultimo caso infatti, le modalità sono diverse a seconda che la gestione delle scommesse avvenga
o meno telematicamente; “2. I soggetti che si avvalgono di sistemi informatici non collegati in tempo reale
con il totalizzatore nazionale del Ministero dell'economia e delle finanze comunicano in via telematica
all'Anagrafe tributaria i dati relativi a tutte le operazioni inerenti all'esercizio della funzione di raccolta delle
scommesse secondo modalità e specifiche tecniche stabilite con provvedimento dell'Amministrazione
finanziaria”; va da sé dunque che detta modalità di documentazione presuppone un apposito provvedimento
concessorio (contenente appunto le specifiche tecniche fissate dall’ADM) di cui evidentemente il Giuffrè –
ma anche il bookmaker straniero - era sprovvisto; con la conseguenza che avrebbero dovuto essere
comunque e necessariamente, pure in presenza dell’avvalimento di sistemi informatici e in aggiunta ad essi,
sempre documentate le giocate con le modalità fissate nel comma successivo che di seguito si riporta: “3.
I soggetti che gestiscono le scommesse senza sistemi informatici utilizzano ricevute a due sezioni soggette
a vidimazione e a bollatura da parte dell'Ufficio delle entrate o dell'Ufficio I.V.A., recanti, a stampa, la
numerazione progressiva ed i dati identificativi del soggetto assuntore, in serie distinta per i diversi tipi di
scommessa. All'atto del rilascio della ricevuta in ciascuna delle due sezioni della medesima sono indicati: il
luogo ed il giorno dell'avvenimento; la tipologia della scommessa; il numero della gara; il nome ed il numero
dell'evento oggetto della scommessa; la posta accettata; l'importo da pagare in caso di vincita; la data e
l'ora del rilascio della ricevuta, con esclusione di qualsiasi dato di carattere nominativo”.
Il che però non è avvenuto; il Giuffrè non ha infatti tenuto la detta contabilità obbligatoria e tanto non solo si
traduce in una carenza documentale che certifica una irregolarità che ha – correttamente - legittimato il
ricorso al metodo induttivo puro concretamente seguito per determinare l’imponibile nell’avviso impugnato,
in ossequio al disposto di cui all’art. 24 co. 10 del D.L. 98/2011 con l’applicazione dell’aliquota massima di
cui all’art. 4 D.lgs. 504/1998, ma pure fondato quella presunzione legale di corrispondenza dell’accertato al
volume delle giocate, astrattamente contrastabile dal contribuente con la dimostrazione di una minore
raccolta; dimostrazione che tuttavia il Giuffrè non è stato in grado di offrire, in sede di verifica e poi di reclamo,
né con le prescritte modalità, né mediante esibizione di registri, documenti e altre scritture non obbligatori,
che potessero offrire determinazione sicura della base imponibile.
In riferimento alla eccepita violazione del principio della capacità contributiva, sancito dall’art. 53 della
Costituzione, dovuta alla circostanza che il reddito percepito dai CTD non è rappresentato dall’ammontare
delle somme raccolte a titolo di scommesse bensì dall’ammontare delle provvigioni riconosciute a fronte dei
servizi di promozione e raccolta dati a favore della Società bookmaker, si ribadisce che l’imposta unica è
un’imposta indiretta, che si applica sull’intero importo giocato, il cui onere viene a gravare sul consumatore
finale, nel caso di specie sullo scommettitore. Tale effetto traslativo non può essere vanificato dal fatto che
i CTD sono remunerati attraverso una apposita commissione determinata in base all’entità della puntata e
delle caratteristiche della stessa ed indipendente dalle eventuali vincite, circostanza quest’ultima che, a
parere della ricorrente, comporterebbe l’assunzione del rischio economico solo in capo al Bookmaker, atteso
che l’eventuale impossibilità di traslare in capo al singolo giocatore il suo peso economico dell’imposta è
dovuta non alla natura intrinseca della attività dei CTD quanto piuttosto al tipo di rapporto contrattuale e di
remunerazione che gli stessi hanno discrezionalmente ritenuto di accettare, circostanza inopponibile al fisco
(CTP Napoli n° 7986/12/16 del 03/03/2016).
Dal tenore letterale dell’art. 1 e 3 della legge 504/19988, come autenticamente interpretati dal comma 66
della legge 220/2010, risulta evidente che per la raccolta scommesse effettuata sul territorio nazionale sia
soggetto d’imposta (anche se non destinatario sostanziale della stessa) chi materialmente pone in essere
tale raccolta (comprensiva della detta imposta) e sia, quindi, obbligato a versarla all’Erario a prescindere da
ogni diversa possibile considerazione, prima ed in luogo di versarla a qualsiasi altro soggetto, che qualora
sia diverso dal predetto “raccoglitore”, viene ad assumere in proposito una obbligazione di natura solidale,
che in nulla viene a diminuire la responsabilità primaria e diretta al versamento dell’imposta incombente sul
“raccoglitore” stesso. (CTP Roma n° 13968/2016 del 09/06/2016).
In riferimento alla presunta illegittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 della legge 504/1998, sotto il profilo
della retroattività della legge, si evidenzia che l’art. 1, comma 66, L. n. 220/2010 è una norma di interpretazione
autentica, pertanto, applicabile con efficacia ex tunc. Non è necessario, infatti, che il legislatore debba,
ogniqualvolta proceda ad interpretare il senso dell’enunciato di una norma, richiamare specificatamente
l’art. 1, comma 2, della L. 212/2000, essendo sufficiente, da un punto di vista semantico, affermare la volontà
di procedere con norma interpretativa. E, nel caso che ci occupa tale volontà è manifestata dall’inciso
“l’articolo 1 del decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che…”. Qualora, in ogni
caso, si volesse argomentare sulla “retroattività” della norma, si osserva che la Corte Costituzionale ha
affrontato ripetutamente l’incidente di costituzionalità relativo alla retroattività delle norme di legge e, pur
nella varietà delle fattispecie, l’orientamento seguito dalla Consulta non ha mai lasciato spazio ad equivoci
di sorta. Infatti, dopo aver puntualmente riconosciuto nel divieto generale di retroattività della legge un
principio generale dell’ordinamento, nonché un fondamentale valore di civiltà giuridica a cui il legislatore
deve in linea di principio attenersi, ha ricordato come “lo stesso non sia stato tuttavia elevato a dignità
costituzionale ad eccezione di quanto stabilito dall’art.25 Cost., limitatamente alle leggi in materia penale”
(sentenze n.6 e n.397 del 1994, n.432 del 1997, n.229 e n.416 del 1999, n.419 del 2000, n.374 del 2002,
n.291 del 2003). Pertanto, secondo la giurisprudenza costituzionale, “il legislatore ordinario può, nel rispetto
di tale limite, emanare norme retroattive, purché trovino adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza e non si pongano in contrasto con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti, così
da non incidere arbitrariamente sulle situazioni sostanziali poste in essere dalle leggi precedenti, se queste
condizioni sono osservate, la retroattività, di per se da sola, non può ritenersi elemento idoneo ad integrare
un vizio della legge” (sent. n. 432 del 1997). In particolare i limiti posti dai giudici della Suprema Corte
attengono, oltre che a principi costituzionalmente cristallizzati, ad altri fondamentali valori di civiltà giuridica
posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto
del principio generale di ragionevolezza (che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di
trattamento); la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggettiquale principio connaturato allo Stato
di diritto. Appare a questo Ufficio sufficientemente provato che: a) in nessun caso l’attività dei CTD in
questione, che hanno raccolto scommesse per conto del bookmaker estero, può considerarsi oggetto di
concorrenza “sleale” da parte degli operatori legali e d’altra parte la loro attività (raccolta di scommesse)
ricade nell’identico presupposto d’imposta in cui ricadono gli operatori legali, pertanto, sempre sotto il profilo
tributario, l’art. 1, comma 66, risulta perfettamente ragionevole nel chiarire che anche le agenzie che
raccolgono scommesse senza licenza di P.S. o concessione, sono assoggettate al tributo, tra l’altro al
precipuo scopo di garantire l’art. 53 della Costituzione mediante un identico livello di tassazione per operatori
che esercitano la medesima attività (e scongiurare, o quantomeno attenuare, la concorrenza “sleale” di tali
operatori abusivi nei confronti di quelli legali); b) in nessun caso i CTD in questione possono aver fatto
legittimamente affidamento sulla circostanza di non dover corrispondere l’imposta unica, in primis, perché
erano ben a conoscenza che la loro attività era illegittima sotto il profilo amministrativo. Posto che la
disposizione in esame ha natura interpretativa e, quindi, efficacia retroattiva, l’Ufficio rileva come l’ eccepita
illegittimità costituzionale sia assolutamente pretestuosa e fuorviante, atteso che l’art. 1, comma 66, delle
legge 220/2010 è entrato in vigore il 01/01/2011, quindi in un periodo precedente all’anni d’imposta 2014,
di cui all’avviso impugnato, e, conseguentemente, non assume alcun rilievo la discussa portata interpretativa
della stessa norma.
Il dato letterale dell’art. 3 del D.lgs 504/1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, lettera b) della legge
220/2012, appare inequivocabile nel senso di assoggettare a responsabilità colui che gestisce con qualunque
mezzo anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o
scommesse di qualunque genere; è proprio il riferimento alla gestione per conto terzi ad apparire
specificatamente descrittivo dell’attività dei CTD in ragione delle loro essenziali attività (acquisizione dei dati
della giocata, trasmissione della stessa all’operatore estero, emissione della ricevuta che ne attesta
l’accettazione, raccolta delle somme delle poste di gioco, pagamento delle vincite) e tanto indipendentemente
dal potere di ingerenza nella determinazione delle condizioni di scommesse e della estraneità al contratto
che ha come parti lo scommettitore e la società estera per conto della quale agiscono (CTR Campania –
sentenza n° 4615/17/2015). Il legislatore ha introdotto volutamente un concetto ampio e sostanziale, quale
quello di “gestione”, per includere ogni attività idonea a portare a termine il negozio di scommessa o, per
meglio dire a svolgere la “raccolta del gioco” ed ogni atto materiale a questo connesso, antecedente e
successivo. In ogni caso anche a voler far propria una interpretazione ristretta della nozione di “gestione”,
appare pacifico che in essa vi rientrino le diverse attività esercitate dai CTD: non solo la trasmissione dei
dati al bookmaker, l’incasso delle somme puntate ed il pagamento delle vincite, ma anche la predisposizione
di locali aziendali finalizzati all’esercizio dell’impresa e di apparecchiature informatiche nonchè – sotto un
profilo più prettamente formalistico- l’invito a scommettere mediante l’indicazione di quote, la ricezione delle
proposte di scommessa da parte dei giocatori e l’accettazione da parte del bookmaker estero a seguito della
giocata, comprovata dal rilascio di ricevuta da parte dei CTD. La nozione di gestione non implica dunque
necessariamente l’assunzione del rischio della scommessa, come postulato dalla società ricorrente, ma è
riferita all’attività di impresa di raccolta delle scommesse in relazione alla quale sussiste infatti un rischio
d’impresa connesso al volume delle giocate ricevute, per le quali è pagata la provvigione (Sentenza CTR
Roma sez. 28 n° 25/2016).
Sul punto si ricorda, infine, l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 27 pronunciata il
23/01/2018, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998 e
dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella parte in cui prevedono che soggetti passivi
dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse siano le ricevitorie operanti per conto di
bookmakers privi di concessione, solo per le annualità d’imposta precedenti al 2011 e non per quelle
decorrenti dal 2011, come nel caso di specie.
In riferimento alla contestazione relativa all’omessa tenuta e conservazione delle scritture contabili, di cui
all’art. 5 del DPR 66/2002, ed a quella di cui all’art. 1 del DPR 66/2002, la parte ha eccepito l’inapplicabilità
delle suddette disposizioni nei propri confronti attesa la carenza di soggettività passiva dell’imposta unica
in capo al titolare dello sportello virtuale.
Il riconoscimento della soggettività passiva dell’imposta unica in capo al CTD comporta l’assoggettabilità
dello stesso alle disposizioni del DPR n° 66/2002, recante il regolamento per la semplificazione degli
adempimenti relativi all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, a norma dell’art. 6 del d.
lgs 504/1998.
Infatti, l’art. 2 del predetto regolamento, prevede al punto 3, le modalità di documentazione delle operazioni
di raccolta scommesse da parte di coloro che non sono collegati al Totalizzatore Nazionale. E’ evidente che,
poiché tutti i concessionari sono collegati al Totalizzatore Nazionale in virtù della concessione acquisita, tale
indicazione riguardi coloro che, pur raccogliendo scommesse, non sono concessionari. Per quest’ultimi
soggetti sono previste stringenti modalità finalizzate a documentare giornalmente l’attività di raccolta
scommesse, mediante ricevute a due sezioni, dettagliatamente compilate e soggette a vidimazione da parte
degli uffici dell’Agenzia delle Entrate competenti in materia di Iva. Tali ricevute devono recare, a stampa, la
numerazione progressiva ed i dati identificativi del soggetto assuntore, in serie distinta per i diversi tipi di
scommessa. Su tali ricevute, all'atto del rilascio, in ciascuna delle due sezioni, devono essere indicati: il
luogo ed il giorno dell'avvenimento; la tipologia della scommessa; il numero della gara; il nome ed il numero
dell'evento oggetto della scommessa; la posta accettata; l'importo da pagare in caso di vincita; la data e
l'ora del rilascio della ricevuta, con esclusione di qualsiasi dato di carattere nominativo.
Dai dati risultanti dalle ricevute di gioco è possibile procedere alla liquidazione dell’imposta unica, a mezzo
di un prospetto di liquidazione, riepilogativo degli introiti delle scommesse, secondo quanto previsto dall’art.
3 del citato DPR 66/2002.
Poiché la parte non ha proceduto alla contabilizzazione delle scommesse secondo quanto previsto dalla
norma sopra indicata, la stessa è soggetta alla sanzione prevista dall’art. 5, comma 5, del d.lgs 504/1998,
che rinvia all’applicazione dell’art. 9 del D.lgs 471/1997.
In ordine alla violazione riguardante l’omessa segnalazione certificata di inizio attività di cui all’art. 1 del dpr
66/2002 si evidenzia che la stessa disposizione prevede che: “ i soggetti passivi dell'imposta unica di cui al
decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, presentano la dichiarazione di inizio di attività, entro trenta
giorni dall'inizio dell'attività medesima, all'Ufficio delle entrate o, se non ancora attivato, all'Ufficio I.V.A.
competente ai sensi degli articoli 58 e 59 del decreto del Presidente della Repubblica 21 settembre 1973,
n. 600, e successive modificazioni, a tutti gli effetti del presente decreto. Detta dichiarazione, redatta in
conformità al modello approvato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, contiene gli elementi
di identificazione del contribuente, la data di inizio, l'oggetto e la sede dell'attività svolta, nonché il luogo o i
luoghi di conservazione dei documenti e delle scritture aventi rilievo ai fini tributari.” Il comma 4 dello stesso
articolo prevede che tale dichiarazione possa essere presentata avvalendosi del servizio di collegamento
telematico con l'Amministrazione finanziaria. Tenuto conto che la competenza in materia di scommesse è
stata devoluta a quest’Agenzia, la dichiarazione di inizio attività deve essere presentata telematicamente
alla stessa, a seguito dell’attivazione, a decorrere dal 21/09/2011, del nuovo servizio telematico nell’area
riservata del sito istituzionale, a cui si accede mediante apposita autorizzazione da richiedere all’Agenzia.
Nel caso di specie, la parte avrebbe dovuto presentare tale dichiarazione, secondo le modalità, sopra indicate,
entro 30 giorni dalla data di inizio attività di raccolta scommesse, che coincide con la data di sottoscrizione
del contratto con il bookmaker estero. Nessuna comunicazione in tal senso è pervenuta all’Amministrazione
né entro i previsti 30 giorni né in data successiva.
In merito alla contestazione riguardante l’inottemperanza a produrre parte della documentazione richiesta
dall’ufficio nell’esercizio dei poteri di cui all’art. 51, occorre evidenziare che nel precisare che la parte ha
esibito parzialmente ed in maniera incompleta la documentazione richiesta a seguito dell’invito formulato,
e nel dare atto della documentazione esibita, con l’indicazione della data e del numero di protocollo di
acquisizione, l’Agenzia ha specificato, espressamente, che non sono stati esibiti i report contabili settimanali
dettagliati e la documentazione a supporto dei movimenti finanziari da e verso il bookmaker, elementi
determinanti ai fini della quantificazione della raccolta effettuata a titolo di scommesse.
Infine, la parte eccepisce la violazione della procedura di informazione disciplinata dalla direttiva 98/34/CE
del Parlamento Europeo e del 26/06/1998 recepita in Italia dalla legge n° 317 del 1986.
In riferimento alla eccepita violazione della procedura di informazione disciplinata dalla Direttiva sopra
indicata occorre rilevare come la parte abbia contestato l’omessa notifica alla Commissione Europea, ai
sensi dell’art. 8.1 della Direttiva 98/34/CE del Parlamento Europeo, integrata dalla Direttiva 98/48/CE, delle
disposizioni legislative in materia di scommesse, senza tuttavia indicare quali norme non siano state
notificate.
Posto che la normativa in materia di scommesse non contiene alcuna disposizione rientrante nella prima e
nella seconda categoria di regole tecniche, vale a dire nella nozione di “specificazione tecnica” ai sensi
dell’art. 1, punto 3 della Direttiva 98/34, nozione che riguarda esclusivamente le misure nazionali che si
riferiscono al prodotto o al suo imballaggio in quanto tale, e nella nozione di “altro requisito” ai sensi dell’art.
1 punto 4 della citata Direttiva, nozione che riguarda il ciclo di vita di un prodotto dopo la sua immissione
sul mercato, occorre verificare se la predetta normativa contenga disposizioni ricadenti sotto la terza o quarta
categoria di “regole tecniche” elencate all’art. 1.11 della Direttiva 98/34, vale a dire le “regole relative ai
servizi” oppure quelle che “vietano la prestazione o l’utilizzo di un servizio o lo stabilimento come fornitore
di servizi.”
Come rilevato dall’Agenzia, sicuramente, non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa in
argomento, in quanto non possono essere qualificate come “regole tecniche relative ai servizi” , ai sensi
dell’art. 1.11 della Direttiva, le disposizioni che introducono l’obbligo di ottenere la concessione e
l’autorizzazione dello Stato membro per l’organizzazione o la raccolta di scommesse sportive.
Analogamente, il d. lgs. 504/1998, di cui con il ricorso in esame si contesta l’applicazione al caso di specie,
essendo una norma di natura tributaria, non può essere qualificata come “regola tecnica relativa ai servizi”
e, pertanto, non è soggetta all’obbligo di notifica di cui alla Direttiva in argomento.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, oltre accessori di legge ove dovuti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in solido tra loro, delle spese del giudizio che liquida
in euro 1.000,00 oltre accessori se dovuti.