Sicurezza 2

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SICUREZZA

cara milly,
io ti copio tutti gli appunti tu però non mi devi mai lasciare in cambio :)
tua,
lele

LEZIONE 4

AMBIENTE DI LAVORO
In merito alle dimensioni del posto di lavoro si deve partire dalle considerazioni
introdotte nell’art.16 del D.Lgs. 19.03.1996 n.242:
“Altezza, cubatura e superficie”
I limiti per altezza, cubatura e superficie dei locali chiusi destinati o da
destinarsi al lavoro nelle aziende che occupano più di 5 lavoratori, ed in ogni caso
in quelle che eseguono le lavorazioni indicate all’articolo 33, sono i seguenti:
● Altezza netta non inferiore a 3 metri;
● Cubatura non inferiore a mc10 per lavoratore;
● Ogni lavoratore occupato in ciascun ambiente deve disporre di una
superficie di almeno mq.2.
● I valori relativi alla cubatura e alla superficie si intendono lordi cioè senza
deduzione dei mobili, macchine ed impianti fissi.”
Considerando la definizione che fornisce il DPR 27.04.55 n.547:
“Lo spazio destinato al lavoratore nel posto di lavoro deve essere tale da
consentire il normale movimento della persona in relazione al lavoro da
compiere”
La letteratura tecnica odierna ritiene le misure precedentemente introdotte del
tutto insufficienti e individua nel valore di circa 6÷8 m2 per lavoratore la
superficie minima da destinare ad ogni singolo lavoratore.
In generale si può dire che i principali rischi collegati all’ambiente di lavoro inteso
nella sua strutturazione fisica (pareti, pavimenti, infissi) sono:

➢ vie di fuga impraticabili in caso di evacuazione;


➢ scivolamenti e/o cadute in corrispondenza di porte vetrate;
➢ scivolamenti e/o cadute a causa di pavimenti bagnati o sconnessi.
In particolare la parte relativa alle vie di fuga è da prendere particolarmente in
considerazione in termini progettuali e gestionali, essendo tra l’altro uno degli
obblighi primari del datore di lavoro (art. 32 comma 1, lettera a, del D.Lgs 626/94):
"le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a uscite di
emergenza siano sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni
evenienza".

PAVIMENTI
La fruizione sicura dei percorsi sia per il passaggio di persone e sia per il trasporto
di cose, impone una particolare attenzione alla superficie a pavimento che
richiede una valutazione dei rischi specifici in termini di:
➢ scarsa illuminazione;
➢ illuminazione non schermata;
➢ presenza di gradini o dislivelli poco visibili o non segnalati;
➢ presenza di porte, armadi o sportelli che aprono sulla via di transito.
In particolare l'art. 33 comma 9 del D.Lgs 626/94 recita:
“I pavimenti degli ambienti di lavoro e dei luoghi destinati al passaggio, non
devono presentare buche o sporgenze pericolose e devono essere in condizioni
tali da rendere sicuro il transito delle persone e dei mezzi di trasporto.”

● I pavimenti devono essere realizzati con materiali antisdrucciolevoli ed i


piani di calpestio devono essere mantenuti puliti ed asciutti.
● Pertanto in caso di caduta sul pavimento di sostanze scivolose e/o di
acqua si deve provvedere alla loro immediata rimozione.
● A tal proposito, nelle giornate di maltempo, i pavimenti possono essere
causa di caduta, per cui soprattutto nelle zone di ingresso occorre
mantenerli asciutti con materiale assorbente ed applicare, eventualmente
in forma preventiva, strisce antisdrucciolevoli.

In relazione ad una possibile fuga in caso di incendio o di pericolo immediato


(ma anche come prevenzione dei rischi per esempio da caduta per inciampo) si
deve invece fare riferimento all’art. 33 comma 10 del D.Lgs 626/94
"I pavimenti ed i passaggi non devono essere ingombrati da materiale che
ostacoli la normale circolazione".
● Questo significa quindi evitare che i corridoi e in generale tutte le zone di
transito siano trasformate in depositi più o meno temporanei di scatole,
carta o arredi che ne impediscano la corretta fruizione.
● Stesso risultato incongruo è causato da sistemazioni irrazionali di
componenti di arredo. E’ importante invece ricordare che, per ragioni di
sicurezza e di comoda deambulazione: le porte non solo devono sempre
essere apribili, ma devono essere apribili in modo completo e agevole per la
mobilità sia in condizioni normali e sia in situazioni di emergenza.
MATERIALI DI RIVESTIMENTO FACILMENTE LAVABILI E SANIFICABILI

PARETI VETRATE
Secondo l'art. 6 comma 5 lettera b) del D.Lgs 242/96
"le pareti vetrate devono essere chiaramente segnalate e costituite da
materiali di sicurezza fino all'altezza di 1 m dal pavimento ovvero separate
dai posti di lavoro e dalle vie di circolazione in modo tale che i lavoratori non
possano entrare in contatto o rimanere feriti qualora vadano in frantumi".
Questa specifica attenzione è dovuta al fatto che la presenza di porte interamente
o parzialmente vetrate rende particolarmente pericolosi scivolamenti e cadute di
persone.
L'impatto può infatti provocare, oltre ad eventuali contusioni conseguenti all’urto,
ferite molto gravi sovente con pericolosi fenomeni emorragici, a causa della
possibile rottura e conseguente frantumazione del vetro stesso.

Le precedenti considerazione non devono però indurre a pensare che le porte


interamente o parzialmente trasparenti (con feritoie, oblò o aperture) siano
assolutamente da evitare in quanto fonte di pericolo, perché viceversa offrono
invece anche dei vantaggi ai fini della sicurezza come:
● l'opportunità di controllare visivamente la situazione di un ambiente
senza necessità di accedervi direttamente (possibilità preziosa per esempio
in caso di incendio);
● la diffusione di luce naturale anche in locali privi di infissi propri;
● la possibilità di intravedere la presenza di persone al di là evitando urti o
incidenti con le stesse al momento dell'apertura.

MATERIALI DELLA STRUTTURA E DEI RIVESTIMENTI FACILMENTE LAVABILI E


SANIFICABILI

SERVIZI IGIENICI
Un aspetto importante nella progettazione di uffici riguarda infine la
disposizione e fruibilità dei servizi igienici che (secondo l'art. 16 comma 10 del
D.Lgs 242/96) devono essere situati in prossimità dei luoghi di lavoro, devono
essere:
● dotati di acqua calda, di mezzi detergenti e per asciugarsi ;
● essere separati per sesso
(laddove, per vincoli urbanistici o architettonici e nelle aziende in numero non
superiore a 10, ciò non fosse possibile è ammessa un'utilizzazione separata degli
stessi).
I commi 4, 5, 6 dell'art. 30 del D.Lgs 626/94 sottolineano infine che:
“I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se del caso, di
eventuali lavoratori portatori di handicap in particolare per le porte, le vie di
circolazione, le scale, i gabinetti e i posti di lavoro utilizzati od occupati
direttamente da lavoratori portatori di handicap”

REQUISITI DEI LUOGHI DI LAVORO


1. AMBIENTI DI LAVORO
1.1. Stabilità e solidità
1.2. Altezza, cubatura e superficie
1.3. Pavimenti, muri, soffitti, finestre e lucernari dei locali scale e
marciapiedi mobili, banchina e rampe di carico
1.4. Vie di circolazione, zone di pericolo, pavimenti e passaggi
1.5. Vie e uscite di emergenza
1.6. Porte e portoni
1.7. Scale
1.8. Posti di lavoro e di passaggio e luoghi di lavoro esterni
1.9. Microclima
1.9.1. Aerazione dei luoghi di lavoro chiusi
1.9.2. Temperatura dei locali
1.9.3. Umidità
1.10. Illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro
1.10.7. Illuminazione sussidiaria
1.11. Locali di riposo e refezione
1.11.1. Locali di riposo
1.11.2. Refettorio
1.11.3. Conservazione vivande e somministrazione bevande
1.12. Spogliatoi e armadi per il vestiario.
1.13. Servizi igienico assistenziali
1.13.1. Acqua
1.13.2. Docce
1.13.3. Gabinetti e lavabi
1.13.4. Pulizia delle installazioni igienico-assistenziali:
1.14. Dormitori

ERGONOMIA
Secondo la definizione della International Ergonomics Association :
L’ergonomia è la disciplina che concerne lo studio delle interazioni tra esseri
umani e gli elementi di un sistema

La sua peculiarità sta nella multidisciplinarietà


L’obiettivo è:
- Elevare il livello di compatibilità tra le diverse interfacce e l’operatore
umano
- superare il dualismo tra obiettivi organizzativi ed individuali
- Assicurare la salvaguardia della salute dei lavoratori a fronte del
raggiungimento dei massimi livelli possibili di qualità della prestazione

Le componenti S-H-E-L dell’ergonomia

S=> SOFTWARE (algoritmi) rappresenta tutte le regole formali ed informali


che determinano le modalità d’interazione tra le componenti del sistema

H=> HARDWARE (apparecchiature) rappresenta tutte le componenti


materiali, fisiche, comunque non umane

E=> ENVIRONMENT (ambiente) rappresenta l’ambiente fisico, sociale,


economico e politico nel quale le componenti si trovano ad agire

L=> LIVEWARE (uomo) riguarda il fattore umano nei suoi aspetti relazionali e
comunicativi

Il concetto di ergonomia venne introdotto dall’art. 3 comma 1, lettera f) del D.Lgs


626/94 che per la prima volta fece riferimento all'obbligo del: "rispetto dei
principi ergonomici nella concezione dei posti di lavoro e produzione, nella
scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,
anche per attenuare il lavoro monotono e quello ripetitivo."
Ergonomicamente parlando tutti i posti di lavoro devono possedere delle
caratteristiche precise tra le quali ricordiamo:
● un accesso diretto almeno da un lato;
● la luce naturale deve provenire prevalentemente dal lato sinistro;
● la distanza dalle sorgenti di luce naturale non deve essere maggiore di 5
metri;
● gli operatori a cui è necessaria una maggiore concentrazione per svolgere
la mansione affidata devono usufruire di pannelli di schermatura visiva e
acustica.
Al fine di ottimizzare i cicli di lavoro in modo che non subiscano rallentamenti a
causa della distribuzione di postazioni, vie di transito e attrezzature di lavoro,
occorre garantire
una certa vicinanza e facilità di relazione tra postazioni di lavoro inerenti uno
stesso progetto ed in genere tra tutte le postazioni occupate da lavoratori che
per svolgere i propri compiti necessitano di interscambio con altre postazioni
lavorative.
In termini progettuali generali è importante che:
● la superficie globale di lavoro sia distribuita sul minor numero possibile di
piani
● che gli impianti tecnici (illuminazione, climatizzazione,
telecomunicazioni,...) siano predisposti in modo da attrezzare l'intera
superficie degli uffici in modo da consentire spostamenti e variazioni
distributive.

ARREDI
Analizzando gli arredi da un punto di vista della sicurezza, nei luoghi di lavoro si
evidenziano due aspetti fondamentali come:
● la disposizione degli arredi nella stanza in ordine agli spazi d’uso, alla zona
operativa e agli spazi di ingombro;
● l’ergonomia degli arredi stessi che implica anche una analisi di dettaglio
delle caratteristiche costruttive e di finitura degli stessi
Quindi in definitiva possiamo parlare di un progetto ed una verifica della
ubicazione degli arredi e di un progetto ed una verifica dell’ergonomia degli
arredi.
Dove per progetto ergonomico si intendono tutti quei provvedimenti volti ad
indirizzare e coordinare le risorse disponibili nell’ottica della realizzazione di
ambienti e prodotti che si adattino il più possibile alle caratteristiche e ai bisogni
degli utilizzatori.

In termini generali un progetto ergonomico si pone l’obiettivo di ottenere in


qualsiasi condizione:
➢ il risparmio energetico ed il rispetto dell’ambiente;
➢ il rispetto normativo;
➢ la realizzazione di condizioni complessive che consentano anche in
occasione di eventi anomali una fruizione in assenza di situazioni di
pericolo e di disagio, sia dirette che indirette,
➢ il corretto uso degli impianti e delle attrezzature da parte degli utenti;
➢ il corretto uso degli strumenti;
➢ il mantenimento delle condizioni ambientali progettate, anche quando
venissero apportate modifiche strutturali e/o organizzative all’assetto
iniziale;
➢ la salvaguardia del benessere sia degli utenti e sia degli edifici ed, in
particolare, il conseguimento di situazioni di lavoro confortevoli nelle
varie condizioni operative e climatiche.

SEDILI
● Il prolungarsi nel tempo di una errata posizione seduta, può provocare
disturbi di tipo muscolo-scheletrico.
● Questo spiega come mai il Dlgs626/94 abbia introdotto il rischio dall’uso da
Videoterminale in quanto proprio la crescente diffusione di questo tipo di
lavoro ha fatto diventare il mal di schiena una malattia sociale e la
maggior causa di assenza da lavoro.

In generale negli Uffici si tende a suddividere i sedili in:


➔ sedili per il lavoro al VDT
➔ sedili per il lavoro d’ufficio

Per individuare le caratteristiche necessarie in un sedile per il lavoro d’ufficio si


deve fare riferimento alla classificazione della postura mediamente assunta, in
base alla mansione svolta:
● propriamente seduta con azioni manuali
● propriamente seduta con attività prevalentemente visiva
● non continuativamente seduta
● non propriamente seduta.

1. Posizione propriamente seduta con azioni manuali


★ Tale situazione si verifica quando la mansione consente di rimanere a
sedere sul sedile e l’atto di portarsi in posizione eretta è
sostanzialmente volontario, e quindi non compreso tra le movimentazioni
richieste dall’attività lavorativa.
★ Ciò significa che il tempo di permanenza nella posizione seduta è
rilevante ed il cambiamento di posizione non è né naturale ed istintivo
nell’ambito del ciclo operativo e soprattutto quindi non è frequente.
2. Posizione propriamente seduta con attività prevalentemente visiva

3. Posizione non propriamente seduta


Nei casi in cui sia necessaria una certa facilità di passaggio dalla
posizione di riposo a quella eretta è opportuno che il peso del corpo gravi
anche sulle gambe.
Tale posizione si rende necessaria nei posti dove esiste un problema di
spazio, quando è richiesto dalle caratteristiche della mansione o per
esigenze di mobilità.
Spesso questa posizione corrisponde a stare in piedi.
4. Posizione non continuativamente seduta
Tale posizione corrisponde ai casi in cui la mansione permette di rimanere
seduti ma molto frequentemente e rapidamente richiede di portarsi in
posizione eretta.
Questa modalità operativa si descrive anche dicendo che si passa dalla
posizione seduta a quella in piedi su input aleatori frequenti, e quindi
senza necessità di una volontà consapevole a farlo.

I sedili che vengono utilizzati per lavorare al Videoterminale devono:


● essere stabili
● permettere all’utilizzatore una certa libertà di movimento ed una
posizione comoda
● essere regolabili in altezza e consentire il mantenimento delle gambe a
90° e i piedi appoggiati al pavimento
● il loro schienale deve essere dotato di supporto lombare ed essere
regolabile in altezza ed inclinazione
● il piano del sedile deve avere una spessa imbottitura semirigida
traspirante (come tutto il rivestimento della sedia)
● Il sistema di regolazione deve avvenire tramite comandi che devono essere
accessibili dai soggetti in posizione seduta e utilizzati con facilità e quindi
senza comportare posture scorrette
Per prevenire le patologie muscolo-scheletriche occorre :
● assumere la postura corretta di fronte
al video: cioè appoggiare i piedi al
pavimento e tenere la schiena ben
aderente allo schienale della sedia
soprattutto nel tratto lombare,
regolando allo scopo l’altezza della
sedia e l’inclinazione dello schienale
● regolare la posizione dello schermo del
video in maniera che lo spigolo
superiore dello schermo sia posto ad una
distanza pari a circa 50-70cm
dall’operatore e sia qualche grado al di
sotto dell’orizzontale che passa per gli
occhi
● Nel caso di utilizzo di una sedia girevole a rotelle questa deve essere scelta
con caratteristiche di buona stabilità contro eventuali slittamenti e
rovesciamenti e soprattutto con un basamento antiribaltamento a cinque
razze.

PIANI DI LAVORO
Nella valutazione dei rischi dovuti all’uso di videoterminali occorre valutare in fase
progettuale ed in fase di rilievo tutti gli elementi componenti la postazione di
lavoro.
Un ruolo importante è rappresentato dal piano di lavoro. I parametri che lo
riguardano che possono essere critici per la postura degli addetti sono:
● l’altezza del piano di lavoro da terra (che può diventare elemento di
criticità per i soggetti di altezza inferiore alla media)
● lo spazio per le gambe disponibile sotto il piano di lavoro (che può
diventare elemento di criticità per i soggetti di altezza superiore alla media)
● lo spessore del piano
In generale possiamo dire che la verifica ergonomica dei piani di lavoro riguarda i
seguenti parametri:
● le dimensioni del posto di lavoro: profondità ovvero lo spazio fra il piano di
lavoro e la parete o altri ingombri retrostanti, larghezza ovvero lo spazio
libero lateralmente, altezza del vano per introdurre le gambe
● le dimensioni del piano di lavoro: quota, spessore, profondità, larghezza
del piano in corrispondenza dell’addetto
● la collocazione e l’ingombro delle attrezzature

SCRIVANIA
Il lavoro di ufficio viene svolto essenzialmente sul piano della scrivania che deve
essere sufficientemente largo così da poter contenere il materiale documentario
ed ogni altro tipo di attrezzatura accessoria necessaria al lavoro.
Le dimensioni del piano di lavoro devono essere scelte in funzione dei seguenti
parametri:
● le caratteristiche dei compiti da svolgere;
● i materiali movimentati;
● le attrezzature utilizzate;
● le esigenze di relazione;
va specificato che in termini ergonomici la posizione gerarchica dell’addetto
non è un parametro esclusivo per giustificare le maggiori dimensioni.

VIDEOTERMINALE
Già dal decreto legislativo 626/94 ricaviamo che il piano di lavoro per il
Videoterminale deve:
● avere dimensioni sufficienti
● consentire flessibilità nella disposizione dello schermo, della tastiera, dei
documenti e del materiale accessorio.
Per definire con maggiore precisione le caratteristiche del piano di lavoro per
questo tipo di attività possiamo far riferimento al D.M. 02.10.2002 dove troviamo
che la scrivania deve avere:
● una superficie sufficientemente ampia per disporre agevolmente le
attrezzature componenti il VDT (video, tastiera, ecc.) ed eventuale altro
materiale accessorio e consentire inoltre all’operatore di appoggiare
confortevolmente gli avambracci davanti alla tastiera durante la
digitazione;
● una profondità tale da assicurare una corretta distanza visiva dallo
schermo, tenendo presente che la profondità del tavolo deve essere
direttamente proporzionale alla dimensione dello schermo
● il colore della superficie chiaro ma possibilmente non bianco e comunque
non riflettente;
● una strutturazione stabile
● una altezza, fissa o regolabile, indicativamente tra 70 e 80 cm;
● uno spazio idoneo sia ad alloggiare e movimentare comodamente gli arti
inferiori e sia ad infilare il sedile.
ARREDI
In sintesi possiamo così schematizzare i rischi correlati con un uso scorretto
degli arredi:
● urti e/o ferimenti negli spigoli vivi e in genere nelle parti sporgenti
● urti e/o ferimenti nelle sbavature eventualmente presenti negli arredi o
nelle attrezzature metalliche
● urti e/o ferimenti dovuti alle schegge eventualmente presenti negli arredi o
nelle attrezzature di legno
● urti accidentali con ante aperte degli armadi e/o delle cassettiere
● ribaltamenti degli armadi o delle cassettiere non fissati al muro per una
disposizione scorretta dei carichi
● caduta di oggetti dall’alto nel caso di errato posizionamento di vasi,
soprammobili e oggetti in genere
● insorgere di disturbi muscolo-scheletrici provocati da una errata posizione
seduta prolungata nel tempo.

ERGONOMIA
POSTAZIONE DI LAVORO DEGLI STILISTI
POSTAZIONE STIRATRICE

POSTAZIONE RIFINIZIONE
NECESSITA’ SEDILE POSTAZIONE SEMISEDUTA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI

cosa vuol dire movimentazione manuale dei carichi?


➔ operazioni di trasporto o sostegno di un carico
➔ da parte di uno o più lavoratori
➔ comprese azioni di sollevare e deporre, spingere e tirare, portare e spostare
un carico
➔ operazione che (per caratteristiche e condizioni sfavorevoli) possono
comportare rischio di lesioni dorso-lombari
da cosa è provocato il mal di schiena?
sintomo di:
- alterazioni a carico di vertebre, dischi intervertebrali e nervi
Le alterazioni più frequenti sono:
- artrosi
- ernia del disco
- sciatica
- alterazioni della colonna vertebrale

Le statistiche Inail (Rapporto annuale 2017) evidenziano come le malattie


muscolo-scheletriche da sovraccarico biomeccanico totalizzino circa il 65% (oltre
37.000) delle denunce pervenute all’Istituto nel 2017… in maggioranza
rappresentate da affezioni dei dischi intervertebrali correlabili direttamente ad
attività di movimentazione manuale di carichi.

Esistono altre patologie derivanti dalla movimentazione manuale dei carichi che
non interessano la regione dorso lombare (ad esempio le patologie legate al
sovraccarico biomeccanico degli arti superiori).
D.LGS 81/08 TITOLO IV E ALLEGATO XXXIII
Art. 168
IL DATORE DI LAVORO DEVE EVITARE PER I LAVORATORI LA
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI RICORRENDO AD ATTREZZATURE
MECCANICHE
Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad
opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative
necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi
adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione
manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri
condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e
di salute connesse al lavoro in questione tenendo conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso- lombari, adottando le
misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio,
delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività
comporta, in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria, sulla base della valutazione
del rischio e dei fattori individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.

Art. 169 – Informazione e formazione


1. Tenendo conto dell’ALLEGATO XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente al peso ed alle
altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi lavorativi ed alle
modalità di corretta esecuzione delle attività.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l’addestramento adeguato in merito alle
corrette manovre e procedure da adottare nella movimentazione manuale dei
carichi.
Le caratteristiche del carico
● è troppo pesante
● è ingombrante o difficile da afferrare
● è in equilibrio instabile
● il suo contenuto rischia di spostarsi
● è collocato in una posizione tale per cui deve essere tenuto o maneggiato
ad una certa distanza dal tronco o con una torsione o inclinazione del
tronco
● può, a causa della struttura esterna e/o della consistenza comportare lesioni
per il lavoratore, in particolare in caso di urto

Lo sforzo fisico richiesto


● è eccessivo
● può essere effettuato soltanto con un movimento di torsione del tronco
● può comportare un movimento brusco del carico
● è compiuto con il corpo in posizione instabile
● prevede alte frequenze e/o tempi prolungati di sollevamento

Caratteristiche dell’ambiente di lavoro


● lo spazio libero, in particolare verticale, è insufficiente per lo svolgimento
dell’attività richiesta (spazi ristretti) oppure l’attività dovrebbe essere
svolta in posizione seduta o in ginocchio
● il pavimento è ineguale, quindi presenta rischi di inciampo o di
scivolamento per il lavoratore
● il posto o l’ambiente di lavoro non consentono al lavoratore la
movimentazione manuale di carichi a un’altezza di sicurezza in buona
posizione
● il pavimento o il piano di lavoro presentano dislivelli che implicano la
movimentazione del carico a livelli di diversa altezza
● il pavimento o il punto di appoggio sono instabili
● la temperatura, l’umidità o la ventilazione sono inadeguate

Esigenze connesse all’attività


● sforzi fisici, che sollecitano in particolare la colonna vertebrale, troppo
frequenti o troppo prolungati (ad es. sostegno statico di un carico,
spostamento del carico effettuato in velocità)
● pause o periodi di recupero fisiologici insufficienti
● distanze troppo grandi di sollevamento, di abbassamento o di trasporto
● un ritmo imposto da un processo che non può essere modulato dal
lavoratore

Fattori individuali di rischio


● inidoneità fisica a svolgere il compito in questione tenendo anche conto
che la forza fisica è solitamente differente in funzione del genere e dell’età
● indumenti, calzature o altri effetti personali inadeguati indossati dal
lavoratore
● insufficienza o inadeguatezza delle conoscenze, della formazione o
dell’addestramento
Comportamenti e movimenti da rilevare per l’effettuazione della
valutazione del rischio da Movimentazione Manuale dei Carichi
- evitare di prelevare o depositare oggetti a terra o sopra l’altezza della testa
- evitare di ruotare la schiena, piegare le gambe e non la schiena
USO DI CARRELLI
➢ trasporto in piano
➢ pavimenti lisci
➢ ruote efficienti e in buono stato di manutenzione

- trasportare pesi manualmente per brevi percorsi (pochi metri) altrimenti


usare il carrello, simmetricamente con ambo le mani o alternativamente
con le due mani se il carico è uno solo
VALUTAZIONE DEL RISCHIO MMC
VALORI LIMITE
METODI PER L’ANALISI DEL RISCHIO DA MMC
Il D.Lgs 81/08 pone indicazione all’utilizzo della normativa ISO 11228 (in particolare
le parti 1 e 2) per la valutazione del rischio biomeccanico derivante dalle attività di
movimentazione manuale dei carichi.
L’applicazione pratica di queste indicazioni normative internazionali pone alcune
problematiche a chi ha la responsabilità di impiegarle nelle realtà produttive: in
particolare per quanto riguarda l’individuazione dei pesi limite di riferimento nelle
attività con sollevamento di carichi e nella valutazione delle attività con
movimentazioni di carichi multipli.

La lettura combinata delle norme internazionali e nazionali in confronto con la


legislazione nazionale e la letteratura indica che i valori
25 kg per lavoratori maschi
20 kg per lavoratrici femmine
sono da adottarsi come pesi limite di riferimento

ISO 11228 «Ergonomia - movimentazione manuale» sono suddivise in tre parti:


● parte 1 sollevamento e trasporto (NIOSH);
● parte 2 traino e spinta (SNOOK CIRIELLO);
● parte 3 movimentazione di carichi leggeri ad alta frequenza (OCRA).

Condizioni per l’applicabilità della formula NIOSH


● il sollevamento è effettuato in posizione eretta
● avviene con entrambe le mani
● si sviluppa, senza torsioni, su un piano sagittale (anteriormente al soggetto)
● le dimensioni del carico non sono eccessive
● vi sono buone possibilità di presa
● il movimento avviene in un tempo limitato (< 2”)
● è possibile per il lavoratore effettuare un certo recupero (riposo) tra
un’operazione e l’altra
● nel compito lavorativo le componenti differenti dal sollevamento (in
particolare trasporto, spinta e traino) sono minime
● c’è buona aderenza tra calzatura e pavimento
● i gesti di sollevamento non devono essere bruschi
● il peso manipolato non è troppo freddo, caldo, contaminato o dal
contenuto instabile
● il lavoro è svolto in spazi non ristretti
● il soggetto è in buone condizioni di salute
● il soggetto è stato addestrato al tipo di lavoro che svolge
● le condizioni climatiche estive o invernali sono buone

MODELLO DI CALCOLO NIOSH


Più propriamente metodo RNLE (Revised NIOSH Lifting Equation)
COMPITI MULTIPLI DI SOLLEVAMENTO
Rapporto tecnico ISO/TR 12295
TRAINO E SPINTA
VALUTAZIONE PER LE AZIONI DI SPINTA E TRASCINAMENTO (TRAINO) O DI
TRASPORTO IN PIANO: SNOOK & CIRIELLO
Questa metodologia, basata su studi di tipo psico-fisiologico, considera le azioni di
spinta (iniziale - forza necessaria per mettere in movimento il peso costituito, ad
esempio, da un carrello a mano + il suo carico - e di mantenimento per guidare il
carrello lungo il tragitto prestabilito) o di traino (iniziale e di mantenimento) da
valutarsi in base ai seguenti parametri:
- Forza di spinta o traino necessaria per far muovere il carrello inizialmente e
poi durante la traslazione (il dato, espresso in kg, si ricava mediante un
apposito dinamometro applicato dal valutatore in spinta o in trazione)
- Frequenza delle azioni
- Altezza da terra della presa
- Distanza di spostamento
- Genere (maschile o femminile)

CHECKLIST OCRA
VALUTAZIONE DEL RISCHIO DA MOVIMENTI RIPETITIVI DEGLI ARTI SUPERIORI
Per la descrizione e la valutazione del lavoro comportante un potenziale
sovraccarico biomeccanico da movimenti e/o sforzi ripetuti degli arti superiori, si
devono identificare e quantificare i seguenti principali fattori rischio che,
considerati nel loro insieme, caratterizzano l’esposizione lavorativa in relazione alla
rispettiva durata:
a) Frequenza di azione elevata;
b) Uso eccessivo di forza;
c) Postura e movimenti di arti superiori incongrui o stereotipati;
d) Carenza di periodi di recupero adeguati.

La check-list OCRA comprende l’analisi di tutti i fattori di rischi principali


quali:
● FREQUENZA,
● FORZA,
● POSTURA INCONGRUA,
● CARENZA DI TEMPI DI RECUPERO
● presenza di FATTORI DI RISCHIO COMPLEMENTARI.
La check-list descrive una postazione di lavoro e ne stima il rischio
intrinseco, nell’ipotesi che la postazione sia utilizzata per l’intero turno da
un solo lavoratore: la procedura consente di conoscere quali posti di lavoro
all’interno dell’azienda risultano per le proprie caratteristiche strutturali e
organizzative a rischio “assente”, “lieve”, “medio”, “elevato”, al di là del
turn-over dei lavoratori.
ISO 11228

LEZIONE 5
MACCHINE E ATTREZZATURE
PRINCIPI NORMATIVI E DEFINIZIONI

COSA SONO? - Attrezzature e macchine


Scopo:
● Armonizzare i requisiti di sicurezza e tutela della salute per le macchine in
tutti gli Stati membri dell’Unione Europea, eliminando ostacoli al
commercio all’interno dell’UE.
● Aggiornare le disposizioni allo stato dell’arte e alle evoluzioni
tecnologiche intercorse (17 anni).
● 42 mesi per la piena entrata in vigore per consentire ai produttori e a tutta
la filiera di adeguarsi.
Direttiva:
● Il legislatore di ciascuno stato membro definisce i mezzi e le modalità più
idonei a raggiungere lo scopo della Direttiva.
● L’entrata in vigore è determinata attraverso la pubblicazione della propria
normativa nazionale di recepimento in ciascuno stato. (es. D.Lgs. 17/10)
Regolamento:
● Norma vincolante da applicarsi in tutti i suoi elementi nell’intera UE senza
la necessità di un suo recepimento nazionale; entrerà in vigore lo stesso
giorno in tutti i Paesi dell’UE, evitando ritardi o recepimenti temporali
diversi tra vari Paesi.
COS’È UNA MACCHINA?
DEFINIZIONE
Art. 2.2.a (D.Lgs. 17/2010)
● Insieme di parti o componenti collegati solidamente tra loro per
un’applicazione ben determinata…
● …al quale mancano solamente elementi di collegamento al sito di
impiego o alle fonti di energia
● …pronto per essere installato e che può funzionare solo in seguito
all’installazione
● Insieme di macchine o quasi macchine (linea di macchine)
● Insieme di parti o componenti collegati tra loro solidamente e destinati al
sollevamento pesi e la cui unica fonte di energia è la forza umana diretta

COS’È UNA QUASI-MACCHINA?


DEFINIZIONE - Art. 2.2.g (D.Lgs. 17/2010)
● Insiemi che costituiscono quasi una macchina, ma che, da soli, non sono
in grado di garantire un’applicazione ben determinata
● Un sistema di azionamento è una quasi-macchina
● Sono unicamente destinate ad essere incorporate o assemblate ad altre
macchine o quasi-macchine per costituire una macchina disciplinata dal
presente decreto
CAMPO DI APPLICAZIONE
ESCLUSIONI
a) Componenti di sicurezza usati come pezzi di
ricambio […]
b) Attrezzature specifiche per parchi giochi e/o
divertimento
d) Le armi, incluse le armi da fuoco
e) Mezzi di trasporto […]
f) Navi marittime nonché le macchine installate a
bordo di esse
l) Prodotti elettrici ed elettronici […]

h) Le macchine appositamente progettate e


costruite a fini di ricerca per essere
temporaneamente utilizzate nei laboratori

INTEGRAZIONE DELLA SICUREZZA NELLA


PROGETTAZIONE E USO DI MACCHINE
RISCHIO CADUTA DALL’ALTO
Dispositivi
Protezione
Individuale

meglio

Dispositivi
Protezione
Collettiva
SISTEMI DI PROTEZIONE- NORMATIVA
TORNIO
Il tornio è una macchina utensile utilizzata per la lavorazione di un pezzo posto in
rotazione. La lavorazione avviene per asportazione di truciolo ed è detta
tornitura.
RISCHI LEGATI ALL’USO DELLE MACCHINE
RISCHI MECCANICI
Sono associati all’utilizzo di macchine o attrezzature di lavoro
1. SCHIACCIAMENTO
• Tra elementi in movimento e parti fisse
• Tra elementi in movimento delle macchine
2. TAGLIO
• Contatto con lame
• Tra elementi in movimento delle macchine
3. IMPIGLIAMENTO
Impigliamento degli indumenti o capelli a parti di macchine in rotazione
4. TRASCINAMENTO
Possibilità che una parte di una macchina trascini o spinga una persona
esposta. Se la persona viene trascinata in una zona pericolosa
5. PERFORAZIONE
Parti in movimento con possibile contatto
6. ABRASIONE
Organi in movimento che non generano taglio
7. INCIAMPO
• Progettazione errata dei luoghi di lavoro
• Organizzazione errata dei flussi di lavoro e del ciclo produttivo (stoccaggi)
8. EIEZIONI DI FLUIDO, PROIEZIONI DI PARTI
Possono colpire il lavoratore se non opportunamente protetto con
indumenti di lavoro adeguati ed idonei DPI.
ULTERIORI RISCHI LEGATI ALLE MACCHINE

MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI


● Un carico lombare fino a 250 kg favorisce l’eliminazione delle scorie del
disco intervertebrale.
● Un carico lombare intenso, con valori compresi tra 250 e 650 kg, può
provocare possibili danni alle cartilagini vertebrali con degenerazione del
disco intervertebrale.

Il disco intervertebrale è un vero e proprio ammortizzatore naturale, interposto


tra una vertebra e l'altra con la funzione di opporsi alle compressione che grava
sulle stesse, dovute alle tensioni e alle sollecitazioni di torsione.
1. Afferrare il carico mantenendo le gambe divaricate, con i piedi ad una
distanza di 20/30 cm tra loro, affinché sia garantito l’equilibrio durante
l’operazione.
2. Sollevare il carico gradualmente dal punto di appoggio.
3. Eseguire il sollevamento con la schiena in posizione eretta e con le
braccia rigide in modo tale che lo sforzo sia sopportato prevalentemente
dai muscoli delle gambe.

RISCHIO RUMORE
Modello previsionale semplificato *(UNI 11347:2015)
● Sorgente puntiforme
● Sorgente lineare
ERGONOMIA
Ergonomia è la disciplina che concerne lo studio delle interazioni tra esseri umani
e gli elementi di un sistema
LA POSTAZIONE DI LAVORO
● Posizione Operatore
● INPUT/OUTPUT
○ Operatore/Materiale
● Requisiti spaziali
○ Ingombro Macchina
○ Spazio d’uso macchina
○ Zona di manutenzione
○ Arredi e allestimenti
○ Spazio d’uso arredi
● Necessità di prossimità
○ Altre postazioni di lavoro
● Dotazioni Impiantistiche
● Rapporti con l’esterno
SIMULAZIONE ACUSTICA EMISSIONI MACCHINE
Ambiente interno
Quando, a seguito della valutazione del rischio di esposizione dei lavoratori al
rumore ai sensi del D.Lgs. 81/08 e ss, capo I, II, sono determinati valori di
esposizione LEX,8h superiori a 85 dBA o valori LpeakC maggiori di 137 dBC, Datore
di lavoro (DDL) elabora un programma aziendale di riduzione dell'esposizione
(PARE) del rumore
DPI vs DPC
● Dimensionamento distanze tra postazione
● Uso del DPI non dovuto all’uso della singola macchina
● Utilizzo di partizioni fonoassorbenti
ESEMPI DI ANALISI
LABORATORI
LEZIONE 6
RISCHIO CHIMICO

RIFERIMENTI NORMATIVI
D.LGS. 81/2008

Titolo I (art. 1-61) Principi comuni


Titolo II (art. 62-68) Luoghi di lavoro
Titolo III (art. 69-87) Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione
individuale(attrezzature di lavoro, dispositivi di protezione individuale, impianti)
Titolo IV (art. 88-160) Cantieri temporanei o mobili
Titolo V (art. 161-166) Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro
Titolo VI (art. 167-171) Movimentazione manuale dei carichi
Titolo VII (art. 172-179) Attrezzature munite di videoterminali
Titolo VIII (art. 180-220) Agenti fisici (rumore, vibrazioni, campi elettromagnetici,
radiazioni ottiche)
Titolo IX (art. 221-265) Sostanze pericolose (agenti chimici, cancerogeni e
mutageni, amianto)
Titolo X (art. 266-286) Esposizione ad agenti biologici
Titolo X-bis (art 286 bis- 286 septies) Protezione dalle ferite da taglio e da punta
nel settore ospedaliero e sanitario
Titolo XI (art. 287-297) Protezione da atmosfere esplosive
Titolo XII (art. 298 - 303) Disposizioni diverse in materia penale e di procedura
penale
Titolo XIII (art. 304 - 306) Disposizioni finali
+ 51 Allegati tecnici
=> TITOLO IX – SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I – Protezione da agenti chimici
Capo II – Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Capo III – Protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto

ART. 221 – CAMPO DI APPLICAZIONE


I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti gli agenti chimici
pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro, fatte salve le disposizioni relative
agli agenti chimici per i quali valgono provvedimenti di protezione radiologica
regolamentati dal D.Lgs. 230/1995, e successive modifiche.

sostituito dal D.Lgs.101/2020
ART. 222 – DEFINIZIONI
1.b) agenti chimici pericolosi
1) agenti chimici che soddisfano i criteri di classificazione come pericolosi in
una delle classi di pericolo fisico o di pericolo per la salute di cui al
Regolamento (CE) n. 1272/2008 [...];

2) Soppresso

3) agenti chimici che, pur non essendo classificabili come pericolosi, ai sensi
del presente articolo, lettera b), numero 1), comportano un rischio per la
sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro proprietà chimico-fisiche,
chimiche o tossicologiche e del modo in cui sono utilizzati o presenti sul
luogo di lavoro, compresi gli agenti chimici cui è stato assegnato un limite
di esposizione professionale di cui all'Allegato XXXVIII.

ESEMPI
Lavorazione delle materie plastiche
Saldatura

ART. 222 – DEFINIZIONI


Agenti chimici pericolosi secondo il Regolamento CLP:
★ Esplosivi
★ Comburenti
★ Infiammabili
★ Tossici
★ Letali
★ Nocivi
★ Irritanti
★ Corrosivi
★ Sensibilizzanti (per la pelle e per le vie respiratorie)
★ con Tossicità specifica per organi bersaglio
★ Tossici per il ciclo riproduttivo.

ART. 223 – VALUTAZIONE DEI RISCHI


1. [...], il datore di lavoro determina preliminarmente l’eventuale presenza di agenti
chimici pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la sicurezza e la
salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali agenti, prendendo in
considerazione in particolare:
a) le loro proprietà pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal fornitore tramite la
relativa scheda di sicurezza predisposta ai sensi del Regolamento (CE) n.
1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio;
c) il livello, il modo e la durata della esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di tali agenti tenuto conto
della quantità delle sostanze e delle miscele che li contengono o li possono
generare;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite biologici; di cui un
primo elenco è riportato negli allegati ALLEGATO XXXVIII e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria
già intraprese
6. Nel caso di un’attività nuova che comporti la presenza di agenti chimici
pericolosi, la valutazione dei rischi che essa presenta e l’attuazione delle misure di
prevenzione sono predisposte preventivamente. Tale attività comincia solo
dopo che si sia proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e
all’attuazione delle misure di prevenzione.

FASI PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO


1. Inventario agenti chimici
2. Raccolta schede di sicurezza
3. Esame schede di sicurezza al fine di individuare gli agenti chimici pericolosi
4. Intervista al personale per raccogliere informazioni di utilizzo

5. Applicazione algoritmo
Art. 223, comma 7
Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e, comunque, in
occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla resa superata ovvero
quando i risultati della sorveglianza medica ne mostrino la necessità.

ART. 224 – MISURE E PRINCIPI GENERALI PER LA PREVENZIONE DEI


RISCHI
Comma 2 - Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in relazione al
tipo e alle quantità di un agente chimico pericoloso e alle modalità e frequenza di
esposizione a tale agente presente sul luogo di lavoro, vi è solo un rischio basso
per la sicurezza e irrilevante per la salute dei lavoratori, […], non si applicano le
disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.
Art. 225 – Misure specifiche di protezione e di prevenzione
Art. 226 – Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze
Art. 229 – Sorveglianza sanitaria
Art. 230 – Cartelle sanitarie e di rischio
ART. 225 – MISURE SPECIFICHE DI PROTEZIONE E PREVENZIONE
Comma 1 - Il datore di lavoro, sulla base dell’attività e della valutazione dei rischi di
cui all’articolo 223, provvede affinché il rischio sia eliminato o ridotto mediante la
sostituzione*, qualora la natura dell’attività lo consenta, con altri agenti o processi
che, nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la salute dei
lavoratori. […]
*Non di rado, nelle realtà produttive, la sostituzione di un agente chimico con un altro
che sia caratterizzato da una minore pericolosità intrinseca non è economicamente
sostenibile: - costo eccessivo del prodotto alternativo, - performance peggiori, -
tempistiche troppo lunghe per poter effettuare i test col nuovo prodotto prima di passare
alla scala produttiva, - ecc.

Comma 2 – […] il datore di lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono


modificate le condizioni che possono influire sull’esposizione, provvede ad
effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un rischio per la
salute
[…] con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai valori limite di
esposizione professionale* e per periodi rappresentativi dell’esposizione in
termini spazio temporali.
* - Allegato XXXVIII al D.Lgs. 81/2008, - TLV (Threshold Limit Values) redatti ed aggiornati
annualmente dall’ACGIH (American Conference of Governmental Industrial Hygienists),
ecc

ETICHETTA DI UNA SOSTANZA/MISCELA PERICOLOSA


È un insieme di informazioni, ritenute rilevanti ai fini della sicurezza del
destinatario, attaccate o stampate sul contenitore della sostanza o miscela
pericolosa.
E’ lo strumento primario per informare l’utilizzatore circa:
1. I pericoli associati all’uso di quella sostanza o miscela
2. I comportamenti da adottare durante l’uso di quella sostanza o miscela.

DIFFERENZA TRA SOSTANZA E MISCELA


Sostanza
Un elemento chimico (es. N) e i suoi composti (es. NH3).
Miscela
Miscela omogenea (soluzione) o eterogenea (miscuglio) composta da due o più
sostanze (es. vernice a solvente, colla, lacca per capelli, prodotto detergente per la
casa, ecc.).

EVOLUZIONE NORMATIVA IN MATERIA DI ETICHETTATURA DI SOSTANZE


E MISCELE PERICOLOSE
ELEMENTI DELL’ETICHETTA - SOSTANZA
− Nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore
− Quantità della sostanza contenuta nel collo
− Denominazione ufficiale della sostanza e relativo numero di identificazione
(numero CAS, numero EC)
− Pittogrammi di pericolo
− Indicazioni di pericolo (frasi H)
− Consigli di prudenza (frasi P)
− Avvertenza («Pericolo» o «Attenzione»)
− Informazioni supplementari

ELEMENTI DELL’ETICHETTA - MISCELA


− Nome, indirizzo e numero di telefono del fornitore
− Quantità della miscela contenuta nel collo
− Nome commerciale della miscela
− Identità di tutte le sostanze componenti la miscela che contribuiscono alla sua
classificazione rispetto alla tossicità acuta, alla corrosione della pelle o a lesioni
oculari gravi, alla mutagenicità sulle cellule germinali, alla cancerogenicità, alla
tossicità per la riproduzione, alla sensibilizzazione delle vie respiratorie o della
pelle, alla tossicità specifica per organi bersaglio o al pericolo in caso di
aspirazione.
− Pittogrammi di pericolo
− Indicazioni di pericolo (frasi H)
− Consigli di prudenza (frasi P)
− Avvertenza («Pericolo» o «Attenzione»)
− Informazioni supplementari

I «VECCHI» SIMBOLI DI PERICOLO (D.LGS. 52/97)


I «NUOVI» PITTOGRAMMI DI PERICOLO (REGOLAMENTO CLP)

FRASI H – INDICAZIONI DI PERICOLO


Le Indicazioni di pericolo H di una data sostanza o miscela sono frasi che
descrivono la natura e la gravità dei pericoli della sostanza o miscela.
Serie H200: Pericoli fisici
Serie H300: Pericoli per la salute
Serie H400: Pericoli per l’ambiente
Es.
H226 → Liquido e vapori infiammabili
H300 → Letale se ingerito
H310 → Letale per contatto con la pelle
H330 → Letale se inalato
H410 → Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata
ATTENTI A QUEI DUE…
CANDEGGINA + ACIDO MURIATICO → CLORO (gas tossico)
CANDEGGINA + AMMONIACA → CLOROAMMINE (fortemente irritanti)
CANDEGGINA + ALCOOL ETILICO → ACETALDEIDE (sospetto cancerogeno)
→ CLOROFORMIO (sospetto cancerogeno)
IL CICLO DEGLI AGENTI CHIMICI

1) STOCCAGGIO
Lo stoccaggio degli agenti chimici deve avvenire secondo le indicazioni riportate
sulla scheda di sicurezza
Gli agenti chimici devono essere conservati nelle loro confezioni originali.
Nel caso sia necessario travasarli in recipienti diversi dalle confezioni originali,
occorre apporre ADEGUATA ETICHETTA sul nuovo contenitore riportando le
informazioni presenti sull'etichetta originale.
Gli agenti chimici NON devono essere stoccati sul pavimento o sul banco di
lavoro.
Nelle zone di manipolazione devono essere presenti SOLAMENTE le quantità di
agenti chimici necessarie all‘attività in corso…

SVERSAMENTI ACCIDENTALI
Deve essere disponibile il materiale per l’assorbimento e la neutralizzazione di
eventuali sversamenti accidentali, così come indicato nelle schede di sicurezza
dei prodotti.
LA SCHEDA DI SICUREZZA - CONTENUTI
Il fornitore di una sostanza o miscela pericolosa deve obbligatoriamente mettere
a disposizione dell’utilizzatore la relativa scheda di sicurezza.
È a tutti gli effetti la «carta di identità» di quel prodotto chimico pericoloso e
contiene svariate informazioni:
- le caratteristiche chimico-fisiche della sostanza/miscela;
- le caratteristiche di pericolo (descritte da pittogrammi, classi e categorie
di pericolo e frasi H);
- i comportamenti da seguire in caso di emergenza;
- le misure da adottare in caso di incendio (es. estintori compatibili);
- le norme per il corretto trasporto, stoccaggio e smaltimento;
- le informazioni tossicologiche
- i limiti di esposizione professionale, se esistenti ecc

LA SCHEDA DI SICUREZZA – OBBLIGHI DEL FORNITORE


La scheda di sicurezza:
- deve essere consegnata gratuitamente da parte del fornitore in occasione
della prima fornitura;
- deve essere aggiornata ogni qualvolta si venga a conoscenza di nuove
informazioni sulla pericolosità di quel prodotto, tali da cambiarne la
classificazione precedente;
- deve tener conto delle modifiche della normativa che ne disciplina la
stesura (Regolamento REACH e s.m.i.);
- deve recare la data di emissione/revisione;
- deve essere redatta nella lingua del paese dell’utilizzatore.

LA SCHEDA DI SICUREZZA – STRUTTURA


La scheda di sicurezza deve essere composta dai seguenti 16 punti:
1. Identificazione della sostanza/miscela e della società
2. Identificazione dei pericoli
3. Composizione / Informazione sugli ingredienti
4. Misure di primo soccorso
5. Misure antincendio
6. Misure in caso di rilascio accidentale
7. Manipolazione e stoccaggio
8. Controllo dell’esposizione / Protezione individuale
9. Proprietà fisiche e chimiche
10. Stabilità e reattività
11. Informazioni tossicologiche
12. Informazioni ecologiche
13. Considerazioni sullo smaltimento
14. Informazioni sul trasporto
15. Informazioni sulla regolamentazione
16. Altre informazioni

I VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE PROFESSIONALE


I valori limite di esposizione professionale sono le concentrazioni delle sostanze
chimiche(1) aerodisperse in un ambiente di lavoro al di sotto delle quali si ritiene
che la maggior parte dei lavoratori possa rimanere esposta senza alcun effetto
negativo per la salute.
(1) Non necessariamente pericolose, vedi per esempio l’anidride carbonica CO2 per la
quale, pur non essendo un gas pericoloso (ma è asfissiante…), l’ACGIH ha definito un TLV
sia sul lungo periodo (8 ore) sia sul breve periodo (15 minuti).

Grazie al sistema volontario GHS molti paesi del globo si stanno progressivamente
allineando sui criteri da adottare per la classificazione e l’etichettatura di sostanze
e miscele pericolose.
Diverso è il discorso delle liste dei valori limite di esposizione professionale, anche
molto differenti tra un paese e l’altro.
In Francia, Gran Bretagna, Olanda, Danimarca, Svezia, ma anche in molti paesi
extraeuropei, esistono specifiche Commissioni o Società Scientifiche Nazionali che
propongono liste di valori limite che vengono periodicamente aggiornate sulla
base delle conoscenze acquisite con gli esperimenti di laboratorio e con le
indagini tossicologiche più recenti

In Italia una lista, a dire il vero poco esaustiva, di valori limite di esposizione
professionale è contenuta nell’Allegato XXXVIII al D.Lgs. 81/2008.
In alternativa si fa riferimento al più nutrito elenco dei valori limite adottati negli
Stati Uniti: i TLV, proposti dall’ACGIH.
Per le sostanze per le quali è definito sia il limite italiano sia il TLV statunitense un
buon igienista industriale consiglia di riferirsi cautelativamente al valore limite più
basso (più restrittivo).
Tuttavia, i nostri «valori limite cogenti» sono solo quelli dell’Allegato XXXVIII …
LISTA DEI TLV – MANUALE ACGIH
I valori dei TLV noti sono elencati nel manuale pubblicato ogni anno dall’ACGIH
(American Conference of Governmental Industrial Hygienists)
e tradotto in italiano dall’AIDII
(Associazione Italiana Degli Igienisti Industriali)

IL CAMPIONAMENTO PERSONALE
- Pompa di campionamento
- Tubicino flessibile in gomma
- Dispositivo di campionamento (dove viene alloggiato il supporto adsorbente)
- Specifico supporto adsorbente (es. fiala contenente carbone attivo per le SOV,
membrana in PVC per le polveri di legno, ecc.)
-

LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO CHIMICO


La valutazione è solitamente suddivisa nelle seguenti fasi:
1. identificazione di tutti gli agenti chimici utilizzati e relativi impieghi
(Inventario degli agenti chimici);
2. individuazione degli agenti chimici pericolosi mediante l’esame delle
relative schede di sicurezza o dei processi che possono generare agenti
chimici pericolosi;
3. interviste ai lavoratori potenzialmente esposti ad agenti chimici pericolosi
per la raccolta, su apposite schede, di informazioni su
quantità/concentrazioni impiegate, tempi di utilizzo, tipologia d’uso,
tipologia di controllo dell’esposizione, frequenza annua.

4. valutazione del rischio chimico mediante applicazione di apposito


algoritmo utilizzando come dati di input quelli di cui al punto
precedente.

Fasi 1 e 2 → Inventario degli agenti chimici e individuazione della loro pericolosità


intrinseca attraverso l‘esame delle schede di sicurezza
Fasi 3 → Raccolta informazioni di utilizzo

ALGORITMO MoVaRisCh
Tra i vari algoritmi concepiti per effettuare la valutazione del rischio chimico uno
dei più utilizzati è il MoVaRisCh, alla cui definizione hanno contribuito le Regioni
Emilia Romagna, Lombardia e Toscana.

http://www.ausl.mo.it/dsp/movarisch

MoVaRisCh si basa sulla seguente definizione di Rischio chimico:


R=PxE
dove
P = Pericolosità intrinseca dell'agente chimico
E = Esposizione all‘agente chimico

- La Pericolosità intrinseca P viene identificata con le Indicazioni di


pericolo H: mediante l'assegnazione di un punteggio alla frase H relativa
alla proprietà più pericolosa è possibile avere a disposizione un indice
numerico (score) di pericolo per ogni agente chimico pericoloso impiegato.
- L'Esposizione E è funzione di diversi parametri (stato fisico, modalità di
lavorazione, tipologia di controllo, quantità in uso, durata dell'esposizione)
MoVaRisCh considera il Rischio chimico come combinazione tra Rischio per
inalazione (Rinal) e Rischio per contatto cutaneo (Rcute), per cui definisce due
tipi di rischio, corrispondentemente alle due differenti modalità di esposizione:

Nel caso in cui per un agente chimico pericoloso siano previste


contemporaneamente entrambe le vie di assorbimento, si avrà

La Pericolosità intrinseca P
Lo score P è ovviamente lo stesso nei due tipi di rischio, essendo legato alla
pericolosità intrinseca dell‘agente chimico oggetto di valutazione. Quanto più
alto è lo score, tanto più pericoloso è l‘agente chimico:

Determinazione di Einal
I parametri da cui dipende Einal (stato fisico, tipologia d‘uso, tipologia di controllo,
quantità in uso, durata dell'esposizione) vengono incrociati mediante un sistema
di matrici a punteggio successive:
Per stabilire il «livello di disponibilità» di un liquido si utilizza questo grafico:
A questo punto l‘algoritmo chiede di inserire la distanza d alla quale si ritiene che
l‘operatore manipoli l‘agente chimico.
A seconda della distanza si hanno i seguenti possibili punteggi:

Il sub-indice di esposizione I, moltiplicato per il punteggio attribuito alla distanza


d dalla potenziale sorgente di esposizione, dà il valore di Einal, dalla quale si ricava
Rinal

Determinazione di Ecute e di Rcum


Se l‘agente chimico oggetto di valutazione mostra anche un rischio per contatto
cutaneo (es. agente corrosivo, irritante per la pelle, tossico per contatto cutaneo,
sensibilizzante per la pelle, ecc.), allora va calcolato anche l‘Indice di esposizione
cutanea Ecute per poter determinare il Rischio cutaneo Rcute (moltiplicando Ecute
per lo score P) e poi combinarlo con il Rischio inalatorio Rinal per ottenere il
Rischio cumulativo Rcum secondo la formula vista inizialmente:
Classificazione Rcum
A seconda del punteggio ottenuto per Rcum si può classificare il rischio chimico
secondo la seguente tabella:

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